EDUCARE ALLO SPORT E CON LO SPORT NELLA SCUOLA Il bluff dei licei sportivi e simili Mario Gori Non servono i licei sportivi, né tanto meno istituti commerciali che formano "ragionieri sportivi". Il liceo sportivo sarà inglobato nel liceo scientifico e il diploma conseguito sarà quello del liceo scientifico, ma con la dicitura relativa alla "sezione ad indirizzo sportivo". Saranno eliminati la "Lingua e cultura latina" e il "Disegno e storia dell`arte", oltre ad una riduzione della filosofia nel triennio. Attenzione sarà invece data ad un quadro di materie molto tecnico. Difatti nel biennio saranno introdotte 3 ore di Discipline sportive, 1 ora di Scienze motorie e una 1 di Scienze naturali. Gli ultimi tre anni saranno invece caratterizzati da 3 ore di "Diritto ed economia dello sport", 2 ore di Discipline sportive e 1 di Scienze motorie. Quattro punti mi sembrano fondamentali: - conoscenze e metodi propri delle scienze matematiche, fisiche e naturalie dell'economia e del diritto - interazione tra le diverse forme del sapere l'attività motoria e sportiva e la cultura propria dello sport - pari opportunità - verso università e istituti di alta formazione artistica, musicale e coreutica Analizzerò questi punti. Liceo sportivo sostantivo: liceo aggettivo: sportivo Sostantivo: indica la sostanza Dal greco lykeion e da questo likeios, lucente, splendente detto di Apollo o Febo simbolo della luce (lyke) delle scienze e delle arti (v. il mito della caverna di Platone). In Atene il ginnasio fu fondato da Pisistrato e ampliato da Pericle per l'educazione della gioventù e dedicato ad Apollo. Sotto i suoi portici Aristotile passeggiando spiegava la filosofia ai discepoli, quindi il Liceo di Aristotele fondato nel 335 a.C. dal filosofo. All'interno dei portici i giovani si esercitavano nella ginnastica, nella danza, nella lotta. Aggettivo: sportivo: è la qualità variabile che indica l'indirizzo. In tal senso potremmo aprire il liceo matematico, il liceo filosofico, il liceo scientifico, il liceo artistico, economico, religioso...verso le singole specializzazioni o riduzioni dimenticandosi dell'aspetto primario che è l'educazione della persona integrale. Qui volete legittimare, con il miraggio di possibili occupazioni post-diploma, la formazione di contabili capaci di gestire i bilanci delle società sportive o di altre attività (turismo,palestre...) che fanno sport. Mi pare che si tratti solo di un'operazione strumentale, senza futuro, atta solo a incrementare le iscrizioni a scuola. Tali frammentazioni vanno contro la riunificazione, concetto e tendenza fondamentale della filosofia, di tutte le scienze e della pedagogia contemporanee. Come è successo all'educazione fisica che si è dimenticata dell'educazione per andare sempre più verso la fisicità, la valorizzazione positivistica del corpo. C' è un rischio reale di parcellizzazione della persona e di relativismo culturale. Occorre rimettere quindi in discussione la sostanza cominciando una risemantizzazione delle parole usate, per ridare a ciascuna il suo giusto e proprio significato, che è il primo atto di un procedimento chiarificatore di tutto il processo successivo di costruzione e la cui condivisione ci permette di comprenderci. Per esempio i concetti di gioco, attività ludica e sport. Gioco: play, spielen, jouer vuol dire giocare, recitare, suonare, cantare...diverso da game. Ludico da ludus: in-ludo vs l'illusione: teatro, cinema, sport...finzione, simulazione. Lo sport ha molto di ludus e poco di gioco. La panchina, la finta non mi sembrano proprio comportamenti da ricercare nell'educazione, come nella vita, dove ciascuno ha il diritto di essere titolare nel campo sportivo e nella stessa vita, senza bugie, simulazioni e finzioni. É l'educare al pareggio il fine educativo di una rinnovata società umanizzante. Tra l'altro la ludopatia è stata riconosciuta come patologia e trattata dal sistema sanitario nazionale, la sportpatia lo è ormai da molto tempo con la spesa sanitaria di diversi miliardi per infortuni sportivi e patologie permanenti. Non si avrà mai invece una giocopatia da girotondo, corsa coi sacchi, quattro cantoni.... Occorre un cambiamento strutturale e sostanziale della scuola dove non contano più le discipline come fini, ma come strumenti. Non più le abilità e le conoscenze, ma le competenze (da cumpetere: chiedere insieme) in una scuola del laboratori e dei perché. Non si tratta di mettere in discussione il bagher, il fosbury, il tero tempo, la schiacciata veloce, lo stop...ma il modello orgaizzativo complessivo dello sport La corsa, il tiro, il salto...sono azioni motorie quotidiane che diventano specialistiche nello sport e che vanno inserite in categorie generali di azioni e queste nella didassi o capacità da parte dell'insegnante di proporle e organizzarle, a sua volta frutto sia di conoscenze specifiche che di competenre didattiche alla programmazione, usando la metodica come possibilità di scelta contestuale e personalizzata di una pluralità