POLITECNICO DI MILANO Helicopter drop e politiche fiscali non

POLITECNICO DI MILANO
Scuola di Ingegneria Industriale e dell’Informazione
Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Gestionale
Helicopter drop e politiche fiscali non-ricardiane:
effetti di politiche economiche non convenzionali
sul livello di inflazione
Relatore:
Prof.ssa Anna Paola FLORIO
Tesi di Laurea Magistrale di:
Stefania CIUMMO
Anno Accademico 2014 – 2015
Matr. 823320
“Conformemente all'articolo 105, paragrafo 1 del trattato, l’obiettivo principale del SEBC eΜ€
il mantenimento della stabilitaΜ€ dei prezzi. Fatto salvo l’obiettivo della stabilitaΜ€ dei prezzi,
esso sostiene le politiche economiche generali della Comunità al fine di contribuire alla
realizzazione degli obiettivi della Comunità definiti nell’articolo 2 del trattato. Il SEBC
agisce in conformità del principio di un’economia di mercato aperta e in libera
concorrenza, favorendo un’efficace allocazione delle risorse, e rispettando i principi di cui
all’articolo 4 del trattato.”
Protocollo sullo statuto del sistema europeo di banche centrali
della Banca Centrale Europea, Articolo 2.
La più grande difficoltà nasce non tanto dal persuadere la gente ad accettare le nuove idee,
ma dal persuaderli ad abbandonare le vecchie.
John Maynard Keynes
Ringraziamenti
Questo lavoro di tesi rappresenta la conclusione di un percorso formativo tanto
impegnativo quanto coinvolgente e appassionante. Desidero ringraziare in primo
luogo la Professoressa Anna Paola Florio per il sostegno e i preziosi consigli
fornitimi, che sono stati un aiuto essenziale nella stesura di questa tesi. Ringrazio
poi il Professor Giangiacomo Nardozzi per avermi fatto conoscere e appassionare
all’economia monetaria. Un ringraziamento va inoltre al Professor Fabio Sdogati, le
cui lezioni mi hanno insegnato molto più che i fondamenti dell’economia
internazionale e al Professor Salvatore Baldone, per avermi iniziato al mondo
dell’economia. Ringrazio il Politecnico di Milano per avermi permesso di arricchire
la mia formazione, di avermi dato una preparazione ottima e soprattutto di avermi
permesso di venire in contatto con docenti estremamente preparati, sebbene mi
abbia costretto a fronteggiare i miei limiti e le mie difficoltà.
Un grazie di cuore va inoltre alla mia famiglia. Ai miei genitori prima di tutto,
che hanno sofferto tante rinunce per permettermi di concludere al meglio i miei
studi, e a mia sorella che mi è sempre stata vicina e che mi ha aiutato a superare
momenti di difficoltà durante tutto questo percorso.
Ringrazio il mio fidanzato Paolo, per il suo prezioso aiuto, per avermi
sopportato e incoraggiato, per essermi stato sempre accanto aiutandomi a credere
in me stessa.
Un grazie a Maria, che da cinque anni mi dimostra affetto e amicizia e a
Maddalena, cara amica.
Ringrazio i miei amici e colleghi, che hanno condiviso con me le lezioni
universitarie e i progetti. Un particolare grazie va a Davide, Enrico e Daniele, amici
dentro e fuori l’aula.
Indice generale
RINGRAZIAMENTI .................................................................................................................. V
INDICE GENERALE ............................................................................................................... VII
INDICE DELLE FIGURE ......................................................................................................... IX
INDICE DELLE TABELLE .................................................................................................. XIII
ABSTRACT .............................................................................................................................. XV
1.
INTRODUZIONE ............................................................................................................. 1
2.
FISCAL ARITHMETIC ................................................................................................... 9
2.1.
2.1.1.
La caratterizzazione di Sargent e Wallace ............................................. 14
2.1.2.
La caratterizzazione di Leeper ................................................................... 17
2.1.3.
La caratterizzazione di Woodford............................................................. 25
2.2.
3.
FISCAL THEORY OF THE PRICE LEVEL ............................................................................... 13
LA CARATTERIZZAZIONE DI COCHRANE ......................................................................... 36
2.2.1.
Il modello: valutazione del livello nominale di debito pubblico ... 37
2.2.2.
Il modello e le politiche monetarie ........................................................... 47
2.2.3.
Fiscal Stimulus .................................................................................................. 56
2.2.4.
Fiscal Inflation .................................................................................................. 63
HELICOPTER MONEY................................................................................................ 69
3.1.
LA CARATTERIZZAZIONE DI TURNER .............................................................................. 69
3.2.
LA CARATTERIZZAZIONE DI BUITER ............................................................................... 76
3.2.1.
Economia reale in assenza di trappola di liquidità ............................ 78
3.2.2.
Economia reale in presenza di trappola di liquidità .......................... 81
Indice generale
4.
5.
3.2.3.
La domanda aggregata e lo Stato ............................................................... 83
3.2.4.
Helicopter drop ................................................................................................ 86
3.2.5.
Helicopter drop: BCE e FED. ........................................................................ 91
SHOCK STRUTTURALI E FTPL ............................................................................... 95
4.1.
IL MODELLO DI KIM .......................................................................................................... 95
4.2.
EFFETTI DEGLI SHOCK ................................................................................................... 100
4.3.
ANALISI EMPIRICA ......................................................................................................... 107
CRITICHE ALLA FTPL ..............................................................................................113
5.1.
6.
LA CARATTERIZZAZIONE DI REIS E HALL .................................................................... 114
5.1.1.
Il vincolo di bilancio della banca centrale ........................................... 114
5.1.2.
La stabilità finanziaria della banca centrale ....................................... 117
5.1.3.
La FED e il rischio di tasso di interesse ................................................ 123
5.1.4.
La BCE e il rischio di default ..................................................................... 131
CONCLUSIONI ............................................................................................................137
BIBLIOGRAFIA ....................................................................................................................141
VIII
Indice delle figure
Figura 1.1. Tasso di inflazione e andamento del CPI negli U.S.A. (1980 - 2008). Fonte:
research.stlouisfed.org. ............................................................................................................ 1
Figura 1.2. Debito pubblico, PIL e Spesa pubblica in U.S.A. (1980 - 2007). Fonte:
usgovernmentdebt.us. .............................................................................................................. 4
Figura 1.3. Movimenti del FFR (1982 - 2008). Fonte: research.stlouisfed.org. ........... 5
Figura 1.4. Andamento EONIA (1999 - 2010). Fonte: it.global-rates.com. .................... 6
Figura 1.5. Andamento del HICP per l'Eurozona e l'Unione Europea (1997 - 2010).
Fonte: Eurostat. ........................................................................................................................... 7
Figura 2.1: Cammino inflazionistico come da equazione (2.29) con π0 > π*. Fonte:
(Woodford 1998). .................................................................................................................... 31
Figura 2.2. Andamento dell'inflazione secondo la Regola di Taylor. Fonte: Handbook
of monetary economics, 2011. ............................................................................................ 35
Figura 2.3. Andamento dell'inflazione in condizioni di politica monetaria
accomodante. Fonte: Handbook of monetary economics, 2011. .......................... 35
Figura 2.4: Andamento del rapporto Surplus / PIL riferito negli USA, dal 1950 al
2010. Fonte: (Cochrane 2010). ........................................................................................... 42
Figura 2.5: Andamento del PIL reale statunitense dal 1990 al 2014. Fonte: U.S.
Bureau of Economic Analysis. ............................................................................................. 43
Figura 2.6. Andamento del surplus reale/PIL in Europa. Fonte: Eurostat.................. 45
Figura 2.7. Andamento del PIL in Europa. Fonte: Eurostat. ............................................. 46
Figura 2.8: Curva di Laffer. Fonte:Forbes. ............................................................................... 48
Figura 2.9. Percentuale dei Paesi che sono caratterizzati da un fenomeno di flight to
quality. Fonte: Federal Reserve Board Washington DC. ........................................... 55
Figura 2.10. Scenari inflazionistici derivanti da uno shock fiscale sul valore attuale
dei surplus del 10% in base alla maturità del debito pubblico. Fonte: (Cochrane
2010). ........................................................................................................................................... 66
Indice delle figure
Figura 2.11. Risposta al cammino inflazionistico delle variabili y, r ed i. Fonte:
(Cochrane 2010). ..................................................................................................................... 67
Figura 3.1. Spostamento della curva IS conseguentemente un aumento della spesa
pubblica. Fonte: (Hicks 1937). ............................................................................................ 71
Figura 4.1. Risposta ad impulso relativa ad uno shock nella spesa pubblica. Fonte:
(Kim 2003). ............................................................................................................................. 101
Figura 4.2. Risposta ad impulso relativa ad uno shock nella politica monetaria.
Fonte: (Kim 2003). ............................................................................................................... 103
Figura 4.3. Risposta ad impulso relativa ad uno shock nella domanda aggregata.
Fonte: (Kim 2003). ............................................................................................................... 104
Figura 4.4. Risposta ad impulso relativa ad uno shock nell’offerta aggregata. Fonte:
(Kim 2003). ............................................................................................................................. 106
Figura 4.5. Andamento della politica fiscale in USA (1947-2000). Fonte:(Blanchard
& Perotti 2002). ..................................................................................................................... 108
Figura 4.6. Risposta ad impulso nel modello VAR, primo sottoperiodo. Fonte: (Kim
2003).......................................................................................................................................... 110
Figura 4.7. Risposta ad impulso nel modello VAR, secondo e terzo sottoperiodo.
Fonte: (Kim 2003). ............................................................................................................... 111
Figura 5.1. Andamento delle componenti del dividendo della FED durante il periodo
di crisi e di ripresa. Fonte: (Hall & Reis 2015) ........................................................... 126
Figura 5.2. Andamento delle componenti delle riserve per la FED durante i cinque
anni di crisi e i nove anni di ripresa. Fonte: (Hall & Reis 2015). ........................ 127
Figura 5.3. Analisi di scenario di insolvibilità governativa nei confronti della FED.
Fonte: (Hall & Reis 2015). ................................................................................................. 128
Figura 5.4. Andamento dello scoperto D in corrispondenza di manovre alternative
condotte dalla FED. Fonte: (Hall & Reis 2015). ......................................................... 130
Figura 5.5. Andamento dell'utile netto (a) e dello scoperto (D) nei tre scenari
ipotizzati per la BCE. Fonte: (Hall & Reis 2015). ...................................................... 132
Figura 5.6. Andamento dell'utile netto (a) e dello scoperto (b) in corrispondenza
degli scenari per i repo. Fonte: (Hall & Reis 2015). ................................................. 134
X
Indice delle figure
Figura 5.7. Andamento dell'utile netto (a) e dello scoperto (b) derivante dalla
manovra di QE. Fonte: (Hall & Reis 2015). ..................................................................135
XI
Indice delle tabelle
Tabella 2.1. Equilibri di Leeper.Fonte: elaborazione dati dello studente.................... 23
Tabella 2.2. Regimi di Woodford. Fonte: (Woodford 1998). ............................................ 32
Tabella 3.1. Bilancio della BCE. Fonte: (Buiter 2014). ........................................................ 92
Tabella 3.2. Bilancio completo della BCE. Fonte: (Buiter 2014). .................................... 93
Tabella 5.1. Input all'analisi per scenari relativa alla FED. Fonte: (Kim 2003). ......124
Tabella 5.2. Utile netto per lo scenario base della FED. Fonte: (Kim 2003). ............124
Tabella 5.3. Input all'analisi per scenari relativa alla BCE. Fonte: (Kim 2003). ......132
Abstract
Obiettivo della presente trattazione è studiare
Aim of the current dissertation is to study the
gli effetti di un maggiore coordinamento tra la
effects of a higher coordination between fiscal
politica fiscale e la politica monetaria,
and monetary policy could result on the real
evidenziando
quanto
economy. We will stress the differences
teorizzato dagli esponenti del monetarismo e
between classic monetaristic theories and the
quanto proposto dalla Fiscal theory of the price
Fiscal theory of the price level. After
level. In particolare, dopo averne introdotto gli
introducing
autori e le caratterizzazioni principali, si
proponents, the dissertation will proceed
proseguirà analizzando in maniera critica gli
with a critical analysis of government policies
effetti delle politiche attuate dai governi e
of Europe and United States, highliting
dalle banche centrali di Europa e Stati Uniti,
mistakes and unexploited potentialities. It will
evidenziandone errori e potenzialità non
continue with a description of the different
sfruttate. Si procederà poi con la descrizione
coordination possibilities among central bank
delle varie forme di coordinamento ottenibili
and government, showing their effects on real
da un’interazione tra la banca centrale e il
economy. There will be a particular reference
governo, e dei loro effetti sull’economia. In
to the subprime crisis and the consequent
particolare, verranno fatti riferimenti alla crisi
zero lower bound problem, and more suitable
economica dei subprime e a come il
coordination methods will be proposed. Then
coordinamento tra le politiche fiscale e
an empirical analysis will investigate the
monetaria riesca a produrre inflazione,
effects of a monetary shock and a policy one in
conducendo le economie precipitate in
two different coordination regimes, via an
recessione fuori dallo zero lower bound. Verrà
impulse
inoltre riportata un’analisi empirica che
dissertation will report one of the major
tenterà di riprodurre gli effetti delle politiche
critics related to the application of FTPL: the
a seconda dei regimi di coordinamento, per
central bank’s solvency with the reserves
valutarne l’applicabilità. Infine, verrà discussa
increase in an unstable path.
le
differenze
tra
una delle principali critiche alla FTPL: la
solvibilità finanziaria della banca centrale con
aumento instabile delle riserve.
the
response
latter
and
method.
its
major
Lastly,
the
1. INTRODUZIONE
L’attenzione molto forte al controllo del livello di inflazione e quindi al
mantenimento della stabilità dei prezzi che caratterizza i mandati delle principali
banche centrali trova la sua ragion d’essere nell’esistenza, a partire dal Secondo
Dopoguerra, di un trend inflazionistico crescente, accompagnato spesso a periodi
brevi o medio-lunghi di contrazione e recessione.
Se si fa riferimento agli Stati Uniti, il tema della perdita del potere di acquisto
della moneta acquisisce importanza già negli anni Settanta, quando la fine del gold
standard e degli accordi di Bretton Woods e la crisi petrolifera pongono l’economia
in una situazione di fortissima inflazione ed elevato tasso di disoccupazione (la
cosiddetta stagflazione), evidenziando la necessità di ripensare e migliorare la
regola di politica monetaria allora utilizzata, la Curva di Phillips.
Figura 1.1. Tasso di inflazione e andamento del CPI negli U.S.A. (1980 - 2008). Fonte:
research.stlouisfed.org.
Capitolo 1
In Figura 1.1 è rappresentato l’andamento del CPI1 e l’andamento del tasso di
inflazione sull’orizzonte temporale che va dal 1980 al 2008; l’inflazione è ottenuta
tramite l’operazione di differenza logaritmica effettuata sul CPI di due periodi
successivi. L’inflazione, il cui valore atteso è nullo, si muove in maniera nervosa
attorno al proprio drift, evidenziando picchi anche molto distanti in periodi come gli
anni Ottanta, a cavallo della crisi petrolifera, e gli anni Duemila, a causa della bolla
delle cosiddette DotCom, con culmine nel periodo immediatamente successivo alla
crisi finanziaria del 2007-2008. Se si analizza invece l’andamento della serie storica
CPI, si trova conferma di quanto affermato in precedenza, cioè dell’evidenza di un
trend positivo crescente lungo tutto l’arco di tempo analizzato, da cui si spiega
l’esigenza per la FED di porre l’obiettivo della stabilità dei prezzi al centro del
proprio mandato esecutivo.
La netta separazione tra la politica monetaria e la politica fiscale, e di
conseguenza tra le due istituzioni, è il risultato del successo della Volcker’s Rule,
emanata dal presidente della FED Paul Volcker alla fine degli anni Settanta, che
consiste nell’indipendenza della banca centrale dal governo e la cui applicazione, a
cavallo degli anni Ottanta, portò effettivamente l’inflazione a stabilizzarsi all’interno
della soglia obiettivo, confermando la teoria monetarista della Scuola di Chicago
secondo cui l’instabilità dei prezzi sarebbe un fenomeno essenzialmente monetario.
Obiettivo della banca centrale di Volcker era proprio mantenere l’indipendenza
rispetto alle politiche fiscali e ai deficit pubblici, in modo tale da tenere sotto
controllo l’offerta di moneta e di conseguenza il livello di inflazione; tale stile di
separazionismo è stato poi adottato anche da altri paesi, visto il successo riscontrato
in U.S.A. Alcuni esempi sono infatti il divorzio che nel 1981 ha caratterizzato Banca
d’Italia e il Tesoro Italiano, come anche la costituzione della BCE sulla base del
modello della Bundesbank, da sempre indipendente e distaccata dal governo
tedesco. Un esempio di mancata indipendenza tra banca centrale e governo,
corrispondente ad uno stile completamente diverso di politica economica, è invece
Consumer price index, indice statistico che misura la variazione della media ponderata dei prezzi
che si formano nelle transazioni dell’economia reale, e quindi il livello generale dei prezzi.
1
2
INTRODUZIONE
quello del successivo presidente della FED, Alan Greenspan, passato alla storia per
aver effettuato politiche monetarie fortemente espansive accompagnate ad una
forte deregolamentazione del comportamento delle istituzioni e dei mercati
finanziari, convinto che i mercati dovessero essere lasciati liberi di agire, perché in
grado di giungere da soli all’equilibrio. Tale stile di politica monetaria laissez-faire è
uno degli elementi usati come controprova a sostegno dell’indipendenza tra banca
centrale e governo, proprio perché la FED di Greenspan ha condotto gli Stati Uniti
verso un aumento smisurato sia del debito pubblico che dell’offerta di moneta,
ponendo le immissioni di liquidità a basso costo alla mercé delle istituzioni
finanziarie e della speculazione. La deregolamentazione2 ma soprattutto la mancata
separazione tra FED e Tesoro Americano vengono criticati dalla teoria monetarista,
i cui principali esponenti ritengono infatti che, se gli Stati Uniti non avessero
accumulato un ammontare di debito pubblico così elevato, lo scoppio della bolla
immobiliare del 2007 non si sarebbe trasformato nella seconda recessione più
profonda della storia economica3. L’accumulo di un ammontare di debito pubblico
così consistente è stato possibile infatti proprio grazie al supporto monetario che la
FED di Greenspan ha fornito alle politiche fiscali fortemente espansive dell’allora
presidente Ronald Reagan (sostenitore del pensiero di John Maynard Keynes).
Quest’ultimo era infatti convinto che l’aliquota fiscale media pro-capite fosse troppo
alta, e che bisognasse abbassarla per poter consentire agli agenti economici
(famiglie e imprese) di manifestare una maggiore domanda di beni e servizi, con
conseguente stimolo anche per l’occupazione ed incremento delle entrate
governative. Tale manovra espansiva, accompagnata all’elevata spesa pubblica
militare, ha portato il debito pubblico americano a crescere dai 780 miliardi di
dollari del 1980 ai quasi 12.000 miliardi dell’inizio del 2007. In Figura 1.2 è
rappresentato l’andamento del debito pubblico, del PIL e della spesa pubblica
statunitensi; si può notare che le tre serie storiche evidenziano effettivamente un
Nel 1999 viene abrogato il Glass-Steagall Act, che prevedeva la separazione istituzionale tra banca
commerciale e banca di investimento.
3 La prima è la Grande Depressione del 1929, che parte con la crisi di Wall Street e si trasforma in
recessione economica.
2
3
Capitolo 1
trend crescente, a riprova di quanto affermato dalla Scuola di Chicago circa la forte
espansione fiscale statunitense a partire dal mandato di Reagan alla presidenza.
L’andamento crescente del PIL contemporaneo alla crescita della spesa pubblica si
pone come testimonianza empirica di quanto teorizzato da John Maynard Keynes a
seguito della crisi del 1929 circa gli effetti moltiplicativi della spesa pubblica sul
reddito nazionale e sull’occupazione; l’economista, infatti, propone un forte
interventismo governativo nei periodi di recessione, contrariamente a quanto
proposto dai monetaristi.
Figura 1.2. Debito pubblico, PIL e Spesa pubblica in U.S.A. (1980 - 2007). Fonte:
usgovernmentdebt.us.
La prova dell’espansione monetaria statunitense durante il mandato di
Greenspan si evince invece da Figura 1.3, dove è rappresentato l’andamento del
tasso di sconto della FED, il Federal funds rate, dagli anni Ottanta fino al periodo
immediatamente successivo lo scoppio della crisi finanziaria. Nei periodi in cui la
banca centrale statunitense ha inondato il sistema economico di liquidità si verifica
una discesa repentina del suo tasso di sconto, come ad esempio nei periodi
precedentemente citati (sotto la presidenza di Greenspan, tra la fine degli anni
Ottanta e la metà degli anni Novanta, e nei primi anni Duemila).
4
INTRODUZIONE
Figura 1.3. Movimenti del FFR (1982 - 2008). Fonte: research.stlouisfed.org.
Se l’indipendenza della banca centrale dal governo non è sempre stata
rispettata dalla FED, che ha come obiettivi sia la stabilità dei prezzi che il la
salvaguardia della disoccupazione, lo stesso non si può dire della BCE, costruita
proprio sul modello della Bundesbank tedesca, come accennato in precedenza, e
quindi avente nel proprio mandato il controllo dell’inflazione e la totale
indipendenza dai governi e dalle politiche fiscali degli stati membri. Tale stile di
politica monetaria ha prodotto un effetto sul valore reale del debito pubblico
esistente che, insieme a politiche fiscali straordinariamente espansive, a partire
dalla bolla dei mutui subprime ha condotto alla crisi dei debiti sovrani. Gli stati
membri dell’UE hanno infatti generato forti deficit per salvare le proprie istituzioni
finanziarie dal fallimento a seguito dello scoppio della bolla, per poi trovarsi di
fronte a mercati non più così disposti a prestare loro la liquidità necessaria ad
ottemperare ai propri mandati; non potendo ricorrere alla banca centrale, sono stati
costretti a innalzare i tassi (producendo un forte spread di interesse che ha reso il
costo del debito sempre maggiore) e a rivedere di conseguenza la propria gestione
di bilancio. La contemporanea espansione fiscale statunitense, invece, non ha
provocato crisi del debito pubblico, proprio a causa della diversa impostazione delle
due banche centrali.
5
Capitolo 1
La BCE, più giovane della FED, risulta inoltre un po’ meno interventista, come
si evince dall’analisi dell’andamento del tasso di riferimento EONIA, l’European
Overnight Index Average, in Figura 1.4.
Figura 1.4. Andamento EONIA (1999 - 2010). Fonte: it.global-rates.com.
Due grandi interventi che infatti è possibile riscontrare nel movimento
dell’EONIA sono a cavallo dei primi anni del Duemila, in risposta alla bolla già citata
delle DotCom e a seguito della crisi finanziaria, quando i tassi hanno raggiunto lo
zero lower bound. Il cammino inflazionistico risultante dalle manovre monetarie è
riportato in Figura 1.5, dove si distingue l’inflazione dei paesi dell’Unione Monetaria
Europea da quella dell’UE nel suo complesso. I paesi europei che hanno mantenuto
il proprio conio mostrano un andamento leggermente diverso da quelli dell’AreaEuro, con valori di inflazione lievemente maggiore anche durante la crisi. in
generale, comunque, si può notare come nello stesso momento in cui la BCE abbassa
molto l’EONIA, offrendo liquidità al sistema interbancario quasi a costo nullo,
l’inflazione precipita; quindi nonostante l’inondazione di risorse liquide del sistema
economico, non si verifica alcun effetto inflazionistico.
6
INTRODUZIONE
Figura 1.5. Andamento del HICP per l'Eurozona e l'Unione Europea (1997 - 2010). Fonte:
Eurostat.
I temi dell’indipendenza tra istituzione monetaria e governo, dell’attenzione
all’inflazione e dell’effetto sulla crescita economica della spesa pubblica con
conseguente problema della gestione del deficit costituiscono le basi della presente
trattazione, il cui obiettivo è approfondire tali temi, nella ricerca di una
combinazione di politiche economiche ottimali per l’economia. Quello che si vuole
dimostrare è che il principio di indipendenza tra banca centrale e governo non
sempre si rivela l’impostazione migliore di politica economica, ma che infatti ci sono
situazioni in cui un coordinamento monetario-fiscale può produrre effetti positivi
sul prodotto nazionale e sull’inflazione. Il punto di partenza della trattazione sarà
proprio studiare gli effetti delle politiche fiscali sul livello di inflazione, per poi
indagare l’esistenza di una predominanza tra le due politiche economiche a seconda
delle aspettative degli agenti economici, evidenziando situazioni in cui la politica
monetaria sia dominante rispetto a quella fiscale e viceversa.
Nel capitolo 2 verranno presentate le teorie economiche note come Fiscal
theory of price level (FTPL), che si pongono in contrasto con la Scuola di Chicago e
che promuovono l’attribuzione di una maggiore importanza alla politica fiscale nel
determinare l’equilibrio del livello dei prezzi, con l’obiettivo di dimostrare che tanto
7
Capitolo 1
la politica monetaria quanto quella fiscale possono avere effetti inflattivi e deflattivi.
Si presenteranno i modelli di Sargent e Wallace (Sargent & Wallace 1981) e di
Woodford (Woodford 1998), che indagano la possibilità per l’appunto che le
politiche fiscali producano un effetto sull’economia reale, evidenziando come
quest’ultimo si trasforma in una variazione dell’inflazione. Si andrà ad indagare
inoltre la dominanza di una politica rispetto all’altra con riferimento alla
caratterizzazione di Leeper (Leeper 1991), arrivando a sostenere quindi che la
regola di politica economica ottimale è tempo-variante, cioè dipende dalla
congiuntura economica relativa ad un certo istante temporale e dalle conseguenti
contingenze ad essa relative. Infine, si esporrà il modello di Cochrane (Cochrane
2010), come testimonianza della revisione e rielaborazione dei modelli
appartenenti alla branchia della FTPL successivamente allo scoppio della crisi
finanziaria dei mutui subprime.
Nel capitolo 3, invece, ci si soffermerà su una particolare tipologia di politica
economica, l’helicopter drop, che si ottiene attraverso una combinazione congiunta
di politica fiscale e politica monetaria, argomentando circa il suo possibile utilizzo
da parte delle economie statunitense ed europea. A tal proposito, verranno
analizzate le caratterizzazioni di Turner (Turner 2013) e Buiter (Buiter 2014).
Nel capitolo 4 verrà presentata un’analisi di risposta ad impulso effettuata da
Kim (Kim 2003), il cui obiettivo è studiare gli effetti sull’inflazione di shock sulle
variabili fondamentali, applicando i modelli teorici presentati in precedenza.
Nel capitolo 5, infine, verranno presentate delle argomentazioni contrarie ad
un maggiore utilizzo dell’espansione fiscale e della cooperazione monetario-fiscale
con riferimento alla gestione dei deficit pubblici e alla crisi derivante da una loro
crescita smisurata, e al problema delle misure di politica monetaria non
convenzionali che hanno dilatato le dimensioni del bilancio della banca centrale, con
conseguente rischio di insolvenza per la stessa (Hall & Reis 2015).
8
2. FISCAL ARITHMETIC
Con il termine Fiscal Arithmetic si fa riferimento al modello presentato da Cochrane
(Cochrane 2010) nell’ambito delle teorie sovra citate che vanno sotto il nome di
Fiscal Theory of the price level (FTPL). Tali teorie sono sorte già intorno agli anni
Novanta, a voler suggerire e modellizzare una nuova tipologia di approccio alle
politiche monetarie e fiscali, per essere poi riesposte a seguito della crisi finanziaria
dei subprime come proposta di una possibile soluzione di fuoriuscita dal periodo di
recessione e disinflazione. Se già con la Scuola di Chicago si cerca, negli anni Settanta,
di mettere in discussione la modalità di conduzione della politica monetaria, negli
anni immediatamente successivi la crisi finanziaria sono stati diversi gli economisti
che hanno rimesso in discussione quanto fino ad allora accettato e condiviso,
inerente i principi di indipendenza tra banca centrale e governo precedentemente
discussi. Non è inusuale infatti che sia proprio il verificarsi di forti crisi economiche
il punto di partenza per il dibattito circa la corretta conduzione delle politiche
economiche, ma nel caso della FTPL sono stati proprio gli effetti deboli o inaspettati
delle politiche monetarie sul livello di inflazione, sul tasso di disoccupazione e sulla
mancata crescita economica a confermare la necessità di ripensare gli strumenti di
politica economica e il loro coordinamento, suggerendo che essi si adattino al
contesto in continuo mutamento. Prima di esporre tuttavia in dettaglio le teorie
FTPL, si esegue un breve rimando alla tipologia di politiche monetarie cosiddette
“convenzionali” che si pongono in una posizione contrastante rispetto alle prime.
Negli anni Settanta la politica monetaria seguiva la Curva di Phillips che,
legando il livello di inflazione attuale al livello di disoccupazione attraverso un
trade-off, era ritenuta uno strumento completo di politica monetaria4. In seguito alla
stagflazione che caratterizza l’economia americana nel 1970, Friedman(Friedman
Si riporta a tal proposito la citazione di Robert Solow: “La società può permettersi un saggio di
inflazione meno elevato o addirittura nullo, purché sia disposta a pagarne il prezzo in termini di
disoccupazione”.
4
Capitolo 2
1948) attacca fortemente la Curva di Phillips proponendo un minore interventismo
da parte delle politiche economiche, in linea con la sua ideologia secondo cui i
mercati sono organismi efficienti che pertanto bisognerebbe lasciare liberi di agire.
Solo successivamente, con l’introduzione del concetto di aspettative razionali a
correzione della Curva di Phillips, si riescono a spiegare i fenomeni di stagflazione:
l’esistenza di un livello di disoccupazione naturale nell’economia – concetto
introdotto da Friedman – spiegava come mai nel breve periodo non ci si potesse
allontanare da esso senza ottenere forte inflazione e quindi il fallimento della
politica monetaria. Il fatto che tuttavia negli anni Novanta si raggiunse un livello di
disoccupazione molto inferiore a quello stimato come NAIRU5 portò a rimettere in
discussione anche quest’ultimo aggiustamento alla Curva di Phillips.
Nel 1993 è stata proposta dall’economista statunitense John B. Taylor la regola
di politica monetaria nota come Regola di Taylor. Questa regola è stata sviluppata
per supportare la Federal Reserve americana nel fissare il tasso di interesse di breve
termine in modo da permetterle di raggiungere i suoi obiettivi di breve e lungo
termine, tenendo conto della variazione dinamica delle condizioni economiche.
Obiettivo di breve termine della FED è infatti la stabilizzazione dell’economia,
mentre obiettivo di lungo termine è il raggiungimento del target inflazionistico. La
Regola di Taylor collega il tasso di interesse di breve termine (corretto per
l’inflazione) a tre fattori, sulla base dei quali è determinato: la discrepanza tra il
livello di inflazione attuale e obiettivo, la lontananza del tasso di occupazione
corrente da quello di piena occupazione e il tasso di interesse di breve periodo di
piena occupazione. In situazioni in cui l’inflazione è al di sotto del livello target la
Regola suggerisce di fissare un alto tasso di interesse (conducendo quella che viene
definita una tight monetary policy), mentre suggerisce di fissare un tasso di interesse
basso nel caso contrario (easy monetary policy). Seppure la Federal Reserve
americana non segua esplicitamente la Regola di Taylor, diverse analisi empiriche
mostrano che quest’ultima è consistente nell’approssimare il ventennio di politiche
Non-Accelerating Inflation Rate of Unemployment, cioè il tasso di disoccupazione di equilibrio,
corrispondente al livello di inflazione stabile.
5
10
FISCAL ARITHMETIC
monetarie intraprese da Greenspan. Nell’evoluzione della teoria monetarista non vi
è evidentemente menzione riguardo la conduzione della politica fiscale da parte del
governo, che è infatti vista come non inerente e ininfluente nella determinazione e
nel raggiungimento degli obiettivi di breve e lungo termine della Federal Reserve.
Sia lo stile laissez-faire di Greenspan, empiricamente consistente con la Regola di
Taylor, che lo stile più rigoroso e indipendentista di Volcker, ignorano gli effetti delle
manovre governative sull’economia, considerando al limite solamente l’effetto
sull’inflazione dell’acquisto da parte della FED del debito pubblico. La FTPL, invece,
si vedrà tener conto dell’effetto che il debito pubblico produce sull’economia reale
ed in particolare sul canale che conduce dalla spesa pubblica alla variazione del
livello dei prezzi attraverso il disequilibrio sul mercato dei beni.
Se ci si sposta oltreoceano, la politica monetaria “convenzionale” condotta
dalla BCE ruota attorno al suo fulcro, cioè il mantenimento della stabilità dei prezzi.
Tramite movimenti sul tasso di interesse di breve termine, la BCE influenza lo
sviluppo economico e assicura la stabilità dei prezzi nell’Area-Euro nel medio
termine; in particolare, si monitora l’incremento annuale del HICP6 in modo che sia
sotto il 2% nel breve termine, ma vicino al 2% nel medio termine. L’orientamento al
medio termine dà alla BCE la flessibilità per rispondere in maniera appropriata agli
eventuali shock che potrebbero verificarsi nel breve termine, senza che la volatilità
di breve termine comprometta tuttavia la stabilità dei prezzi, ed è per questo che si
parla di flexible inflation targeting. Nello stabilire e controllare il HICP, tuttavia, si
considerano soltanto elementi di analisi economica e di analisi monetaria, senza
includere alcuna analisi fiscale. Questo perché l’impostazione monetarista della
banca centrale ruota attorno la convinzione che l’inflazione sia un fenomeno
monetario, e che cambiamenti nelle politiche fiscali siano assimilabili ad una delle
tante tipologie di shock al di fuori del controllo e degli interessi dell’istituzione
monetaria centrale. Con l’avvento della crisi, tuttavia, il presidente della BCE Mario
Draghi(Draghi 2015) si sofferma sulla crisi dei debiti sovrani e sulle debolezze della
struttura dell’Unione Europea che tale crisi ha rimarcato. Per preservare il corretto
6
Harmonised Index of Consumer Prices, cioè indice dei prezzi armonizzati al consumo.
11
Capitolo 2
funzionamento della politica monetaria, infatti, la banca centrale è stata costretta a
richiedere agli stati membri, tra le altre cose, di intraprendere modifiche sul piano
fiscale a supporto della conduzione della politica monetaria stessa. Quest’ultimo
avvenimento conferma quanto precedentemente accennato circa l’importanza del
tema della perturbazione fiscale nel quadro del raggiungimento degli obiettivi di
politica monetaria, primo fra tutti la stabilità dei prezzi, e pone le basi ad un
approfondimento circa gli effetti delle manovre fiscali su tali obiettivi.
Viene a questo punto naturale chiedersi come mai le teorie monetariste
ritengano il governo impossibilitato nel produrre una qualsiasi influenza sulle
grandezze economiche fondamentali. Una delle motivazioni addotte dagli esponenti
della teoria monetarista a sostegno della loro tesi è un’analisi empirica presentata
da Taylor (Taylor 1995) volta a confermare l’assenza di una correlazione tra il
deficit/PIL statunitense e la crescita della base monetaria. La correlazione
effettivamente nulla tra le due grandezze economiche consente all’economista di
confermare l’ipotesi che l’inflazione sia correlata soltanto alla variazione dell’offerta
di moneta. Tuttavia la motivazione più forte risiede nell’assunzione di validità
dell’Equivalenza Ricardiana, concetto sviluppato da Robert Barro partire dal
ragionamento iniziale di Ricardo. Nell’articolo Are government bonds net wealth?
(Barro 1974) Barro argomenta circa la percezione dei bond governativi da parte dei
loro possessori; in particolare, afferma che essi non vengono percepiti come
ricchezza nel momento in cui gli agenti economici sono dotati di aspettative
razionali, e riescono ad anticipare il futuro incremento delle imposte necessario per
il governo a ripagare l’emissione di bond. Tale ragionamento ha validità per
qualsiasi politica fiscale espansiva, che sia un aumento della spesa pubblica o una
riduzione del prelievo fiscale o ancora un aumento dei trasferimenti, e non produce
alcun effetto ricchezza 7 . Essendo quest’ultimo responsabile dell’attivazione del
meccanismo di stimolo alla domanda aggregata da parte degli agenti economici, la
sua assenza spiega la non influenza delle manovre fiscali sul livello dei prezzi. Come
si vedrà nel corso del capitolo 2, la FTPL parte proprio dalle ipotesi della teoria
7
L’effetto ricchezza sarà analizzato e approfondito nel paragrafo 2.2.1.
12
FISCAL ARITHMETIC
monetarista per dimostrare che tale approccio risulta di applicabilità limitata ad
alcuni scenari.
2.1. FISCAL THEORY OF THE PRICE LEVEL
La Fiscal theory of the price level è una dottrina economica che si caratterizza per la
rilevanza attribuita alle politiche fiscali, che possono/riescono ad influenzare il
livello dei prezzi e di conseguenza il cammino inflazionistico, e che assumono
pertanto la non validità dell’Equivalenza Ricardiana. Secondo tale dottrina, quindi,
la conduzione ottimale delle politiche economiche deve tener conto anche dei
meccanismi fiscali e della loro influenza sul livello dei prezzi e sulla domanda,
laddove in alcuni scenari sono proprio questi ultimi ad intervenire sul livello di
inflazione deviandolo verso l’obiettivo, data l’inefficacia o l’inapplicabilità delle
politiche monetarie convenzionali. La FTPL, come già accennato, è stata riproposta
a seguito della crisi economica del 2007-2008 appunto per suggerire un maggiore
interventismo da parte della politica fiscale data l’inefficacia degli interventi
monetari. Negli Stati Uniti l’interventismo del governo tramite politica fiscale ha
assunto le vesti di ingenti quantitativi di spesa pubblica in disavanzo, nel tentativo
di stimolare la domanda aggregata e generare occupazione, in linea con quanto
affermato dalla FTPL; l’economia americana viene infatti presa a modello dagli
economisti della dottrina, proprio perché ne fornisce evidenza empirica. In Europa,
al contrario, l’interventismo fiscale si è tradotto in un periodo di forte austerity, in
linea con la teoria monetarista di indipendenza del governo, con obiettivo di
aumento delle entrate governative al fine di risanarne il bilancio e ridurre il
rapporto di debito /PIL, in modo da ristrutturare il bilancio pubblico dopo la crisi
dei debiti sovrani, adottando uno stile di gestione fiscale che consenta anche di
evitare che un simile fenomeno si verifichi in futuro. Tale diversità di approccio alla
gestione del periodo post-crisi nelle due economie è riconducibile, oltre che ad
approcci di teoria economica diversi, a profonde differenze strutturali e di policy che
caratterizzano le due banche centrali così come le due valute, e di cui si parlerà in
maniera più approfondita in seguito. Alcuni dei teorici della FTPL qui riportati,
13
Capitolo 2
infatti, argomentano circa l’applicabilità della dottrina in entrambe le economie, ma
adottando specifiche misure ad hoc per ognuna di esse.
L’introduzione alla FTPL si costituisce di tre modelli teorici: quello di Sargent
e Wallace (Sargent & Wallace 1981), che hanno posto le basi alla dottrina economica,
quello di Leeper (Leeper 1991), che ha inserito un’argomentazione circa la presenza
di una politica dominante e quello di Woodford (Woodford 1998), che ha integrato
la FTPL con la caratterizzazione delle teorie DSGE (Friedman & Woodford 2011).
