Le imposte sui redditi di impresa Massimo D’Antoni Anno Accademico 2012-2013 La tassazione del reddito di impresa L’impresa al centro del processo di creazione di ricchezza L’impresa è al centro di quasi tutti i flussi reali e finanziari relativi all’attività produttiva. Vendita beni e servizi Acquisti materie prime Prestazione lavoro Capitale di debito Capitale di rischio Reinvestimento utili Ricavi (fatturato) Pagamenti ai fornitori Salari e stipendi Oneri finanziari Utile distribuito Plusvalenze Iva vendite, accise Iva acquisti, accise Irpef, contributi sociali, Irap Irap, imposte sostitutive Ires (Irpef), Irap, I.sost./Irpef Ires, I.sost. Tassazione del capitale investito nell’impresa I La tassazione dell’utile è una forma di tassazione dell’impiego di capitale I L’utile comprende, oltre alla remunerazione del capitale, anche una componente di “rendita” (remunerazione di fattori non riproducibili) In alcuni casi (imprese di piccole dimensioni) non è facile distinguere tra remunerazione del lavoro dell’imprenditore e remunerazione del capitale I I Il problema si è posto nei paesi scandinavi, che hanno escogitato il sistema della dual income tax I La tassazione in capo all’impresa va coordinata con la tassazione in capo al socio I Perché prevedere una tassazione autonoma delle società di capitali? La tassazione dei redditi di capitale in capo al socio I flussi di risorse in uscita dall’impresa verso i prestatori di capitale sono assoggettati ad imposte in capo al percettore: I Interessi (20%) I Dividendi e plusvalenze da partecipazioni qualificate (in Irpef per il 49,72%) I Dividendi e plusvalenze da partecipazioni non qualificate (12,5%) dove sono partecipazioni qualificate quelle al di sopra di una certa soglia I società non quotate: 25% del capitale oppure 20% voti I società quotate: 5% del capitale oppure 2% voti Se il socio è una società di persone o imprenditore, si applica sempre la regole vigente per partecipazioni qualificate. N.B. Trattamento fiscale differenziato per: I Interessi sui titoli pubblici (12,5%) I Risparmio previdenziale (11%) La tassazione dei redditi di impresa (utile o profitto) Sono redditi di impresa i redditi che derivano “dall’esercizio, in modo abituale anche se non esclusivo, di un’impresa commerciale”. I Escluse imprese agricole, che generano un reddito fondiario e, per attività commerciali occasionali, redditi diversi Tre categorie di imprese residenti: I imprese individuali e familiari I I società di persone I I I se impresa familiare, imputabile ai familiari (coniuge, parenti, affini) fino al 49% del reddito l’impresa non è soggetto passivo: redditi “imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili” (tassati in Irpef) tassazione “per trasparenza”: attribuiti al socio indipendentemente dall’effettiva percezione (anche utili non distribuiti) società di capitali ed enti pubblici e privati I sono soggetti passivi Ires Le imprese non residenti sono soggette a imposta per il reddito prodotto nel territorio italiano (criterio della stabile organizzazione) Distribuzione dei contribuenti per tipologia di impresa Tipo Imprese individuali Società di persone Società di capitali numerosità 58% 23% 19% volume d’affari 7,9% 9,6% 82,5% reddito d’impresa 20,3% 15,20% 64,5% Integrazione tra imposta del socio e della società di capitali Sistema della tassazione per trasparenza utile imputato pro quota al socio e tassato come reddito nell’imposta personale Sistema classico tassazione del socio e dell’impresa sono indipendenti. Doppia imposizione, degli utili in capo all’impresa e degli utili distribuiti in capo al socio. Sistema di imputazione si riconosce al socio un credito per l’imposta pagata in capo alla società I si ricostruisce il valore dell’imposta pagata a monte I si assoggettano a tassazione personale gli utili percepiti aumentati dell’imposta pagata I si riconosce un credito di imposta per quanto pagato dalla società I l’imposta complessivamente pagata sull’utile distribuito corrisponde all’aliquota del socio Sistema dell’esenzione l’utile è tassato solo in capo alla società in cui viene prodotto Applicazione di cedolare ritenuta a titolo di imposta applicata all’utile distribuito (l’imposta non è inclusa nel reddito imponibile) Integrazione tra imposta del socio e della