Lettura del Cardinale Karl Lehmann (traduzione italiana)

Karl Card. Lehmann
Vescovo di Magonza
Un carisma santo, profondo e scomodo
Conferenza indetta dall’Ambasciatore della Repubblica Federale di
Germania presso la Santa Sede, all’indomani della proclamazione di
santa Ildegarda di Bingen a
Dottore della Chiesa,
Roma, 6 ottobre 2012
I. Essere Dottore della Chiesa oggi
Per quasi 2000 anni i dottori della Chiesa sono stati esclusivamente uomini.
Fino al 1970, questo titolo è stato conferito a trenta teologi.1 Soltanto nel
Novecento sono stati proclamati ben sette nuovi dottori della Chiesa. Il
periodo successivo al Concilio Vaticano II, però, ha segnato una svolta
inaspettata: dal 1970 fino al 7 ottobre 2012 il destino di essere proclamate
dottore della Chiesa è spettato a quattro donne: il 27 settembre 1970 è la volta
di santa Teresa d’Avila e, il 4 ottobre 1970, di santa Caterina da Siena –
entrambe proclamate da Paolo VI. Santa Teresa di Lisieux invece è stata
proclamata il 19 ottobre 1997 da Giovanni Paolo II.
Bisogna tenere presente il rango e l’importanza di queste donne sante. Teresa
d’Avila e Caterina da Siena sono senza dubbio figure di spicco del mondo
letterario spagnolo e italiano. Caterina da Siena, per esempio, riveste un ruolo
centrale, pari a Dante e al Petrarca. Mentre Caterina è la patrona principale
d’Italia, Teresa è la patrona della Spagna. La “piccola” Teresina, invece,
percorrendo la sua via di fede, disseminata di prove durissime, nella grande
1
Cfr. K. Lehmann, Heiligkeit des Lebens und Tiefe der Lehre, in: W.Wilhelmy (a cura di), Heilige Hildegard von Bingen,
catalogo della mostra fotografica, Magonza 2012, 8-15, 104 s.; cfr. i contributi di H. Hinkel sull‘"eredità" della santa, e di
A. Lempges / Cl. Sticher sulla comprensione delle visioni, ibidem, 40-54; 16-39.
1
oscurità della pura fede nell’amore di Dio diventa l’esempio di un’autentica
“piccola via” della perfezione: è la patrona secondaria di Francia e la patrona
principale di tutte le missioni della Chiesa. Soprattutto la “grande” Teresa
[d’Avila] e Caterina da Siena, grazie al loro vasto impegno per un profondo
rinnovamento della Chiesa, si sono dimostrate ciò che possiamo chiamare
“donne forti”. Esse hanno mostrato grande coraggio nel relazionarsi con i
principi secolari e con quelli della Chiesa del loro tempo: nelle loro lettere e
visite personali a chierici e principi, furono convincenti al punto tale da fargli
cambiare opinione, e non hanno mai esitato ad usare parole forti.
Il 7 ottobre, a questo elenco verrà aggiunta anche santa Ildegarda di Bingen
(1098 - 1179). Anche lei tenne una fitta corrispondenza con papi, re, principi,
vescovi, religiosi e laici, e intraprese diversi viaggi missionari soprattutto
lungo le rive del Reno e nella Germania del sud. Lì predicò la conversione al
popolo e al clero. Anche lei ebbe delle straordinarie doti poetiche. Mentre le
altre tre sante venivano dall’Italia, dalla Spagna e dalla Francia, santa
Ildegarda di Bingen è la prima santa proveniente dall’Europa centrale, e per
di più dall’ambito di lingua tedesca, ad avere questo onore.
