Araberara - 6 Dicembre 2013 » Tre canzoni registrate con i ‘mostri sacri’ del country il personaggio di Aristea Canini “Mi stupisco delle cose per cui vale la pena stupirsi”, il Bepi, Tiziano Incani se ne è andato nel Tennessee, a due passi da Nashville, nel cuore del country mondiale, a registrare tre brani del suo ultimo cd, ‘SP 8’ che lo si legge ‘spot’ ma l’America della provincia non lo ha stupito: “Mi aspettavo altro, manca il cuore della provincia vera. Era la prima volta che andavo negli Stati Uniti e non ho voluto di proposito andare in una grande città, volevo respirare la provincia americana”, e non l’hai respirata? “L’ho respirata ma non mi ha stupito”. Tiziano la provincia ce l’ha nel cuore, oltre che nella musica e in provincia è la persona che fa la storia e non viceversa: “Ma in America è tutta un’immensa catena, non c’è l’albergo ‘da Pina’, no, c’è sempre lo stesso nome di hotel a distanza di cento km, sono tutte catene, è spersonalizzata, e questo vale per qualsiasi cosa, ristoranti, telefonia, negozi, per tutto. Poi però ci sono quelle enormi praterie, quei grandi spazi vuoti, quelle case basse, che ti fanno sentire bene però lo stupore è altro”. Tre canzoni registrate con i ‘mostri sacri’ del country, musicisti come Steve Hinson, Steve Turner, Byddy Jewell, gente che ha collezionato grammy, l’oscar della musica, al Sound Kitchen Studio di Franklin dove hanno registrato anche Bruce Springsteen o Trace Adkins, e adesso tu, il Bepi: “Ho scelto tre canzoni dell’album e le ho registrate là, il resto l’ho fatto qui con il mio gruppo, i The Prismas, non volevo escluderli da un progetto che avevano cominciato con me”. Ma la musica, lo stupore, il desiderio di respirare quell’aria che per un musicista è ossigeno puro ha portato il Bepi dritto nel cuore del country per registrare comunque tre brani: “E ne è valsa la pena – continua – perché quei mostri della musica hanno suonato nel disco in modo professionale, coinvolgente, diciamo che la loro pagnotta se la sono guadagnata, non hanno lasciato nulla al caso, scrupolosi e attenti a ogni particolare, anche se io non sono Springsteen”. Ma il Bepi non è nemmeno un musicista qualunque, di quelli prestati alla musica come fosse un gioco o poco più e gli ‘americani’ se ne sono accorti presto, chi fa qualità la qualità la riconosce a fiuto: “Hanno ascoltato anche i miei dischi precedenti e hanno capito che non sono un fenomeno da baraccone, la mia musica gli è piaciuta”. Sul dialetto cos’hanno detto? “Non gliene fregava niente, in Italia ci sarebbe stato uno sfondo ironico, da loro no, sono anglofoni e basta, per il resto tutto quello che non è anglofono non sembra interessargli molto”. Hai fatto un cd country in una terra country, nessuna Il Bepi ha varcato l’oceano e scoperto l’America “Sono stato nel tempio del country. La qualità ha meno seguito ma dà più soddisfazioni” tentazione di farlo uscire anche là? “E’ difficile pensare a un mercato americano perché loro sono anglofoni in tutti i sensi, la lingua è importante per loro, e infatti nessun cantante straniero che propone pezzi nella lingua originale riesce a sfondare, forse solo i Rammstein che sono tedeschi e cantano in tedesco ma fanno un tipo di musica molto dura che va aldilà della lingua. Sono stato nel teatro più importante per il country, nella ‘casa’ del country, doveva esibirsi un cantante giapponese e la cosa mi ha incuriosito, pensavo cantasse in giapponese, invece si è esibito in inglese, mi faceva pena, un giapponese che vuol fare il cow boy non era per niente credibile. Se sono nato a Lovere non posso fare il cow boy, però posso fare country ma non voglio fare la parodia a nessuno, non è questo il mio percorso”. E il Bepi il suo percorso lo sceglie a prescindere dal numero di chi lo segue, perché prima viene la musica che si mischia a cuore e anima e poi il resto: “La gente sta reagendo in maniera diversa a quello che è o sembra essere il nuovo Bepi, io certe differenze non le colgo come le colgono loro, reagiscono in modo diverso nel bene e nel male”. In che modo nel bene e in che modo nel male: “Nel bene perché ultimamente ho un pubblico più vicino a me, più vicino al vero Bepi, sanno perché mi ascoltano, sanno quello che provo e che scrivo, ma lo sapevano anche quando parlavo di motoseghe perché dietro c’era qualcosa, c’era la parodia di un discorso comunque più profondo, che entrava nelle viscere di una realtà provinciale fatta di persone diverse fra loro. La gente più preparata ha colto queste sfumature e mi ha seguito nel cambiamento, oppure si è aggiunta a questo nuovo modo di pensare e fare musica”. Nel male? “Nel male perché prima avevo un seguito molto più numeroso che adesso se ne è andato, non credo di fare brani ostici o non fruibili, ma per alcuni appena esprimi un concetto appena appena più alto di quello del Pulcino Pio sei un fighetto e ti scansano. Ma io vado avanti così, la qualità mi da soddisfazione”. Un’ombra di pessimismo malinconico che accompagna sempre il Bepi ma che in fondo è anche una fonte di ispirazione. Però riesci a vivere di musica in una realtà piccola come quella bergamasca: “Più che vivere di musica vivo di tante cose che stanno attorno alla musica. Se lo scorso anno non avessi fatto il Bepi Quiz non so se ce l’avrei fatta a vivere di musica, ma sono uno che non fa troppi calcoli