Il destino dell’euro si decide a Roma Lo scopo di questo incontro è contribuire a creare le condizioni per la sopravvivenza dell’euro in condizioni che non comportino per l’Italia un aumento della disoccupazione, secondo il dettato costituzionale della nostra Repubblica fondata sul lavoro. Per raggiungere l’obiettivo riteniamo che si debba affrontare il nostro principale punto di debolezza: il rapporto debito pubblico/PIL sia a livello centrale che locale. A tal fine proponiamo di cedere il patrimonio pubblico attivando strumenti tecnicamente efficaci ed efficienti, affidandoli alla cura di mani capaci e di controlli affidabili. La scelta è squisitamente politica ed è perciò che ci rivolgiamo ad essa affinché prenda adeguate decisioni in materia. La proposta per la riduzione del debito È proprio così: l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro e non sul pareggio di bilancio. Se vogliamo radicalmente modificare un così basilare dettame costituzionale, è necessario preventivamente aprire un dibattito con il coinvolgimento di tutte le forze politiche, sociali ed imprenditoriali e giungere a modifiche degli articoli. Ma fino a che la Costituzione è questa, il nostro obiettivo è quello di salvaguardare il lavoro come principale fondamento e risorsa del nostro Paese. Pertanto non possiamo affidare esclusivamente alla leva fiscale il perseguimento degli obiettivi bilancistici previsti anche dai Trattati internazionali, i quali hanno denunciato ormai in modo inequivocabile i propri limiti in termini di sostenibilità. Proprio perché crediamo fermamente e fortemente nell'idea di Europa e nella sua aggregazione politica e monetaria, auspichiamo una revisione dei Trattati che ci legano ad essa e che non rispecchiano più le originali volontà dei Padri Fondatori. Il ruolo dell'Italia è e deve rimanere fondamentale e centrale nel processo d'integrazione, ma nello stesso modo il nostro Paese deve risolvere, ed anche rapidamente, problemi rimasti per troppo tempo senza soluzione. Lo stesso trattato di Maastricht, fondamento della convergenza monetaria, ha previsto nella sua costruzione solo situazioni di crescita economica dei Paesi Pagina 1 di 7 membri, non contemplando in caso di rallentamento o peggio di recessione, dei meccanismi di compensazione. Anzi, lo stesso Trattato funge da moltiplicatore della recessione in caso di contrazione del PIL in quanto per poter soddisfare i parametri di convergenza gli Stati membri sono comunque costretti a mantenere alta la pressione fiscale provocando ancora di più recessione, drenando risorse agli investimenti ed al risparmio. Gli stessi regolamenti previsti per la B.C.E. non consentono aiuti ai Paesi in difficoltà di liquidità e solo le indubbie capacità del Governatore Mario Draghi hanno per ora scongiurato il peggio. Gli effetti di ciò sono costantemente sotto i nostri occhi. Riteniamo che il ritorno ad un ruolo attivo dell'Italia passi quindi dal sensibile miglioramento dei conti pubblici, nostro storico tallone d'Achille, non passando però esclusivamente dal prelievo fiscale a carico delle imprese e delle famiglie, ma da una ragionata revisione della spesa pubblica e soprattutto dal reperimento di risorse derivanti dalla vendita razionale di parte del patrimonio pubblico disponibile e non strategico. Non è possibile che ogni anno vengano destinati più di 80 mld di euro esclusivamente per il pagamento degli interessi per sostenere il nostro debito pubblico, e la stessa cosiddetta "revisione della spesa" (spending review) messa in atto dall'attuale governo per 4,5 mld, sarà sufficente a mala pena a compensare l'aumento della spesa interessi determinata dal sensibile incremento dei tassi registrato dallo scorso autunno! A tal fine un gruppo di lavoro promosso all'interno dell'Università Link Campus di Roma guidata dal Prof. Vincenzo Scotti, ed a cui hanno attivamente contribuito