Credo che il significato della proclamazione di queste quattro sante, avvenuto
nell’arco di ben quarant’anni e per volontà di tre papi, finora non sia stato
abbastanza riconosciuto – nonostante le molteplici richieste di una
valorizzazione più adeguata della donna nella Chiesa, avanzate dagli
ambienti femministi e di emancipazione. Anche se ciò che di queste sante
colpisce di più è la loro grande spiritualità, non bisogna dimenticare che
erano anche molto colte e dotate di grande talento organizzativo. La loro
sensibilità tipicamente femminile, però, ha anche fatto sì che, alla luce delle
loro testimonianze spirituali, noi dobbiamo rivedere e concipire in maniera
più ampia il termine di “teologia” che, soprattutto a partire dall`Alto
Medioevo fino ad oggi, è stato ristretto ed accentuato in modo
unilateralmente razionale. Sarà nostro compito fare luce su come queste
donne abbiano saputo dare il loro particolare contributo alla teologia, e come
“con la loro intelligenza e sensibilità” siano state “capaci di parlare di Dio e
2
dei misteri della fede”.2
II. Vita e opere
Vorrei delineare brevemente le tappe più importanti della vita di santa
Ildegarda. Nacque nel 1098 a Bermersheim vicino ad Alzey nella AssiaRenana da una numerosa famiglia nobile. Fin dalla nascita venne votata dai
suoi genitori al servizio di Dio. Crebbe in un eremo, e poi (probabilmente a
partire dal 1106), in un piccolo convento femminile di clausura sul
Disibodenberg presso Bingen. Quando ebbe sedici anni, Ildegarda prese i voti
perpetui, scegliendo cosi la vita monastica (ca. 1115). Alla morte della sua
insegnante, Giuditta di Sponheim, nel 1136 fu chiamata a succederle e
divenne maestra (“magistra”). Per oltre trent’anni Ildegarda visse e operò
nella solitudine del piccolo monastero. Da lì riuscì, nonostante le difficoltà, a
fondare altri due monasteri: uno sul Rupertsberg (ca. 1150) – monastero che
durante la Guerra dei trent’anni fu quasi completamente distrutto dagli
Svedesi (16323) –, e l’altro ad Eibingen (ca. 1165), considerato ancora oggi
il monastero che rappresenta – seppure non in modo diretto – la continuità
ideale con santa Ildegarda. Nonostante le sofferenze e i dolori che
caratterizzarono soprattutto l’ultima fase della sua vita, santa Ildegarda
intraprese quattro viaggi (1158-1170) in numerose città della Renania e nel
sud-ovest tedesco, dove, nei conventi dei monasteri, come anche nelle grandi
piazze delle città, predicava contro la decadenza, soprattutto del clero. Dura
era anche la critica rivolta al suo tempo, da lei definito “epoca effeminata”
(“tempus muliebre”). Della lotta contro la setta dei Catari parleremo dopo.
Già molto giovane, Ildegarda mostrò di avere la dote di una visione
estremamente originale. “Queste cose – scrisse – non le ascolto con le
orecchie del corpo e neppure nei pensieri del mio cuore... ma unicamente
all’interno della mia anima, con gli occhi carnali aperti, per cui nelle visioni
non subisco il venir meno dell’estasi: le vedo in stato di veglia, di giorno e di
2
3
Benedetto XVI, Heilige und Selige. Große Frauengestalten des Mittelalters, Vaticano/Illertissen 2011, 19, cfr. anche 24s.
Bisogna tener presente che i resti del monastero di Rupertsberg furono fatti saltare in aria nel 1857 nel corso dei lavori
per la costruzione della ferrovia a Bingen.
3
notte.”4 Molto di ciò fa pensare ai profeti dell’Antico Testamento: “La luce
che vedo non è legata ad uno spazio. È molto più splendente di una nube
compenetrata dal sole. Non posso misurarne l’altezza, la lunghezza,
l’ampiezza; la definisco ‘ombra della luce vivente’. In questa luce talvolta,
ma non spesso, vedo un’altra luce che chiamo ‘luce vivente’, ma non so dire
quando e in che modo io la veda, però quando la vedo si allontanano da me
tristezza e angoscia, ed allora mi comporto come una semplice fanciulla e
non più come una donna vecchia.”5 Dopo aver superato i quarant’anni
(1141), le visioni si materializzano in modo fragoroso e veemente. La
silenziosa visionaria si trasforma così in profetessa religiosa. Nel suo intimo
avverte sempre più forte qualcosa che è quasi come un ordine: “Parla e scrivi
ciò che vedi e senti.”6 San Bernardo di Chiaravalle, uno degli uomini più
autorevoli della Chiesa del suo tempo, il suo “Signore senza corona”,
conferma la sua dote profetica. E non solo: al Sinodo di Treviri (1147/48)
Papa Eugenio III legge dei passi dagli scritti di Ildegarda. Li aveva fatti
esaminare da una commissione, e ora chiede a Ildegarda di condividere le sue
visioni con tutto il mondo. Da lì nacque il suo primo grande scritto “Conosci
le vie” (Scivias, 1141-1151).
La sapienza e la capacità espressiva di Ildegarda fanno di lei un enigma. Poco
si sa della sua formazione accademica. Pur essendo molto giovane,
conosceva già il testo della Regola di san Benedetto. Nella liturgia delle ore
entrò in confidenza con i salmi e con le Sacre Scritture, e imparò a conoscere
bene i Padri della Chiesa. Le 390 lettere sono la testimonianza di una fitta
corrispondenza con i grandi della sua epoca. Lei stessa, però, si è sempre
reputata un’“indocta”, una “donna semplice”. Non si considerava affatto
un’erudita. Sicuramente le ricerche svolte negli ultimi decenni hanno
evidenziato che soprattutto le donne nei monasteri, e particolarmente quelle
di origini nobili, come le appartenenti alle comunità di santa Ildegarda,
avevano molto più accesso agli strumenti di formazione della cultura classica
e contemporanea, di quanto non si sia pensato finora.7 Alla luce della
4
5
6
7
Hildegard von Bingen, Briefwechsel, a cura di A. Führkötter, edizione II, Salisburgo 1990, 227.