economici, cerco di fare quello che mi piace, mi basta avere due soldi sul conto corrente e riuscire ad andare avanti. Non mi sono mai seduto con la calcolatrice a fare i conti per vedere se conviene o meno fare una cosa, la faccio se me la sento e basta”. Ma si vendono meno cd per la crisi, non solo perché hai cambiato genere, è un discorso che accomuna anche gli artisti che lavorano sul territorio nazionale: “Non è proprio così, qualcuno ha tratto grosso vantaggio dalla crisi, piuttosto la crisi ha amplificato il divario tra chi sta bene e chi sta male a livello musicale. Se c’è dietro una radio che pompa come fa RTL con i Modà per forza che poi il gruppo riempie gli stadi, stesso discorso per i prodotti dei talent, per gli altri non rimangono che le briciole”. Canzoni in dialetto ma elogi che arrivano soprattutto da fuori provincia: “I responsi migliori li ho ricevuti da chi arriva da fuori provincia, dove c’è più respiro per approcciarsi alla musica nel modo giusto, nel seguire determinati messaggi, determinate canzoni, la nostra provincia spesso e volentieri è la prima ad essere vittima dell’invidia e del pregiudizio. Mi hanno riferito di gente che dice di detestarmi ma non è in grado di dire il perché, non conosce nessuna mia canzone, è solo vittima di invidia e pregiudizio. Hanno una foga nel demonizzarmi che va oltre ogni ragionevole discorso”. Secondo te perché? “Non lo so da dove nasce, forse ancora da vecchie storie legate all’Atalanta, ma qui sembra a volte di doverci approcciare a dei popoli barbari. Alcuni amici mi riferiscono di litigate al bar con gente che si rifiuta di ascoltarmi perché dicono che faccio schifo ma quando gli si chiede cosa c’è che non gli piace non sanno rispondere, non mi han- no mai ascoltato, e questo la dice lunga sul livello medio della cultura della provincia bergamasca. E questo lo si respira quotidianamente qualsiasi cosa succeda, si guarda sempre l’altro, l’erba del vicino, non credo si possa andare molto lontano continuando con questa mentalità. Se bisogna essere solidali solo quando bisogna tifare Atalanta in curva io non ci sto”. Insomma essere bergamasco e cantare in dialetto non ti ha aiutato. Fossi nato a Napoli sarebbe stato diverso, i cantanti neomelodici, gente come Gigi d’Alessio vengono osannati: “Ma non è proprio così, anche lì hanno avuto e hanno i loro problemi, ma rapportato su una città e provincia dieci volte più grande di Bergamo ti permette di avere numeri maggiori comunque di fan, qui è diverso, è tutto più piccolo”. Nel disco hai inserito un pezzo in italiano su Città Alta, un omaggio alle bellezze storiche e artistiche: “In quasi ogni disco c’è sempre un pezzo in italiano. Io non uso il dialetto come fine ma come mezzo per celebrare il bergamasco. Il dialetto è il mezzo migliore per dipingere alcune realtà, certi quadri e spaccati di vita, alcuni invece vengono meglio in italiano. Ci sono alcuni personaggi, alcune canzoni che devono essere fatte in dialetto, vanno colorate così, è come la sfumatura del pastello invece del pennarello o della penna a sfera. Per muovermi su altri terreni invece è meglio la terminologia italiana. Il dialetto non è una posizione ferrea ma un mezzo”. Come hai scelto i 3 brani da registrare nel Tennessee? “Ho pensato a quelli a cui i dieci mostri sacri che hanno suonato avrebbero dato un effetto forte, un arrangiamento che trasuda la terra di Nashville e così è stato. Ma non pensare che ci sia una differenza abissale tra loro e il nostro modo di fare musica, la differenza sta nel pensiero che origina determinati arrangiamenti perché loro sanno fare il country dalla nascita e poi noi qui siamo in 5, loro in 10 o 12 e il numero si sente. Ma anche qui da noi si lavora molto bene, Mauro Galbiati che ci ha registrato il cd è stato molto più pignolo degli americani”. SP8, il titolo del cd da dove nasce? “E’ nato dall’unione tra l’America e la Val Brembana e infatti la foto è una composizione di uno sfondo americano con la strada della val Brembana”. Tutti i titoli dei tuoi cd richiamano sigle o numeri: “Ormai è una tradizione, e anche all’interno di alcune canzoni ci sono giochini enigmistici da scovare, in ‘Local radio’ alcuni si sono chiesti se ci sia una tresca tra la Lory e il cognato, la risposta la do alla fine senza essere troppo esplicito, perché va interpretata e cercata, quando dico ‘Alberto Lupo e Claudia Mori in dedica alla Lory dal cognato’ e se uno ci pensa bene in questa frase c’è la chiave per capire se la tresca c’è o no”. Canzoni che nascono nella testa del Bepi senza schemi precisi: “E’ come se le sentissi suonare in testa, so già come vorrei il suono quando me le immagino, la difficoltà poi è cercare di far capire agli altri quello che vorrei ma il mio gruppo mi conosce ormai e sa come sono. Poi io non sono molto pignolo e non cerco la perfetta pulizia del suono, anche perché non ho una cultura tecnica per poter dire se un suono è perfetto, il che va anche meglio perché mi permette di riuscire ad avere delle distorsioni che sulla canzone danno un’emozione ben precisa”. Quelle emozioni che il Bepi va a prendere in montagna, da solo, camminando tra i boschi: “In giro sui sentieri delle nostre valli e montagne, per tenermi in forma ma anche per respirare quel pezzo di mondo che poi mi si incolla dentro e mi fa star bene”. Una vita country. Per stupirsi. 4