i Proff. Giorgio e Ferruccio Sbarbaro, il Prof. Pierluigi Matera, il Prof. Paolo Balice Presidente A.I.A.F. (Ass.ne Naz.le Analisti Finanz.ri) ed il Dott. Guido Salerno-Aletta, ha rielaborato la proposta del Prof. Paolo Savona sulla riduzione del debito di qualche anno fa. Lo stesso Prof. Savona ha con entusiasmo accettato di coordinare e presiedere questo gruppo per poter rendere più attuale, alla luce delle mutate condizioni, le sue originali intuizioni in tema di abbattimento del debito pubblico. Dal punto di vista tecnico si tratta di individuare e mettere a disposizione una porzione del patrimonio pubblico italiano, per un importo di 380/400 mld di euro pari a circa il 20% dell'intero attivo patrimoniale valutato in 1820 mld di euro e che consentirebbe di riportare il rapporto debito pubblico/PIL sotto la soglia psicologica del 100%, che è giunto - secondo gli Pagina 2 di 7 ultimi dati forniti dalla Banca d'Italia e dall'ISTAT, al 124,7%. Siamo ben consapevoli del fatto che la vendita immediata sul mercato di asset, partecipazioni, immobili e concessioni di proprietà dello Stato sia a livello centrale che periferico, non troverebbe in questo momento d'incertezza dei mercati nazionali ed internazionali sufficienti garanzie di giusta e corretta valorizzazione, e l'eventuale vendita troverebbe indubbie difficoltà di assorbimento. Al fine di ovviare a questo inconveniente, la proposta prevede la costituzione di una "New Company" con capitale detenuto da soggetti riconducibili allo Stato e da soggetti privati, come banche ed assicurazioni, a cui trasferire i beni oggetto della vendita. La liquidità necessaria a perfezionare il trasferimento di tranche successive, che saranno determinate di volta in volta sia in termini quantitativi che qualitativi, sarà reperita sul mercato dei capitali mediante l'emissione di obbligazioni con allegata opzione (warrant) per l'acquisto futuro dei beni stessi. La emissione di obbligazioni da parte della “New Company” consentirebbe l'immediata e contestuale diminuzione effettiva di corrispondenti quote del debito pubblico. Queste obbligazioni, essendo emesse da un soggetto “marked driven”, ed essendo garantite da asset propri, non rientrerebbero nel perimetro previsto dal Regolamento del Sistema dei Conti Europeo (ESA 95) per la redazione dei bilanci statali e periferici e per la conseguente determinazione del debito finanziario delle Pubbliche amministrazioni. Si consegue così, con questa prima fase, sia lo scopo di non procedere immediatamente alla vendita a terzi degli asset pubblici conferiti, sia quello di reperire in tempi brevi la liquidità necessaria per abbattere il debito pubblico rinviando ad un momento successivo la vendita effettiva, legata all’esercizio dell'opzione. Vi è quindi un periodo intermedio, di valorizzazione, durante il quale viene svolta una diligence sui singoli asset. Questà attività, che verrà svolta da primari istituti italiani e stranieri, serve a determinare le giuste ed eque valutazioni dei beni trasferiti e la congruità dell'emissioni obbligazionarie con allegato warrant al fine di ottenere la tripla A dalle Agenzie internazionali preposte alla determinazione del Rating. Le peculiarità ed i vantaggi dell'operazione sono molteplici: - diminuzione immediata ed effettiva di porzioni significative di debito Pagina 3 di 7 pubblico; - vendita a prezzi certi e con regole omogene e trasparenti; - gradimento dei mercati per il coinvolgimento degli investitori istituzionali e privati che "vigilerebbero" costantemente sulla regolarità ed equità dell'operazione poiché parteciperebbero attivamente, con l'esercizio dell'opzione, alle dismissioni di parte del patrimonio dello Stato; - valorizzazione dei beni ed asset pubblici ceduti con innegabili effetti positivi in termini d'occupazione ed investimenti. Si darebbe finalmente dare inizio a quel circolo virtuoso tanto