Ibidem.
Wisse die Wege (nuova traduzione a cura di M. Heieck), edizione II, Beuron 2012, 17.
Cfr. J. Fried, Das Mittelalter, edizione II, Monaco 2009, 352s.
4
sapienza di santa Ildegarda però, la sua auto-definizione come “indocta” non
può che farci sorridere8. Ildegarda, infatti, non conosce soltanto la teologia e
la filosofia della sua epoca, ma è anche esperta di Antico Testamento, di
scienze naturali e di medicina. Sa parlare della bellezza delle pietre preziose,
è medico e badessa, compone inni e altre composizioni musicali. È autrice di
uno studio fondamentale sull’etica, di una vasta opera sul mondo, ed elabora
altresì una cosmologia con orientamento spirituale, contenente una dottrina
sull’uomo e la sua salvezza.
Questo però non significa che la “prophetissa teutonica”, come fu già
chiamata quando era ancora in vita, non fosse cosciente delle faccende del
mondo e della Chiesa, e che li accettasse senza fare obiezioni. Ella scrive non
solo ai papi Eugenio III, Anastasio IV, Adriano IV e Alessandro III, ma
anche agli arcivescovi di Magonza, Treviri, Colonia e Salisburgo. In una
missiva indirizzata all’imperatore Barbarossa, Ildegarda si scaglia duramente
contro la politica papale dell’imperatore. Tra i suoi interlocutori spiccano
imperatori e re, vescovi e abati, sacerdoti e laici.9
Ella è la “tromba di Dio”, la “luce fiammeggiante nella casa di Dio”, la
“confidente di Dio”. “Nessuna voce si eleva contro l’audacia di questo fare.
Tutti sono commossi, entusiasti – oppure colpiti alla radice della loro
peccaminosità, scossi al punto da trovare una nuova e santa energia vitale; i
peccatori si pentono, i miscredenti diventano credenti, coloro che erano divisi
si riabbracciano.”10 Ella viene apprezzata sempre di più, cosicché l’abate
Ruperto di Königstal, dopo aver letto i suoi scritti, può affermare: “I
professori più eruditi del Regno di Franconia non sapranno mai fare
altrettanto. Loro, con un cuore arido e le guance turgide, si perdono in inutili
diatribe dialettiche e sofisticazioni retoriche. Questa devota donna invece si
limita a sottolineare l’unica cosa che conta, l’unica cosa necessaria. Ella
attinge dalla propria pienezza interiore, e la riversa sul mondo.”11 In sintesi
8
Cfr. il meritario contributo di M. Böckeler, „Der einfältige Mensch“. – Hildegard von Bermersheim, in: Hildegard von
Bingen, Wisse die Wege. Scivias. Traduzione tedesca del testo originale e revisione a cura di M. Böckeler, Salisburgo
1954, 361-387.
9
Cfr. ora l’edizione completa: Im Feuer der Taube, a cura di W. Storch, Augusta 1997.
10
M. Böckeler, Wisse die Wege, 387.
11
Cfr. Hildegard von Bingen, Symphonia. Gedichte und Gesänge. Testo latino e tedesco a cura di W. Berschin e H.
5
Maura Böckeler scrive: “È così che si svolse la missione d’Ildegarda nella
Chiesa del suo tempo. Alla fine ella non è altro che l’eco vivente della
riforma di Gregorio VII, già monaco di Cluny; e questo eco irrompe da un
cuore ardente e da un’anima toccata dallo Spirito. In tempi in cui l’amore si
raffredda, lo Spirito di Dio riesce sempre a risvegliare uomini e donne, che
come il vento di Pentecoste, soffiano il fuoco caduto dal cielo dentro di loro
su tutta la terra”.12
Tanti aspetti della sua sapienza e spiritualità sono difficilmente spiegabili.
Nonostante l’ufficio delle ore le avesse fatto conoscere i termini fondamentali
e le parole chiave della lingua latina, il suo latino rimase comunque molto
scarso. Nella sua “monaca preferita” e segretaria Richadis von Stade, nonché
nei suoi segretari Volmar, poi Gottfried e Gilberto di Gembloux, Ildegarda
trova dei collaboratori validi che si distinguono soprattutto per aver dato
corpo alle sue visioni.
Per alcuni decenni, soprattutto dell’ultimo secolo, il rinnovato interesse per
Ildegarda era fortemente concentrato sugli aspetti marginali della sua vita e
del suo operato: ciò che interessava era la medicina naturale di santa
Ildegarda e la sua applicazione diretta, l’esoterica, la sua affinità con il
femminismo moderno, e, in parte, pure la magia. Ma nonostante tutte queste
cose siano indubbiamente irradiazioni delle idee chiave e delle esperienze
basilari della profetessa del Reno, senza un riferimento critico alle
testimonianze e agli scritti fondamentali, non sono altro che deviazioni, che,
in ultima analisi, non fanno che ostacolare l’accesso all’Ildegarda autentica.