di metodi congruenti con una metodologia interdisciplinare, legittimata dall'epistemologia propria di quella disciplina e dalle scienze afferenti più proprie, fino alla loro comprensione filosofica e alla loro corrispondenza etica. Ma già esistono numerosi lavori che mettono in discussione il termine competenza come viene perseguita oggi, soprattutto attraverso la verifica dei test invalsi e anche di quelli europei troppo orientati ai prevalenti modelli socioeconomici che nella realtà hanno dimostrato la loro inadeguatezza a risolvere i problemi, ma che hanno invece ancora più accentuato la povertà e le discriminazioni sociali. Questo tipo di liceo sportivo non ha niente a che vedere con i college americani o inglesi dove lo sport è sport e basta e i curricoli si rifanno ai concetti deweiani di efficienza lavorativa, né con l'insegnamento mosso attuato recentemente in molte scuole in Germania e nell Svizzera tedesca. Si tratta, come già detto, di una toppa appiccicata al vecchio liceo, senza una sua costruzione integrata e inclusiva, pienamente educativa e moderna. In una nuova scuola si può partire da qualunque disciplina per arrivare a tutte le altre, da qualunque linguaggio per rileggerlo con gli altri. I nuovi curricoli ci parlano nella premessa di nuovo umanesimo, ricerca del senso, interdisciplinarità (metodologia), imparare ad imparare (metodo), scuola dei laboratori e dei perché (programmazione didattica), accoglienza, cittadinanza. Verso il rispetto delle diversità individuali e locali, le risorse personali e le eccellenze del territorio, no alla globalizzazione, si alla mondializzazione come concettio di accoglienza, cittadinanza, inclusione e alla personalizzazione per aiutare ciscuno a riconoscere se stesso per come è. Ammettere i diversabili non risolve il problema se poi li facciamo gareggiare tra loro distinti in tantissime categorie che privilegiano l'handicap perché siamo di nuovo alla frammentazione e alla parcellizazione. É questa ancora una scuola dualista che continua a privilegiare il pensiero sul corpo e l'azione. Rischio: una scuola che rivaluta il corpo in senso specialistico, prestativo, esteriore, sommandosi al pensiero continua nello stesso errore, senza mai rivolgersi all'unità della persona. È una scuola che si basera sempre su una modalità sommativa e mai strutturale sistemica. Occorre quindi una diversa proposta: corpo pensante e pensiero agito, una nuova antropologia che nel campo specifico abbiamo chiamato actiologia. Superare quindi qualunque dualismo e anche le pedagogie motorie dell'intelligenza (v. Piaget) e le pedagogie intelligenti della motrività (il corpo al servizio degli apprendimenti), verso una pedagogia appunto strutturalista e sistemica, inclusiva ad intra e ad extra, polilinguistica, multimediale, multimodale, interdisciplinare verso la transdisciplinarità. Allora una nuova scuola dovrebbe forse chiamarsi "Liceo della motricità umana" o "Liceo antropomotorio" ritrovando il senso pieno della educazione fisica ridando priorità al termine educazione integrale e integrante anche attraverso il corpo in azione. Lo sport non esaurisce la motricità umana a meno che non si voglia, con un'operazione ascientifica e di impoverimento semantico, chiamare tutta la motricità umana sport. L'educazione fisica, il gioco, il tempo libero, il folklore, la danza, le techiche e le discipline orientali, il quotidiano sono altri ambiti o generi cinesici in cui si esprime la nostra umanità, non solo nello sport. In tutta la storia del pensiero umano, la filosofia dimostra che tale disciplina ha trovato pieno senso quando da filosofia teoretica è capace di farsi filosfia pratica, in particolare tutta la filosofia del 900 è filosofia pratica, filosofia dell'azione che abbiamo chiamato filoso-fare in un nostro testo. L'essere umano, a qualunque età, anche il bambino, agisce, riflette, discute, confronta, condivide, determina il cambiamento e rinnova l'azione in una continuità di queste fasi non lineare, ma inserite in una spirale ininterrotta, dinamica. Attraverso tutti i linguaggi, tutti paritetici, senza gerarchie, ma in un loro strutturarsi sistemico in cui, pur scegliendo ogni volta quello più adatto al contesto, ciascuno diventa didascalico dell'altro. Non si è più bugiardi o sinceri con le parole o i gesti, ma la verità e la falsità non dipendono dal linguaggio che si usa, ma dalla libera scelta individuale. Perché ciascun linguaggio è sia una costruzione culturale che linguaggio del corpo. Compreso il linguaggio mimo-gestuale o cinesico. Tale linguaggio non è istintivo e non libera le emozioni mentre quello verbale costruisce simboli e cultura. Poiché si tratta di un vero e proprio linguaggio, viene acquisito contestualmente (come quello verbale) e quindi può e deve essere studiato attraverso la sua scienza di riferimento, la cinesica e le altre scienze che da essa sono derivate: prossemica, aptica, cronemica, cairemica, posturologia, vestemica...Il linguaggio cinesico