10 - Applicazioni del calcolo differenziale

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Università degli Studi di Palermo
Facoltà di Economia
CdS Sviuppo Economico e Cooperazione Internazionale
Appunti del corso di Matematica
10 - Applicazioni del
calcolo differenziale
Anno Accademico 2015/2016
D. Provenzano, M. Tumminello, V. Lacagnina e A. Consiglio
1. Punti di massimo e di minimo. Funzioni cescenti e decrescenti
1. Punti di massimo e di minimo. Funzioni cescenti e
decrescenti
L’obiettivo di questa sezione é ricercare i punti di massimo e di minimo
relativi, interni all’insieme di definizione della funzione, supponendo
che questa sia derivabile
Teorema 1.1. Sia f una funzione derivabile in x0 punto interno
dell’insieme A di definizione della funzione. Se f 0 (x0 ) > 0, allora f (x)
è crescente in x0 .
Teorema 1.2. Sia f una funzione derivabile in x0 punto interno
dell’insieme A di definizione della funzione. Se f 0 (x0 ) < 0, allora f (x)
è decrescente in x0 .
Teorema 1.3. Sia f una funzione derivabile in x0 punto interno
dell’insieme A di definizione della funzione. Se f (x) ha un punto di
massimo o di minimo relativo in x0 , allora f 0 (x0 ) = 0.
I teoremi 6.1 e 6.2 esprimono una condizione sufficiente perché una funzione derivabile risulti crescente o decrescente in un punto x0 , interno
al suo dominio.
Il teorema 6.3 esprime invece una condizione necessaria ma non sufficiente perché una funzione derivabile presenti un estremante relativo
in un punto x0 , interno al suo dominio. Ne costituisce un esempio la
funzione f (x) = x3 che è crescente in x0 pur essendo f 0 (0) = 0.
La condizione necessaria espressa dal teorema 6.3 viene anche detta
condizione del primo ordine. Essa opera una prima selezione: affinché
un punto x0 (interno al dominio di una funzione f derivabile) sia un
estremenate, deve almeno annullare la derivata prima di f . I punti
che non sono soluzione dell’equazione f 0 (x) = 0 sicuramente non sono
estremanti.
Il fatto che la derivata prima si annulli nel punto x0 non ci assicura che
in quel punto la funzione abbia un minimo o un massimo. Potrebbe
avere un flesso orizzontale o addirittura potrebbero presentarsi situazioni ancora piú complicate. Occorre quindi necessariamente studiare
il segno della derivata prima nei punti a sinistra e nei punti a destra di
x0 .
Teorema 1.4. Sia x0 un punto che, assieme alla derivata prima,
annulla tutte le derivate della funzione f fino a quella di ordine n-1,
ma non quella di ordine n:
f 0 (x0 ) = f 00 (x0 ) = f 000 (x0 ) = · · · = f (n−1) (x0 ) = 0
con
f (n) (x0 ) 6= 0.
Se n é pari, il punto x0 é di massimo quando risulta f (n) (x0 ) < 0 e di
minimo quando risulta f (n) (x0 ) > 0; se n é dispari il punto x0 non é
né di massimo né di minimo.
D. Provenzano, M. Tumminello, V. Lacagnina e A. Consiglio
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1. Punti di massimo e di minimo. Funzioni cescenti e decrescenti
Teorema 1.5. Sia x0 tale che f 0 (x0 ) = 0 e sia f una funzione
continua in x0 . Se ∃ δ > 0 tale che:
i: f 0 (x) > 0, ∀x ∈ (x0 − δ, x0 ) e f 0 (x) < 0, ∀x ∈ (x0 , x0 + δ),
allora f (x0 ) è un massimo locale
ii: f 0 (x) < 0, ∀x ∈ (x0 − δ, x0 ) e f 0 (x) > 0, ∀x ∈ (x0 , x0 + δ),
allora f (x0 ) è un minimo locale
iii: f 0 (x) ha lo stesso segno su (x0 − δ, x0 ) ∪ (x0 , x0 + δ), allora
f (x0 ) non è un estremo locale (ossia né un massimo, né un
minimo).
Teorema 1.6. Sia f una funzione derivabile in tutti i punti interni
dell’insieme A di definizione:
i: se f 0 (x) > 0, ∀ x interno ad A, allora f (x) è crescente in A;
ii: se f 0 (x) < 0, ∀ x interno ad A, allora f (x) è decrescente in
A;
iii: se f 0 (x) = 0, ∀ x interno ad A, allora f (x) è costante in A.