2.1.1. La caratterizzazione di Sargent e Wallace
I primi a parlare della possibilità da parte del governo di influenzare le politiche
della banca centrale sono stati, in pieno periodo-Volcker, Thomas J. Sargent e Neil
Wallace (Sargent & Wallace 1981), la cui teoria è stata poi rivista e perfezionata da
Sargent stesso qualche anno dopo, con l’ausilio della teoria dei giochi. Le ipotesi alla
base del modello sono la valenza dell’Equivalenza Ricardiana, il controllo del
signoraggio da parte delle autorità monetarie e quindi l’assunzione monetarista che
il livello dei prezzi sia collegato alla base monetaria. Il governo prende decisioni
soltanto in merito alla tassazione e alla spesa pubblica, avendo come obiettivo un
certo livello di servizio da offrire ai cittadini; in merito al finanziamento di tale spesa
pubblica, si ipotizza che il tasso di interesse sul debito pubblico sia costante. Il
vincolo di bilancio del governo può essere scritto come segue:
1
𝑏
= 𝑠𝑑 + 𝑏𝑑 + [π‘šπ‘‘ − π‘šπ‘‘−1 (1 − πœ‹π‘‘ )]
𝛽 𝑑−1
(2.1)
Questa relazione esprime il debito pubblico reale dell’anno precedente (𝑏𝑑−1 ),
scontato ad un tasso di interesse lordo reale (𝛽), come somma di surplus (𝑠t), debito
pubblico (𝑏𝑑 ) e signoraggio correnti. Quest’ultimo è definito come flusso di cassa che
il governo riceve per stampare e spendere moneta in beni/servizi, pari alla
differenza tra il valore reale della nuova moneta in circolazione (π‘šπ‘‘ ) e il potere
d’acquisto della moneta emessa nell’istante precedente (π‘šπ‘‘−1 (1 − πœ‹π‘‘ )), dove πœ‹π‘‘ è il
livello di inflazione all’anno 𝑑. Ulteriore ipotesi è che il tasso di crescita del reddito
nazionale sia minore del tasso di interesse reale (𝛽), il che comporta che il debito
pubblico cresca in maniera costante nel tempo e che, se l’offerta di moneta supera la
14
FISCAL ARITHMETIC
domanda di moneta, tale discrepanza si traduca in un aumento del livello di
inflazione. In questo modello, quindi, il debito pubblico precedentemente emesso
viene finanziato con surplus, emissione di nuovo debito e ricavi da signoraggio e in
tali decisioni si identifica la politica fiscale. La teoria dei giochi è invece utilizzata da
Sargent nella descrizione dell’interazione tra governo e banca centrale: come nel
chicken game, dominerà l’istituzione che effettuerà per prima la scelta; non esiste
quindi né un equilibrio dominante, né una politica economica dominante. Qualora
sia la banca centrale ad effettuare la scelta per prima, fissando il livello di base
monetaria (e di conseguenza il signoraggio) in base ad un obiettivo di inflazione, il
governo è costretto a finanziare il debito eccedente con surplus e nuovo debito. Se
invece è il governo ad agire per primo, dichiarando il cammino dei surplus e i bond
residuali da emettere per finanziare il debito pubblico precedente possono
verificarsi due casi, a seconda se il debito pubblico sia maggiore o minore di un
livello massimo (π‘π‘šπ‘Žπ‘₯ ), corrispondente alla domanda di bond massima da parte del
mercato. Quest’ultima non è definibile a priori, dipende infatti dalla percezione del
mercato in merito al massimo livello di indebitamento del governo precedente il
default ed è quindi caratterizzato da elevata incertezza e da dinamicità nel tempo.
Oltre tutto, la percezione del mercato viene influenzata dalle prospettive future
relative ad eventi che influenzano la stabilità del governo; tali eventi futuri possono
riguardare la sfera politica, economica e sociale, e quindi (π‘π‘šπ‘Žπ‘₯ ) sarà anche
influenzato da questi ultimi e dalla loro variazione nel tempo.
Ipotizzando per semplicità che (π‘π‘šπ‘Žπ‘₯ ) sia noto; se 𝑏𝑑 > π‘π‘šπ‘Žπ‘₯ il governo non
può emettere ulteriore debito, e quindi l’equilibrio di equazione (2.1) sarà
soddisfatto solo tramite una variazione del livello di offerta di moneta tale da coprire
il finanziamento del debito pubblico precedentemente emesso. In questo scenario,
la banca centrale deve accettare l’inflazione derivante da un aumento dell’offerta di
moneta, a sua volta determinato dall’equilibrio fiscale. In un secondo caso, invece,
𝑏𝑑 < π‘π‘šπ‘Žπ‘₯ e quindi il governo può scegliere se emettere ulteriore debito pubblico per
soddisfare l’extra-domanda di bond, o ricorrere comunque ad un aumento di π‘šπ‘‘ per
non aumentare ulteriormente il deficit pubblico. Tale scelta tuttavia dipende
dall’atteggiamento della banca centrale, che può optare per un aumento del
15
Capitolo 2
signoraggio, accettando un incremento di inflazione nel breve termine, oppure
rifiutarsi di modificare l’offerta di moneta all’istante corrente, e quindi obbligare il
governo ad incrementare il livello di bond emessi. In quest’ultimo caso, sebbene non
si verifichi inflazione al periodo 𝑑, è dimostrato che alla scadenza dei bond ci sarà un
aumento di inflazione molto elevato. All’istituzione monetaria converrebbe in effetti
accettare un aumento del livello di inflazione corrente, perché si dimostra che esso
è destinato a decrescere nei periodi successivi, piuttosto che posticiparlo e dover
poi in futuro gestire il verificarsi di iperinflazione.
In conclusione, il regime economico descritto da Sargent e Wallace derivante
dall’interazione tra banca centrale e governo sarà monetario o fiscale a seconda
dell’istituzione che effettua per prima la scelta, proprio come suggerisce la teoria del
chicken game, evidenziando la possibilità per il governo di interferire quindi con gli
obiettivi di politica monetaria. Tuttavia, diverse critiche sono state mosse alla
caratterizzazione dei due autori, con riferimento principalmente a due tematiche.
Una prima, presentata da Charles T. Carlstrom e Timothy S. Fuerst (Carlstrom &
Fuerst 2000), contesta le forti ipotesi monetariste conservate nella trattazione e
vede nel modello stesso una conferma dell’affermazione che l’inflazione è un
fenomeno monetario; l’inflazione derivante dal comportamento del governo è infatti
sempre legata ad un aumento del signoraggio, che sia esso contemporaneo alla
politica fiscale oppure successivo. I due autori identificano quindi due tipologie di
FTPL, una weak form che si riferisce appunto alla caratterizzazione di Sargent e
Wallace, dove ciò che collega la politica monetaria a quella fiscale è l’influenza
potenziale di entrambe sul livello di signoraggio, e una strong form che si riferisce
invece a modelli più recenti – ma comunque precedenti la crisi dei subprime – dove
la politica fiscale influenza l’inflazione futura indipendentemente dalla politica
monetaria e dalla variazione di offerta di moneta. Esempio citato in riferimento a
quest’ultima tipologia di FTPL è la caratterizzazione di Woodford (Woodford 1995),
che verrà esposta in seguito. Una seconda critica al modello di Sargent e Wallace,
esposta da Mervyn King (King 1995), si riferisce invece proprio al tema del
signoraggio; da un’analisi effettuata dall’economista sulle principali economie (USA,
UK, Canada, Francia, Germania, Italia e Giappone), il rapporto signoraggio/PIL
16
FISCAL ARITHMETIC
risulta sempre non superiore al 2%, evidenziando una debolezza strutturale nella
trattazione dei due autori, che lo vedono come una forma di finanziamento del
debito pubblico di pari importanza all’emissione di titoli di stato.
La critica di Carlstrom e Timothy risulta effettivamente fondata, perché il
comportamento dell’istituzione fiscale impatta sulla conduzione della politica
monetaria ma sempre attraverso il tramite dell’offerta di moneta; per quanto
riguarda invece quella di King, lo zero lower bound rende ancora meno influente il
signoraggio di quanto non sia stato già evidenziato dall’autore in precedenza, a
conferma della debolezza strutturale del modello di Sargent e Wallace.
2.1.2. La caratterizzazione di Leeper
Il primo grande teorico della FTPL è Eric M. Leeper che nel 1991, con il suo Equilibria
under 'active' and 'passive' monetary and fiscal policies (Leeper 1991), ha proposto
un modello in cui la politica fiscale ha effetti non-ricardiani e quindi è in grado di
influenzare il livello dei prezzi. Per quanto il punto di partenza della sua teoria siano
i concetti di politica economica accennati da Sargent e Wallace di influenza fiscale
sul livello di inflazione, egli tuttavia se ne distacca fornendo una prima
sistematizzazione della FTPL. Un primo elemento che differenza la teoria di Leeper
dalla weak form di Sargent e Wallace è infatti proprio la convinzione che i ricavi da
signoraggio non costituiscano una fonte così importante di finanziamento del debito
pubblico, proprio come evidenziato da King (King 1995), a maggior ragione nel
momento in cui si verifica un forte separazionismo e distacco tra la banca centrale e
il governo, con conseguente non obbligo per la banca centrale di accettare il livello
di signoraggio imposto dal Tesoro. Tale considerazione consente a Leeper di
formulare un modello in cui le due istituzioni non sono costrette ad accettare le
scelte dell’altra, evidenziando la possibilità di percorsi inflazionistici esplosivi o
indeterminati laddove non vi sia appunto coordinamento, dando prova di
concretezza di analisi e di applicabilità del proprio schema teorico. Ulteriore
differenza risiede nella modellizzazione dell’interazione tra la banca centrale e il
governo, che non segue più gli schemi del chicken game, ma si realizza nella
definizione dell’attivismo. In particolare, un’istituzione si definisce attiva se non
17
Capitolo 2
deve prestare attenzione al proprio vincolo di bilancio – e di conseguenza al proprio
debito – ma può liberamente decidere in merito alle variabili su cui ha influenza.
Un’istituzione è invece passiva se deve rispondere a shock che si verificano qualora
il debito esistente superi un certo valore e il suo comportamento è vincolato
dall’ottimizzazione della propria struttura di bilancio, oltre che dal comportamento
dell’istituzione attiva. Sembrerebbe che tale definizione si sposi soltanto con il
governo e non con la banca centrale; in realtà anche la banca centrale deve prestare
attenzione al proprio bilancio, evitando che il proprio attivo cresca in maniera
incontrollata – come accennato nell’introduzione, e come approfondito nel
paragrafo 5. Inoltre, per fornire realismo alla propria trattazione, Leeper modellizza
la politica monetaria coerentemente con il monetarismo e la Regola di Taylor e
quindi ipotizzando che l’istituzione monetaria si impegni nel fissare il tasso di
interesse nominale in funzione dei propri obiettivi di inflazione e disoccupazione, e
la politica fiscale come totalmente indipendente dalla prima, attenta a manovrare
l’aliquota fiscale in base al debito pubblico reale esistente. Fino a questo punto, non
vi è differenza tra la caratterizzazione di Leeper e quella di Sargent e Wallace, dal
momento in cui entrambi gli autori poggiano le proprie teorie sull’evidenza empirica
di comportamento della banca centrale e del governo durante il ventennio che va
dagli anni Ottanta ai Duemila. La novità sta nell’introduzione di un terzo pilastro
fondamentale nella caratterizzazione dell’economia e nella descrizione accurata del
suo comportamento che, come si vedrà, è in grado di influenzare l’inflazione fiscale.
Il modello di Leeper vede infatti l’economia composta da tre attori: il governo,
la banca centrale e il consumatore, che si assume abbia vita infinita. Quest’ultimo
dispone ogni periodo di un reddito 𝑦, mentre il primo paga una spesa pubblica 𝑔 <
𝑦, che si ipotizza non produca alcuna utilità marginale per il consumatore – il che
consente di non inserire la grandezza all’interno della sua funzione di utilità, che egli
vorrà massimizzare periodo per periodo. I saldi monetari reali gli forniscono invece
un livello di utilità marginale positivo, pertanto, insieme ai beni di consumo,
costituiscono l’unico argomento della sua funzione obiettivo. I bond 𝐡𝑑 sono scontati
ad un tasso risk-free nominale 𝑅𝑑 e il livello di utilità viene scontato periodo per
periodo ad un tasso 𝛽 𝑑 ∈ (0,1); il risparmio dei consumatori si identifica inoltre
18
FISCAL ARITHMETIC
proprio con la detenzione di bond. πœπ‘‘ si riferisce al prelievo fiscale a cui è soggetto il
consumatore e la sua decisione in merito alla quota parte del reddito disponibile da
allocare in consumo e risparmio viene identificata univocamente dal vettore di
variabili {𝑐𝑑 , π‘šπ‘‘ , 𝑏𝑑 }, che risolve il problema di massimizzazione dell’utilità come da
equazione (2.2).
∞
max 𝐸0 ∑ 𝛽 𝑑 [log 𝑐𝑑 + log π‘šπ‘‘ ]
(2.2)
𝑑=0
Nell’analisi della funzione obiettivo, emerge un primo elemento di forte novità
della caratterizzazione di Leeper e cioè il fatto che l’allocazione del reddito tra beni
di consumo e bond dipenda dalle aspettative circa l’utilità marginale derivante dalle
due grandezze, dall’istante attuale fino al futuro più lontano. L’introduzione delle
aspettative riflette quanto effettivamente avviene nell’economia reale, dove gli
agenti economici nel massimizzare la propria utilità non si limitano a considerare la
spendibilità del reddito nel periodo corrente, ma valutano anche il beneficio
derivante dall’utilizzo di tale reddito nei periodi successivi, sulla base delle
aspettative di evoluzione del livello dei prezzi, del tasso di interesse e del prelievo
fiscale. La caratteristica tipica del consumatore di tendenza ad anticipare i consumi
viene invece inclusa nel coefficiente 𝛽 𝑑 : più ci si allontana nell’orizzonte temporale,
più il valore assunto da tale coefficiente diminuisce, e sempre minore utilità è
attribuita dal consumatore ai beni di consumo e ai saldi monetari posticipati. Il
vincolo a cui è soggetto il problema di massimizzazione di equazione (2.2) è dato da:
𝑐𝑑 +
𝑀𝑑 𝐡𝑑
𝑀𝑑−1
𝐡𝑑−1
8
+
= 𝑦 − πœπ‘‘ +
+ 𝑅𝑑−1
𝑝𝑑
𝑝𝑑
𝑝𝑑
𝑝𝑑
(2.3)
La quantità reale di consumo, domanda di moneta e bond che definiscono
univocamente la scelta del consumatore e che rappresentano la sua uscita di cassa
non devono superare le sue entrate, cioè il suo reddito disponibile. Quest’ultimo sarà
pari al reddito 𝑦, agli interessi maturati sul risparmio investito in precedenza in
bond, alla quantità di moneta detenuta alla fine dell’anno precedente, a cui si sottrae
Le variabili non contrassegnate dal pedice t si riferiscono al valore atteso della variabile stessa in
condizioni stazionarie.
8
19
Capitolo 2
il prelievo fiscale di competenza dell’anno solare corrente. Le condizioni del primo
ordine per il problema di massimizzazione vincolata sono date dalle equazioni (2.4)
e (2.5), insieme a (2.3).
1
1
= 𝛽𝐸𝑑 [
]
𝑅𝑑
πœ‹π‘‘+1
(2.4)
𝑅𝑑
]
𝑅𝑑 − 1
(2.5)
π‘šπ‘‘ = 𝑐 [
dove il tasso di inflazione reale è definito come: πœ‹π‘‘ = 𝑝𝑑 /𝑝𝑑−1 . Il governo invece sarà
soggetto ad un vincolo di bilancio intertemporale dato da:
𝑀𝑑 𝐡𝑑
𝑀𝑑−1
𝐡𝑑−1
+
+ πœπ‘‘ = 𝑔 +
+ 𝑅𝑑−1
𝑝𝑑
𝑝𝑑
𝑝𝑑
𝑝𝑑
(2.6)
cioè le passività, sotto forma di spesa pubblica, interessi da corrispondere sul debito
pubblico esistente e creazione di moneta del periodo precedente, devono eguagliare
le attività, costituite da creazione di moneta corrente, emissione corrente di bond e
prelievo fiscale. I bond emessi dal governo devono inoltre soddisfare la relazione
(2.7), che assicura che i consumatori siano intenzionati effettivamente a detenere
bond ricavandone profitto, il che deriva dal fatto che il valore attuale del debito
pubblico sia uguale a zero, cioè che il debito non sia caratterizzato da un cammino
di crescita esplosivo.
∞
𝑠
𝐡𝑑
𝑀𝑑+𝑠+1 − 𝑀𝑑+𝑠
−1
= ∑ (∏ πœ‹π‘‘+𝑗+1 𝑅𝑑+𝑗
) [πœπ‘‘+𝑠+1 − 𝑔 +
]
𝑝𝑑
𝑝𝑑+𝑠+1
𝑠=0
(2.7)
𝑗=0
Per quanto riguarda invece la politica monetaria, l’autorità monetaria fissa il
tasso di interesse nominale secondo le relazioni (2.8).
𝑅𝑑 = 𝛼0 + π›Όπœ‹π‘‘ + πœƒπ‘‘
πœƒπ‘‘ = 𝜌1 πœƒπ‘‘−1 + πœ€1𝑑
π‘π‘œπ‘› |𝜌1 | ≤ 1, πœ€1𝑑 ~𝑁(0, 𝜎12 )
(2.8)
dove 𝛼 è la reattività della politica monetaria, che ne determina l’attivismo, e πœƒπ‘‘
rappresenta invece il random shock, che secondo Leeper consiste nell’errore casuale
che l’autorità compie nell’effettuare il controllo sul livello di inflazione, o nel
verificarsi di uno shock inaspettato.
20
FISCAL ARITHMETIC
L’autorità fiscale invece decide in merito al prelievo fiscale sulla base dello
stock di debito pubblico in circolazione, come da relazioni (2.9).
πœπ‘‘ = 𝛾0 + 𝛾𝑏𝑑−1 + πœ“π‘‘
πœ“π‘‘ = 𝜌2 πœ“π‘‘−1 + πœ€2𝑑
π‘π‘œπ‘› |𝜌2 | ≤ 1, πœ€2𝑑 ~𝑁(0, 𝜎22 )
(2.9)
dove il coefficiente 𝛾 questa volta rappresenta la reattività del governo, cioè il suo
attivismo. Come per la politica monetaria, anche in questo caso viene identificato un
random shock (πœ“π‘‘ ) pari all’errore eventualmente commesso dall’istituzione fiscale
nel controllare il proprio livello di debito, o ad uno shock imprevedibile.
Sia in (2.8) che in (2.9) le costanti 𝛼0 e 𝛾0 servono a caratterizzare lo stato
stazionario per i due processi, cioè il valore atteso non condizionale di prelievo
fiscale e tasso di interesse nominale, e rappresentano quindi il tasso di interesse neo
wickselliano e l’aliquota che massimizza il reddito nazionale della Curva di Laffer.
La presenza di πœƒπ‘‘ e πœ“π‘‘ quindi introduce un elemento importante nel modello di
Leeper, cioè il fatto che non sempre le autorità riescano ad avere un controllo sulle
variabili di loro influenza; l’elemento di variazione imprevedibile nelle due politiche
viene rappresentato come un processo autoregressivo il cui errore è questa volta
white noise. La correlazione tra gli shock di natura fiscale e monetaria è assunta
inoltre essere nulla:
𝐸[πœ€π‘–π‘‘ πœ€π‘—π‘‘−π‘˜ ] = 0 π‘π‘’π‘Ÿ π‘œπ‘”π‘›π‘– π‘˜, π‘π‘œπ‘› 𝑖, 𝑗 = 1,2, … 𝑒 𝑖 ≠ 𝑗
(2.10)
Quando i consumatori detengono sia moneta che bond, il governo può imporre
– in maniera anticipata o non anticipata – l’inflation tax, ovvero una tassa di
penalizzazione della detenzione di moneta in periodi di elevata inflazione. La
risposta dell’autorità monetaria all’inflazione, legata al valore del coefficiente 𝛼 ,
determina l’entità e il tipo di politica attuata a sostegno di un certo livello di
inflazione. La risposta del governo invece dipende da come il livello del prelievo
fiscale segue il profilo del debito pubblico, da cui deriva la scelta in merito
all’imposizione anticipata o meno dell’inflation tax. Le equazioni (2.3), (2.7), (2.8), e
(2.9) costituiscono un sistema di equilibrio ricorsivo nell’inflazione e nel debito
pubblico reale, la cui soluzione è data da:
21
Capitolo 2
πœ‘1 πœ‹Μƒπ‘‘ + 𝑏̃𝑑 + πœ‘2 πœ‹Μƒπ‘‘−1 − (𝛽 −1 − 𝛾)𝑏̃𝑑−1 + πœ‘3 πœƒπ‘‘ + πœ“π‘‘ + πœ‘4 πœƒπ‘‘−1 = 0
(2.11)
dove:
𝑐
1
𝛼
𝑏
[ −
]+
,
(𝑅 − 1) π›½πœ‹ (𝑅 − 1)
π›½πœ‹
𝛼
𝑐
𝑐
πœ‘2
πœ‘2 =
[
−
𝑏]
,
πœ‘
=
−
,
πœ‘
=
3
4
(𝑅 − 1)2
πœ‹ (𝑅 − 1)2
𝛼
πœ‘1 =
Le variabili che presentano la tilde sono variazioni dallo stato stazionario;
risolvendo le variazioni e mettendo in evidenza il livello del debito pubblico
corrente si ottiene la relazione che esprime il cammino del debito pubblico stesso:
𝑏𝑑 = (𝛽 −1 − 𝛾) 𝑏𝑑−1 − πœ‘1 πœ‹π‘‘ − πœ‘2 πœ‹π‘‘−1 + (1 + 𝛾) 𝑏 + (πœ‘1 + πœ‘2 ) πœ‹ ∗
− πœ‘3 πœƒπ‘‘ − πœ“π‘‘ − πœ‘4 πœƒπ‘‘−1
(2.12)
Il cammino dell’inflazione, invece, è dato da:
𝐸𝑑 πœ‹Μƒπ‘‘+1 = π›Όπ›½πœ‹Μƒπ‘‘ + π›½πœƒπ‘‘
(2.13)
Effettuando un’analoga trasformazione sulle variabili contrassegnate dalla tilde è
possibile ottenere:
𝐸𝑑 πœ‹π‘‘+1 = πœ‹ ∗ + 𝛼𝛽 (πœ‹π‘‘ − πœ‹ ∗ ) + π›½πœƒπ‘‘
(2.14)
dove πœ‹ ∗ è il livello di inflazione obiettivo della banca centrale. Appare evidente che,
nel modello di Leeper, i parametri che influiscono sull’attivismo delle istituzioni
sono 𝛼 , 𝛽 e 𝛾 e, a differenza di Sargent e Wallace, si vengono a creare quattro
situazioni distinte a seconda se le politiche monetaria e fiscale assumono un ruolo
attivo o passivo. La banca centrale è attiva nel momento in cui segue la Regola di
Taylor e impone che |𝛼𝛽| > 1; il governo invece influenza 𝛾, e in particolare sarà
attivo se 𝛾 < π‘ŸΜƒ dove π‘ŸΜƒ = 𝛽 −1 − 1 è il tasso di interesse lordo reale. In quest’ultimo
caso, facendo riferimento ad equazione (2.12), vuol dire che il governo effettua
spesa pubblica permettendo al debito di crescere da un periodo all’altro, ma che tale
incremento non è stabile – esso si allontana infatti indefinitamente dal livello 𝑏 di
stazionarietà. Combinando le due politiche economiche con le altrettante forme di
conduzione delle stesse si ottengono quattro regioni disgiunte che fanno riferimento
a quattro forme di interazione tra politica fiscale e politica monetaria:
22
FISCAL ARITHMETIC
Regione I: politica monetaria attiva e politica fiscale passiva (AMPF);
l’equilibrio è caratterizzato da |𝛼𝛽| > 1 e da |𝛽 −1 − 𝛾| < 1. La politica monetaria
non ha vincoli e può attivamente agire per perseguire un certo livello di inflazione e
la stabilità dei prezzi, mentre il governo aggiusta passivamente le tasse per ottenere
il pareggio di bilancio.
Regione II: politica monetaria passiva e politica fiscale attiva (PMAF);
l’equilibrio è caratterizzato da |𝛼𝛽| < 1 e da |𝛽 −1 − 𝛾| > 1.
Regione III: politica monetaria passiva e politica fiscale passiva (PMPF);
l’equilibrio è caratterizzato da |𝛼𝛽| < 1 e da |𝛽 −1 − 𝛾| < 1. Entrambe le autorità si
comportano in modo passivo, ci sono quindi diversi percorsi di aumento della base
monetaria che sono consistenti con le condizioni di equilibrio: si è in una condizione
di equilibrio indeterminato. Per dimostrare tale risultato Leeper si basa sul principio
di indeterminatezza di Blanchard e Kahn (Blanchard & Kahn 1980).
Regione IV: politica monetaria attiva e politica fiscale attiva (AMAF);
l’equilibrio è caratterizzato da |𝛼𝛽| > 1 e da |𝛽 −1 − 𝛾| > 1. Ogni autorità ignora il
proprio vincolo di budget e cerca di determinare un proprio livello dei prezzi,
pertanto non esiste equilibrio.
In Tabella 2.1 sono sintetizzate le regioni precedentemente descritte.
Tabella 2.1. Equilibri di Leeper.Fonte: elaborazione dati dello studente.
Equilibri di Leeper
|𝛽 −1 − 𝛾| < 1
|𝛽 −1 − 𝛾| > 1
|𝛼𝛽| > 1
|𝛼𝛽| < 1
Active monetary (AM)
Passive monetary (PM)
Passive fiscal (PF)
Passive fiscal (PF)
Active monetary (AM)
Passive monetary (PM)
Active fiscal (AF)
Active fiscal (AF)
Nella regione I la banca centrale ha un ruolo attivo, cioè può attivamente
impegnarsi nel perseguire il proprio obiettivo di inflazione. Il governo invece deve
accettare le conseguenze che la politica monetaria comporta sul proprio vincolo di
bilancio (2.6), modificando il livello della tassazione per far sì che esso sia
23
Capitolo 2
soddisfatto. Nella regione II, invece, l’autorità fiscale si rifiuta di imporre un’aliquota
che finanzi lo shock sul debito pubblico e l’autorità monetaria deve prendere atto
dell’imposizione fiscale consentendo un aumento di offerta di moneta che assorba
lo shock sul debito pubblico dal momento in cui il governo si rifiuti di finanziarlo con
le tasse. Nella regione III, entrambe le autorità devono impegnarsi a gestire il
proprio bilancio e senza nessuna delle due che imponga un livello dei prezzi ci sono
molte soluzioni che soddisfano il sistema di equazioni costituito dal cammino del
debito e dal cammino inflazionistico; di conseguenza, si è nel caso di
indeterminatezza. Nella regione IV, infine, ogni autorità ignora il proprio bilancio e
cerca di influenzare il livello dei prezzi: esistono due equazioni non compatibili che
non producono alcuna soluzione.
A differenza di quanto presentato da Sargent e Wallace, Leeper approfondisce
gli effetti di entrambe le politiche economiche sul livello dei prezzi, arrivando ad
evidenziare l’importanza di un coordinamento tra le due, così da evitare situazioni
di indeterminatezza o non esistenza di un equilibrio come quelle di regione III e IV.
Inoltre, l’inflazione fiscale si verifica non tanto attraverso un’imposizione alla banca
centrale del livello di offerta di moneta – e quindi sempre attraverso il passaggio
monetario – ma attraverso due meccanismi che vengono definiti da Leeper
inflazione anticipata e inflazione non anticipata. La prima si riferisce ad una
distorsione della domanda di moneta da parte dei consumatori, conseguente la
scadenza futura dei bond da essi detenuti nel presente; viene detta anticipata perché
se ne conosce l’entità. I consumatori, consapevoli della scadenza dei propri bond,
sanno che in futuro il rimborso del loro valore nominale da parte del governo
produrrà inflazione e quindi modificano la loro domanda di saldi reali nonché
l’allocazione del reddito tra consumo e risparmio al periodo corrente. La seconda
invece riguarda la svalutazione delle passività governative provocata da shock sul
debito pubblico legati alla presenza di un cammino esplosivo dello stesso; viene
detta non anticipata perché caratterizzata da un andamento casuale o comunque
non prevedibile. L’elemento di ulteriore innovazione rispetto alla weak FTPL è
quindi l’introduzione del ruolo dei consumatori nel regime fiscale, che, attraverso le
aspettative sull’evoluzione futura del debito pubblico e del prelievo fiscale,
24
FISCAL ARITHMETIC
producono un impatto sul livello dei prezzi. Se infatti essi prefigurano un
comportamento esplosivo del debito, attenderanno un inasprimento del prelievo
fiscale e quindi tenderanno a modificare l’allocazione del reddito disponibile tra
consumo e bond, producendo inflazione non anticipata.
In conclusione, Leeper si pone in contrasto con la teoria monetarista su due
fronti: da una parte, introduce per la prima volta la possibilità di inflazione fiscale,
non legata ad un’espansione monetaria, dall’altra mette in evidenza l’importanza di
un coordinamento tra la banca centrale e il governo, rifiutando l’idea di
indipendenza tra le due istituzioni e sottolineando l’esistenza di situazioni di
indeterminatezza o non esistenza di equilibrio laddove esse non cooperino.
L’introduzione inoltre delle aspettative dei consumatori sull’evoluzione del debito
pubblico rappresenta un elemento di forte novità che verrà poi ripreso da Cochrane
(Cochrane 2010), e la caratterizzazione dei quattro regimi verrà poi riaffrontata da
Woodford (Woodford 1998), sebbene egli usi la validità dell’Equivalenza Ricardiana
per definirli.
2.1.3. La caratterizzazione di Woodford
Michael Woodford è uno dei principali economisti associabili alla dottrina FTPL che,
riprendendo quanto caratterizzato da Leeper (Leeper 1991), produce una propria
visione teorica ed empirica su come le politiche fiscali possano indurre variazioni e
disturbi nella politica monetaria convenzionale, mettendo anch’egli in discussione il
principio dell’indipendenza tra le due istituzioni centrali e arrivando ad
argomentare circa l’esistenza di una forma di coordinamento ottimale tra le due.
Riprendendo la modellizzazione teorica inserita nel suo elaborato precedente
(Woodford 1995), Woodford (Woodford 1998) si concentra su due temi:
l’indipendenza delle due politiche, e il loro impatto sul livello dei prezzi. Egli
propone l’esistenza di due regimi economici, un Regime Ricardiano, in cui valgono
le ipotesi monetariste, e un Regime non-Ricardiano, assimilabile a quello PMAF
proposto da Leeper, sebbene si vedrà esistano profonde differenze tra le due
caratterizzazioni. Ulteriore obiettivo della trattazione woodfordiana è poi indagare,
in condizioni di non validità dell’Equivalenza Ricardiana, gli effetti della prospettiva
25
Capitolo 2
di crescita e della composizione del debito pubblico – e quindi della maturità delle
sue componenti – sull’entità dell’inflazione fiscale, permettendo alla FTPL di
evolvere in una direzione sempre più concreta e realistica. Un altro aspetto
affrontato nell’articolo, e mai trattato in precedenza, è l’effetto della politica
monetaria sulla dimensione fiscale. Quest’ultimo è sempre stato ritenuto, dalla
teoria monetarista, di dimensioni trascurabili; alla luce della crisi dei debiti sovrani,
e del peso che gli interessi pagati sul debito hanno nella costituzione del deficit
complessivo, appare evidente quanto in realtà la trattazione woodfordiana di fine
anni Novanta risulti attuale. Come Leeper, anche Woodford ritiene fondata la critica
di King (King 1995) e nella sua caratterizzazione viene esclusa la possibilità che il
signoraggio sia una fonte di introito per il governo. A differenza di quanto proposto
dagli autori precedenti, invece, egli introduce la possibilità che non soltanto durante
i regimi in cui la politica fiscale è dominante – o attiva, secondo la terminologia
leeperiana – essa influenzi il livello dei prezzi, ma anche laddove vigano le ipotesi
monetariste e quindi in condizioni ricardiane, grazie ad uno studio approfondito
delle aspettative razionali dei consumatori.
Il modello dell’economia su cui si basa la trattazione di Woodford riprende
l’ipotesi del consumatore con vita infinita rappresentativo dell’intera economia
vista nel modello di Leeper, che assume dotato di aspettative razionali9. Anche in
questo caso il consumatore massimizza, sotto un vincolo di spesa, il valore atteso
della propria funzione di utilità presente e futura, che ha come argomenti il consumo
𝑀
(𝑐𝑑 ), i saldi monetari reali ( 𝑃𝑑 ) alla fine del periodo 𝑑 e, a differenza di Leeper, anche
𝑑
la dotazione (𝑦𝑑 ). La corrispondente espressione matematica è data dall’equazione
(2.15):
∞
max 𝐸 {∑ 𝛽 𝑑 π‘ˆ(𝑐𝑑 , 𝑦𝑑 ,
𝑑=0
𝑀𝑑
}
𝑃𝑑
(2.15)
Un individuo è dotato di aspettative razionali se utilizza tutta l’informazione di cui dispone in modo
efficiente, senza quindi commettere errori sistematici nella formazione delle aspettative circa le
variabili economiche. Tale concetto viene sviluppato da John Fraser Muth nell’articolo Rational
Expectations and the Theory of Price Movements (Muth 1961).
9
26
FISCAL ARITHMETIC
𝑃𝑑 𝑐𝑑 + 𝑀𝑑 + Qt 𝐡𝑑 ≤ π‘Šπ‘‘ + 𝑃𝑑 𝑦𝑑 − 𝑇𝑑
dove 𝑄𝑑 rappresenta il prezzo dei bond e π‘Šπ‘‘ è il valore nominale della ricchezza
monetaria all’inizio del periodo 𝑑 del consumatore-famiglia, esprimibile come la
quantità di moneta e di bond detenuti a fronte delle scelte effettuate in 𝑑 − 1; anche
in questo caso le tasse sono viste come prelievo lump-sum effettuato dal governo
durante il periodo 𝑑. Inoltre il consumatore-famiglia non può indebitarsi per un
ammontare superiore al valore attuale del reddito netto futuro, come da equazione
(2.16):
∞
𝑖𝑑
Wt ≤ 𝐸𝑑 [∑ 𝑅𝑑,𝑑+𝑗 [𝑃𝑑 (𝑦𝑑 − 𝑐𝑑 ) − 𝑇𝑑 − 1 + 𝑖 𝑀𝑑 ]]
𝑑
𝑗=0
(2.16)
in cui 𝑖𝑑 è il tasso risk-free dei beni di investimento di durata pari ad un periodo, e
𝑅𝑑,𝑑+𝑗 è un fattore di sconto con cui si vanno a scontare i ritorni nominali relativi al
periodo 𝑑 + 𝑗. Inserendo la condizione 𝑐𝑑 + 𝑔𝑑 = 𝑦𝑑 , che definisce la spesa pubblica
𝑔𝑑 come acquisto, da parte del governo, dei beni che il consumatore produce con la
propria dotazione, e operando opportune trasformazioni a partire dalle condizioni
del primo ordine, si ottiene la funzione di offerta aggregata (2.17) e la funzione di
preferenza per la liquidità (2.18).
𝑦𝑑 = 𝑦𝑑 (𝑔𝑑 , π‘šπ‘‘ )
(2.17)
𝑀𝑑
= 𝐿(𝑦𝑑 − 𝑔𝑑 , 𝑖𝑑 )
𝑃𝑑
(2.18)
Il reddito nazionale è quindi funzione della spesa pubblica e dell’offerta di moneta
reale, mentre la domanda di moneta è funzione dei consumi e del tasso di interesse
nominale. Realizzando ulteriori trasformazioni, si ottiene una relazione che lega
invece il fattore di sconto del portafoglio di attività del consumatore-famiglia alla
variazione di spesa pubblica effettuata dal governo, alla quantità di saldi monetari e
al livello di inflazione:
𝑅𝑑,𝑑+𝑗 = 𝛽 𝑗
πœ†(𝑔𝑑+𝑗, π‘šπ‘‘+𝑗 ) 𝑃𝑑
πœ†(𝑔𝑑 , π‘šπ‘‘ ) 𝑃𝑑+𝑗
(2.19)
27
Capitolo 2
dove:
(2.20)
πœ†(𝑔, π‘š) = π‘ˆπ‘ (𝑦(𝑔, π‘š) − 𝑔, 𝑦(𝑔, π‘š), π‘š)
cioè il fattore di sconto sarà proporzionale al rapporto tra l’utilità che il consumatore
attribuisce a 𝑑 + 𝑗 rispetto a quella attribuita a 𝑑 , opportunamente pesata per il
relativo livello dei prezzi di ciascun istante temporale. In questo modo è possibile
legare il prezzo dei beni che costituiscono il portafoglio del consumatore al loro
rendimento. Ad esempio, se si è interessati a conoscere il tasso di interesse
nominale, sfruttando la relazione (2.20) è possibile ottenere:
πœ†(𝑔𝑑, π‘šπ‘‘ )
1 + 𝑖𝑑 = 𝛽 −1
𝐸𝑑 [
𝑃𝑑
πœ†(𝑔𝑑+1 ,π‘šπ‘‘+1 )
𝑃𝑑+1
(2.21)
]
Il vincolo intertemporale di bilancio del consumatore è quindi dato da:
∞
πœ†(𝑔𝑑+𝑗, π‘šπ‘‘+𝑗 )
𝑖𝑑+𝑗
π‘Šπ‘‘
= 𝐸𝑑 {∑ 𝛽 𝑗
[𝑠𝑑+𝑗 +
π‘š ]}
𝑃𝑑
πœ†(𝑔𝑑 , π‘šπ‘‘ )
1 + 𝑖𝑑+𝑗 𝑑+𝑗
(2.22)
𝑗=0
𝑇
dove 𝑠𝑑 = 𝑃𝑑 − 𝑔𝑑 è il surplus primario reale del governo e
𝑑
𝑖𝑑+𝑗
1+𝑖𝑑+𝑗
π‘šπ‘‘+𝑗 è il
signoraggio. Tale condizione di equilibrio per il consumatore in realtà rappresenta
anche il vincolo intertemporale di spesa del governo, perché esprime la relazione
per cui le passività correnti governative (bond emessi e moneta) devono costituire
un investimento sostenibile nel tempo, ovvero devono essere in grado di generare
un valore attuale di surplus e signoraggio tale da coprirne almeno il valore reale.
Assumendo che 𝑦(𝑔, π‘š) e πœ†(𝑔, π‘š) siano indipendenti da π‘š e che 𝑔 sia costante,
l’equazione (2.21) diventa (2.23), che è assimilabile secondo Woodford all’
Equazione di Fisher dal momento in cui il tasso di interesse nominale all’anno 𝑑 si
ottiene a partire dall’aspettativa sul livello di inflazione a 𝑑 + 1, opportunamente
scontata.10
1 + it = 𝛽 −1 [𝑃𝑑 𝐸𝑑 (𝑃𝑑+1 )−1 ]
(2.23)
L’equazione teorizzata da Fisher è: 𝑖𝑑 = π‘Ÿπ‘‘ + πœ‹, e mette in relazione il tasso di interesse nominale
con quello reale tramite l’inflazione.
10
28
FISCAL ARITHMETIC
Il vincolo di bilancio del governo è dato da:
Qt 𝐡𝑑 = π‘Šπ‘‘ − 𝑃𝑑 𝑠𝑑 − 𝑀𝑑 = π‘Šπ‘‘ − 𝑇𝑑 + 𝐺𝑑 − 𝑀𝑑
(2.24)
cioè le passività governative emesse in un periodo dipendono dalla composizione
del debito esistente all’inizio di quel periodo, che a loro volta deriva dalle decisioni
intraprese nei periodi precedenti; il governo infatti emetterà un ammontare di bond
alla fine del periodo 𝑑 che coprano il differenziale tra entrate ed uscite di quello
stesso periodo. La politica fiscale, dopo aver specificato il cammino dei surplus 𝑠𝑑 ,
ed aver preso atto della domanda di saldi monetari da parte dei consumatori,
definisce l’offerta di bond sulla base della relazione (2.24), in modo che, quindi, il
proprio vincolo di bilancio sia soddisfatto. Per quanto riguarda invece il debito
pubblico, Woodford utilizza una caratterizzazione vettoriale e matriciana che gli
consente, definito il vettore dei coupon 𝐢 e la tipologia di bond 𝐷, di esprimere le
passività totali a 𝑑 + 1 come:
′
π‘Šπ‘‘+1 = 𝑀𝑑 + [𝐢 ′ + 𝑄𝑑+1
𝐷]𝐡𝑑
(2.25)
cioè le passività governative all’inizio del periodo 𝑑 + 1 sono date dalle passività
emesse durante il periodo precedente, valorizzate opportunamente. Da tale
relazione deriva l’importanza, oltre che dell’importo del debito stesso emesso in un
periodo, degli interessi che il governo deve corrispondere ai propri finanziatori, che
concorrono alla formazione dell’ammontare di debito relativo all’anno successivo. Il
valore totale delle passività pubbliche dipende poi dalla tipologia di strumenti che il
governo emette, dalla frequenza con cui pagano interesse e dalla loro durata; tali
elementi sono intrinseci nella relazione (2.25) nel valore assunto da 𝐢 e 𝐷. È inoltre
dalla combinazione del vincolo di bilancio (2.24) con la relazione di debito pubblico
(2.25) che si ricava il prezzo minimo per i bond:
∞
𝑄𝑑′
= 𝐸𝑑 {∑ 𝑅𝑑,𝑑+𝑗 𝐢 ′ 𝐷 𝑗−1 }
(2.26)
𝑗=1
pari al valore atteso scontato di tutti gli interessi da corrispondere ai finanziatori, e
quindi ancora una volta funzione della tipologia di debito pubblico emesso.