deve farsi oggetto di insegnamento-apprendimento e importante mediatore didattico della relazione insegnante-alunno e alunno alunno. Ho letto con attenzione il curricolo proposto a livello nazionale per la costituzione dei licei sportivi: viene aggiunto l'aggettivo "sportivo" in maniera solo strumentale con delle frasi-toppa, senza un vero approfondimento della specifità culturale che dotrebbe invece avere. Non si tratta di riportare il modello del CONI e delle federazioni sportive nella scuola: occorre ben distinguere la scuola dello sport dallo sport nella scuola, così come la scuola di danza dalla danza nella scuola, l'economia delle banche da una educazione economica solidale e di comunità. Così la religione da presentare non è quella dello spirito, ma il verbo che si incarna e la carne che risorge nella gloria. Non un'educazione religiosa, ma un'educazione alla religiosità. Si tratta insomma di predisporre una programmazione per mappe concettuali attraverso le quali si può partire dalla disciplina (v. allegato mappa concettuale calcio) per ramificarsi in tutte le discipline come programmazione di tutta la scuola, oppure da una parola, una frase, un concetto, un'azione, un colore, un evento, un filo d'erba per collegarlo in una fittissima rete in cui ogni incrocio può indicare strade diverse e tutte possibili, a immagine e somiglianza della struttura sinaptica del nostro cervello, all'infinito. Si legge il termine letteratura sportiva. Mi chiedo se si deve parlare di letteratura sportiva. Non esiste una letteratura sportiva, esiste la letteratura che tratta infiniti argomenti. Ogni brano e ogni testo rivela un suo genere e un suo stile. Dobbiamo allora parlare di genere letterario sportivo e al suo interno di stili e non di letteratura sportiva autonoma. La SSS stampò alcuni anni fa un'antologia di brani letterari a tema sportivo a cura di Brunamontini dove si trovavano autori classici di tutti i tempi, che avevano anche scritto di sport. Gli autori, da quelli Greci ai più contemporanei, si qualificano come autori di letteratura all'interno della quale hanno scritto qualcosa anche sulle gare e gli sport (Omero iliade e odissea, Chiabrera, Leopardi, Tobino fino ai poeti americani contemporanei, al tedesco Joachim Ringelnatz nel suo Turngedichtz e alle poesie di Umberto Saba sulla squadra della Triestina. Ricordo Alice nel paese delle meravigliein in cui Carroll assume il genere fiaba per raccontare la matematica e lo sport. E Gianni Brera era uno scrittore che applicava il suo stile anche quando scriveva di sport. Il linguaggio del giornalismo sportivo è oltre che descrittivo dell'evento, spesso tecnico e medico, ma sovente usa parole e frasi stereotipe riprese dalla guerra e dalla religione e sfigura nel confronto letterario, linguistico e contenutistico con il linguaggio economico, politico, religioso, artistico. Così accade nel cinema, dove o si tratta di documentari sportivi su una memoria, o celebrativi di un avvenimento. Nel cinema lo sport è la "scusa", uno sfondo per raccontare una storia su persone dentro la vita, con tutti gli elementi esitenziali della tragedia, commedia, dramma, farsa, amore, vittoria, sconfitta dell'uomo. Educare, come va di moda oggi, alla sconfitta nello sport non ha alcun transfer nelle vittorie e nelle sconfitte della vita, là sono fini a se stesse, qua sono la vita vera. Lo sport è una parafrasi della vita, o al massimo una parte della vita, non è la vita vera. Competizione-contrapposizione, agonismo-antagonismo, scontro-incontro, controcomunicazionecomunicazione...sono le coppie dualistiche nelle quali si esprime la nostra ambivalenza. Anche in questo caso nesun comportamento può essere ridotto solo all'uno o all'altro. Ho letto che sono state diminuite le ore di cultura latina, di filosofia; ma la cultura latina, come quella greca, se non è mero esercizio gramaticale ci chiarifica l'origine semantica delle parole che alla loro origine hanno uno strettissimo legame con l'azione che poi si è persa; il dibattito fondamentale della filosofia è sempre stato quello del rapporto tra corpo e mente, corpo e spirito, con concezione dualistiche, moniste, olistiche e che sono la base per qualunque approccio successivo alla realtà e alla pratica. Inoltre la storia dell'arte ha sempre rappresentato soprattutto l'interpretazione dei corpi umani, dalle statue tridimesionali all'astrattismo. Non si può comprendere, interpretare e agire il corpo senza filosofia e senza arte. Si assiste a un ulteriore riduzionismo alle scienze e alle discipline mediche, che diagnosticano l'uomo e le sue insufficienze, lo disseziona in corpo anatomico e lo spiega come macchina fisica e fisiologica, retaggio di un approccio scientifico positivistico e cartesiano (ma che anche Cartesio aveva rimesso in discussione) che, in contrasto con gli ultimi documenti della OMS che finalmente affermano l'unità della persona e non la particolarità della malattia o dell'handicap. Come l'attuale corso di Scienze motorie