Quaderni del DAE Rivista di Diritto Amministrativo Elettronico ... ... ... Le patologie dell’atto amministrativo elettronico e il sindacato del giudice amministrativo Fabio Saitta ... 2003 Fabio Saitta – Le patologie dell’atto amministrativo elettronico e il sindacato del giudice amministrativo Luglio 2003 SOMMARIO: 1. Individuazione dell’ambito dell’indagine e premesse metodologiche. – 2. L’invalidità dell’atto amministrativo (in generale): brevi cenni introduttivi. – 3. L’atto amministrativo elettronico nullo e/o inesistente: a) i vizi della sottoscrizione. – 4. Segue: b) i vizi della volontà. – 5. L’atto amministrativo elettronico illegittimo: a) incompetenza. – 6. Segue: b) eccesso di potere. – 7. Segue: c) violazione di legge. – 8. L’atto amministrativo elettronico irregolare. – 9. Il sindacato giurisdizionale: gli atti amministrativi elettronici impugnabili ed i poteri istruttori e decisori del giudice amministrativo. – 10. Considerazioni conclusive. 1. L’analisi degli aspetti patologici dell’atto amministrativo elettronico e dei relativi strumenti di tutela giurisdizionale presuppone – com’è ovvio – l’individuazione precisa di ciò a cui ci s’intende riferire. Per non invadere il campo riservato agli altri relatori e, al contempo, non dilungarsi nell’excursus storico del quadro normativo di riferimento, che risulterebbe inevitabilmente complesso1, ci si limita a puntualizzare, innanzitutto, che la nostra indagine non riguarderà in generale il documento amministrativo informatico – inteso quale «res, entità materiale capace di rappresentare in maniera duratura un fatto o un atto giuridico attraverso la percezione di segni (o di suoni) incorporati in essa»2 – quanto piuttosto l’atto giuridico – ossia l’evento cui la norma ricollega determinali effetti giuridici – rappresentato nel documento stesso3. Va, poi, ricordato che, nell’ambito della suddetta nozione di atto amministrativo elettronico, sono state individuate varie figure: a) l’atto il cui contenuto è predisposto attraverso un sistema informatico, più o meno complesso, in modo manuale, utilizzando il computer solo quale word processor, e che, per aver efficacia nel mondo giuridico, dev’essere trasposto su supporto cartaceo e, di regola, sottoscritto; b) l’atto che, oltre ad essere predisposto mediante sistemi informatici, è anche emanato con gli stessi strumenti (definito atto amministrativo «in forma elettronica» in quanto l’insieme di informazioni in esso contenute ed esistenti sotto forma di informazioni binarie ha autonomo valore giuridico); c) l’atto ottenuto attraverso un procedimento di elaborazione da parte di sistemi informatizzati che porta alla creazione di un documento giuridico collegando tra loro i dati che vengono inseriti nel computer, secondo le previsioni del software adottato e senza apporto umano (che viene generalmente definito «ad elaborazione elettronica»)4. 1 Per una dettagliata analisi v. G. MANDOLFO, L’atto amministrativo elettronico, in Diritto delle nuove tecnologie informatiche e dell’INTERNET, a cura di G. Cassano, Milano 2002, 1299 ss.; C. GIURDANELLA, L’atto amministrativo elettronico, in E-Government. Profili teorici ed applicazioni pratiche del governo digitale, a cura di F. Sarzana di S. Ippolito, Piacenza 2003, 21 ss. 2 E’ la definizione di A. MASUCCI, Il documento amministrativo informatico, Rimini 2000, 10. 3 La distinzione tra i due caratteri – sulla quale v. amplius A. GRAZIOSI, Premesse ad una teoria probatoria del documento informatico, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1998, 491 ss. – è invero netta: si consideri, ad es., che anche un messaggio di posta elettronica (una semplice comunicazione via e-mail), che può essere del tutto irrilevante per il mondo giuridico, costituisce un documento informatico (I. VOLPE, Documentazione amministrativa, in La documentazione amministrativa, Milano 2001, 63). Una puntuale distinzione sotto il peculiare aspetto del falso documentale in M.B. MIRRI, Atto e documento, in Le falsità documentali, a cura di F. Ramacci, Padova 2001, 35 ss.. 4 G. MANDOLFO, op. cit., 1300-1301. Su tali concetti, già prima, A. USAI, Le prospettive di automazione delle decisioni amministrative in un sistema di teleamministrazione, in Dir. inf. e inform. 1993, 164 ss.; G. DUNI, L’illegittimità diffusa degli appalti di informatica pubblica, ivi 1995, 38 ss.; ID., Il documento informatico: profili amministrativi, in Leg. e giust. 1995, 362 ss.; A. SCALA, L’automazione nella redazione degli atti amministrativi, in Nuova rass. 1995, 1792 ss.; M. MINERVA, L’atto amministrativo in forma elettronica e la sicurezza dei sistemi informativi pubblici, in Dir. inf. e inform. 1995, 940 ss.; ID., L’attività amministrativa in forma elettronica, in Foro amm. 1997, 1301 ss.. 1 Quaderni del DAE Rivista di Diritto Amministrativo Elettronico II Edizione Convegno Nazionale - DAE 2003 Ovviamente, la prima figura, che implica l’utilizzo del computer in modo simile a quello di una macchina da scrivere, non suscita alcun interesse dal punto di vista giuridico5 ed esula, quindi, dall’ambito della nostra indagine. La figura del c.d. atto amministrativo in forma elettronica si colloca già ad un livello superiore d’informatizzazione in quanto la sua emanazione dà vita ad un atto «virtuale» di per sé giuridicamente rilevante, a prescindere dalle modalità di elaborazione adottate (tradizionali o mediante processi elettronici automatizzati) e dall’eventuale successiva trasposizione su supporto cartaceo (che darebbe soltanto vita ad una copia dell’originale su supporto elettronico)6. Il c.d. atto amministrativo ad elaborazione elettronica, infine, si pone ad un terzo livello in quanto è il computer a predisporne il contenuto, con tutte le implicazioni che ne derivano in ordine allo studio dei relativi elementi, delle connesse patologie e degli strumenti di tutela giurisdizionale. La nostra analisi verterà, pertanto, su queste due species di atto amministrativo elettronico – prescindendo dalla loro discussa compatibilità7 – ed in particolare sull’atto amministrativo ad elaborazione elettronica, atteso che le sole patologie peculiari dell’atto amministrativo in forma elettronica attengono, appunto, alla forma (e soprattutto alla sottoscrizione), mentre sotto gli altri profili l’esternazione su supporto informatico anziché cartaceo non comporta particolari differenze rispetto all’atto amministrativo cartaceo di tipo tradizionale8. Prima di intraprendere l’analisi, corre l’obbligo di dire subito, anticipando in parte le conclusioni della relazione, che il nostro compito non potrà andar oltre l’individuazione dei principali aspetti problematici e la proposta delle relative soluzioni, senza alcun tentativo di ricostruzione sistematica. Ciò in quanto l’instabilità del quadro normativo generale di riferimento – derivante, com’è ben stato evidenziato nelle precedenti relazioni, dai dubbi sorti in relazione agli ultimi interventi legislativi (alludo al decreto legislativo n. 10 del 2002 ed allo schema di regolamento sulle firme elettroniche approvato dal Consiglio dei Ministri il 31 gennaio scorso) – e l’assenza di una consolidata teoria generale dell’invalidità dell’atto amministrativo (argomento anch’esso oggetto, peraltro, come si vedrà, di incisivi interventi legislativi apparentemente in dirittura d’arrivo) renderebbero oltremodo precaria e cedevole qualsiasi sistematizzazione della materia. 5 6 C. GIURDANELLA, op. cit., 23. C. GIURDANELLA, op. cit., 24. Com’è noto, il primo tentativo di ricostruzione teorica di tale figura si deve a G. DUNI, L’utilizzabilità delle tecniche elettroniche nell’emanazione degli atti e nei procedimenti amministrativi. Spunto per una teoria dell’atto emanato nella forma elettronica, in Riv. amm. 1978, 407 ss.. Più recente è l’ampia analisi di A. MASUCCI, L’atto amministrativo informatico, Napoli 1993. 7 Secondo la dottrina prevalente, l’atto amministrativo ad elaborazione elettronica può ben essere rappresentato in un documento cartaceo di tipo tradizionale, mentre l’atto amministrativo in forma elettronica non dovrà necessariamente avere un contenuto determinato da elaboratori: A. MASUCCI, Atto amministrativo informatico, in Enc. dir., Aggiorn., I, Milano 1977, 224; A.G. OROFINO, La patologia dell’atto amministrativo elettronico: sindacato giurisdizionale e strumenti di tutela, in Foro amm.: CdS 2002, 2257 (ed in Giur. merito 2003, IV, 401); C. GIURDANELLA, op. cit., 24-25; contra, A. USAI, op. cit., 165, secondo cui l’atto elaborato dalla macchina sarà certamente in forma elettronica. 8 Va da sé – ma l’aspetto non attiene al tema della nostra relazione – che, ancorché i due concetti siano diversi l’uno dall’altro (attenendo quello di atto amministrativo in forma elettronica alla forma e quello di atto amministrativo ad elaborazione elettronica al contenuto: A. USAI, ibidem), è la loro combinazione a determinare la più proficua sinergia per il progresso della c.d. teleamministrazione (G. DUNI, L’illegittimità diffusa, cit., 38), in quanto solo in quest’ultima ipotesi – atto amministrativo elaborato elettronicamente e trasfuso su supporto elettronico – il computer si sostituisce all’uomo nella determinazione sia del contenuto che del contenitore (C. GIURDANELLA, op. cit., 24 e 33, laddove si afferma che «solo l’atto amministrativo in forma elettronica può considerarsi a tutti gli effetti atto amministrativo informatico in senso stretto»). 2 Fabio Saitta – Le patologie dell’atto amministrativo elettronico e il sindacato del giudice amministrativo Luglio 2003 2. Ancorché questa non sia – per ovvi motivi – la sede più idonea per affrontare funditus il complesso tema della validità degli atti amministrativi, alcune precisazioni metodologiche non possono non precedere l’analisi dell’argomento nello specifico ambito dell’attività amministrativa elettronica. Com’è stato da più parti notato, «la validità dell’atto amministrativo presenta aspetti che sono comuni agli altri atti giuridici ed aspetti che sono invece specifici del diritto amministrativo (del diritto amministrativo italiano, del diritto amministrativo tedesco e così via). Non è agevole distinguere gli aspetti comuni dai profili specifici: anche perché i primi sono stati spesso costruiti dal pensiero giuridico attraverso generalizzazioni di conclusioni raggiunte all’interno di singoli settori (soprattutto il diritto privato)»9. Ed infatti, la mancanza, nel diritto amministrativo italiano, di una disciplina legislativa generale, unitaria, completa e sistematica della patologia degli atti amministrativi, idonea a costituire un sicuro punto di riferimento dell’interprete10, ha fatto sì che risultasse essenziale l’elaborazione dottrinale, la quale, però, è stata a lungo caratterizzata da un approccio errato al tema, effettuato mutuando categorie del diritto privato o, talvolta, della teoria generale del processo11. Omettendo, per evidenti ragioni di spazio, di descrivere dettagliatamente l’evoluzione del dibattito in argomento12, ci si limita a ricordare che soltanto quando l’essenza dinamica del provvedimento è stata identificata con la sostanza della funzione alla quale esso deve servire ci si è resi conto, una volta per tutte, di come non ci fosse più posto per una ricostruzione di quel tipo, ossia che l’analisi strutturale dei fatti procedimentali e degli atti autoritativi dovesse informarsi a principi nettamente diversi da quelli che regolano gli atti ed i rapporti dei soggetti privati13. In altri termini, è parso evidente che il vizio invalidante, 9 G. CORSO, Validità (dir. amm.), in Enc. dir., XLVI, Milano 1993, 85. G. CORSO, L’attività amministrativa, Torino 1999, 196; A. BERTOLDINI, La tripartizione dell’invalidità nella giurisprudenza amministrativa, in Dir. proc. amm. 1999, 759; già qualche anno prima, R. CARANTA, L’inesistenza dell’atto amministrativo, Milano 1990, 107, osservava: «Una breve considerazione merita la constatazione che solo una legge relativa al processo contenga nel nostro sistema norme attinenti ad un problema, quello dell’invalidità dell’atto amministrativo, che è sicuramente di diritto sostanziale». 11 Osservava puntualmente G. CORSO, Validità, cit., 88: «La celebre definizione di Otto Mayer per cui l’autorità, con l’atto amministrativo, determina ciò che per il suddito nel singolo caso deve essere conforme al diritto rimanda alla funzione giudiziaria: mentre la altrettanto nota definizione di Guido Zanobini (“qualunque dichiarazione di volontà, di desiderio, di conoscenza, di giudizio, compiuta da un soggetto della pubblica amministrazione nell’esercizio di una potestà amministrativa”) evoca, quanto meno sul piano della struttura dell’atto, la nozione di negozio giuridico (anche se poi sostanzialmente rinvia alla potestà amministrativa come nota qualificante dell’atto amministrativo)». 12 Per maggiori approfondimenti sia consentito, quindi, rinviare a F. SAITTA, L’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento: profili sostanziali e processuali, in Dir. amm. 2000, 465 ss.. 13 Così A. PIRAS, Invalidità (dir. amm.), in Enc. dir., XXII, Milano 1972, 598-599. Più recentemente, F.G. SCOCA, La teoria del provvedimento dalla sua formulazione alla legge sul procedimento, in Dir. amm. 1995, 8-9, ha notato che l’impostazione della disciplina della validità (oltre quella dell’efficacia) del provvedimento amministrativo sulla base del regime della validità del negozio giuridico, interamente focalizzato sulla mancanza o sullo stato viziato di elementi strutturali, si spiega nell’ottica della costruzione del provvedimento stesso come atto di esercizio di un potere unilaterale, di norma caratterizzato dalla discrezionalità e quindi eziologicamente improntato alla (migliore) cura dell’interesse pubblico. Solo a seguito della riconosciuta centralità del profilo funzionale nella figura del provvedimento si è chiarito il fondamento del tratto tipico della validità, consistente nel privilegiare i vizi funzionali rispetto a quelli strutturali della fattispecie. In sostanza, il rilievo funzionale riconosciuto al provvedimento ha comportato, da un lato, la dequotazione della rilevanza giuridica della struttura della fattispecie, i cui elementi costitutivi sono stati condotti all’essenziale, e, dall’altro, l’orientamento della disciplina della validità verso profili funzionali, privilegiandosi così la correttezza nell’esercizio del potere e, entro certi limiti, l’idoneità del comportamento amministrativo alla cura dell’interesse pubblico rispetto alle carenze strutturali. 