società di capitali I U = utile I τ = aliquota imposta societaria I tp = aliquota imposta personale socio I a = quota utili distribuiti I D = aU(1 − τ) = utili distribuiti I ts = aliquota cedolare Sistema trasparenza classico imputazione esenzione cedolare Società — τU τU τU τU Socio tp U tp D 1 τ tp D 1−τ − D 1−τ — ts D Totale tp U (τ + tp a(1 − τ))U ((1 − a)τ + atp )U τU (τ + ts a(1 − τ))U Evoluzione delle forme di integrazione in Italia I Con l’introduzione dell’Irpeg (1/1/1974) sistema classico I immediatamente (luglio 1974) cedolare del 30%, poi alzata al 50% I dal 1977 al 2003 sistema di imputazione con credito di imposta integrale I dal 1994 introdotta possibilità di optare per cedolare del 12,5% Dal 2004 (Ires): I per partecipazioni qualificate sistema di esenzione parziale: gli utili distribuiti (dividendi) entrano parzialmente (per il 49,72%) nella base imponibile Irpef I per partecipazioni non qualificate sistema cedolare (ritenuta a titolo definitivo del 12,5%) possibilità di applicare il sistema per trasparenza per: I I I società di capitali partecipate da altre società di capitali (ciascuno dei quali ha partecipazione non inferiore al 10%) S.r.l. partecipate da persone fisiche a ristretta base azionaria (max 10 soci, 20 soci se cooperative) e che rientra nel campo di applicazione degli studi di settore Effetti sulla distribuzione dei dividendi Gli utili non distribuiti aumentano il valore del patrimonio netto, e quindi il valore della partecipazione nella società. Rappresentano una plusvalenza per il socio. I Nel sistema con imputazione gli utili non distribuiti sono tassati con l’aliquota societaria τ, che può essere più alta o più bassa di quella del socio, applicata agli utili distribuiti I nel sistema classico e nel sistema con cedolare l’imposta sui dividendi si aggiunge all’imposta societaria, penalizzando la distribuzione degli utili I il sistema dell’esenzione e quello per trasparenza non discriminano tra utili distribuiti e non distribuiti Ma è proprio vero che un’imposta sui dividendi disincentiva la distribuzione degli utili? I perché il socio percepisca l’utile è comunque necessaria una loro distribuzione ai soci, e quindi l’imposta sui dividendi prima o poi si applicherà I in alternativa, il socio può cedere la sua partecipazione: diventa rilevante la presenza di un’imposta sui capital gain Perché una tassazione autonoma delle società di capitali? I Corrispettivo per il beneficio della responsabilità limitata (personalità giuridica) che conferisce una capacità aggiuntiva I Corrispettivo di beni pubblici fruiti dall’impresa nel caso di investitori stranieri (applicazione del principio della fonte, il reddito è tassato dove è prodotto) I “Backstop”: per evitare che i soci possano sfuggire alla tassazione, cosa che potrebbe avvenire nel caso di tassazione dei soli utili distribuiti; vedi anche possibilità di “trasformare” redditi da lavoro in redditi di capitale Ragioni “politiche” I Possibilità di incidere in modo positivo sulle scelte dell’impresa I Minore visibilità dell’imposta, che quindi risulta meglio accettata politicamente L’imposta societaria come “backstop” Backstop = misura di sicurezza I Nella logica del reddito entrata, vorremmo imputare al socio il reddito conseguito nell’ambito dell’attività di impresa nel momento in cui esso matura; I in linea di principio possibile immaginare di tassare per trasparenza; I problemi di liquidità (analoghi a quelli che si possono avere con tassazione patrimoniale o tassazione dei capital gains alla maturazione) sconsigliano una tassazione del socio se questi non percepisce effettivamente gli utili; I se utili tassati in capo al socio solo quando distribuiti e in assenza di imposta societaria, i soci potrebbero usare la società come “scudo” ai propri incrementi di ricchezza, differendo la tassazione fino alla distribuzione; → tassiamo gli utili in capo alla società come misura di sicurezza, funziona come una sorta di ritenuta Integrazione imposte società/socio nella logica del “backstop” I Tassare in capo alla società soltanto gli utili non distribuiti, e quindi ammettere in deduzione i dividendi; I I I ma questa soluzione non viene mai adottata (si tassano in capo alla società anche gli utili distribuiti) — possibile spiegazione: la