che prepara dei paramedici disoccupati sia nel campo dello sport che della rieducazione. Non certamente prepara degli educatori. Sempre i medici che comandano, prima all'ISEF ora a Scienze motorie. Si tratta di un errore epistemico e metodologico, di un falso scientifico riduzionistico. E le scienze umane che fine hanno fatto? E le scienze romantiche? Filosofia, antropologia, sociologia, psicologia, etnologia, cinesica, musicologia, coreutica...sono assenti. Vedo molte difficoltà ad accedere ai corsi universitari dei quali si è prima parlato. Conta la ricerca della performance e della prestazione e non quella del comportamento etico. Si tratta di educare un corpo in azione consapevole, competente, responsabile, testimone di valori. Siamo l'animale più scadente da un punto di vista prestativo: mai voleremo come gli uccelli, o nuoteremo come i pesci, o correremo forte come il giaguaro o cammineremo lentamente come la tartaruga, né potremo mai sollevare 300 volte il nostro peso come la formica...già l'uomo ai suoi albori si rese conto di tutto ciò, e, riflettendo filosoficamente sui suoi limiti, cominciò a produrre ricerca scientifica e realizzazioni tecniche, quei tutori che gli permettessero di volare, nuotare, andare più forte. L'uomo in azione si qualifica attraverso il suo corpo capace di produrre relazioni, cultura, simboli e valori. Poiché non è un'ora in più di sport o di scienze motorie che può variare quantitativamente la prestazione sportiva degli atleti a scuola, rispetto agli allenamenti quotidiani effettuati nelle società sportive. Dal dopoguerra ad oggi siamo passati dalla ginnastica tedesca (risalente al Basedow e al Gutz Muthz da un lato e a Jhan e Jager dall'altro), francese (Amoros, Demeny, Hebert), svedese (Ling) a quella inglese (Arnold) dell'avviamento alla pratica sportiva (le nostre palestre erano costruite su tali modelli); alla quasi esclusiva sportivizzazione indotta dal CONI (giochi della gioventù. impianti, contributi, compreso il "ricatto" agli Enti di promozione foraggiati dallo stesso Ente),alla nascita di palestre private di fitness negli anni 80 con il totale fallimento della ginnastica aerobica prima ad alto e poi a basso impatto, al welness con finalità esteriorizzanti per diventare più visibilie appetibili, al dilagare di nuovi operatori magico-mistici di tecniche e discipline orientali e orientaleggianti o psicologizzanti, alla chirurgia plastica, tanto che in Italia vi sono sempre meno praticanti sportivi con altissime percentuali di abbandoni precoci, costringendoci a importare atleti dall'est e dal terzo e quarto mondo con il miraggio del riscatto. Non potremo battere i record all'infinito, già assistiamo a lunghi periodi di stasi e sempre più si dilateranno. Ma già l'uomo ricerca altre vie: quando si accorse a partire da Icaro che non poteva volare con le sue capacità cominciò la ricerca scientifica e la produzione tecnologica costruendo tutori che gli permettono di volare ben più veloce degli uccelli, quando si accorse che non era un pesce, ugualmente costruì le navi e i ponti e le attrezzature subacquee. È sempre più difficile battere i primati in quegli sport che si basano sul metro e il cronometro (v. atletica o nuoto), tra pochi anni non verrà più battuto alcun record in nessuno sport. E anche in quelli di squadra non si potrà schiacciare più in alto e più potente o tirare più forte all'infinito. Dall’inizio dell’era degli sport, alla fine del ‘900, la scienza studia le prestazioni degli atleti da primato. Da allora la massa muscolare media è cresciuta, così come l’altezza media, le tecniche di allenamento si sono sempre più perfezionate, le strutture e i materiali sempre più sofisticati e tutto questo ha portato ad un miglioramento delle prestazioni. Finora è sempre spuntato un nuovo atleta in grado di superare il record precedente, ma ormai è sempre più difficile aspettarci nuovi record come abbiamo constatato alle Olimpiadi di Londra 2012 e ancora meno li vedremo a Rio 2016. Viene sostenuto da tecnici e ricercatori che dopo il 2020 il tempo dei record si concluderà definitivamente. Altri scienziati preannunciano la fine dei record fra 200 o addirittura 900 anni. In ogni caso il margine di miglioramento si assottiglia sempre di più. Ormai gli allenamenti, le attrezzature, l’abbigliamento, hanno raggiunto standard ottimali e i nuovi record sono solo il frutto di una serie di concause impercettibile e imprevedibile di fattori. Una barriera esiste oltre la quale la velocità o la forza o la destrezza non possono aumentare. Usando modelli matematici il fisiologo R. H. Morton, afferma che nessun uomo potrà mai correre i cento metri in meno di 9”15 tra il 2187 e il 2254!!! Si fa sempre più lunga l’attesa di nuovi record che finiranno per non arrivare più. Le prossime generazioni vivranno attese piene di noia infinita. Ma l’attuale società tecnologica che cresce esponenzialmente non aspetterà certamente molti anni per costruire nuovi recordman. La domanda è