Per poter comprendere questo dobbiamo rifarci ai tre scritti che contengono
le visioni di Ildegarda: la Scivias, Conosci le vie (1141-1151) già menzionata,
il Liber Vitae Meritorum (1158-1163), il libro dei meriti della vita, nonché il
Liber Divinorum Operum (1165-1174), il libro delle opere divine.
Quest’ultimo libro con le visioni cosmologiche è considerato il capolavoro
della sua mente creativa. Tra il 1150 e il 1160 presero corpo i suoi scritti sulle
scienze naturali e sulla medicina; opere che rappresentano, allo stato attuale,
Schipperges, Heidelberg 1995, Darmstadt 2004 (Edizioni Lambert Schneider), 222; H. Schipperges, Hildegard von
Bingen, edizione III, Monaco 1997, 33.
12
Wisse die Wege, 387.
6
una raccolta di esperienze popolari, eredità classica e tradizione cristiana. Già
nel Duecento l’opera originaria non più esistente, il Liber subtilitatum
diversarum naturarum creaturarum, fu suddivisa in Physica e Causae et
curae. A questo vanno aggiunte anche le 390 lettere di cui abbiamo già
parlato.
Esistono anche degli scritti minori, come le spiegazioni della Regola di San
Benedetto, dei Vangeli e del Credo, nonché delle risposte a pressanti
questioni teologiche, vite di santi, ma soprattutto una complessa opera liricamusicale (Ordo virtutum, inni, sequenze). Queste poesie, canti e canzoni sono
spesso stati tradotti e, in parte, pubblicati con il titolo di “sinfonia”.
L’“Ensemble per musica del Medioevo” di Colonia, Sequentia, ha inciso
l’opera omnia di Ildegarda presso la “Deutsche Harmonia Mundi” (5 CD).13
Ildegarda è ritenuta una delle figure più straordinarie della scienza umana
europea. Fu anche definita la donna più intelligente del Medioevo.14 Di
nessuna donna medievale ci sono state tramandate così tante testimonianze
letterarie.
A questo riguardo si può constatare un forte cambiamento nella valutazione
dell’importanza di santa Ildegarda, per esempio in rapporto alla filosofia e
alla storia della filosofia. Nelle meritorie opere meno recenti di E. Gilson, B.
Geyer, M. de Wulf per esempio, santa Ildegarda, in questo contesto, non
viene neanche menzionata. Significativa è la posizione che assume K. Flasch;
mentre nella prima edizione del suo famoso libro Das philosophische Denken
im Mittelalter15 [Il pensiero filosofico nel Medioevo] non la cita neppure,
nella seconda16 tratta dettagliatamente di lei, anche se rimangono dei giudizi
stereotipati.17 Nelle sintesi e nei libri ufficiali adottati per l’insegnamento, le
viene data una importanza considerevole, motivata da ragioni filosofiche.18
13
Per una bibliografia completa: Hildegard von Bingen. Internationale wissenschaftliche Bibliografie, a cura di. M.-A.
Aris e.a., Magonza 1998.
14
A. Borst, Das Buch der Naturgeschichte, Heidelberg 1994, 2.
15
Stoccarda 1986.
16
Stoccarda 2000, 277-281.
17
Cfr. p.es. ibidem, 278.
18
Cfr. W. Schmidt-Biggemann, Philosophia perennis, Frankfurt 1998, 241ss.; L. Sturlese, Die deutsche Philosophie im
Mittelalter, Monaco 1993, 204ss.; Th. Kobusch, Die Philosophie des Hoch- und Spätmittelalters, Monaco 2011, 359ss.
7
Seguendo questa logica, però, il pensiero di Ildegarda verrebbe ridotto a un
“simbolismo” del XII secolo e sostenuto da una riflessione razionale
promettente per il futuro.19
In un tempo che ha scoperto l’importanza che l’immagine, la metafora, il
simbolo e la narrativa hanno per la filosofia, ampliando così anche il senso
del termine “ragione”, questa è una riduzione inaccettabile.20 E non
rispecchia affatto la condizione dell’ermeneutica odierna.