Proof. Dimostriamo il caso (i). Per il teorema del valor medio,
esiste almeno un c ∈ A tale che
f (x2 ) − f (x1 )
f 0 (c) =
x2 − x1
0
con x1 < x2 . Per ipotesi f (x) > 0 e quindi f 0 (c) > 0, per cui
f (x2 ) − f (x1 )
>0
x2 − x1
Tale frazione è maggiore di zero se il numeratore è maggiore di zero,
ossia f (x2 ) > f (x1 ), pertanto la funzione è crescente.
Si osservi che la (i) e la (ii) sono condizioni sufficienti, ma non necessarie (la funzione f (x) = x3 è crescente su R, ma f 0 (0) = 0). La
(iii) esprime invece una condizione necessaria e sufficiente, ossia vale
la doppia implicazione:
f 0 (x) = 0 ⇔ f è costante
I punti di massimo e minimo relativo sono stati ricercati nell’ipotesi che
tali punti fossero interni al dominio della funzione e che questa fosse
derivabile. Senza queste ipotesi restrittive, giá la condizione f 0 (x) = 0
non é piú necessariamente soddisfatta dagli estremanti, come accade
nel punto x0 = 0 delle funzioni rappresentate nella figura 6.
Per la funzione
√ y = |x| la derivata nel punto x0 =0 0 non esiste. Per la
funzione y = x, la derivata prima in x0 = 0, f (x0 ), é diversa da 0.
In entrambi i casi x0 é un estremante della funzione.
Per arrivare a conclusioni generali occore dunque aggiungere, ai punti
critici ottenuti con le precedenti regole, lo studio dei punti in cui la
funzione non é derivabile e dei punti di frontiera del suo dominio.
Confrontando le immagini dei punti cosı́ individuati, si perverrá alla
determinazione degli eventuali punti di massimo e minimo assoluti.
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1. Punti di massimo e di minimo. Funzioni cescenti e decrescenti
Figure 1. Funzioni con estremanti per cui risulta
f 0 (x0 ) = @ oppure f 0 (x0 ) 6= 0.
Esempio 1.1
Determinare in quali intervalli la funzione
4
f (x) = x5 − 3x4 − 4x3 + 22x2 − 24x + 6
5
è crescente o decrescente. Si osservi che la f (x) è definita, continua
e derivabile su tutto R.
La sua derivata è
f 0 (x) = 4x4 − 12x3 − 12x2 + 44x − 24 = 4(x + 2)(x − 1)2 (x − 3)
Vediamo qual è il segno di f 0 (x).
In particolare
(x − 3)
(x − 1)2
(x + 2)
......
......
......
......
+++ −−− −−− +++
−2
1
3
%
&
&
%
Quindi f (x) è crescente su (−∞, −2), decrescente su (−2, 3) e crescente su (3, +∞).
Esempio 1.2
Determinare i punti critici della funzione f (x) = 3 − x2 .
Dalla definizione di punto critico, sappiano che i valori di x per cui
f 0 (x) = 0 sono punti critici, quindi
f 0 (x) = −2x = 0
per x = 0
Quindi, x = 0 è un punto critico.
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1. Punti di massimo e di minimo. Funzioni cescenti e decrescenti
Esempio 1.3
Sia f (x) = |x + 1| + 2. Determinare i punti critici.
Si osservi che
x+1+2
se x + 1 ≥ 0
f (x) =
−(x + 1) + 2 se x + 1 < 0
quindi
1
se x > −1
−1 se x < −1
I punti critici vanno ricercati dove si annulla la derivata prima o
dove la derivata prima non esiste. In questo caso f 0 (x) 6= 0 sempre.
Per x = −1 la derivata prima non esiste. Per x = −1, f (−1) =
2 < f (x), ∀x ∈ R e x 6= 1. Quindi x = −1 é un punto critico.
0
f (x) =
Esempio 1.4
Determinare i punti critici della funzione f (x) = |x2 − 2|.