quindi: che cosa potrà accadere a breve termine, se non già da qualche parte accade? Girano già tra di noi gli atleti bionici e addirittura quelli modificati geneticamente? Gli sport estremi si stanno sempre più diffondendo: il rischio sta sostituendo la vittoria e il record. L’utopia dell’andare sempre più veloci e sempre più in alto, di diventare sempre più potenti, diventerà un assurdo del quale l’uomo sarà sempre più consapevole. Il mito di correre lo spazio senza tempo e al di fuori della gravità, il peccato originale di superbia e presunzione che la scienza possa aiutare l’uomo a ridiventare un dio, cadrà e l’uomo potrà riacquistare la sua dimensione di dio imperfetto (Montale). Oppure si aprirà una nuova e straordinaria epoca: quella della tecnosofia. L’ingegneria genetica ci fornirà cuori artificiali che elimineranno i rischi di malattie cardiache e di morte improvvise, e cosi per tutti gli altri organi. Gli atleti verranno scelti attraverso modificazioni genetiche già nel periodo dello sviluppo infantile con muscoli e tendini in materiali speciali, uomini-ciborg. Questa nuova cultura andrà oltre la visione reazionaria e antiprogressista per cui l'uomo non deve mai oltrepassare i limiti della propria natura madre e matrigna, che si estrinseca nella attuale “assurda” logica che vieta il doping e gli aiuti tecnologici. Così stare dentro i limiti imposti dalla natura, sarà messa in discussione come visione reazionaria del mondo, incardinata in quel sistema di potere-dominio sotterraneo che alberga in tutti coloro che vogliono fermare il progresso che è invece incarnato nei suoi aspetti prometeici e faustiani che sono peculiari alla nostra specie. La logica che proibisce il progresso è una discriminazione reazionaria ricoperta da ragioni pseudo-naturali e quindi anche pseudo-sportive (la paura del doping o della tecnologia). Se vietare il doping fisiologico può essere sostenuto sulla base della tutela della salute del praticante, l’ingegneria genetica e i tutori tecnologici arricchiscono, migliorano, potenziano tutta la vita umana e quindi anche quella sportiva. Lo sport si pratica all’interno di regole, ma queste possono essere cambiate sia nelle gare attuali che attraverso gare nuove. I cambiamenti, se avvengono, sono minimi e finalizzati ad aumentare lo spettacolo. La moviola, raggi laser sulla linea di porta, attrezzature con chip incorporati, scarpe con microammortizzatori al carbonio…sono ormai in campo. Perché non ammettere allora l’uso di indumenti o di innesti super tecnologici che migliorino le prestazioni? Se non adotteremo questi metodi lo sport si trasformerà (come in parte ha già fatto) in una gerarchia di soggetti dotati geneticamente per selezione naturale o storica, e quindi senza più alcun merito personale nello sport. Ci attendono nel futuro nuovi atleti cyborg che infrangeranno i record, grazie alle tecnologie, diventeranno sempre più veloci, più forti, saranno capaci di impegnarsi su gare completamente diverse, nuove sfide, nuovi sport, al cui confronto le olimpiadi di oggi saranno una noia mortale che nessuno ormai vorrà più seguire. In un futuro ormai prossimo, gli atleti di oggi saranno visti come noi ora guardiamo i giochi paraolimpici, con un misto di tenerezza e di compatimento. Le future generazioni manderanno in soffitta quel falso e ipocrita buonismo che caratterizza il nostro mondo perverso e inconsistente, artefatto e fasullo. Lo sport senza record è un mito come lo fu quello del dilettantismo olimpico o “l’importante è partecipare” o “sport al di sopra della politica”. Nello sport non c’è mai stato dilettantismo, è sempre stato strumentale alla politica, è già gli antichi Greci affermavano coerentemente che si gareggia per vincere. E già si dopavano o compravano gli atleti e le gare. La tecnologia sempre più avanzata incarna le nostre paure più profonde perché ci parla del nostro futuro nel quale tutti (?) i problemi saranno risolti tecnologicamente. Con più tecnosofia. Il futuro fa sempre paura, per questo ci aggrappiamo al passato e al presente. Ma passato e presente esistono illusoriamente e restare in essi significa sostanzialmente sopravvivere passivamente. I problemi dell’umanità sono sempre stati risolti dal progresso (anche se nella logica ambivalente ne ha creati di nuovi). Quando ciò è stato rallentato l’uomo ha rivelato la sua incapacità di risoluzione dei problemi (salute, alimentazione, inquinamento, conflitti…) in tutto il mondo e in tempi rapidi. Questo epocale cambiamento di pensiero e di comportamento, permetterà alla specie umana di iniziare un nuovo genere di esistenza. Gli atleti possono incominciare tale rivoluzione esplorando le nuove potenzialità della natura umana modificata e “ricreata”. Con la tecnosofia, come filosofia transumanista, potremo consapevolmente realizzazione il nostro reale destino: l’uomo rimane uomo e insieme trascende se stesso modificandosi. La società della conoscenza esige che la scuola cominci a dare il suo contributo