Come abbiamo già visto, nel corso dei secoli l’apprezzamento e la ricezione
della “prophetissa teutonica” hanno conosciuto alti e bassi. E se oggi
abbiamo raggiunto una comprensione molto più dettagliata di santa
Ildegarda, lo dobbiamo anche agli studi scientifici svolti in maniera così
assidua nel corso del Novecento. Per questo bisogna ringraziare non solo lo
storico della medicina, Heinrich Schipperges di Heidelberg, al quale
dobbiamo tante pubblicazioni, ma soprattutto l’abbazia di Eibingen per averci
regalato tanti studi illuminanti, edizioni critiche e traduzioni. Mi limito a
menzionare le religiose Maura Böckeler, Angela Carlevaris, Adelgundis
Führkötter, Marianne Schrader, Walburga Storch, Cäcilia Bonn – e poi
naturalmente Suor Maura Zátonyi21 e le sue valide collaboratrici, le badesse
Suor Edeltraud Forster e Suor Clementia Killewald. Un importante contributo
è stato dato anche da numerosi ricercatori e ricercatrici nazionali e
internazionali, come anche da tanti traduttori e traduttrici. Desidero
ringraziare in modo particolare il Prof. P. Dr. Rainer Berndt SJ dell’Istituto
Ugo di San Vittore a Francoforte/Sankt Georgen non solo per il Congresso
tenutosi nel 1997 e per il Congresso che si svolgerà a febbraio/marzo del
2013, ma per molto altro ancora.
19
Cfr. G. Wieland, Symbolische und rationale Vernunft, in: A. Haverkamp (a cura di), Friedrich Barbarossa = Vorträge
und Forschungen XI, Sigmaringen 1992, 533-549, 543ss.; più dettagliatamente: K. Bahlmann/M. Dreyer,
Wissensarchitekturen oder der Aufstieg zur Weisheit, in: K. Bahlmann e altri (a cura di), Gewusst wo? Wissen schafft
Räume, Berlino 2008, 3-16.
20
Cfr. R. Zimmermann (a cura di), Bildersprache verstehen, Monaco 2000.
21
Cfr. Vidi et intellexi. Die Schrifthermeneutik in der Visionstrilogie Hildegards von Bingen, Münster 2012, Literatur: 325356.
8
III.
Il significato per il nostro tempo
Se oggi esistono tante buone ragioni per concedere a santa Ildegarda l’onore
di essere proclamata dottore della Chiesa, lo dobbiamo senz’altro anche a
questi recenti studi. Ma questo onore comporta anche un onere. Infatti, non
dobbiamo limitarci a guardare indietro con ammirazione ed elogio per la sua
figura storica. E se adesso, grazie alla sua vita in santità, alla sua profonda
conoscenza delle cose divine e alla sua vasta spiritualità, viene definita una
donna esemplare, abbiamo il compito di tradurre il suo significato anche nel
nostro presente. Questo, a mio parere, è il mandato più difficile che questa
celebrazione ci assegna.
Gli sviluppi degli ultimi decenni, in cui la popolarità di santa Ildegarda è
andata sempre crescendo, ci servono da monito: non dobbiamo fare l’errore
di adattare santa Ildegarda a delle necessita odierne definite frettolosamente.
Abbiamo sperimentato a sufficienza come singoli fenomeni, quali la
medicina di Ildegarda e molte pratiche esoteriche, spesso non sono rimasti
fenomeni marginali tali da essere valorizzati nel loro significato limitato, ma
sono stati posti essi stessi al centro dell’interesse. È di grande aiuto sapere
che, negli ultimi decenni, abbiamo acquisito una più profonda comprensione
della grande importanza dei tre scritti fondamentali contenenti le visioni,
come anche delle illustrazioni. Così possiamo vedere che nel caso di santa
Ildegarda è particolarmente difficile isolare i singoli dettagli – per quanto
istruttivi possano essere – dall’insieme.
Ma proprio perché il nesso universale tra tutte le cose è radicato nel nucleo
teologico e spirituale, la trasposizione del loro significato nel nostro tempo
non è compito facile. Oggi, nell’ambito della teologia siamo abituati a
pensare e a parlare per categorie relativamente astratte e razionali.
Naturalmente questa razionalità la troviamo anche in Ildegarda, seppure
impregnata da una vicinanza interiore, un’affinità con la causa
(“connaturalitas”). Qui emerge il filo agostiniano-platonico della
comprensione della conoscenza umana: nell’incontro personale e nei rapporti
di fede è particolarmente importante nutrire un certo affetto, una certa
9
simpatia per una determinata cosa – e ancora di più per una determinata
persona – se la si vuole comprendere veramente. È ciò che oggi chiamiamo
empatia. Ildegarda lo chiamava amore.22
Al centro del pensiero teologico e spirituale di santa Ildegarda c’è la
Creazione. La Creazione, però, non è soltanto natura intesa nel senso
moderno, poiché rimanda sempre al suo autore, Dio il Creatore, che, per il
Suo amore incomparabile per l’esistenza creatrice, ha voluto porre l’uomo al
centro della Creazione. Questo è evidente soprattutto nella razionalità
(“rationalitas”) dell’uomo, che lo rende capace di riconoscere Dio, e in Lui
tutte le cose, di lodarLo e di soddisfare l’intenzione di Dio nel mondo. In
questo modo, l’uomo viene onorato da Dio, e Questi lo rende partecipe del
Suo amore per il Creato. Ma questo comporta anche il rischio che l’uomo
possa fallire e finire con lo strumentalizzare la Creazione. Ildegarda ci ha
fornito un vero e proprio “lamento degli elementi”23. Ma ciò non significa
affermare che Dio tolga la grandezza della sua Creazione all’uomo. L’uomo
deve esplorare questo suo mondo in tutta serenità, anzi, lo deve compenetrare
completamente (perpenetrare). Deve realizzarsi al centro della Creazione
attingendo dal suo essere creato al cospetto di Dio. Ma non deve porre se
stesso al centro del mondo. Tutta la Creazione è orientata verso Dio. Non gira
semplicemente attorno all’uomo. Questa visione dell’uomo ci mette in una
posizione particolare, insolita. Ma non possiamo intenderla nel senso
moderno antropocentrico che considera tutto subordinato agli scopi e alle
esigenze dell’uomo. L’approccio antropologico invece stabilisce un rapporto
allo stesso tempo complesso ed equilibrato tra Dio, l’uomo e il mondo.
