Immortalità Telepatia Teletrasporto Antigravità Viaggi nel tempo

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Scienza
Immortalità
Mentre la medicina
cerca i geni della
vita eterna,
una società
californiana
conserva a 200 gradi
sotto zero i corpi
dei suoi clienti.
Nella foto, una fase
del processo
di ibernazione.
Sono temi che un tempo
gli scienziati si rifiutavano di
prendere in considerazione.
Oggi autorevoli ricercatori
li studiano nei loro laboratori
Teletrasporto
Trasmettere la materia a distanza,
come in un film di Star Trek
(nella foto)? E’ possibile, dice
la meccanica quantistica,
ma solo nel mondo delle particelle.
Antigravità
Viaggi nel tempo
Una porta verso il passato
forse esiste, ma dovremo
cercarla dove lo spazio si
piega su se stesso: nei
pressi dei buchi neri (nel
disegno) oppure grazie
alle “stringhe cosmiche”.
Focus 40
Immortalità
● Telepatia
● Teletrasporto
● Antigravità
● Viaggi nel tempo
●
Secondo i fisici
la gravità è
legata al tempo
e allo spazio:
ecco perché
non riusciamo
a “spegnerla”.
Però rotaie
magnetiche
(nella foto)
possono
contrastarla.
Telepatia
Esiste la telepatia? Per
scoprirlo, oggi c’è la tecnica
Ganzfeld: il soggetto viene
chiuso all’interno di una
camera blindata, e non può
né vedere né sentire.
Ed è la scienza ufficiale
a controllare i risultati.
IMPOSSIBILE?
Non più
A cura di Mauro Gaffo
Focus 41
In California 27 cadaveri surgelati aspettano di essere resuscitati. Ma i ricercatori esplorano anche altre strade
Arriveder ci fra due secoli
Ai tempi
dell’Impero romano si
viveva fino a 26 anni,
ai primi del Novecento siamo arrivati a 49, e
oggi in Occidente la media è 76 anni. Il prossimo
passo? Forse scoprire il meccanismo della morte.
A
lla morte non si sfugge?
«Non è detto», rispondono i premi Nobel per la
medicina Edmond Fischer e Renato Dulbecco. «Ma dobbiamo ricordare che morire è una
necessità biologica: durante la formazione degli arti, del sangue, del
sistema nervoso avvengono alcune
metamorfosi che richiedono l’estinzione di massa delle cellule che
compongono le strutture intermedie», dice Dulbecco. E’ come quando il dente da latte cade per lasciar
posto a quello definitivo.
Eppure l’uomo continua a cercare nuove strade per sconfiggere
la morte, o almeno per allontanarla il più possibile. Per esempio c’è
chi si fa surgelare sperando di risvegliarsi in un futuro nel quale la
vita media sarà arrivata a tre o
quattrocento anni. Presso la fondazione Alcor, in California, ci sono già 27 pazienti in ibernazione e
altri 355 che aspettano il momento
di essere infilati in contenitori a
duecento gradi sotto zero. Per garantirsi questo privilegio pagano
quasi mezzo milione al mese, e si
impegnano a lasciare in eredità alla Alcor duecento milioni, dopo
essere stati dichiarati legalmente
defunti (per i non americani la cifra sale a 275 milioni). Chi vuole risparmiare può scegliere il congelamento della sola testa: è previsto
uno sconto del 70 per cento. Ovviamente gli iscritti si aspettano di
resuscitare, prima o poi: un giorno
la scienza sconfiggerà la morte, dicono, e grazie a microscopici robot
“iniettabili” nelle vene e nel sangue sarà anche in grado di riparare
i danni prodotti alle cellule dall’ibernazione.
In realtà tenere in vita una persona a bassissima temperatura è
impossibile per la scienza attuale: il
più grande passo avanti in questo
La lunga
attesa
Siamo alla
Trans-Time di San
Francisco:
un corpo sta per
essere inserito
nell’involucro che
lo proteggerà fino
alla resurrezione.
Verso il 2200,
al termine della
“sospensione crionica” (come
la chiama Art
Quaife, direttore
della società),
il denaro pagato
dal paziente
gli verrà restituito,
con gli interessi.
Eterni
nel ghiaccio
Un laboratorio
della Alcor. Prima
dell’ibernazione
tutti i fluidi interni
vengono sostituiti
con antigelo.
Poi, un lento
raffreddamento, che
dura circa 30
giorni, porta il corpo
a 200 sotto zero.
Focus 42
senso, annunciato verso la fine
dell’anno scorso dai laboratori di
Oak Ridge e dall’università di Chicago, è una tecnica che permette di
congelare e far tornare in vita senza danni gli embrioni di un moscerino. Per riuscirci, i ricercatori hanno dovuto rimuovere con benzina
e candeggina una membrana protettiva, e successivamente trattare
gli embrioni con un antigelo per
impedire la formazione di cristalli
di ghiaccio, dannosi per le cellule.