sostituendo molte delle modalità didattiche obsolete e degli strumenti museali, così che gli alunni apprendano ad apprendere facilitati dalle tecnologie avanzate verso un nuovo umanesimo che riesca a coniugare l’etica condivisa con la semplificazione tecnologica della vita stessa. Questa è la sfida del terzo millennio: ma sarà possibile mantenere il minimo squilibrio possibile tra natura e cultura? La presunzione umana ritiene che l’uomo sia il padrone assoluto di se stesso, del mondo e del futuro. Ho guardato a lungo le paraolimpiadi di Londra e provavo grande malinconia e rabbia. Poi ho avuto modo di seguire sport olimpic e provavo grande malinconia e rabbia. Nello sport per diversabili le gerarchizzazioni e le frammentazioni sono ancora più accentuate che nello sport per i cosiddetti normali. E all’interno delle diversabilità, non essendocene una uguale, si cerca di raggrupparle in categorie apparentemente simili. Erano presenti soggetti affetti da nanismo, ma mancavano quelli affetti da gigantismo. E mancano ancora tante tipologie di diversabili, ad es. bulimici, anoressici, trapiantati suddivisi per il tipo di trapianto…e quasi tutti quelli di tipo psichiatrico. E perché non organizzare le gayolipiadi e le lesbolimpiadi e quelle dal sesso misto o indefinito. I classificatori mi davano l’idea di una sorta di tribunale dell’inquisizione o di medici nazisti. Poi ho cominciato a fare alcune considerazioni. Quando l’uomo si accorse di non poter volare, Icaro costruì le prime ali artificiali, poi si arrivò alle astronavi; quando si accorse di non essere un pesce invento le barche, i ponti e i respiratori; quando si accorse di non arrivare in alto senza appigli, costruì la scala e gli argani, quando si accorse di essere meno veloce degli animali feroci, invento le armi per difendersi e ucciderle a distanza, poi costruì la bicicletta, l’auto; dopo aver constato la relatività della comunicazione vocale, costruì il telefono oggi senza fili; accortosi dei suoi limiti sensoriali per scoprire il macro e il microcosmo inventa il microscopio e il telescopio. Gli esempi sono infiniti. La sostanza del discorso è che da quando esiste sulla terra, l’uomo agisce, e agendo si accorge dei suoi limiti assoluti nello spazio e nel tempo, ma non si abbatte e inizia subito la riflessione, l’ideazione e la realizzazione di “tutori” che gli permettano di diminuire lo scarto che sente nella sua natura cercando di vincere i limiti intermedi dello spazio e del tempo con una ininterrotta ricerca verso l’infinito. Così la cultura e la civiltà hanno generato, e continueranno a farlo, i tutori più disparati con l’utopia di migliorare se stessi e l’assurdo della vittoria sulla morte, sul tempo e lo spazio creando se stesso come uomo artificiale, bionico, immortale. Questo non vuol dire interrompere la ricerca, l’invenzione e la produzione di tecnologie che possano servire all’uomo per rincorrere il suo sogno di essere il più simile agli dei. Gli sport si stanno tecnologizzando sempre di più con la ricerca di materiali, attrezzi sempre più ergonomici, con tecniche di allenamento sempre più sofisticate, con l’assunzione del doping, Il prossimo modello di riferimento, già iniziato, è quello di costruire tendini e muscoli indistruttibili, arti computerizzati con programmi sulla forza, la velocità e la resistenza, cuori e apparati artificiali per i quali non conta stare sotto o superare la soglia. La memoria cinesica sarà ram e immessa in un CD da inserire nella protesi computerizzata a seconda della gara da fare. Le gare di un prossimo futuro saranno più democratiche attraverso la tecnologia, per cui coloro che oggi gareggiano separati tra diversabili e atleti di vertice, gareggeranno tra loro, insieme perché in possesso della stessa tecnologia. Le prossime gerarchie non saranno più basate sulle disposizioni naturali e i carichi di allenamento, ma su chi potrà permettersi i tutor di ultima generazione. Verrà premiata l’azienda e non il vincitore. E la democrazia non sarà raggiunta, ancora una volta per la differenza tra paesi, popoli e soggetti più economicamente avanzati e sottosviluppati. Per una metodologia qualitativa di ricerca e di applicazione del corpo in azione. RIFERIMENTI PROPOSITIVI L'actiologia designa l’ambito della metodologia che tende a costituire l’oggetto, i contenuti e quali sono i modi, le forme e le misure del proprio contributo nell’ambito del corpo in azione: DENOTATO dai prerequisiti naturali e dai contributi di studi e ricerche di numerose e diverse scienze e discipline CONNOTATO dal particolare modo, individuale, culturale e sociale, di organizzarli e utilizzarli. Il corpo in azione, come oggetto di studio, è da intendersi: - CORPO: un'entità fisica, biologica e antropica al tempo stesso, ma che ha nell'antropicità il tratto originario e originale caratterizzante rispetto a qualunque oggetto puramente fisico e a qualunque altro essere vivente; esso è l'attore-esecutore dell'azione, risorsa e limite per porla in