Woodford riesce ad inserire nella propria trattazione una tematica molto realistica,
29
Capitolo 2
che si osserva effettivamente sui mercati finanziari, dove i governi emettono titoli di
debito di diverso tipo, con diverso profilo di rischio e rendimento e diversa
scadenza. Il prezzo minimo dei bond di equazione (2.26) deve quindi essere tale per
cui il governo non subisca una perdita a fronte del finanziamento tramite i titoli.
Una delle argomentazioni classiche che supportano l’idea che la politica
fiscale sia irrilevante nel determinare il livello di inflazione è che, una volta
specificata la regola di politica monetaria, esistono un numero di condizioni di
equilibrio sufficienti a determinare il livello dei prezzi a prescindere da quella
fiscale. Una prima testimonianza di tale idea risiede nella definizione stessa della
regola di politica monetaria:
𝑖𝑑 = πœ™(𝑃𝑑 … , 𝑦𝑑 … , 𝑀𝑑 … , 𝑖𝑑−1 … , 𝑣𝑑 )
(2.27)
I puntini di sospensione nella (2.27) accanto alle variabili tra parentesi si riferiscono
ai ritardi delle variabili. La politica monetaria è inoltre vista come indipendente
dall’evoluzione di variabili fiscali quali il surplus, il debito pubblico e i bond emessi.
Secondo la teoria monetarista, quindi, per determinare il livello dei prezzi in
maniera univoca sarebbe infatti sufficiente ricorrere al sistema di equazioni formato
da (2.17), (2.18), (2.21) e (2.27) e risolverlo nelle quattro incognite 𝑃𝑑 , 𝑀𝑑 , 𝑦𝑑 , 𝑖𝑑 . Si
ipotizzi a tal proposito che la politica monetaria sia specificata da una regola come
la seguente:
𝑖𝑑 = πœ™(πœ‹π‘‘ )
𝑃𝑑
dove πœ‹π‘‘ = (𝑃
𝑑−1
(2.28)
) − 1 è il tasso di inflazione11. Partendo dall’Equazione di Eulero e
ipotizzando che l’economia sia caratterizzata da un livello di spesa pubblica costante
e che non esistano vincoli sulle emissioni monetarie, e supponendo che il target
inflazionistico incorporato nella regola sia πœ‹ ∗ > 𝛽 − 1, si ottiene il cammino per
l’inflazione nella forma:
πœ‹π‘‘+1 = 𝛽(1 + πœ™(πœ‹π‘‘ )) − 1
(2.29)
Questa regola di politica monetaria è in accordo con Taylor (1995) (Taylor 1995), laddove tuttavia
viene rimossa la considerazione di 𝑦 in quanto essa è ritenuta dipendente da consumo e spesa
pubblica esogene, e pertanto esogena a sua volta.
11
30
FISCAL ARITHMETIC
Esiste una sequenza di πœ‹π‘‘ che soddisfa l’equazione (2.29), a partire da un livello
iniziale di inflazione pari a πœ‹0 ; assumendo che πœ™(πœ‹π‘‘ ) ≥ 0, cioè che la banca centrale
non possa forzare i tassi di interesse nominali di breve periodo ad essere negativi,
dando la possibilità di detenere moneta che non maturi interesse, una soluzione
all’equazione (2.29) è sicuramente il livello di inflazione obiettivo, cioè: πœ‹π‘‘ = πœ‹ ∗ . Si
ipotizzi che πœ‹0 > πœ‹ ∗ ; il cammino inflazionistico ottenibile da equazione (2.29) è
rappresentato in Figura 2.1.
Figura 2.1: Cammino inflazionistico come da equazione (2.29) con π…πŸŽ > 𝝅∗ . Fonte: (Woodford
1998).
La curva di Figura 2.1 è il tipico caso di soluzione non stazionaria per
l’inflazione, a dimostrazione che, se πœ‹0 > πœ‹ ∗ , l’inflazione nel tempo tende a
divergere, allontanandosi indefinitamente dal livello obiettivo. Scenario speculare si
verifica qualora πœ‹0 < πœ‹ ∗ , ottenendo una spirale deflazionistica che porta l’interesse
nominale al lower bound. Considerando una serie di perturbazioni applicate alla
regola di politica monetaria (2.29), Woodford arriva a dimostrare che l’unico livello
iniziale di inflazione che consente al cammino inflazionistico di rimanere
31
Capitolo 2
nell'intervallo di confidenza desiderato [πœ‹; πœ‹Μ…] è proprio πœ‹π‘‘ = πœ‹ ∗ . In quest’ultimo
caso, quindi, l’equilibrio inflazionistico è effettivamente indipendente dagli sviluppi
fiscali e viene confermata la teoria monetarista di irrilevanza della politica fiscale. In
conclusione, il regime di fiscal dominance woodfordiano si ottiene quando πœ‹π‘‘ ≠ πœ‹ ∗ ,
mentre il regime di monetary dominance si ottiene per πœ‹π‘‘ = πœ‹ ∗ . Quest’ultimo sarà
poi attivo se vale la Regola di Taylor, cioè se πœ™ ′ (πœ‹ ∗ ) > 𝛽 −1 , e sarà accomodante se
πœ™ ′ (πœ‹ ∗ ) < 𝛽 −1 . Tale caratterizzazione tuttavia non basta, secondo l’autore, a fornire
una chiara rappresentazione dei fenomeni economici reali; bisogna, infatti,
introdurre le aspettative dei consumatori che, influenzandone il comportamento,
condizionano il cammino ottenibile da equazione (2.29) nei due diversi regimi.
Argomentare circa le aspettative degli agenti economici nei due regimi significa
studiare cosa succede al regime fiscale in condizioni di validità e non
dell’Equivalenza Ricardiana, andando così a definire quattro regimi diversi,
rappresentati in Tabella 2.2.
Tabella 2.2. Regimi di Woodford. Fonte: (Woodford 1998).
Regimi di Woodford
Regime fiscal dominant ricardiano
Regime monetary dominant ricardiano
Regime fiscal dominant
Regime monetary dominant
non-ricardiano
non-ricardiano
Se la politica fiscale è ricardiana, il vincolo di bilancio intertemporale del
governo di equazione (2.22) è soddisfatto a prescindere dalla spesa pubblica
effettuata e dall’evolvere del livello dei prezzi. Il governo deve cioè impegnarsi nel
manovrare e modificare il proprio bilancio in risposta a sviluppi che potrebbero
indurre cambiamenti nel valore del debito pubblico esistente; il governo deve
assicurarsi che quest’ultimo non esploda, cioè che il suo tasso di crescita non sia
superiore al tasso di interesse reale. Per avere un esempio di cosa concretamente
32
FISCAL ARITHMETIC
significa mantenere il debito pubblico ad un tasso di crescita sostenibile, si consideri
il cammino dei surplus come da relazione (2.30)12, dove 0 < πœ† < 2.
𝑖𝑑
𝑠𝑑 = πœ†π‘€π‘‘ − (
) π‘šπ‘‘
1 + 𝑖𝑑
(2.30)
Alla fine di ogni periodo deve valere la seguente relazione:
Qt 𝐡𝑑
𝑖𝑑
+(
) π‘šπ‘‘ = (1 − πœ†)π‘šπ‘‘
𝑃𝑑
1 + 𝑖𝑑
(2.31)
I due termini nel membro sinistro dell’equazione (2.31) rappresentano il valore
attuale del debito pubblico non rimborsato nel periodo corrente e quindi portato
avanti a 𝑑 + 1 e il valore attuale dello stock di moneta che è stato emesso e quindi
sarà portato avanti a 𝑑 + 1. La relazione (2.31) implica che il valore atteso delle
passività governative future sarà minore di quelle correnti, e cioè la relazione (2.32),
soltanto se |1 − πœ†| < 1.
𝐸𝑑 [𝑅𝑑,𝑑+1 π‘Šπ‘‘,𝑑+1 ] = (1 − πœ†)π‘Šπ‘‘
(2.32)
Sotto questa condizione, l’equazione (2.22) non gioca alcun ruolo nella
determinazione del cammino di equilibrio dell’inflazione, perché deve essere
soddisfatto da ogni sequenza delle variabili endogene non fiscali, e quindi la politica
fiscale è irrilevante nella determinazione del livello dei prezzi. In condizioni
ricardiane, l’inflazione è effettivamente un fenomeno monetario e la politica fiscale
non ha influenza sul livello dei prezzi, dovendo impegnarsi a soddisfare il proprio
vincolo di bilancio periodo per periodo. Un caso di non validità dell’Equivalenza
Ricardiana è invece ad esempio quello in cui il governo prefigura un cammino futuro
per i propri surplus e per il livello di prelievo fiscale desiderato, senza prendere
decisioni circa il livello dei prezzi o il valore del debito pubblico. Ipotizzando in
particolare che il livello di spesa pubblica 𝑔 rimanga costante e che il governo emetta
debito risk-free sotto forma di bond di durata pari ad un periodo, le equazioni (2.24)
e (2.25) si trasformerebbero in:
𝐡𝑑 = (1 + 𝑖𝑑 )[π‘Šπ‘‘ − 𝑃𝑑 𝑠𝑑 ]
12
(2.33)
Canzoneri et al. (2010) (Canzoneri et al. 2010).
33
Capitolo 2
Essendo 𝐡𝑑 il valore nominale del debito pubblico esistente alla fine del periodo 𝑑,
ne deriva che il totale delle passività pubbliche π‘Šπ‘‘ è una variabile predeterminata,
ricavabile tramite la relazione:
π‘Šπ‘‘+1 = (1 + πœ™(πœ‹π‘‘ ))[π‘Šπ‘‘ − 𝑃𝑑 𝑠𝑑 ]
(2.34)
La condizione di equilibrio (2.22) si riduce quindi a:
∞
π‘Šπ‘‘
= ∑ 𝛽 𝑗 𝑠𝑑+𝑗
𝑃𝑑
(2.35)
𝑗=0
Nella scelta di un certo cammino per il surplus futuro a partire da un valore di totale
passivo corrente è possibile determinare in maniera univoca il livello dei prezzi; nel
caso in cui il cammino dei surplus rimanga costante, ad una variazione delle
passività governative corrisponderà una variazione del livello dei prezzi. Il canale
tramite cui le politiche fiscali influenzano il livello dei prezzi è dato dalla domanda
di beni di consumo. Se infatti il governo intraprende una politica di riduzione del
prelievo fiscale non accompagnata da aspettativa di aumento della tassazione nel
futuro, a parità di altre condizioni il consumatore-famiglia sceglierà di impiegare il
maggiore reddito nell’acquisto di beni di consumo. Il disequilibrio momentaneo tra
domanda e offerta spinge i prezzi a salire in maniera progressiva, finché non si sarà
reinstaurata l’uguaglianza tra domanda e offerta.
Se nella caratterizzazione degli autori precedenti non vi è attenzione a cosa
succede quando la politica monetaria è attiva in condizioni non-ricardiane,
Woodford sottolinea l’importanza di considerare tale situazione, perché in grado di
portare l’inflazione verso una crescita esplosiva, la cosiddetta iperinflazione. Per
provarlo, si consideri un’economia in regime monetario attivo dove il cammino
inflazionistico, dopo opportune trasformazioni di combinazione dell’Equazione di
Eulero con la (2.29) è dato da:
πœ‹π‘‘+1 = πœ‹ ∗ + πœƒ(πœ‹π‘‘ − πœ‹ ∗ )
(2.36)
Avendo ipotizzando che la politica monetaria è attiva, essa rispetterà la Regola
di Taylor e sarà: πœƒ > 1. L’andamento dell’inflazione sarà quello rappresentato in
Figura 2.2.
34
FISCAL ARITHMETIC
Figura 2.2. Andamento dell'inflazione secondo la Regola di Taylor. Fonte: Handbook of
monetary economics, 2011.
Quando πœƒ > 1 , per valori di π0 ≠ π∗ l’inflazione ha un comportamento
esplosivo; quando invece πœƒ < 1 , cioè la politica monetaria è accomodante,
l’inflazione converge a π∗ indipendentemente dal valore iniziale, come evidenziato
in Figura 2.3.
Figura 2.3. Andamento dell'inflazione in condizioni di politica monetaria accomodante. Fonte:
Handbook of monetary economics, 2011.
35
Capitolo 2
In conclusione, se la politica fiscale è ricardiana, la politica monetaria attiva è
l’unica a produrre effetti sul livello di inflazione; se la politica fiscale è invece nonricardiana, essa andrà ad influenzare il livello dei prezzi e quindi il livello di
inflazione π0 . In questo caso, una politica monetaria attiva produrrebbe effetti
iperinflazionistici, mentre una politica monetaria accomodante porterebbe
l’inflazione verso il valore obiettivo.
La considerazione dell’esistenza di politiche fiscali non-ricardiane è
importante quindi nel definire una politica anti-inflazionistica da parte della banca
centrale, perché è comunque possibile che l’autorità fiscale decida di intraprendere
una manovra con effetti non-ricardiani, magari inconsapevole dei disturbi sul livello
di inflazione da essa comportati. La trattazione woodfordiana risulta, quindi, la più
completa tra le tre presentate ad introduzione della FTPL, proprio perché fornisce
una migliore descrizione degli accadimenti economici, tenendo in considerazione
una moltitudine di aspetti. Con Woodford ci si distanza dall’assunzione un po’
semplicistica di Sargent e Wallace che la politica fiscale inizi a comportarsi in
maniera dominante solo a raggiungimento del debito pubblico massimo.
L’introduzione dell’Equivalenza Ricardiana a caratterizzazione dei regimi pone
l’autore in una posizione innovativa anche rispetto a Leeper (Leeper 1991), dando
prova concreta dell’importanza di un coordinamento tra la banca centrale e il
governo, e quindi smentendo per la prima volta in maniera rigorosa il principio di
indipendenza tra le due istituzioni promosso dalla teoria monetarista.
2.2. LA CARATTERIZZAZIONE DI COCHRANE
Dopo la crisi finanziaria del 2007-2008 sono tanti gli economisti a riprendere la
FTPL per analizzarne e spiegarne gli eventi macroeconomici. In particolare, si tenta
di trovare una spiegazione teorica a ciò che è accaduto, agli effetti delle politiche
economiche, ma si cerca di guardare al futuro per capire se le politiche monetarie
fortemente espansive che hanno portato le economie allo zero lower bound riescono
a sortire l’effetto di permettere alle economie di fuoriuscire dalla recessione che ha
caratterizzato gli ultimi anni. Come esposto nell’introduzione della presente
36
FISCAL ARITHMETIC
trattazione, la crisi dei subprime ha fornito un esempio concreto per tornare a
parlare della dottrina nota come FTPL, a partire dalle teorizzazioni precedenti gli
anni Duemila presentate nel paragrafo 2.1, come paradigma teorico in grado di
spiegare come mai politiche monetarie tanto espansive, che hanno inondato il
sistema economico di liquidità, non hanno sortito l’effetto desiderato, portando le
economie fuori dalla recessione e dalla disinflazione. Inoltre, se dagli anni Settanta
obiettivi principi delle banche centrali sono stati il controllo dell’inflazione e
l’indipendenza dal governo – e, in America, anche il controllo del livello di
occupazione – gli effetti pluriennali di contrazione economica e tasso di inflazione
bassissimo portano gli economisti a suggerire alle istituzioni di dare maggiore peso
al pericolo di deflazione.
John H. Cochrane è uno degli autori che ricercano una spiegazione dei
fenomeni macroeconomici post-crisi nella dottrina FTPL e quindi nell’interazione
tra politica monetaria e politica fiscale e, nell’articolo Understanding policy in the
great recession: some unpleasant fiscal arithmetic (Cochrane 2010), definisce un
modello che consente di spiegare gli effetti delle politiche economiche intraprese da
banca centrale e governo durante e dopo la crisi, proiettandolo poi nel futuro, per
arrivare a caratterizzarne gli aspetti. L’obiettivo principale dell’autore è proprio
quest’ultimo, con particolare riferimento alla previsione del livello di inflazione che
deriverà dai comportamenti irregolari delle istituzioni centrali negli anni che hanno
seguito la crisi.
2.2.1. Il modello: valutazione del livello nominale di debito pubblico
Per descrivere la politica fiscale, Cochrane si pone nelle vesti del governo, e utilizza
la condizione di equilibrio (2.37), secondo cui il debito pubblico reale corrente deve
essere pari al valore attuale dei surplus futuri primari attesi.
∞
𝑀𝑑 + 𝐡𝑑
𝛬𝑑+𝜏
(𝑇𝑑+𝜏 − 𝐺𝑑+𝜏 )π‘‘πœ
= 𝐸𝑑 ∫
𝑃𝑑
𝜏=0 𝛬𝑑
𝛬𝑑+𝜏
𝛬𝑑
(2.37)
rappresenta il fattore di sconto e 𝑠𝑑 = 𝑇𝑑 – 𝐺𝑑 il valore del surplus primario. Il
termine 𝐸𝑑 si riferisce invece alle aspettative dei consumatori sul livello cumulato
37
Capitolo 2
dei surplus futuri del governo, calcolati attraverso un integrale su un intervallo di
tempo potenzialmente molto ampio – dall’istante 0, cioè quello attuale, fino ad
infinito. Il fatto che l’integrale non sia calcolato su un intervallo chiuso e limitato non
deve sorprendere: in generale, infatti, si percepisce il governo come un’entità
imperitura e quindi, nel figurare il cammino futuro dei surplus che esso sarà in grado
di generare, implicitamente si conduce il calcolo fino ad infinito. Quale paragone di
semplice comprensione è possibile considerare i surplus futuri come flussi di cassa
generati dall’impresa-governo, la cui entità e il cui tasso di sconto sono ipotizzati
fissi nel tempo: si tratta di una perpetuity finanziaria, poiché non è possibile stimare
con confidenza accettabile un istante T in cui i flussi si annullino – in altre parole il
termine della vita del governo. Sfruttando l’analogia finanziaria, il tasso di sconto di
equazione (2.37) può essere espresso come:
𝛬𝑑+𝜏
1
=
𝛬𝑑
𝑅𝑑,𝑑+𝜏
(2.38)
Nel membro di sinistra dell’equazione (2.37), invece, è presente il valore corrente
reale del debito pubblico, ottenuto rapportandone il livello nominale al livello
corrente dei prezzi. Il livello nominale del debito pubblico è espresso tramite la
somma di due termini: la moneta, 𝑀𝑑 , e il debito pubblico,𝐡𝑑 . Il governo, al generico
istante temporale 𝑑, deve riscattare il debito giunto a maturità, cioè rimborsare i
propri creditori; per farlo può ricorrere ai surplus generati durante quell’anno, se
positivi, e all’emissione di nuovo debito pubblico. Al diminuire del surplus generato
(fino al caso estremo costituito da una situazione di deficit), aumenta l’entità di
debito pubblico che il governo deve emettere per rimborsare la quota di debito
esistente e giunta a scadenza.
Per quanto riguarda il termine relativo al surplus, è necessario chiarire la
definizione del surplus primario. Solitamente il surplus è visto come la somma del
surplus primario (differenza tra il prelievo fiscale e la spesa pubblica) e del
signoraggio (flusso di interessi generato da tutte le attività detenute in contropartita
delle banconote in circolazione – o più comunemente della base monetaria):
𝑠𝑑 = (𝑇𝑑 − 𝐺𝑑 ) + 𝑖𝑑
38
𝑀𝑑
𝑃𝑑
(2.39)
FISCAL ARITHMETIC
Nell’equazione (2.37), il termine relativo al signoraggio è incluso nel termine
relativo all’imposizione fiscale, perché Cochrane prende a modello economico di
riferimento l’economia statunitense, dove il signoraggio rappresenta un’entità di
ammontare trascurabile. Tuttavia, come visto nella parte introduttiva, il signoraggio
rappresenta una frazione trascurabile del reddito nazionale sia prima che dopo la
crisi, e quindi l’autore si pone a sostegno di quanto affermato da King (King 1995) e
inserito nelle trattazioni di Woodford e Leeper precedenti nel ritenerlo poco
influente ai fini della sua caratterizzazione. Per completezza tuttavia, si riscrive
l’equazione (2.37) alla luce della (2.38) e della (2.39), e quindi esplicitando il
termine relativo al signoraggio e quello relativo al surplus – questa volta non più
primario:
∞
𝑀𝑑 + 𝐡𝑑
𝛬𝑑+𝜏
𝑀𝑑
= 𝐸𝑑 ∫
(𝑠𝑑 + 𝑖𝑑 ) π‘‘πœ
𝑃𝑑
𝑃𝑑
𝜏=0 𝛬𝑑
(2.40)
Al livello corrente dei prezzi, se l’ammontare di surplus che i consumatori ritengono
il governo generi in futuro è inferiore alla quantità di debito pubblico esistente, si
determina un disequilibrio fiscale:
∞
𝑀𝑑 + 𝐡𝑑
𝛬𝑑+𝜏
𝑀𝑑
> 𝐸𝑑 ∫
(𝑠𝑑 + 𝑖𝑑 ) π‘‘πœ
𝑃𝑑
𝑃𝑑
𝜏=0 𝛬𝑑
(2.41)
Questo significa che, se i consumatori ritengono che il governo abbia emesso una
quantità di passività troppo elevata rispetto alla sua capacità di generare profitto in
futuro, inizieranno a sbarazzarsi del debito pubblico detenuto in portafoglio e ad
acquistare asset privati e/o beni e servizi. Questo effetto di aumento della domanda
aggregata attraverso l’aumento di investimenti privati e di consumo viene definito
effetto ricchezza. Il meccanismo che porta all’effetto ricchezza ha come punto di
partenza quindi proprio l’intuizione circa la solvibilità governativa e circa di
conseguenza il valore futuro atteso dei bond. Essendo quest’ultimo destinato a
deprezzarsi a causa del maggiore rischio connesso ad un ente con leverage elevato,
risulta conveniente vendere oggi i bond detenuti in portafoglio, sfruttandone il
valore corrente ancora elevato. Aspettare nel venderli sarebbe rischioso, poiché con
il passare del tempo il numero di consumatori in grado di figurare il cammino futuro
39
Capitolo 2
dei surplus crescerebbe e analogamente la spinta al ribasso del prezzo dei bond,
guidata dalle richieste di vendita da parte dei detentori. In definitiva, l’effetto
ricchezza non è tanto l’eccesso di liquidità ottenuto dalla vendita effettiva dei bond,
quanto la percezione che il singolo ha della possibilità di ottenere un rendimento
maggiore nella vendita a breve termine, legata al cammino futuro dei surplus da egli
atteso. Si tratta, a differenza di quanto visto con Woodford e Leeper, di un concetto
legato alla possibilità di arricchirsi e non all’effettivo ottenimento di moneta a
seguito della cessione dei titoli governativi. Non appena gli agenti economici
comprendono che aspettare troppo nel disfarsi dei bond – data la relazione (2.41)–
determinerebbe una situazione in cui la maggior parte dei detentori della stessa
tipologia di titoli abbia raggiunto la medesima consapevolezza, è ragionevole
ipotizzare che le vendite accadrebbero in maniera abbastanza repentina. Tale
ondata di vendite porterebbe i consumatori ex-creditori del governo ad avere della
liquidità in portafoglio, e quindi al problema di come impiegarla. Tipico uso che ne
viene fatto è l’acquisto di beni e servizi, oppure l’investimento privato. Ricordando
la definizione della funzione di domanda aggregata13:
π‘Œ 𝐷 = 𝑐[(1 − 𝑑)(π‘Œ + 𝑇𝑅)] + 𝐼(𝑖) + 𝐺
(2.42)
è evidente che un aumento nella domanda di beni e servizi, o di investimenti privati,
porta ad un aumento della domanda aggregata stessa. Tale aumento porta ad un
disequilibrio nel mercato dei beni tra domanda e offerta, che spinge al rialzo i prezzi
e genera quindi inflazione.
Per quanto riguarda invece le conseguenze per il governo della svalutazione
dei bond, è necessario innanzitutto spiegare cosa spinge l’emissione di bond. Alla
fine di ogni periodo, il governo deve far quadrare il proprio bilancio, proprio come
visto nelle caratterizzazioni degli autori precedenti. Le entrate governative sono
costituite dal prelievo fiscale e dai ricavi da signoraggio, e le uscite sono
rappresentate dalla spesa pubblica e dai trasferimenti, come visto nell’equazione
(2.39). Se tale relazione fosse uguale a zero, il governo non avrebbe bisogno di
emettere un ammontare elevato di debito pubblico, perché sarebbe in grado di
13Si
40
mantiene, per il momento, l’ipotesi di economia chiusa.
FISCAL ARITHMETIC
coprire le spese correnti con le entrate correnti. In particolare, la quantità di deficit
fiscale sarà pari soltanto alla quantità di bond in scadenza nel periodo corrente,
necessario quindi a rimborsare agli investitori valori nominali ed interessi maturati.
Se il bilancio tra entrate e uscite fosse positivo, la quantità di debito pubblico da
emettere per rimborsare i bond in scadenza all’anno 𝑑 sarebbe ulteriormente
ridotta, se non addirittura nulla – nel caso in cui 𝑠𝑑 fosse esattamente uguale
all’ammontare da rimborsare agli investitori. In tutti gli altri casi eccetto
quest’ultimo, quindi, il governo dovrà emettere del debito pubblico che andrà ad
aggiungersi alla quantità emessa nei periodi precedenti. La via privilegiata di
emissione sarà quella dei bond di valore nominale e scadenza predeterminati, il cui
prezzo dipenderà dal merito creditizio del governo stesso. Quindi, laddove 𝐡𝑑
diminuisca a causa dell’effetto ricchezza, occorrerebbe aumentare 𝑀𝑑 : sarebbe
necessario cioè incrementare la moneta circolante e quindi generare inflazione.
Secondo il modello di Cochrane quindi le aspettative dei consumatori non solo
possono generare inflazione nel periodo corrente, ma la spinta inflazionistica arriva
su due fronti: dal fronte dell’economia reale, tramite la discrepanza tra domanda e
offerta di beni, e dal fronte governativo, tramite la necessità di emettere moneta a
copertura del debito pubblico. Delle due spinte inflazionistiche, prevale la prima:
l’inflazione scaturisce dall’effetto ricchezza dei consumatori, perché se il governo
aumentasse il debito pubblico esistente, aumentando la quantità di circolante, la
(2.40) diventerebbe sempre più sbilanciata, non essendovi la credibilità per un
aumento dei surplus futuri a fronte di tale incremento corrente. Essendo infatti
l’economia già nel caso corrispondente all’equazione (2.41), un ulteriore aumento
dell’emissione di debito pubblico all’istante attuale non avrebbe altro effetto che
provocare maggiore inflazione, rendendo il membro destro della disuguaglianza
ulteriormente inferiore a quello sinistro e, quindi, spingendo i consumatori a
sbarazzarsi ancora più in fretta non solo dei bond detenuti e con scadenza di breve
termine, ma anche di quelli con scadenze più lunghe. Conseguenza di questo
complesso meccanismo è che, affinché si generi inflazione all’istante attuale, non è
necessario che i futuri deficit di governo si materializzino, ma è sufficiente che i
consumatori ritengano il governo non in grado di generare surplus in futuro
41
Capitolo 2
sufficienti a compensare lo stock di debito pubblico attualmente esistente. La
modellizzazione delle aspettative di Cochrane si differenzia molto da quella di
Woodford; quest’ultimo, infatti, utilizzava il concetto di aspettative razionali a
supporto della validità dell’Equivalenza Ricardiana in risposta a shock fiscali e/o
monetari, indagandone l’effetto sull’economia sulla base di quanto ritenuto
verosimile dai consumatori. Cochrane, invece, nel modellizzare le aspettative dei
consumatori, inserisce la possibilità che essi modifichino le proprie aspettative e
generino effetti sul livello di inflazione anche in assenza di politiche da parte delle
istituzioni centrali. Questa descrizione comportamentale consentirà all’autore di
sottolineare l’importanza degli announcements e della forward guidance, strumenti
in grado di influenzare le aspettative dei consumatori.
Cochrane cerca di applicare il framework fiscale appena descritto per
analizzare l’esistenza di un reale pericolo inflazionistico nell’economia statunitense.
Analizzando il cammino dei surplus governativi degli Stati Uniti, evidenza infatti la
presenza una certa persistenza, nell’ultimo decennio, di bilanci governativi negativi.
Figura 2.4: Andamento del rapporto Surplus / PIL riferito negli USA, dal 1950 al 2010. Fonte:
(Cochrane 2010).
In Figura 2.4, infatti, si nota la presenza, a partire dal 2008, di un trend discendente
della variabile real primary surplus/PIL. Tale andamento dovrebbe indurre gli agenti
42
FISCAL ARITHMETIC
economici a ipotizzare che il Tesoro americano non sia in grado di generare, in
futuro, un surplus abbastanza ingente da ripagare un ammontare di debito pubblico
così elevato, e di conseguenza dovrebbe condurli a sbarazzarsi dei titoli di stato
posseduti, generando quindi un livello di inflazione senza precedenti. Il motivo per
cui secondo Cochrane non si è ancora verificata inflazione, alla luce dei forti deficit
governativi e della loro persistenza, è proprio la credibilità dei governi nel
promettere che gli incrementi passati e correnti di debito pubblico portino in futuro
a livelli di surplus ancora più elevati. Prima di arrivare a una qualsiasi conclusione,
tuttavia, è opportuno effettuare un confronto con la Figura 2.5, dove è mostrato il
PIL statunitense e la spesa pubblica effettuata dal governo sullo stesso intervallo
temporale, in modo da depurare il cammino del surplus reale dal trend del PIL.
Figura 2.5: Andamento del PIL reale statunitense dal 1990 al 2014. Fonte: U.S. Bureau of
Economic Analysis.
In Figura 2.5: Andamento del PIL reale statunitense dal 1990 al 2014. si nota
che il PIL reale è caratterizzato da un andamento crescente e si osserva
contemporaneamente un aumento della spesa pubblica. Il rapporto tra i surplus
reali primari e il PIL potrebbe indurre a ritenere che il suo trend negativo sia
43
Capitolo 2
collegato alla crescita del denominatore; tuttavia, un semplice confronto qualitativo
dei due grafici permette di notare che le variazioni annue relative delle due variabili
hanno ordini di grandezza diversi. In particolare, in corrispondenza di riduzioni dei
surplus reali significative, la crescita di PIL registrata si attesta su valori percentuali
molto inferiori. Conseguenza di questo fenomeno che ha portato lo stock di debito
pubblico ad aumentare, a fronte di una crescita del PIL molto contenuta – in alcuni
anni addirittura negativa – potrebbe essere la modifica delle aspettative dei
consumatori. In quest’ultimo caso, si andrebbe verso la relazione (2.41) e il
verificarsi di inflazione diventerebbe un accadimento molto più realistico di quanto
viene percepito attualmente. Ultima considerazione sull’equazione (2.40) può
essere fatta circa la scansione temporale dei periodi. Nel membro di destra la
presenza dell’integrale sembrerebbe suggerire la scansione del tempo in modo
continuo, tuttavia tale integrale va visto come una somma pesata, e non come
l’espressione algebrica di una funzione continua. Inoltre sia la quantità di moneta,
𝑀𝑑 , che il debito pubblico, 𝐡𝑑 , possono essere visti come predeterminati in istanti di
tempo discreti. Nel modello quindi la scansione del tempo viene effettuata su istanti
temporali discreti, che potrebbero essere identificati con gli anni solari. Andando
quindi a fissare l’ammontare di moneta e debito all’anno 𝑑, e conoscendo la scadenza
del debito pubblico emesso nell’istante temporale corrente e nei periodi passati, il
governo conoscerà l’entità del debito pubblico in scadenza all’anno 𝑑 + 1, e potrà
utilizzare queste informazioni per ancorare le aspettative di inflazione e di
conseguenza il livello dei tassi nominali, avendo il controllo sul surplus. Il modello
di Cochrane quindi introduce il tema dell’importanza dei fiscal announcements
nell’influenzare le aspettative degli agenti economici ma anche nel consentire al
governo di poter disporre di dati ragionevolmente affidabili sul valore futuro delle
variabili fiscali di suo interesse, in modo da poterne mantenere effettivamente il
controllo.
Prima di proseguire con la caratterizzazione della politica monetaria, si riporta
un’analisi analoga a quella effettuata dall’autore sul cammino del surplus
statunitense per l’Europa, essendo infatti la presente trattazione volta ad
evidenziare ragioni empiriche circa l’applicabilità della dottrina FTPL anche al
44
FISCAL ARITHMETIC
contesto europeo. Si riporta, in Figura 2.6, l’andamento del surplus medio europeo
nonché quello dei principali paesi dell’Area-Euro.
Figura 2.6. Andamento del surplus reale/PIL in Europa. Fonte: Eurostat.
Si può notare che il surplus reale, espresso come percentuale del PIL, mostra
un andamento simile a quello di Figura 2.4 riferito agli USA. La preoccupazione di
Cochrane circa la possibilità di un cambiamento nelle aspettative degli agenti
economici provocato dalla presenza di bilanci pubblici quasi sempre in deficit trova
applicabilità anche nel contesto europeo. Il paese in cui vi è meno probabilità di
mutamento nelle aspettative è la Germania, dove il deficit cresce in maniera
significativa in corrispondenza degli anni immediatamente successivi la crisi – come
negli altri paesi, del resto – per poi diminuire altrettanto significativamente a partire
dal 2010, anche grazie alla crescita del PIL che è stata maggiore rispetto alle altre
economie. In Figura 2.7, infatti, il PIL tedesco è quello che, a partire dal 2010,
evidenzia un tasso di crescita superiore rispetto al PIL delle altre economie.
Dall’analisi congiunta della forte crescita del deficit e della contrazione del reddito
nazionale vi è inoltre evidenza empirica circa il tracollo della Grecia.
45
Capitolo 2
Figura 2.7. Andamento del PIL in Europa. Fonte: Eurostat.
Si potrebbe provare addirittura a interpretare la situazione di forte crisi che
ha coinvolto la Grecia con il framework di Cochrane. Quest’ultimo, nell’articolo
Gdefault needs not Grexit (Cochrane 2015), paragona il paese ad una qualsiasi
impresa, argomentando circa il fatto che se un’impresa fallisce non deve trasferirsi
dalla zona valutaria di origine e quindi la Grecia non deve abbandonare la propria
valuta soltanto perché in bancarotta. Egli sostiene che, invece, la Grecia andrebbe
fatta fallire, così da instaurare negli agenti economici la consapevolezza che gli stati
non sono infallibili e che necessitano, come una qualsiasi organizzazione, di politiche
di gestione del proprio bilancio accurate. Tra i maggiori esponenti della teoria
monetarista, Cochrane rittiene infatti che, qualora non si voglia scatenare una forte
inflazione conseguente la perdita di fiducia nei governi e nei suoi prodotti, bisogna
necessariamente porre maggiore attenzione alla gestione del deficit pubblico, a
differenza di quanto invece ritenuto dal neo-keynesiano Paul Krugman(Krugman
2015), che in diverse occasioni ha sottolineato l’importanza di effettuare elevate
immissioni di liquidità a sostegno dell’espansionismo fiscale così da rilanciare le
economie.
46
FISCAL ARITHMETIC
2.2.2. Il modello e le politiche monetarie
Dopo aver analizzato la caratterizzazione della politica fiscale nel framework di
Cochrane, si prosegue riportando quanto concerne invece la banca centrale, il cui
ruolo nell’economia di controllo del livello di inflazione sulla base dell’offerta
monetaria viene sintetizzato dall’equazione (2.43):
(𝑀𝑑 + 𝑀𝑑𝑖 ) 𝑉(𝑖𝑑 , . ) = 𝑃𝑑 π‘Œπ‘‘
(2.43)
dove 𝑀𝑑𝑖 è la moneta interna, ovvero i depositi a vista, che viene sottolineata nel
modello perché è una passività monetaria diretta, proprio come la base monetaria.
Allo stesso modo, è possibile notare come la velocità di circolazione della moneta sia
dipendente da una serie di fattori oltre al tasso di interesse nominale, che tuttavia
non vengono inclusi nella trattazione. Le equazioni (2.40) e (2.43) devono valere
contemporaneamente, e quindi vanno a formare il sistema di equilibrio (2.44).
∞
𝑀𝑑 + 𝐡𝑑
𝛬𝑑+𝜏
𝑀𝑑
= 𝐸𝑑 ∫
(𝑠𝑑 + 𝑖𝑑 ) π‘‘πœ
𝑃𝑑
{ 𝑃𝑑
𝜏=0 𝛬𝑑
𝑖
(𝑀𝑑 + 𝑀𝑑 )𝑉(𝑖𝑑 , . ) = 𝑃𝑑 π‘Œπ‘‘
(2.44)
Periodo dopo periodo, il governo deve raggiungere un coordinamento con la banca
centrale in modo che la politica fiscale e la politica monetaria convergano verso uno
stesso livello dei prezzi, agendo sul vettore di leve {𝑀𝑑 , 𝐡𝑑 , 𝑠𝑑 }. Considerando inoltre
che il livello dei prezzi è presente in entrambe le equazioni del sistema, ci si potrebbe
chiedere quale sia il meccanismo che prevale sull’altro, se quello fiscale o quello
monetario. Le politiche convenzionali vedono l’equazione monetaria determinare il
livello dei prezzi, sulla base degli obiettivi delle banche centrali, e l’equazione fiscale
semplicemente modificarsi di conseguenza, andando ad aggiustare i surplus futuri
𝑠𝑑+𝑗 in modo che vi sia equilibrio, e in modo che valga la (2.43). Questo meccanismo
potrebbe essere visto come una politica monetaria attiva e una politica fiscale
passiva, con riferimento all’impostazione data da Leeper nella sua trattazione.
Tuttavia negli ultimi anni il debito pubblico, i deficit governativi e il fenomeno della
distorsione delle tasse sono diventati talmente significativi da portare l’equazione
(2.40) ad esercitare una maggiore pressione sulla determinazione del livello dei
prezzi, e ad assumere quindi un ruolo più attivo. Particolare riferimento viene fatto
47
Capitolo 2
alle decisioni in merito al prelievo fiscale, unica vera arma del governo per
mantenere il proprio livello di debito pubblico sotto controllo in un contesto classico
di politica fiscale con effetti ricardiani. In particolare, Cochrane riprende la Curva di
Laffer e con essa l’esistenza di un limite all’aliquota fiscale media pro capite al di là
della quale si verifica un effetto di contrazione sul gettito stesso, andando a stabilire
situazioni di non ottimalità per il prelievo fiscale e per il Prodotto Nazionale, come
da Figura 2.8.
Figura 2.8: Curva di Laffer. Fonte:Forbes.