Per quanto riguarda la vita eterna, sembrano più promettenti le
ricerche genetiche. Già nel 1985
era stato individuato un gene che
impediva la morte di alcune particolari cellule tumorali, e l’anno
scorso gli scienziati della Stanford
university sono riusciti a utilizzare
questo gene (chiamato bcl-2) per
bloccare il “suicidio” delle cellule
di un verme. «Probabilmente si po-
tranno ottenere risultati analoghi
anche per alcune cellule dell’organismo umano», dice David Vaux,
uno dei ricercatori di Stanford.
Bloccare la morte delle singole
cellule, però, non significa bloccare la morte dell’organismo. I genetisti sono quindi alla ricerca di un
meccanismo analogo a quello del
bcl-2, che funzioni però come interruttore generale. Ma non sarà
un lavoro semplice: dopo anni di
studi sul moscerino della frutta, il
biologo Michael Rose ha scoperto
che in esso i geni dell’invecchiamento sono almeno cento. «Basterebbe però individuare quelli che
producono i cambiamenti più importanti», sostiene Rose. Oppure,
come crede l’americano Richard
Cutler, potrebbero esistere geni che
attivano quelli dell’invecchiamento:
«Intervenire su di essi sarebbe molto più semplice», dice Cutler.
Focus 43
▼
Immortalità
Se è vero che un cervello emette impulsi elettrici, forse un altro cervello li può captare. Ma può anche capirli?
Alla scoperta del
sesto senso
Eliminare il rumore
Le mezze palline da ping pong sugli
occhi rendono la luce uniforme:
Ganzfeld significa “campo omogeneo”.
Si chiama Ganzfeld,
una nuova tecnica d’indagine che ci dirà
se è davvero possibile leggere la mente.
Telepatia
U
Svuotare la testa
Uno dei primi esperimenti di
Ganzfeld. Sulla destra il
parapsicologo Charles Honorton.
n’eredità imbarazzante.
Cinquant’anni fa l’università di Cambridge ricevette un lascito di cento milioni, ma con una ferrea condizione: che il denaro fosse destinato allo studio della telepatia. Oggi, dopo lunga riflessione, gli imparruccati professori dell’istituto
inglese hanno finalmente deciso di
accettare, e hanno affidato i fondi
- nel frattempo lievitati fino a un
miliardo - a un nemico giurato dei
fenomeni paranormali, lo psicologo sperimentale Nicholas Humphrey. Coerente con se stesso, Humphrey ha dichiarato che impiegherà quel denaro per studiare come mai ancora oggi tanta gente
crede nelle telepatia, anche se, dice, «in un secolo di ricerche nessun
risultato ha mai convinto la comunità scientifica».
In realtà, le ricerche svolte finora non sono poi molte. Il primo
tentativo risale al 1934, quando negli Usa uno psicologo della Duke
university condusse una lunga serie di studi sulla percezione extrasensoriale, la cosiddetta “esp”. Lo
psicologo si chiamava Joseph Rhine, e suoi strumenti sperimentali
erano le carte Zener (sulle quali
erano rappresentati cinque simboli geometrici: cerchio, quadrato,
onde, croce, stella). Durante il test,
un soggetto guardava le carte a
una a una, cercando di trasmettere
mentalmente l’immagine a un’altra persona. Dopo 85 mila prove,
Rhine osservò che i risultati positivi erano troppi per essere attribuibili unicamente al caso, e ne dedusse che la telepatia esisteva veramente. Alcuni suoi colleghi, però, criticarono il modo in cui erano
stati condotti gli esperimenti: le
carte, per esempio, a volte venivano esaminate dal soggetto che
avrebbe dovuto percepirle (poteva
averle segnate?), e inoltre il “trasmettitore” e il “ricevente” erano a
contatto visivo (qualche segnale inconscio poteva passare tra i due?).
Tutti gli esperimenti successivi ebbero la stessa sorte.
Nel 1974, però, entra in campo il
parapsicologo Charles Honorton,
che propone un’idea nuova: se è
vero che l’udito e l’odorato sono
più efficienti nei ciechi, eliminando
tutti i “disturbi” sensoriali forse
anche la telepatia si rafforzerebbe. Nasce così la camera Ganzfeld
(dal tedesco, “campo omogeneo”):
una stanza d’acciaio immersa in
una luce rossastra, nella quale il
soggetto “ricevente” giace sdraiato, con un paio di cuffie sugli orec-
Teletrasporto
La materia si può
ricomporre a distanza: è l’ultima scoperta
di una scienza che Einstein detestava.