Questo, però, ha notevoli conseguenze anche per la comprensione della realtà
creata. Ildegarda non vede mai l’uomo e il mondo, il corpo e l’anima, la
natura e la grazia, come fenomeni isolati. L’antropologia è fortemente legata
alla cosmologia e, di conseguenza, anche all’ecologia. L’intera Creazione
traspare ripetutamente dal nesso vivo tra tutti i fenomeni. Per descrivere
questo nesso intrinseco di tutto il Creato, e soprattutto “l’armonia” con la
22
Brevemente cfr. Symphonia, 225.
Cfr. Buch der Lebensverdienste, III, 1-2: Der Mensch in der Verantwortung (Liber Vitae meritorum), Salisburgo 1972,
133.
23
10
quale le creature si relazionano l’una con l’altra fino a completarsi, Ildegarda
usa spesso il termine “sinfonia”, soprattutto nelle sue poesie e nei suoi canti.24
“E cosi ogni elemento ha un suono proprio, un suono primordiale che
proviene dall’ordinamento di Dio. Ma poi tutti questi suoni si fondono in un
armonioso concerto di arpe e cetre.”25 E questa sinfonia abbraccia tutto il
mondo: “Dalle più piccole cose quotidiane fino all’infinità dei mondi stellari,
e ora, al centro di tutto: l’uomo, colui che è il cuore del mondo. E forse la
spiritualità ineguagliabile di questa visione del mondo, da interpretare sempre
e soltanto a partire della storia della salvezza, sta proprio in questo: che tutto
il corpo diventa pura luce e musica e che l’intero cosmo diventa suono e
armonia.”26 In questo contesto i colori hanno un ruolo fondamentale,
soprattutto la “viriditas”, la verdeggiante energia vitale, una delle espressioni
più care alla profetessa. E qui la dimensione fisica e la realtà dell’anima
diventano una cosa sola. Si tratta della vita della Creazione, ma anche del
rinnovamento adoperato dallo Spirito Santo. A causa della violenza
dell’uomo questa energia verdeggiante della Creazione è andata
indebolendosi; e così rischia di inaridirsi e necessita di constanti cure. Ma
rimane comunque una forza che scaturisce dalla bontà di Dio che è in grado
di rinnovare tutto. “Dalla mortalità non viene alcuna vita, e la vita consiste
soltanto nel vivere. Nessun albero germoglia senza la forza verdeggiante,
nessuna pietra fa a meno della verde umidità, nessuna creatura è priva di
questa particolare forza, anzi, la stessa eternità vivente è permeata dalla forza
verdeggiante.”27 L’uomo deve essere pronto, ogni volta, ad uscire fuori dalla
limitatezza del suo “io” racchiuso in se stesso, e a farsi condurre al largo:
farsi condurre cioè dalla siccità verso una forza verdeggiante che è anche una
forza propria dello Spirito di Dio.
A questo punto bisognerebbe dimostrare come la Creazione sia strettamente
legata a Gesù Cristo. In fondo, la Creazione tende all’incarnazione di Dio in
Gesù Cristo. Soltanto partendo da Lui si avvererà tutto ciò che abbiamo detto
24
25
26
27
Cfr. H. Schipperges op. cit. Symphonia, 3ss., 222ss., cfr. 205.
Ibidem., 12.
Ibidem., 13.
D. Sölle, O Grün des Fingers Gottes. Die Meditationen der Hildegard von Bingen, Wuppertal 1989, 57s.
11
sulla Creazione. Ma questo richiede anche la convinzione, che la Creazione
di per sé è volatile, ma viene salvata dalla Risurrezione di Gesù Cristo e degli
uomini. Questo compimento è qualcosa che Ildegarda non perde mai di vista.