10 3 Quaderni del DAE Rivista di Diritto Amministrativo Elettronico II Edizione Convegno Nazionale - DAE 2003 ricercato negli elementi dell’atto, non trovava più spiegazione unitaria nel quadro di una fattispecie procedimentale in cui il provvedimento si forma progressivamente14. Superata la concezione che faceva coincidere l’invalidità con l’imperfezione del provvedimento, con la mancanza o difettosità dei suoi elementi, si è fatta strada, innanzitutto, la convinzione che l’invalidità – pur nella relatività della nozione, semplicemente riassuntiva di una morfologia di situazioni giuridiche assai eterogenee15 – va concepita come situazione e qualificazione sostanzialmente diversa da quella valida, piuttosto che come carenza, negazione logica della validità16. Muovendo dalla premessa che l’invalidità vada qualificata come una fattispecie autonoma produttiva di propri effetti giuridici, ergo dal radicale superamento della tradizione pandettistica, dottrina e giurisprudenza più recenti si sono poste allora il problema di individuare il regime giuridico degli stati patologici del provvedimento, ossia gli effetti giuridici ad essi riconducibili. Il principale problema è stato quello di apportare, nel sistema di invalidità del diritto privato, le integrazioni rese necessarie dalla specificità del provvedimento amministrativo17. Com’è noto, nel diritto privato il concetto giuridico di «invalidità» costituisce il presupposto comune alle due figure della «nullità» (artt. 1418 e segg. c.c.) e della «annullabilità» (artt. 1425 e segg. c.c.) del contratto e, più in generale, del negozio giuridico; è noto, altresì, che la nullità del contratto deriva dall’inesistenza di quelli che vengono ordinariamente chiamati i requisiti o elementi essenziali del contratto stesso (art. 1418, 2° comma, c.c.), mentre l’annullabilità deriva dal fatto che possa considerarsi viziato il primo di tali elementi essenziali, il consenso (artt. 1425 e segg. c.c.). Ora, secondo una certa opinione, nel diritto amministrativo non si può fare riferimento a tali categorie privatistiche per un duplice ordine di ragioni. In primo luogo, perché le norme civilistiche dianzi richiamate sono incentrate soprattutto sui profili soggettivi del negozio, visto come atto umano, laddove la disciplina dell’atto amministrativo tende a prescindere dalla soggettività degli autori ed è formulata in termini oggettivi18: è per questa ragione che il diritto amministrativo conosce la categoria specifica della «illegittimità» degli atti amministrativi, che ha il suo perno negli aspetti sostanziali (i vizi) e processuali sviluppatisi sulla base della legge del 1889, istitutiva della Quarta Sezione del Consiglio di Stato19. 14 B. CAVALLO, Provvedimenti e atti amministrativi, Padova 1993, 296. C.M. MAZZONI, Invalidità (dir. priv.), in Enc. giur., XVII, Roma 1989, 2. 16 In tal senso, tra i giuspubblicisti, innanzitutto M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, Milano 1970, 609 e 611; più recentemente, F. MODUGNO, Annullabilità e annullamento: I) Diritto pubblico, in Enc. giur., II, Roma 1988; B. CAVALLO, op. cit., 297, secondo cui è semmai la validità ad essere la pretesa negazione logica dell’invalidità, atteso che se l’atto valido è quello immune da vizi, la qualificazione è conseguente allo stato viziato in cui può versare il provvedimento, cioè alla sua stessa validità; R. VILLATA, L’atto amministrativo, in Diritto amministrativo, a cura di L. Mazzarolli, G. Pericu, F.A. Roversi Monaco, F.G. Scoca, 3ª ed., Bologna 2001, 1500. Tra i privatisti, v. per tutti R. TOMMASINI, Invalidità (dir. priv.), in Enc. dir., XXII, Milano 1972, 580, secondo cui entrambe le nozioni sono qualificazioni giuridiche. Osserva F. MODUGNO, Validità (teoria generale), in Enc. dir., XLVI, Milano 1993, 2, che la parziale difformità dell’atto dallo schema (modello) di riferimento è anche parziale conformità ed equivale, quindi, al tempo stesso, ad invalidità ed a validità: si tratta di una situazione che pragmaticamente esige una scelta, secondo una logica di preferenza. 17 In questi termini A.M. SANDULLI, I limiti di esistenza dell’atto amministrativo, in Rass. dir. pubbl. 1949, 138. 18 Su questo aspetto si tornerà nel prosieguo della relazione, allorquando si affronterà il tema dei vizi della volontà dell’atto amministrativo elettronico: v. infra, § 4. 19 D. SORACE, Diritto delle amministrazioni pubbliche, 2ª ed., Bologna 2002, 329. Osserva P.M. VIPIANA PERPETUA, Gli atti amministrativi: vizi di legittimità e di merito, cause di nullità ed irregolarità, Padova 2003, 5, che le disposizioni dell’art. 15 4 Fabio Saitta – Le patologie dell’atto amministrativo elettronico e il sindacato del giudice amministrativo Luglio 2003 Tuttavia, mentre si è concordi nel ritenere inutile ed impossibile ricorrere all’annullabilità (data l’esistenza della categoria dell’illegittimità), quando alla nullità, si può osservare, da un lato, che anche il preteso atto amministrativo, se manca di requisiti essenziali, può risultare tale soltanto in apparenza, sicché, sotto questo profilo, può parlarsi di nullità-inesistenza dell’atto stesso; dall’altro, che la nullità del contratto si ha innanzitutto per contrasto con norme imperative (art. 1418, 1° comma, c.c.) e che nulla osta ad una configurazione legislativa in termini di nullità anche della conseguenza del contrasto dell’atto amministrativo con determinate norme20. Ed allora, per quanto qui interessa come premessa metodologica per l’analisi dello stato patologico dell’atto amministrativo elettronico, va conclusivamente tenuto presente che, pur dovendosi preferire l’approccio al tema che privilegia lo studio del provvedimento nel suo porsi come espressione della funzione amministrativa anziché scomporlo negli elementi che lo costituiscono come fatto produttivo di effetti, nella consapevolezza dell’impossibilità di effettuare proficui trapianti ed automatici riporti della teoria del negozio giuridico privato, residua entro certi ambiti la necessità di operare un’analisi di tipo tradizionale, che muova dall’individuazione dei cc.dd. elementi essenziali del provvedimento21. 3. Partendo da questa premessa, può intraprendersi il tentativo di individuare le ipotesi di invalidità dell’atto amministrativo elettronico. Ciò faremo prescindendo – ancora una volta per motivi di spazio – dalla configurabilità di un’utile distinzione tra nullità ed inesistenza22 e prendendo atto della netta prevalenza della figura dell’annullabilità23, solo in minima parte attenuata dal riconoscimento, da parte della giurisprudenza24, della possibilità che il provvedimento amministrativo sia radicalmente nullo. 3 di tale legge, poi trasfuse nell’art. 26 del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato e negli artt. 2 e 3 della legge istitutiva dei tribunali amministrativi regionali, si limitano peraltro a menzionare quali sono i vizi laddove descrivono i poteri del giudice amministrativo nei confronti dell’atto amministrativo impugnato (né avrebbe potuto essere diversamente, visto che si tratta di disposizioni inserite in un testo riguardante non già l’atto amministrativo o l’attività amministrativa, bensì la giustizia amministrativa) e sono, pertanto, prive di qualsiasi carattere definitorio, il che spiega come mai la caratterizzazione dei vizi sia stata, prevalentemente, il frutto di una lunga produzione giurisprudenziale, che per molti aspetti si presenta in continua evoluzione. 20 D. SORACE, ibidem; E. CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, 4ª ed., Milano 2002, 472, secondo cui «il problema della qualificazione dell’atto non conforme al paradigma normativo non dovrebbe porsi ogniqualvolta la nullità sia prevista espressamente dalla legge (analogamente a quanto disposto dall’art. 1418, comma 3, c.c. per i contratti)». 21 R. VILLATA, op. cit., 1457-1458, il quale, peraltro, non manca di sottolineare come una siffatta metodologia di analisi sia resa meno facilmente praticabile dall’assenza di «un accordo sufficientemente generalizzato sull’individuazione di quali debbano ritenersi effettivamente gli elementi costitutivi». 22 In argomento può vedersi R. CARANTA, op. cit., 89 ss.; A. BERTOLDINI, op. cit., 773 ss.; P.M. VIPIANA PERPETUA, op. cit., 419 ss. 23 R. CAVALLO PERIN, Validità del provvedimento e dell’atto amministrativo, in Dig. disc. pubbl., XV, Torino 1999, 625; D. SORACE, op. cit., 331. La dottrina ha, anche di recente, evidenziato come tale maggiore estensione dell’annullabilità in diritto amministrativo dipenda da una serie di ragioni storiche prim’ancora che dogmatiche, pur non potendosi negare che ad essa corrisponde un maggior rilievo riconosciuto all’interesse del privato ai fini del trattamento dell’invalidità (G. CORSO, Validità, cit., 103). La scelta del legislatore del 1889 di attribuire al giudice amministrativo il potere di annullare il provvedimento invalido, il quale continua a spiegare effetti ancorché impugnato, è facilmente comprensibile dal punto di vista, per così dire, politico: optando per l’annullabilità anziché per la nullità, si è inteso contemperare le ragioni del cittadino con quelle dell’amministrazione, conferendo al primo solo il potere di impugnazione e non anche la decisione sulla sorte dell’atto amministrativo (G. CORSO, L’attività, cit., 197; A. BERTOLDINI, op. cit., 762). 24 Cfr., in part., Cons. St., Ad. plen., 29 febbraio 1992 nn. 1 e 2, in Cons. Stato 1992, I, 133 ss. In generale, si afferma che «il provvedimento amministrativo può qualificarsi nullo o inesistente solo nelle ipotesi in cui espressamente sia definito tale dalla legge ovvero quando esso manchi totalmente di taluno degli elementi essenziali, quale la radicale carenza di potere dell’autorità emanante ovvero il difetto di forma, della volontà, dell’oggetto o del destinatario» (Cons. St., Sez. VI, 14 luglio 1999 n. 948, in Foro amm. 1999, 1488; in termini, Sez. V, 13 febbraio 1998 n. 166, ivi 1998, 420; 5 Quaderni del DAE Rivista di Diritto Amministrativo Elettronico II Edizione Convegno Nazionale - DAE 2003 Verranno del tutto ignorate, poi, le indicazioni contenute nei vari progetti di riforma legislativa tuttora in corso, i quali, pur potendo determinare in futuro una nuova sistematica delle anormalità dell’atto amministrativo25, non costituiscono al momento norme vigenti delle quali si debba (e si possa) tener conto ai fini di un indagine che dev’essere saldamente ancorata al diritto positivo26. Ciò premesso, occorre quindi iniziare dalla figura della nullità, che – come si è detto – anche per l’atto amministrativo (come per il contratto: art. 1418, 2° comma, c.c.) viene sovente fatta derivare dalla mancanza di elementi essenziali27. E sono proprio queste ipotesi ad interessare maggiormente l’attività amministrativa elettronica, con riguardo alla quale non pongono, invece, particolari problemi (nel senso che trattasi di ragioni comuni agli atti amministrativi di tipo tradizionale) i casi di nullità per carenza di potere, incompetenza assoluta, contrasto con il diritto comunitario, incostituzionalità della norma di legge applicata, mancata conversione in legge del decreto legge applicato, contrasto con il giudicato e tutte le ipotesi di nullità ex lege28. Il primo elemento essenziale è il soggetto, in quanto, ancorché si tratti di una figura che a ben guardare si colloca al di fuori della struttura della fattispecie, di cui pertanto non costituisce elemento costitutivo, essa incide sulla stessa identificabilità della fattispecie medesima, sicché svolge un identico ruolo normativo29. Cons. Giust. Amm. Reg. sic., 28 settembre 1998 n. 507, ivi 1999, 419). Come precisato dalla stessa giurisprudenza, «la nullità in senso tecnico dell’atto amministrativo, intesa come “illegittimità forte” di tale atto (e quindi diversa dalla mera illegittimità, che è la qualificazione tradizionale del provvedimento non conforme a legge), risponde all’esigenza di tutela della legalità, con spostamento della garanzia dal polo privatistico a quello pubblicistico, nei casi in cui il provvedimento non conforme a legge favorisce il singolo […], attraendogli utilità che non gli spettano, e lede con effetti continuativi principalmente interessi pubblici,con la conseguenza che la qualificazione di illegittimità, sia per la presumibile mancanza di soggetti legittimati all’impugnazione sia per l’improbabile esercizio da parte dell’amministrazione di poteri di autotutela, non sarebbe idonea alla tutela della legalità» (Cons. St., Sez. IV, 6 novembre 1996 n. 1190, ivi 1996, 3190). Di converso, «il regime dell’annullamento dell’atto amministrativo ha portata recessiva al di fuori dei casi in cui l’amministrazione esercita la funzione amministrativa non mediante l’adozione di provvedimenti di natura autoritativa, ma mediante atti di natura paritetica pur sempre ricadenti nell’ambito di suoi poteri pubblicistici; in questi casi l’esercizio della funzione amministrativa in contrasto con norme imperative dà luogo alla nullità dell’assetto di interessi posto in essere con l’assenso del privato del privato interessato» (Cons. St., Sez. , 13 novembre 2002 n. 6281, in Foro amm.: CdS 2002, 2898). 25 Sul punto cfr. P.M. VIPIANA PERPETUA, op. cit., 14 ss. 26 Soltanto a titolo informativo, quindi, si riporta il testo degli artt. 13-quinquies e 13-sexies l. n. 241/1990, di cui è prevista l’introduzione nell’art. 4 d.d.l. recente «Modifiche e integrazioni della legge 7 agosto 1990, n. 241. Norme generali sull’azione amministrativa», il cui testo è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il 7 marzo 2002: «13-quinquies. 1. E’ nullo il provvedimento amministrativo quando è viziato da difetto assoluto di attribuzione, quando è adottato in violazione o elusione del giudicato e negli altri casi espressamente previsti dalla legge. Ai casi di nullità del provvedimento si applicano, per quanto compatibili, le norme e i principi in materia di nullità dei contratti. 2. Le questioni inerenti alla nullità dei provvedimenti amministrativi in violazione o elusione del giudicato sono attribuite alla giurisdizione esclusiva e di merito del giudice amministrativo. 13-sexies. 1. E’ annullabile il provvedimento viziato da violazione di legge o di regolamenti, di disposizioni di fonte comunitaria, da eccesso di potere, ovvero da violazione di disposizioni legislative o regolamentari sulla competenza. 2. Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, quando il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato». 27 Va, peraltro, precisato che, «non potendo l‘amministrazione disapplicare i propri atti, salva l’ipotesi estrema che essi debbano considerarsi nulli per carenza dei requisiti essenziali, la verifica della nullità degli atti amministrativi non avviene alla stregua dell’art. 1418 c.c., ma solo per vizi formali insanabili dell’atto che possano ingenerare incertezza sulla stessa loro provenienza dall’autorità amministrativa, quando la norma espressamente sanzioni la nullità di determinati atti in relazione al difetto di determinati requisiti» (T.A.R. Campania-Napoli, Sez. II, 5 marzo 1998 n. 808, in Foro amm. 1998, 2877). 28 Per tutti questi casi si rinvia, pertanto, a P.M. VIPIANA PERPETUA, op. cit., 430 ss., ed alle indicazioni giurisprudenziali ivi contenute. 29 R. VILLATA, op. cit., 1458-1459. 