2
x −2
se x2 − 2 ≥ 0
f (x) =
−(x2 − 2) se x2 − 2 < 0
ossia
f (x) =
√
√
x2 − 2
se x √
≤ − 2 oppure
x
≥
2
√
−(x2 − 2) se − 2 < x < 2
La derivata prima vale
√
√
2x
se x √
< − 2 oppure
x
>
2
0
√
f (x) =
−2x se − 2 < x < 2
√
In questo caso, f 0 (x) = 0 per x = 0, inoltre, in x = ∓ 2 la derivata
√
f 0 (x) non esiste. Quindi i punti critici sono x = 0 e x = ∓ 2. A
tal fine si osservi la figura 2.
Esempio 1.5
1
.
x−1
Si osservi che f (x) è definita in (−∞, 1) ∪ (1, +∞) e che anche
1
0
f 0 (x) = − (x−1)
2 è definita sullo stesso dominio. In x = 1 f (x) non
esiste, ma x = 1 non è un punto critico in quanto non appartenente
al dominio di f (x).
Determinare i punti critici della funzione f (x) =
6
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1. Punti di massimo e di minimo. Funzioni cescenti e decrescenti
Figure 2. Punti critici della funzione f (x) = |x2 − 2|
Figure 3. Punti critici delle funzioni f (x) e g(x)
dell’esempio 1.6
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1. Punti di massimo e di minimo. Funzioni cescenti e decrescenti
5
2
Figure 4. Punti critici della funzione g(x) = 2x 3 + 5x 3
Esempio 1.6
(Figura 8)
(
7 − 2x se x ≤ 2
1 + 2x se x ≤ 1
7 1
(i) f (x) =
(ii) g(x) =
5 − x se x > 1
− x se x > 2
2 4
Nel caso (i), in x = 2 la funzione è continua ma f 0 (2) non esiste.
In x = 2 la funzione non assume nè massimo nè minimo in quanto
f 0 (x) < 0 in (2 − δ, 2) ∪ (2, 2 + δ).
Per quanto riguarda il caso (ii ), f 0 (x) in x = 1 non esiste e, sebbene
f 0 (x) > 0 in (1 − δ, 1) e f 0 (x) < 0 in (1, 1 + δ), in x = 1 la funzione
non è continua e quindi non possiamo dire nulla in base al teorema,
visto che esso NON può essere applicato. Come si vede dalla figura
8, tuttavia, il punto x = 1 è un punto di massimo (locale e assoluto).
Vi sono casi in cui è difficile determinare il segno di f 0 nell’intorno
del punto critico. Inoltre, è importante fornire una condizione sufficiente affinchè un punto critico possa essere identificato come un massimo o un minimo. Questa condizione si basa sullo studio del segno
della derivata seconda, f 00 (x), e prende il nome di condizione del secondo ordine.
Teorema 1.7 (Test della derivata seconda). Sia f 0 (c) = 0 e si
ipotizzi che esiste f 00 (c). Allora:
i: se f 00 (c) > 0, f (c) è un minimo locale
ii: se f 00 (c) < 0, f (c) è un massimo locale
Nulla si può concludere se f 00 (c) = 0. Se f 00 (c) = 0 non possiamo
concludere che f (c) non sia estremo.
8
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1. Punti di massimo e di minimo. Funzioni cescenti e decrescenti
Esempio 1.7
Determinare gli estremi delle seguenti funzioni
2
5
(i) f (x) = x4 − 2x3 ; (ii) g(x) = 2x 3 + 5x 3 ; (iii) h(x) = |x2 − 2|
i: f 0 (x) = 4x3 − 6x2 = 0; 4x3 − 6x2 = 2x2 (2x − 3) = 0; i
punti critici sono x = 0 e x = 32 .
Studiamo il segno della derivata prima:
−−− ◦ −−− ◦ +++
3
0
2
&
& min %
Quindi in x = 0 non abbiamo estremi (vedremo in seguito
che f (0) è un flesso).
Mentre, in x = 23si ha un minimo.
3
27
In particolare f
=− .
2
16
2
1
1
ii: g 0 (x) = 10
x 3 + 10
x− 3 = 10
x− 3 (x + 1) = 0.
3
3
3
Si osservi che in x = 0, g 0 (x) non esiste e che g 0 (x) si
annulla in x = −1. Pertanto,
+++ ◦ −−− ∃ +++
−1
0
% max & min %
Dalla figura 4 si evince che in x = 0 la funzione assume
un minimo.
iii: Come già visto, per h(x) = |x2 − 2| abbiamo che
√
√
2x
se x √
< − 2 oppure
x
>
2
0
√
h (x) =
−2x se − 2 < x < 2
√
e h0 (x) = 0 in x = 0, mentre, h0 (x) non√esiste in √
x = ∓ 2.