volontà di tassare redditi percepiti da investitori stranieri variante: tassare utile ma restituire l’imposta alla società quando pagati dividendi a soci residenti Imputazione (credito di imposta concesso al socio) I I svantaggio: annulla l’effetto di eventuali agevolazioni fiscali a livello societario inoltre, gli investitori esteri non godono del credito: costoso per l’impresa approvvigionarsi di capitali all’estero Queste soluzioni vanno bene per i dividendi, ma in presenza di imposta sui capital gains c’è doppia imposizione società/socio sugli utili non distribuiti. Ulteriore soluzione che risponde a questo problema: I esenzione (o tassazione blanda) di dividendi e capital gains in capo al socio I svantaggio: non c’è integrazione con imposta personale del socio Un’alternativa più radicale: tassare il consumo La nozione di reddito consumo si differenzia da quella reddito entrata per l’esenzione del risparmio. Il reddito risparmiato verrà tassato al momento in cui si trasformerà in consumo. I Operativamente, si consente di dedurre dall’imposta sul reddito i versamenti in “conti registrati”, mentre si tassa ogni prelievo da tali conti I Il sistema è equivalente, in termini attuariali, a esenzione dei redditi di capitale (interessi, dividendi, capital gains ecc.) I Tale modalità alternativa (esenzione de redditi di capitale) è tuttavia vulnerabile all’elusione fiscale: incoraggia la trasformazione di reddito da lavoro in reddito di capitale non tassato I Nota bene: l’equivalenza è in termini attuariali, ma il profilo temporale delle imposte è diverso (differimento dell’imposta) Confronto tassazione del reddito entrata / consumo caso A tassazione del reddito entrata (lavoro e capitale) caso B tassazione del reddito consumo (deduzione del risparmio dall’imponibile, ma tassati i prelievi nel II periodo) caso C tassazione del reddito da lavoro / esenzione del reddito da capitale Illustriamo l’equivalenza tra casi B e C: Reddito R Risparmio S Imposta 20% Consumo C1 Interesse 10%S Imposta 20% Prelievo Imposta 20% Consumo C2 I A 1000 400 200 400 40 8 432 — 432 B 1000 500 100 400 50 — 550 110 440 C 1000 400 200 400 40 — 440 — 440 Nota bene: il valore attuale delle imposte nei casi B e C è il medesimo Tassazione del consumo e impresa: il cash flow A livello di impresa, l’imposizione sul reddito/consumo è coerente con un’imposta sul cash flow (flussi di cassa), con base imponibile: Ricavi − Costi operativi − Investimenti laddove la tassazione sul reddito di impresa ha come base imponibile: Ricavi − Costi operativi − Ammortamenti − Oneri fin. La piena e immediata deducibilità degli acquisti di capitale è analoga alla deduzione del risparmio effettuata a livello personale. Essa presenta I Vantaggi: tassar il cash flow è neutrale rispetto alle decisioni di investimento (vedi oltre) I Svantaggi: rispetto alla tassazione dell’utile determina nell’immediato una perdita di gettito (investimenti immediatamente deducibili) L’imposta sul cash flow consente di tassare il reddito ottenuto nell’ambito dell’attività di impresa prima che sia trasferito al socio. I Tale reddito sfuggirebbe alla tassazione se la partecipazione nell’impresa non fosse un “conto registrato”. Tassazione del consumo e rendita I Si consideri il caso in cui il rendimento ottenuto da uno specifico investimento è superiore al tasso di sconto di mercato (costo opportunità del capitale). I Nel rendimento di un investimento distinguiamo tra una componente “normale”, pari al costo opportunità del capitale, e un’eccedenza che corrisponde alla nozione di rendita economica. I La presenza di una componente di rendita economica dipende normalmente dal fatto che quell’investimento beneficia di fattori non riproducibili (una particolare localizzazione, l’uso di risorse naturali esclusive, una superiore capacità organizzativa, un’innovazione). I La tassazione del consumo non equivale (dal punto di vista attuariale) all’esenzione del reddito di capitale. La tassazione sul reddito/consumo equivale ad un’esenzione della componente normale del reddito di capitale, ma la rendita economica viene assoggettata a tassazione. → vedi esempio Tassazione del consumo e rendita: esempio caso B tassazione del reddito consumo caso C tassazione del reddito con esenzione del reddito di capitale