6 Fabio Saitta – Le patologie dell’atto amministrativo elettronico e il sindacato del giudice amministrativo Luglio 2003 Escludendo, per le ragioni suesposte, le ipotesi di incompetenza assoluta e di carenza di potere, il profilo che qui interessa è quello della riconducibilità dell’atto al titolare di un determinato organo di una persona giuridica pubblica, che involge le problematiche attinenti alla sottoscrizione. Trattasi – com’è evidente – di questione connessa anche ad un altro degli elementi del provvedimento amministrativo tradizionalmente considerati essenziali – la forma30 – e che richiede una diversa disamina a seconda che si discuta dell’atto amministrativo in forma elettronica ovvero dell’atto amministrativo ad elaborazione elettronica. Anche in considerazione del fatto che le ipotesi di nullità dell’atto amministrativo elettronico trasposto su supporto cartaceo per vizi di forma e/o di sottoscrizione vanno inquadrate nella teorica dei vizi formali dell’atto amministrativo tradizionale31, è opportuno descrivere sinteticamente l’orientamento dottrinale e giurisprudenziale al riguardo. E’ corrente l’affermazione che, in assenza di norme generali ed in considerazione dell’esistenza di provvedimenti che non possono essere esternati per iscritto, la regola sia quella della libertà delle forme dell’atto amministrativo32. Altrettanto diffusa, tuttavia, è l’osservazione che l’anzidetta regola, attenendo alle ipotesi, invero alquanto limitate, in cui la legge non prescrive una particolare forma (normalmente quella scritta) di esternazione, subisce molte eccezioni33. L’esternazione scritta è doverosa, in particolare, quando la legge la preveda espressamente ovvero prescrivendo l’inserimento di taluni elementi, come appunto la sottoscrizione, il che avviene con tale frequenza che può dirsi che, pur non essendovi una regola generale, quella scritta è la forma normale dell’esternazione del provvedimento34. In siffatte ipotesi, riprendendo ancora una volta la teoria del negozio giuridico, la dottrina si è chiesta se l’esternazione scritta sia prevista ad substantiam o ad probationem35, pervenendo alla 30 P.M. VIPIANA PERPETUA, op. cit., 429. Va detto peraltro, che, a stretto rigor di logica, nemmeno la forma rientra tra gli elementi essenziali dell’atto, costituendo piuttosto un suo modo di essere, ancorché sia anche in tal caso evidente che, non essendo immaginabile una statuizione priva di veste esteriore (che non sarebbe percepibile e non potrebbe, quindi, svolgere il suo ruolo di disciplinare i rapporti sociali), la forma (intesa dunque come esternazione della volontà) costituisce un presupposto indefettibile per l’esistenza del provvedimento (R. VILLATA, op. cit., 1470-1471). 31 Tipici sono, invece, come si vedrà, i requisiti di forma dell’atto amministrativo su supporto informatico: cfr. A.G. OROFINO, op. cit., 2258. 32 R. VILLATA, op. cit., 1471; D. SORACE, op. cit., 330; A.M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, 15ª ed., Napoli 1989, 672. Ad es., è pacifico che non richiedano la forma scritta gli atti di mero ritiro: T.A.R. Sardegna, 11 dicembre 2001 n. 1352, in Foro amm. 2001, 3344; Cons. Giust. Amm. Reg. sic., 13 ottobre 1998 n. 623, in Cons. Stato 1998, I, 1681; Cons. St., Sez. IV, 20 maggio 1996 n. 636, ivi 1996, I, 771. 33 E. CASETTA, op. cit., 464; D. SORACE, op. cit., 330-331; B.G. MATTARELLA, Il provvedimento, in Trattato di diritto amministrativo, a cura di S. Cassese, Milano 2000, I, 763; R. VILLATA, ibidem, che distingue tra atti formali ed atti non formali. Tra i principali casi in cui è richiesta la forma scritta vanno ricordate le concessioni di suolo demaniale: Cons. St., Sez. VI, 13 dicembre 1990 n. 1054 e 16 marzo 1988 n. 330, in Foro amm. 1990, 2791 e 1988, 501. 34 B.G. MATTARELLA, op. cit., 764. Va, peraltro, tenuto presente che esternazioni necessarie non sono soltanto quelle scritte, ma tutte quelle diverse previste dalla legge per certi tipi di atti, sicché non deve confondersi la libertà delle forme con la non necessità dell’esternazione scritta (R. VILLATA, ibidem): cfr., ad es., Cons. St., Sez. V, 16 maggio 1989 n. 292, in Foro amm. 1989, 1394, con riguardo all’ordine impartito verbalmente dal superiore ad un impiegato. 35 A. DE VALLES, La validità degli atti amministrativi, Roma 1917, 232; R. LUCIFREDI, Forma scritta e prova testimoniale negli atti amministrativi, in Riv. dir. civ. 1933, 425 ss., secondo cui la forma scritta, ove richiesta, è sempre ad substantiam; più recentemente, L. ACQUARONE, Attività amministrativa e provvedimenti amministrativi, 4ª ed., Genova 1995, 139. Per un’ampia disamina delle forme degli atti giuridici e dei suoi fini, cfr. A. LISERRE, Forma degli atti: I) Diritto civile, in Enc. giur., XIV, Roma 1989. 7 Quaderni del DAE Rivista di Diritto Amministrativo Elettronico II Edizione Convegno Nazionale - DAE 2003 conclusione che, quando la forma scritta è necessaria, la sua mancanza determina normalmente l’impossibilità di ricondurre il provvedimento al modello normativo, ergo la sua inesistenza36. Diverso problema, tuttavia, è quello della mancanza, nel documento, di indicazioni essenziali, come l’autorità emanante, l’oggetto, la determinazione dell’amministrazione, il procedimento seguito, la data e, appunto, la sottoscrizione, in quanto non tutti questi elementi sono richiesti per l’esistenza del provvedimento e/o per la sua stessa validità37. Limitando l’analisi all’elemento che maggiormente interessa l’atto amministrativo elettronico, va detto che l’affermazione secondo cui il provvedimento a necessaria esternazione scritta che manchi nel tutto della sottoscrizione dell’autorità emanante è affetto da nullità insanabile38 incontra notevoli temperamenti39. In particolare, si tende ad escludere la nullità dell’atto – e addirittura la sua invalidità – allorquando dallo stesso emergano elementi inequivocabili che consentano di individuare l’autore40. Ne deriva un atteggiamento giurisprudenziale improntato ad un apprezzabile equilibrio tra forma e sostanza, all’interno del quale possono collocarsi le soluzioni a cui si è pervenuti con specifico riguardo all’attività amministrativa informatizzata. Ed infatti, se – com’è evidente – non può supplire alla mancanza della firma del soggetto legittimato una sigla apposta sul timbro di provenienza dell’atto che non sia leggibile ed intelligibile41, viene di contro reputato legittimo, ai sensi dell’art. 3 del decreto legislativo n. 39 del 1993, il verbale di accertamento di un’infrazione al codice della strada redatto con sistema meccanizzato, con la sola indicazione delle generalità dell’accertatore (quindi, senza sottoscrizione autografa), «in quanto i dati estrinsecati nello stesso contesto del documento consentono di accertare aliunde la sicura attribuibilità dell’atto a chi deve esserne l’autore secondo le norme positive»42. Trattasi di fattispecie rientrante – come può ben notarsi – nell’ambito dell’atto amministrativo ad elaborazione elettronica su supporto cartaceo e con riguardo alla quale la giurisprudenza ha già avuto modo di pronunciarsi più volte, affermando l’inessenzialità della sottoscrizione autografa dal punto di vista ontologico e la conseguente ammissibilità della sostituzione della stessa con l’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile del provvedimento, in applicazione del citato art. 343. 36 B.G. MATTARELLA, op. cit., 764; M. NIGRO, Giustizia amministrativa, 6ª ed., a cura di E. Cardi e A. Nigro, Bologna 2002, 153. 37 V. per tutti B.G. MATTARELLA, op. cit., 764-765, con ampie indicazioni giurisprudenziali. 38 In tal senso, tra le più recenti, T.A.R. Campania-Napoli, Sez. II, 29 ottobre 2002 n. 6744, in Trib. amm. reg. 2002, I, 4429. 39 P.M. VIPIANA PERPETUA, op. cit., 429 ss., con ampi riferimenti giurisprudenziali. 40 Ex plurimis, T.A.R. Piemonte, Sez. I, 30 ottobre 2002 n. 1807, in Trib. amm. reg. 2002, I, 4298; Cons. Giust. Amm. Reg. sic., 23 luglio 2001, n. 393, in Cons. Stato 2001, I, 1865; Cass., Sez. I, 12 luglio 2001 n. 9441, ivi 2001, II, 1723; Sez. lav., 24 marzo 2001 n. 4310, ivi 2001, II, 971; cfr., altresì, T.A.R. Lazio, Sez. I-bis, 16 settembre 2002 n. 7976, in Trib. amm. reg. 2002, I, 3425, che, facendo esplicita applicazione del principio della libertà delle forme, ha ritenuto legittima, in quanto idonea a manifestare all’esterno la volontà dell’amministrazione, la comunicazione telegrafica il cui contenuto consenta di identificare gli elementi essenziali dell’atto inerenti la motivazione, l’ente di provenienza e l’organo-persona fisica che l’ha sottoscritto. 41 T.R.G.A. Trentino Alto Adige-Bolzano, 9 novembre 2002 n. 488, in Foro amm: TAR 2002, 3571. 42 Cass., Sez. I, 21 novembre 2002 n. 16417, in Cons. Stato 2003, II, 248. 43 Sempre con riguardo ad infrazioni al codice della strada, cfr., ad es., Cass., Sez. I, 6 marzo 1999 n. 1923, in Giust. civ. Mass. 1999, 510; id., 24 settembre 1997 n. 9394, in Nuove autonomie 1998, 823, con nota di D. BARTOLONE, Firma 8 Fabio Saitta – Le patologie dell’atto amministrativo elettronico e il sindacato del giudice amministrativo Luglio 2003 Ciò non significa, tuttavia, che la firma autografa possa sempre essere validamente sostituita «dall’indicazione a stampa, sul documento prodotto dal sistema automatizzato, del nominativo del soggetto responsabile»44, avendo la giurisprudenza circoscritto l’ambito l’applicativo della disposizione in parola. E’ ormai a tutti noto, in primo luogo, il parere reso dall’Adunanza generale del Consiglio di Stato del 1994, secondo cui l’anzidetto meccanismo sostitutivo della firma autografa riguarda «esclusivamente le certificazioni amministrative e non anche i provvedimenti, per i quali la sottoscrizione con firma autografa è requisito di giuridica esistenza»45. Altrettanto conosciuta è la sentenza della Corte di cassazione del dicembre 2000, secondo la quale l’art. 3 del decreto legislativo n. 39 del 1993, anche in considerazione del carattere estremamente ristretto della delega sulla base della quale è stato emanato (art. 2, 1° comma, lett. m, della legge n. 421 del 1992), dev’essere interpretato in senso restrittivo come riferentesi ai soli atti amministrativi suscettibili di una completa ed automatica elaborazione informatica, e non può, quindi, ritenersi applicabile ai provvedimenti amministrativi in generale, che, dovendo essere specificamente motivati in relazione al singolo caso concreto, non sono suscettibili di informatizzazione automatica ed in relazione ai quali la legge di delegazione non avrebbe potuto prescindere dalla formulazione di specifici principi e criteri direttivi, con riferimento alle loro caratteristiche46. Ebbene, a nostro avviso, la generale esclusione, dall’ambito applicativo del citato art. 3, dell’intera categoria dei provvedimenti amministrativi, pur avendo incontrato – a quanto consta – la sostanziale adesione della dottrina47, non pare condivisibile, anche perché comporta un’ingiustificata restrizione dell’utilizzo dell’informatica nell’attività amministrativa che certamente non favorisce l’auspicato sviluppo della c.d. teleamministrazione. Premesso che la questione, attenendo alla sottoscrizione, non ha nulla a che vedere con l’obbligo di motivazione, prescritto dall’art. 3 della legge n. 241 del 1990 per tutti i provvedimenti amministrativi, né con la possibilità di adottare o meno, con strumenti elettronici, atti amministrativi discrezionali e/o autografa ed atto amministrativo; id., 7 agosto 1996 n. 7234, in Dir. inf. e inform. 1997, 581. Va da sé che è invalido l’atto che, oltre ad essere privo della sottoscrizione dell’autore, non rechi nemmeno l’indicazione del soggetto responsabile dell’immissione dati nel sistema informatico: Giud. Pace Bologna, 31 dicembre 2001, in Arch. giur. circ. e sin. 2002, 398. V., altresì, Cons. Giust. Amm. Reg. sic., 5 maggio 1999 n. 162, in Cons. Stato 1999, I, 1002, secondo cui è ammissibile, ex art. 3, 2° c., d.lgs. n. 39/1993, in una gara per l’aggiudicazione di un appalto di lavori pubblici, il documento (nella specie, certificato di iscrizione nel registro delle imprese) consistente nella riproduzione di dati memorizzati con il sistema informatico, accompagnato dall’indicazione in lettere stampate del nominativo del responsabile della riproduzione, ossia dell’impiegato che ha rilasciato il certificato; in termini, T.A.R. Marche, 9 maggio 1996 n. 205, in Foro amm. 1996, 3450. Ovviamente inesistente è, di contro, la cartolina-precetto di chiamata alle armi, priva di firma e con timbro illeggibile, o di riproduzione – ottenuta meccanicamente attraverso sistemi a stampa o digitali – della firma autografa del funzionario che l’ha emessa: App. Napoli, 9 febbraio 2000, in Giust. civ. 2000, I, 1823. 44 Osserva A. MASUCCI, Atto amministrativo informatico, cit., 226, che, con questa formulazione, l’art. 3 d.lgs. n. 39/1993 ha voluto prevedere, per gli atti che devono essere sottoscritti con firma autografa, una maggiore evidenza ed affidabilità della forma di identificazione del responsabile dell’emanazione dell’atto, in quanto il nome nella sua interezza resta comunque una forma più sicura ed immediata per individuare la persona, la sua identità, rispetto alle altre forme (sigle, stampigliature, timbri, numero dello sportello distributore dell’atto, ecc.) prescritte per gli atti amministrativi elettronici su supporto cartaceo per i quali non sia prescritta tale firma. 45 24 febbraio 1994 n. 1438, in Cons. Stato 1995, I, 147. 46 Sez. I, 28 dicembre 2000 n. 16204, in Giust. civ. 2001, I, 928 e in Foro it. 2002, I, 1503. 47 Cfr., ad es., A.G. OROFINO, op. cit., 2262, che conclude la sua disamina con l’affermazione che, stando così le cose, «i provvedimenti sottoscritti secondo le modalità previste dal d.lg. 39/1993 saranno inesistenti». 9 Quaderni del DAE Rivista di Diritto Amministrativo Elettronico II Edizione Convegno Nazionale - DAE 2003 comunque a contenuto non (interamente) predeterminabile48, ci sembra sinceramente eccessiva l’individuazione di un ostacolo insormontabile all’utilizzo della norma nella circostanza che l’atto debba essere motivato (ma, alla luce di quanto dianzi rilevato in ordine all’irrilevanza del profilo strettamente motivazionale, sarebbe più corretto dire «adottato») in relazione alle particolarità del singolo caso concreto. Ed infatti, senza anticipare quanto si dirà appresso sulle due distinte problematiche prima segnalate, ci si limita a rilevare che la gestione informatica di un procedimento amministrativo o di una parte di esso, lungi dal comportare un totale esautoramento dell’intelligenza umana – che continua a recitare un ruolo fondamentale sia nel funzionario amministrativo, che conosce i principi di diritto da applicare, sia nel tecnico informatico, che traduce in linguaggio computerizzato le scelte operative dell’amministrazione49 –, tende semplicemente a minimizzare gli interventi manuali al fine di semplificare e sveltire l’attività amministrativa50. Ora, è risaputo che l’attività amministrativa è pervasa di formalismi giuridici in larga misura superflui, sicché dovrebbe risultare evidente che l’informatica non fa altro che eliminare tali formalismi, essendo invece favorevole ai formalismi autentici, quelli cioè che portano rigore, chiarezza ed evidenza51. Tenendo conto di questi due dati – e, soprattutto, del fatto che l’automazione dell’attività dei pubblici poteri non implica mai la totale sostituzione dell’uomo nelle scelte amministrative, risultando conseguentemente salvo il principio della responsabilità personale del funzionario sancito dall’art. 28 della Costituzione52 –, ci si dovrebbe rendere conto che la tecnologia informatica può validamente coadiuvare i soggetti preposti all’emanazione dell’atto anche nei casi in cui l’adozione dello stesso presupponga la valutazione della singola fattispecie. Il problema attiene semmai all’idoneità del singolo programma informatico – che altro non è che una sequenza di ordini che la macchina esegue in presenza di circostanze predeterminate53 – a soddisfare l’esigenza del singolo procedimento amministrativo: ma questa, com’è evidente, è questione diversa; così come dovrebbe risultare evidente, del resto, che gli interpreti sono chiamati ad un certo sforzo perché se l’art. 3 del decreto legislativo n. 39 del 1993 non può applicarsi neanche per una contravvenzione per infrazione al codice della strada, significa che nel nostro Paese, dopo dieci anni, l’informatica è ancora all’anno zero54. 