Il Mito e le donne nel progetto “Aracne”

Il Mito e le donne nel progetto “Aracne”
Articolo di Nicola Rombolà, tratto da La Prima Pagina, 13 giugno 2016
Il Mito e le donne nel progetto “Aracne. Una esperienza didattica e pedagogica vissuta dai ragazzi
di due prime classi della scuola media di San Calogero che hanno messo in scena l’Iliade.
Il mito è sempre un potente organismo vivente, generatore di archetipi, le chiavi simboliche
dell’esistenza e della creazione che non hanno mai smesso di affascinare con il loro racconto le
generazioni, per la rivelazione di significati nuovi e nascosti. L’Iliade è uno dei poemi epici che
hanno segnato la storia culturale dell’Occidente insieme all’Odissea. In queste due opere si
definisce la fondamentale esperienza esistenziale con cui si è misurato l’uomo, secondo la
concezione greca in epoca arcaica, preclassica: nell’Iliade si rappresenta una civiltà ancora in
formazione in cui prevalgono i valori guerrieri (quella micenea del XIII secolo a. C.) che tradotti in
un linguaggio contemporaneo, possono significare lotta per il successo (la gloria) e misura delle
proprie virtù nell’affrontare le sfide della vita. Invece l’Odissea l’uomo vive una esperienza più
evoluta (quella del cosiddetto medioevo ellenico, VIII secolo a.C.), e fonda l’archetipo del viaggio,
dell’incontro con l’altro da sé alla ricerca di “virtute e canoscenza” (come scrive Dante nel XXVI
canto dell’Inferno dedicato ad Ulisse). Queste opere hanno assunto la funzione di una sorta di
enciclopedia del sapere dei Greci e Omero è stato considerato un educatore, come maestro verità.
Scritti quasi tre mila anni fa, questi poemi che vengono attribuiti all’aedo per antonomasia, Omero,
hanno ancora un valore pedagogico per i ragazzi che cominciano a misurarsi con il mondo e a
scoprire la realtà emotiva e sociale in cui si trovano a vivere.
Questa importante esperienza e valenza educativa, è stata vissuta dagli allievi della prima A e
prima B della Scuola secondaria di primo grado (scuola media) di San Calogero, che hanno messo
in scena l’Iliade. La rappresentazione è l’esito finale di un progetto che mette insieme diverse
scuole ma anche il passato remoto con il presente, all’interno di un interessante progetto, che ha
preso il nome mitico di “Aracne” (personaggio femminile abile nella tessitura che osò sfidare Atena
tessendo una magnifica tela; ma la dea della cultura non sopportando l’onta della magnificenza
della tela, dove erano rappresentati gli dei olimpici, lacera il tessuto di Aracne, che si suicida per la
vergogna). Il percorso didattico ha avuto compimento nella rappresentazione dell’Iliade con cui i
ragazzi si sono misurati nei giorni scorsi (pomeriggio di sabato 4) sfidando la loro tenera età ma
vincendo la battaglia con un avversario invisibile quanto difficile da affrontare, l’emozione
dell’esordio, come accade anche per i più consumati attori. Eppure loro hanno recitato con
disinvoltura creando e raccontando i momenti topici dell’opera, con tanto di guerrieri, di eroi e di
miti. Ad irrompere sulla scena per primo il pomo della discordia gettato da Eris, dea della discordia;
poi l’ira di Achille perché le viene sottratta la schiava Briseide, suo bottino di guerra; e infine
l’astuzia di Ulisse con il mitico cavallo di Troia, e a nulla valgono le esortazioni di Cassandra e del
sacerdote Laocoonte a diffidare del cavallo di legno; infine lo scontro epico di Achille con Ettore,
reo di avergli ucciso il compianto amico Patroclo, e l’implorazione del padre Priamo (re di Troia) a
Achille di restituirgli le spoglie per dare degna sepoltura. Sullo sfondo c’è la bella Elena, figlia di
Zeus, rapita da Paride che ha scatenato la guerra tra Achei e Troiani. E nello scontro finale con la
distruzione di Ilio appare Enea salvo che porta sulle spalle il padre Anchise, il futuro fondatore di
Roma e della “ Gens Julia”, che fugge portando con sé anche il figlio Ascanio. C’è tutto l’impianto o
l’architettura mitica su cui si sono costruiti i nostri più profondi valori culturali e il cosiddetto
immaginario o inconscio collettivo di matrice junghiana. Un lavoro di recitazione non semplice
messo in scena con perizia tecnica e scenica che hanno dato alla rappresentazione un colore
quasi innocente, ma che è il frutto di passione e impegno, come ha testimoniato la dirigente
scolastica prof.ssa Maria Gramendola alla fine della recita, ringraziando la docente referente del
progetto La Torre per la sua dedizione, professionalità e competenza artistica, ma anche tutti gli
altri docenti che hanno partecipato, compresi i genitori che si sono improvvisati costumisti, dando
vita ad un lavoro collettivo e fondativo per la storia didattica e pedagogica dei ragazzi.
La prof.ssa La Torre intervenendo, in primo luogo ha ringraziato la dirigente, le famiglie che hanno
partecipato all’organizzazione, ha sottolineato la collaborazione dei colleghi e in particolare di
Rosaria Fiumara, nel ruolo di aiuto regista e nell’allestimento scenografico; poi ha ricordato che la
rappresentazione teatrale dell’Iliade è il prodotto finale del progetto “Aracne” in rete con altre
scuole, gli istituti comprensivi di Rombiolo (scuola capofila), di Vibo Marina, di Nicotera ,di Tropea,
di Nicotera, sullo sviluppo di una didattica per competenze. La docente ha spiegato che si è
lavorato soprattutto sul tema del “Mito”, con una attenzione alla violenza sulle donne. Non a caso
particolare attenzione è stata dedicata alla figura di Andromaca e al libro VI dell’Iliade, per la
“grande valenza educativa e didattica che ha avuto la rappresentazione dell’Iliade”, in quanto, ha
aggiunto, “ha fatto capire ai ragazzi come già dall’antica Grecia, nella società descritta da Omero,
caratterizzata dai valori guerrieri, e dove gli uomini detenevano il predominio, il ruolo della donna
era limitato all’ambito domestico: fedeltà, obbedienza, rispetto della divisione dei ruoli erano le virtù
richieste alla donna”. La figura di Andromaca (moglie di Ettore), ha infine sottolineato la prof.ssa La
Torre, “è una delle figure più commoventi della mitologia greca, che pare vivere in bilico tra
presente e passato”; dopo essere stata moglie ideale, vedova fedele, madre affranta, Andromaca
“racchiude in sé l’impotenza e la sofferenza di qualsiasi vedova, o meglio di qualsiasi donna della
società greca che deve affrontare, con forza, una vita da schiava e lontana dalla sua terra, senza il
marito amato”.
La rappresentazione si è svolta nei locali dell’ex Saub. Grande è stata la partecipazione della
comunità, tra genitori, parenti, docenti e personale scolastico, che hanno affollato la sala. Tra loro
anche il sindaco di San Calogero, Nicola Brosio che si è complimentato sia con la dirigente
Gramendola, con la referente del progetto La Torre, con tutti i docenti che hanno collaborato, ma in
particolare con i protagonisti, i ragazzi. Gli alunni delle due classi hanno scritto una bella pagina
nella storia di San Calogero, non solo con la rappresentazione, ma anche facendo delle interviste
sul territorio a delle immigrate sulla condizione della donna nei loro paesi di origine, facendo
risaltare le differenze e le identità culturali e antropologiche.