caso D tassazione del reddito con esenzione del costo opportunità del capitale (rendimento “normale” del capitale) Rendimento dell’investimento 20% / rendimento di mercato 10% Reddito R Risparmio/Invest. S Imposta 20% Consumo C1 Rendimento 20%S Imposta 20% Prelievo Imposta 20% Consumo C2 Imposta capitalizzata (10%) Consumo capitalizzato (10%) B 1000 400 120 480 80 — 480 96 384 228 912 C 1000 400 200 400 80 — 480 — 480 220 920 D 1000 400 200 400 80 8 472 — 472 228 912 Il caso B e il caso C non sono più equivalenti. Il caso B è equivalente al caso D in cui si assoggetta a tassazione l’utile che eccede il rendimento normale. L’imposta sul cash flow come tassazione della rendita I Quanto detto per la tassazione del reddito/consumo vale anche per la tassazione del cash flow a livello societario: essa assoggetta a tassazione l’utile che eccede la remunerazione del capitale. Oltre alla rendita, esso comprende: I I I I remunerazione del rischio remunerazione dell’imprenditore remunerazione dell’innovazione Esiste un’imposta simile? L’Iva è un’imposta sul cash flow dell’impresa + remunerazione del lavoro (salari e stipendi) Base imponibile Iva = Ricavi−(Costi operativi−Costo lavoro)−Investimenti I Si può ottenere lo stesso risultato con un’imposta dell’utile? È possibile, ma dobbiamo calcolare correttamente il costo del capitale, che include: I I I deprezzamento (costo di rimpiazzo del capitale) oneri finanziari (andrebbero valutati al netto dell’inflazione) costo opportunità dell’equity (COE) L’Ires La determinazione del reddito di impresa ai fini fiscali Presupposto possesso di redditi in denaro o in natura da parte dei seguenti soggetti passivi: I Società per Azioni (S.p.a.), I Società in accomandita per azioni (S.a.p.a.), I Società a Responsabilità limitata (S.r.l), I Società cooperative residenti nel territorio dello Stato I Enti pubblici e privati diversi dalle società Base imponibile reddito complessivo di qualsiasi fonte e tipologia (es: redditi di capitale, redditi di fabbricati, ecc.) I Tipologia principale è il reddito d’impresa = Utile/perdita risultante dal conto economico (codice civile) corretto per tener conto delle variazioni in aumento e in diminuzione previste dalla normativa fiscale normativa simile per le società di persone (IRPEF) I Possibile riportare le perdite in avanti (non oltre il 5° esercizio) Aliquota 27,5% Determinazione del reddito di impresa ai fini IRES Componenti positivi Ricavi e plusvalenze Rimanenze Dividendi Interessi attivi Sopravvenienze Proventi immobiliari Componenti negativi Acquisti di beni e servizi Costo del lavoro Minusvalenze patrimoniali Interessi passivi Oneri fiscali e contributivi Accantonamenti Ammortamenti Principi generali (rif. art. 109 del TUIR): Principio della competenza economica “i ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi . . . concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza” Principio di certezza “i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare concorrono a formarle nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni” Componenti positivi I Principi specifici per componenti positivi Irrilevanza della mancata imputazione al conto economico “concorrono a formare il reddito anche se non risultano imputati al conto economico” I Principi specifici per componenti negativi Principio di inerenza “deducibili solo se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito” Principio dell’imputazione al conto economico “non sono ammessi se e nella misura in cui non sono imputati al conto economico relativo all’esercizio di competenza” Ma dal 2003 esclusi da questo principio accantonamenti e ammortamenti, che sono deducibili anche se iscritti a conto economico per valore inferiore. Motivo: evitare che oneri fiscali possano “inquinare” il bilancio civilistico. Componenti positivi I Ricavi e plusvalenze Proventi derivanti da: I I I cessioni a titolo oneroso consumo dell’imprenditore, familiari o soci risarcimento assicurativo in caso di perdite o danni di beni materiali e immateriali di pertinenza dell’impresa. Sono ricavi se il bene è parte dell’attivo circolante, plusvalenze se parte dell’attivo immobilizzato (beni strumentali, immobili, attività finanziarie). I Plusvalenza = differenza tra corrispettivo di cessione e costo