48 Di entrambe le questioni ci occuperemo più avanti: v. infra, § 6. In tal senso, con riguardo alla gestione informatica di un concorso pubblico, T.A.R. Lazio, Sez. II, 16 settembre 1992 n. 1809 e 19 giugno 1992 n. 1525, in Trib. amm. reg. 1992, I, 3785 e 2459. 50 Corte conti, Sez. contr., 11 luglio 1989 n. 2038, in Foro amm. 1990, 755, con riferimento ai servizi automatizzati dell’I.N.P.S.. 51 G. TADDEI ELMI, Corso di informatica giuridica, Napoli 2000, 130, il quale osserva che nelle pieghe del formalismo fine a se stesso «alligna l’arbitrio anziché la discrezionalità, la parzialità anziché la neutralità, il potere tecnico-burocratico, la potenziale ingiustizia e anche la attuale “tangentocrazia”». 52 Simili dubbi di costituzionalità sono stati sollevati da E. TRINGALI, L’atto amministrativo virtuale. Brevi note sulla «firma elettronica» ex art. 3 D.Lgv. 39/93, in Giust. amm. 1998, 623 ss. 53 G. MANDOLFO, op. cit., 1314. 54 Fortunatamente, sotto altri profili, l’atteggiamento della giurisprudenza in ordine all’informatizzazione dell’attività amministrativa è di maggiore apertura. Ad es., mentre talune pronunce escludono che la memorizzazione dei dati contabili in apparecchiature elettroniche possa considerarsi sostitutiva dell’annotazione nelle scritture contabili obbligatorie (Cass. pen., Sez. III, 3 febbraio 1994, 3 dicembre 1993 e 22 settembre 1993, in Fisco 1994, 4255 e in Riv. dir. trib. 1995, 640 e 1994, II, 395; Trib. Biella, 15 marzo 1995, in Giur. it. 1995, I, 2, 700), altre decisioni affermano che la tenuta delle scritture contabili mediante elaboratori elettronici, con conseguente immissione dei dati su supporti 49 10 Fabio Saitta – Le patologie dell’atto amministrativo elettronico e il sindacato del giudice amministrativo Luglio 2003 Diversi, come si è anticipato, sono i vizi della sottoscrizione degli atti amministrativi in forma elettronica, laddove l’indicazione del responsabile deve avvenire attraverso le cc.dd. firme elettroniche ovvero attraverso procedure elettroniche che attestino la provenienza dell’atto e garantiscano l’integrità del suo contenuto55. La soluzione delle relative problematiche ruota, infatti, attorno alla dibattutissima questione dell’uso delle anzidette firme, restando per il resto legata al tema delle forme degli atti amministrativi tradizionali, del quale abbiamo già parlato, ancorché sinteticamente. Ne consegue che, sul punto, non ci si può che limitare all’affermazione – che potrà forse apparire banale e scontata, ma non per questo ci sembra inutile – che, non potendo l’ordinamento giuridico rinunziare ad un requisito essenziale dell’attività amministrativa qual’è quello della sicura attribuibilità degli atti a chi ne deve essere l’autore secondo la previsione normativa56, gli atti amministrativi in forma elettronica potranno aver incondizionato ingresso nel nostro sistema solo a condizione che le garanzie di attribuibilità di cui si è detto siano assolute e comunque non inferiori alle attuali garanzie del sistema cartaceo57. Il che, allo stato, è quantomeno dubbio, specie alla luce delle ultime innovazioni legislative58, che, stando ai primi commentatori, hanno reso ancor più instabile e confusionario il quadro normativo in materia di firme elettroniche59 e la stessa disciplina del documento informatico60, al punto da indurre ad auspicare un definitivo intervento di razionalizzazione61. Non ci resta, in conclusione, che trasferire i problemi ai relatori che già si sono occupati specificamente delle firme elettroniche che può usare la pubblica amministrazione e delle connesse questioni. magnetici, deve ritenersi equivalente alla tradizionale registrazione sui libri contabili ove risultino adempiuti tutti gli obblighi conseguenti alla registrazione medesima (Comm. imp. distr. Belluno, Sez. II, 5 agosto 1994 n. 68, in GT Riv. giur. trib. 1995, 516). In tema di licenziamento per giusta causa, si è ritenuto che i dati forniti da un sistema computerizzato di rilevazione e documentazione possano costituire, ai sensi dell’art. 2712 c.c. e dell’art. 5, 2° c., d.p.r. n. 513/1997, prova del fatto contestato, ove sia accertata la funzionalità del sistema informatico e le risultanze di esso possano assurgere a prova presuntiva congiuntamente a circostanze esterne ad esso, altrimenti provate (Cass., Sez. lav., 6 settembre 2001 n. 11445, n. Dir. inf. e inform. 2001, 910). Per ulteriori esempi interessanti si rinvia alla rassegna ragionata di giurisprudenza svolta da C. GIURDANELLA, op. cit., 38-44. 55 A. MASUCCI, Atto amministrativo informatico, cit., 225. 56 In argomento, da ultimo, A. FIORITTO, La funzione di certezza pubblica, Padova 2003, spec. 145-151, 277-279 e 396 ss. 57 G. DUNI, Teleamministrazione, cit., 3; R. MORZENTI PELLEGRINI, Un nuovo strumento di semplificazione amministrativa: il documento elettronico, in Amm. it. 2003, 349, nota 34. 58 Si allude in particolare al d.lgs. n. 10/2002 ed allo schema di regolamento sulle firme elettroniche approvato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2003 (pubblicati, rispettivamente, in Giorn. dir. amm. 2002, 735 ss. e 2003, 451 ss., con commenti di E. GRANELLI e G. CAMMAROTA). 59 In tal senso, G. FINOCCHIARO, Spetta al giudice valutare l’efficacia probatoria del documento informatico con firma elettronica, in Guida al diritto 2002, n. 10, 25 ss.; T. BIANCHI, Firma digitale e ruolo dell’Aipa alla luce del d.lgs. 23 gennaio 2002, n. 10, in Ciberspazio e diritto 2002, III, n. 1, 1 ss.; M. CAMMARATA, Troppa confusione sulle firme «elettroniche» - 1, in www.interlex.it; ID., Funziona o non funziona? L’aspetto legale, ibidem; A. GELPI, La firma è sicura, il documento no, ibidem; amplius, G. CAMMAROTA, Nuove regole in tema di sottoscrizione del documento informatico: il decreto legislativo n. 10/2002 di recepimento della direttiva 1999/93/CE relativa ad un quadro comunitario per le firme elettroniche, in Riv. trim. sc. amm. 2002, 101 ss.; E.M. TRIPODI, La firma elettronica e digitale nella p.a., in EGoverment, cit., 47 ss.; M. CAMMARATA – E. MACCARONE, La firma digitale sicura, Milano 2003. 60 Cfr. A. GRAZIOSI, La nuova efficacia probatoria del documento informatico, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2003, 53 ss. 61 P. RICCHIUTO, Solo una coraggiosa revisione della normativa può far uscire dalla babele della firma digitale, in Guida al diritto 2002, n. 17, 98 ss. 11 Quaderni del DAE Rivista di Diritto Amministrativo Elettronico II Edizione Convegno Nazionale - DAE 2003 Perché l’analisi dei vizi della sottoscrizione dell’atto amministrativo ad elaborazione elettronica possa ritenersi conclusa occorre però segnalare che le distinzioni operate in dottrina, al fine di individuare quali tipologie di documenti amministrativi informatici (ossia, di documenti rappresentativi di atti amministrativi) debbano essere dotati di un determinato tipo di firma elettronica, non può non rilevare anche ai fini dei risvolti patologici degli atti stessi. Ci si riferisce – come può ben intuirsi – alle distinzioni tra documenti dichiarativi e non dichiarativi e tra documenti a rilevanza esterna ed a mera rilevanza interna. Senza tornare su argomenti già trattati dai precedenti relatori, ci si limita ad osservare che se è esatta l’affermazione, ricorrente in dottrina, che, mentre per il documento amministrativo non dichiarativo non è richiesta la sottoscrizione (essendo sufficiente la mera indicazione del nome dell’autore), caratteristica fondamentale del documento dichiarativo è, invece, la firma, che rende il contenuto del documento stesso imputabile al documentatore62, evidentemente dovrà reputarsi invalido, nei termini anzidetti (nullità/inesistenza), l’atto amministrativo dichiarativo rappresentato su un documento informatico privo di firma digitale. Per quanto attiene all’altra distinzione, assumono rilievo le disposizioni contenute nella circolare dell’A.I.P.A. 16 febbraio 2001, n. 27, relativa all’utilizzo della firma digitale nelle pubbliche amministrazioni, che dovrebbe confermare la possibilità di sottoscrivere gli atti amministrativi a rilevanza meramente interna attraverso modalità più semplificate rispetto a quelle da seguire per gli atti a rilevanza esterna63. Anche in tal caso, pertanto, i vizi della sottoscrizione informatica dipenderanno dal tipo di atto da sottoscrivere e, quindi, dal livello di firma utilizzabile; il che – com’è evidente – certamente non faciliterà il lavoro dell’interprete64. 4. Secondo la prevalente dottrina, tra gli elementi essenziali del provvedimento amministrativo, la cui mancanza ne determina la nullità/inesistenza, va annoverata la volontà65. Per un corretto esame delle relative patologie con specifico riguardo all’atto amministrativo elettronico, occorre precisare che l’elemento volitivo in questione non coincide però con l’atteggiamento psichico dell’agente, che non assume alcun rilievo, al pari della corrispondenza tra questo ed il contenuto della determinazione: in sostanza, insieme alla teoria dell’atto amministrativo negoziale, anche la distinzione tra volontà dell’atto e volontà del contenuto dell’atto è ormai in netto declino66. Se è vero, quindi, che, essendo il provvedimento amministrativo atto di scelta del modo di curare gli interessi pubblici, la volontà non può essere un elemento fondamentale, è anche vero che tale volontà 62 V. per tutti G. CAMMAROTA, op. ult. cit., 118; C. GIURDANELLA, op. cit., 35-37. In argomento, G. CAMMAROTA, op. ult. cit., 118-119; G. MANDOLFO, op. cit., 1312-1313. 64 In tal senso, criticamente, G. CAMMAROTA, op. ult. cit., 119, il quale, tuttavia, osserva che la differenziazione delle firme utilizzabili nei vari casi era necessaria non solo per adeguarsi a quanto disposto dalla direttiva n. 1999/93/CE, ma anche in relazione alle norme interne sulla sottoscrizione. 65 V. per tutti P. VIRGA, Diritto amministrativo. 2. Atti e ricorsi, 6ª ed., Milano 2001, 36; contra, però, L. ACQUARONE, op. cit., 133. 66 Così R. VILLATA, op. cit., 1461, con ampi riferimenti dottrinali. 63 12 Fabio Saitta – Le patologie dell’atto amministrativo elettronico e il sindacato del giudice amministrativo Luglio 2003 è normalmente procedimentale67 e si traduce nel potere di scegliere e, laddove le norme lo consentano, di determinare il contenuto del provvedimento68. In verità, com’è stato acutamente osservato, elemento indefettibile del provvedimento amministrativo non è tanto la volontà, quanto il contenuto volitivo, risultato dall’esercizio del potere, il quale, negli atti discrezionali, consisterà nella «prefigurazione ed eventuale realizzazione dell’assetto di interessi prescelto all’esito della valutazione comparativa», mentre negli atti vincolati si ridurrà solo a tale realizzazione69. Ebbene, così intesa, la volontà non può non rappresentare un elemento essenziale anche degli atti amministrativi elettronici, dovendo conseguentemente disattendersi la tesi, invero alquanto risalente, secondo cui tali atti sarebbero imputabili alla macchina, sarebbero cioè un mero «prodotto di macchina»70. In una delle più note ricostruzioni teoriche dell’atto amministrativo informatico, è stato, in proposito, osservato che in tale atto «non si riscontra affatto l’asserito “scollamento” tra volontà dell’autore e volontà dell’atto: nonostante che l’atto venga adottato attraverso elaboratore elettronico, la volontà dell’atto informatico è pur sempre estrinsecazione della volontà dell’autorità e non mero prodotto di macchina. Per comprovare la riferibilità della volontà dell’atto informatico all’autorità basta tener presente che, in base al principio causa causae est causa causati, la volontà del computer è, quanto alla genesi, volontà dell’autorità […] In breve, l’elaboratore è solo un mezzo a disposizione dell’autorità per perseguire e raggiungere un obiettivo voluto, dal momento che gli elaboratori elettronici producono la decisione sulla base di un programma definito dall’autorità (competente per l’atto) e sulla base di dati immessi dalla stessa autorità. Gli elaboratori – è stato detto – sono degli “animali logici”. Ciò che fanno è determinato completamente dall’autorità»71. Una volta acclarato che l’atto amministrativo elettronico è, al pari di quello tradizionale, «pur sempre voluto dall’autorità che lo emana»72, per il momento ci si può limitare ad affermare – rinviando al prosieguo della trattazione l’approfondimento di profili specifici attinenti all’eccesso di potere, che presuppone un’ulteriore opzione metodologica di fondo73 – che l’esame dei vizi della volontà dell’atto amministrativo elettronico non può non risentire anch’esso delle oscillazioni dottrinali in ordine all’esatto inquadramento di errore, violenza e dolo e, soprattutto, in ordine al loro carattere sintomatico o meno. Non potendo, per evidenti ragioni di spazio, affrontare funditus simili tematiche, con riguardo al primo aspetto, ci si limita ad evidenziare che – com’è stato da ultimo ribadito – la trattazione autonoma dei vizi della volontà nell’ambito della sistematica dell’atto amministrativo costituisce un retaggio della pandettistica, ossia delle già censurate ricostruzioni dell’atto amministrativo effettuate sulla falsariga del modello negoziale privatistico, mentre in realtà trattasi di ipotesi rientranti a pieno titolo nel vizio di 67 Così M.S. GIANNINI, Atto amministrativo, in Enc. dir., IV, Milano 1959, 174, secondo cui, nel provvedimento amministrativo, storicamente, «la volontà si presenta come un’astrazione, e, giuridicamente, come un’ipostasi». 68 M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, 3ª ed., Milano 1993, 242. Si chiede a questo punto R. VILLATA, ibidem, se, così intesa, la volontà non finisca per frantumarsi tra ponderazione comparativa degli interessi, da un lato, e statuizioni in cui può ravvisarsi il contenuto del provvedimento, dall’altro. 69 R. VILLATA, op. cit., 1462. 70 Così ZEIDLER, Verwaltungsfabrikat und Gefährdungshaftung, in Deutsches Verwaltungsblatt 1959, 681 ss.; ID., Ueber die Technisierung der Verwaltung, Karlsruhe 1959. 71 A. MASUCCI, L’atto amministrativo informativo, cit., 85-87; ID., Atto amministrativo informatico, cit., 224. 72 Così A.G. OROFINO, op. cit., 2263. 