In contesti come l’Unione Europea, dopo la crisi finanziaria del 2007-2008 si è
adottato negli stati membri un regime di austerity con ottimizzazione della struttura
di bilancio degli stati e incremento delle entrate governative proprio tramite un
aumento del prelievo fiscale e diminuzione della spesa pubblica, cosa che secondo
alcuni economisti ha gravato sui risultati economici, con tasso di crescita del
prodotto nazionale negativo o nullo per diversi anni. Si cita ad esempio Joseph
Stiglitz (Stiglitz 2014), che argomenta circa i risultati fortemente negativi che il
regime di austerità ha provocato nei paesi europei, accusando la Germania di aver
forzato le economie a finire in una recessione evidentemente non necessaria; in
particolare, Stiglitz stima che, se il regime di austerità non avesse condotto l’Europa
in recessione, oggi il suo PIL medio sarebbe maggiore di circa il 15%. L’austerità è
48
FISCAL ARITHMETIC
una forma di politica fiscale dal suo punto di vista errata perché contrae il tasso di
occupazione e conseguentemente del prodotto nazionale, trattenendo persino gli
investimenti, dal momento in cui produce un crollo nella domanda. Cochrane,
invece, ritiene che in generale il governo e la banca centrale dovrebbero agire in
maniera coordinata per garantire che le loro politiche non provochino effetti
indesiderati sul livello di inflazione obiettivo; per quanto il tema del coordinamento
sia caratteristico più della dottrina FTPL che del monetarismo, in questo modo egli
vuole sottolineare l’esigenza di rendere la politica fiscale in linea con gli obiettivi
della banca centrale, in modo che suoi comportamenti non scatenino un’inflazione
indesiderata.
Tornando al modello, non c’è nessuna differenza nell’equazione (2.40) in
termini di costo e rendimento tra moneta e bond, se non per il trascurabile termine
relativo al signoraggio generato dall’emissione monetaria, quindi le operazioni di
mercato aperto non hanno effetto sul livello dei prezzi se non in maniera indiretta
attraverso il meccanismo dell’effetto ricchezza: soltanto la moneta governativa e il
debito hanno importanza nella determinazione del livello dei prezzi. Il governo può
seguire invece una dottrina detta “real-billsdoctrine”, ovvero l’emissione di moneta
o debito in cambio di asset di uguale valore, che possono contribuire alla
diminuzione di quel debito nel tempo; in questo caso, a fronte di un aumento dello
stock di debito pubblico, non si genera inflazione. In ogni caso, è sempre possibile
da parte delle istituzioni monetarie fissare un target per il tasso di interesse
nominale, anche qualora vi sia un regime fiscale, e addirittura senza contrastare con
gli obiettivi di politica monetaria: nell’equazione (2.40), i livelli di moneta e bond
all’istante 𝑑 sono predeterminati, perché la formulazione del modello è discreta e fa
sì che essi siano pari alla quantità di moneta e bond emessi nell’istante precedente,
ovvero 𝑑 − 1. Quindi, noto l’ammontare di moneta e bond nell’istante precedente, la
banca centrale può ancorare le aspettative di inflazione e da qui il livello nominale
del tasso di interesse. Modificare l’ammontare di debito governativo senza cambiare
il cammino dei surplus è come effettuare una riforma valutaria o come la
condivisione di quote azionarie di una società. Ed è per questo che l’osservazione di
un tasso di interesse stabile o di una sua variazione con inflazione e output come
49
Capitolo 2
descritto dalla regola di Taylor è perfettamente consistente con la determinazione
fiscale del livello dei prezzi. Non bisogna inoltre specificare come l’interazione
monetaria e fiscale è raggiunta, e questa è una delle motivazioni per cui la fiscal
arithmetic modellizzata da Cochrane è diversa da quella proposta da Leeper, che
delinea due regimi diversi: un fiscal dominant regime, e un monetary dominant
regime. Entrambe le equazioni del sistema (2.44) sono valide in ogni regime e in ogni
momento, anche con un puro regime fiscale, dove l’equazione (2.43) andrebbe
semplicemente a seguire in ogni istante le politiche fiscali, stampando moneta sulla
base di quanta ne è necessaria. Il sistema (2.44) si differenzia anche dalla
caratterizzazione di Woodford, in cui a seconda se la politica monetaria è attiva o
passiva e la politica fiscale ricardiana o non-ricardiana il livello di inflazione segue
un cammino descritto da una regola diversa.
Debito pubblico in termini nominali
Tornando ad esaminare il modello fiscale proposto da Cochrane, si nota come
nell’equazione(2.40) venga esplicitamente considerato il debito pubblico in termini
nominali (è infatti la presenza del livello dei prezzi al denominatore a rendere la
grandezza una grandezza reale). Il debito pubblico in fondo può essere visto come
una promessa/impegno da parte del governo di pagare in futuro un ammontare di
liquidità a fronte dell’acquisto oggi di bond; tale ammontare è dato dal controvalore
monetario del valore nominale del bond e degli interessi maturati. Tale controvalore
monetario va rapportato poi all’inflazione, come ci suggerisce il modello nel mettere
al denominatore il livello dei prezzi al tempo 𝑑. Per capire ancora meglio quanto il
debito pubblico sia collegato all’inflazione, possiamo isolarlo nel primo membro
della (2.40), spostando nell’integrale il termine relativo alla moneta, per ottenere:
∞
𝐡𝑑
𝛬𝑑+𝜏
𝑑𝑀𝑑+𝜏
= 𝐸𝑑 ∫
(𝑇𝑑 − 𝐺𝑑 +
) π‘‘πœ
𝑃𝑑
𝑃𝑑+𝜏
𝜏=0 𝛬𝑑
(2.45)
In questo modo il signoraggio sarebbe rappresentato dalla quantità di moneta
generata e non dagli interessi pagati dal governo sulla moneta detenuta. Si va poi a
mettere a confronto la nuova equazione ottenuta con quella che si avrebbe
inserendo il livello di debito pubblico in termini reali, ovvero:
50
FISCAL ARITHMETIC
∞
𝛬𝑑+𝜏
𝑑𝑀𝑑+𝜏
(𝑇𝑑 − 𝐺𝑑 +
) π‘‘πœ
𝑃𝑑+𝜏
𝜏=0 𝛬𝑑
𝑏𝑑 = 𝐸𝑑 ∫
(2.46)
Tale equazione è presente nella trattazione di Sargent e Wallace sotto forma della
relazione (2.1); come accennato in precedenza, essi affermano che i problemi
relativi al differenziale tra tasse e spesa pubblica devono essere gestiti attraverso il
signoraggio, cioè tramite la creazione di nuova moneta. Tale creazione di moneta,
andrebbe a generare inflazione all’istante 𝑑 + 𝜏 . La futura inflazione sarebbe
riportata anche all’istante attuale 𝑑 tramite una dinamica di iperinflazione data da:
𝑀𝑑 𝑉 [
𝑑𝑃𝑑
] = 𝑃𝑑 π‘Œπ‘‘
𝑃𝑑
(2.47)
con un tasso di sconto guidato dall’elasticità al tasso di interesse della curva di
domanda di moneta. Nella trattazione di Cochrane invece, se il surplus primario
diminuisce, si verifica un incremento immediato del livello dei prezzi – tramite il
passaggio per la relazione (2.41) – , che va a ristabilire l’equilibrio, facendo in modo
che il membro sinistro dell’equazione diminuisca della stessa entità di quello destro.
Questo meccanismo mette in discussione le opinioni della teoria monetarista
secondo cui, come visto in precedenza, si genera inflazione soltanto quando
aumenta l’offerta di moneta, per necessità di signoraggio o per errori nel condurre
le politiche fiscali. Considerando il livello di debito in termini nominali, quindi, è
come se l’inflazione fosse a monte del signoraggio, perché potrebbe verificarsi senza
che vi sia una creazione di moneta attuale o passata (ovvero anche nel caso in cui
𝑑𝑀 = 0): basterebbe infatti che le aspettative dei consumatori si allineassero su
futuri problemi fiscali. Volendo ricorrere ad una metafora finanziaria, il debito in
termini nominali si comporta come equity: il suo prezzo è in grado di assorbire gli
shock attesi sui futuri flussi di cassa, e di riflettere le aspettative future. Il debito
reale si comporta invece come un debito vero e proprio, che deve essere ripagato
per evitare default. L’inflazione di Cochrane può essere vista in definitiva come un
qualcosa che riflette la fiducia che i consumatori hanno nel governo, nella sua
produttività e nelle sue prospettive fiscali, senza avere nulla a che fare con le
disposizioni della banca centrale circa la maturità e la struttura del debito pubblico.
51
Capitolo 2
Debito pubblico di lungo termine
Altra considerazione su Cochrane, a ripresa di quanto compiuto
precedentemente da Woodford, può essere condotta circa la maturità del debito
pubblico. Quest’ultimo non argomenta in maniera specifica circa la maturità dei
titoli di stato, tuttavia, nella propria caratterizzazione, inserisce nella valutazione
dell’ammontare di debito pubblico esistente, una specifica relativa la tipologia di
titoli emessi. Mentre però obiettivo di Woodford era dimostrare che la tipologia di
debito pubblico emesso impatta sull’ammontare del deficit complessivo esistente,
Cochrane si sofferma piuttosto sull’effetto prodotto dall’emissione di debito con
diverse maturità sul livello di inflazione e sull’istante in cui quest’ultima si
manifesta. Egli infatti argomenta circa l’ipotesi che l’emissione di debito pubblico di
media-lunga durata abbia degli effetti sul meccanismo che porta dalla modifica delle
aspettative future sui surplus all’accadimento di inflazione. La risposta fornita da
Cochrane è che sono due i ruoli svolti dal debito pubblico di lungo termine:
-
Smorzatore. 𝐡𝑑 nell’equazione (2.40) è rappresentato in termini nominali e
quindi, qualora vi sia uno shock legato alle aspettative sui surplus governativi
futuri, il valore di mercato di 𝐡𝑑 di lungo andrebbe a diminuire e si
verificherebbe inflazione nell’istante di scadenza del debito e non all’istante
temporale t corrente. Tuttavia, nel caso in cui 𝐡𝑑 fosse debito di breve
termine (che quindi per definizione viene emesso all’istante 𝑑 − 1 e viene
riscattato all’istante 𝑑), l’inflazione si verificherebbe all’istante attuale, come
visto in precedenza. L’entità dello smorzamento varia, ma non viene indagata
da Cochrane in quanto funzione della tipologia di titolo e della sua duration.
-
Fattore abilitante della riorganizzazione del timing dell’inflazione. La banca
centrale può modificare il timing inflazionistico anche senza avere il
controllo sui surplus e sul tasso di sconto dello stesso perché, attraverso
l’acquisto di 𝐡𝑑 di lungo termine in cambio di 𝐡𝑑 di breve termine, essa fa
risultare maggiore inflazione ora, minore dopo, e un tasso di interesse
nominale minore sul 𝐡𝑑 di lungo termine. Vendendo invece 𝐡𝑑 di lungo
termine per acquistare 𝐡𝑑 di breve termine, va a post-porre l’inflazione.
Con il debito di lungo termine, l’equazione (2.37) può essere riscritta come:
52
FISCAL ARITHMETIC
∞
(𝑗)
(𝑗)
∞
𝐡𝑑 ∫𝑗=0 𝑄𝑑 𝐡𝑑 𝑑𝑗
𝛬𝑑+𝜏
=
= 𝐸𝑑 ∫
𝑠𝑑+𝜏 π‘‘πœ
𝑃𝑑
𝑃𝑑
𝜏=0 𝛬𝑑
(2.48)
dove𝐡𝑑 è dato dall’integrale del valore nominale di mercato del debito pubblico di
maturità j, e 𝑄𝑑 è dato da:
(𝑗)
𝑄𝑑
𝛬𝑑+𝑗 𝑃𝑑
= 𝐸𝑑 (
)
𝛬𝑑 𝑃𝑑+𝑗
(2.49)
In questo caso sia il valore di mercato del debito che il livello dei prezzi possono
assorbire gli shock sui surplus attesi futuri. Cattive notizie circa i surplus all’istante
𝑑 + 𝑗 vanno ad incrementare il livello dei prezzi a quell’istante temporale 𝑃𝑑+𝑗 .
(𝑗)
L’inflazione futura diminuisce il prezzo dei bond 𝑄𝑑 e quindi il prezzo dei bond al
numeratore dell’equazione (2.48) compie l’aggiustamento al tempo 𝑑 al posto del
livello dei prezzi al denominatore. Inoltre con debito di lungo termine il governo può
anche scambiare l’inflazione corrente con quella futura, tenendo fissato il cammino
di inflazione, andando a comprare o vendere addizionale debito di lungo termine. Il
nuovo debito va a diluire le rivendicazioni sul debito di lungo, dando al governo
risorse per evitare l’inflazione corrente.
La struttura per scadenza del debito di lungo termine esistente fornisce il
“vincolo di budget” alle opzioni che il governo ha per scambiare inflazione oggi per
inflazione ad una data futura, tramite acquisto e vendita di debito. In caso di tasso di
interesse reale pari a𝛬𝑑 = 𝑒 −π‘Ÿπ‘‘ si avrebbe:
∞
∫
𝑗=0
𝐸𝑑 (
∞
1
(𝑗)
)𝑒 −π‘Ÿπ‘— 𝐡𝑑 𝑑𝑗 = 𝐸𝑑 ∫ 𝑒 −π‘Ÿπ‘‘ 𝑠𝑑+𝜏 π‘‘πœ
𝑃𝑑+𝑗
𝜏=0
(2.50)
Comprando e vendendo il debito ad una data 𝑑 e più tardi, dopo che 𝐸𝑑 𝑠𝑑+𝜏 si è
rivelato, il governo può raggiungere ogni sequenza 𝐸𝑑 𝑃
1
𝑑+𝑗
che sia consistente con
questa equazione, senza cambiare i surplus, scambiando mancata inflazione
corrente con inflazione futura e viceversa. La caratterizzazione di Cochrane
aggiunge quindi un elemento importante alla FTPL degli autori precedenti, perché
infatti fornisce ai governi la possibilità di adottare la tipologia di bond più adeguata
al profilo di surplus e inflazione desiderato; allo stesso modo, la banca centrale
53
Capitolo 2
dispone dell’opzione di acquisto di debito di lungo termine pagandolo con debito di
breve termine, in modo da riuscire effettivamente a generare inflazione anche in
un’economia che si trovi allo zero lower bound. Chiaramente, tale conclusione si
fonda sull’ipotesi che la banca centrale si discosti dal comportamento puramente
monetarista di indipendenza dalla politica fiscale, e che invece si apra ad un
maggiore coordinamento con quest’ultima.
Debito Pubblico e domanda aggregata
Dopo la crisi dei subprime si è verificato in maniera massiccia un fenomeno
detto flight to quality, che vede gli investitori sbarazzarsi dei titoli e delle attività più
rischiose – percependo turbolenza sui mercati – per acquistare invece debito
pubblico. Quest’ultimo è infatti ritenuto più sicuro di altre fome di investimento
private e persino dei beni e servizi. Nel periodo che segue la crisi, infatti, i bond
governativi sono stati percepiti come l’unica tipologia di obbligazione caratterizzata
da un rischio di credito accettabile, e sono stati presi d’assalto da molteplici
categorie di investitori. Volendo descrivere il flight to quality adottando il modello
di Cochrane, e facendo riferimento all’equazione (2.40), si potrebbe dire che tale
comportamento da parte degli investitori si tradurrebbe in un declino nel tasso di
sconto per il debito pubblico; un aumento nel membro di destra dovuto a tale
declino sarebbe compensato da un incremento del debito pubblico emesso, al
membro di sinistra. In particolare, un massiccio aumento nella domanda di bond che
non sia conseguente ad un cambiamento nelle aspettative sui surplus futuri può
essere spiegato dall’equazione:
∞
𝑀𝑑 + 𝐡𝑑
1
= 𝐸𝑑 ∫
𝑠𝑑+𝜏 π‘‘πœ
𝑃𝑑
𝜏=0 𝑅𝑑,𝑑+𝜏
(2.51)
Nel membro di destra, la presenza del tasso di sconto 𝑅 al denominatore è
funzionale alla spiegazione del fenomeno flight to quality: una diminuzione del tasso
di sconto del debito pubblico (che si concretizza nell’aumento del membro di destra)
comporta un aumento della domanda dello stesso (aumento del membro di sinistra)
affinché vi sia equilibrio. Gli agenti economici hanno maggiore propensione nella
54
FISCAL ARITHMETIC
detenzione di moneta e debito pubblico, e minore propensione nella detenzione e
nell’acquisto di attività private, beni e servizi.
Dall’equazione (2.51) appena presentata emerge inoltre una relazione tra la
variazione di domanda di debito pubblico e la variazione della domanda aggregata,
tramite la variazione del tasso di sconto 𝑅: gli agenti economici, nel momento in cui
impiegano il proprio reddito nel risparmio – sotto forma di bond, non lo impiegano
negli investimenti privati, nei beni e nei servizi. Quindi in conclusione se il tasso di
sconto 𝑅 diminuisce, a causa dell’aumento della propensione al risparmio degli
agenti economici, di conseguenza diminuisce la domanda aggregata per via del
minor consumo in beni/servizi e investimenti privati, e si apre uno scenario di
recessione; nell’equazione (2.51) l’equilibrio si ristabilisce tramite la diminuzione
del livello dei prezzi al denominatore del membro di sinistra – il verificarsi cioè di
uno scenario deflazionistico.
Figura 2.9. Percentuale dei Paesi che sono caratterizzati da un fenomeno di flight to quality.
Fonte: Federal Reserve Board Washington DC.
In Figura 2.9 è riportata la percentuale di paesi che vengono coinvolti nel suddetto
fenomeno, in riferimento ad un’analisi svolta da Lieven Baele, Geert Bekaert, Koen
55
Capitolo 2
Inghelbrecht e Min Wei nell’articolo Flights to safety (Baele et al. 2014). Il fenomeno
di flight to quality si manifesta effettivamente su larga scala proprio in
corrispondenza delle situazioni di crisi, a conferma di quanto affermato da Cochrane
nella propria trattazione.
2.2.3. Fiscal Stimulus
Volendo riassumere schematicamente quanto presentato fino ad ora, il modello di
Cochrane è essenzialmente basato sulla presenza simultanea di equilibrio fiscale e
monetario, e presenta le seguenti caratteristiche:
-
Livello dei prezzi determinabile potenzialmente sia attraverso le politiche
fiscali che attraverso quelle monetarie;
-
Formulazione discreta nel tempo, tramite cui in ogni istante il livello del
debito pubblico è predeterminato;
-
Debito pubblico in termini nominali e con due diverse maturità – breve e
lungo termine;
-
Livello di inflazione corrente dipendente dalle aspettative di inflazione
future, a loro volta dipendenti dalle aspettative sui surplus futuri governativi;
-
Domanda aggregata collegata al livello di debito pubblico tramite il tasso di
sconto 𝑅.
A questo punto, una volta identificati i punti cardini del modello, si va a
presentare il Fiscal Stimulus, ovvero la modalità con cui, attraverso le politiche fiscali
definite, si riesce a stimolare la domanda aggregata, a generare inflazione e a indurre
una crescita nell’economia. Il Fiscal Stimulus si definisce proprio come il tentativo di
stimolare la domanda aggregata tramite l’aumento del livello di debito pubblico
emesso, cioè attraverso la creazione di un elevato deficit governativo. Come visto
nel paragrafo precedente, qualora aumenti la domanda di bond (a causa della
diminuzione del tasso di sconto 𝑅 ) si verifica una contrazione della domanda
aggregata, ottenendo la relazione (2.52).
∞
𝑀𝑑 + 𝐡𝑑
1
< 𝐸𝑑 ∫
𝑠𝑑+𝜏 π‘‘πœ
𝑃𝑑
𝜏=0 𝑅𝑑,𝑑+𝜏
56
(2.52)
FISCAL ARITHMETIC
L’equilibrio non si ristabilisce attraverso un aumento della quantità di debito
pubblico emesso sotto forma di bond, perché il governo dovrebbe essere in grado di
adeguare di conseguenza i surplus futuri, ma si ristabilisce invece attraverso una
diminuzione del livello dei prezzi nel membro di sinistra, ovvero la presenza di uno
scenario disinflazionistico – nel peggiore dei casi, addirittura deflazionistico. Si
ipotizzi che l’economia sia nella situazione descritta dal disequilibrio (2.41), ovvero
in cui l’entità del debito pubblico emesso nell’anno corrente sia superiore alle
aspettative sui surplus futuri, e si riporti tale diseguaglianza nella (2.52), ottenendo
la (2.53).
∞
𝑀𝑑 + 𝐡𝑑
1
> 𝐸𝑑 ∫
𝑠𝑑+𝜏 π‘‘πœ
𝑃𝑑
𝜏=0 𝑅𝑑,𝑑+𝜏
(2.53)
Il Fiscal Stimulus va analizzato alla luce di tre elementi: la validità
dell’Equivalenza Ricardiana, la modalità con cui il governo effettua le comunicazioni
in merito alle politiche fiscali intraprese e le aspettative dei consumatori. Il modello
di Cochrane, in un certo senso, integra e unisce quanto analizzato dagli autori nel
paragrafo 2.1, proprio perché studia gli effetti di tutti e tre gli elementi sull’economia
reale. Se l’economia fosse ricardiana, gli agenti economici sarebbero consapevoli
che, qualora il governo aumentasse il debito pubblico corrente – oltre l’ammontare
necessario al rimborso dei bond in scadenza, per finanziare una maggiore spesa
pubblica, in futuro sarebbe costretto ad aumentare il prelievo fiscale per
rimborsarlo. Si comporterebbe quindi come un’istituzione passiva nel senso
leeperiano, ovvero darebbe la maggiore priorità al controllo dell’equilibrio di
bilancio, non potendo agire sul livello dei prezzi e sul valore dei bond. In questo caso
quindi, anche a fronte di una relazione del tipo (2.53) a causa dell’aumento di debito
all’istante 𝑑 , si verificherebbe un ritorno alla relazione (2.51) tramite una
diminuzione del tasso di sconto 𝑅 , ovvero un aumento della propensione al
risparmio e quindi un aumento della domanda di bond – senza alcun effetto sulla
domanda aggregata. Se l’economia fosse invece non-ricardiana, lo stesso
ragionamento porterebbe invece ad un effetto ricchezza e ad uno stimolo della
domanda aggregata, che porterebbe a sua volta ad un aumento del livello dei prezzi
nel membro di sinistra della (2.53), e quindi di nuovo alla (2.51). Sembrerebbe, fin
57
Capitolo 2
qui, che Cochrane non abbia aggiunto nulla all’analisi degli effetti dell’Equivalenza
Ricardiana sulla FTPL di Woodford; in realtà, la differenza sta nel fatto che mentre
quest’ultimo tratta il debito pubblico in termini reali, il primo lo fa in termini
nominali. L’emissione di debito reale presuppone per forza che vi sia prospettiva di
surplus futuri elevati, e quindi affinché vi sia uno stimolo alla domanda aggregata
bisognerebbe che ci fossero inefficienze o irrazionalità nei mercati – tali da condurre
gli agenti economici a disfarsi dei bond nonostante il governo non si prefiguri come
inaffidabile. L’emissione di debito in termini nominali, invece, rappresenta una
novità e comporta che i consumatori siano perfettamente razionali nell’aspettarsi
che il governo non pianifichi di incrementare i surplus futuri emettendo debito nel
periodo corrente. Ed è in questo punto che emerge il secondo elemento, ovvero la
modalità con cui il governo effettua comunicazioni al mercato. Il governo deve
essere credibile nel comunicare che, a fronte di un aumento di debito pubblico
corrente, non vi sarà alcun incremento di surplus futuro dovuto a sgravi fiscali o
ricavi da spesa pubblica, e quindi che non vi sarà possibilità di coprire in alcun modo
il deficit generato. Non è perciò necessario che vi sia effettivamente un deficit
nell’anno 𝑑, perché è sufficiente che il surplus generato sia considerato non duraturo
affinché vi sia stimolo alla domanda aggregata. Per quanto riguarda le aspettative
degli agenti economici, solitamente un aumento del debito pubblico deriva da spese
correnti del governo (relative all’anno 𝑑) che, essendo impiegate in investimenti,
fanno aumentare anche il livello futuro di surplus atteso. Quindi non si
riscontrerebbe nessun effetto di stimolo fiscale, perché l’aumento di debito pubblico
corrisponderebbe ad un parallelo aumento dei surplus futuri attesi. Se un aumento
di 𝐡 non fosse seguito da un aumento dei surplus attesi, ritenuti invece costanti,
allora si verificherebbe uno stimolo fiscale. Da qui l’importanza dei fiscal
announcements, che devono delineare un cammino chiaro per i surplus futuri per gli
agenti economici.
Un Fiscal stimulus è una manovra molto più complessa di quanto si può
credere, proprio perché bisognerebbe fare in modo che le emissioni di debito
pubblico si accompagnino a manovre che generino l’aspettativa di insolvenza del
governo, in modo tale che si verifichi effettivamente inflazione. Dato che il governo,
58
FISCAL ARITHMETIC
nel momento in cui emette debito pubblico, non ha obiettivo di incremento di
inflazione ma solo di incremento del livello di risorse da utilizzare per le spese
correnti, non necessariamente si comporta in modo che gli effetti inflazionistici
derivanti da una sua manovra siano coerenti con quelli obiettivo della politica
monetaria. Condurre un Fiscal stimulus senza le opportune precauzioni in termini di
attendibilità e comunicazione del cammino futuro dei surplus potrebbe rendere
molto difficile invertire la rotta e far sì che gli agenti economici tornino ad acquistare
bond in futuro (e questo è uno dei motivi per cui in tanti paesi si preferisce ricorrere
ad altre modalità di consuzione della politica economica, come quello dell’austerity
già citato). Condurre una politica di stimolo fiscale vorrebbe dire quindi emettere
debito pubblico comunicando in modo credibile che non vi sarà alcun aumento dei
surplus futuri, contando anche su imperfezioni come la viscosità dei prezzi e le
asimmetrie informative, in modo che si generi un aumento della domanda aggregata
e anche dell’offerta aggregata, con effetti sia sul prodotto nazionale che sul livello di
inflazione.
Cochrane propone il Fiscal Stimulus non solo come mezzo di crescita
economica ma anche di fuoriuscita dalle situazioni di recessione e deflazione.
Essendo la deflazione caratterizzata da tassi di interesse di breve prossimi allo zero,
possibili metodi di fuoriuscita comunemente applicati sono infatti il Quantitative
Easing, l’aumento del livello di inflazione target di lungo periodo, l’Helicopter Drop.
Operazioni di mercato aperto
Prima di affrontare le modalità di conduzione dello stimolo fiscale alla
domanda aggregata, Cochrane rivolge la sua attenzione ad una tipologia di politica
intrapresa in risposta alla crisi finanziaria, le operazioni di mercato aperto. Le
operazioni di mercato aperto prevedono che la banca centrale utilizzi le proprie
riserve per acquistare i titoli di stato, effettuando quindi uno scambio di debito
privato per debito pubblico senza modificare il valore complessivo della base
monetaria. Negli Stati Uniti, ad esempio, le operazioni di mercato aperto
comunemente effettuate sono sia i pronti contro termine overnight, misure
tipicamente temporanee, che veri e propri acquisti di titoli attraverso il System open
59
Capitolo 2
market account (SOMA) che va a modificare, come descritto da Cochrane, l’equilibrio
delle riserve e i tassi di interesse a breve termine. Nell’Area-Euro, invece, vi sono
principalmente due tipi di interventi, le Main refinancing operations (MRO) con
cadenza settimanale e le Long term refinancing operations (LTRO) con cadenza
invece mensile, a cui, dopo la crisi dei subprime, sono state aggiunte le Targeted
longer-term refinancing operations (TLTRO), con l’obiettivo di incrementare il
credito verso il settore privato non finanziario da parte del sistema bancario.
Per analizzare gli effetti di tali interventi – che non modificano il valore assunto
dalla variabile 𝑀𝑑 – si riscrive l’equazione fiscale (2.51) inserendovi una nuova
variabile, 𝐷𝑑 , che denota il debito privato posseduto dal governo a seguito di tali
operazioni.
∞
𝑀𝑑 + 𝐡𝑑 − 𝐷𝑑
1
= 𝐸𝑑 ∫
𝑠𝑑+𝜏 π‘‘πœ
𝑃𝑑
𝜏=0 𝑅𝑑,𝑑+𝜏 (𝑀 + 𝐡, . )
(2.54)
Il denominatore del membro di destra dell’equazione (2.54) fa riferimento all’idea
che i consumatori siano intenzionati a detenere in portafoglio debito pubblico
nonostante sia caratterizzato da un tasso di interesse basso a causa del premio di
qualità – e del fenomeno flight to quality – precedentemente discusso. L’acquisto da
parte della banca centrale dei titoli di stato provoca un incremento proprio del tasso
𝑅 che annulla il fenomeno di acquisto massiccio di bond e porta invece gli agenti
economici a trovare più conveniente investire in altre tipologie di beni. Si verifica
quindi uno stimolo alla domanda aggregata nonostante la grandezza 𝐡𝑑 − 𝐷𝑑
rimanga invariata. Il meccanismo di operazione di mercato aperto ha effettivamente
un effetto sul livello dei prezzi che si differenzia per natura dal fiscal stimulus in
quanto è di natura monetaria, però Cochrane ne evidenzia il limite, corrispondente
alla situazione in cui i tassi di interesse siano bassi in generale sui mercati, e lo
scambio tra debito pubblico e privato non comporti una grande variazione su 𝑅.
Quantitative Easing
Il Quantitative Easing è una politica economica che prevede che la banca
centrale compri il debito del governo, oppure effettui prestiti direttamente,
fungendo da controparte diretta. Tale politica non convenzionale si configura come
60
FISCAL ARITHMETIC
un incremento di offerta di moneta senza effetto sui tassi di interesse di breve:
aumenta 𝑀 e diminuisce 𝐡 , ma (𝑀 + 𝐡) rimane costante. Nel framework di
Cochrane, quindi, il QE non ha nessun effetto: se (𝑀 + 𝐡) è costante, gli agenti non
modificano la propria attività di investimento perché 𝑀 e 𝐡 sono perfetti sostituti, e
l’eventuale cambiamento di allocazione tra le due grandezze viene assorbito
nell’equazione di equilibrio monetario da una modifica nella velocità di circolazione
della moneta, 𝑉. Dopo aver acquistato debito di breve termine, la banca centrale
potrebbe condurre il QE comprando debito di lungo termine e vendendo il debito di
breve acquistato in precedenza. Tale manovra si tradurrebbe in un trasferimento di
inflazione – e quindi di stimolo alla domanda aggregata – dal futuro al periodo
corrente, nonché in una diminuzione dei tassi di lungo termine. Affinché tuttavia
l’effetto sia consistente, il programma dovrebbe essere massiccio, in modo da
riuscire ad alterare la struttura per scadenza dei tassi di interesse del debito
pubblico di lungo. È sfruttando la segmentazione sul mercato dei bond governativi
in termini di diverse scadenze che la banca centrale ritiene si riesca ad influenzare
il livello dei tassi di interesse, ma in realtà secondo l’autore il mercato non è
segmentato abbastanza, e quindi si riesce a stimolare la domanda aggregata grazie
al premio di liquidità che il QE produce sul debito pubblico.
Cambiamento del target inflazionistico
Ulteriore modalità con cui è possibile intervenire nelle situazioni di crisi è il
cambiamento del target inflazionistico di lungo periodo. Tale manovra è stata
discussa ad esempio da Olivier Blanchard (Blanchard et al. 2010), ma secondo
Cochrane rappresenta una via molto pericolosa, infatti qualora la banca centrale
annunci una variazione del target inflazionistico non accompagnata da un effettivo
accadimento di tale fenomeno nel futuro immediatamente successivo la
dichiarazione essa potrebbe perdere di credibilità agli occhi degli investitori.
Helicopter Drop
L’helicopter drop si configura a tutti gli effetti come un’operazione fiscale, sotto
forma di trasferimento alle famiglie. Da parte del governo tale politica fiscale
comporta di prendere a prestito della moneta, emettendo quindi nuovo debito, e
61
Capitolo 2
trasferirla tramite soluzioni lump-sum ai consumatori. Cochrane argomenta circa il
fatto che non sempre tale operazione garantisca l’effettiva modifica del livello dei
prezzi e la generazione di inflazione. Nel momento in cui, infatti, l’helicopter drop
avvenga in un contesto non-ricardiano, i consumatori non trasferirebbero l’extrareddito percepito in domanda di beni, ma la risparmierebbero a fronte
dell’aspettativa di aumento delle tasse da parte del governo in futuro. Citando anche
quanto affermato da Friedman (Friedman 2012) sull’helicopter drop, egli sostiene
che la sua efficacia dipende dalla capacità del governo di mantenere le aspettative
fiscali ancorate alle dichiarazioni di non aumentare le tasse in futuro. Tuttavia, come
già accennato in precedenza, tale risultato è di difficile raggiungimento a causa della
difficoltà di ottenere il cosiddetto fiscal commitment da parte degli agenti economici,
cioè un ancoraggio delle aspettative. A conferma di tale affermazione, Cochrane
chiama in causa l’esperimento condotto dall’economia giapponese negli anni
Novanta, quando il governo ha inondato le famiglie e le imprese di liquidità per
stimolare la creazione di inflazione attraverso lo stimolo sulla domanda aggregata;
tale manovra è risultata inefficace proprio perché gli agenti economici non
ritenevano che il governo giapponese potesse essere insolvente in futuro, e quindi
impiegavano la liquidità per acquistare titoli di stato, anziché beni di consumo e
investimento privato.
Al di là del singolo esempio citato, secondo l’autore è in generale molto difficile
per una banca centrale intraprendere tale manovra senza un adeguato sostegno da
parte dei consumatori e dell’istituzione fiscale. Riferendosi sempre all’equazione
(2.51), la banca centrale non potrebbe infatti decidere in merito ad un aumento della
quantità 𝑀 + 𝐡, o agire sul livello di surplus prodotto dai governi, oppure ancora
decidere in merito alla gestione della liquidità ottenuta dal governo per generare
profitto nei periodi futuri. Seppure poi si raggiungesse un coordinamento con il
governo tale da attuare tale manovra, la sua efficacia dipenderebbe sempre dalle
aspettative dei consumatori, in riferimento all’Equivalenza Ricardiana. Inoltre un
grande problema dell’attuazione di tale politica consiste proprio nel fatto che la
banca centrale dovrebbe intervenire nella conduzione della politica fiscale, e quindi
è una manovra che Cochrane ritiene complessivamente poco auspicabile in un
62
FISCAL ARITHMETIC
contesto in cui viga l’indipendenza tra le istituzioni, e inapplicabile in contesti come
l’Unione Europea, dove non esiste un unico stato con un unico governo centrale, né
uniformità di conduzione delle politiche fiscali.
2.2.4. Fiscal Inflation
Posto che l’equazione di equilibrio fiscale è data da:
∞
𝑀𝑑 + 𝐡𝑑 − 𝐷𝑑
1
= 𝐸𝑑 ∫
𝑠𝑑+𝜏 π‘‘πœ
𝑃𝑑
𝜏=0 𝑅𝑑,𝑑+𝜏
(2.55)
può verificarsi inflazione o se i consumatori mutano le proprie aspettative circa il
cammino dei surplus, o se cambiano la valutazione della variabile 𝐷 a seguito di
impairment test o se richiedono un tasso 𝑅 diverso come premio per il rischio.
L’imprevedibilità di tali avvenimenti nonché la loro indipendenza dal valore
corrente di deficit/PIL li rende estremamente pericolosi per la banca centrale.
Identificare il fiscal limit significa quindi cercare di capire qual è il rapporto
deficit/PIL che porta gli agenti economici a mutare le proprie aspettative e quindi il
proprio comportamento, senza nulla a che vedere con i parametri di convergenza
del Trattato di Maastricht del 1992 e la conseguente politica di austerity successiva
la crisi dei subprime. Sicuramente però, nell’ipotizzare l’esistenza di un limite
all’entità di debito pubblico complessivo esistene, Cochrane si discosta dalla
posizione più liberista di Krugman e Stiglitz, che, di stampo neo-keynesiano, non
ritengono il governo debba preoccuparsene semplicemente perché in base alla loro
ideologia l’istituzione fiscale è l’unica che, compiendo spesa pubblica, può stimolare
la crescita economica e creare occupazione.
Un primo fiscal limit è, secondo l’autore, il debito pubblico corrispondente
all’aliquota fiscale massima della Curva di Laffer. L’equazione statica classica di
quest’ultima è:
𝑇𝑑 (πœπ‘‘ ) = πœπ‘‘ π‘Œπ‘‘
(2.56)
dove il ricavo marginale generato da un incremento nell’aliquota è dato da:
πœ•π‘™π‘œπ‘”π‘‡π‘‘
πœ•π‘™π‘œπ‘”π‘Œπ‘‘
=1+
πœ•π‘™π‘œπ‘”πœπ‘‘
πœ•π‘™π‘œπ‘”πœπ‘‘
(2.57)
63
Capitolo 2
in cui il secondo termine nel membro di destra è negativo, perché un aumento del
prelievo fiscale riduce il reddito nazionale. Nel valutare tuttavia la relazione (2.55),
ciò che conta è il valore attuale dei futuri ricavi da imposte che è esprimibile,
ipotizzando un tasso di crescita 𝑔 costante e un tasso di sconto costante π‘Ÿ, come:
∞
1
πœπ‘Œπ‘‘
πœπ‘Œπ‘‘+𝑠 𝑒 𝑔𝑠 𝑑𝑠 =
π‘Ÿπ‘ 
π‘Ÿ−𝑔
𝑠=0 𝑒
𝑃𝑉(𝑇𝑑 ) = ∫
(2.58)
Una variazione seppure marginale del tasso di crescita 𝑔 si riflette in una
variazione elevata del valore attuale del prelievo fiscale, coerentemente con la
relazione di derivate prime espressa da (2.59).
πœ•π‘™π‘œπ‘”π‘ƒπ‘‰
πœ•π‘™π‘œπ‘”π‘Œ
1
πœ•π‘”
= 1+
+
πœ•π‘™π‘œπ‘”πœ
πœ•π‘™π‘œπ‘”πœ π‘Ÿ − 𝑔 πœ•π‘™π‘œπ‘”πœ
(2.59)
La valutazione del valore attuale del prelievo fiscale permette al governo di
conoscere in anticipo la quantità di entrate da esso ottenibili sotto forma di imposte,
in modo tale da gestire il proprio bilancio di conseguenza, consapevole del fatto che,
oltre un certo limite di crescita per l’aliquota fiscale, essa conduce il reddito
nazionale a decrescere e insieme ad esso anche le imposte stesse.
Partendo dal presupposto che, secondo l’autore, alla luce delle enormi
espansioni monetarie avvenute a supporto dei governi durante il periodo post-crisi
e sotto varie forme, si verificherà in futuro un’inflazione di natura fiscale, egli è
interessato ad indagarne la forma e l’entità. Qualora il governo abbia emesso
soltanto debito di breve termine, uno shock sul valore attuale dei surplus
provocherebbe una variazione consistente del livello dei prezzi; a questo punto, il
governo potrebbe scegliere di agire sul cammino del debito nominale in modo che
tale salto inflazionistico si annulli.
∞
∞
1
(𝑗)
𝐸𝑑 (
) 𝑒 −π‘Ÿπ‘— 𝐡𝑑 𝑑𝑗 = 𝐸𝑑 ∫ 𝑒 −π‘Ÿπœ 𝑠𝑑+𝜏 π‘‘πœ
𝑃𝑑+𝑗
𝑗=0
𝜏=0
∫
(2.60)
Con riferimento alla relazione (2.60), il governo potrebbe optare per qualsiasi
cammino di 𝐸𝑑 (𝑃
1
𝑑+𝑗
) semplicemente scegliendo il cammino per livello di debito
pubblico nominale, agendo sulle aspettative inflazionistiche e deflazionistiche degli
agenti economici e arrivando anche all’estrema opzione di annullare del tutto il salto
64
FISCAL ARITHMETIC
dei prezzi provocato dallo shock sui surplus. Nel caso in cui, invece, il governo
disponga di debito pubblico sotto forma di titoli di lungo termine, nel momento in
cui si verifichi uno shock sui surplus, come visto in precedenza, si avrebbe una
variazione del valore di mercato dei bond ma non inflazione, grazie appunto alla
proprietà del debito di lungo termine di essere shock-absorber. Alla monetizzazione
di quest’ultimo, tuttavia, si verificherebbe inflazione.
Per valutare empiricamente tali scenari inflazionistici, l’autore esegue
un’analisi di risposta ad impulso sul debito statunitense. In particolare, studia quali
sono gli scenari di variazione del livello dei prezzi che si manifestano in
corrispondenza di uno shock sul valore attuale dei surplus pari al 10%. La
formulazione matematica con cui viene descritto tale shock è data dalla relazione
(2.57).