Studiamo il segno di h0 (x). Se x√< − 2 e x > 2, allora
f 0 (x)√
= 2x, e quindi per x √
< − 2, f 0 (x)
√ < 0 mentre per
0
x > 2, f (x) > 0.√ Se − 2 < x < 2, allora f 0 (x) =
−2x, quindi, per − 2 < x < 0, f 0 (x) > 0 e per 0 < x <
√
2, f 0 (x) < 0.
− − −√
∃ + + + ◦ − − −√
∃ +++
− 2
0
2
& min % max & min
%
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2. Concavità e convessità
Esempio 1.8
Siano date le funzione f (x) = x3 , g(x) = x4 e h(x) = −x4 .
Esse hanno un punto critico in c = 0. Se applichiamo il test
della derivata seconda osserviamo che f 00 (x) = 6x con f 00 (0) = 0;
g 00 (x) = 12x2 con g 00 (0) = 0; h00 (x) = −12x2 con h00 (0) = 0. Nel
primo caso, f (x) in c = 0 non ha nè massimo nè minimo; nel secondo caso, g(x) assume un minimo in x = 0; infine, nel terzo caso,
h(x) assume in x = 0 un massimo. Lo studente verifichi che il test
della derivata prima permette di giungere alle tre conclusioni senza
ispezione dei grafici delle tre funzioni.
Esempio 1.9
Determinare gli estremi della seguente funzione:
(i) f (x) = 2x3 − 3x2 − 12x + 5;
(i ) Calcoliamo le derivate, prima e seconda di f (x):
f 0 (x) = 6x2 −6x−12 e f 00 (x) = 12x−6. Poniamo a zero la derivata
prima al fine di determinare i punti critici. Possiamo fattorizzare
f 0 (x) ottenendo 6(x − 2)(x + 1) = 0 da cui i punti critici risultano
essere x = 2 e x = −1. Per tali punti f 00 (2) = 18 > 0 e f 00 (−1) =
−18 < 0. Pertanto,f (2) è un minimo mentre f (−1) è un massimo.
2. Concavità e convessità
Lo studio del segno della derivata prima permette l’individuazione
dei valori estremi di una funzione. Vedremo adesso come lo studio del
segno della derivata seconda permetta di stabilire in quali intervalli la
funzione sia concava o convessa.
Teorema 2.1. Condizione necessaria e sufficiente perché una funzione f sia convessa (concava) in un intervallo [a, b] é che la sua
derivata f 0 sia crescente (decrescente) su [a, b].
Teorema 2.2. Condizione necessaria e sufficiente perché una funzione f , derivabile due volte nell’intervallo [a, b], sia convessa (concava)
é che ∀x ∈ [a, b] risulti f 00 (x) ≥ 0 (f 00 (x) ≤ 0).
Teorema 2.3. Condizione necessaria e sufficiente perché una funzione derivabile f sia convessa (concava) in un intervallo [a, b] é che
il suo diagramma si trovi sempre al di sopra (al di sotto), o per lo
meno non al di sotto (non al di sopra), di quello della retta tangente
al diagramma stesso in un generico punto x1 ∈ [a, b].
Si noti che, nella definizione di funzione concava e convessa la necessità
che la funzione sia derivabile nell’intervallo aperto (a, b) segue dalla
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2. Concavità e convessità
necessità di poter definire la retta tangente ad f in ogni punto di tale
intervallo.
Se si indica con t(x) = f (x0 ) + f 0 (x0 ) (x − x0 ) la retta tangente ad
f nel punto (x0 , f (x0 )), la funzione è convessa nell’intervallo (a, b) se
∀x0 ∈ (a, b) e, dato x0 , ∀x ∈ [a, b] si ha che:
f (x) ≥ t(x) = f (x0 ) + f 0 (x0 ) (x − x0 ).
In modo analogo, la funzione sarà concava in (a, b) se ∀x0 ∈ (a, b) e,
dato x0 , ∀x ∈ [a, b] risulta:
f (x) ≤ t(x) = f (x0 ) + f 0 (x0 ) (x − x0 ).
Nella figura 10 è riportato il grafico di una funzione convessa nell’intervallo
(−∞, 0.29), concava nell’intervallo (0.29, 1.71) e (ancora) convessa
nell’intervallo (1.71, +∞).