essere, riferimento ineludibile per la definizione delle sue caratteristiche generali e specifiche. - AZIONE: segmento di comportamento (attuato o attuabile), delimitato da due estremi esecutivi, finalizzato ad uno scopo, animato da un'intenzione, sostenuto da una volontà, organizzato e guidato da capacità cognitive, correlato ad un vissuto emotivo-affettivo, intessuto nella rete di relazioni umane, carico di significato e di senso, riferito e connotato da modi e forme culturali. Essa è la modalità di esistenza del corpo. È evento che accade solo in quanto eseguita da un corpo e nel corpo trova la condizione per essere concreta. L'azione si incarna solo nel corpo e da qui si incammina verso gli altri. Corpo e azione non possono essere separati in quanto: RIFERIMENTI EPISTEMOLOGICI Gli aspetti, le modalità, le forme, le contestualizzazioni e le implicazioni (educazione scolastica e permanente, gioco, quotidiano, lavoro, sociale, arte, sessualità, rito, spettacolo, sport, salute, violenza, amore…) riferibili al corpo in azione sono ritenuti potenzialmente di pari interesse e degni della stessa attenzione teorica e applicativa. L’actiologia si collega alle conoscenze che derivano dalle diverse scienze: - fisiche e chimiche - matematiche riguardano prevalentemente il corpo in - biologiche e mediche azione fisico-biologico - antropologiche e antropometriche ACTIOLOGIA - filosofiche - antropologico-culturali - cognitive riguardano prevalentemente il corpo - sociali in azione antropico - pedagogiche - della comunicazione, ecc. Pur utilizzando come fonte diretta o indiretta i contenuti di queste scienze, l’actiologia elabora e applica in modo originale e specifico questi contenuti, all'interno del proprio quadro teorico e metodologico. A tal fine seleziona, interpreta, correla e riorganizza, in maniera metodologicamente autonoma, i contenuti in questione. L’actiologia elabora le sue linee metodologiche e contenutistiche su due “fronti” complementari: - costruzione teorica, intesa come ricerca teoretica e applicata, formalizzazione e comunicazione dei contenuti; - applicazione, secondo le modalità indicate dalla componente normativa negli ambiti: . pedagogico-didattico: scuola e agenzie educative . tecnico-didattico: ambito artistico, musicale, sportivo, lavorativo, operativo in genere) . ergonomico-didattico: ambito lavorativo, sportivo, quotidiano . preventivo-terapeutico-didattico: ambito quotidiano, sanitario e rieducativo. . socio-relazionale: nelle sue innumerevoli sfaccettature. I contenuti della actiologia, vengono articolati secondo un triplice carattere: DESCRITTIVO: si raccolgono, si ordinano e si rendono utilizzabili le informazioni relative all'oggetto di studio. ESPLICATIVO: si ricercano, si interpretano e si ipotizzano informazioni sulle cause, sulle origini e sulla natura del corpo in azione. Si traccia la mappa di relazioni tra tali elementi per produrre un quadro organico e coerente, per dare identità e senso ai saperi relativi al corpo in azione. NORMATIVO: si propongono modi, forme e tecniche per: - usare in modo consapevole e competente il corpo in azione nei contesti operativi e comunicazionali, - favorire i processi relativi all'apprendimento insegnamento “con/dell'/sull'azione”, - ridurre disagi/ottenere benefici sul piano funzionale-biologico, cognitivo, affettivo, sociale nella pratica motoria quotidiana, lavorativa, ricreativa, relazionale, didattica, sportiva… - ottimizzare la resa delle azioni in cui il risultato concreto è l'aspetto prevalente. PRESCRITTIVO: si individuano, suggeriscono e sollecitano disposizioni, valori, senso, significati, disponibilità e progettualità, capacità critica, accoglienza e alterità, così che il corpo in azione diventi testo e luogo dell’essere storico-progettuale, mediatore incarnato della riflessione e della relazione socio-culturale. RIFERIMENTI TELEOLOGICI ED ETICI In actiologia si affermano come principi: - il valore del corpo in azione; - la specificità di un proprio ambito in termini di metodologia di ricerca e di formalizzazione, di impianto teoretico complessivo, di normatività nell'applicazione; - il continuo dialogo con le scienze direttamente coinvolte nella sua costruzione e con altri ambiti del sapere; - il valore della cultura del corpo in azione come mezzo per conoscere, capire e intervenire nella realtà personale e sociale; - il rispetto delle culture e delle particolarità legate all'identità del corpo in azione, ivi comprese le diversità fisiche o di qualunque tipo; - l'attenzione per gli aspetti e gli ambiti dell'esistenza dove il corpo in azione sia implicato; - il perseguimento del benessere e il miglioramento della qualità della vita; - la promozione, in particolare: . della dignità personale riconosciuta al corpo in azione proprio . delle capacità operative del corpo in azione in ambito fisico-simbolico . delle capacità cognitive del corpo in azione in ambito simbolico-fisico . dell'equilibrio affettivo-emotivo testimoniato col corpo