∞
βˆ†π‘†π‘‘ = (𝐸𝑑 − 𝐸𝑑−βˆ† ) ∫ 𝑒 −π‘Ÿπœ 𝑠𝑑+𝜏 π‘‘πœ = 10%
(2.61)
𝜏=0
In Figura 2.10 è riportato l’effetto del suddetto shock in presenza di tre
tipologie di cammino del debito pubblico. La linea tratteggiata verticale che
suddivide l’asse temporale in due semiassi indica l’istante in cui avviene lo shock; la
linea rossa fa riferimento allo scenario derivante dall’esistenza di debito di breve
termine nell’istante in cui avviene lo shock, quella blu alla situazione in cui il governo
emette debito di lungo termine nel momento in cui si verifica lo shock, così da
ridurre l’entità di inflazione, mentre quella grigia all’emissione di debito di lungo
termine in entità così elevata da riuscire ad annullare del tutto il verificarsi di
inflazione nell’istante dello shock, per averne però elevata nel momento in cui
avviene la monetizzazione di tale debito. Questi tre scenari dipendono dal cammino
del debito pubblico che il governo sceglie e, secondo l’autore, il secondo è il più
plausibile, perché conduce ad un aumento del livello di inflazione più contenuto e
costante nel tempo, cosa che renderebbe la politica fiscale allineata a quella
monetaria.
65
Capitolo 2
Figura 2.10. Scenari inflazionistici derivanti da uno shock fiscale sul valore attuale dei surplus
del 10% in base alla maturità del debito pubblico. Fonte: (Cochrane 2010).
Una volta effettuata l’analisi empirica con cui Cochrane dimostra che, in
corrispondenza di una variazione delle aspettative degli agenti economici, si
verificherebbe effettivamente inflazione, egli cerca di argomentare circa l’effetto di
stimolo all’economia di quest’ultima, ben consapevole dell’esistenza dei fenomeni di
stagflazione. Da esponente della Scuola di Chicago, egli si appoggia al framework
teorico della Curva di Phillips, argomentando circa il fatto che l’equazione (2.37) è
compatibile con quest’ultima, dal momento in cui rappresenta una modellizzazione
delle aspettative degli agenti economici correlata alle manovre fiscali
corrispondente ad uno spostamento della curva. Per effettuare una prova degli
effetti dell’inflazione fiscale sul prodotto nazionale, Cochrane utilizza il modello neokeynesiano di Woodford (Eggertsson & Woodford 2003):
𝑦𝑑 = 𝐸𝑑 𝑦𝑑+1 − πœŽπ‘‘
πœ‹π‘‘ = 𝛽𝐸𝑑 πœ‹π‘‘+1 + 𝛾𝑦𝑑
66
(2.62)
FISCAL ARITHMETIC
𝑖𝑑 = π‘Ÿπ‘‘ + 𝐸𝑑 πœ‹π‘‘+1
dove ognuna delle variabili nel sistema (2.62) rappresenta la deviazione dallo stato
stazionario
in
corrispondenza
dello
shock fiscale,
proprio come
nella
caratterizzazione di Woodford di paragrafo 2.1.3. Scegliendo uno scenario
inflazionistico tra quelli di Figura 2.10 è possibile derivarne un cammino per le
variabili {𝑦𝑑 , 𝑖𝑑 , π‘Ÿπ‘‘ }, rappresentato in Figura 2.11. Come si nota analizzando la figura,
lo stato stazionario raggiunto da tutte e tre le variabili dopo un transitorio di circa
otto anni è caratterizzato da un valore atteso superiore rispetto a quello precedente
lo shock – seppure nel caso di 𝑦 e π‘Ÿ l’incremento del drift sia lievissimo. Il livello del
tasso nominale segue quasi fedelmente il profilo del cammino inflazionistico, anche
durante il transitorio, e si verifica un incremento di circa il 13%, contro un aumento
di circa il 12% per il livello di inflazione, mentre il tasso di crescita della produzione,
dopo un periodo di recessione, torna ad essere prossimo allo 0. La cosa che Cochrane
ritiene tuttavia interessante è che si verifica un periodo di stagflazione
immediatamente successivo lo shock fiscale. La spiegazione di questo fenomeno
risiede, secondo l’autore, nel fatto che l’inflazione non si verifica in maniera
inaspettata ma è invece attesa dagli agenti economici, e si verifica proprio uno
spostamento della Curva di Phillips.
Figura 2.11. Risposta al cammino inflazionistico delle variabili y, r ed i. Fonte: (Cochrane
2010).
67
Capitolo 2
Questo andamento spiega l’effetto di recessione verificatosi nell’economia
statunitense dopo la crisi dei subprime, perché l’abbassamento dei tassi e il
conseguente fenomeno del flight to quality nonché l’espansionismo fiscale che ha
prodotto un forte incremento del deficit pubblico ha, secondo l’autore, scatenato
un’aspettativa di insostenibilità di un così elevato debito che ha prodotto uno shock
sul reddito nazionale e sui tassi. Il fatto che l’inflazione sia ancora bassa deriva dal
fatto che il il governo ha emesso debito pubblico di lungo termine nell’istante in cui
la crisi del debito sovrano ha iniziato a scatenarsi. In Figura 1.1 infatti si verifica uno
stallo inflazionistico di circa quattro anni e, sebbene le tempistiche relative alla
recessione e al movimento dei tassi non siano proprio coerenti con quanto
verificatosi effettivamente negli Stati Uniti, tale modello fornisce una spiegazione di
un effetto contagio apparentemente inspiegabile per una bolla finanziaria. La
conclusione a cui arriva Cochrane si discosta in ogni caso da quelle precedenti,
proprio perché evidenzia l’importanza di una maggiore attenzione alla dimensione
delle politiche fiscali e al loro coordinamento con quella monetaria per evitare
l’accadimento di fenomeni di recessione e disinflazione che egli dimostra essere tra
i possibili effetti di tali manovre. Gli agenti economici, inoltre, assumono
grandissima importanza nella trattazione del grumpy economist14, perché riescono
a mutare gli effetti delle politiche economiche sfruttando l’informazione in loro
possesso e la loro conoscenza economica, riuscendo ad anticipare fenomeni ed
effetti futuri, e distanziandosi dalla semplice definizione di “agenti dotati di
aspettative razionali” precedentemente vista nella caratterizzazione di Woodford.
Una politica economica ottimale deve quindi, secondo Cochrane, essere coordinata,
sostenibile – egli condanna infatti più volte l’operato della pubblica
amministrazione della Grecia – e va comunicata in modo tale che le aspettative dei
consumatori, gli obiettivi fiscali e monetari siano ancorati e coerenti tra loro.
Letteralmente “Economista scontroso”, definizione che egli stesso si dà e che sceglie come titolo
per il proprio blog: http://johnhcochrane.blogspot.it .
14
68
3. HELICOPTER MONEY
Il termine helicopter money, tornato in auge in seguito alla crisi finanziaria come una
delle possibili strategie di uscita dalla recessione, è stato coniato da Milton
Friedman. Sta ad indicare la possibilità di stampare nuova moneta, caricarla su
elicotteri e lanciarla in strada alle famiglie, con l’obbligo, per chi l’avesse raccolta, di
spenderla rapidamente in beni di consumo. Tale provvedimento non è stato tuttavia
sistematizzato e modellizzato, perché Friedman stesso lo vedeva come una risposta
provocatoria al tentativo di trovare un modo per stimolare la domanda aggregata
per far fuoriuscire le economie da situazioni di recessione.
Dopo Friedman è stato Bernanke a rilanciare il concetto di helicopter money
durante il suo mandato di presidenza della FED, e ultimamente anche l’economista
britannico Turner, entrambi partendo dal caso giapponese per riuscire a derivare
una modalità di conduzione ottimale di tale procedimento. Se Cochrane vede tale
procedimento come una forma di FTPL, in questo paragrafo si sfrutteranno le
trattazioni dei due economisti per dimostrare quanto se ne differenzi in realtà.
3.1. LA CARATTERIZZAZIONE DI TURNER
Come per altri economisti che vengono associati alla FTPL, la base dell’analisi di
Adair Turner nel paper Debt, money and Mephistopheles: how do we get out of this
mess? (Turner 2013) è la necessità di individuare una modalità di integrazione tra
la politica fiscale e la politica monetaria che consenta una maggiore stabilità
economica a livello generale, e che in situazioni di crisi consenta una ripresa più
veloce. Il mondo delle politiche macroeconomiche vede quattro attori principali: il
governo, che effettua politiche fiscali generando surplus o deficit fiscali, la banca
centrale, che conduce politica monetaria in forma convenzionale (agendo sui tassi
di interesse) e non convenzionale (attraverso il quantitative easing), il sistema
interbancario, che trasferisce la liquidità presa in prestito dalla banca centrale
Capitolo 3
all’economia sotto forma di credito, e i regulators (ad esempio il Comitato di Basilea)
che producono politiche macro-prudenziali di vigilanza sull’attività bancaria. Le
politiche monetarie, il sistema interbancario e gli istituti di vigilanza macroprudenziale stimolano la domanda aggregata attraverso il meccanismo di
trasmissione indiretto legato alla creazione di credito privato, al continuo
bilanciamento del portafoglio di attività e passività detenute da ogni agente
economico, e all’effetto ricchezza derivante dalla vendita di attività prima detenute
in portafoglio e poi vendute perché ritenute non profittevoli. Lo stimolo fiscale,
invece, agisce sulla domanda aggregata in maniera diretta, attraverso un taglio del
prelievo fiscale o un aumento di spesa pubblica, e quindi andando a trasferire
direttamente potere d’acquisto agli agenti economici (sia consumatori che imprese).
In condizioni normali, caratterizzate da tassi di interesse lontani dallo zero lower
bound, l’effetto di un’espansione fiscale sulla domanda aggregata può essere
inficiato da alcuni fattori.
Un primo fattore è il cosiddetto crowding effect o effetto di spiazzamento. Per
spiegarlo, si faccia riferimento al modello IS-LM, rappresentazione sintetica del
pensiero keynesiano prodotta da Hicks nell’articolo Mr. Keynes and the Classics: A
Suggested Interpretation (Hicks 1937), dove la curva IS è una rappresentazione del
settore reale e la LM del settore monetario. L’equilibrio economico generale,
secondo tale framework, si ha quando i due mercati sono simultaneamente in
equilibrio, cioè quando nell’economia reale la domanda aggregata eguaglia l’offerta
aggregata e nell’economia monetaria la domanda di moneta eguaglia l’offerta di
moneta. Sia la curva IS – di equazione (3.1) – che la curva LM – di equazione (3.2) –
sono funzione del tasso di interesse prevalente sul mercato delle attività finanziarie
(𝑖) e del reddito nazionale (π‘Œ):
π‘Œ = 𝐢0 + 𝑐(π‘Œ − 𝑇 + 𝑇𝑅) + 𝐺 + 𝐼
(3.1)
𝑀
= π‘˜π‘Œ − β„Žπ‘–
𝑃
(3.2)
Se il governo effettua un aumento di spesa pubblica, si verifica uno spostamento
della curva in IS come quello rappresentato in Figura 3.1.
70
HELICOPTER MONEY
Figura 3.1. Spostamento della curva IS conseguentemente un aumento della spesa pubblica.
Fonte: (Hicks 1937).
L’aumento di spesa pubblica produce uno spostamento dell’equilibrio da E1 a
E2, grazie alla relazione lineare esistente tra essa e il reddito nazionale – come da
equazione (3.1); la crescita del reddito genera un aumento della domanda di moneta
che, a parità di offerta di moneta, provoca un innalzamento del tasso di interesse,
che forza l’equilibrio a spostarsi in E3. Conclusione dell’effetto di spiazzamento è
che una politica fiscale espansiva non si traduce in un aumento del reddito di entità
pari a quella potenzialmente ottenibile a meno che non vi sia coordinamento con la
politica monetaria. Un secondo elemento che inficia l’effetto di una manovra fiscale
è la già citata Equivalenza Ricardiana, legata alle aspettative degli individui e quindi
non direttamente controllabile. Infine, un ultimo fattore, una variante del secondo,
lega il cammino del debito pubblico ai tassi di interesse: qualora il deficit
governativo diventi troppo elevato le preoccupazioni circa la sua sostenibilità da
parte dell’istituzione fiscale si trasmettono ai mercati e provocano un aumento nel
tasso di interesse che il governo deve pagare sui bond, aumentandone ancora di più
il peso.
71
Capitolo 3
Se tali argomentazioni portano a concludere che la politica fiscale sia
fortemente ostacolata – se non addirittura impossibilitata – nella realtà ad indurre
un aumento nella domanda aggregata, nelle condizioni di zero lower bound invece si
ritiene molto meno probabile che i tre precedenti fattori si verifichino. Il crowding
effect, dal momento che la FED stessa è impegnata nel QE proprio per mantenere il
tasso di sconto basso, perde di significatività; inoltre nell’economia reale vi è un tale
disequilibrio tra domanda e offerta che un aumento della spesa pubblica porterebbe,
prima che ad un aumento del livello dei prezzi, ad un riequilibrio tra le due tramite
un incremento dell’offerta aggregata e quindi dell’output prodotto. La stessa validità
dell’Equivalenza Ricardiana è soggetta a diversi fattori, tra cui la conoscenza e
consapevolezza da parte degli agenti economici del peso per il governo del debito
pubblico esistente, dell’entità del debito stesso e del rapporto debito su PIL e della
traduzione di tale rapporto in termini di generazione di surplus futuri, nonché
dell’attualizzazione dei ritorni futuri connessi allo stimolo fiscale corrente – fattori
che, secondo Turner, sono molto meno ovvi di quanto non faccia trapelare Cochrane
(Cochrane 2010) nella sua trattazione. Negli Stati Uniti, dove durante la crisi il
debito pubblico rappresentava circa il 20% del PIL, un cittadino americano
difficilmente avrebbe ritenuto saggio non impiegare l’eventuale trasferimento
ricevuto dal governo, per destinarlo invece al risparmio in ottica di un futuro
incremento del prelievo fiscale, proprio per via della percentuale “non
preoccupante” precedente. Un cittadino giapponese, invece, consapevole del fatto
che il debito pubblico del Giappone ha raggiunto e superato il 200% del prodotto
nazionale, potrebbe trovare molto più credibile l’ipotesi di Equivalenza Ricardiana
(Koo, 2009). L’approccio corretto al fiscal stimulus secondo Turner è quindi quello
di considerarlo uno degli strumenti di politica economica a cui fare riferimento in
particolari situazioni, laddove non vigano limiti di applicabilità e laddove la politica
monetaria sia impossibilitata nell’intervenire in modo attivo. L’operazione di
finanziamento dei deficit fiscali non va vista come un argomento tabù, proprio
perché in alcune circostanze si può dimostrare essenziale, e perché i suoi effetti
sull’economia, se non opportunamente controllata, possono essere fortemente
negativi.
72
HELICOPTER MONEY
Lo stesso Bernanke (Bernanke 2003) nell’analizzare l’economia giapponese e
nel proporre una possibile via d’uscita dalla stagnazione ventennale, afferma che un
taglio al prelievo fiscale, effettuato su consumatori e imprese, debba essere
finanziato con un incremento della quantità di debito pubblico acquistato dalla
banca centrale Giapponese (BOJ), come a voler indicare che debba essere
quest’ultima a finanziare l’espansionismo fiscale. Egli afferma inoltre che tale
incremento di offerta di moneta dovrebbe essere permanente, in modo che non sia
razionale aspettarsi un comportamento ricardiano da parte degli agenti economici.
Laddove l’incremento di debito pubblico sia finanziato in maniera permanente dalla
BOJ, non si verificherebbe un incremento dell’ammontare totale di debito pubblico,
e il rapporto debito/PIL tenderebbe a ridursi per effetto di un aumento del PIL,
conseguente all’incremento della domanda aggregata. Questo meccanismo potrebbe
essere impiegato secondo Bernanke anche per finanziare gli investimenti
industriali, che siano essi inerenti le ristrutturazioni o la crescita, perché portatori
di profittabilità futura e di incremento del prodotto nazionale di breve e medio
termine. Il finanziamento dell’espansione fiscale sarebbe inoltre una politica con
effetti diretti sulla domanda aggregata, a differenza della politica monetaria
convenzionale, del sistema interbancario e degli istituti di vigilanza, che agiscono
sulla domanda in maniera indiretta, perché il tramite è il canale del credito. Laddove
infatti le tre istituzioni non riescano a indurre cambiamenti nell’entità di prestiti e
investimenti del settore privato, le loro manovre potrebbero rivelarsi inefficaci
(cosa che è molto probabile soprattutto durante le situazioni di grande recessione,
in cui si verifica una contrazione della domanda dovuta ad una maggiore
inclinazione verso il risparmio). Friedman stesso (Friedman 1948) affermava che in
un periodo di deflazione induce meno effetto deflazionistico emettere titoli che
prevedono il pagamento di interessi piuttosto che aumentare le tasse; tuttavia,
induce ancora meno effetti deflazionistici l’incremento di offerta di moneta.
Qual è allora la differenza che Turner vede tra quella che lui chiama Overt
Money Finance (OMF) e il QE? Tale differenza risiede nelle aspettative relative a
future politiche economiche. Il QE può diventare OMF sotto ipotesi di permanenza;
il QE convenzionale prevede infatti che la banca centrale acquisti i titoli di stato,
73
Capitolo 3
pagandoli attingendo alle proprie riserve. L’intento dichiarato dall’istituzione
monetaria è quello di invertire in futuro l’operazione, vendendo sul mercato quei
titoli di stato e raccogliendo riserve.
Il grande scoglio che invece secondo Turner contribuisce a rendere l’OMF un
tabù è la sfera politica. Come affermato già da Friedman, proporre una politica di
OMF porterebbe i governi ad avere esplicitamente accesso al finanziamento di tutti
i deficit con emissione monetaria, il che condurrebbe alla creazione di un clima
favorevole alla nascita di azioni governative irresponsabili e alla generazione di
inflazione. Ed è proprio per paura di una tale conseguenza che si verifica in molti
stati in proibizionismo del finanziamento dei deficit statali da parte delle istituzioni
monetarie centrali. La sfida più grande quindi è quella di far fuoriuscire l’OMF dal
tabù, affiancandolo tuttavia ad un inasprimento delle misure di controllo che
limitino la possibilità di adozione di comportamenti opportunistici da parte delle
istituzioni fiscali. Il tema dell’attuabilità dell’OMF è strettamente legato anche ad un
tema di indipendenza delle banche centrali dai governi e dai sistemi politici; con
l’introduzione del programma Abenomics in Giappone si è sfiorato il limite di
indipendenza, proprio perché il governo di Shinzo Abe non solo ha imposto alla BOJ
il target inflazionistico, ma le ha richiesto anche di intraprendere azioni molto
specifiche nel perseguire tale obiettivo, e molto vicine alla monetizzazione del
debito pubblico.
L’indipendenza delle istituzioni economiche potrebbe invece essere un
concetto dinamico, come proposto da Bernanke, secondo cui è importante
riconoscere che il ruolo della banca centrale indipendente cambia a seconda che il
contesto di riferimento sia inflazionistico o deflazionistico. Nel primo caso,
l’istituzione monetaria deve saper negare ai governi la monetizzazione del debito
pubblico, essendovi già eccesso di moneta in circolazione; nel secondo caso, invece,
l’eccessiva creazione di moneta non è un problema, e si è chiamati ad una maggiore
collaborazione con il governo, e tale collaborazione non è un venir meno al principio
di indipendenza, ma semplicemente una misura temporanea.
74
HELICOPTER MONEY
Possibili implicazioni dell’uso di OMF in Giappone, America, Europa
Per quanto riguarda l’economia giapponese, Turner sostiene quanto affermato da
Bernanke circa la necessità di effettuare l’OMF; il tasso di crescita del Giappone è
molto basso a causa del fatto che il paese ha raggiunto la frontiera tecnologica nei
settori di cui è maggiore produttore, come quello automobilistico e quello
dell’elettronica di consumo. Essendo tuttavia il rapporto debito\PIL pari a circa il
200%, condurre un OMF potrebbe davvero portare ad elevata inflazione. Da questo
scenario emerge l’importanza di essere celeri nel dedurre quale sia la combinazione
di politiche monetaria e fiscale da attuare a seconda delle situazioni, perché se infatti
il Giappone avesse intrapreso un OMF quindici anni fa, esso sarebbe stato di
ammontare molto inferiore rispetto a quello potenzialmente attuabile oggi, e
avrebbe provocato quasi totalmente stimolo alla domanda aggregata e non
inflazione.
L’economia statunitense è quella presa a modello da Turner, perché è quella
che negli ultimi quattro anni è stata caratterizzata da un tasso di crescita del PIL
maggiore, grazie all’utilizzo di una combinazione di politica fiscale e monetaria
espansive. La spesa pubblica in disavanzo effettuata dall’economia subito dopo la
crisi è stata infatti finanziata in maniera permanente con operazione di OMF, cosa
che ha condotto gli Stati Uniti ad uscire per prima dal periodo di depressione.
Per quanto riguarda invece l’Europa, il problema nell’applicazione di politiche
di tipo OMF risiede essenzialmente nel non uniformiamo fiscale, che renderebbe
l’azione da parte della banca centrale di difficile attuazione; sarebbe infatti come se
la FED decidesse di finanziare soltanto il debito pubblico di Illinois e California. Le
forti problematiche strutturali di non uniformismo dal punto di vista fiscale portano
a non poter affrontare nemmeno una politica monetaria di semplice QE, che deve
essere effettuata in modo un po’ diverso, in modo che la banca centrale europea
acquisti non sul mercato primario ma su quello secondario.
Conclusioni della caratterizzazione di Turner, molto più qualitativa e
descrittiva rispetto ad altre, è che, laddove si scateni una crisi finanziaria dovuta ad
un fortissimo espansionismo creditizio poi seguito da una forte contrazione del
credito, è necessario trovare forme di coordinamento delle politiche monetaria e
75
Capitolo 3
fiscale che garantiscano il migliore risultato possibile. Non bisogna infine
considerare l’espansione monetaria permanente a finanziamento del debito
pubblico come un tabù, ma come un’arma da utilizzare al momento giusto, ad
esempio per economie cadute in trappola di liquidità, stando attenti anche a non
aspettare troppo nel renderla effettiva per evitare di precipitare in situazioni di
stagnazione ventennale come l’economia del Giappone.
3.2. LA CARATTERIZZAZIONE DI BUITER
Con l’articolo The BCE as lender of last resort for sovereigns in the Euro Area (Buiter
& Rahbari 2012), Willem H. Buiter manifesta la propria posizione contraria nei
confronti del tema dell’indipendenza tra banca centrale e governo, argomentando
circa la necessità, per gli Stati membri dell’Area-Euro, di avere un prestatore di
ultima istanza, e dimostrando che quest’ultimo è proprio la Banca Centrale Europea.
Egli interpreta le operazioni LTRO – già menzionate come una delle tipologie di
operazioni di mercato aperto – proprio come finanziamento in ultima istanza dei
governi, sebbene si tratti di una misura indiretta di prestito dal momento in cui cerca
di indurre il sistema interbancario a prestare la liquidità e non lo fa essa stessa
direttamente. La motivazione per cui, secondo l’economista, la BCE nega di
comportarsi come prestatore di ultima istanza per gli stati membri è l’articolo 123
del TFEU (Treaty on the functioning of the European Union (Anon 2012)), che recita:
1. Sono vietati la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione
creditizia, da parte della Banca centrale europea o da parte delle banche centrali degli Stati
membri (in appresso denominate «banche centrali nazionali»), a istituzioni, organi od
organismi dell’Unione, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti
pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri, così
come l’acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della Banca centrale europea o
delle banche centrali nazionali.
2. Le disposizioni del paragrafo 1 non si applicano agli enti creditizi di proprietà
pubblica che, nel contesto dell’offerta di liquidità da parte delle banche centrali, devono
ricevere delle banche centrali nazionali e dalla Banca centrale europea lo stesso trattamento
degli enti creditizi privati.
Cit. 1. TFEU, articolo 123. Fonte: (Buiter & Rahbari 2012).
76
HELICOPTER MONEY
Ricorrendo all’analisi di compatibiltià del bilancio della BCE con quello del generico
stato membro, l’autore dimostra infatti che, nel momento in cui l’istituzione
monetaria assumesse il ruolo di prestatore di ultima istanza, sia essa che il governo
ne gioverebbero. A tal proposito, egli ritiene l’Unione Europea miope dal punto di
vista monetario, e propone, tra i vari cambiamenti, quello di abolire l’articolo 123
del TFEU sovra-citato, per proporre invece un maggiore coordinamento tra le due
istituzioni fiscale e moneatria. Per quanto riguarda invece la posizione assunta nei
confronti della FTPL, Buiter preferisce evitare di addentrarsi nei meccanismi di
fiscal dominance e monetary dominance che contraddistinguono le trattazioni di
Leeper (Leeper 1991) e Woodford (Woodford 1998), per analizzare invece gli effetti
di una politica monetario-fiscale congiunta: l’helicopter drop.
Il punto di partenza dell’articolo The simply analytics of helicopter money: why
it works – always (Buiter 2014) è proprio la definizione di helicopter drop fornita da
Friedman:
Let us suppose now that one day a helicopter flies over this community and drops an
additional $1000 in bills from the sky […]. Let us suppose further that everyone is convinced
that this is a unique event which will never be repeated […].
Cit. 2. Milton Friedman, A monetary and fiscal framework for economic stability (Friedman
1948).
vale a dire quella di un aumento irreversibile di moneta legale finanziato con un
aumento permanente di base monetaria, finalizzato ad assumere le vesti di un
trasferimento lump-sum alle famiglie. La caratteristica di irreversibilità
dell’incremento monetario consiste nel rappresentare un asset per chi riceve le
banconote, ma non una passività per chi le emette. Inoltre, il costo marginale di tale
aumento di base monetaria è pari a zero, cosa che garantisce ai bilanci della banca
centrale e del governo di essere in equilibrio.
Obiettivo di una manovra di helicopter drop è stimolare la domanda aggregata,
e tale stimolo avviene secondo Buiter se si verificano le seguenti tre condizioni:
-
La moneta deve essere riserva di valore, cioè deve essere conveniente
detenere base monetaria nonostante la presenza sul mercato di asset non
monetari, caratterizzati da un tasso di interesse risk-free positivo;
77
Capitolo 3
-
La base monetaria deve essere irreversibile, cioè deve essere considerata un
asset da chi la detiene ma non una passività da chi l’ha emessa;
-
Il prezzo della moneta deve essere positivo.
Se il governo potesse emettere moneta irredimibile con un tasso di interesse
nominale nullo, esisterebbe sempre secondo l’autore una combinazione di politica
monetaria e fiscale di stimolo alla domanda aggregata. Un primo esempio di
emissione di moneta irredimibile da parte dello Stato citato nell’articolo è un
trasferimento lump-sum alle famiglie, proprio come quello suggerito in maniera
provocatoria dallo stesso Friedman.
Persino quando un’economia si trova in una situazione di trappola di liquidità
è possibile ricorrere all’helicopter drop, e anzi obiettivo dell’analisi di Buiter è
proprio quello di dimostrare che inflazione e deflazione sono la conseguenza di
scelte di politica economica, che non esistono scenari non prevedibili e non
controllabili, e che pertanto basta condurre correttamente le politiche economiche
affinché si ottengano gli obiettivi desiderati in termini di inflazione e crescita
economica. La modellizzazione effettuata nel paper si basa su quella di Blanchard
(Blanchard 1985), che, partendo dalla considerazione di un’unica famiglia
rappresentativa dell’intera economia, arriva a relazionare l’ottimizzazione della
funzione di utilità privata con il vincolo di spesa del governo – come visto anche nella
trattazione di Woodford (Woodford 1998) e Leeper (Leeper 1991). La famiglia,
caratterizzata da aspettativa di vita infinita, viene modellizzata all’interno di due
contesti: il primo, dove si assume la non esistenza di una situazione di trappola di
liquidità, e il secondo, dove si va ad approfondire l’analisi del comportamento degli
agenti economici proprio sotto tale condizione economica.
3.2.1. Economia reale in assenza di trappola di liquidità
Per semplicità di notazione si consideri un’economia chiusa, in cui l’unica tipologia
di capitale esistente sia quello privato. L’ottimizzazione dell’utilità della singola
famiglia è rappresentabile tramite un opportuno problema di massimizzazione
vincolato:
78
HELICOPTER MONEY
𝛼
∞
max 𝐸𝑑 ∫ 𝑒
−(πœƒ+πœ†)(𝑣−𝑑)
1−𝛼
ln [𝑐(𝑠, 𝑣)
𝑑
π‘š(𝑠, 𝑣)
(
) ] 𝑑𝑣
𝑃(𝑣)
π‘š(𝑠, 𝑣)
π‘ŽΜ‡(𝑠, 𝑣) = (π‘Ÿ(𝑣) + πœ†)π‘Ž(𝑠, 𝑣) − 𝑖(𝑣)
+ 𝑀(𝑠, 𝑣) − 𝜏(𝑠, 𝑣)
𝑃(𝑣)
𝑑(𝑠, 𝑣)
+
− 𝑐(𝑠, 𝑣)
𝑃(𝑣)
𝑐(𝑠, 𝑣), π‘š(𝑠, 𝑣) ≥ 0
𝑠 ≤ 𝑑, 𝑣 ≥ 𝑑, πœƒ > 0, 0 < 𝛼 < 1
(3.3)
(3.4)
(3.5)
La funzione obiettivo che viene massimizzata in (3.3) rappresenta l’utilità della
famiglia, e viene espressa tramite una funzione Cobb-Douglas di parametro 𝛼, che
rappresenta il grado di finanziarizzazione dell’economia. Un valore di 𝛼 pari a 0
corrisponde alla situazione rappresentata nella trattazione di Woodford e Gali
(Woodford 2009), in cui l’economia è cashless, cioè dove ci si riferisce alla moneta
solo come unità di conto e non come riserva di valore, il cosiddetto numéraire. Il
parametro πœƒ indica le preferenze intertemporali della famiglia (cioè la propensione
dell’allocazione del reddito in consumi correnti o futuri, in base alla propensione al
risparmio), e πœ† è la probabilità di morte, con πœ† ≥ 0 ; πœ†−1 è quindi l’aspettativa di vita
rimanente. 𝑃(𝑣) è il livello dei prezzi calcolato all’istante temporale 𝑣 , ed 𝑠 è
l’istante di nascita. 𝑐(𝑠, 𝑣) è il consumo effettuato nell’istante 𝑣 per un indiviuduo
nato nell’istante 𝑠 e π‘š(𝑠, 𝑣) lo stock di base monetaria da egli detenuto. È possibile
inoltre definire π‘Ÿ(𝑑) come il tasso di interesse reale all’istante 𝑑, e come πœ‹(𝑑) il livello
di inflazione, dato dalla variazione del livello dei prezzi rispetto all’istante
precedente. La relazione (3.6) afferma che il tasso di interesse reale, dato
dall’interesse nominale 𝑖(𝑑) ≥ 0 (pagato sui bond 𝑏(𝑠, 𝑣) ) meno il livello di
inflazione, può essere anche ottenuto come la differenza tra il tasso di rendimento
lordo reale del capitale reale π‘˜ (𝑠, 𝑣) e il tasso di deprezzamento del capitale, sotto
l’ipotesi che i beni di consumo e il capitale si deprezzino allo stesso tasso, ovvero che
siano perfetti sostituti.
𝜌(𝑑) − 𝛿(𝑑) = π‘Ÿ(𝑑) = 𝑖(𝑑) − πœ‹(𝑑)
(3.6)
79
Capitolo 3
La quantità π‘Ž(𝑠, 𝑣),presente nel vincolo (3.4) del problema di ottimizzazione,
rappresenta il valore reale della ricchezza finanziaria, definibile attraverso la
relazione (3.7), cioè come somma del capitale reale, dei saldi monetari reali e dei
bond reali detenuti.
π‘Ž(𝑠, 𝑣) = π‘˜(𝑠, 𝑣) +
π‘š(𝑠, 𝑣) + 𝑏(𝑠, 𝑣)
𝑃(𝑣)
(3.7)
Quindi il vincolo di bilancio a cui è soggetta la massimizzazione dell’utilità della
famiglia esprime che la variazione della ricchezza finanziaria, ovvero la variazione
di capitale reale, di saldi monetari e di bond detenuti alla fine del periodo v, è data
dalla ricchezza finanziaria corrente a cui si sottrae l’interesse nominale pagato sui
saldi reali (corrispondente al costo opportunità dell’investimento della moneta
detenuta sotto forma di banconote), più il salario reale 𝑀 (𝑠, 𝑣)15 meno il prelievo
fiscale 𝜏 (𝑠, 𝑣), più il valore reale dell’helicopter money ricevuto dallo Stato, meno il
valore dei consumi. La competizione assicura inoltre che il tasso di interesse sui
bond e sul capitale reale sia lo stesso.
Dato che la funzione di utilità aumenta sia nel consumo che nello stock di saldi
monetari reali, il vincolo del problema di ottimizzazione sarà tale per cui il valore
terminale della ricchezza reale finanziaria per il consumatore-famiglia sia zero, cioè
non vi è convenienza a posticipare i consumi e la domanda di moneta perché la
funzione di utilità è istantaneamente crescente in entrambi gli argomenti, come da
relazione (3.8).
𝑣
lim π‘Ž(𝑠, 𝑣)𝑒 − ∫𝑑 (π‘Ÿ(𝑒)+πœ†)𝑑𝑒 = 0
𝑣→∞
(3.8)
E’ possibile a questo punto definire le relazioni (3.9), (3.10), (3.11) e (3.12),
che delineano le scelta della famiglia in risposta al problema di massimizzazione
vincolato.
15
𝑐(𝑠, 𝑑) = (1 − 𝛼)(πœƒ + πœ†)𝑗(𝑠, 𝑑)
(3.9)
𝑗(𝑠, 𝑑) = π‘Ž(𝑠, 𝑑) + β„Ž(𝑠, 𝑑)
(3.10)
l’offerta di lavoro viene supposta inelastica e scalata ad 1.
80
HELICOPTER MONEY
∞
β„Ž(𝑠, 𝑑) = ∫ (𝑀(𝑠, 𝑑) − 𝜏(𝑠, 𝑑) +
𝑑
𝑑(𝑠, 𝑑) − ∫𝑣(π‘Ÿ(𝑒)+πœ†)𝑑𝑒
)𝑒 𝑑
𝑃(𝑣)
π‘š(𝑠, 𝑑)
𝛼
1
=
𝑐(𝑠, 𝑑)
𝑃(𝑑)
1 − 𝛼 𝑖(𝑑)
(3.11)
(3.12)
dove 𝑗(𝑠, 𝑑) rappresenta la ricchezza totale della famiglia, data dalla somma della
ricchezza finanziaria e della cosiddetta human wealth, β„Ž(𝑠, 𝑑), data dal valore attuale
della somma di salario e helicopter drop, a cui si sottrae il prelievo fiscale. Il consumo
è funzione della ricchezza totale, e l’entità di beni di consumo acquistati dipenderà
dal valore assunto dal parametro 𝛼 16 , che deriva dalla funzione di utilità del
consumatore, e dall’aspettativa di vita del consumatore stesso.Ad un’aspettativa di
vita minore corrisponderà infatti un valore di πœ† maggiore, il che incrementa la
propensione marginale al consumo della ricchezza totale. I saldi monetari, noti
consumo e tasso di interesse nominali, sono determinabili secondo la relazione
(3.12). Le quattro equazioni precedenti sono sufficienti a determinare
univocamente la soluzione di equilibrio per il consumatore-famiglia.
3.2.2. Economia reale in presenza di trappola di liquidità
Un’osservazione che viene effettuata da Buiter riguardo il modello di Blanchard
riguarda la discussione dell’ipotesi di non sazietà delle preferenze del consumatorefamiglia. Nella massimizzazione di funzioni di utilità di tipo Cobb-Douglas si tende
infatti di solito a ipotizzare che la quantità di beni di consumo consumati dall’agente
sia crescente con il reddito, e che egli spenda tutto il suo reddito per acquistarli, cioè
che non sia “mai sazio”. Nel modello appena presentato la funzione obiettivo è
funzione del generico bene di consumo e dei saldi reali monetari, quindi ipotizzare
la non sazietà vorrebbe dire che il consumatore domanda illimitatamente anche
moneta; in questo caso, si verificherebbe un problema di zero lower bound, anche
ipotizzando la vischiosità dei prezzi.
16
La funzione di utilità è nella forma U(c,m)=cαm(1-α).
81
Capitolo 3
Per risolvere questo inconveniente, si va a definire una nuova forma della
funzione di utilità che rappresenta un adeguamento teorico al caso in cui l’economia
si trovi in trappola di liquidità:
∞
max 𝐸𝑑 ∫ 𝑒 −(πœƒ+πœ†)(𝑣−𝑑) [ln 𝑐(𝑠, 𝑣) + 𝑒 (
𝑑
π‘š(𝑠, 𝑣)
) ] 𝑑𝑣
𝑃(𝑣)
π‘š(𝑠, 𝑣)
π‘š (𝑠, 𝑣) 1
π‘š(𝑠, 𝑣)
𝑒 (
)= πœ‚
− 𝛾 (
)
𝑃(𝑣)
𝑃(𝑣)
2
𝑃(𝑣)
(3.13)
2
(3.14)
Dove cioè l’utilità dei saldi monetari reali è crescente nei saldi monetari reali
π‘š(𝑠,𝑣)
ma non in maniera indefinita:0 ≤ (
momento in cui (
π‘š(𝑠,𝑣)
𝑃(𝑣)
𝑃(𝑣)
πœ‚
1 πœ‚2
) ≤ 𝛾 , con massimo valore pari a 2
𝛾
nel
πœ‚
) = 𝛾.
Le condizioni del primo ordine in questo caso diventano:
π‘š(𝑠, 𝑣) =
πœ‚ 1 𝑖(𝑣)
−
𝛾 𝛾 𝑐(𝑠, 𝑣)
π‘š(𝑠, 𝑣) ≥
πœ‚
𝛾
𝑠𝑒 𝑖(𝑣) > 0
𝑠𝑒 𝑖(𝑣) = 0
(3.15)
(3.16)
Se il tasso di interesse nominale è positivo la funzione di domanda della
famiglia all’istante 𝑑 è data da:
∞
𝑣
𝑣
𝑐(𝑠, 𝑑)
1
πœ‚
2
−
∫ (𝑖(𝑣)) 𝑒 − ∫𝑑 (2π‘Ÿ(𝑒)−πœƒ+πœ†)𝑑𝑒 𝑑𝑣 + 𝑒 − ∫𝑑 (π‘Ÿ(𝑒)+πœ†)𝑑𝑒 𝑑𝑣
πœƒ + πœ† 𝛾𝑐(𝑠, 𝑑) 𝑑
𝛾
(3.17)
= 𝑗(𝑠, 𝑑)
cioè il consumo individuale della famiglia è una funzione crescente del livello di
ricchezza totale 𝑗(𝑠, 𝑑). Un aumento della ricchezza produrrà un aumento del livello
di consumo, dato il massimo livello di saldi monetari che il consumatore trova
positivo detenere. Quindi basta dimostrare che l’helicopter money può aumentare la
ricchezza totale di ogni famiglia per dimostrarne l’effettività. Quando 𝑖(𝑣) = 0, si è
in una situazione di trappola di liquidità permanente, e la funzione di consumo delle
famiglie è data da:
𝑐(𝑠, 𝑑) = (πœƒ + πœ†)𝑗(𝑠, 𝑑)
82
(3.18)
HELICOPTER MONEY
In questo caso, la base monetaria non è dominata da asset con tasso di interesse
maggiore, e le famiglie saranno indifferenti nel detenere moneta o riserve di valore
non monetarie, infatti tale funzione è ottenibile dalla funzione obiettivo CobbDouglas quando 𝛼 = 0 , cioè quando per il consumatore non vi è utilità
nell’acquistare beni di consumo. Nel momento in cui si è in trappola di liquidità
permanente le famiglie potrebbero infatti detenere una quantità di moneta in
πœ‚
eccesso rispetto al massimo valore 𝛾 di utilità. Essendo il tasso di interesse nominale
pari a zero, i consumatori troveranno indifferente detenere moneta o riserve di
valore non monetarie, come ad esempio bond e capitale reale.