Si noti che nei punti F e G in figura, di ascissa 0.29 e 1.71, rispettivamente, avviene il cambiamento da concava a convessa e viceversa.
In tali punti, che prendono il nome di punti di flesso la funzione NON
è né concava né convessa.
Figure 5. Grafico di una funzione convessa
nell’intervallo (−∞, 0.29), concava nell’intervallo
(0.29, 1.71) e (ancora) convessa nell’intervallo (1.71, ∞)
Definizione Un punto x0 ∈ (a, b) si dice punto di flesso per la funzione f : (a, b) → R se ∃δ > 0 tale che f risulti convessa nell’intervallo
(x0 − δ, x0 ) e concava nell’intervallo (x0 , x0 + δ), o viceversa.
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2. Concavità e convessità
Teorema 2.4. Se il punto (x0 , f (x0 )) è un punto di flesso allora
f 00 (x0 ) = 0 oppure f 00 (x0 ) non esiste.
Come per i punti critici, il teorema precedente fornisce una condizione
necessaria ma non sufficiente:
(x0 , f (x0 )) è un punto di flesso
⇒ f 00 (x0 ) = 0 o f 00 (x0 ) non esiste.
Si noti che NON è sempre vera l’implicazione inversa (per esempio la
funzione y = x4 ammette derivata seconda che si annulla in x0 = 0, ma
il punto (0,0) non è un flesso).
Esempio 7.1
Determinare gli eventuali punti di flesso, nonché gli intervalli di concavità e convessità delle seguenti funzioni:
(i) f (x) = x3 − 6 x2 + 3 x + 1;
5
(ii) g(x) = 3 x 3 − 5 x;
(i) Determiniamo f 0 (x) e f 00 (x). Queste sono, rispettivamente,
f 0 (x) = 3 x2 − 12 x + 3 e f 00 (x) = 6 x − 12. Si osservi che f 00 (x) = 0
per x = 2. Tramite lo studio del segno di f 00 (x) riportato in Fig.11
possiamo individuare in quale intervallo f (x) è convessa e in quale è
concava. In particolare, si ottiene che f (x) è concava in (−∞, 2) e
convessa in (2, ∞). Il punto (2, f (2)) è un punto di flesso.
Figure 6. Concavità e convessità della funzione f (x) =
x3 − 6 x2 + 3 x + 1.
2
(ii) Le derivate prima e seconda di g(x) sono: g 0 (x) = 5 x 3 − 5 e
1
g 00 (x) = 10
x− 3 . La derivata seconda non si annulla mai ed è discon3
tinua in x = 0. Questo è dunque un potenziale punto di flesso. In
Fig.12 è riportato lo studio del segno di g 00 (x), da cui si evince che g(x)
è concava in (−∞, 0) e convessa in (0, ∞).
Lo studente determini gli eventuali punti di massimo e minimo di f (x)
e g(x).
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3. Asintoti
Figure 7. Concavità e convessità della funzione g(x) =
5
3 x 3 − 5 x.
Figure 8. ESERCIZIO 1 (di approfondimento): Determinare gli intervalli in cui la f (x) è crescente e decrescente.
3. Asintoti
Definizione Un asintoto é una retta tale che la distanza tra essa e
la funzione y = f (x) tende a 0 per x → ±∞ (asintoti orizzontali o
obliqui) o per x che tende ad un punto ove la f non é definita o é
discontinua (asintoti verticali).
Possiamo classificare tre tipi di asintoti:
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13
3. Asintoti
i: Asintoti Verticali
Si dice che la retta x = x0 é un asintoto verticale per la funzione y = f (x) se c’é un punto singolare x0 (punto di accumulazione escluso dal dominio) in cui si abbia
lim f (x) = ±∞
x→x+
0
oppure
lim f (x) = ±∞
x→x−
0
In pratica la curva si avvicina sempre piú alla retta di equazione
x = x0 senza mai attraversarla né toccarla. La ricerca degli asintoti verticali deve quindi avvenire nell’intorno di quel (quei)
valore(i) x0 , se esiste (se esistono), in cui la funzione non é
definita. Pertanto una funzione che non abbia punti singolari
non puó avere asintoti verticali.
ii: Asintoti Orizzontali
Si dice che la retta di equazione y = k é un asintoto orizzontale per la funzione y = f (x) se si verifica una delle seguenti
condizioni:
lim f (x) = k
x→+∞
oppure
lim f (x) = k
x→−∞
dove k un numero reale. In pratica la curva si avvicina sempre pi ad una retta di equazione y = k ed in questo caso é il
numero k quel che dobbiamo determinare.
iii: Asintoti Obliqui
Se non esiste l’asintoto orizzontale dobbiamo cercare l’eventuale
asintoto obliquo (sia per x tendente a +∞, che per x tendente
a −∞).