T
eletrasporto: disintegrazione di una persona o di un
oggetto, e istantanea ricomposizione in un altro punto.
Fino a ieri questo termine era
utilizzato solo dalla fantascienza,
ma dal marzo scorso ha fatto il suo
ingresso nella fisica teorica: la rivista Physical Review ha infatti accettato di pubblicare un articolo
firmato da sei scienziati (due ame-
Focus 44
ricani, un israeliano, un australiano
e due canadesi) che s’intitola appunto “teletrasporto”. Sembrerebbe una violazione del principio di
indeterminazione, che da quando
è stato scoperto (nel 1927) continua a togliere il sonno ai fisici: “è
impossibile conoscere con precisione le proprietà di una particella,
e a maggior ragione è impossibile
riprodurne una identica”.
Albert Einstein, poi, era in feroce disaccordo: secondo lui la meccanica quantistica (cioè la nuova
scienza che si basava su questo
concetto) era sbagliata oppure incompleta, e provò a dimostrare che
seguendo la teoria fino alle sue estreme conseguenze si ottenevano
conclusioni assurde. Per esempio
dovevano esistere coppie di particelle gemelle: anche a migliaia di
chilometri di distanza, un cambiamento nell’una avrebbe provocato
un cambiamento analogo nell’altra. «Se fosse vero, dovremmo ammettere che le particelle sono telepatiche», disse ironicamente Einstein. Nel 1980, però, fu dimostra-
to che Einstein aveva torto: le coppie gemelle esistono davvero. Da
questa dimostrazione nasce anche
l’idea del teletrasporto. Per ora,
comunque, la teoria presenta due
limiti: non si può trasmettere una
descrizione completa della particella, ma soltanto quella di una sua
proprietà. Inoltre, è necessario anche uno scambio di informazioni
con metodi tradizionali (radio, telefono) tra i due scienziati che possiedono le particelle gemelle. «Il
vantaggio è quello di poter inviare
una copia della particella con una
precisione assoluta», dice Claude
Crépeau, uno dei firmatari dell’
articolo.
▼
Da qui alla Luna
particelle via fax
chi e con gli occhi coperti da due
mezze palline da ping pong, che
permettono di percepire solo una
vaga luminescenza.
Undici anni di esperimenti
hanno prodotto risultati eccellenti,
ma la scienza ufficiale è dubbiosa.
«Solo tre dei 42 esperimenti Ganzfeld erano privi di difetti statistici o
metodologici», ha dichiarato uno
psicologo dell’università dell’Oregon, Ray Hyman, intervenendo al
secondo congresso del Cicap (comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale).
«A volte i soggetti venivano messi
in condizione di conoscere in anticipo la rosa di immagini che avrebbero dovuto captare, oppure le pro-
ve venivano ripetute troppe volte
con le stesse immagini».
Questa volta, però, psicologi e
parapsicologi hanno trovato un
punto d’incontro: Hyman e Honorton hanno elaborato insieme
una procedura apparentemente
priva di difetti, e quest’ultimo l’ha
messa in pratica nel 1990. Un altro
buco nell’acqua? No, per la prima
volta i risultati non sono cambiati
nonostante i controlli severissimi:
la statistica prevedeva il 25 per
cento di successi (dovuti al caso) e
invece i successi sono arrivati al
34,4 per cento. E c’è solo una probabilità su ventimila che un risultato del genere dipenda solo dalla
fortuna. Hyman, però, ha precisato che per eliminare ogni dubbio
sono necessari i risultati di altri test
condotti da ricercatori diversi.
Honorton non saprà mai quali
saranno le conclusioni ufficiali: è
morto qualche mese fa. Ma già molti istituti hanno raccolto la sfida, e
stanno ripetendo i suoi esperimenti. Una camera blindata è stata installata a Edimburgo, presso la locale facoltà di parapsicologia, e i
primi soggetti hanno iniziato le trasmissioni mentali anche alla Cornell university di New York. Entro
qualche anno ci si attende una
risposta definitiva: sì o no. Per il
“forse” non c’è più spazio.
Il padre
dell’Esp
Charles Honorton,
ideatore, con
lo psicologo Ray
Hyman, del primo
serio esperimento
di telepatia. Già
nel 1959, però, il
governo Usa aveva
cercato di usare
la telepatia a fini
bellici, imbarcando
un sensitivo
sul sottomarino
Nautilus.
Particelle gemelle
Separazione
Ai confini dello spazio
Un gemello cambia
Uno scienziato vuole inviare
la particella A su un altro
pianeta. Produce allora una
coppia di particelle gemelle.
Chiamiamo B e C queste
particelle: lo scienziato
tiene con sé B e consegna
C a un collega astronauta.
L’astronauta porta con sé la
particella C, e si trasferisce
su un altro pianeta (non
importa a che distanza).