auspicato e mai realizzato: la diminuzione del rapporto debito pubblico/PIL sotto quota 100% consentirebbe, agli attuali tassi, un risparmio annuo di circa 20 mld di euro in conto interessi (il presunto gettito IMU) da poter destinare da subito a supporto e stimolo della crescita. È altresì prevedibile che, ad una così drastica riduzione del debito pubblico italiano, corrisponda una generale diminuzione dei tassi corrisposti al mercato sui titoli di Stato, per via del minor premio al rischio e del supporto alla crescita determinato dall’utilizzo per questa finalità del risparmio sugli interessi. Di questa riduzione del costo del denaro beneficerebbe l’intero sistema delle imprese e le stesse banche, per il minor costo della raccolta ora attratta verso l’alto dai tassi di remunerazione del debito pubblico. Al veicolo New Company necessariamente dovranno partecipare, oltre a soggetti pubblici (Tesoro, C.d.P., Banca d'Italia, ecc....) anche soggetti privati (banche, assicurazioni, fondazioni, ecc....) non solo per ottenere lo status di società “market driven”, ma soprattutto perché è necessaria una capillare azione di sostegno al collocamento delle obbligazioni stesse. Si potrebbe anche dare facoltà ai sottoscrittori delle obbligazioni di effettuare il pagamento mediante la consegna di titoli pubblici italiani al prezzo originario di sottoscrizione, con rilevanti vantaggi di bilancio. Nel caso di Istituti bancari si ridurrebbe l’area delle perdite potenziali legate alla valutazione “mark to market”, cui si lega l’esigenza di ulteriori ricapitalizzazioni, liberando ingenti risorse a supporto dell'economia produttiva. Per i soggetti privati sottoscrittori delle obbligazioni emesse dalla New Company dovrebbero essere previsto lo stesso trattamento fiscale riservato ai titoli di Stato, al fine di incentivare l'acquisto e la detenzione delle obbligazioni stesse. Pagina 4 di 7 Sintesi attuativa, articolata in Fasi 1 – Il soggetto individuato dallo Stato e dallo stesso controllato (esterno all’area di consolidamento del debito pubblico in base ai criteri ESA 95, in analogia a Cassa DDPP e Poste Italiane etc.) stipula con lo Stato un contratto preliminare per l’acquisto a prezzi concordati e con le modalità di pagamento previste ai punti successivi, di beni e diritti dello Stato, disponibili e non strategici, per un controvalore di circa € 400 MLD1; 2 – Il contratto preliminare contiene un elenco dei beni e diritti promessi in vendita con il valore che le Parti hanno provvisoriamente attribuito a ciascun bene o diritto. Il preliminare prevede che i valori indicati siano sottoposti a un controllo da parte di un’istituzione indipendente (ad esempio: JP Morgan / Morgan Stanley / Goldman Sachs / Mediobanca). I criteri di tale controllo dovrebbero, tra l’altro, prevedere un valore prudenziale contenuto, ma non “svalutato” come potrebbe invece accadere esitando il bene o diritto sul mercato in questo momento di particolare crisi2; 3 – Il Promissario Acquirente costituisce una “Nuova S.p.A.”3 Conferendo a 1 Il valore complessivo dei beni e diritti costituenti l’attivo patrimoniale dello Stato è ufficialmente rimesso al Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) – Ragioneria Generale dello Stato che predispone annualmente il “Rendiconto Generale dello Stato” la cui parte II contiene il “Conto Generale del Patrimonio. L’ultimo Rendiconto Generale disponibile è quello relativo all’anno 2010, reso noto alla fine del 2011, nel quale la consistenza totale delle attività risulta pari ad € 835,5 MLD. Peraltro la stima delle attività utilizzata dalla Ragioneria Generale dello Stato è particolarmente prudenziale ed al Seminario del MEF del 29 settembre 2011 il Prof. Edoardo Reviglio ha presentato un documento “Patrimonio Pubblico” che individuava in € 1.815 MLD il valore dell’attivo dello Stato a “valore di mercato”. Assumendo come realistica la stima Reviglio sarebbe sufficiente utilizzare circa il 22% del totale dell’attivo patrimoniale per realizzare i 400 MLD previsti. Il totale del valore degli immobili nella stima Reviglio è di 425 MLD e gli immobili disponibili da comprendersi nei 400 MLD da cedere dovrebbero essere circa 70/80 MLD, rispettando quindi sostanzialmente la percentuale generale. 