73 V. infra, § 6. 13 Quaderni del DAE Rivista di Diritto Amministrativo Elettronico II Edizione Convegno Nazionale - DAE 2003 eccesso di potere, nel senso che i vizi della volontà rilevano nella misura in cui l’atto rechi quella divergenza rispetto al fine istituzionale attribuitogli dell’ordinamento che costituisce il nucleo dell’eccesso di potere74. Giusto per esemplificare, l’errore di fatto – che è forse il vizio della volontà che presenta maggiore rilievo pratico nel diritto amministrativo – non ha, a ben guardare, carattere autonomo, essendo sostanzialmente assimilabile al travisamento dei fatti, laddove l’errore di diritto ben può farsi coincidere con l’erroneità dei presupposti75. Per quanto concerne il secondo profilo, va soltanto segnalato che mentre taluno ravvisa nel vizio della volontà una possibile causa di sviamento, e non una semplice prova76, gran parte della dottrina qualifica errore, violenza e dolo come figure sintomatiche di eccesso di potere77, ritenendo quindi che l’atto possa non essere invalido qualora, pur in presenza del vizio, corrisponda egualmente al suo fine istituzionale78. Per il resto, i problemi attengono più specificamente alle ipotesi di eccesso di potere e verranno, quindi, esaminati nell’ambito dei vizi di legittimità, ossia della figura dell’annullabilità dell’atto amministrativo. 5. Ed è appunto a quest’ultima tematica che occorre adesso dedicarsi, anche perché – come già anticipato – si tratta della figura di gran lunga prevalente79. Anche in tal caso verranno ignorate le indicazioni contenute nei vari progetti di riforma legislativa in corso in quanto non ancora tradotti in norme vigenti80 e ci limiterà, quindi, ad indagare sui tradizionali vizi di legittimità dell’atto amministrativo cercando di individuare le peculiarità derivanti dall’utilizzo dell’elettronica nella loro formazione81. 74 P.M. VIPIANA PERPETUA, op. cit., 237. P.M. VIPIANA PERPETUA, ibidem. 76 In tal senso, F. LEVI, L’attività conoscitiva della pubblica amministrazione, Torino 1967, 170 ss.; C. CAMILLI, Considerazioni sui sintomi dell’eccesso di potere, in Rass. dir. pubbl. 1965, 1055; T. ALIBRANDI, Lineamenti attuali dell’eccesso di potere, in Impr. amb. e p.a. 1975, I, 227. 77 E. CANNADA BARTOLI, L’inapplicabilità degli atti amministrativi, Milano 1950, 184 ss.; E. CASETTA, Attività e atto amministrativo, in Riv. trim. dir. pubbl. 1957, 293 ss.; E. CAPACCIOLI, Manuale di diritto amministrativo, Padova 1980, I, 411. 78 A. M. SANDULLI, Manuale, cit., 700. Già prima, F. CAMMEO, I vizi di errore, dolo e violenza negli atti amministrativi, in Giur. it. 1913, III, 117 ss.; ID., Osservazioni sull’errore come vizio degli atti amministrativi, ivi 1918, III, 286 ss.; G. ZANOBINI, Dell’errore negli atti amministrativi, in ID., Scritti vari di diritto pubblico, Milano 1955, 219 ss.; E. CANNADA BARTOLI, Aspetti dell’errore di fatto nel sistema dei vizi dell’atto amministrativo e disapplicazione giudiziaria, in Foro amm. 1957, II, 435 ss.; T. ALIBRANDI, op. cit., 225 ss. 79 Anche perché «la formula dell’efficacia interinale del provvedimento invalido contempera l’autoritatività dell’azione pubblica con i rimedi amministrativi e giurisdizionali, anche di tipo cautelare, attribuiti al singolo a tutela delle proprie situazioni soggettive» (Cons. St., Ad. plen., n. 2/1992, cit.). 80 Si rimanda al testo del progettato art. 13-sexies l. n. 241/1990, riportato nella nota 26. Per un commento, v. P.M. VIPIANA PERPETUA, op. cit., 8 ss. 81 Poco proficua ai fini del successivo esame del sindacato giurisdizionale sarebbe, infatti, un’analisi dell’annullabilità che muovesse dalla tradizionale affermazione – di chiara derivazione pandettistica, ma presente anche nella giurisprudenza recente – che così come la mancanza di un elemento costitutivo (soggetto, oggetto, forma, contenuto e finalità) dell’atto amministrativo ne determina la nullità, la semplice incompletezza di uno di tali elementi configura violazione di legge, da azionare entro il termine decadenziale (in questi termini, T.A.R. Lazio-Latina, 4 giugno 1998 n. 512, in Foro 75 14 Fabio Saitta – Le patologie dell’atto amministrativo elettronico e il sindacato del giudice amministrativo Luglio 2003 Per quanto attiene al vizio di incompetenza – che, consistendo nella «violazione di quella norma di legge che determina l’assegnazione ai diversi organi amministrativi della attribuzione di compiere determinati atti»82, costituisce una species del più ampio genus del vizio di violazione di legge83 –, non v’è molto da dire in quanto, con riguardo a tale profilo patologico, l’atto amministrativo elettronico non presenta alcuna differenza rispetto a quello, per così dire, tradizionale84. In verità, un problema specifico, attinente addirittura all’astratta configurabilità del vizio, potrebbe discendere dall’adesione alla posizione giurisprudenziale secondo cui l’incompetenza può assumere rilievo invalidante soltanto a carico dei provvedimenti discrezionali, la cui rimeditazione da parte di un’autorità differente potrebbe condurre ad una scelta diversa, e non anche con riguardo agli atti vincolati, il cui contenuto non potrebbe variare in caso di riadozione da parte dell’autorità competente85. Ed infatti, se si aderisse all’anzidetto orientamento ed al contempo si escludesse l’utilizzo dell’informatica per l’adozione degli atti discrezionali86, si avrebbe un sillogismo che condurrebbe all’inevitabile conclusione dell’inconfigurabilità del vizio di incompetenza nei riguardi dell’atto amministrativo elettronico (rectius: ad elaborazione elettronica). Ma, a prescindere da quanto si dirà di qui a poco con riguardo all’ambito entro cui è possibile ricorrere al computer, ci sembra che la suddetta posizione giurisprudenziale presti il fianco all’obiezione che l’attuale processo amministrativo, tuttora centrato sull’atto e non sul rapporto, non consente al giudice di accertare se, ove adottato dall’autorità competente, il provvedimento avrebbe potuto essere o meno diverso da quello concretamente adottato87. Ed allora, non potendo una siffatta evenienza escludersi a priori, non ci sembra che, in assenza di qualsivoglia limitazione legislativa in tal senso, possa precludersi all’interessato di dedurre il vizio di incompetenza anche nei confronti degli atti vincolati senza incorrere nel divieto posto dall’art. 113 della Costituzione. Stando così le cose, ci si limita a segnalare che la giurisprudenza è incline a configurare una sorta di presunzione di relatività dell’incompetenza, nel senso che, eccezion fatta per le ipotesi di incompetenza assoluta tassativamente previste dalla legge, l’incompetenza dell’autorità emanante si risolve in un vizio di legittimità dell’atto, e non già nella nullità dello stesso per carenza di potere88. amm. 1999, 1083). Più corretto è l’approccio che muove dalla constatazione che le cause di annullabilità dell’atto amministrativo coincidono con i vizi di legittimità dell’atto stesso, quali indicati dalle leggi processuali che disciplinano i poteri di annullamento del giudice amministrativo: così P.M. VIPIANA PERPETUA, op. cit., 2 ss. 82 Così F. CAMMEO, Corso di diritto amministrativo, Padova 1960 (ristampa con note d’aggiornamento), 600. 83 B.G. MATTARELLA, op. cit., 887. 84 A.G. OROFINO, op. cit., 2271. 85 In tal senso, tra le più recenti, T.A.R. Piemonte, Sez. II, 16 novembre 2001 n. 2120, in Foro amm. 2001, 2889; T.A.R. Toscana, Sez. II, 20 luglio 2000 n. 1731, in TAR Toscana 2000; T.A.R. Campania-Napoli, Sez. IV, 16 ottobre 1995 n. 652, in Trib. amm. reg. 1995, I, 4956; contra, Cons. St., Sez. IV, 8 ottobre 1996 n. 1092, in Foro amm. 1996, 2854, che osserva come anche negli atti vincolati sia possibile individuare forme di discrezionalità almeno tecnica. In argomento v. amplius G. SORRENTINO, Vizio di incompetenza e processo amministrativo di risultato, in Dir. proc. amm. 2000, 62 ss., spec. 90 ss., laddove si evidenzia l’onere del ricorrente che deduca tale vizio di «dar conto del suo “buon diritto”». 86 Come già detto, della questione ci si occupa nel § 6. 87 Così P.M. VIPIANA PERPETUA, op. cit., 136, ed ivi ulteriori indicazioni dottrinali. 88 P.M. VIPIANA PERPETUA, op. cit., 24, con ampie indicazioni giurisprudenziali. 15 Quaderni del DAE Rivista di Diritto Amministrativo Elettronico II Edizione Convegno Nazionale - DAE 2003 6. Sicuramente più problematica è l’indagine sul vizio di eccesso di potere, che già con riguardo all’attività amministrativa di tipo tradizionale rappresenta un tema «di una vastità tale da risultare nella sua pienezza intrattabile se non per cogliere alcuni aspetti definiti»89. Proprio in considerazione di ciò, ossia dell’impossibilità di ridurre le infinite manifestazioni di tale vizio entro schemi fissi90, si limiteranno le considerazioni generali alle sole precisazioni che potranno risultare utili ai fini della specifica indagine sull’eccesso di potere nell’attività amministrativa elettronica. A tal fine, va, in primo luogo, puntualizzato che la corrente definizione del vizio in parola come violazione dei limiti interni non scritti della discrezionalità91 può essere accettata purché si tenga presente che l’eccesso di potere, da un lato, non copre tutta l’area della discrezionalità e, dall’altro, non si esaurisce nella discrezionalità92. Con riguardo al primo aspetto, si allude agli atti caratterizzati da una discrezionalità così ampia da indurre la giurisprudenza, se non ad escludere in modo assoluto, quantomeno a circoscrivere la configurabilità del vizio di eccesso di potere a determinate ipotesi93. Nella seconda ipotesi rientrano, invece, le figure sintomatiche dell’eccesso di potere che – come, ad es., il travisamento dei fatti o l’erronea valutazione dei presupposti – sono ritenute configurabili anche in relazione ad atti vincolati94. A tal proposito, ci sembra di poter affermare che, anche se non si volesse aderire alla posizione dottrinale, invero isolata, secondo cui il vizio di eccesso di potere dovrebbe essere indiscriminatamente configurabile con riguardo a tutti gli atti vincolati per dare piena attuazione ai precetti costituzionali di imparzialità e buon andamento95, non potrebbe farsi a meno di prender atto della mancanza di un rigido confine tra attività vincolata ed attività discrezionale e, conseguentemente, ricercare attentamente profili discrezionali anche in atti amministrativi generalmente non improntati a discrezionalità, così da ridurre i casi di insindacabilità dell’atto sotto tale profilo, a tutto vantaggio dell’incisività della tutela giurisdizionale96. Un’ulteriore puntualizzazione di ordine generale concerne la legge n. 241 del 1990, che, attraendo nell’area della violazione di legge figure tradizionalmente inquadrate nel vizio di eccesso di potere (si pensi all’art. 3 con riguardo all’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi97 ed all’art. 6 con 89 E. CARDI – S. COGNETTI, Eccesso di potere (atto amministrativo), in Dig. disc. pubbl., V, Torino 1990, 342. E. CARDI – S. COGNETTI, op. cit., 351. 91 Così, ex plurimis, P. VIRGA, Il provvedimento amministrativo, 4ª ed., Milano 1972, 416. 92 In tal senso, P.M. VIPIANA PERPETUA, op. cit., 143, secondo la quale «il vizio in esame consiste in una violazione dello spirito della legge, pur nel rispetto della sua lettera». 93 Sul punto si rinvia alla copiosa giurisprudenza citata da P.M. VIPIANA PERPETUA, op. cit., 248 ss. 94 Cfr., ex multis, Cons. St., Sez. VI, 1 dicembre 1999 n. 2055, in Foro amm. 1999, 2575. 95 E’ la tesi di F.M. NICOSIA, Potere ed eccesso di potere nell’attività amministrativa non discrezionale, Napoli 1991, 147 ss., spec. 153. 96 Così P.M. VIPIANA, op. cit., 247-248. Un esempio in tal senso può rinvenirsi nell’affermazione che «il principio giurisprudenziale secondo il quale in sede di impugnazione di diniego di concessione edilizia non è ammissibile la censura di eccesso di potere per disparità di trattamento, in quanto l’esame delle domande di autorizzazione a costruire è rigorosamente vincolato al rispetto delle prescrizioni urbanistiche vigenti, trova un limite nel caso in cui l’atto di diniego implica un qualche margine di discrezionalità tecnica e il comportamento dell’amministrazione comunale appare poco lineare» (T.A.R. Lombardia-Brescia, 28 novembre 1995 n. 1244, in Trib. amm. reg. 1996, I, 121). 97 Ancor oggi, qualificando come vizio di eccesso di potere il difetto di motivazione, la giurisprudenza ne esclude la configurabilità nei confronti dei provvedimenti non discrezionali: tra le più recenti, T.R.G.A. Trentino Alto Adige-Trento, 18 novembre 2002 n. 379, in Trib. amm. reg. 2003, I, 261. 90 16 Fabio Saitta – Le patologie dell’atto amministrativo elettronico e il sindacato del giudice amministrativo Luglio 2003 riguardo all’obbligo di adeguata istruttoria del procedimento)98, ha finito per rafforzare quest’ultimo vizio, che ha adesso un appiglio normativo più solido e specifico che in passato99. Fatte queste premesse generali, per poter individuare i possibili vizi di eccesso di potere dell’atto amministrativo ad elaborazione elettronica occorre preliminarmente risolvere un problema di fondo, che è quello attinente all’ambito entro il quale è consentito adottare atti amministrativi mediante sistemi automatici di tal fatta. Senza dubbio compatibile con la logica propria dell’elaboratore elettronico – posto che il software traduce i dati giuridici (principi generali, norme e giurisprudenza) ed i dati fattuali in linguaggio matematico, dando vita ad un ragionamento logico formalizzato che porterà ad una conclusione che, dati gli elementi iniziali, è immutabile – è l’attività vincolata100: anche la giurisprudenza ha, infatti, affermato che l’azione amministrativa che si avvalga dell’uso di procedure informatizzate e di macchine elettroniche non si differenzia in alcun modo da quella ordinaria101. Molti dubbi sono sorti, invece, per gli atti discrezionali, con riguardo ai quali si è generalmente opposto che la logica stessa della discrezionalità, che implica un meccanismo di tipo valutativo, impedirebbe l’informatizzazione. Più precisamente, in una delle più importanti ricostruzioni sistematiche del tema, si è sostenuto che se i programmi che presiedono all’elaborazione dei dati consistono nella precisa descrizione dell’algoritmo che l’elaboratore deve eseguire, deve ritenersi che l’atto amministrativo possa essere adottato mediante computer solo quando le fattispecie normative da applicare siano riconducibili a «schermi concettuali e a categorie giuridiche algoritmizzabili»102. In concreto, l’adozione dell’atto mediante sistemi informatici sarebbe possibile solo quando la fattispecie normativa da applicare risponde allo schema logico, proprio della programmazione, «Se…..allora»103 e quando i processi decisionali che sottendono l’emanazione dell’atto siano predeterminabili ovvero quando sia possibile una programmazione dell’attività amministrativa104. Dovrebbe, conseguentemente, escludersi il ricorso al computer qualora la norma da applicare preveda concetti giuridici indeterminati105, nonché quando ricorra un potere discrezionale il cui esercizio non possa essere preventivamente «tradotto» in un numero determinato di scelte dal contenuto predeterminato, con conseguente esclusione dall’ambito dell’elaborazione elettronica degli atti caratterizzati da una forte discrezionalità o dalla possibilità di scelte difficilmente predeterminabili per numero e contenuto106. 