“A colui che coltiva il campo del suo corpo con discrezione (“discrete”),
l’avvicinarsi della fine non potrà nuocere: esso verrà accolto dalla sinfonia
dello Spirito Santo (symphonia Spiritus Sancti) e ciò che lo aspetterà sarà una
vita di letizia (vita laeta).“28Anche qui abbiamo dunque una “sinfonia” dei
misteri della fede strettamente collegati tra di loro. In questo contesto, santa
Ildegarda usa spesso l’immagine del cerchio.
Da queste basi profonde emergono delle conseguenze di alto valore pratico
ed etico. Santa Ildegarda non ha dubbi quando afferma che Dio ha creato il
nostro mondo come un mondo buono. Ella non chiude gli occhi davanti al
male e al peccato che portarono tanta distruzione e disarmonia nel Creato.
Perciò tutto dipende dalla conversione dell’uomo. Con questa teologia della
Creazione ottimista, però, Ildegarda lotta contro certe tendenze dell’influenza
del neoplatonismo nella teologia contemporanea, e soprattutto contro tutte le
tendenze dualiste-manicheiste che vogliono abbassare l’importanza della
materia, sminuendola. Questo emerge forse in modo più chiaro
nell’atteggiamento positivo che Ildegarda ebbe nei confronti del corpo e nel
suo approccio sorprendentemente disinvolto alla sessualità umana. E questo
si ripercuote anche su come Ildegarda vede il rapporto tra uomo e donna.29 È
vero che considera tale rapporto in modo conservatore, nel senso della
subordinazione della donna all’uomo, ma all’interno di questa compagine
permette comunque forti accenti correttivi. In questo modo, per esempio,
Ildegarda ritiene – cosa tutt’altro che scontata – che non solo l’uomo sia fatto
a immagine e somiglianza di Dio, ma anche la donna. E questa valutazione
include anche il corpo umano. Verginità e maternità non sono più in
contrapposizione, ma vengono rappresentate nella loro relazione reciproca.
Incurante dell’influsso di Agostino, il matrimonio viene visto in modo
28
Symphonia 12; Chr. Meier, Die Bedeutung der Farben im Werk Hildegards von Bingen, in: Frühmittelalterliche Studien 6
(1972), 245-355; A. Bäumer, Wisse die Wege, Francoforte 1998, 332ss.; G. Lautenschläger, „Viriditas“, in: E. Forster (a
cura di), Hildegard von Bingen. Prophetin durch die Zeiten, Freiburg i. Br. 1997, 224-337.
29
Cfr. E. Gössmann, Hildegard von Bingen. Versuche einer Annäherung, Monaco 1995; A. Bäumer, Wisse die Wege, 237;
H. Schipperges, Hildegard von Bingen, 50ss.; B. Newman, Hildegard von Bingen, Freiburg i. Br. 1995, 153ss., 171ss.,
292ss.
12
positivo. Per Ildegarda la donna non è semplicemente debole, ma essa è
“mollioris roboris”, cioè “di una forza più mite”; e allo stesso modo la forza
maschile deve essere attenuata con “mansuetudo”, cioè con la mansuetudine.
Questa è anche la ragione perché santa Ildegarda, soprattutto nei suoi anni
maturi, lotta così decisamente contro i cosiddetti Catari, un movimento di
tipo settario che, pur avendo radici nella motivazione ascetica, alla fine
giunse a una valutazione del tutto negativa del corpo creato. I viaggi di cui
abbiamo già parlato, che portarono Ildegarda lungo le rive del Reno e nel
sud-ovest della Germania, sono motivati dal rifiuto di questo movimento ad
impronta dualistica. I Catari si distinguono per un’aspra critica del
matrimonio e dello stato della donna. È molto probabile che gran parte delle
donne di questo movimento abbiano subito violenze sessuali e domestiche:
“Il matrimonio non ha alcun valore”; “Le donne sono demoni“. Forte della
sua spiritualità e teologia, santa Ildegarda divenne una instancabile
combattente contro questo movimento eretico; e nella sua difesa del corpo
umano e della realtà creata, è proprio il suo stato di donna religiosa che le
conferisce una credibilità particolare.30
Sono certo che oggi questo significato che Ildegarda ha per noi, possa essere
compreso e maggiormente approfondito sotto tanti aspetti. Raramente, però,
questo approccio può essere diretto. Nonostante infatti, la sua attualità, alcuni
pensieri d’Ildegarda ci risultano ancora inaccessibili e necessitano di una
interpretazione accurata. Solo così sarà dato un contributo che costituisce un
autentico arricchimento. Ora, dopo tutto il minuzioso lavoro svolto a livello
storico ed editoriale, è questo il compito al quale dovremmo dedicarci. E qui,
in particolar modo, è chiamata in causa la teologia sistematica. Ma dovremo
munirci di santa pazienza (cfr. la conferenza su Ildegarda prevista per il mese
di febbraio/marzo 2013 a Magonza).