2 Nel caso in cui i valori verificati fossero differenti da quelli indicati nel preliminare per una percentuale superiore a quella determinata (con una franchigia contenuta nell’1%-2% massimo) si procederà ad un adeguamento. In caso di valori verificati inferiori a quelli indicati in preliminare l’elenco dei beni da vendere sarà integrato con altri beni di “riserva” già previsti in preliminare con i loro valori concordati e poi verificati. Nel caso in cui i valori verificati fossero superiori a quelli concordati il Promissario Acquirente avrà la facoltà di ridurre i beni e diritti da acquistare nei limiti dell’importo massimo di € 400 MLD, ovvero di mantenere l’impegno per tutti i beni e diritti integrando corrispondentemente il corrispettivo. 3 Nel 2002 era stata già costituita, con lo scopo di cedere proprietà immobiliari dello Stato, la “Patrimonio dello Stato S.p.A.”. La Società è stata “depotenziata” e poi incorporata nel 2011 in “Fintecna Immobiliare S.r.l.” il cui capitale è interamente posseduto da “Fintecna S.p.A.” che, a sua volta, ha come azionista unico il MEF. L’utilizzo di “Fintecna Immobiliare” o della stessa “Fintecna” potrebbe essere valutato, così come potrebbe essere costituita una nuova “Patrimonio dello Stato S.p.A.”. Pagina 5 di 7 capitale il contratto preliminare che dovrebbe essere oggetto di valutazione secondo le ordinarie regole (2343 C.C.)4. 4 – Successivamente la Nuova S.p.A. delibera un aumento di capitale cospicuo, ad esempio fino ad € 100 MLD alla cui sottoscrizione e versamento dovrebbero provvedere soggetti privati (principalmente Banche e soggetti finanziari), preferibilmente con una soglia massima di partecipazione (ad esempio 5%-10%) in modo che lo Stato non possa essere socio di maggioranza assoluta; 5 – La Nuova S.p.A. acquisisce i beni e diritti di cui al preliminare corrispondendo allo Stato inizialmente la liquidità derivante dall’aumento di capitale e dilazionando il pagamento del residuo. Tutta la liquidità iniziale così ottenuta andrebbe a riduzione del debito pubblico; 6 – La Nuova S.p.A. crea dei “pacchetti” del valore nominale indicativo di circa 20/25 MLD di Euro, ma anche meno ove necessario, con i beni e diritti acquisiti e a fronte di ciascuno di tali pacchetti, con garanzia sui beni e diritti contenuti nel pacchetto, vengono cioè emesse obbligazioni a medio termine (5 anni?) con “warrant”, separatamente negoziabile, per un nominale complessivo non inferiore ad € 400 MLD5; 7 – Le obbligazioni avrebbero un tasso di interesse prefissato basso, ma esente da imposta e comunque di interesse sia per la garanzia che le stesse hanno sui beni e diritti del relativo “pacchetto”, sia per la possibilità di negoziare i “warrant” sul mercato6; 4 Il valore del contratto preliminare in sede di conferimento sarà oggetto di apposita stima, ma dovrebbe in ogni caso, considerato il valore dei beni e diritti oggetto dello stesso, essere di dimensione tale da assicurare un capitale nominale di rilievo. Eventuali differenti soluzioni di capitalizzazione iniziale potranno essere oggetto di valutazione. 