Quello che è importante chiedersi è se il consumatore-famiglia, che
massimizza la propria utilità e che ha già raggiunto il massimo livello di
soddisfazione consentito dalla detenzione di saldi reali, utilizzerà l’eccesso di saldi
reali che non incrementano ulteriormente il valore massimo di utilità marginale
πœ‚
monetaria (𝛾)per acquistare beni di consumo, nonostante caratterizzati da utilità
marginale nulla. Qualora i beni di consumo fossero l’unica alternativa a disposizione,
la risposta a questa domanda sarebbe affermativa. Bisogna chiedersi inoltre che
entità dell’eccesso di saldi monetari venga spesa dal consumatore nell’unico bene
alternativo, e, considerando tuttavia che il consumatore-famiglia ha ogni anno una
prospettiva di vita la cui durata è data dal reciproco del parametro πœ† , l’extraconsumo allocato non sarà il 100% dei saldi monetari in eccesso ma dipenderà da
tale parametro secondo la relazione (3.18). La ridondanza dei saldi monetari reali
farà tuttavia sì che il consumatore voglia incrementare il livello di consumo sia nel
periodo corrente che nei periodi futuri:
𝑣
𝑐(𝑠, 𝑣) = 𝑐(𝑠, 𝑑)𝑒 ∫𝑑 (π‘Ÿ(𝑒)−πœƒ)𝑑𝑒
(3.19)
3.2.3. La domanda aggregata e lo Stato
Si ipotizzi che la popolazione sia costituita da classi di consumatori-famiglia
discriminate per anno di nascita 𝑑 ; sia 𝛽 – non negativo – il tasso di natalità
istantaneo, indipendente dall’età. La dimensione della classe di famiglie nate
83
Capitolo 3
nell’anno 𝑠 e sopravvissute all’anno 𝑑 sono date da: 𝛽𝑒 (𝛽−πœ†)𝑠 𝑒 −πœ†(𝑑−𝑠) . Il totale della
𝑑
popolazione all’istante t è data da: 𝛽𝑒 −πœ†π‘‘ ∫−∞ 𝑒 𝛽𝑠 𝑑𝑠 = 𝑒 (𝛽−πœ†)𝑑 .
Si definiscono le stesse grandezze usate per modellizzare la singola famiglia,
indicandole con la lettera maiuscola a riferimento del fatto che riguardano il totale
delle famiglie che costituisce la popolazione. Per ognuna di esse, verrà quindi
operata la seguente trasformazione:
𝑑
𝑋(𝑑) = 𝛽𝑒
−πœ†π‘‘
∫ π‘₯(𝑠, 𝑑)𝑒 𝛽𝑠 𝑑𝑠
𝑠𝑒 𝛽 > 0
−∞
𝑋(𝑑) = π‘₯(0, 𝑑)𝑒 −πœ†π‘‘
𝑠𝑒 𝛽 = 0
dove π‘₯(𝑠, 𝑑) si riferisce al consumo, capitale reale, bond, saldi monetari reali, salario,
tassazione, helicopter drop, ricchezza totale. Per quanto riguarda queste ultime
quattro variabili, si assume inoltre che esse non siano variabili al variare dell’età, e
quindi esprimibili come: 𝑀(𝑑), 𝜏(𝑑), 𝑑(𝑑), β„Ž(𝑑). Infine, non si ipotizza che non
esistano testamenti/lasciti volontari o involontari, da cui deriva che π‘Ž(𝑠, 𝑠) = 0. La
domanda aggregata per consumo e saldi reali derivante dal modello di CobbDouglas è quindi:
𝐢(𝑑) = (1 − 𝛼)(πœƒ + πœ†)𝐽(𝑑)
(3.20)
𝑀(𝑑)
𝛼
1
=(
)
𝐢(𝑑)
𝑃(𝑑)
1 − 𝛼 𝑖(𝑑)
(3.21)
𝐴̇(𝑑) = π‘Ÿ(𝑑)𝐴(𝑑) − 𝑖(𝑑)
𝑀(𝑑)
𝐷(𝑑)
+ π‘Š(𝑑) − 𝑇(𝑑) +
− 𝐢(𝑑)
𝑃(𝑑)
𝑃(𝑑)
∞
𝐻(𝑑) = ∫ (π‘Š(𝑣) − 𝑇(𝑣) +
𝑑
𝐴(𝑑) = 𝐾(𝑑) +
𝐷(𝑣) − ∫𝑣(π‘Ÿ(𝑒)+ 𝛽)𝑑𝑒
)𝑒 𝑑
𝑑𝑣
𝑃(𝑣)
𝑀(𝑑) + 𝐡(𝑑)
𝑃(𝑑)
𝐽(𝑑) = 𝐴(𝑑) + 𝐻(𝑑)
(3.22)
(3.23)
(3.24)
(3.25)
Quello che manca in questo modello rispetto a quello della singola famiglia è il
fattore πœ†π΄(𝑑), perché è sia l’extra-rendimento rispetto al risk-free guadagnato dalle
famiglie che vivono al tempo t sia l’ammontare di ricchezza pagata ai venditori di
rendite dalla frazione πœ† che muore all’istante t, e quindi si elide. La popolazione e la
84
HELICOPTER MONEY
forza lavoro crescono ad un tasso 𝛽 − πœ†, e quindi il tasso di sconto da applicare alle
future classi di lavoratori è π‘Ÿ + 𝛽.
Per quanto riguarda invece lo stato, sia 𝐺 la spesa pubblica effettuata per
l’acquisto di beni e servizi; il suo vincolo di bilancio sarà dato da:
𝑀̇(𝑑) + 𝐡̇ (𝑑)
𝐡(𝑑)
𝐷(𝑑)
= 𝑖(𝑑)
+ 𝐺(𝑑) − 𝑇(𝑑) +
𝑃(𝑑)
𝑃(𝑑)
𝑃(𝑑)
(3.26)
cioè la variazione di moneta de bond è data dalla discrepanza tra le entrate e le uscite
governative, in una forma un po’ diversa da quella vista però nel modello di
Cochrane (Cochrane 2010), per via dell’assenza delle aspettative dei consumatori.
Dire che la moneta è irredimibile corrisponde alla seguente relazione:
lim (
𝑣→ ∞
𝐡(𝑣) − ∫𝑣 π‘Ÿ(𝑒)𝑑𝑒
)𝑒 𝑑
≤0
𝑃(𝑣)
(3.27)
cioè l’emissione di bond corrisponde ad una promessa che lo Stato in futuro li
rimborserà con della moneta, e non ad una passività vera e propria. La (3.27)
corrisponde anche al vincolo di solvibilità dello stato, che deve emettere una
quantità di bond per ripagare il debito pubblico che sia coperta nel lungo periodo
dai profitti generati dagli asset governativi.
È possibile esprimere il vincolo di bilancio anche in forma intertemporale,
ottenendo la(3.28).
∞
𝑀(𝑑) + 𝐡(𝑑)
𝐷(𝑣)
𝑀(𝑣) − ∫𝑣 π‘Ÿ(𝑒)𝑑𝑒
= ∫ (𝑇(𝑣) −
− 𝐺(𝑣) + 𝑖(𝑣)
)𝑒 𝑑
𝑑𝑣
𝑃(𝑑)
𝑃(𝑣)
𝑃(𝑣)
𝑑
𝑀(𝑣) − ∫𝑣 π‘Ÿ(𝑒)𝑑𝑒
+ lim
𝑒 𝑑
𝑣→∞ 𝑃(𝑣)
(3.28)
Ipotizzando di essere nel caso in cui 𝑖(𝑣) > 0, è possibile aggregare il vincolo
di bilancio dello Stato nella funzione di consumo della popolazione, in modo da
legare le politiche economiche con la quantità di consumo totale delle famiglie,
ottenendo la (3.29).
85
Capitolo 3
𝐢(𝑑) = (1 − 𝛼)(πœƒ + πœ†) [𝐾(𝑑)
∞
𝑣
+ ∫ (π‘Š(𝑣) − 𝐺(𝑣)𝑒 𝛽(𝑣−𝑑) )𝑒 − ∫𝑑 (π‘Ÿ(𝑒)+𝛽)𝑑𝑒 𝑑𝑣
𝑑
∞
𝐷(𝑣) − ∫𝑣(π‘Ÿ(𝑒)+𝛽)𝑑𝑒
− ∫ (𝑇(𝑣) −
)𝑒 𝑑
[1 − 𝑒 𝛽(𝑣−𝑑) ]𝑑𝑣
𝑃(𝑣)
𝑑
+
(3.29)
∞
𝑣
1
(𝑀(𝑑) + ∫ 𝑀̇(𝑣)𝑒 − ∫𝑑 𝑖(𝑒)𝑑𝑒 𝑑𝑣)]
𝑃(𝑑)
𝑑
Nel caso in cui invece l’economia fosse in una situazione di zero lower bound,
tale funzione di consumo diventerebbe:
𝐢(𝑑) = (1 − 𝛼)(πœƒ + πœ†) [𝐾(𝑑)
∞
𝑣
+ ∫ (π‘Š(𝑣) − 𝐺(𝑣)𝑒 𝛽(𝑣−𝑑) )𝑒 − ∫𝑑 (π‘Ÿ(𝑒)+𝛽)𝑑𝑒 𝑑𝑣
𝑑
∞
𝐷(𝑣) − ∫𝑣(π‘Ÿ(𝑒)+𝛽)𝑑𝑒
− ∫ (𝑇(𝑣) −
)𝑒 𝑑
[1 − 𝑒 𝛽(𝑣−𝑑) ]𝑑𝑣
𝑃(𝑣)
𝑑
+
(3.30)
∞
𝑣
1
Μ‡ (𝑣) − 𝑖 𝑀 (𝑣)) 𝑒 − ∫𝑑 𝑖(𝑒)𝑑𝑒 𝑑𝑣)]
(𝑀(𝑑) + ∫ (𝑀
𝑃(𝑑)
𝑑
dove 𝑖 𝑀 (𝑣) è il tasso di interesse nominale associato alla moneta. Le relazioni (3.29)
e (3.30) consentono di avere un’unica relazione che leghi le manovre monetarie e
fiscali alla domanda aggregata. In entrambe, l’helicopter drop rappresenta un
termine che decrementa il prelievo fiscale, e quindi impatta positivamente sulla
domanda di beni di consumo.
3.2.4. Helicopter drop
Buiter descrive diverse tipologie di politica di helicopter drop nei diversi scenari che
sono plausibilmente verosimili. Il suo obiettivo, infatti, è dimostrare indirettamente
che tale meccanismo di coordinamento monetario-fiscale si adatta a stimolare la
domanda aggregata di un’economia in qualsiasi scenario, a prescindere dalla
validità dell’Equivalenza Ricardiana o dall’esistenza di regimi di dominanza.
86
HELICOPTER MONEY
Helicopter drop con neutralità del debito
Quando il tasso di natalità è zero, si è in un’economia costituita da un solo
consumatore-famiglia, dove un taglio sulle tasse effettuato una-tantum, seppure
accompagnato da un impegno credibile da parte del governo a non aumentare le
tasse della stessa entità, non favorirebbe alcuno stimolo alla domanda aggregata.
Nel caso invece di tasso di natalità positivo, coloro i quali siano vivi nel momento in
cui avviene il taglio sul prelievo fiscale sono consapevoli del fatto che la tassazione
futura graverebbe anche sulle famiglie non ancora nate, e quindi si produrrebbe uno
stimolo alla domanda aggregata di entità pari a π‘Ÿ , il tasso π‘Ÿπ‘–π‘ π‘˜ − π‘“π‘Ÿπ‘’π‘’ . Quindi
quando 𝛽 = 0, la differenza tra il tasso di sconto applicato dal governo per il prelievo
fiscale futuro, π‘Ÿ, e il tasso di sconto effettivo per il settore privato per le tasse future,
dato da (π‘Ÿ + 𝛽) scompare, e prevale l’Equivalenza Ricardiana e la teoria della
neutralità del debito, non verificandosi stimolo alla domanda aggregata, che diventa:
∞
𝑣
𝐢(𝑑) = (1 − 𝛼)(πœƒ + πœ†) [𝐾(𝑑) + ∫ (π‘Š(𝑣) − 𝐺(𝑣)𝑒 − ∫𝑑
𝑑
∞
𝑣
1
+
(𝑀(𝑑) + ∫ 𝑀̇(𝑣)𝑒 − ∫𝑑 𝑖(𝑒)𝑑𝑒 𝑑𝑣)]
𝑃(𝑑)
𝑑
π‘Ÿ(𝑒)𝑑𝑒
) 𝑑𝑣
(3.31)
Nella funzione (3.28) scompaiono i termini con 𝛽 , così come scompare il
termine relativo all’helicopter drop, ad indicare che non avrà nessun possibile
impatto sulla ricchezza totale della famiglia, e quindi sulla sua propensione al
consumo corrente. Questo caso è paragonabile, nelle trattazioni economiche
precedenti, alle situazioni in cui è valida l’Equivalenza Ricardiana. Buiter dimostra
tuttavia che anche in questo scenario, caratterizzato da neutralità del debito ed
Equivalenza Ricardiana, le iniezioni monetarie riescono a stimolare la domanda
aggregata, mantenendo costante il cammino di spesa pubblica sia a livello corrente
che futuro. Le iniezioni monetarie possono essere condotte attraverso trasferimenti
lump-sum, 𝑇, oppure tramite acquisto di debito non monetario (titoli sovrani) da
parte del settore privato, cioè tramite QE. Se la banca centrale effettua una politica
monetaria espansiva di aumento della base monetaria per acquistare debito
pubblico del governo sotto forma di bond, si avrà:
87
Capitolo 3
𝑀̇(𝑣) = −𝐡̇ (𝑣) > 0
(3.32)
Considerando il vincolo di bilancio intertemporale dello stato (3.28), la
relazione (3.32) implica che, per tenere costante il cammino dei prezzi e del tasso di
interesse, il governo deve aumentare il valore attuale della somma algebrica tra
spesa pubblica futura in beni e servizi, helicopter drop e tasse per soddisfare la
relazione. Anche operazioni di mercato aperto permanenti di acquisto di debito
pubblico non monetario rappresentano una forma di helicopter drop, infatti il
governo dovrà ridurre nel futuro le tasse o incrementare la spesa pubblica affinché
il vincolo (3.28) risulti soddisfatto.
Tali manovre devono tuttavia essere secondo Buiter irredimibili, in maniera
tale che il bilancio della banca centrale non cresca a causa dell’espansione della base
monetaria, cioè del suo passivo; quest’ultima condizione è, infatti, una delle critiche
addotte contro la dottrina FTPL e le manovre di helicopter drop, sostenute dalle
grosse espansioni monetarie verificatesi durante e dopo la crisi finanziaria, e che
hanno condotto le banche centrali ad avere una struttura di bilancio non sostenibile.
La risposta dell’autore a tali critiche è tuttavia che le immissioni di liquidità nel
sistema economico sono state non-irredimibili, ed è per questo che oggi
rappresentano un problema da dover gestire; se fossero state irredimibili, tale
problema non sussisterebbe.
Il vincolo di solvibilità dello stato (3.27)
non deve per forza essere
un’uguaglianza, e lo stesso vale per il vincolo intertemporale dello Stato e per le
funzioni di consumo aggregato. Se infatti:
𝐡(𝑣)
lim (
)=𝑍
𝑣→ ∞ 𝑃(𝑣)
(3.33)
dove 𝑍 è una quantità negativa, lo Stato è un creditore netto non monetario per il
settore privato, anche nel lungo periodo17. Lo Stato è un creditore permanente per
il settore delle famiglie se il tasso di crescita di lungo periodo della base monetaria
legale è almeno pari al tasso di interesse nominale di lungo periodo, cioè se
17
Si assume infatti che 𝑍 sia finito.
88
HELICOPTER MONEY
lim
𝑀̇(𝑣)
𝑣→∞ 𝑀(𝑣)
≥ lim 𝑖(𝑣) ≥ 0. Il fatto che lo Stato diventi un creditore permanente delle
𝑣→∞
famiglie non altera il suo ruolo di incrementare la ricchezza totale del settorefamiglie, perché il valore attuale di tutti gli asset finanziari del settore delle famiglie
deve essere non negativo nel lungo periodo. Dal vincolo di spesa del governo lo
𝑣
𝑀(𝑣)
spazio fiscale creato dal lim ( 𝑃(𝑣) ) 𝑒 − ∫𝑑
π‘Ÿ(𝑒)𝑑𝑒
𝑣→∞
> 0 può essere usato per effettuare
una manovra fiscale epansiva di riduzione del prelievo fiscale o di aumento della
spesa pubblica, nonché una manovra coordinata di aumento degli helicopter drop
futuri; l’entità della manovra deve però non superare il livello attuale del debito
sovrano non monetario, che nel lungo periodo deve essere zero:
𝐡(𝑣)
lim (
)=0
𝑣→ ∞ 𝑃(𝑣)
(3.34)
Helicopter drop nel caso base
Può essere considerato come caso “base” quello in cui lo Stato nel lungo
periodo incrementa lo stock nominale di base monetaria di un tasso proporzionale
a quello di interesse risk-free, cioè:
𝑀(𝑣) − ∫𝑣 π‘Ÿ(𝑒)𝑑𝑒
lim (
)𝑒 𝑑
=0
𝑣→∞ 𝑃(𝑣)
(3.35)
Nel caso di economia costituita da un solo agente rappresentativo, cioè per 𝛽 =
0, la domanda aggregata diventa:
∞
𝑣
𝐢(𝑑) = (1 − 𝛼)(πœƒ + πœ†) [𝐾(𝑑) + ∫ (π‘Š(𝑣) − 𝐺(𝑣))𝑒 − ∫𝑑
𝑑
∞
𝑣
1
+
(∫ 𝑖(𝑣)𝑀(𝑣)𝑒 − ∫𝑑 𝑖(𝑒)𝑑𝑒 𝑑𝑣 )]
𝑃(𝑑) 𝑑
π‘Ÿ(𝑒)𝑑𝑒
𝑑𝑣
(3.36)
Lo Stato stimola la domanda aggregata attraverso iniezioni monetarie, che,
ceteris paribus, andrà ad aumentare la ricchezza totale futura delle famiglie
aumentando il valore attuale degli interessi risparmiati dal prendere a prestito
tramite l’emissione di base monetaria e non di debito. In questo caso l’effetto
ricchezza del signoraggio è dato da:
89
Capitolo 3
∞
𝑣
1
π‘’π‘“π‘“π‘’π‘‘π‘‘π‘œ π‘Ÿπ‘–π‘π‘β„Žπ‘’π‘§π‘§π‘Ž = [
(𝑀(𝑑) + ∫ 𝑖(𝑣)𝑀̇(𝑣)𝑒 − ∫𝑑 𝑖(𝑒)𝑑𝑒 𝑑𝑣)]
𝑃(𝑑)
𝑑
(3.37)
cioè, tramite le emissioni monetarie, lo stato incrementa il valore della ricchezza
totale della famiglia attraverso il valore attuale degli interessi risparmiati dal
prendere a prestito base monetaria a costo zero, piuttosto che debito al costo degli
oneri finanziari.
Helicopter drop in caso di trappola di liquidità permanente
Si consideri un’economia bloccata in una situazione di trappola di liquidità
caratterizzata da un livello di tasso nominale di interesse pari a zero
permanentemente: 𝑖(𝑣) = 0. Le caratteristiche di un’economia che si trovi in una
situazione di trappola di liquidità prescindono da quest’analisi, ma in generale
Buiter considera un’economia keynesiana, con prezzi vischiosi e livello di
produzione legato alla domanda aggregata. In questo caso la funzione di consumo e
la funzione di domanda di moneta aggregate sono:
𝐢(𝑑) = (πœƒ + πœ†)𝐽(𝑑)
(3.38)
𝑀(𝑑)
πœ‚
≥ 𝑒 (𝛽−πœ†)𝑑
𝑃(𝑑)
𝛾
(3.39)
Le iniezioni monetarie perdono la loro efficacia, e non vi è discriminazione tra
moneta e bond; tuttavia il governo può decidere il valore terminale della base
monetaria, come confermato dalla relazione (3.40), e di conseguenza decidere di
effettuare spesa pubblica, trasferimenti e riduzione del prelievo fiscale finanziando
tali manovre in maniera irredimibile tramite emissione monetaria.
𝑣
𝑙
𝑀(𝑑) + lim ∫ 𝑀̇(𝑙) 𝑒 − ∫𝑑 𝑖(𝑒)𝑑𝑒 𝑑𝑙
𝑣→ ∞ 𝑑
(3.40)
𝑣
= 𝑀(𝑑) + π‘™π‘–π‘š ∫ 𝑀̇(𝑙) 𝑑𝑙 = π‘™π‘–π‘š 𝑀(𝑣)
𝑣→ ∞ 𝑑
𝑣→ ∞
Le autorità possono quindi usare l’helicopter drop– che non è altro che una
politica fiscale in disavanzo finanziata con emissione monetaria permanente – per
stimolare la domanda aggregata anche nel momento in cui ci sia una situazione di
trappola di liquidità.
90
HELICOPTER MONEY
Helicopter drop per una “cashless economy”
Si tratta del caso limite del modello di Buiter, unico caso in cui l’helicopter drop
non è effettivo, in cui 𝛼 = 0 . La moneta non viene percepita dotata di valore
intrinseco, e il tasso di interesse relativo alla sua caratteristica di essere riserva di
valore è dominato da altri asset.
In conclusione, una manovra di helicopter drop risulta efficace nello stimolare
la domanda aggregata per qualsiasi tipo di economia, sia essa in una situazione di
trappola di liquidità permanente o meno, a patto che vigano le tre condizioni
inizialmente elencate. Una condizione fondamentale che emerge nella trattazione è
ancora una volta l’importanza di collaborazione tra il governo e la banca centrale,
infatti quest’ultima seppure si occupa dell’emissione monetaria non può
intraprendere una manovra fiscale senza il tramite dell’istituzione governativa. In
un’economia come gli Stati Uniti, ad esempio, il Tesoro riceve i profitti della FED ed
è responsabile anche per le sue eventuali perdite, quindi vi è maggiore libertà di
attuazione di politiche fiscali espansive da parte del Tesoro stesso e maggiore
coordinamento tra le due istituzioni. Nel caso invece dell’Unione Europea, qualora
la BCE decidesse di intraprendere una manovra di helicopter drop, essa andrebbe
contro il Trattato di Maastricht, e risulterebbe impraticabile. Il capitale della BCE è
infatti partecipato dalle banche centrali nazionali degli stati membri e, cancellare un
ammontare di debito sovrano – cosa che secondo Buiter si concretizza come una
delle possibili forme di helicopter drop – significherebbe effettuare un trasferimento
al tesoro di quello stato finanziato con le tesorerie di tutti gli altri stati membri.
3.2.5. Helicopter drop: BCE e FED.
Si ipotizzi che il generico governo del singolo stato membro dell’Unione Europea,
che detiene una partecipazione nella BCE, sia beneficiario dei surplus che
l’istituzione monetaria ottiene, definibili come l’eccesso degli interessi attivi sulle
spese e sui consumi, sulle manovre di helicopter drop e sugli investimenti. Sia 𝑇 𝑐𝑏 il
valore reale dei pagamenti che la banca centrale fa al tesoro, dato da:
91
Capitolo 3
𝐡 𝑐𝑏 (𝑑) + 𝐿(𝑑)
𝐷(𝑑)
𝑇 𝑐𝑏 (𝑑) = 𝑖(𝑑) (
) − 𝐺 𝑐𝑏 (𝑑) −
𝑃(𝑑)
𝑃(𝑑)
(3.41)
dove 𝐡 𝑐𝑏 è il debito pubblico detenuto dalla banca centrale, L il credito privato e 𝐺 𝑐𝑏
la spesa effettuata in beni di consumo dalla banca centrale; 𝐷 è invece l’helicopter
drop. La relazione (3.41) a sua volta implica che la variazione di moneta deve coprire
la variazione di passività governative e private acquistate:
(3.42)
𝑀̇(𝑑) = 𝐡̇ 𝑐𝑏 (𝑑) + 𝐿̇(𝑑)
Se la banca centrale effettua una politica di helicopter drop, la quantità di
trasferimento 𝑇 𝑐𝑏 diminuisce; si verifica inoltre una variazione nell’offerta di
moneta di entità pari a D. Si consideri il vincolo di bilancio della banca centrale:
𝑀̇(𝑑) − 𝐡̇ 𝑐𝑏 (𝑑) + 𝐿̇(𝑑)
𝐷(𝑑)
𝐡 𝑐𝑏 (𝑑) + 𝐿(𝑑)
𝑐𝑏
𝑐𝑏
=𝐺 +
+ 𝑇 − 𝑖(𝑑) (
)
𝑃(𝑑)
𝑃(𝑑)
𝑃(𝑑)
(3.43)
Ipotizzando una conduzione “normale” di politica monetaria, la variazione di
quantità di moneta rispetto a questo riferimento è identificabile con la quantità di
helicopter drop: βˆ†π‘€Μ‡(𝑑) ≡ βˆ†π·(𝑑) . Riprendendo lo studio effettuato nel paper del
(2012) (Buiter & Rahbari 2012), Buiter supporta la descrizione della manovra anche
tramite l’analisi del bilancio della banca centrale, riportato in Tabella 3.1, dove π‘π‘Š
sta ad indicare il patrimonio netto finanziario dell’istituzione, ovvero:
(3.44)
π‘π‘Š = 𝐡 𝑐𝑏 + 𝐿 − 𝑀
cioè la differenza tra le sue attività e le sue passività convenzionali. Affinchè la banca
centrale sia solvibile tale quantità deve inoltre essere sempre non negativa.
Tabella 3.1. Bilancio della BCE. Fonte: (Buiter 2014).
Attivo
Passivo
𝐡 𝑐𝑏
𝑀
𝐿
π‘π‘Š
Se la BCE intraprende una politica di helicopter drop come quella di equazione
(3.44), il tasso di crescita della base monetaria è più alto di quello di riferimento; se
92
HELICOPTER MONEY
inoltre è maggiore del tasso di sviluppo delle attività, il patrimonio netto potrebbe
prima o poi diventare negativo.
Per dimostrare che non è importante anche laddove il patrimonio netto
diventasse negativo, si faccia riferimento alla struttura di bilancio definita
dall’autore comprehensive balance sheet e riportata in Tabella 3.2.
Tabella 3.2. Bilancio completo della BCE. Fonte: (Buiter 2014).
Attivo
Passivo
𝐡 𝑐𝑏
𝑀
𝐿
∫𝑑 𝑃(𝑣)𝐺 𝑐𝑏 (𝑣)𝑒 − ∫𝑑
𝑣
∞
𝑣
∞
∫𝑑 𝑖(𝑣)𝑀(𝑣)𝑒 − ∫𝑑
𝑣
lim 𝑀(𝑣)𝑒 − ∫𝑑
𝑖(𝑒)𝑑𝑒
𝑣
∞
∫𝑑 𝐷(𝑣)𝑒 − ∫𝑑
𝑑𝑣
𝑖(𝑒)𝑑𝑒
∫𝑑 𝑃(𝑣)𝑇 𝑐𝑏 (𝑣)𝑒 − ∫𝑑
𝑣→ ∞
𝑑𝑣
𝑑𝑣
𝑣
∞
𝑖(𝑒)𝑑𝑒
𝑖(𝑒)𝑑𝑒
𝑖(𝑒)𝑑𝑒
𝑑𝑣
π‘π‘Š ∗
In questo caso, π‘π‘Š ∗ identifica il patrimonio netto completo della banca
centrale, comprensivo dell’helicopter drop, del signoraggio, delle spese in beni e
servizi e dei trasferimenti al tesoro. La condizione di solvibilità dell’istituzione
monetaria è riportata in equazione (3.45); il patrimonio netto completto deve
risultare non negativo, tuttavia si può anche verificare che il patrimonio netto
convenzionale sia negativo, ma che la somma algebrica tra le altre grandezze
conduca ad un valore di π‘π‘Š ∗ > 0.
∞
𝑣
π‘π‘Š = π‘π‘Š ∗ − ∫ 𝑖(𝑣)𝑀(𝑣) 𝑒 − ∫𝑑
𝑖(𝑒)𝑑𝑒
𝑣
𝑑𝑣 − lim 𝑀(𝑣)𝑒 − ∫𝑑
𝑑
∞
+ ∫ 𝑃(𝑣)𝐺
𝑖(𝑒)𝑑𝑒
𝑣→ ∞
∞
𝑣
𝑐𝑏 (𝑣)𝑒 − ∫𝑑 𝑖(𝑒)𝑑𝑒
𝑣
𝑑𝑣 + ∫ 𝐷(𝑣)𝑒 − ∫𝑑
𝑑
𝑖(𝑒)𝑑𝑒
𝑑𝑣
(3.45)
𝑑
∞
𝑣
+ ∫ 𝑃(𝑣)𝑇 𝑐𝑏 (𝑣)𝑒 − ∫𝑑
𝑖(𝑒)𝑑𝑒
𝑑𝑣
𝑑
Una volta dimostrato che una manovra di helicopter drop non è sconveniente
né induce la crescita esponenziale del bilancio della banca centrale, Buiter
argomenta circa la fattibilità di tale procedimento nella BCE. Come già esposto, la
93
Capitolo 3
banca centrale europea non è legittimata a comportarsi come un’autorità fiscale,
effettuando spesa pubblica, concedendo credito ai privati ed effettuando manovre
di trasferimento alle famiglie. Questa caratteristica, tuttavia, è un po’ comune a tutte
le banche centrali, avendo esse la funzione istituzionale del controllo monetario; ad
esempio, l’autore riporta un articolo della costituzione statunitense che conferma
l’idea che la manovra di helicopter drop rappresenta un tabù per gli stessi Stati Uniti:
The Congress shall have Power to lay and collect Taxes, Duties, Imposts and Excises, to
pay the Debts and provide for the common Defence and general Welfare of the United States;
but all Duties, Imposts and Excises shall be uniform throughout the United States.
Cit. 3. Costituzione degli Stati Uniti, articolo 1, sezione 8. Fonte: (Buiter 2014).
Interpretando tale articolo in maniera letterale, non viene menzionata
l’esclusività del Congresso di effettuare politiche fiscali; tuttavia qualora la FED
decidesse
di
intraprendere
tali
manovre
necessiterebbe
in
ogni
caso
dell’approvazione da parte del governo. Non esiste un articolo simile nel TFEU,
perché l’Unione Europea non ha ancora raggiunto un’uniformità dal punto di vista
fiscale – a tal proposito, facendo riferimento alla Cit. 3, si sottolinea la dichiarazione
che tutte le imposte, le accise e i doveri governativi devono essere uniformi su tutti
gli stati che costituiscono gli Stati Uniti. Nell’articolo Ten commandments for a Fiscal
Rule in the E(M)U (2003) (Buiter 2003), l’autore elabora una teoria sulla conduzione
ottimale delle politiche fiscali per gli stati membri, strutturata su dieci punti; tra
questi, l’ottavo afferma proprio che la regola di politica fiscale dovrebbe essere tale
da adattarsi al singolo stato come all’intera Unione Europea, riprendendo il concetto
di uniformità di Cit. 3.
In conclusione, per quanto riguarda la conduzione delle manovre di helicopter
drop, l’argomentazione finale proposta da Buiter è che, non essendovi precise
indicazioni scritte circa l’impossibilità da parte delle banche centrali di effettuare
manovre di stampo fiscale, queste ultime dovrebbero comunque ricercare un
coordinamento con i governi per metterle in atto, sottolineandone il carattere di
eccezionalità per evitare che, dal combattere lo zero lower bound, si finisca in uno
scenario iper-inflazionistico.
94
4. SHOCK STRUTTURALI E FTPL
Come visto nei capitoli 2 e 3, sono diversi gli autori che hanno teorizzato gli effetti
sull’economia e sul livello di inflazione di una politica fiscale molto più attiva, non
relegata al semplice controllo del proprio vincolo di spesa. È stato inoltre
evidenziato come i modelli di FTPL precedenti la crisi si differenzino da quelli
successivi per via del ruolo diverso assunto dagli agenti economici e dalle loro
aspettative, nonché per la presenza di una nuova forma di stimolo all’economia –
identificabile come un coordinamento tra politica monetaria e fiscale –
rappresentato dall’helicopter drop. Obiettivo di questo capitolo è, una volta
identificati nei capitoli precedenti una serie di modelli teorici che studiano i possibili
effetti di un maggiore peso fornito alla dimensione fiscale, riportare una
rappresentazione tramite risposta ad impulso di un modello teorico proposto da
Soyung Kim (Kim 2003), in cui sono presenti i regimi leeperiani AMPF e PMAF.
Ambito su cui poggia l’analisi è quello della teoria Neo-keynesiana con ipotesi di
prezzi vischiosi, che quindi in seguito ad una variazione prevede un transitorio di
aggiustamento e non un adeguamento istantaneo. In particolare, l’autore fa
riferimento allo studio di Guillermo A. Calvo (Calvo 1983), e lo estende affinché si
possano delineare i due regimi leeperiani. Gli shock strutturali a cui viene sottoposto
ognuno di essi riguardano la domanda aggregata, l’offerta aggregata, la politica
fiscale e quella monetaria. Nel primo paragrafo di questo capitolo viene presentato
tale modello e i risultati derivanti dai suddetti shock; nel secondo, invece, si riporta
un’analisi empirica effettuata da Kim, il cui obiettivo è dimostrare che in passato
sono presenti manifestazioni del regime PMAF.
4.1. IL MODELLO DI KIM
Si ipotizzi che l’economia sia costituita da famiglie di vita infinita e identiche tra loro,
come visto nel modello di Woodford (Woodford 1998) riportato al paragrafo 2.1.3;
Capitolo 4
ogni famiglia è identificata univocamente da un indice 𝑗 ∈ [0,1], ed è specializzata
nella produzione di una singola tipologia di bene, di cui quindi rappresenta il
produttore monopolista. I beni vengono identificati univocamente dall’indice 𝑧 ∈
[0,1], e se 𝑗 = 𝑧 allora la famiglia 𝑗 ha il monopolio del bene 𝑧. L’indice di consumo
delle famiglie è definito in equazione (4.1),
𝑗
1
𝑗
𝐢𝑑 ≡ {∫ [𝑐𝑑 (𝑧)]
πœƒ−1
πœƒ
πœƒ−1
πœƒ
𝑑𝑗}
πœƒ>1
(4.1)
0
in cui πœƒ rappresenta l’elasticità di sostituzione, cioè il grado di sostituibilità tra beni
𝑗
alternativi, e 𝑐𝑑 (𝑧) il consumo che la famiglia 𝑗 fa del bene 𝑧 all’istante 𝑑. Si definisca
in modo simile l’indice di consumo del governo 𝐺𝑑 , ovvero la spesa pubblica; l’indice
dei prezzi dei beni di consumo invece è dato da:
1
𝑃𝑑 ≡ {∫ [𝑝𝑑 (𝑧)]1−πœƒ 𝑑𝑧}
1
1−πœƒ
(4.2)
0
con 𝑝𝑑 (𝑧) il prezzo del bene 𝑧 all’istante 𝑑 . La funzione di domanda di beni di
consumo per la famiglia 𝑗 si ottiene come prodotto dell’indice di consumo per il
rapporto tra il prezzo del singolo bene 𝑧 rispetto al livello generale dei prezzi,
scontato per l’elasticità di sostituzione. Tale fattore di moltiplicazione serve a
manifestare la tendenza degli agenti economici, nell’effettuare il processo di
acquisto, a paragonare il prezzo di un bene al livello generale dei prezzi in quel
momento e alla sostituibilità di quel bene con altri.
−πœƒ
𝑗
𝑐𝑑 (𝑧)
=
𝑗
𝐢𝑑
𝑝𝑑 (𝑧)
[
]
𝑃𝑑
(4.3)
La domanda aggregata per bene è invece data da:
−πœƒ
𝑝𝑑 (𝑗)
𝑦𝑑 (𝑧) = π‘Œπ‘‘ [
]
𝑃𝑑
,
π‘Œπ‘‘ = 𝐢𝑑 + 𝐺𝑑
(4.4)
Proprio come nella caratterizzazione di Woodford (Woodford 1998), il
consumatore massimizza la propria utilità periodo per periodo, funzione di
consumo, saldi monetari e dotazione.
96
SHOCK STRUTTURALI E FTPL
∞
𝑗
max 𝐸 ∑ 𝛽
𝑑
𝑀
+ 𝑣 ( 𝑑 ) − 𝑋𝑑 𝑀[𝑦𝑑 (𝑗)]}
𝑃𝑑
𝑗
𝐾𝑑 {𝑒(𝐢𝑑 )
𝑑=0
(4.5)
A differenza di quanto però visto nel paragrafo 2.1.3 la funzione di utilità è
composta da tre sotto-funzioni obiettivo; 𝑒 è monotona crescente nell’indice di
consumo,
𝑣 nei saldi monetari reali e 𝑀 nella dotazione. I fattori 𝐾𝑑 e 𝑋𝑑
rappresentano invece gli shock esogeni alla domanda aggregata e all’offerta
aggregata, rispettivamente. Il vincolo di bilancio a cui si riferisce la massimizzazione
vincolata (4.5) è dato invece da:
𝑗
𝑗
𝑗
𝑗
𝑗
𝑗
𝑃𝑑 𝐢𝑑 + 𝑀𝑑 − 𝑀𝑑−1 + 𝐸𝑑 [𝛿𝑑,𝑑+1 𝐡𝑑 ] − 𝐡𝑑−1 = 𝑝𝑑 (𝑗)𝑦𝑑 (𝑗) + 𝑃𝑑 𝑇𝑑
(4.6)
𝑗
dove 𝐡𝑑 rappresenta il valore nominale all’istante 𝑑 del portafoglio di bond
detenuti dalla famiglia 𝑗, 𝛿𝑑,𝑑+1 un fattore di sconto che regola il valore di mercato di
un qualsiasi portafoglio di valore nominale 𝑄𝑑 , che a 𝑑 + π‘˜ sarà 𝐸𝑑 [𝛿𝑑,𝑑+π‘˜ 𝑄𝑑+π‘˜ ].
Analizzando quindi la relazione (4.6) si deduce che le entrate di ogni famiglia sono
date dal fatturato derivante dalla vendita dei beni, pari a 𝑝𝑑 (𝑗)𝑦𝑑 (𝑗), dalla detenzione
di moneta e bond a 𝑑 − 1. Le uscite sono invece ottenute sommando il prelievo
fiscale, l’acquisto di bond a 𝑑, e il consumo. Le condizioni del primo ordine per la
massimizzazione sono ottenibili come:
π›½π‘˜
𝑒′ (𝐢𝑑+π‘˜ )𝐾𝑑+π‘˜ 𝑃𝑑
= 𝛿𝑑,𝑑+π‘˜
𝑒′ (𝐢𝑑 )𝐾𝑑 𝑃𝑑+π‘˜
(4.7)
−1
e, definendo 1 + 𝑅𝑑 = [𝐸𝑑 (𝛿𝑑,𝑑+1 )] come il tasso di interesse nominale, si ha:
𝑀
𝑗
𝑣 ′ ( 𝑃𝑑 )
𝑑
𝑗
𝑒′ (𝐢𝑑 )
=
𝑅𝑑
1 + 𝑅𝑑
(4.8)
Si assume inoltre che ogni periodo la famiglia-produttore stabilisca un nuovo prezzo
per il bene da essa prodotto con probabilità 1 − 𝛼, dove 𝛼 è il parametro di Calvo
(Calvo 1983), cioè la probabilità che essa venda sempre allo stesso prezzo. Usando
l’equazione (4.2), si dimostra che l’indice di prezzo evolve sulla base della relazione:
1−πœƒ
𝑃𝑑 = [𝛼𝑃𝑑−1
+ (1 − 𝛼)π‘žπ‘‘1−πœƒ ]
(4.9)
97
Capitolo 4
dove π‘žπ‘‘ è il valore di mercato del bene. Per quanto riguarda invece il governo, il suo
vincolo di bilancio si definisce come:
𝑀𝑑 − 𝑀𝑑−1 + 𝐡𝑑 − (1 + 𝑅𝑑−1 )𝐡𝑑−1 + 𝑃𝑑 𝑇𝑑 − 𝑃𝑑 𝐺𝑑 = 0
(4.10)
Tale definizione risulta compatibile con quelle viste nei precedenti modelli, ed in
particolare con quella woodfordiana; il governo, infatti, emette periodo per periodo
bond e moneta, riceve entrate pari al prelievo fiscale e eroga spesa pubblica. Il
prelievo fiscale segue la regola:
𝑇𝑑 = πœ™π‘‡ +
πœ™π‘ 𝐡𝑑−1
𝑃𝑑−1
(4.11)
La relazione (4.11) indica il processo sulla base del quale il governo decide, periodo
per periodo, in merito al prelievo fiscale; la presenza dei fattori πœ™π‘‡ e πœ™π‘ , come si
vedrà, permettono alla caratterizzazione di adattarsi sia a modelli monetaristi di
tipo AMPF che a modelli più in linea con la FTPL di tipo PMAF. La spesa pubblica
viene invece espressa come un processo auto-regressivo di passo 1:
log 𝐺𝑑 = (1 − πœ™πΊ ) log 𝐺 + πœ™πΊ log 𝐺𝑑−1 + πœ‚π‘‘
(4.12)
e la politica monetaria come:
log(1 + 𝑅𝑑 ) = πœ™π‘… + πœ™πœ‹ log (
𝑃𝑑
) + log πœ€π‘‘
𝑃𝑑−1
(4.13)
Le variabili non contrassegnate da pedice indicano il valore delle stesse in
corrispondenza dello stato stazionario. Si ipotizzi inoltre che il tasso di inflazione, il
tasso di crescita della moneta e il tasso di crescita del prodotto nazionale siano nulli
nello stato stazionario.