Possiamo forse concludere con ciò che il cronista ci racconta degli ultimi
30
Cfr. al riguardo A. Borst, Die Katharer, Freiburg 1991; idem, Barbaren, Ketzer und Artisten. Welten des Mittelalters,
Monaco 1988; idem, Lebensformen im Mittelalter, Francoforte 1979 (Ullstein-Sachbuch); U. Bejick, Die Katharerinnen,
Freiburg i.Br. 1993; cfr. anche: H. Grundmann, Ketzergeschichte des Mittelalters, in: Die Kirche in ihrer Geschichte. Ein
Handbuch, vol. II, Göttingen 1963; idem, Religiöse Bewegungen im Mittelalter, edizione III, Darmstadt 1970.
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anni di vita di santa Ildegarda: “Nel suo seno brama un amore così buono,
che non negò a nessuno il suo abbraccio... Ma siccome ‘la fornace prova gli
oggetti del vasaio’ (Sir 27,6) e ‘la mia potenza infatti si manifesta pienamente
nella debolezza’ (2 Cor 12,9), fin dalla sua infanzia fu colpita da frequenti,
quasi continue malattie dolorose, cosicché solo raramente si servì dei suoi
piedi per camminare, e siccome l’intera costituzione della sua carne era
instabile, la sua vita era come l’immagine di una morte preziosa. Ma ciò che
mancava di forza all’essere esteriore, attraverso lo spirito della sapienza e
della forza, venne aggiunto all’essere interiore, e mentre il suo corpo
decadeva, si fece sentire il meraviglioso soffio della fiamma del suo
spirito.”31
La conclusione di questa “Vita” sottolinea come Ildegarda, dopo “aver
prestato fedele servizio al Signore in tante dure battaglie [si trovò afflitta dal
tedio della vita] e pregava ogni giorno di essere ‘sciolta dal corpo per essere
con Cristo’ (Fil 1,23). Dio esaudì questo suo desiderio e, proprio come ella
aveva pregato, le rivela, nello spirito profetico, la sua fine, che ella annuncia
anche alle sue sorelle. E così, dopo aver lottato per qualche tempo contro la
sua malattia, il 17 settembre, nell’ottantaduesimo anno della sua vita, fa felice
ritorno nella casa del suo Sposo celeste.”32
IV. Ringraziamento al Santo Padre
Sarebbe doveroso ringraziare molte persone. Il ringraziamento più grande,
però, lo dobbiamo a Papa Benedetto XVI per il coraggio che ha dimostrato
nel proclamare santa Ildegarda di Bingen dottore della Chiesa. Forse il suo
pensiero traspare meglio da un breve indirizzo ai partecipanti a un Simposio
Internazionale su Ildegarda, al quale fu invitato nel 1994, e in cui disse:
“Avrei volentieri accettato l’invito al Vostro convegno su Ildegarda di
Bingen, in quanto questa figura mi ha affascinato fin dalla mia gioventù. Il
mio interesse per lei è nato all’inizio degli anni quaranta dalla lettura di un
romanzo di Hünermann, allora molto popolare: Das lebendige Licht [La luce
31
Vita Sanctae Hildegardis. Leben der Heiligen Hildegard von Bingen. Canonizatio Sanctae Hildegardis. Kanonisation der
Heiligen Hildegard, traduzione e introduzione di M. Klaes = Fontes Christiani 29, Freiburg i.Br. 1998, 90s.
32
Ibidem., 231.
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vivente]. Questo primo incontro mi incoraggiò poi ad inseguire la fonte di
questa luce più da vicino, anche se purtroppo non ho mai trovato il tempo di
dedicarmi a studi veri e propri su Ildegarda. Oggi Ildegarda si presenta a noi
in tutta la sua universalità audace. Ci sentiamo attratti dall’affettuosa
attenzione che ella presta alle forze risanatrici della Creazione, e dalle sue
molteplici doti artistiche, ma soprattutto dalla sua intensa predicazione della
fede; la sentiamo dunque vicina come donna che ha amato Cristo nella Sua
Chiesa senza alcuna ingenuità e senza timore. Anzi, proprio grazie al suo
contatto con il mistero di Dio fu in grado di dire la parola giusta alla sua
epoca, in tutta libertà e senza alcun timore. Nella crisi dell’uomo d’oggi che
stiamo affrontando, Ildegarda ha ancora molte cose importanti da dirci. In
questo senso Vi auguro che le vostre conversazioni siano feconde, affinché il
messaggio di Ildegarda nella sua immutata attualità possa essere ascoltato e
compreso di nuovo.”33
33
M. Schmidt (a cura di), Tiefe des Gotteswissens – Schönheit der Sprachgewalt bei Hildegard von Bingen, Stoccarda
1995, VII.
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