98 In argomento, A. PuBUSA, Note sulle tendenze dell’eccesso di potere alla luce della l. 7 agosto 1990, n. 241, in Studi in onore di V. Ottaviano, Milano 1993, II, 1095 ss.; G. SALA, L’eccesso di potere amministrativo dopo la legge 241/90: un’ipotesi di ridefinizione, in Dir. amm. 1993, 173 ss. 99 P.M. VIPIANA PERPETUA, op. cit., 258. 100 In tal senso, tra i contributi più recenti, C. GIURDANELLA, op. cit., 37; R. MORZENTI PELLEGRINI, op. cit., 349. 101 Cfr., ad es., Cons. St., Sez. VI, 7 febbraio 1995 n. 152 e 24 ottobre 1994 nn. 1561 e 1562, in Cons. Stato 1995, I, 242 e in Foro amm. 1994, I, 2438. 102 A. MASUCCI, L’atto amministrativo informatico, cit., 19 ss. 103 A. MASUCCI, op. ult. cit., 25 ss.; in termini, R. BORRUSO, Computer e diritto, Milano 1988, I, 183 ss. 104 A. MASUCCI, Atto amministrativo informatico, cit., 222. 105 A. MASUCCI, L’atto amministrativo informatico, cit., 19 ss. 106 A. MASUCCI, op. ult. cit., 35 ss. Tendono a negare la possibilità di utilizzare l’elaborazione elettronica per l’adozione di atti a contenuto discrezionale anche G. CARIDI, Informatica giuridica e procedimenti amministrativi, Milano 1983, 145 ss.; B. SELLERI, Gli atti amministrativi «in forma elettronica», in Dir. e soc. 1982, 140 ss.; E. GIANNANTONIO, Manuale di diritto dell’informatica, 11ª ed., Padova 1997, 564; M. MINERVA, L’attività amministrativa, cit., 1304; A. USAI, op. cit., 181 17 Quaderni del DAE Rivista di Diritto Amministrativo Elettronico II Edizione Convegno Nazionale - DAE 2003 Ancorché l’argomento sia oggetto di una precedente relazione, ci sembra di non poter omettere alcuni rilievi critici a quella che sembra essere l’opinione prevalente. A ben guardare, infatti, anche gli aspetti discrezionali dell’attività amministrativa sono pur sempre riducibili a processi logici razionali, nella misura in cui anche l’attività discrezionale dev’essere svolta in ossequio a determinati principi e criteri, che le strutture possono continuare a scegliere e porre in totale autonomia107. Va, poi, osservato che se è vero che raramente un procedimento amministrativo è del tutto vincolato 108 , è anche vero che la moderna tendenza è quella di rendere l’azione amministrativa sempre più vincolata a parametri predeterminati, con soppressione dei margini di discrezionalità; il che non può che ampliare la gamma degli atti che possono essere emessi automaticamente dall’elaboratore109. Va anche detto che molti atti sono vincolati sotto certi aspetti e discrezionali sotto altri, quindi sicuramente elaborabili mediante computer almeno nella parte vincolata110, e che vi sono fattispecie a bassa discrezionalità, per le quali è possibile individuare varie alternative di scelta secondo un numero determinato di passaggi, le quali possono ritenersi compatibili con i processi di informatizzazione dell’attività vincolata111. Ma, a parte queste ipotesi di attività amministrativa solo in minima parte discrezionale, la tesi della generale incompatibilità tra discrezionalità amministrativa (ma non anche discrezionalità tecnica112) ed elaborazione elettronica non pare insuperabile. Ed infatti, anche senza aderire necessariamente alle tesi, peraltro assai originali e suggestive, di Sartor sui cc.dd. sistemi esperti – capaci di scegliere il processo logico informatico adatto da caso a caso mediante l’utilizzo di un ulteriore software, definito meta-algoritmo113 – e sulla possibilità di interpretare i concetti mentali in modo flessibile e neutrale, così da renderli applicabili anche ad alcuni tipi di enti artificiali114, non ci pare sussistano ostacoli insormontabili ad ipotizzare che il testo elaborato dal computer, a seguito di un intervento solo iniziale dell’uomo, possa avere ad oggetto anche l’attività amministrativa discrezionale. ss., secondo cui ciò sarebbe possibile soltanto utilizzando sistemi esperti e dopo aver proceduto ad una prima sperimentazione. 107 A. RAVALLI, Atti amministrativi emanati mediante sistemi informatici: problematiche relative alla tutela giurisdizionale, in Trib. amm. reg. 1989, II, 261-262, il quale porta l’esempio dei provvedimenti di promozione dei pubblici dipendenti, di avanzamento degli ufficiali, di finanziamento di progetti, di autorizzazione, di polizia. 108 A.G. OROFINO, op. cit., 2268. 109 G. DUNI, Teleamministrazione, cit., 6; con riferimento alla Germania, M.G. LOSANO, Informatica per le scienze sociali, Torino 1985, 399 ss. e 409 ss. 110 G. DUNI, ibidem. 111 C. GIURDANELLA, op. cit., 38; già prima, A. MASUCCI, L’atto amministrativo informatico, cit., 35. 112 Sul punto, per tutti, A. MASUCCI, op. ult. cit., 39 ss., ed ivi richiami all’orientamento dottrinale secondo cui la c.d. discrezionalità tecnica deve considerarsi come vincolatezza. 113 G. SARTOR, Le applicazioni giuridiche dell’intelligenza artificiale, Bologna 1990; ID., Gli agenti software: nuovi soggetti del ciberdiritto, in Contratto e impresa 2002, 57 ss.; ID., Gli agenti software e la disciplina giuridica degli strumenti cognitivi, in Dir. inf. e inform. 2003, 55 ss. 114 G. SARTOR, L’intenzionalità dei sistemi informatici e il diritto, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2003, 23 ss., laddove, muovendo dall’opera del filosofo inglese Daniel Dennet, secondo cui ciò che determina il nostro modo di interpretare e prevedere il comportamento degli enti con cui interagiamo non è la natura degli enti stessi, ma la prospettiva dalla quale guardiamo ad essi, si sostiene la tesi dell’intenzionalità dei sistemi informatici (e dei sistemi misti, comprensivi di azioni umane e di sistemi informatici) e si suggerisce di spiritualizzare i rapporti con e tra le macchine, imponendo anche ad essi un’interpretazione intenzionale. 18 Fabio Saitta – Le patologie dell’atto amministrativo elettronico e il sindacato del giudice amministrativo Luglio 2003 Utilizzando, da un lato, gli interessanti approfondimenti dottrinali sulle modalità di utilizzo di forme di autolimitazione intese a determinare preventivamente, ossia al momento della predisposizione del programma, le modalità di esercizio della discrezionalità, in modo tale da consentire l’automazione anche dei processi decisionali connotati da discrezionalità115, e, dall’altro, le considerazioni di ordine generale sull’esigenza di intendere la volontà insita nel provvedimento amministrativo come volontà procedimentale e sulla riferibilità all’autorità procedente anche della volontà dell’atto informatico116, ci sembra possa condividersi l’affermazione che il software, rappresentando un semplice strumento di ausilio al perseguimento dell’obiettivo che l’agente si è proposto, può essere adottato anche per elaborare atti a contenuto discrezionale: questi ultimi, infatti, potranno ritenersi consapevolmente voluti quando colui che li sottoscrive ha volontariamente assunto quel determinato programma per produrre l’atto in quella determinata circostanza ed alla presenza di quei determinati presupposti117. Ciò detto, l’analisi delle singole figure sintomatiche di eccesso di potere non può che aver inizio con lo sviamento di potere, che notoriamente ha contribuito alla nascita dell’intera categoria. E’ evidente che se pensiamo allo sviamento come all’utilizzo del potere per un fine diverso da quello perseguito dalla norma che lo attribuisce a quell’amministrazione pubblica, risulta difficile immaginare che un provvedimento amministrativo ad elaborazione elettronica possa essere inficiato da tale vizio118. Non può, peraltro, escludersi a priori che la distorsione del processo decisionale stia a monte dell’atto, cioè che lo sviamento si verifichi già al momento dell’immissione delle istruzioni nell’elaboratore: in sostanza, l’eventuale incompletezza o inesattezza di tali dati può anche essere dolosa, con evidenti ricadute anche in termini di responsabilità del funzionario119. C’è, poi, la figura del travisamento dei fatti, che invece può ben ricorrere anche nell’ipotesi di atto amministrativo ad elaborazione elettronica, anche perché – come si è notato – può riguardare anche gli atti vincolati. In proposito, ci sono, infatti, numerosi precedenti giurisprudenziali, concernenti soprattutto il caso del funzionamento non corretto di strumenti informatici utilizzati per la correzione di prove scritte di concorsi pubblici che abbia portato all’adozione di giudizi negativi errati120. Le più recenti pronunce, peraltro, hanno precisato – a nostro avviso, opportunamente, al fine di evitare un uso pretestuoso e strumentale della figura – che il semplice sospetto circa l’eventuale erroneo funzionamento dello strumento informatico utilizzato per la valutazione della prova non basta ad infirmare 115 Il riferimento è a U. FANTIGROSSI, Automazione e pubblica amministrazione, Bologna 1993, 81 ss. V. supra, § 4. 117 Così G. MANDOLFO, op. cit., 1314-1315. 118 A. USAI, op. cit., 187; A.G. OROFINO, op. cit., 2270. 119 Su questo tema v. per tutti A. MASUCCI, La responsabilità della pubblica amministrazione per adozione e/o esecuzione di atto amministrativo informatico illegittimo. Verso una nuova ipotesi di responsabilità oggettiva?, in Scritti in onore di G. Guarino, Padova 1998, III, 873 ss. 120 Cons. St., Sez. VI, 26 ottobre 2000 n. 5682, in Foro amm. 2000, 3254; T.A.R. Lazio, Sez. II, 15 luglio 1994 n. 864, 4 marzo 1994 n. 278 e 16 settembre 1992 n. 1809, in Trib. amm. reg. 1994, I, 2996 e 1333; 1992, I, 3785. 116 19 Quaderni del DAE Rivista di Diritto Amministrativo Elettronico II Edizione Convegno Nazionale - DAE 2003 la prova stessa «ove il ricorrente non indichi l’identità dei candidati che avrebbero tratto vantaggio dal guasto dell’apparecchiatura»121. Attorno all’eccesso di potere per travisamento dei fatti, oltre a tutta la problematica delle conseguenze dei cc.dd. errori di macchina – ancora oggi possibili, pur se in misura limitata per il continuo perfezionamento degli impianti – ruota, peraltro, la vasta area dei vizi dell’input, ossia dell’incompletezza e/o inesattezza dei dati immessi nel computer e del loro illegittimo utilizzo, che gioca un ruolo rilevante nella patologia dell’atto amministrativo informatico122. In quest’ultima ipotesi, ci si trova al confine con la figura del difetto di istruttoria, che la giurisprudenza ha ritenuto sussistente, per quanto qui interessa, in un caso in cui l’amministrazione procedente aveva omesso di verificare direttamente gli atti allegati ad un’istanza finalizzata a conseguire un contributo, limitandosi a verificare, con sistema ottico, la scheda per letture elettronica predisposta dall’istante secondo il modulo precostituito dalla stessa amministrazione; secondo i giudici, l’adozione di quel metodo di verifica non dispensava l’amministrazione del dovere di leale cooperazione nei confronti dei cittadini, ancorché onerati di adempimenti modulari, ai fini dell’accertamento delle condizioni di ammissibilità e dei requisiti di legittimazione per l’emanazione del provvedimento favorevole123. La stessa giurisprudenza, peraltro, ha recentemente notato che anche in simili ipotesi di istruttoria mediante verifica con sistema ottico di schede trova applicazione l’art. 6, lett. b), della legge n. 241 del 1990, che impone al responsabile del procedimento di acquisire d’ufficio ogni elemento utile per l’istruttoria, facultandolo a chiedere «la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete»124. Per quanto concerne, poi, le figure delle contraddittorietà (intrinseca ed estrinseca), della disparità di trattamento, 125 dell’irragionevolezza 126 programmato dell’ingiustizia (grave e) manifesta, dell’illogicità manifesta e , si tratta di evenienze obiettivamente improbabili in presenza di un software ben . In particolare, com’è stato da più parti notato, la computerizzazione delle procedure dovrebbe comportare una riduzione dei casi di disparità di trattamento, in quanto la sola possibilità di richiamare facilmente da banche-dati dei precedenti simili per individuare i criteri precedentemente applicati dovrebbe rendere «evitabile la disparità colposa e più controllabile quella dolosa»127. Tralasciando per il momento l’analisi dei possibili vizi del programma informatico, che verrà svolta nel contesto dell’indagine sulla sua autonoma impugnabilità128, resta da fare un cenno alla figura dell’inosservanza e/o mancata prefissione di autolimiti, che si ha quando l’amministrazione procedente non 121 T.A.R. Sicilia-Catania, Sez. III, 11 luglio 2002 n. 1222, in Rass. amm. sic. 2002, 903; in termini, Cons. St., Sez. VI, n. 5682/2000, cit. 122 A. MASUCCI, Atto amministrativo informatico, cit., 227. 123 Cons. St., Sez. VI, 14 ottobre 1999 n. 1360, in Foro amm. 1999, 2117. 124 Cons. St., Sez. VI, 6 marzo 2002 n. 1355, in Foro amm.: CdS 2002, 749. 125 Quest’ultima rappresenta, invero, una sorta di minimo comun denominatore di varie figure sintomatiche di eccesso di potere, tra cui la stessa contraddittorietà e l’illogicità: sul punto, anche per le relative indicazioni dottrinali, cfr. P.M. VIPIANA PERPETUA, op. cit., 210-211. 126 A.G. OROFINO, op. cit., 2269-2270; A. USAI, op. cit., 187. 127 Così G. DUNI, Teleamministrazione, cit., 7; A. MASUCCI, L’atto amministrativo informatico, cit., 6; G. TADDEI ELMI, op. cit., 134 ss. 128 V. infra, § 9. 20 Fabio Saitta – Le patologie dell’atto amministrativo elettronico e il sindacato del giudice amministrativo Luglio 2003 rispetta quei vincoli che ha imposto a se stessa circoscrivendo il proprio potere discrezionale ovvero omette illegittimamente di fissarli129. Trattasi di fattispecie astrattamente configurabile anche nel caso di atto amministrativo ad elaborazione elettronica, ben potendo accadere che l’amministrazione procedente non rispetti i criteri (tradotti in linguaggio macchina) in base ai quali l’elaboratore avrebbe dovuto procedere, indicati al momento della predisposizione del programma, ovvero ometta del tutto di porli130. 7. L’esame del vizio di violazione di legge, cioè di quello che è stato autorevolmente definito «il tipo dominante» di vizio degli atti amministrativi131, non pone particolari problemi con riguardo all’atto amministrativo elettronico132. Se si omette l’analisi dei possibili casi di violazione di legge riguardanti specificamente il programma informatico – che, analogamente a quella delle figure sintomatiche di eccesso di potere, verrà svolta più avanti133 –, meritano alcune osservazioni soltanto due ipotesi peculiari. La prima è quella della violazione dell’obbligo di motivazione prescritto dall’art. 3 della legge n. 241 del 1990134, sicuramente configurabile in virtù dell’ampia dizione della stessa disposizione, che si guarda bene dall’escludere dal proprio ambito applicativo gli atti amministrativi elettronici135. Anzi, l’esigenza di trasparenza sottesa all’obbligo di motivazione, nel caso di atto amministrativo elettronico è ancora più sentita, in quanto solo una puntuale indicazione delle ragioni giuridiche della decisione può – com’è stato detto con efficace espressione – «attutire la sensazione di oscurità e di anonimato che il privato avverte verso il procedimento amministrativo automatizzato»136. La giurisprudenza ha, infatti, già avuto modo di rilevare tale vizio con riguardo alla già menzionata fattispecie della correzione della prova di concorso mediante strumento informatico137. 