Il sogno rivelatoree il sogno ingannevole I • 'i.'; ,~ "'1'.~'._'.~ • ~•• , l ';, ,", , 25 , A chi spetta, nel Somnium Scipionis, il regno dei cieli? a visione escatologica del Somnium Scipionis (vd. Fonti filosofiche ed echi pitagorici nel Somnium Scipionis, pp. 50-51) dipende, più nell'ispirazione che nei dettagli, dal mito di Er esposto nella Repubblica di Platone. Nel modello greco, però, Er narra la sorte che attende tutti gli uomini dopo la morte del corpo; in particolare, due sono le vie che dovranno percorrere le anime: una destinata ai giusti, che devono dirigersi in alto a destra, attraverso il cielo; l'altra per gli ingiusti, in basso a sinistra (Repubblica 614c). Cicerone, invece, propone una soluzione diversa e, in certa misura, non lineare. A chi davvero spetta, secondo Cicerone, il regno dei cieli, questa zona splendida dell'universo in cui si gode, felici, di una vita sempiterna (par. B)? Dalle prime parole di Scipione Africano, sembra di poter desumere che la beatitudine sia riservata solo a «coloro che hanno conservato, aiutato, accresciuto la patria» (par. 13), ovvero ai «reggitori e conservatori» deLLecittà, che, partiti dal cielo,~l cielo ritomane (ancora par. 13). Più avanti, però, nell'ambito della descrizione delle sfere celesti e dell'armonia che producono con il loro '. movimento, in modo quasi inaspettato l'autore afferma che anche i musici, con la nobiltà delle loro occupazioni, come pure coloro che si-sono impegnati negli studi divini, si sono garantiti il ritorno al cielo (par. 18). l'affermazione è coerente con l'assunto secondo cui l'anima, immortale, è calata in un corpo materiale, in cui dimora come in una prigione per purificarsi. La liberazione avverrà più rapidamerrte se l'anima, già nella sua esistenza mortale, cercherà di staccarsi il più possibili! dal corpo, elevandosi verso attività divine eceiestiali, quali appunto la musica, l'arte e la cura degli studi divini. Nell'ultimo paragrafo, poi, Cicerone, per bocca di Scipione Africano, riprende questo concetto: Scipiane Emiliano è esortato ad affinare il proprio spirito nell'attività più nobile, l'impegno politico, come già era stato detto al par. 13 (<<aquel dio supremo che regge tutto il cosmo, nulla infatti di quante accade in terra è più gradito che i concilii e le aggregazioni di uomini, associati sulla base del diritto, che sono chiamate città»). Improvvisamente, però, subito dopo, l'autore afferma che, per queste persone elette, il ritorno al cielo sarà più rapido (velocius ... ocius, par. 29) rispetto a quanto capiterà alle anime di coloro che si saranno dati ai piaceri del corpo, schiavi delle passioni. l'utilizzo, qUÌ- di termini come iibidmum E} volupiatibus, nonché il contesto complessivo, sembrano indicare che Cicerone si stia scagliando contro gli epicurei, uno dei suoi bersagli preferiti, anche se spesso, come in questo caso, ne distorce forse consapevolmente la dottrina. Le anime di queste persone dissolute, che non hanno coltivato le nobili occupazioni dell'anima, ma si sono rese s'chiave del corpo, giungeranno comunque alla beatitudine celeste, anche se dovranno attendere più a lungo delle altre: «si aggirano intorno alla terra stessa e non tornano in questo luogo se non dopo aver subito travagli per molte generazioni» (sono te ultime parole di Scipione Africano, prima che l'Erniliano si risvegli, par. 29). . Da quanto emerge; via via, nell'argomentazione del Sotnnium Scipionis, dunque, H regno dei cieli spetta indistintamente a tutti gli uomini e non è esclusivo di una categoria privilegiata. Il premio per i migliori, in sostanza, consiste solo nella rapidità del loro ritorno al cielo. Cicerone è pienamente consapevole di questa diversa velocità che porta alla beatitudine. In un passo (cap. 14) del Laelius de amicitia, un'opera scritta alcuni anni dopo, nel45 a.L, proprio parlando del protagonista del Somnium, dice: «se è vero che, dopo morti, l'anima dei migliori vola via più facilmente come dalla prigione e dalle catene del corpo, chi, secondo noi, avrà avuto un cammino verso gli dèi più facile che Scipiane?». L ìogno li Gìacobbe, ti Lodooico ~igo[j 1593). .,