Il sistema di equazioni con cui Kim descrive l’economia è dato da:
𝐺
𝐺
̂𝑑 − 𝐸𝑑 𝐾
̂𝑑+1 ) + (𝐺̂𝑑
π‘ŒΜ‚π‘‘ = 𝐸𝑑 π‘ŒΜ‚π‘‘+1 + 𝜎 (1 − ) (−π‘ŸΜ‚π‘‘ + 𝐸𝑑 πœ‹Μ‚π‘‘+1 + 𝐾
π‘Œ
π‘Œ
− 𝐸𝑑 𝐺̂𝑑+1 )
(4.14)
πœ‹Μ‚π‘‘ = 𝛽𝐸𝑑 πœ‹Μ‚π‘‘+1 + 𝛾0 π‘ŒΜ‚π‘‘ + 𝛾1 𝐢̂𝑑 + 𝛾2 𝑋̂𝑑
(4.15)
π‘š
Μ‚ 𝑑 = πœ’ (𝜎 −1 𝐢̂𝑑 −
98
𝛽
π‘ŸΜ‚ )
1−𝛽 𝑑
(4.16)
SHOCK STRUTTURALI E FTPL
𝑏̂𝑑 +
π‘š
1 π‘š
𝐺
1
π‘š
1
π‘š
Μ‚ 𝑑 + ( + ) πœ‹Μ‚π‘‘ − 𝐺̂ = ( − πœ™π‘ ) 𝑏̂𝑑−1 + π‘š
Μ‚ 𝑑−1 + π‘ŸΜ‚π‘‘−1
𝑏
𝛽 𝑏
𝑏
𝛽
𝑏
𝛽
(4.17)
(4.18)
𝐺
𝐺
π‘ŒΜ‚π‘‘ = (1 − ) 𝐢̂𝑑 + 𝐺̂𝑑
π‘Œ
π‘Œ
𝐺̂𝑑 = πœ™πΊ 𝐺̂𝑑−1 + πœ‚Μ‚ 𝑑
(4.19)
dove le grandezze contrassegnate dal cappello si riferiscono a deviazione rispetto lo
stato stazionario, le grandezze in minuscolo sono reali e quelle in maiuscolo sono
[𝑒′(𝐢)]
invece nominali. Si definiscono inoltre: 𝜎 = − [𝑒′′(𝐢)𝐢] , πœ’ = −
[(1−𝛼)(1−𝛼𝛽)𝜎]
Μ… +πœƒ)]
[𝛼(πœ”
, 𝛾1 =
Μ…]
[(1−𝛼)(1−𝛼𝛽)πœ”
Μ… +πœƒ)]
[π›ΌπœŽ(πœ”
, 𝛾2 =
Μ…]
[(1−𝛼)(1−𝛼𝛽)πœ”
Μ… +πœƒ)]
[𝛼(πœ”
[𝑣 ′ (π‘š)]
[𝑣 ′′ (π‘š)π‘š]
, 𝛾0 =
[𝑀′(π‘Œ)]
,πœ”
Μ… = [𝑀 ′′ (π‘Œ)π‘Œ] . L’equazione
̂𝑑 è lo shock positivo ad essa, la
(4.14) rappresenta la domanda aggregata, dove 𝐾
(4.15) l’offerta aggregata, simile all’Equazione di Phillips ma con la differenza che le
aspettative correnti sul livello di inflazione futura producono effetti sul livello di
inflazione corrente, in linea con quanto visto nella caratterizzazione di Cochrane
(Cochrane 2010), e dove 𝑋̂𝑑 è lo shock positivo sull’offerta. L’equazione (4.16)
rappresenta la regola di politica monetaria, mentre la (4.17) è il vincolo di bilancio
del governo; la (4.18) rappresenta la condizione di equilibrio per il mercato dei beni
e la (4.19) la relazione che indica il cammino della spesa pubblica. In questo modello,
Kim riprende la definizione leeperiana dei regimi e definisce due diverse regioni a
seconda del valore assunto dai parametri monetario e fiscale πœ™πœ‹ e πœ™π‘ ,
rispettivamente:
-
1
𝛽
− 1 < πœ™π‘ e πœ™πœ‹ > 1: AMPF;
1
0 ≤ πœ™π‘ ≤ 𝛽 − 1 e 0 < πœ™πœ‹ < 1 : PMAF.
Per evidenziare il cammino del debito pubblico, Kim propone di modificare la (4.17),
riscrivendola come:
𝑏𝑏̂𝑑 = −(π‘Ÿπ‘ + π‘š)πœ‹Μ‚π‘‘ − (𝑇𝑇̂𝑑 − 𝐺𝐺̂𝑑 ) − π‘š(π‘š
̂𝑑 − π‘š
Μ‚ 𝑑−1 ) + π‘Ÿπ‘π‘ŸΜ‚π‘‘−1
(4.20)
+ π‘Ÿπ‘π‘Μ‚π‘‘−1
99
Capitolo 4
cioè in modo tale che il valore del debito pubblico sia funzione dell’inflation tax, del
surplus primario nominale, della variazione dei saldi monetari reali e degli interessi
sul debito stesso.
La calibrazione del modello pone 𝜎 = 1.5, 𝛽 = 0.99, πœ’ = 1.5, πœ”
Μ… = 1, 𝛼 = 0.75,
πœƒ = 10 ,
π‘š
𝑏
= 0.2 ,
𝐺
π‘Œ
= 0.2 e
𝐺
𝑏
= 0.07 ; viene ipotizzato inoltre che tutti i disturbi
strutturali seguano un processo auto-regressivo di passo 1, il cui coefficiente viene
assunto essere 0.8.
4.2. EFFETTI DEGLI SHOCK
Il primo shock di cui Kim indaga gli effetti è quello relativo ad un incremento della
spesa pubblica. Per caratterizzare i due regimi i valori dei parametri vengono fissati
come segue:
-
πœ™π‘ = 0.1 e πœ™πœ‹ = 1.1 in regime AMPF;
-
πœ™π‘ = 0 e πœ™πœ‹ = 0 in regime PMAF;
ipotizzando che in regime fiscale dominante il prelievo fiscale sia costante così come
la politica monetaria, mentre in regime monetario dominante entrambe le politiche
prevedano un effetto-feedback positivo.
In Figura 4.1 sono riportate le risposte delle variabili economiche all’impulso
sulla spesa pubblica. In regime AMPF, rappresentato con la linea tratteggiata, si
verifica un effetto immediato di stimolo alla domanda aggregata che produce una
crescita
dell’output
e
un’iniziale
crescita
del
livello
di
inflazione.
Contemporaneamente, tuttavia, l’aumento di spesa pubblica produce un
peggioramento del bilancio governativo; essendo il governo l’istituzione non
dominante dovrà preoccuparsi di aggiustare le proprie entrate in modo tale da non
incrementare il debito pubblico esistente. L’aumento nel prelievo fiscale è una
conferma di tale fenomeno e spiega anche come mai, a partire da una situazione
iniziale di stimolo alla domanda aggregata, il consumo rimanga inalterato: gli agenti
economici, consapevoli della validità dell’Equivalenza Ricardiana, si aspettano un
incremento del prelievo fiscale a seguito della spesa pubblica e di conseguenza
l’eccesso di domanda si trasforma in risparmio, che verrà destinato dagli agenti
100
SHOCK STRUTTURALI E FTPL
economici al pagamento delle maggiori tasse. Il momentaneo disequilibrio tra
domanda e offerta viene meno con la riduzione dell’output conseguente la riduzione
del consumo corrente, e con esso l’iniziale incremento del livello dei prezzi. A mano
a mano che si riduce il tasso di interesse diminuisce anche il valore del debito
pubblico a causa del minor peso degli interessi e quindi, con la riduzione
contemporanea anche del prelievo fiscale, si torna poi all’equilibrio iniziale senza
che vi siano effetti sull’economia.
Figura 4.1. Risposta ad impulso relativa ad uno shock nella spesa pubblica. Fonte: (Kim 2003).
L’analisi di Figura 4.1 conferma quindi quanto sostenuto da Woodford
(Woodford 1998) circa l’esclusione di qualsiasi possibile effetto delle politiche
fiscali sull’economia in condizioni di validità dell’Equivalenza Ricardiana, cioè in
regime AMPF. Volendo fornire un’ulteriore spiegazione agli effetti precedenti
utilizzando la teorizzazione di Cochrane (Cochrane 2010), si potrebbe ipotizzare
che, essendo la spesa pubblica accompagnata da comunicazione circa la modifica del
cammino dei surplus futuri – conseguente il maggiore prelievo fiscale, i consumatori
non riterrebbero il governo un’istituzione a rischio di insolvenza e, pertanto,
101
Capitolo 4
prefigurando il cammino delle entrate governative, manterrebbero i bond in
portafoglio evitando di modificare le proprie scelte di consumo e investimento.
In regime PMAF, invece, un aumento nella spesa pubblica non viene associato
ad una variazione del livello delle imposte perché non vi è validità dell’Equivalenza
Ricardiana; se tale manovra fiscale espansiva non accompagnata da una variazione
del valore attuale dei surplus futuri, porta i consumatori a ritenere i bond strumenti
ad elevato rischio e quindi a liberarsene, destinando il reddito derivante dalla loro
vendita al consumo di beni. Questo fenomeno rappresenta quanto descritto da
Cochrane come effetto ricchezza. Si verifica questa volta un aumento del consumo e
quindi dell’output, nonché un aumento del livello di inflazione conseguente il
disequilibrio tra domanda e offerta; la variazione inflazionistica è elevata rispetto al
caso precedente perché il meccanismo di disequilibrio sul mercato dei beni non è un
effetto istantaneo ma prolungato e massiccio. Il valore reale dei bond inoltre
diminuisce a causa dell’aumento di inflazione, che porta il salto iniziale di consumo
a ridimensionarsi. In condizioni di non validità dell’Equivalenza Ricardiana, quindi,
una politica fiscale attiva produce inflazione, a conferma di quanto sostenuto dai
teorici della dottrina FTPL.
Il secondo shock effettuato da Kim è quello sulla politica monetaria, i cui
effetti sono riportati in Figura 4.2., caratterizzato come un aumento del tasso di
interesse nominale. In regime AMPF, l’aumento dei tassi viene assorbito in maniera
preponderante dall’aumento del tasso di interesse reale dal momento che i prezzi
sono vischiosi, il che porta i consumatori a ritenere più conveniente posticipare i
consumi e quindi produce una riduzione della domanda aggregata. Quest’ultimo
esito a sua volta si trasmette sull’output e sull’inflazione, nonché sul valore dei saldi
monetari reali. L’aumento del valore reale dei bond conseguente l’iniziale riduzione
del livello di inflazione sembrerebbe portare inoltre il governo ad aumentare il
prelievo fiscale, fenomeno che non giustifica più l’aumento della domanda aggregata
in condizioni ricardiane; si tratta tuttavia di un effetto solo apparente, infatti ciò che
varia è il valore reale delle tasse, non l’aliquota. La politica monetaria in regime
monetary dominant produce effetti sul livello di inflazione, a conferma di quanto
102
SHOCK STRUTTURALI E FTPL
sostenuto dagli esponenti della Scuola di Chicago, e non vi è alcun tipo di
interferenza fiscale.
In regime PMAF, invece, un aumento del tasso di interesse nominale produce
un aumento delle passività governative derivante dalla crescita degli interessi sul
debito pubblico. Tale incremento, non accompagnato da una variazione
giustificabile del valore attuale dei surplus, produce un effetto ricchezza simile a
quello presentato in corrispondenza dello shock fiscale in regime PMAF. La
differenza sta nell’entità di variazione di consumo, output e inflazione, che in questo
caso è più contenuta dal momento in cui il disequilibrio tra il valore corrente delle
passività governative e le aspettative sul cammino dei surplus si discosta per il
valore degli interessi. A conferma di quanto evidenziato da Woodford e Leeper ed
accennato in precedenza, una politica monetaria restrittiva in regime di PMAF
produce un incremento del livello di inflazione, quindi un effetto contrario rispetto
a quello obiettivo della banca centrale, da cui la conferma dell’importanza di un
allineamento tra gli obiettivi e il comportamento tra questa e il governo.
9
Figura 4.2. Risposta ad impulso relativa ad uno shock nella politica monetaria. Fonte: (Kim
2003).
In Figura 4.3 e in Figura 4.4 sono riportati invece gli effetti degli shock nella
domanda aggregata e nell’offerta aggregata, rispettivamente. Il primo si riferisce ad
103
Capitolo 4
una variazione nel consumo corrente corrispondente ad una variazione nell’utilità
marginale derivante dal consumo corrente rispetto a quella futura. Tale situazione
può corrispondere, verosimilmente, a quella in cui il tasso di interesse reale è molto
basso, e induce un effetto di aumento dell’output e di inflazione positiva in entrambi
i regimi. In regime AMPF, tuttavia, tale effetto istantaneo si riduce gradualmente,
tornando al valore precedente lo shock, mentre in regime PMAF la riduzione
dell’effetto passa per uno stadio in cui l’inflazione è inferiore al valore obiettivo
precedente lo shock. In quest’ultimo caso, cioè, si verifica il fenomeno del cosiddetto
inflation reversal, corrispondente ad una piccolissima deflazione provocata dal
governo perché non in grado di garantire surplus futuri in linea con il minore valore
reale del debito pubblico ottenuto a seguito della crescita iniziale del livello dei
prezzi.
Figura 4.3. Risposta ad impulso relativa ad uno shock nella domanda aggregata. Fonte: (Kim
2003).
Lo shock di domanda aggregata può essere visto anche in chiave diversa seguendo
le teorizzazioni e i punti di vista di Buiter e Turner. In particolare, l’aumento di
domanda aggregata può rappresentare una manovra di helicopter drop in cui la
banca centrale effettua un trasferimento di circolante destinato ai consumatori per
104
SHOCK STRUTTURALI E FTPL
essere speso all’istante corrente; in entrambi i regimi, tuttavia, l’assenza di
coordinamento con il governo produce una variazione solo temporanea del livello
di inflazione.
Lo shock all’offerta aggregata, invece, si riferisce ad esempio a situazioni di
calo della produttività o aumento nel costo unitario di produzione. In
corrispondenza di tale scenario, si verifica un effetto inziale di aumento
dell’inflazione e del tasso di interesse contemporaneo ad una riduzione dell’output
in entrambi i regimi. In regime AMPF, l’eccesso di domanda rispetto all’offerta
produce un’inflazione iniziale, nonché una riduzione nei consumi. L’aumento del
livello dei prezzi, come nel caso precedente di shock alla domanda aggregata,
produce una riduzione del valore reale delle passività governative che inducono il
governo a dover ristabilire l’equilibrio di bilancio; si verifica quindi un aumento
della domanda di bond da parte dei consumatori e un conseguento aumento del loro
valore reale perché, essendo il cammino futuro dei surplus invariato, essi vengono
percepiti a sconto. A mano a mano che si riduce il disequilibrio tra domanda e offerta
sul mercato dei beni a causa del mutamento nella preferenza dei consumatori, che li
spinge a direzionare il proprio reddito verso i titoli di stato e non più verso i beni, il
tasso di inflazione si riduce e, con esso, il valore reale dei bond. In regime PMAF,
invece, uno shock all’offerta aggregata produce una diminuzione iniziale dell’offerta
che a sua volta si concretizza in una riduzione del consumo. Come nel caso di AMPF,
il valore reale delle passività governative diminuisce a causa dell’aumento di
inflazione derivante dal disequilibrio tra domanda e offerta; tuttavia, in questo caso,
il governo non deve rispettare il proprio vincolo di bilancio e fare in modo che il
valore attuale del passivo eguagli i ricavi futuri e quindi laddove vi sia una domanda
di bond da parte dei consumatori esso può incrementare la quantità di titoli in
circolazione. Non appena il governo inizia a vendere più bond, i consumatori
realizzano che tale aumento corrente delle passività non è accompagnato da una
variazione del cammino dei surplus e quindi si verifica una controtendenza nel loro
comportamento – l’output reversal, che li porta a tornare al livello originale di
consumo e di domanda immediatamente successivo lo shock. La variazione di
offerta aggregata è difficile da analizzare in chiave diversa da quella rappresentata
105
Capitolo 4
da Kim, ovvero riguardante un calo nella produttività o un aumento del costo
unitario di produzione. Nelle teorizzazioni di FTPL esposte nella presente
trattazione, infatti, la non validità dell’Equivalenza Ricardiana come un mutamento
delle aspettative porta i consumatori a modificare il proprio comportamento, quindi
induce una variazione nella domanda aggregata, e non nell’offerta.
Figura 4.4. Risposta ad impulso relativa ad uno shock nell’offerta aggregata. Fonte: (Kim
2003).
In conclusione, l’analisi effettuata da Kim consente di validare quanto
affermato dalla dottrina FTPL circa l’effettiva capacità del governo di avere influenza
sul livello di inflazione e sul prodotto nazionale nel momento in cui si rifiuti di
attenersi al rispetto del proprio vincolo di bilancio o nel momento in cui vi sia una
variazione delle aspettative dei consumatori circa la solvibilità futura governativa. I
risultati degli shock sono infatti analizzabili sia dal punto di vista delle teorie
precedenti la crisi di Leeper (Leeper 1991) e Woodford (1998) (Woodford 1998),
sia da quello dei teorici successivi, come Cochrane (Cochrane 2010), Buiter (2014)
(Buiter 2014) e Turner (2013). Sebbene non si tratti di una conferma empirica, pone
le basi per l’approfondimento con studi successivi di un’effettiva adozione da parte
106
SHOCK STRUTTURALI E FTPL
della banca centrale e del governo e degli effetti empirici di un effettivo
coordinamento tra le due istituzioni, non indagato dall’autore. I regimi leeperiani e
woodfordiani infatti rappresentano una spiegazione di quanto potrebbe verificarsi
a seconda del comportamento delle due istituzioni; tuttavia, il passo successivo è
quello di delineare gli effetti sperimentali di un coordinamento monetario-fiscale sul
sistema economico, dimostrandone anche da un punto di vista empirico la necessità
e applicabilità.
4.3. ANALISI EMPIRICA
Obiettivo di Kim, alla luce dell’identificazione del fenomeno dell’inflation reversal in
corrispondenza di uno shock alla domanda aggregata in regime PMAF, è indagare da
un punto di vista empirico se tale fenomeno si sia osservato storicamente, per
esplorare la possibilità di una presenza del regime PMAF nella storia economica
passata.
Per confrontare le predizioni tramite risposta ad impulso con i dati, si
costruisce un modello VAR che include due variabili: crescita dell’output e tasso
d’inflazione. L’ipotesi di lungo periodo che supporta l’analisi empirica è che gli effetti
di uno shock sulla domanda aggregata o sull’offerta aggregata non abbiano effetti
sul livello di output di lungo periodo (Blanchard & Quah 1989). Il modello è
costituito da due equazioni:
[
𝑑 log(π‘Œπ‘‘ )
𝛹
𝛹 (𝐿) + 𝛹12 (𝐿) πœ€π΄π‘†,𝑑
] = [ 1 ] + [ 11
][
] , 𝛹12 (1) = 0
𝛹2
𝑑 log(𝑃𝑑 )
𝛹21 (𝐿) + 𝛹22 (𝐿) πœ€π΄π·,𝑑
(4.21)
dove 𝛹𝑖 è una costante, 𝛹𝑖𝑗 (𝐿) è un polinomio nell’operatore ritardo L, πœ€π΄π·,𝑑 è lo
shock sulla domanda aggregata e πœ€π΄π‘†,𝑑 quello sull’offerta aggregata. Il periodo
storico su cui viene effettuata l’analisi va dal 1947 al 2000 e l’economia di
riferimento è quella statunitense. L’intervallo temporale complessivo viene
suddiviso in tre sottoperiodi sulla base dei principali cambiamenti nella conduzione
della politica monetaria: 1947-1959, 1960-1982 e 1983-2000 (i criteri di
separazione vengono ripresi da Blanchard e Perotti (Blanchard & Perotti 2002)).
Come si nota in Figura 4.5, nel secondo dopoguerra è stata intrapresa una politica
107
Capitolo 4
fiscale restrittiva, volta a coprire l’aumento di debito pubblico derivante dagli
inegnti trasferimenti ai veterani di guerra effettuati dalla National Service Life
Insurance. Dal 1960 al 1982, invece, si assiste ad una ristrutturazione delle imposte,
come accennato nel capitolo 1 in riferimento alla presidenza di Reagan. Infine, gli
anni dal 1983 al 2000 sono accomunati da una tendenza mediamente stabile.
Figura 4.5. Andamento della politica fiscale in USA (1947-2000). Fonte:(Blanchard & Perotti
2002).
In Figura 4.6 è riportata la risposta ad impulso dell’output e del tasso di
inflazione nel primo sottoperiodo; gli intervalli di confidenza vengono costruiti
considerando un errore di prima specie pari al 10%. Lo shock sulla domanda
aggregata produce un effetto di segno analogo sulle variabili (inflazione e output),
mentre quello sull’offerta aggregata determina un effetto di segno opposto. Questi
risultati sono coerenti con le predizioni teoriche ottenute al paragrafo precedente
attraverso l’analisi di risposta all’impulso; tale evidenza empirica conferma quindi
la validità del modello.
Le analisi empiriche effettuate sui due sottoperiodi successivi, riportate in
Figura 4.7, portano alle stesse conclusioni.
In tutti i casi, l’effetto iniziale tende a smorzarsi nel tempo e a tornare al suo
valore di stato stazionario. Nel primo sottoperiodo si identifica il fenomeno
dell’inflation reversal sia in riferimento ad uno shock alla domanda aggregata sia
rispetto all’offerta aggregata; nei restanti due sottoperiodi, invece, non vi è evidenza
empirica di tale fenomeno. Sembrerebbe quindi che tra gli anni ’40 e ’50 vi sia stato
108
SHOCK STRUTTURALI E FTPL
un regime PMAF. Pertanto, Kim giunge alla conclusione che un approfondimento
circa l’effetto di uno shock alla spesa pubblica in tale periodo potrebbe essere
interessante, poiché indagherebbe da un punto di vista empirico gli effetti economici
di una maggiore espansione fiscale in regime PMAF.
109
Capitolo 4
Figura 4.6. Risposta ad impulso nel modello VAR, primo sottoperiodo. Fonte: (Kim 2003).
110
SHOCK STRUTTURALI E FTPL
Figura 4.7. Risposta ad impulso nel modello VAR, secondo e terzo sottoperiodo. Fonte: (Kim
2003).
111
5. CRITICHE ALLA FTPL
Una delle principali critiche alla FTPL e all’attuazione di politiche fiscali in disavanzo
è l’effetto di espansione del bilancio della banca centrale che deriva dalle operazioni
di finanziamento del debito pubblico in maniera massicia da parte dell’istituzione
centrale. Proprio in seguito alla crisi finanziaria si verifica infatti l'esecuzione di
politiche monetarie fortemente non convenzionali da parte delle principali banche
centrali – con maggiore riferimento soprattutto alla FED, alla BCE, alla BOJ e alla
Swiss National Bank – caratterizzate da acquisto in massa di titoli di stato, finanziato
con un aumento del livello di riserve dell’ordine di grandezza dei trilioni di dollari.
Come accennato nella caratterizzazione di Cochrane, una forte espansione delle
riserve della banca centrale si trasforma in un problema di potenziale instabilità
dell’istituzione monetaria centrale derivante dal fatto che, non appena il periodo di
crisi accenna a scomparire, il rialzo dei tassi di interesse sui mercati oppure
l’eventuale default di alcuni tra i crediti posseduti possono condurre l’istituzione
centrale in difficoltà. Gli studi sulla solvibilità della banca centrale a seguito delle
poltiche monetarie non convenzionali ed espansive riguardano principalmente due
ambiti: il primo consiste nell’indagare come il capitale posseduto dalla banca
centrale sotto forma di riserve possa influenzare la conduzione della politica
monetaria e quindi l’inflazione; il secondo invece studia l’eventualità in cui tale
capitale diventi negativo, focalizzandosi più sulle dinamiche di bilancio
dell’istituzione che sugli effetti macroeconomici dello stesso. Un’altra forte critica
alla FTPL riguarda invece la dimensione fiscale, ed in particolare fa riferimento
all’esistenza del cosiddetto Fiscal Limit. Nel momento in cui, infatti, si fa riferimento
all’espansione fiscale come stimolo alla domanda aggregatata, già nella
caratterizzazione di Woodford (Woodford 1998) si trova un primo accenno al
problema dell’esistenza di una quantità di debito pubblico che non consente al
governo di indebitarsi ulteriormente. In quest’ultimo caso, il meccanismo di
generazione di inflaizone attraverso l’effetto ricchezza e lo stimolo alla domanda
Capitolo 5
aggregata non funziona, proprio perché il governo deve prestare attenzione al
rimborso del proprio debito pubblico esistente e all’ottimizzazione della propria
struttura di bilancio.
5.1. LA CARATTERIZZAZIONE DI REIS E HALL
Nell’articolo Mantaining central-bank financial stability under new-style central
banking (Hall & Reis 2015), Robert E. Hall e Ricardo Reis affrontano il tema della
stabilità finanziaria della banca centrale, analizzando gli effetti delle politiche
monetarie fortemente espansive che hanno caratterizzato gli anni seguenti la crisi
dei subprime.
Punto di partenza dell’analisi è l’identificazione di tre tipologie di rischio a
cui è soggetta la banca centrale, che sono, secondo i due autori, essenzialmente tre:
rischio di tasso di interesse, che deriva dalla posizione assunta in bond di lungo
termine, rischio di default, derivante invece dalla detenzione di bond che potrebbero
diventare non performing e, infine, rischio di tasso di cambio, che aumenta
all’aumentare della posizione assunta in valuta estera e oro. A partire da tali rischi,
si cerca di modellizzare il nuovo stile di politica monetaria intrapreso dalle banche
centrali, per poi analizzare la stabilità finanziaria di FED e BCE in relazione ai tre
rischi precedenti e all’interazione con i relativi governi.
5.1.1. Il vincolo di bilancio della banca centrale
Si indichi con 𝑉 il valore, in unità di prodotto nazionale, delle riserve detenute dalla
banca centrale, consistenti in debito di durata pari ad un periodo nei confronti delle
banche commerciali; sia 𝑝 il livello dei prezzi. Le riserve vengono utilizzate
dall’istituzione monetaria centrale per l’acquisto di titoli, solitamente titoli di debito
pubblico, e parte del loro rendimento viene conferito alle banche commerciali come
forma di pagamento di interessi sulle riserve stesse18. Si usa lo scalare 𝑠 per indicare
un particolare momento economico, dove 𝑠 è una variabile categorica che potrà
Il tasso di interesse pagato sulle riserve può essere anche negativo, nel momento in cui si cerca di
stimolare le banche commerciali ad incrementare i crediti concessi alle imprese.
18
114
CRITICHE ALLA FTPL
assumere un insieme finito di valori diversi e non ordinabili nell’insieme {1, … , 𝑆}.
Sia invece πœ”π‘ ,𝑠′ la probabilità di transizione dallo stato economico 𝑠 allo stato 𝑠’ e
π‘šπ‘ ,𝑠′ il fattore di sconto per i saldi reali. Il valore attuale di un saldo reale futuro (𝑦𝑠′ )
sarà dato da:
𝑉(𝑦𝑠′ ) = ∑ πœ”π‘ ,𝑠′ π‘šπ‘ ,𝑠′ 𝑦𝑠′
(5.1)
𝑠′
Si ipotizzi inoltre che la politica monetaria fissi il tasso di interesse nominale
sulle riserve 𝑖𝑠 19 , e che il tasso di inflazione sia πœ‹π‘  =
𝑝′
𝑝
− 1. Il valore reale di una
unità di riserve è ottenibile come:
1 + 𝑖𝑠
1 + 𝑖𝑠
𝑉( ′ ) =
𝑝
𝑝′(𝑖 + π‘Ÿπ‘  )
(5.2)
dove π‘Ÿπ‘  è il tasso di interesse reale. Sapendo che il valore reale di una unità di riserve
è 1/𝑝, dalla (5.2) è possibile ricavare la (5.3), che altro non è che l’Equazione di
Fisher di politica monetaria.
πœ‹π‘  =
1 + 𝑖𝑠
−1
𝑖 + π‘Ÿπ‘ 
(5.3)
La banca centrale che voglia ottenere un certo livello di inflazione andrà infatti
a fissare un tasso di interesse nominale che sia coerente con l’equazione (5.3). La
politica fiscale invece interagisce con quella monetaria aggiustando di periodo in
perido il livello del prelievo fiscale e di spesa pubblica in modo da rispettare il
proprio vincolo di spesa. Si ipotizza che, nell’effettuare tali aggiustamenti, il governo
persegua obiettivi propri, che non sono sotto il controllo della banca centrale, e di
cui essa non conosce le caratteristiche – pertanto, ai suoi occhi, sono assimilabili a
cammini casuali.
Si includano tutti gli asset della banca centrale in un’unica categoria, i bond,
denotando con 𝐡𝑠 ≥ 0 il numero di bond totale detenuti. Questo strumento
finanziario paga un interesse reale il periodo successivo pari a πœƒ 𝑐𝑠 + (1 − πœƒ) 𝑒𝑠′
dove 𝑒𝑠′ è la variazione di prezzo dei beni in valuta estera intercorsa tra un priodo
Tutte le variabili che, nella trattazione, presentano il pedice s sono variabili il cui valore dipende
dallo stato in cui si trova l’economia.
19
115
Capitolo 5
e il successivo e πœƒ è la percentuale di beni nazionali sul totale posseduto, che paga
una cedola 𝑐𝑠 . Muovendosi da un periodo al successivo, i bond pagheranno un
interesse reale pari a quello del primo periodo decrementato di una quantità pari a
(1 − 𝛿)𝑑 dove 𝑑 è il numero di periodi trascorsi, all’istante corrente, da quello
iniziale e 𝛿 è l’interesse pagato dalla banca centrale alle banche commerciali sulle
riserve, che sono state impiegate per acquistare tali bond. Il prezzo di vendita dei
bond è invece π‘žπ‘  . Il valore totale del portafoglio della banca centrale sarà:
π‘žπ‘‘πΏ 𝐡𝑑𝐿 + π‘žπ‘‘π‘† 𝐡𝑑𝑆 + πœ–π‘‘ 𝐡𝑑𝐹 = π‘žπ‘‘ 𝐡𝑑
(5.4)
dove l’apice 𝐿 fa riferimento ai bond di lungo termine, l’apice 𝑆 al breve termine e
l’apice 𝐹 ai bond in valuta estera; πœ–π‘‘ è il tasso di cambio reale per i bond in valuta. Il
guadagno complessivamente ottenuto dal portafoglio di bond il periodo successivo
– al netto della perdita di valore (1 − 𝛿) – è:
π‘žπ‘‘+1 [πœƒ 𝑐𝑑 + (1 − πœƒ)𝑒𝑑+1 − (1 − 𝛿)]𝐡𝑑
(5.5)
Guardando la relazione (5.4) è possibile capire come mai i tre principali rischi
a cui è soggetta l’istituzione monetaria sono il rischio di interesse, il rischio di credito
e il rischio di tasso di cambio. Il rischio di credito comporta che il bond non paghi
cedole, questione sperimentata di recente dalla BCE a causa dell’elevato ammontare
di buoni del tesoro della Grecia posseduti. Il rischio di tasso di interesse comporta
variazioni nel prezzo π‘žπ‘  tramite la relazione:
π‘žπ‘  = 𝑉(πœƒ 𝑐𝑠 + (1 − πœƒ)𝑒𝑠′ + (1 − 𝛿)π‘žπ‘ ′ )
(5.6)
soprattutto laddove 𝛿 < 1. Il rischio di variazione del tasso di cambio viene invece
incorporato in una variazione del parametro 𝑒𝑠′ . Solo se tutti e tre i parametri 𝑐𝑠 , πœƒ, 𝛿
sono pari ad 1 il bond è risk-free e si ottiene che:
π‘žπ‘  =
𝑐𝑠
1 + π‘Ÿπ‘ 
(5.7)
L’unica fonte certa di introito per la banca centrale risiede nei ricavi da
signoraggio; dato che però il signoraggio riguarda soltanto le banconote stampate e
non gli interessi pagati sulle riserve, la banca centrale non controlla direttamente i
116
CRITICHE ALLA FTPL
propri introiti, proprio perché in periodi di crisi le banche possono scegliere di
depositare presso l’istituzione centrale molto più delle riserve obbligatorie. Dato
che il volume di banconote è rietenuto stabile nelle economie sviluppate, si ipotizza
che il valore reale di banconote detenute dal governo sia una funzione dello stato
economico corrente 𝑁𝑠 . Il signoraggio è quindi esprimibile come:
𝑛𝑠,𝑠′ =
𝑝′ 𝑁𝑠′ − 𝑝𝑁𝑠
𝑁𝑠
= 𝑁𝑠′ −
𝑝′
πœ‹π‘ 
(5.8)
La relazione (5.8) è importante perché lega il ricavo da signoraggio
all’inflazione, e quindi fornisce alla banca centrale una modalità indiretta di
controllo dello stesso; quando infatti l’inflazione aumenta, il signoraggio ottenibile
il periodo successivo aumenta. Il vincolo di bilancio della banca centrale quindi è
ottenibile come:
𝑉 ′ − 𝑉 = π‘Ÿπ‘  𝑉 + π‘žπ‘ ′ [𝐡𝑠′ − (1 − 𝛿)𝐡𝑠 ] + 𝑑𝑠′ − [πœƒ 𝑐𝑠 + (1 − πœƒ)𝑒𝑠′ ]𝐡𝑠
− 𝑛𝑠,𝑠′
(5.9)
dove 𝑉′ − 𝑉 è la quantità di riserve che può emettere la banca centrale nel passaggio
dallo stadio economico 𝑠 allo stadio 𝑠’. Tale quantità è data dalla somma di: interesse
reale relativo alle riserve emesse in precedenza ( π‘Ÿπ‘  𝑉 ), valore reale dei bond
acquistati (π‘žπ‘ ′ [𝐡𝑠′ − (1 − 𝛿)𝐡𝑠 ]) e dividendi pagati al governo 𝑑𝑠′ ; le entrate di
cassa, che decrementano il fabbisogno di nuove riserve, sono invece date dalla
somma di interesse percepito sui bond precedentemente acquistati e ricavi da
signoraggio. Se la banca non emette riserve, allora il suo vincolo di bilancio sarà dato
da:
𝑑𝑠′ = 𝑛𝑠,𝑠′
(5.10)
cioè essa trasferisce, periodo per periodo, i propri ricavi da signoraggio al governo.
5.1.2. La stabilità finanziaria della banca centrale
Se per valutare la stabilità finanziaria di un’istituzione si fa riferimento al suo valore
terminale, al suo valore di mercato o alla sua leva finanziaria, tali criteri perdono di
significato se applicati alla banca centrale. Non ha senso infatti parlare di valore
117
Capitolo 5
residuale per un’istituzione imperitura, il valore di mercato è difficilmente
determinabile dal momento in cui il suo equity è posseduto dalle banche centrali
nazionali degli stati membri. Quando inoltre la banca centrale effettua un acquisto
di attività private o pubbliche il pagamento effettuato – in circolante o assegni – va
ad incrementare contermporaneamente le proprie passività20. Nel momento in cui,
invece, essa vuole effettuare una vendita delle proprie attività, si verifica una
riduzione dell’attivo ma anche una riduzione del passivo, perché il pagamento
effettuato dalla banca commerciale e/o dall’istituzione privata per l’ottenimento di
quel bene consiste nella diminuzione della quantità di moneta in circolazione nel
sistema economico. Tuttavia, se gli agenti privati – banche e altre istituzioni – si
rifiutano di acquistare le attività detenute dalla banca centrale – ad esempio titoli di
stato, le sue riserve aumentano in maniera indefinita (si tratta in un certo senso di
quanto accennato da Cochrane circa il problema che la banca centrale si trova ad
affrontare nel liberarsi dei titoli di credito statali o privati acquistati con la liquidità
derivante dalle riserve).
La crescita indefinita delle riserve è scatenata dal fatto che, oltre a non trovare
acquirenti per le proprie passività, la banca centrale deve comunque corrispondere
i dividendi al governo e pagare interessi alle banche commerciali sulle riserve stesse.
Reis e Hall, nell’articolo, vanno infatti ad analizzare quali regole di distribuzione dei
dividendi garantiscano alle riserve dell’istituzione monetaria di non crescere in
maniera incontrollata. Il verificarsi di quest’ultimo scenario provocherebbe anche il
venir meno del principio di indipendenza della banca centrale, che afferma che “una
banca centrale è indipendente finché rispetta la regola di distribuzione dei dividendi
senza che le proprie riserve siano caratterizzate da crescita esplosiva” (Cukierman
2008).
La maggior parte delle banche centrali tende a basare la propria regola di
distribuzione dei dividendi sul concetto di utile netto; tale assunzione conduce a
definire la regola classica di distribuzione dei dividendi come:
L’ipotesi indiretta sottostante tale affermazione è che il patrimonio netto finanziario della banca
centrale sia zero.
20
118
CRITICHE ALLA FTPL
𝑑𝑠′ = [πœƒ 𝑐𝑠 + (1 − πœƒ)𝑒𝑠′ + π‘žπ‘ ′ − π‘žπ‘  − π›Ώπ‘žπ‘ ′ ]𝐡𝑠 + 𝑛𝑠,𝑠′ − π‘Ÿπ‘  𝑉
(5.11)
dove la quantità π‘žπ‘ ′ − π‘žπ‘  rappresenta il capital gain (al netto della depreciation,
π›Ώπ‘žπ‘ ′ ). Secondo la (5.11) quindi il valore dei dividendi è pari alla differenza tra il
rendimento ottenuto dai bond acquistati al periodo precedente e dai ricavi da
signoraggio e gli interessi pagati sulle riserve. Questa regola di distribuzione dei
dividendi viene chiamata dai due autori mark-to-market dividend rule, in
riferimento al fatto che il valore del dividendo viene sistematicamente aggiustato in
funzione dei prezzi correnti di mercato. Sostituendo la relazione (5.11) all’interno
della (5.9), è possibile scrivere la relazione che indica la quantità di riserve relative
allo stadio economico 𝑠 rispetto a quello iniziale come:
𝑉 𝑠 = π‘žπ‘  𝐡 𝑠 + 𝑉 0 − π‘ž0 𝐡 0
(5.12)
La quantità di riserve detenuta nel periodo 𝑠 sarà pari alla differenza tra il valore di
mercato corrente e il valore iniziale dei bond, a cui si somma il valore iniziale delle
riserve. La (5.12) assicura che l’evoluzione delle riserve sia sotto controllo e non
conduca ad un espansione incontrollata del bilancio della banca centrale; la prova
di questa affermazione è ricercabile nella relazione:
𝑉𝑠′ − π‘žπ‘ ′ 𝐡𝑠′ = 𝑉𝑠 − π‘žπ‘  𝐡𝑠
(5.13)
ottenuta a partire dalla (5.12) considerando uno stadio economico 𝑠 ed il suo
successivo 𝑠’. Si ipotizzi, inoltre, che l’economia stia affrontando un periodo di forte
crisi economica e che decida di intraprendere una manovra di QE nel tentativo di
stimolare la ripresa – come successo negli Stati Uniti dopo la crisi dei subprime.