La retta di equazione y = ax + b (dove a 6= 0, altrimenti si
tratterebbe di un asintoto orizzontale) si dice asintoto obliquo
se il grafico della funzione si avvicina ad essa, al tendere di x
verso piú o meno infinito.
Bisogna quindi determinare i valori A (coefficiente angolare) e
b (ordinata allorigine).
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4. Indicazioni per lo studio di una funzione
Si ha:
f (x)
= a,
x→±∞ x
lim
con a ∈ R e a 6= 0
e
lim f (x) − ax = b,
x→±∞
con b ∈ R.
Evidentemente possono presentarsi simultaneamente l’asintoto per x →
+∞ (asintoto destro) e x → −∞ (asintoto sinistro) che in generale sono
distinti, ovvero uno soltanto dei due.
Figure 9. Grafico di una funzione che presenta i tre tipi
di asintoto.
4. Indicazioni per lo studio di una funzione
Le operazioni da compiere per effettuare lo studio di funzione sono:
• Determinazione dell’insieme di definizione (o dominio) della
funzione, cioé il sottoinsieme dei numeri reali piú esteso entro il quale l’espressione che definisce la funzione non perda di
senso;
• Simmetrie e periodicitá. Se individuate, semplificano notevolmente lo studio della funzione;
• Intersezioni con gli assi e segno della funzione. Si opera come
segue:
intersezioni con l’asse x, basta sostituire nell’espressione
algebrica della funzione alla y il valore 0 e risolvere, se possibile, l’equazione.
intersezione con l’asse y. Esiste solamente se lo 0 (zero)
appartiene al dominio della funzione, nel qual caso questa intersezione é unica per definizione stessa di una funzione, e sará
il punto di coordinate (0, f (0)).
In questa fase, si studia anche il segno della funzione, cioé
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15
4. Indicazioni per lo studio di una funzione
ci si chiede quando la funzione é positiva (sopra l’asse x) o
negativa (al di sotto dell’asse x);
• Calcolo dei limiti agli estremi del campo d’esistenza e nei punti
singolari. Il calcolo dei limiti permette di verificare la continuitá di una funzione o di valutarne le discontinuitá. Con il
calcolo dei limiti si é in grado anche di individuare l’esistenza di
eventuali asintoti verticali, orizzontali o obliqui. La presenza
dell’asintoto orizzontale esclude la presenza di quello obliquo.
Da notare che potranno esserci da zero a infiniti asintoti verticali, da zero a due asintoti orizzontali, da zero a due asintoti
obliqui;
• Massimi, minimi, crescenza e descrescenza della funzione. Si
effettua il calcolo della derivata prima della funzione per studiarne la crescenza e stabilire l’esistenza di eventuali punti
stazionari. Tramite lo studio del segno della derivata prima
si é in grado di individuare eventuali punti di massimo o di
minimo relativi;
• Concavitá, convessitá e flessi della funzione. Si effettua lo studio del segno della derivata seconda in modo da valutare se
esistono punti di flesso (nei punti dove la derivata seconda
si annulla) nonché se i punti stazionari trovati con lo studio
della derivata prima sono massimi, minimi di funzione o punti
di flesso a tangente orizzontale.
• Grafico della funzione.
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4. Indicazioni per lo studio di una funzione
Figure 10. ESERCIZIO 2 (di approfondimento): Determinare massimi, minimi, flessi e intervalli di concavità
e convessità delle seguenti funzioni.
D. Provenzano, M. Tumminello, V. Lacagnina e A. Consiglio
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4. Indicazioni per lo studio di una funzione
Figure 11. ESERCIZIO 3 (di approfondimento): Determinare massimi, minimi, flessi e intervalli di concavità
e convessità delle seguenti funzioni.
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D. Provenzano, M. Tumminello, V. Lacagnina e A. Consiglio
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