129 In argomento, v. per tutti P.M. VIPIANA, L’autolimite della pubblica amministrazione. L’attività amministrativa fra coerenza e flessibilità, Milano 1990. 130 A.G. OROFINO, op. cit., 2271. 131 G. GUARINO, Atti e poteri amministrativi, in Dizionario amministrativo, a cura di G. Guarino, Milano 1983, I, 241. 132 A.G. OROFINO, op. cit., 2272. 133 V. infra, § 9. 134 Va, peraltro, precisato che – come osservato dalla migliore dottrina in argomento – «l’art. 3 L. n. 241/90 non si configura come l’unica fonte del dovere di motivare gli atti amministrativi, ma si fa discendere tale dovere anche da altri principi» (A. ROMANO TASSONE, Legge sul procedimento amministrativo e motivazione del provvedimento amministrativo. Prime osservazioni, in Scritti in onore di P. Virga, Milano 1994, I, 1590, nota 1). 135 Sul punto, A. MASUCCI, Atto amministrativo informatico, cit., 226, che riferisce della diversa scelta fatta al riguardo dalla legge tedesca del 1976; in termini, A. USAI, op. cit., 178; A.G. OROFINO, op. cit., 2270; contra, U. FANTIGROSSI, op. cit., 134, il quale però muove da una premessa – quella secondo cui l’obbligo di motivazione non riguarderebbe i provvedimenti vincolati – che, pur essendo sostanzialmente condivisa dalla giurisprudenza (tra le più recenti, Cons. Giust. Amm. Reg. sic., 15 gennaio 2002 n. 8, in Foro amm.: CdS 2002, 216; T.A.R. Campania-Napoli, Sez. V, 25 giugno 2002 n. 3739, in Foro amm.: TAR 2002, 2151), è decisamente avversata dalla dottrina (v. per tutti G. BERGONZINI, Difetto di motivazione del provvedimento amministrativo ed eccesso di potere, in Dir. amm. 2000, 181 ss., spec. 185189, ed ivi ampie indicazioni bibliografiche), la quale ritiene indispensabile, anche in tali ipotesi, quantomeno la c.d. giustificazione, ossia la citazione delle norme di legge applicate e la specificazione delle ragioni per cui il caso concreto può ricondursi alla fattispecie da esse specificata (in tal senso, peraltro, anche certa giurisprudenza: T.A.R. FriuliVenezia Giulia, 6 dicembre 2000 n. 1301, in Comuni d’Italia 2001, 444; T.A.R. Toscana, Sez. II, 21 maggio 1999 n. 595, in Ragiusan 2000, n. 192, 38) e risulta comunque inconducente, ove si consideri che l’atto amministrativo elettronico può avere contenuto in tutto o in parte discrezionale. 136 A. MASUCCI, ibidem. 137 Cons. St., Sez. VI, n. 5682/2000, cit. 21 Quaderni del DAE Rivista di Diritto Amministrativo Elettronico II Edizione Convegno Nazionale - DAE 2003 Va da sé che, al pari dell’atto amministrativo di tipo tradizionale, anche l’atto amministrativo elettronico potrà essere motivato per relationem, semprechè gli atti ai quali viene fatto riferimento – come, ad es., il software – vengano resi disponibili come prescritto dall’art. 3 della legge n. 241 del 1990138. La seconda ipotesi che merita di essere segnalata è quella della violazione dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento, previsto dall’art. 7 della stessa legge 241 ed applicabile, secondo la dottrina, anche all’azione amministrativa automatizzata, nella quale anzi la partecipazione assume notevole importanza, in quanto «la raccolta dei dati posti a base della decisione (e sulla cui completezza e legittimità il privato è chiamato ad intervenire) risulta avere […] una sua particolare rilevanza»139. Sul punto, peraltro, non risultano specifiche pronunce giurisprudenziali. 8. La categoria dell’annullabilità – che, come si è potuto vedere, nel diritto amministrativo sostanzialmente coincide con quella dei vizi di legittimità – dev’essere poi distinta da quella dell’irregolarità, invero assai trascurata dalla dottrina fino a qualche anno fa. Dal punto di vista della teoria generale, è stato esattamente notato che la validità stricto sensu può essere validità formale – cioè, piena conformità a tutte le regole sul procedimento di formazione dell’atto – o anche validità sostanziale – ossia, piena conformità a tutte le regole sul significato legittimo del testo prodotto dall’atto140. La giurisprudenza amministrativa ha recepito l’anzidetta distinzione ed infatti precisa che «l’eventuale presenza di un vizio di carattere esclusivamente formale non può ex se, ed in mancanza di un’espressa disposizione normativa di segno contrario, inficiare la legittimità di un atto amministrativo, ove non venga dimostrata dall’interessato l’incidenza negativa del suddetto vizio formale sulla sostanza dell’atto»141. Non sempre, quindi, la violazione di legge (lato sensu intesa) comporta l’annullabilità del provvedimento amministrativo, in quanto la sproporzione tra l’esigenza di tutela del privato e la sanzione dell’annullamento dell’atto ha indotto la giurisprudenza ad isolare dei casi in cui il vizio non comporta annullamento proprio perché non influisce sull’esito della vicenda amministrativa142. 138 A. MASUCCI, ibidem; U. FANTIGROSSI, op. cit., 135. Così A. MASUCCI, L’atto amministrativo informatico, cit., 63-64; adesivamente, A.G. OROFINO, op. cit., 2272; U. FANTIGROSSI, op. cit., 115 ss., che si occupa della partecipazione anche con riguardo al procedimento di formazione del software. 140 F. MODUGNO, Validità, cit., 33, secondo cui la validità sostanziale potrebbe anche definirsi «validità semantica». 141 T.A.R. Campania-Napoli, Sez. II, 23 novembre 1998 n. 3567, in Foro amm. 1999, 1095; già prima, Cons. St., Sez. VI, 13 giugno 1998 n. 829, ivi 1998, 1737. 142 Così G. CORSO, L’attività, cit., 215-217. Un esempio d’irregolarità assai frequente in giurisprudenza è quello dell’omessa indicazione, nel provvedimento, del termine per ricorrere e dell’autorità giurisdizionale competente (art. 3, 4° c., l. n. 241/1990), che non incide sulla validità dell’atto, ma impedisce soltanto la decorrenza del termine d’impugnazione e può, pertanto, dare luogo alla remissione in termini per errore scusabile (ex multis, T.A.R. CampaniaNapoli, Sez. IV, 4 gennaio 2002 n. 80, in Foro amm.: TAR 2002, 208; Cass., Sez. III, 26 maggio 2000 n. 6976, in Giust. civ. Mass. 2000, 1126). 139 22 Fabio Saitta – Le patologie dell’atto amministrativo elettronico e il sindacato del giudice amministrativo Luglio 2003 Si è delineata così una nozione di irregolarità non invalidante che, pur non avendo – almeno allo 143 stato – un riconoscimento legislativo, riscontra notevole successo in questi ultimi anni. La distinzione tra annullabilità ed irregolarità attiene sostanzialmente a profili di carattere sostanziale e sanzionatorio. Come ben illustrato nell’unico lavoro monografico in materia, il fondamento del fenomeno dell’irregolarità degli atti amministrativi risiede nella constatazione che la lesione di interessi che risulti del tutto ininfluente sull’idoneità del provvedimento ad operare una corretta sintesi dei vari interessi in gioco non implica invalidità del provvedimento stesso144. In altri termini, a differenza dell’annullabilità, l’irregolarità consiste in uno stato patologico che, essendo ininfluente sulla sostanza della fattispecie, non incide sul processo valutativo comparativo degli interessi, pubblici e privati, implicati nel procedimento e non compromette la cura dell’interesse pubblico concreto né la tutela di situazioni giuridiche soggettive145. In definitiva, l’atto irregolare, ancorché risulti in apparenza anomalo, si rivela invece, nella sua essenza, conforme al paradigma normativo di riferimento146. In tali ipotesi, ferme restando eventuali sanzioni a carico del responsabile dell’irregolarità147, i rimedi per ovviare alla difformità divergono da quelli utilizzabili nei confronti degli atti amministrativi viziati e consistono nella regolarizzazione – che consiste nella riedizione dell’atto depurato dall’irregolarità – ovvero, qualora si tratti di eliminare un errore materiale, nella rettifica148. Ebbene, com’è stato da tempo notato, nei casi in cui si debba procedere in tal senso, magari nei confronti di provvedimenti irregolari che interessano numerose persone, si evidenziano esigenze proprie dei sistemi informatici, sì da suggerire una rivisitazione, per i procedimenti informatici, della stessa nozione di errore materiale fino a costruire specifiche ipotesi con procedure automatiche e semplificate di rettifica149. 143 Si allude al progettato art. 13-sexies l. n. 241/1990 (riportato nella nota 26), in virtù del quale verrebbe esclusa l’annullabilità del «provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, quando il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato». Sulla disciplina dell’irregolarità contenuta nel suddetto d.d.l. v. G. MORBIDELLI, Invalidità e irregolarità, in ASSOCIAZIONE ITALIANA PROFESSORI DIRITTO AMMINISTRATIVO, Annuario 2002, Milano 2003, 79 ss., spec. 90 ss.; A. ROMANO TASSONE, Osservazioni su invalidità e irregolarità degli atti amministrativi, ivi, 101 ss. 144 A. ROMANO TASSONE, Contributo sul tema dell’irregolarità degli atti amministrativi, Torino 1993, 74-77; come lo stesso A. non manca di segnalare, questo criterio è già stato in parte formulato da M.S. GIANNINI (Istituzioni di diritto amministrativo, Milano 1981, 428 ss.), che riteneva l’irregolarità fondata anche sull’innocuità del vizio rispetto alla cura dell’interesse concreto (cui però si aggiungerebbe – secondo l’A. – anche l’innocuità rispetto alle situazioni giuridiche soggettive del privato). 145 P. STAFFINI, Considerazioni in tema di irregolarità nell’ordinamento amministrativo. L’irregolarità degli atti emanati dalla pubblica amministrazione, in Cons. Stato 1996, II, 1594. 146 P. STAFFINI, Considerazioni in tema di irregolarità nell’ordinamento amministrativo. L’irregolarità degli atti formati da soggetti privati, in Cons. Stato 1997, II, 1303-1304. 147 G. MORBIDELLI, op. cit., 80. 148 Cfr. P.M. VIPIANA PERPETUA, op. cit., 409 ss. 149 A. RAVALLI, op. cit., 263-264, secondo cui tali rettifiche possono essere causate da un’inesatta acquisizione dei dati ovvero da carenze insite nel software; in termini, A. MASUCCI, L’atto amministrativo informatico, cit., 126-129. 23 Quaderni del DAE Rivista di Diritto Amministrativo Elettronico II Edizione Convegno Nazionale - DAE 2003 Dal canto suo, la giurisprudenza ha precisato che la modificazione di provvedimenti amministrativi informatizzati per asserita rettifica di errori materiali è illegittima ove non sia stata indicata la natura degli errori stessi e la loro incidenza sul procedimento150. Non è difficile, peraltro, immaginare un più generale allargamento delle ipotesi di irregolarità, con l’individuazione di casi – magari attinenti alle più lievi anomalie della sottoscrizione151 – specificamente attinenti all’atto amministrativo elettronico, che potrebbe servire ad attenuare l’eccessivo rigorismo formale nelle ipotesi in cui non sia messa in pericolo l’esigenza di certezza pubblica, potendosi leggere sistematicamente i documenti applicando i principi di interpretazione complessiva delle clausole (art. 1362 c.c.), di buona fede (art. 1366 c.c.) e di correttezza (art. 1367 c.c.)152. 9. Passando adesso alla parte conclusiva dell’indagine, ossia ai profili più prettamente processuali, il primo problema da affrontare è quello dell’impugnabilità degli atti amministrativi endoprocedimentali che costituiscono il presupposto dell’atto amministrativo elettronico adottato a conclusione del procedimento informatizzato. Premesso che, in linea di principio, sotto il profilo del sindacato giurisdizionale, «l’azione amministrativa che si avvalga dell’informatica non si differenzia in alcun modo da quella ordinaria, in quanto lo schema logico-giuridico da applicare si identifica pur sempre con quello generale»153, le censure deducibili nei confronti degli atti che, per il momento, abbiamo genericamente definito presupposti hanno riguardo, sostanzialmente, a due fattispecie: la scelta dell’amministrazione di avvalersi di procedure automatizzate ed il programma e/o le regole di programmazione in sé e per sé considerati. Con riguardo alla prima ipotesi, va detto subito che la giurisprudenza, che talvolta sembra incline a favorire il passaggio alla gestione informatica dell’attività amministrativa154, tende a ritenere insindacabile la decisione dell’amministrazione di ricorrere al computer, qualificandola come scelta afferente al merito, insindacabile se non nei casi di illogicità manifesta o irrazionalità155. 150 T.A.R. Sicilia-Catania, 4 giugno 1985 n. 569, in Trib. amm. reg. 1985, I, 3098. Cfr., ad es., Cons. St., Sez. VI, 4 novembre 1999 n. 1734, in Foro amm. 1999, 2545. 152 G. MORBIDELLI, op. cit., 82. 153 Così Cons. St., Sez. VI, 7 febbraio 1995 n. 152, in Foro amm. 1995, 364, che osserva che «i programmi informatici, peraltro, non sono che sequenze di ordini o precetti che la macchina elettronica deve eseguire in circostanze predeterminate, cosicché anche di essi è certamente possibile il controllo giurisdizionale»; in termini, Sez. VI, 7 maggio 2001 n. 2531, 24 ottobre 2000 n. 5682, 26 giugno 1998 n. 1027, 23 novembre 1994 n. 1687 e 24 ottobre 1994 n. 1561, ivi 2001, 1225; 2000, 3254; 1998, 1795; in Cons. Stato 1994, I, 1635; in Foro amm. 1994, 2438. 154 Cfr., ad es., Cons. St., Sez. VI, n. 152/1995, cit., laddove afferma che «l’uso di procedure informatizzate e di macchine elettroniche nello svolgimento dell’attività amministrativa, non solo non è di per sé illegittimo, ma è ormai consentito e disciplinato dalla normativa vigente, anche per la considerazione della maggiore oggettività ed imparzialità che la macchina può assicurare, specialmente nello svolgimento di operazioni ripetitive, non essendo soggetta alla caduta della curva dell’attenzione riscontrabile nell’uomo dopo un certo tempo di applicazione allo stesso compito». V., altresì, T.A.R. Campania-Napoli, Sez. I, 26 ottobre 1992 n. 333, in Trib. amm. reg. 1992, I, 4958, secondo cui «non sussistono ostacoli, né giuridici né tecnici, all’estensione di sistemi informatici nella gestione operativa della Pubblica amministrazione (essendo anzi lo stesso principio di tipicità degli atti amministrativi e l’articolazione dei procedimenti a consentire e favorire il passaggio alla gestione operativa informatica)». 155 T.A.R. Sicilia-Palermo, 30 aprile 1996 n. 468, in Foro amm. 1996, 3482. 