L’acquisto di un ingente quantitativo di titoli attraverso il QE comporta un
incremento della quantità π‘žπ‘ ′ 𝐡𝑠′ ; affinché la (5.14) sia valida, l’incremento di risorse
dovrà essere 𝑉𝑠 − π‘žπ‘  𝐡𝑠 + π‘žπ‘ ′ 𝐡𝑠′ > 0; si vericherà quindi un’espansione delle riserve.
Nel momento in cui la crisi sia superata si verificherà una manovra speculare di
riduzione del quantitativo di titoli in portafoglio che porterà ad una contrazione
delle riserve.
119
Capitolo 5
L’utile netto della banca centrale è definibile come la variazione di
patrimonio netto quando i dividendi sono zero, dove il patrimonio netto è
esprimibile come:
π‘π‘Š = 𝑝(π‘žπ‘  𝐡𝑠 − 𝑉 − 𝑁𝑠 )
(5.14)
Fissare i dividendi sulla base dell’utile netto vuol dire che il patrimonio netto
è costante nel tempo, cioè: π‘π‘Š = 𝑝′π‘Š′.
Combinando le relazioni (5.12), (5.14) e (5.9) si ottiene una regola di
distribuzione dei dividendi a valori correnti di mercato in termini nominali:
𝑑𝑠′ = [πœƒ 𝑐𝑠 + (1 − πœƒ)𝑒𝑠′ + π‘žπ‘ ′ −
π‘žπ‘ 
𝑖𝑠 𝑉
− π›Ώπ‘žπ‘ ′ ] 𝐡𝑠 −
1 + πœ‹π‘ 
1 + πœ‹π‘ 
(5.15)
che consente di legare il valore dei dividendi, tramite il valore di mercato dei bond,
al livello di inflazione. Se π‘Š0 = 0, le riserve seguiranno un cammino dato dalla
relazione:
𝑉𝑠 = π‘žπ‘  𝐡𝑠 − 𝑁𝑠
(5.16)
Altrimenti, se π‘Š0 > 0, le riserve seguiranno un cammino dato dalla relazione:
𝑑−1
𝑉𝑑 = π‘žπ‘‘ 𝐡𝑑 − 𝑁𝑑 − ∏ (
𝜏=0
1
) π‘Š0
1 + πœ‹π‘‘
(5.17)
cioè se l’inflazione è sempre positiva, le riserve descrescono di una componente
positiva anno dopo anno, rendendo la banca centrale stabile ed escludendo
l’esistenza di un cammino esplosivo.
Prima della crisi, la FED aveva in portafoglio quasi soltanto titoli pubblici di
breve termine; il suo lo stile di politica monetaria è secondo i due autori
caratterizzabile quindi come:
𝑑𝑠′ = 𝑛𝑠,𝑠′ + π‘Ÿπ‘  (π‘ž0 𝐡0 − 𝑉0 )
(5.18)
cioè tale per cui 𝛿 = πœƒ = 𝑐𝑠 = 1 . Il nuovo stile di politica monetaria è invece
caratterizzato dall’acquisto di titoli di stato anche di lunga durata, ed è quindi
rappresentabile come:
120
CRITICHE ALLA FTPL
𝑑𝑠′ = 𝑛𝑠,𝑠′ + π‘Ÿπ‘  (π‘ž0 𝐡0 − 𝑉0 ) + [πœƒπ‘π‘  + (1 − πœƒ)𝑒𝑠′ − π›Ώπ‘žπ‘ ′ − π‘Ÿπ‘  π‘žπ‘  ]𝐡𝑠
+ (π‘žπ‘ ′ − π‘žπ‘  )𝐡𝑠
(5.19)
Il termine che differenzia la (5.19) dalla (5.18) è ottenuto tramite la somma
della remunerazione ottenuta dai bond – al netto del suo fattore di deprezzamento
e del suo costo, cioè l’interesse reale da corrispondere sulle riserve – e il guadagno
derivante dalla variazione del valore di mercato dei titoli. Il patrimonio netto sarà
quindi negativo, nel nuovo stile di conduzione della politica monetaria, qualora il
rendimento sui bond o il loro valore di borsa si riduca, oppure il tasso di cambio
reale si apprezzi. È possibile riscrivere la regola di distribuzione dei dividendi (5.19)
come:
𝑑𝑠′ =
𝑖𝑠
1 + 𝑖𝑠
(𝑁𝑠 + π‘Š0 ) + [πœƒπ‘π‘  + (1 − πœƒ)𝑒𝑠′ + (1 − 𝛿)π‘žπ‘ ′ −
π‘ž ]𝐡
1 + πœ‹π‘ 
1 + πœ‹π‘  𝑠 𝑠
(5.20)
𝑖
𝑠
(𝑁𝑠 + π‘Š0 ) rappresenta l’inflation tax, ovvero la tassa implicita subita da
dove 1+πœ‹
𝑠
coloro i quali detengono banconote al posto di titoli portatori di interesse positivo,
mentre i termini tra parentesi quadre rappresentano la differenza tra il valore
attuale del pagamento sui bond e quello atteso. Il pagamento di interessi sulle
riserve non produce quindi un effetto di crescita esplosiva delle risorse perché si
bilancia con l’effetto prodotto di riduzione del patrimonio netto. Se 𝛿 = πœƒ = 𝑐𝑠 = 1
inoltre, il termine tra parentesi quadre si annulla e il patrimonio netto risulta
sempre positivo. Ciò che distingue quindi il vecchio stile di politica monetaria dal
nuovo non è tanto l’incremento nell’acquisto di titoli di stato o la variazione della
durata dei bond comprati, quanto la detenzione di beni rischiosi.
La possibilità di utile netto negativo e, quindi, di dividendi negativi, comporta
che il governo può doversi trovare ad effettuare un trasferimento nei confronti della
banca centrale. Dal momento in cui, tuttavia, ogni trasferimento fiscale è soggetto
all’autorità governativa, non è detto che tale scambio avvenga. Per salvaguardarsi
da situazioni di questo tipo, la banca centrale può ricercare una politica di dividendi
che forzi i dividendi ad essere nulli quando l’utile netto è negativo:
𝑑𝑠′ = max(𝑦𝑠 , 0)
(5.21)
121
Capitolo 5
dove 𝑦𝑠 indica l’utile netto. La quantità di riserve addizionali che, in corrispondenza
di dividendi negativi, la banca centrale dovrebbe emettere è quindi pari allo
scoperto: 𝑧𝑠 = 𝑑𝑠 − 𝑦𝑠 , e il cammino delle riserve diventa:
𝑉𝑑 = π‘žπ‘‘ 𝐡𝑑 + (𝑉0 − π‘ž0 𝐡0 ) + 𝑍𝑑
(5.22)
In questo caso le riserve crescono in maniera indefinita, perché il fattore 𝑍𝑑 è sempre
non negativo.
L’applicazione invece della regola di non negatività (5.21) alla regola classica
di distribuzione in termini nominali, porta ad un risultato diverso; infatti,
combinando le due precedenti con la (5.9) si ottiene:
1
π‘Š′ = (
) π‘Š − 𝑧′
1 + πœ‹π‘ 
(5.23)
e il cammino delle riserve risultante è dato da:
∞
1
𝑉𝑑 = π‘žπ‘‘ 𝐡𝑑 − 𝑁𝑑 − ∏ (
) π‘Š0 + 𝑍𝑑
1 + πœ‹πœ
(5.24)
𝜏=0
La quantità di bond acquistati e di circolante emesso dipende dallo stadio
economico 𝑑 e, finché l’inflazione è positiva, la produttoria di equazione (5.24) va a
decrementare il valore delle riserve da emettere per coprire le uscite e le riserve
sono stazionarie. Solo quando si verifica inflazione negativa il termine 𝑍𝑑 è sempre
positivo e si verifica lo scenario di crescita esplosiva delle riserve.
Concretamente, parlare di dividendi negativi significa far riferimento alla
situazione in cui il governo non corrisponde alla banca centrale gli interessi dovuti
sui titoli di stato e/o il rimborso del valore nominale di tali titoli. Quindi, secondo i
due autori, più c’è coordinamento tra la banca centrale e il governo è più la prima
mette la propria stabilità finanziaria a rischio, incrementando la probabilità che le
proprie riserve crescano in maniera incontrollata e quindi che essa diventi a sua
volta insolvente.
122
CRITICHE ALLA FTPL
5.1.3. La FED e il rischio di tasso di interesse
Come già citato, prima del 2008 la FED aveva in portafoglio quasi esclusivamente
buoni del Tesoro di breve termine, caratterizzati da un basso rischio di credito, e
non pagava interessi sulle riserve. Dopo la crisi, invece, l’istituzione monetaria si è
comportata a tutti gli effetti come un hedge fund, dal momento in cui prendeva a
prestito a tassi di interesse molto bassi sui mercati di breve termine per finanziare
l’acquisto di titoli di lungo termine e quindi portatori di rendimenti più alti,
riuscendo quindi ad ottenere un utile netto positivo. Essendo il suo portafoglio
attuale costituito da titoli di lungo termine finanziati con titoli di breve termine,
qualora si verificasse un aumento dei tassi di interesse il valore dei titoli maturi
scenderebbe, e il costo delle riserve aumenterebbe. Utilizzando i dati dei report
annuali prodotti dalla FED dal 2009 al 2013, infatti, Reis e Hall stimano che la
maturità media delle attività finanziarie detenute è pari a circa otto anni21.
Per capire quale sia il reale pericolo derivante dal comportamento della banca
centrale statunitense durante e dopo la crisi, i due autori effettuano un’analisi per
scenari volta ad indagarne la solvibilità. I dati utilizzati sono quelli che coprono
l’orizzonte temporale che va dal 1954 al 2013 e, dal momento in cui la FED detiene
pochissimi investimenti in valuta estera e detiene quasi esclusivamente bond del
tesoro, si ha che 𝑐𝑠 = πœƒ = 1. Gli stadi economici considerati sono cinque, di cui i
primi quattro precedenti il 2008 e il quinto relativo alla crisi finanziaria, la cui durata
attesa stimata dai due economisti è di cinque anni. Con riferimento alla Tabella 5.1.
Input all'analisi per scenari relativa alla FED. le variabili esogene in input al modello
sono date da: stadio economico (𝑠), tasso di interesse (π‘Ÿ), detenzione di bond (π‘žπ΅),
𝑝′
moneta (𝑁) e livello di inflazione ( 𝑝 − 1); il prezzo dei bond (π‘ž) è considerato invece
endogeno. Per identificare le riserve, si effettua la differenza tra la detenzione di
bond e la quantità di moneta, considerando il ruolo residuale del signoraggio
nell’economia statunitense.
21
Questo dato viene ipotizzato costante nell’analisi per scenari effettuata dai due autori.
123
Capitolo 5
Tabella 5.1. Input all'analisi per scenari relativa alla FED. Fonte: (Kim 2003).
𝑠
π‘Ÿ
π‘žπ΅
𝑁
𝑝′
−1
𝑝
π‘ž
1
4.33
4.78
4.86
3.00
6.71
2
1.92
5.44
5.45
2.70
6.83
3
1.32
5.29
5.31
3.33
6.96
4
-0.61
5.60
5.37
6.60
7.22
5
-1.47
14.48
6.48
1.87
7.64
La colonna relativa al prezzo dei bond di Tabella 5.1 è ottenuta attraverso
l’applicazione della relazione:
(5.25)
π‘žπ‘  = 𝒱(𝑐𝑠 + (1 − 𝛿)π‘žπ‘ ′ )
Stabilità della FED nel caso base
Il primo scenario analizzato è quello in cui la FED riceva i flussi di cassa da
parte del Tesoro senza ritardi né dilazioni. In questo caso, le riserve seguono la
(5.17) e non c’è preoccupazione circa la stabilità finanziaria dell’istituzione, essendo
il cammino delle riserve non esplosivo. La stima dell’utile netto è riportata in Tabella
5.2. Utile netto per lo scenario base della FED., in percentuale rispetto al PIL
statunitense.
Tabella 5.2. Utile netto per lo scenario base della FED. Fonte: (Kim 2003).
Dallo stadio
124
Allo stadio
1
2
3
4
5
1
0.245
0.322
0.399
0.564
0.824
2
0.157
0.243
0.329
-
-
3
0.090
0.172
0.254
0.431
_
4
0.044
0.128
0.212
0.392
-
5
-
-
-0.855
-
0.276
CRITICHE ALLA FTPL
Come si nota, l’utile netto è negativo soltanto nel transito economico dallo
stadio 5 di crisi allo stadio 3; la percentuale suddetta è circa il 85%, scenario che agli
autori risulta poco plausibile, dato che in media si verifica ogni 59 anni.
Immediatamente prima di entrare nello stadio di crisi, i dividendi della FED sono
molto elevati, pari a circa il 82% del PIL – calcolati sulla base della regola classica
(5.11); durante tutto il perodo di crisi, invece, il loro valore si attesta al 28% del PIL
– calcolato sulla base della (5.19). Il fatto che vi sia una decrescita del loro valore,
che si manitene poi stabile, dimostra che la FED manifesta stabilità finanziaria anche
nell’adozione della nuova politica di distribuzione (5.19).
Si procede a valutare la stabilità della FED durante lo scenario peggiore in cui
la banca potrebbe trovarsi, ovvero quello in cui l’economia impieghi circa 15 anni
per passare dallo stadio economico 1 allo stadio economico 5, perduri in
quest’ultimo per cinque anni e giunga in una fase di ripresa con le caratteristiche
dello stadio 3 che duri nove anni. Lungo tutto l’orizzonte quasi trentennale i due
autori ipotizzano che il valore dell’inflazione sia costante e pari al 2%. All’inizio della
crisi, la FED aveva preso a prestito circa 1.26 trilioni di dollari dal sistema
interbancario per acquistare titoli di stato; il passaggio dallo stadio 5 allo stadio 3 si
identifica con la vendita di 1.31 trilioni di dollari in bond usati per ritirare un simile
ammontare di riserve, corrispondenti al valore accumulato durante i cinque anni di
crisi. Il prezzo dei bond cresce all’inizio della crisi a causa della domanda di beni
sicuri da parte degli operatori economici – il fenomeno del flight to quality
precedentemente descritto – per poi crollare nel momento in cui si verifica la ripresa
economica che vede l’economia entrare nello stadio 3. In quest’ultimo stadio, quindi,
la FED subisce un’espansione del volume di riserve dovuta al fenomeno di
svalutazione dei bond, presentato dai due autori come uno dei potenziali
meccanismi in grado di produrre un utile netto negativo, e quindi la crescita delle
riserve. In particolare, il crollo del valore di mercato dei bond produce un aumento
delle riserve nonché un aumento degli interessi che la banca centrale corrisponde
sulle stesse, e si presenta come lo scenario peggiore possibile.
125
Capitolo 5
Figura 5.1. Andamento delle componenti del dividendo della FED durante il periodo di crisi e di
ripresa. Fonte: (Hall & Reis 2015).
In Figura 5.1 è riportato l’andamento delle componenti del dividendo pagato
dalla FED durante i cinque anni di crisi e i nove anni di ripresa economica.
L’andamento delle riserve, che concorrono alla diminuzione del dividendo,
rappresentano una quota parte marginale dello stesso, dal momento in cui si
mantengono a zero o nelle sue prossimità; discorso analogo è riproducibile per il
valore del coupon percepito sui bond al netto del fattore di deprezzamento. La
componente che invece concorre a determinare in maniera preponderante il valore
dei dividendi è il capital gain, cioè la differenza tra il valore corrente e quello
dell’anno precedente dei titoli di stato. All’ingresso della crisi il flight to quality
produce un incremento del valore dei bond, che a sua volta determina la presenza
di un utile netto positivo e quindi di un dividendo positivo; all’uscita dalla crisi, il
crollo nel capital gain produce un utile netto negativo di entità superiore rispetto a
quello precedente positivo, a causa dell’enorme quantità di bond che vengono
acquistati dall’istituzione centrale durante la crisi. In Figura 5.2 è riportato invece
l’andamento dei flussi che contribuiscono alla determinazione delle riserve.
126
CRITICHE ALLA FTPL
Figura 5.2. Andamento delle componenti delle riserve per la FED durante i cinque anni di crisi
e i nove anni di ripresa. Fonte: (Hall & Reis 2015).
Come si può notare da Figura 5.2, la componente di interesse sulle riserve è
marginale nella determinazione del loro volume complessivo, coerentemente con
quanto evidenziato in Figura 5.1. Discorso analogo è riproducibile per il signoraggio;
la grandezza che produce un impatto forte sulla determinazione del dividendo è
quindi l’ammontare di bond acquistati e venduti periodo per periodo. All’inizio della
crisi l’esistenza di dividendi positivi comporta un aumento delle riserve, mentre
all’ingresso della ripresa l’esistenza di dividendi negativi va a ridurre l’ammontare
di riserve detenuto.
Stabilità della FED nel caso di insolvenza del Tesoro
Come visto in precedenza, nel momento in cui si verifica lo scenario in cui i
dividendi sono negativi, bisogna introdurre la tematica relativa all’effettiva
solvibilità del Tesoro. Si definisca 𝐷 lo scoperto corrispondente all’ammontare di
dividendo negativo non corrisposto dal Tesoro, e si definisca 𝑑’ il dividendo
effettivamente pagato:
127
Capitolo 5
𝑑′ = max(𝑦 ′ − 𝐷, 0)
(5.26)
Μ… , oltre
Si supponga inoltre l’esistenza di un limite massimo per 𝐷, identificabile con 𝐷
il quale verrebbe messo in discussione il principio di indipendenza della banca
centrale. Si definisca inoltre come 𝑍′ l’ammontare di riserve che vada a colmare lo
scoperto governativo:
𝑍′ =
1
𝑍 + 𝑑′ − 𝑦′
1 + πœ‹π‘ 
(5.27)
Nell’analisi degli effetti sulla stabilità finanziaria della FED di tale scenario i due
Μ… = 0.02 , cioè il 2% del PIL. In Figura 5.3 è riportato
autori ipotizzano che 𝐷
l’andamento dello scoperto D corrispondente alle assunzioni di scenario di Figura
5.2.
Figura 5.3. Analisi di scenario di insolvibilità governativa nei confronti della FED. Fonte: (Hall
& Reis 2015).
Fino alla fuoriuscita dalla crisi, i dividendi coincidono con l’utile netto perché,
essendo la FED impegnata nell’acquisto di bond e quindi nel fornire liquidità al
Tesoro, quest’ultimo non risulta insolvente. Nel momento in cui si fuoriesce dalla
128
CRITICHE ALLA FTPL
crisi, invece, si verifica un crollo dell’utile netto corrispondente al picco di crescita
dello scoperto 𝐷, dovuto alla vendita repentina di titoli da parte della FED. Soltanto
allo stadio economico 13 si torna nel caso base presentanto in precedenza,
corrispondente alla situazione in cui 𝐷 = 𝑍 = 0. L’aumento delle riserve che vada a
coprire lo scoperto negli stadi economici che vanno dal 6 al 13 viene stimato dai due
autori essere circa pari a 141 miliardi di dollari – circa il 70% del PIL, imputabile
all’istante che vede l’economia passare dallo stadio di crisi 6 allo stadio di fuoriuscita
7, e che richiede ben sei anni per annullarsi.
In conclusione, dall’analisi dei due scenari Reis e Hall evidenziano che il
momento in cui si concretizza il rischio di stabilità finanziaria per la FED è all’uscita
dalla crisi finanziaria, quando la caduta nel valore di mercato dei bond produce
un’elevata perdita. Tale risultato non varia modificando lo stadio economico di
ripresa; i due autori effettuano infatti un tentativo di sostituzione dello stadio 3 con
lo stadio 1, ma senza ottenere variazioni significative.
Nel tentativo di proporre una soluzione per ridurre il rischio di instabilità
finanziaria per la FED, Reis e Hall provano a ipotizzare un cambiamento nel target
inflazionistico, riprendendo quanto teorizzato da Olivier Blanchard (Blanchard et al.
2010). Mantenendo il target al 2%, alla FED infatti occorrerebbero circa 35 anni per
dimezzare 𝑍; il valore del target inflazionistico necessario ad annullare del tutto
l’eccesso di riserve è stimato pari al 6.2% se effettuato prima della crisi, e pari al
18.8% se effettuato all’uscita dalla crisi. Tale conclusione evidenzia il limitato potere
del signoraggio nell’avere effetti significativi sul bilancio della banca centrale.
Una modalità invece suggerita dai due autori è quella di modificare la regola di
distribuzione dei dividendi, vendendo i bond acquistati durante la crisi in maniera
più graduale oppure invertendo la manovra di QE prima del rialzo dei tassi di
interesse. In Figura 5.4 è riportato l’andamento dello scoperto D in corrispondenza
di scenari ipotetici di comportamento della FED in ottica di riduzione del rischio di
instabilità finanziaria – consistente nel rischio di tasso di interesse, come
evidenziato in precedenza. La manovra di vendita graduale dei bond accumulati
durante la crisi fa riferimento alla linea gialla che, come si nota, non produce quasi
effetto rispetto al caso base – la linea blu. L’inversione del QE, rappresentato dalla
129
Capitolo 5
linea viola, produce invece un effetto di riduzione del rischio di interesse, per quanto
si basi sulla forte assunzione che la FED trovi acquirenti per i propri bond, ritenuta
non realistica ad esempio da Cochrane. Un’altra manovra effettuabile è quella di
modificare la regola di distribuzione dei dividendi alla luce del vero comportamento
della banca centrale statunitense, che ad oggi si concretizza nell’hold-to-maturity,
cioè nella detenzione dei bond in portafoglio fino all’istante della loro scadenza. In
quest’ultimo caso, l’uscita dalla crisi e il conseguente rialzo dei tassi produrrebbe un
periodo meno prolungato di utile netto negativo, in cui la FED non corrisponderebbe
dividendi al Tesoro perché gli interessi percepiti sui bond non basterebbero a
coprire quelli da corrispondere sulle riserve.
Figura 5.4. Andamento dello scoperto D in corrispondenza di manovre alternative condotte
dalla FED. Fonte: (Hall & Reis 2015).
L’elemento che, in ogni caso, influenza la solvibilità finanziaria della FED è la
dimensione massima assunta dallo scoperto 𝐷, che, in tutti gli scenari di Figura 5.4,
influenza il numero di periodi in cui la banca centrale si trova ad avere utile netto
negativo. A differenza di quanto quindi concluso dagli autori della FTPL, Reis e Hall
argomentano circa l’esistenza di un limite al coordinamento tra governo e banca
130
CRITICHE ALLA FTPL
centrale, dovuto al fatto che, così come è importante salvaguardare la crescita
economica ottenendo la fuoriuscita dalla recessione, è necessario fissare un limite
all’interventismo monetario non tanto alla luce degli effetti inflazionistici come
affermato dalla teoria monetarista, quanto in riferimento al rischio di insolvibilità
della banca centrale stessa.
5.1.4. La BCE e il rischio di default
Fin dal 2008, la BCE ha effettuato politiche simili a quelle della FED, vedendo allo
stesso modo le proprie riserve crescere. La maturità dei bond acquistati tuttavia
risulta essere leggermente inferiore, pari a circa quattro anni. A differenza della
banca centrale statunitense, quella europea detiene un ammontare significativo di
oro e beni in valuta estera, cosa che induce i due autori a considerare un valore di
πœƒ = 0.461. Inoltre, mentre al paragrafo 5.1.3 si è evidenziato come per la prima il
rischio principale sia quello del tasso di interesse, per la seconda vi è un rischio
ulteriore: il rischio di default della controparte pari a (1 − 𝑐𝑠 ), dove 𝑐𝑠 è il coupon
presentato in equazione (5.11). In maniera ingigantita, i due autori considerano lo
scenario in cui tutti i bond di Grecia, Portogallo, Irlanda e Spagna vadano in default,
in maniera tale da fissare 𝑐𝑠 = 0.858. L’orizzonte temporale considerato dal modello
per l’Area-Euro è quello che va dal 2000 al 2013, suddiviso in due stadi: un primo,
che copre il periodo 2000-2008 e un secondo per i restanti anni. Lo scenario di crisi
viene identificato, come per lo studio effettuato sulla FED, con lo zero lower bound,
le cui conseguenze sono la caduta nel prezzo dei bond e un’espansione nella quantità
di titoli detenuti in portafoglio nonché delle riserve. Le variabili in input sono
riportate in Tabella 5.3, dove π‘žπ‘ˆπ· e π‘žπ΄π· si riferiscono al prezzo di mercato dei bond
nei due scenari di unanticipated default e anticipated default. Nel primo caso, il
valore di mercato dei titoli non rifletta l’aspettativa di default e quindi 𝑐𝑠 = 1 lungo
tutto lo stadio due; nel secondo caso, invece, il prezzo dei bond riflette l’aspettativa
di default e si ha 𝑐𝑠 = 0.858.
131
Capitolo 5
Tabella 5.3. Input all'analisi per scenari relativa alla BCE. Fonte: (Kim 2003).
𝑠
π‘Ÿ
π‘žπ΅π‘‘
𝑁
𝑝′
−1
𝑝
𝑒−1
𝑐
π‘žπ‘ˆπ·
π‘žπ΄π·
1
1.28
6.07
6.29
2.10
4.79
1.00
4.18
4.19
2
-0.23
12.21
9.37
1.72
6.14
0.86
4.19
4.37
In Figura 5.5 è rappresentato il cammino per l’utile netto sulla base del valore
assunto da 𝐷 dopo una crisi di durata pari a cinque anni; si assume, a tal proposito,
che la BCE non riceva pagamenti dagli stati europei quando l’utile netto è negativo,
e che essa dal suo canto non corrisponda loro i dividendi finché lo scoperto 𝐷 non
sia stato recuperato.
Figura 5.5. Andamento dell'utile netto (a) e dello scoperto (D) nei tre scenari ipotizzati per la
BCE. Fonte: (Hall & Reis 2015).
Nel caso di non default, il cammino per l’utile netto e lo scoperto segue quello
evidenziato nel caso della FED; all’uscita dalla crisi, ipotizzando che la BCE detenga
bond per un valore di 592 miliardi di euro, si verificherebbe una perdita di circa 28
miliardi di euro, con scoperto positivo per circa cinque anni. Nel caso di default
anticipato, invece, il coupon corrisposto dai titoli di stato è minore, tanto da non
coprire più il valore del deprezzamento, inducendo quindi una diminuzione
dell’utile netto. La diminuzione del valore del coupon corrisponde ad una
132
CRITICHE ALLA FTPL
contemporanea riduzione del valore di mercato dei bond già durante la crisi, che
comporta a sua volta una riduzione dell’utile netto graduale a partire dallo stadio 1,
portandolo ad un valore prossimo allo zero. Per quanto riguarda lo scoperto, esso si
mantiene nullo durante tutto l’orizzonte temporale considerato, perché già
compreso nella perdita di valore dei titoli e della loro remunerazione. Infine, nel
caso di default non anticipato, l’utile netto della BCE risente sia della perdita di
valore dei coupon durante la crisi sia delle perdite in conto capitale derivanti dalla
riduzione di valore dei titoli stessi all’uscita dallo stadio 1. Il valore dello scoperto in
quest’ultimo caso si attesta attorno agli 82 miliardi di euro, richiedendo molti più
anni per essere recuperato tramite la non corrispondenza dei dividendi.
Storicamente, la BCE ha effettuato politica monetaria ricorrendo a pronti
contro termine, anche noti sotto l’acronimo di repo. Come visto in precedenza, questi
ultimi consistono in prestiti al sistema interbancario garantiti da titoli di stato più
un collaterale aggiuntivo di ammontare pari al 15% del valore nominale del prestito.
Inoltre, tramite periodiche valutazioni a valori di mercato di tali crediti, la BCE
richiede di integrare i collaterali in eccesso alla luce della loro variazione in modo
da salvaguardarsi dal rischio di credito. Sia π‘žπ‘  𝐡𝑠𝑑 il valore reale dei titoli detenuti in
maniera diretta dalla BCE – cioè acquistati direttamente – e sia π‘žπ‘  π΅π‘ π‘Ÿ il valore reale
dei repo; i bond detenuti quindi saranno dati da:
𝐡𝑠 = 𝐡𝑠𝑑 + π΅π‘ π‘Ÿ
(5.28)
dove i repo sono assimilabili a prestiti risk-free, e quindi sono caratterizzabili come
delle riserve negative. La regola di distribuzione dei dividendi diventa:
π‘žπ‘ 
𝑖𝑠 (𝑉 − π΅π‘ π‘Ÿ )
) 𝐡𝑠𝑑 −
1 + πœ‹π‘ 
1 + πœ‹π‘ 
π‘žπ‘ 
+ 𝕀 (πœƒπ‘π‘  + (1 − πœƒ)𝑐𝑠 𝑒𝑠 + (1 − 𝛿)π‘žπ‘ ′ −
) π΅π‘Ÿ
1 + πœ‹π‘  𝑠
𝑑𝑠′ = (πœƒπ‘π‘  + (1 − πœƒ)𝑐𝑠 𝑒𝑠 + (1 − 𝛿)π‘žπ‘ ′ −
(5.29)
Tuttavia, il termine 𝕀 serve a caratterizzare la possibilità che la BCE non percepisca
il completo rimborso del prestito repo, e quindi che subisca una perdita pari al valore
nominale di quest’ultimo e degli interessi. Prima del 2008, la durata media dei repo
era di circa una settimana, con valore massimo pari a tre mesi, il che tutelava la BCE
133
Capitolo 5
dalla potenziale insolvenza delle banche, essendo il finanziamento di breve termine.
A seguito della crisi, il baricentro della durata dei repo si sposta attorno ai 6-12 mesi,
con durata massima pari a tre anni. Lo scenario peggiore possibile quindi è quello in
cui 𝕀 = 1, cioè se tutte le banche debitrici non rimborsano il valore nominale del
proprio prestito né i relativi interessi all’uscita dalla crisi. In Figura 5.6 è riportato
l’andamento dell’utile netto e dello scoperto in corrispondenza di tre scenari per i
repo.
Figura 5.6. Andamento dell'utile netto (a) e dello scoperto (b) in corrispondenza degli scenari
per i repo. Fonte: (Hall & Reis 2015).
Un primo scenario è quello in cui 𝕀 = 1, cioè i pronti contro termine sono sicuri,
e l’unico rischio esistente per la BCE è quello di default relativo ai bond. Un secondo
scenario è invece quello in cui tutti i titoli di stato detenuti in portafoglio dalla banca
centrale corrispondono ad acquisti diretti; in questo caso si ricade nello scenario di
rischio di tasso presentato per la FED in precedenza. Un ultimo scenario è quello in
cui 𝕀 = 0 , cioè tutti i repo sono rischiosi; quest’ultimo e quello precedente
producono il percorso di scoperto più preoccupante, caratterizzato da una forte
crescita già durante la crisi, con picco all’inizio della ripresa. In tutti e tre gli scenari
si assume l’ipotesi di default non anticipato perché, come evidenziato in precedenza
in Figura 5.5, è quello che mette più a rischio la stabilità finanziaria della BCE.
134
CRITICHE ALLA FTPL
Ultimo caso studiato è quello in cui la BCE intraprenda una manovra di QE,
come effettivamente successo all’inizio del 2015 con il Public Sector Purchase
Programme, con obiettivo di acquistare 1.08 miliardi di euro di titoli di stato. Tale
valore ha circa raddoppiato l’ammontare di bond precedentemente in portafoglio,
motivo per cui i due autori decidono di aggiungere un terzo stadio al modello, per
valutare gli effetti di tale azione. In Figura 5.7 sono riportati l’andamento dell’utile
netto e dello scoperto ottenuti.
Figura 5.7. Andamento dell'utile netto (a) e dello scoperto (b) derivante dalla manovra di QE.
Fonte: (Hall & Reis 2015).
Nel caso in cui non ci sia default, l’accumulo di riserve derivanti dal forte
acquisto di titoli di stato – benché sicuri – produce un aumento dello scoperto che
persiste per circa nove anni dopo l’uscita dalla crisi; lo scenario si pone quindi in
forte peggioramento rispetto all’analogo di Figura 5.5. Qualora, invece, si verifichi
default non anticipato o detenzione di repo rischiosi l’ammontare di perdite subite
dalla BCE si attesterebbe intorno a 196 miliardi di euro, e richiederebbe molto più
tempo per essere coperto.
In conclusione, la stabilità finanziaria di una banca centrale è collegata in
primo luogo secondo Reis e Hall alla politica di distribuzione dei dividendi attuata
dalla stessa; in secondo luogo, viene condizionata – nel nuovo stile di politica
monetaria fortemente espansivo – dal rischio di default e di tasso di interesse legati
135
Capitolo 5
alla detenzione di asset rischiosi. L’allargamento del bilancio dell’istituzione
monetaria conseguente l’aumento delle riserve minaccia la stabilità e la solvibilità
della banca centrale, richiedendo una maggiore attenzione alla qualità di titoli
acquistati, alla loro maturità e al volume di garanzie richieste. Per quanto i due
economisti riconoscano gli effetti positivi sulla crescita economica e sull’inflazione
di manovre di QE come di operazioni di mercato aperto, essi pongono l’attenzione
circa un aspetto forse troppo sottovalutato dai teorici della dottrina FTPL, a
sostegno invece di quanto sottolineato da Buiter circa la necessità di condurre
politiche monetarie espansive sotto forma di emissione irredimibile, che eviti quindi
un allargamento delle riserve producendo gli stessi effetti di crescita economica.
L’affermazione circa l’importanza del controllo sull’eccessiva espansione delle
risorse, tuttavia, si basa su ipotesi molto forti, che i due economisti ritengono poco
realizzabili attualmente. Pertanto, per quanto l’analisi effettivamente richiami
l’attenzione sul tema del controllo della politica monetaria e del suo coordinamento
con quella fiscale, scenari fortemente negativi con rischio di instabilità finanziaria
da parte dell’istituzione monetaria centrale sono molto rari. Non vi è, quindi,
un’evidenza empirica così forte da giustificare l’esclusione delle politiche proposte
da Cochrane, Leeper e Woodford, ma anzi, gli effetti benefici evidenziati nelle loro
trattazioni risultano molto più significativi rispetto al verificarsi degli scenari
presentati dai due economisti.
136
6. CONCLUSIONI
La presente trattazione si è concentrata sull’analisi di come le politiche monetarie e
fiscali tradizionalmente utilizzate dalle principali economie risultino in alcuni casi
miopi, evidenziando potenzialità non sfruttate. In particolare, si è analizzato in
maniera critica il tema del coordinamento tra la banca centrale e il governo,
contrariamente a quanto tradizionalmente accettato e diffuso, riprendendo studi
teorici economici precedenti e successivi la crisi finanziaria. Alla luce degli effetti
delle politiche tradizionali sull’economia prima e dopo la crisi, si è argomentato circa
il diverso risultato potenzialmente ottenibile dalla ricerca di un maggiore
coordinamento tra l’istituzione monetaria e quella fiscale e, conseguentemente, tra
le due politiche.
I primi economisti associabili alla dottrina FTPL, che suggerisce un maggiore
coordinamento monetario-fiscale, riportati nella presente trattazione sono stati
Sargent e Wallace (Sargent & Wallace 1981), la cui caratterizzazione è risultata
tuttavia troppo ancorata alle ipotesi monetariste secondo cui l’inflazione è
essenzialmente un fenomeno monetario. Inoltre, l’utilizzo del chicken game per
descrivere l’interazione tra le istituzioni centrali ha evidenziato un primo limite,
conseguente il fatto che non sempre vi è accordo tra le due; un ulteriore problema
evidenziato è stato quello relativo la considerazione poco realistica del signoraggio
come uno degli elementi principli di finanziamento.
Leeper (Leeper 1991) e Woodford (Woodford 1998), partendo dall’abbozzo di
FTPL di Sargent e Wallace, sviluppano caratterizzazioni molto più realistiche ed
applicabili, ipotizzando l’esistenza di diversi regimi, a seconda di come sia raggiunto
il coordinamento tra l’istituzione monetaria e quella fiscale. In entrambe le teorie ci
si discosta dalla teoria monetarista, infatti Woodford inserisce l’ipotesi che
l’Equivalenza Ricardiana non sia sempre valida, e Leeper asserisce circa la presenza
di regimi in cui il governo si rifiuta di rispettare il proprio vincolo di spesa anche
laddove la politica monetaria agisca in maniera attiva, seguendo la Regola di Taylor.
Capitolo 6
I risultati a cui arrivano i due economisti sono analoghi: quattro possibili scenari
economici derivanti dalle scelte di coordinamento della banca centrale e del
governo, non tutti caratterizzati da equilibrio stabile. I regimi leeperiani vengono
definiti a partire dalla caratterizzazione dell’istituzione centrale di essere attiva o
passiva, cioè di effettuare scelte in riferimento a propri obiettivi o essere vincolata
al rispetto del proprio bilancio. Quelli woodfordiani, invece, aggiungono la
componente legata all’Equivalenza Ricardiana a caratterizzazione dei regimi fiscali.
Le teorie dei due economisti vengono riprese dopo la crisi finanziaria da
Cochrane (Cochrane 2010), che propone una nuova teorizzazione alla luce della
maggiore importanza secondo lui attribuibile al comportamento degli agenti
economici derivante dalle loro aspettative. Costruendo un semplice sistema di
equazioni in due incognite, dove il livello dei prezzi è determinabile tramite
entrambe le politiche, l’economista presenta gli effetti di un cambiamento delle
aspettative dei consumatori in seguito ad una variazione della fiducia riposta nel
governo e nella sua solvibilità futura, ponendo l’attenzione su temi innovativi quali
l’importanza dei fiscal announcements e della conduzione di politiche sostenibili.
L’errore invece attribuito da Buiter (Buiter 2014) alla dottrina FTPL è il considerare
le politiche in maniera redimibile, cioè dotate di precarietà. Nella sua teorizzazione
egli evidenzia la necessità di emissioni monetarie irredimibili, tali per cui esse
rappresentino un finanziamento per il destinatario ma non una passività per
l’emittente, anticipando una delle principali critiche alla FTPL, consistente nella
conseguenza di crescita eccessiva del bilancio della banca centrale a causa delle
politiche troppo espansive. Ad integrazione delle metodologie di coordinamento
monetario-fiscale presentate in precedenza, Buiter (Buiter 2014) e Turner (Turner
2013) suggeriscono di prediligire l’helicopter drop, politica introdotta in maniera
canzonatoria da Bernanke durante il suo mandato di presidente della FED,
evidenziandone l’effetto certo di stimolo alla domanda aggregata e quindi di crescita
economica.
Per evidenziare gli effetti potenzialmente ottenibili dall’applicazione concreta
della dottrina FTPL, si riporta l’analisi di risposta ad impulso effettuta da Kim (Kim
2003), in cui l’autore sottopone l’economia a quattro tipi di shock nei regimi AMPF
138
CONCLUSIONI
e PMAF. L’analisi degli effetti ottenuti da tali shock conferma quanto teorizzato dagli
economisti precedentemente citati. Vi è poi un’analisi empirica volta ad indagare la
presenza di un regime PMAF nella storia della politica monetaria statunitense, che
valida le risposte ad impulso teoriche.
Infine, si approfondisce la critica addotta alla dottrina FTPL circa l’espansione
instabile delle riserve conseguente il forte espansionismo monetario a supporto di
un maggiore interventismo fiscale. Reis e Hall, a tal proposito, analizzano la stabilità
finanziaria della banca centrale relazionandola con la politica di distribuzione dei
dividendi e con lo stile di politica monetaria ad esso collegato (Hall & Reis 2015).
Viene evidenziato come il rischio di espansione instabile delle riserve rappresenti
effettivamente l’altra faccia della medaglia degli effetti benefici di crescita
economica derivanti dall’utilizzo di politiche coordinate del tipo previsto dalla FTPL
e di come, pertanto, bisogna condurre politiche congiunte sostenibili per evitare che
una delle due istituzioni rischi il default.
139
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