in azione . delle capacità relazionali e comunicative mimico-gestuali, posturali, prossemiche… . della dignità personale riconosciuta al corpo in azione dell’altro . di un armonioso rapporto del corpo in azione con la natura. . di un armonioso rapporto del corpo in azione con la cultura (e). In particolare vengono proposti, per i corsi di laurea in Scienze della formazione l’acquisizione da parte degli studenti delle seguenti competenze: E.F. - corpo pensante e pensiero agito - individuazione dei significanti/significati del corpo in azione - gioco come strumento didattico trasversale alle diverse discipline e educazioni - esecutive: organizzare e condurre l’azione didattica che prevede l’esecuzione da parte degli alunni attraverso il corpo in azione - osservative: individuare e valutare i parametri essenziali relativi al corpo in azione in rapporto alla situazione e agli scopi - comunicative: conoscere e utilizzare in modo contestualizzato e finalizzato vari codici e registri comunicativi a partire da quello cinesico sia nella sua specificità che nella sua trasversalità - passare da uno all’altro dei piani esecutivo, osservativo, comunicativo, teorico e viceversa - predisposizione di programmazioni per progetti, organizzazione di mappe concettuali, schede operative disciplinari e multidisciplinari a partire dal corpo in azione - filoso-fare Scienze motorie - corpo pensante e pensiero agito - aspetti antropologico-filosofici del corpo in azione e sulle diverse scienze umane afferenti l’E.F. relativamente al corso di laurea in Scienze della formazione - actiologia come scienza propria dell’E.F. - scienze della comunicazione applicate alla cinesica - intelligenza cinesico-motoria e i suoi rapporti con la cinesica e la prossemica, la cairemica, la cronemica, l’aptica, la vestemica, la posturologia comunicazione cinesica nella mediazione didattica e come oggetto di insegnamento- apprendimento filoso-fare In conclusione Occorre porsi domande fondamentali quali se lo sport è un valore, un mezzo o una sovrastruttura in senso marxiano. Se lo sport produce cultura o è un prodotto della cultura e si connota come sottocultura. Se occorre fare la storia dello sport o collocare lo sport nella storia. Se tutto è cultura anche la mafia e la guerra lo sono, come gli ultras, gli infortuni, il calcio scommesse, il doping, i bilanci contraffatti, gli stipendi offensivi... Se il pensiero è astratto e l'azione è concreta, o se anche pensare è un'azione concreta e agire è un pensiero incarnato. Se occorre seguire il modello della ricerca senza limiti, oppure se bisogna individuare i limiti disumanizzanti della ricerca. Forse al termine cultura che racchiude usi, costumi, tradizioni, religione, storia, politica, arte...di un popolo, occorre oggi aggiungere la dimensione etica, quella dell'accoglienza e del volto dell'altro, verso un mondo inclusivo nel quale nessuno potrà mai essre felice contro un altro. Se vogliamo veramente educarele nuove generazioni all'accoglienza alla cittadinanza, al volto dell'altro, all'inclusione. In tal caso, partendo dalla costatazione che siamo tutti normodiversabili, la classe deve strutturarsi come gruppo di ricerca e di realizzazione di schede operative facilitate per i compagni, di progetti tecnologici su nuovi tutori e informatici per nuovi programmi di accesso e di semplificazione dell'azione anche a distanza. Si tratta di costruire nuovi linguaggi: non il diversabile che deve adeguarsi a me, ma io a lui. Dallo sport d'élite della seconda metà dell'800 e della prima metà del 900, allo sport di massa a partire dagli anni 60-70 sull'onda delle olimpiadi di Roma, agli slogan degli anni 80 dello sport per tutti, è il momento dello "sport con tutti" affinché anche la pratica sportiva, oltre gli schemi ufficiali, contribuisca alla condivisione, comunicazione, competizione, coniugazione, conciliazione, conclusione, convivenza, comunione con tutti. Ho cercato di dare un contributo di critica costruttiva alla nascita del Liceo sportivo e del Commersiale sportivo. Spetta al Collegio dei Docenti la stesura di una programmazione curricolare (POF, PEI, mappe concettuali, competenze) contestuale e innovativa. Se gli insegnanti e gli alunni riusciranno ad acquisire un vero senso critico, i primi impareranno ad educare e i secondi apprenderanno ad apprendere, anche attraverso il corpo in azione nell'unità della persona: un corpo pensante e un pensiero agito.. Testi di riferimento Mario Gori, Actiologia, Ed. Aracne, Roma, 2012 Mario Gori, Cinesica, Ed. Aracne, Roma, 2012 Mario Gori, Filoso-fare, mariogori.jimdo.com Mario Gori, Dopo la competizione la cooperazione, mariogori.jimdo.com Mario Gori, Il verbo si è fatto carne, mariogori.jimdo.com Mario Gori, Mario Tanga, Passport, educazione fisica per la Scuola secondaria di primo e secondo grado, D'Anna, Firenze, 2005 Mario Gori, La persona in azione, Educazione fisica per la scuola secondaria di secondo grado, CD da richiedere sito web: mariogori.jimdo.com