Lo scienziato mette in
contatto A con B, in modo
che una certa proprietà
di A si rifletta su B.
E adesso misuriamolo
La radio serve ancora
Cambiamento a distanza
Teletrasporto!
Effettua quindi una misura
della proprietà da “copiare”
(nel frattempo anche
C è cambiata come B).
Trasmette all’astronauta
il risultato di questa misura
(con mezzi tradizionali,
come la radio o il telefono).
Conoscendo il risultato della
misura, e sapendo che C
si è modificata come B,
l’astronauta agisce su C.
Una volta compiute le
opportune operazioni
fisiche, la proprietà di A
viene teletrasportata su C.
Focus 45
Lo chiamiamo peso, ma è una piega nello spazio
Solo oggi gli
scienziati cominciano
a capire i segreti della forza di gravità.
Antigravità
Voleremo
senza avere le ali?
Magnetismo
contro gravità
Secondo Einstein,
lo spazio (a sinistra)
è come un piano
di gomma deformato.
A destra, un treno
a levitazione
magnetica. Sotto,
due astronauti:
lontano dalla Terra
il peso scompare.
N
ello spazio gli astronauti
svolazzano privi di peso,
sulla Luna fanno grandi
balzi e ricadono al suolo
con lentezza, e se sbarcassero su
Giove verrebbero schiacciati da
un peso di una trentina di tonnellate. Perché? E’ tutta colpa della
gravità, cioè la forza di attrazione
esercitata dal pianeta sui nostri
corpi (e viceversa). Le ricerche più
avanzate, però, suggeriscono l’esistenza di una scappatoia.
Nel 1986 Ephraim Fischbach,
uno scienziato della Purdue university, sconvolse la comunità dei
fisici annunciando di aver riesaminato un esperimento effettuato nel 1909 con uno strumento raffinatissimo: la bilancia di torsione
del barone von Eotvos. Nei dati
del barone, Fischbach aveva individuato alcune anomalie che suggerivano l'esistenza di una forza
sconosciuta, opposta alla gravità.
Oggi, dopo molti esperimenti in
tutto il mondo, l’idea è stata abbandonata, e si comincia a credere
che quelle anomalie avessero un
altro significato. «Così come esistono briciole di luce (i fotoni, che
trasportano l'elettromagnetismo),
devono esistere anche briciole di
gravità: questa visione granulare
delle forze viene chiamata dagli
scienziati “quantizzazione”», dice
Terry Goldman, fisico teorico al
National laboratory di Los Alamos. «Nel caso della gravità, però,
l’esistenza di una sola particella
porta nella teoria ad alcune contraddizioni ed è stato quindi sug-
Focus 46
Viaggi nel tempo
Secondo
i fisici si potrà
Vicino a enormi oggetti
cosmici, oppure nel mondo
dei quark, il tempo cambia le sue proprietà.
i un’altra scoperta impossiD
bile, il viaggio nel tempo, abbiamo già parlato nel secondo numero di Focus (dicembre 1992).
Nell’articolo si spiegava che esistono tre possibilità teoriche di
lanciarsi nel passato. La prima
sono i cunicoli spaziali (wormholes) che si formerebbero nelle vicinanze dei buchi neri (lo sosten-
gerito un modello più complicato,
con ben tre particelle: il gravitone,
il graviscalare e il gravifotone, e
quest’ultimo dovrebbe avere un
effetto repulsivo anziché attrattivo». Una fettina di gravità, insomma, sarebbe già antigravità. «Una
conferma si potrebbe trovarla misurando l’attrazione tra materia e
antimateria», dice Goldman, «perché in questo caso anche il gravifotone avrebbe un effetto attrattivo». In altre parole, una mela di antimateria cadrebbe più in fretta.
Sarà grazie ai gravifotoni che
sconfiggeremo la gravità? Per ora
non esiste una risposta.
■
gono i fisici teorici Kip Thorne e
Michael Morris, del California institute of technology). Un’altra
possibilità viene dalle stringhe
cosmiche, che deformerebbero
lo spazio fino a creare vere e proprie scorciatoie per viaggiare più
velocemente della luce. Secondo la teoria della relatività, infatti, avvicinandosi alla velocità
della luce accade un fenomeno
sorprendente: il tempo scorre
sempre più lentamente, fino a
fermarsi. Si può dunque supporre che superare la velocità
della luce sia equivalente a viaggiare all'indietro nel tempo.
L’ultima ipotesi è stata avanzata dal fisico Yakir Aharonov:
basandosi sulla meccanica
quantistica, ha descritto come il
tempo potrebbe scorrere al contrario nel regno dell’infinitamente piccolo.
Fu Albert Einstein, con la
teoria della relatività, a intuire
che il tempo rallenta se ci si
avvicina alla velocità della luce.
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