USCITA DIDATTICA ALLA DIGA DEL VAJONT E ALLA CENTRALE IDROELETTRICA DI NOVE (7/04/2016) Il giorno 7 aprile, noi ragazzi di 4^H, accompagnati dalle prof.sse Boscaro e Gruarin, ci siamo recati presso la diga del Vajont dove un esperto geologo ci ha illustrato le dinamiche della catastrofe e la sua correlazione con la morfologia del territorio. Alcuni aspetti che ci sono stati spiegati ci hanno particolarmente colpiti. 1. LA STRUTTURA DELLA DIGA: La diga, costruita con la tecnica a doppio arco, era all'epoca – negli anni '60 -­‐ la più alta del mondo e tuttora si colloca ai primi tre posti nella classifica delle dighe più alte a livello europeo. Il bacino poteva raccogliere oltre 150 milioni di m3 d’acqua, più del doppio del totale degli altri bacini che costituivano l’intero sistema. Ci ha lasciati stupiti la proporzione tra l'altezza (260 m circa) e lo spessore. Alla base misura 22m, mentre sulla sommità raggiunge i 3m. Tale struttura conferisce alla struttura, nonostante la ridotta quantità di materiale impiegato, una grandissima resistenza, come dimostra il fatto che non sia crollata a seguito della frana e dell'inondazione. 2. LA POTENZA DELL'ACQUA: La caduta nel bacino di raccolta del volume compatto della frana ha provocato, da una parte, una gigantesca onda, che ha lambito i margini del paese di Casso, ben 300m più in alto del livello dell’acqua del lago; verso la città di Longarone l’onda ha superato di 270m la sommità della diga, spazzando via violentemente la vegetazione e le costruzioni e scavando nel punto di impatto al suolo una voragine profonda 40m. Il bosco vecchio ha attirato la nostra attenzione poiché è una perfetta dimostrazione della forza della natura e di come questa possa sopravvivere e crescere anche negli ambienti più ostili. 3.
LA COSTITUZIONE DELLE ROCCE: Le rocce della zona, sedimentarie, sono di tipo coerente. Ciò significa che si comportano come un unico e grande blocco. Nel 1960 la frana di Maè ha portato le attenzioni dei tecnici sulla geologia del luogo. È stata da quel momento nota la costituzione franosa dei monti circostanti il bacino, in particolare del monte Toc, da cui ha avuto origine la catastrofe. Da questo monte si è staccato un blocco della larghezza di circa 2,5 km, che ha raggiunto il bacino in meno di 20 secondi. Con i suoi 260 milioni di m3 di volume rappresenta una delle più grandi frane in periodo storico. 4.
UNA CATASTROFE EVITABILE: Antonio, la nostra guida, ci ha spiegato che il disastro del Vajont non è stato una catastrofe naturale, come comunemente si pensa, ma è dovuto all'intervento dell'uomo. Già durante i primi periodi di costruzione infatti i rischi erano noti, ma una sottovalutazione del pericolo ha portato alle famose conseguenze. L'acqua del serbatoio, penetrando tra gli strati di roccia, ha fatto sì che questa scivolasse come su un piano inclinato, causando una frana di vaste proporzioni. 5.
LO SFRUTTAMENTO DELL'IGNORANZA DEGLI ABITANTI: Pur di costruire l’impianto idrico, i rappresentanti della SADE avevano minimizzato gli eventuali danni, promettendo alle popolazioni dei comuni coinvolti nell’area della diga accordi irrealizzabili e facendo leva sull’ignoranza degli abitanti nei confronti delle tematiche considerate. Inoltre negli anni del Secondo Dopoguerra, c’era la necessità di creare occupazione. La massa di gente disoccupata vedeva nella costruzione della diga una nuova prospettiva di vita con una migliore condizione economica, e proprio per questo accettò le condizioni del progetto. In seguito ci siamo recati alla centrale idroelettrica di Nove ( TV ), per comprendere l'utilizzo e l'importanza della produzione energetica a partire da questa fonte rinnovabile che è l'acqua. Qui ad affascinarci sono stati altri elementi, alcuni anche tecnici, che ci sono stati spiegati da un ex-­‐dipendente della centrale. 6.
LA TURBINA FRANCIS: La turbina Francis, collegata ad un rotore, permette di produrre energia elettrica per mezzo della variazione di campo magnetico generata dalla sua rotazione. Per funzionare utilizza la forza dell’acqua in caduta, che incanalata ad alta velocità varia la propria direzione; è dalla variazione di direzione del vettore velocità della massa d’acqua che la turbina ricava l’accelerazione che le permette di generare energia dalla forza a cui è così soggetta. 7.
IL TRASFORMATORE DI TENSIONE: Per trasportarla in maniera più efficiente e poter utilizzare cavi meno spessi, la corrente elettrica viene portata ad una tensione molto elevata (220V). Il processo viene svolto il prima possibile, in modo che l’energia dissipata sia minima, per questo nella centrale è presente un imponente trasformatore trifase che premette di trasformare la corrente prodotta in corrente ad alta tensione. 8.
LA FIGURA DEL TURBINISTA: Al termine della visita alla centrale idroelettrica abbiamo potuto sostare nella stanza di controllo. Anche in questa occasione ci è stato dimostrato come il lavoro dell'uomo venga facilmente sostituito da macchinari tecnologici appropriati. La figura del turbinista è stata infatti soppiantata da sistemi automatici che controllano e regolano l'intero impianto. 9.
IL COMPLESSO SISTEMA DI CENTRALI IDROELETTRICHE: Ci ha molto colpiti come le varie centrali idroelettriche del comprensorio della centrale di Nove abbiano saputo organizzarsi, collaborando le une con le altre, per ottimizzare la loro produzione di energia idroelettrica. 10.
L' ORDINE DI GRANDEZZA: A conclusione dell'uscita abbiamo visto un modellino della valle del Vajont e ascoltato una spiegazione riguardo le prove effettuate prima della costruzione della diga. Il tempo minimo previsto per la discesa della frana era di 1 minuto. Al verificarsi della catastrofe, però, questo è risultato essere pari a ⅓, ossia 20 secondi. Considerando che l'energia cinetica varia in base al quadrato della velocità, si commette un errore pari ad un ordine di grandezza ( 10 volte maggiore ) .