151 24 Fabio Saitta – Le patologie dell’atto amministrativo elettronico e il sindacato del giudice amministrativo Luglio 2003 Entro questi ristretti margini, tuttavia, l’eventuale illegittimità del ricorso a sistemi informatici156 dovrebbe essere fatta valere dall’interessato mediante tempestiva impugnazione del relativo atto endoprocedimentale (bando di concorso, bando di gara o altro), che costituisce atto presupposto dotato di immediata efficacia lesiva157, risultando altrimenti inammissibile l’impugnazione dell’atto elettronico elaborato con l’ausilio di tale sistema158. Di contro, applicando gli stessi principi, dovrebbe, invece, escludersi analogo onere di immediata impugnazione nel caso in cui non si censuri tanto la scelta di avvalersi di procedure automatizzate quanto l’obsolescenza ed inadeguatezza del software e/o dell’hardware utilizzati159, che di regola l’interessato non è in grado di percepire a priori160. Più complessa, involgendo anche profili di diritto sostanziale, è la problematica attinente all’impugnabilità del programma. E’ evidente che la circostanza che il programma informatico – inteso quale sequenza di ordini che la macchina esegue in presenza di circostanze predeterminate, ossia di insieme di istruzioni la cui esecuzione, partendo da certi input, conduce ad una determinata soluzione161 – possa essere in sé e per sé illegittimo, cioè essere ab initio uno strumento inadeguato all’obiettivo, rappresentato dall’adozione di un determinato atto conclusivo del procedimento, non implica automaticamente la sua qualificazione in termini di atto amministrativo presupposto. Alla dottrina che ha qualificato il software come atto generale162, come atto interno163 o come atto strumentale164 è stato recentemente obiettato che alla configurazione in termini di atto amministrativo del programma per elaboratore osta la circostanza che esso è compilato in un linguaggio (il c.d. linguaggio macchina) fatto di segni ed espressioni incomprensibili ai non addetti ai lavori (verosimilmente, agli stessi amministratori pubblici) e non può essere sempre sottoscritto: da qui la convinzione che – come già sostenuto un ventennio addietro165 – l’elaboratore elettronico (ivi compreso il programma) sia in realtà 156 Ravvisata, ad es., nel caso di correzione di prove concorsuali la cui valutazione richiedeva processi logici complessi di elaborazione del pensiero ritenuti non programmabili in un elaboratore elettronico, ma realizzabili solo dal cervello umano (T.A.R. Campania-Napoli, Sez. I, n. 333/1992, cit.). 157 Sull’onere di immediata impugnazione di tali atti, idonei ad incidere direttamente nella sfera degli interessati, v. per tutte Cons. St., Sez. IV, 17 aprile 2002 n. 2032, in Foro amm.: CdS 2002, 890. In dottrina, amplius, A.M. CORSO, Atto amministrativo presupposto e ricorso giurisdizionale, Padova 1990; F. LUBRANO, L’atto amministrativo presupposto, Roma 1992. 158 Sull’inammissibilità dell’impugnazione di un atto applicativo ove non sia stata altresì proposta impugnazione contro l’atto presupposto, Cons. St., Sez. V, 19 settembre 1992 n. 832, in Foro amm. 1992, 1935. 159 E’ il caso deciso da T.A.R. Sicilia-Palermo, n. 486/1996, cit. 160 Com’è noto, devono ritenersi non immediatamente lesivi, quindi impugnabili solo unitamente all’atto applicativo produttivo della lesione, gli atti presupposti recanti prescrizioni «formulate in modo tale da rendere impossibile verificare, in mancanza di atti ulteriori, se ed in quale misura sarà effettivamente leso l’interesse del privato» (Cons. St., Sez. V, 9 febbraio 1985 n 90, in Foro amm. 1985, 109). 161 Così G. MANDOLFO, op. cit., 1314. 162 U. FANTIGROSSI, op. cit., 56 ss. e 111 ss., secondo cui il software avrebbe addirittura natura provvedimentale. 163 A. USAI, op. cit., 174. 164 A. MASUCCI, L’atto amministrativo informatico, cit., 56 ss. e 103, che ne parla come di un «atto (amministrativo) che pone delle prescrizioni generali ed astratte con le quali l’autorità amministrativa “indirizza” il proprio agire amministrativo, predeterminandone modalità e contenuti»; ID., Atto amministrativo informatico, cit., 227, laddove l’attoprogramma viene definito «”atto-madre” del procedimento decisionale». 165 V. FROSINI, L’informatica e la pubblica amministrazione, in Riv. trim. dir. pubbl. 1983, 484. 25 Quaderni del DAE Rivista di Diritto Amministrativo Elettronico II Edizione Convegno Nazionale - DAE 2003 «una nuova figura di pubblico funzionario, svolgendo il programma (al pari dell’hardware) una funzione di mero ausilio nei confronti dell’amministrazione procedente166. Ci pare che tale obiezione colga nel segno. Se, infatti, il software dovesse qualificarsi come atto amministrativo generale presupposto (tra le tante proposte, ci sembra questa la tesi, in teoria, più facilmente sostenibile vista la generalità ed astrattezza delle prescrizioni contenute effettivamente esternato in forma scritta 168 nel programma informatico167), esso dovrebbe essere , ergo in linguaggio accessibile a tutti i cittadini. Esso, peraltro, sempre in quanto atto generale, dovrebbe essere pubblicato – trovando applicazione l’art. 26 della legge n. 241 del 1990, che impone la pubblicazione, «secondo le modalità previste dai singoli ordinamenti», dei «programmi» e di «ogni atto che dispone in generale […] sui procedimenti di una pubblica amministrazione» –, risultando altrimenti inefficace, con conseguente preclusione delle attività che venissero poste in essere successivamente in base ad esso169. Pubblicazione che, in concreto, assai difficilmente potrebbe essere effettuata. Esclusa la configurabilità del software quale atto amministrativo e, quindi, la sua autonoma impugnabilità, non può che concludersi che i suoi eventuali difetti potranno essere fatti valere solo in sede d’impugnazione dell’atto elettronico finale, in via di illegittimità derivata170. Discorso diverso va fatto per le regole di programmazione del software, che parimenti possono essere illegittime171, ma con riguardo alle quali non sembrano porsi ostacoli alla qualificazione in termini di atti amministrativi. Se si conviene su questo punto, risulta tutto sommato secondario stabilire, caso per caso, che si tratti di atti normativi, generali presupposti o interni perché in tutti i casi essi saranno impugnabili172 ed il problema dell’onere di impugnarli immediatamente ovvero solo unitamente all’atto applicativo dovrà essere risolto in base al già esposto criterio della lesività173, dovendosi comunque escludere, almeno nelle 166 Così A.G. OROFINO, op. cit., 2274-2277, il quale riporta a sostegno della propria tesi la giurisprudenza che non ha mai previsto l’onere di impugnare i programmi informatici, riconoscendo, tutt’al più, natura di atto amministrativo generale alle deliberazioni amministrative preordinate all’impostazione dei programmi stessi, che sono cosa ben diversa. 167 In argomento, amplius, G. DELLA CANANEA, Gli atti amministrativi generali, Padova 2000, passim, spec. 172 ss. e 205 ss. 168 G. DELLA CANANEA, op. cit., 281. 169 G. DELLA CANANEA, op. cit., 278 ss. 170 Sul punto, A. MASUCCI, L’atto amministrativo informatico, cit., 115 ss.; ID., Atto amministrativo informatico, cit., 227. In argomento, amplius, G. PAGLIARI, Contributo allo studio della c.d. invalidità successiva dei provvedimenti amministrativi, Padova 1991. 171 A. MASUCCI, L’atto amministrativo informatico, cit., 121, fa l’esempio di una concessione edilizia che sia stata rilasciata in forza di un’istruzione del programma contrastante con una prescrizione urbanistica e del diniego di un’autorizzazione commerciale basato su un’istruzione del programma che illogicamente pone quale condizione per il rilascio la diminuzione – anziché l’aumento – del reddito della popolazione residente nelle zone in cui doveva essere aperto l’esercizio. 172 Ed infatti, come giustamente nota A. MASUCCI, L‘atto amministrativo informatico, cit., 121-122, è irrilevante che tali istruzioni siano contenute in atti apparentemente interni, trattandosi comunque di atti endoprocedimentali che non esauriscono i loro effetti all’interno dell’amministrazione procedente. Diverso è il caso (prospettato da A.G. OROFINO, op. cit., 2279) in cui gli strumenti informatici vengano utilizzati ai fini dell’adozione di un atto amministrativo che non sia predisposto dall’elaboratore, bensì da un funzionario che si limiti ad utilizzare gli accertamenti svolti dal computer: in tal caso, si tratta di attività a tutti gli effetti interna. 173 Cfr. ad es., con riguardo ad un concorso pubblico, T.A.R. Basilicata, 6 settembre 1994 n. 228, in Foro amm. 1995, 455, secondo cui «la possibilità di utilizzo di apparecchiature elettroniche sposta il momento valutativo dall’esame dell’elaborato del candidato alla formulazione dell’elaborato tipo inserito nella macchina, assicurando in tal modo un 26 Fabio Saitta – Le patologie dell’atto amministrativo elettronico e il sindacato del giudice amministrativo Luglio 2003 controversie aventi ad oggetto atti autoritativi, che all’omessa impugnazione dell’atto presupposto possa supplire il giudice amministrativo disapplicandolo incidenter tantum174. L’annullamento delle regole di programmazione del software, che costituiscono il presupposto necessario unico dell’atto amministrativo ad elaborazione elettronica, determinerà la caducazione automatica di quest’ultimo175, a meno che le regole siano state adottate da altra amministrazione176. E’ evidente, infine, che per esaminare simili atti, ad alto tasso di tecnicismo, e le censure dedotte nei loro confronti, il giudice amministrativo dovrà far uso frequente di tecnici in grado di aiutarlo: la giurisprudenza si è già espressa in tal senso, notando che per la verifica degli errori commessi nell’elaborazione elettronica di un atto amministrativo «si richiede una conoscenza della scienza informatica in tale grado che consenta di valutare il contenuto di quei precetti e la funzionalità delle macchine, considerato il risultato finale a cui la macchina, in perfette condizioni di funzionamento, sia pervenuta dando ad essi esecuzione. E benché il giudice sia «il perito dei periti», tale valutazione non può che essere rimessa al giudizio di esperti consulenti»177. Notevole ausilio dovrebbe, quindi, derivare dall’utilizzo della consulenza tecnica d’ufficio, che meglio si attaglia a tali valutazioni rispetto alla tradizionale verificazione178. 10. Alla luce di quanto sin qui osservato, tirare delle conclusioni è compito tutt’altro che agevole. Esula, inoltre, dall’ambito dello specifico tema di questa relazione qualsivoglia osservazione sull’andamento generale del processo di teleamministrazione179, ossia sullo stato dell’innovazione tecnologica della pubblica amministrazione, peraltro oggetto di frequenti interventi legislativi180. Certo è che la strada da percorrere per diffondere la cultura dello strumento informatico, cioè la consapevolezza delle sue potenzialità e dei suoi limiti, all’interno della pubblica amministrazione è ancora riscontro obiettivo altrettanto certo quale quello che può essere raggiunto dall’esame critico della commissione. Di conseguenza le eventuali censure alla valutazione della commissione vanno in tal caso rivolte nei confronti dei criteri seguiti nella definizione dell’elaborato tipo al pari di quanto avviene quando la commissione predetermina i criteri di massima ovvero la metodologia che intende seguire nelle operazioni di valutazione dei singoli elaborati». Ciò in quanto i «criteri tecnici di valutazione, elaborati dall’azienda che ha fornito il sistema elettronico SAC (sistema automatizzato concorso), sono stati approvati dalla commissione giudicatrice […] che in tal modo li ha resi suoi propri». 174 In tal senso, tra le più recenti, Cons. St., Sez. IV, 7 maggio 2002 n. 2445, in Foro amm.: CdS 2002, 1184. 175 Sulla invalidità c.d. caducante, Cons. St., Ad. plen., 24 luglio 1997 n. 15, in Foro amm. 1997, 1928; più recentemente, T.A.R. Calabria-Catanzaro, Sez. I, 27 febbraio 2002 n. 465, in Foro amm.: TAR 2002, 711; sulla invalidità c.d. viziante, T.A.R Puglia-Bari, Sez. I, 1 agosto 2001 n. 3205, in Giorn. dir. amm. 2001, 1167; sulla distinzione, id., 6 novembre 2002 n. 4837, in Trib. amm. reg. 2003, I, 421. In dottrina, v. per tutti P. VIRGA, Caducazione dell’atto amministrativo per effetto travolgente dell’annullamento giurisdizionale, in Studi in onore di E. Guicciardi, Padova 1975, 687 ss. 176 Cons. St., Sez. IV, 8 luglio 2002 n. 3774, in Foro amm.: CdS 2002, 1641. 177 Cons. St., Sez. VI, n. 152/1995, cit. 178 In argomento, da ultimo, G. PERULLI, La consulenza tecnica d’ufficio nel processo amministrativo, Padova 2002, spec. 82 ss., ed ivi ampie indicazioni dottrinali e giurisprudenziali. Sulla sindacabilità della discrezionalità tecnica, da ultimo, T.A.R. Veneto, Sez. I, 14 novembre 2002 n. 6320, in Trib. amm. reg. 2003, I, 280. 179 Sul tema, da ultimo, M. PERIN, Il processo di digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche, in http://www.giust.it, n. 2/2003. Più in generale, sul progresso tecnologico come fattore storico di trasformazione dei pubblici poteri, cfr. S. AMOROSINO, Le funzioni dei pubblici poteri nazionali nell’era delle reti, in Foro amm. 2000, 3777 ss.. Sui canali telematici come strumento per semplificare il linguaggio amministrativo, infine, A. MAGGIO, La semplificazione del linguaggio amministrativo nella comunicazione attraverso i canali tradizionali e attraverso i canali telematici, in Riv. amm. 2002, 499 ss., con ampi riferimenti alla circolare del Dipartimento della Funzione pubblica 13 marzo 2001, n. 3 (in G.U. 19 marzo 2001, n. 65), contenente le linee guida per l’organizzazione, l’usabilità e l’accessibilità dei siti web delle pubbliche amministrazioni. 180 Si pensi alle recenti disposizioni contenute nell’art. 27 l. 16 gennaio 2003, n. 3. 27 Quaderni del DAE Rivista di Diritto Amministrativo Elettronico II Edizione Convegno Nazionale - DAE 2003 tanta e per completare il cammino è indispensabile, oltre al contributo insostituibile dei tecnici dell’informatica, il coinvolgimento della dottrina e della giurisprudenza amministrativa181: il problema, infatti, «non è tanto quello degli standard tecnologici, quanto quello del “recepimento” della tecnologia nell’ambito del diritto»182. Per quanto attiene specificamente al tema dell’invalidità dell’atto amministrativo elettronico e del connesso sindacato giurisdizionale, è allo stato difficile valutare se sia sufficiente applicare le categorie generali elaborate per l’atto amministrativo tradizionale183 ovvero se debba essere ripensata l’intera teoria della validità ovvero ancora se sia opportuno affiancare alla disciplina generale dell’attività amministrativa che dovrebbe di qui a poco diventare legge vigente alcune disposizioni attinenti in modo specifico all’attività amministrativa elettronica, magari per pervenire all’auspicato «codice della documentazione informatica»184. In sostanza, la sistemazione teorica dell’atto amministrativo in forma automatizzata sollecitata da Masucci dieci anni fa185, è ancora agli inizi, anche se gli sforzi della dottrina nell’approfondimento di questa complessa problematica (di cui questo Convegno annuale costituisce esempio eloquente) hanno già dato buoni frutti, che non possono che costituire uno stimolo per il futuro. 181 182 183 184 185 G. DUNI, L’illegittimità diffusa, cit., 14. M. (ANLIO) C. (AMMARATA), Verso gli standard per le firme elettroniche, in http://www.interlex. Così A.G. OROFINO, op. cit., 2280. M. CAMMARATA, Per la firma digitale si ricomincia da tre, in http://www.interlex. A. MASUCCI, L’atto amministrativo informatico, cit., 14-15. 28