5 Il limite di emissione di obbligazioni in relazione al capitale della società, di cui all’art. 2412 C.C., potrà essere non applicato ai sensi del V comma dello stesso articolo (“particolari ragioni che interessano l’economia nazionale”). Il valore nominale delle obbligazioni emesse potrebbe essere comunque superiore al valore di acquisto dei beni e diritti in quanto l’esercizio del warrant avverrebbe alla scadenza delle obbligazioni e, quindi, in un momento presumibilmente migliore di quello attuale. Inoltre deve tenersi conto che la gestione dei beni e diritti da parte della Nuova S.p.A. per tutto il periodo di vita delle obbligazioni dovrebbe migliorarne la redditività contribuendo al previsto incremento di valore patrimoniale. Peraltro gli “warrant” potrebbero avere ad oggetto non necessariamente porzioni dei beni e/o diritti contenuti nei “pacchetti”, ma anche le quote o azioni di società veicolo eventualmente costituite per detenere e/o gestire uno o più “pacchetti”. 6 Ulteriore particolarità delle obbligazioni potrebbe essere quella di consentirne la sottoscrizione mediante cessione al nominale di titoli dello Stato italiano, entro una “forbice” prestabilita tra nominale e prezzo corrente, in modo da assicurare così un ulteriore rendimento anticipato (o riduzione del prezzo) Pagina 6 di 7 8 – Il ricavato del collocamento delle obbligazioni sarebbe utilizzato dalla Nuova Società per il pagamento allo Stato del saldo dell’acquisto dei beni e diritti e lo Stato porterebbe il ricavato a riduzione del debito pubblico completando in tal modo l’operazione7; 9 – L’esercizio delle opzioni portate dai “warrant” sarebbe collegata al possesso di una certa quantità percentuale di maggioranza degli stessi. Nel caso di opzioni dirette su beni e diritti il portatore della maggioranza dei “warrant” avrà il diritto di acquistare sul mercato la rimanenza dei “warrant” relativi allo stesso bene o diritti compensando i portatori sulla base del prezzo medio dei “warrant” stessi sul mercato nel periodo precedente alla possibilità di esercizio (altri eventuali meccanismi potranno essere valutati prima dell’emissione). In questo modo il maggior valore tra il prezzo di acquisto e quello di esercizio dell’opzione andrebbe a beneficio di tutti i partecipanti all’operazione: alla Nuova Società e quindi a tutti i soci della stessa ivi compreso lo Stato, a tutti i sottoscrittori delle obbligazioni che incasseranno, nel corso della vita della stessa, il prezzo dei “warrant”, al soggetto che eserciterà il diritto connesso al “warrant” in quanto avrà positivamente valutato il differenziale tra prezzo di esercizio dell’opzione e valore del bene e/o diritto. In caso di mancato esercizio del diritto connesso ai “warrant”, la Nuova S.p.A. potrà emettere nuove obbligazioni in sostituzione di quelle scadute, sempre con garanzia sui beni e diritti costituenti il “pacchetto”; 10 – Analogo procedimento, utilizzando la stessa Nuova S.p.A. per fare in modo che l’intervento sia “organico” e non disperso in una miriade di rivoli, potrebbe essere posto in essere su richiesta degli Enti locali per i beni e diritti di pertinenza degli stessi. dell’obbligazione. Questo meccanismo potrebbe costituire una specifica agevolazione per i portatori di titoli di Stato, soprattutto se, come le Banche, grandi portatori. 7 Sulla base del “Supplemento al Bollettino Statistico” n. 32 del 14 giugno 2012, il totale del debito pubblico ad aprile 2012 è ulteriormente aumentato ad € 1.948.584 MLD. Conseguentemente il rapporto debito pubblico / PIL dovrebbe essere del 124,7%, contro il 60% previsto dall’art. 104, par.2, del trattato di Maastricht. La realizzazione di beni e diritti per € 400 MLD porterebbe il rapporto al di sotto, anche se di poco, del 100% con l’effetto diretto di ridurre il totale degli interessi da calcolare sul debito pubblico (agli attuali tassi sul decennale il risparmio sarebbe superiore ai 20 MLD). Ma la riduzione del debito pubblico ed il presumibile effetto positivo sull’economia derivante dal trasferimento al mercato di beni e diritti che potrebbero avere una redditività, anche patrimoniale, superiore a quella derivante dalla gestione dello Stato, dovrebbe avere ulteriori effetti benefici che allo stato non sono stati valutati in quanto solo “prospettici”. Pagina 7 di 7