non ammortizzato I I tassate con il criterio della realizzazione I I possibile imputarlo a reddito di impresa in quote costanti su max 4 esercizi se bene posseduto da almeno 3 anni possibili rivalutazioni monetarie autorizzate con specifiche leggi, per evitare eccessiva incidenza dell’inflazione plusvalenze su partecipazioni azionarie sono esenti al 95% se percepite da società assoggettate a IRAP (esenti al 60% se assoggettate a imposta personale) Componenti positivi I Rimanenze di prodotti finiti e beni intermedi Il legislatore pone un limite inferiore alle rimanenze, per evitare un rinvio dell’imposta agli esercizi futuri. I I I I I il criterio generale è quello del costo specifico (costo di acquisto o produzione del singolo bene) per beni fungibili e titoli, possibile ricorrere al LIFO (prezzi più lontani nel tempo) o FIFO o costo medio ponderato (se adottati in bilancio) possibile ricorrere al valore di mercato se si ottiene valore inferiore se c’è inflazione conviene il LIFO N.B. la differenza tra rimanenze finali e consistenze finali può essere negativa Dividendi I I Per trasparenza e per competenza se erogati da società di persone per cassa con esenzione parziale se erogati da società di capitali I I esenzione del 95% se percettore è soggetto IRES esenzione al 60% se percettore è società di persone o impresa individuale Componenti negativi I I Acquisti di beni intermedi e servizi Per le spese relative a più esercizi è fissato per legge (art. 108) il numero di esercizi su cui ripartirle. Esempi: R&S (opzionale deduzione immediata), pubblicità, rappresentanza Costo del lavoro I I I I Minusvalenze patrimoniali e sopravvenienze passive Come per plusvalenze e sopravvenienze attive, vale il princpio di realizzazione, con alcune eccezioni: I I I Criterio di competenza (ma per cassa i compensi agli amministratori) limitazioni per compensi in natura compenso ai familiari non deducibili nelle imprese familiari (compenso al coniuge e figli minori non deducibili per imprese individuali) per minusvalenzee su obbligazioni, anche in valuta, vale maturazione non deducibili minusvalenze su cessione di partecipazioni esenti (vedi plusvalenze) Interessi passivi Alcuni vincoli alla deducibilità, vedi oltre Componenti negativi I Oneri fiscali e contributivi deducibili con qualche eccezione: Ici e Irap (dal 2012 è deducibile la quota di Irap corrispondente al costo del lavoro) I Accantonamenti Solo quelli richiamati dalla norma (previdenza e quiescienza, TFR, per rischi su crediti. . . ) I Ammortamenti ordinario in quote costanti, secondo coefficienti fissati dal Ministero per categorie di beni (inizia l’anno di entrata in funzione del bene, e per il primo anno è al 50%) accelerato è possibile un aumento delle quote in proporzione a più intensa utilizzazione, purché sia documentato anticipato possibile incremento delle quote fino a due volte, sono un’agevolazione concessa dall’amministrazione fiscale (ma non più previsti da Finanziaria 2008!) integrale per cassa per beni fino a 516,46 C I Perdite es. su crediti inesigibili La deducibilità degli interessi passivi Perché porre delle limitazioni? thin capitalization i soci conferiscono capitale sotto forme di prestito invece che aumenti di capitale; gli interessi percepiti, diversamente dai dividendi, sono deducibili, e godono di un trattamento migliore dei dividendi in capo ai soci Rimedio: indeducibilità degli interessi passivi corrisposti a soci qualificati quando detengono capitale di debito superiore a 4× capitale proprio (partimonio netto) di pertinenza del socio Tassazione dei gruppi societari: il consolidato fiscale Dal 2004: consolidato fiscale, finalizzato a I determinare un’unica base imponibile in capo alla società capogruppo I l’imponibile è pari alla somma algebrica degli imponibili delle società appartenenti al gruppo I la capogruppo è tenuta al pagamento unificato dell’imposta I consentita, come opzione, alle società con rapporti di partecipazione diretta e indiretta della controllante superiore al 50% del capitale sociale della controllata Quali finalità? I Consentire la compensazione, ai fini fiscali, di utili e perdite delle società partecipate per ridurre il carico fiscale complessivo I consentendo la compensazione dei risultati negativi e positivi, controbilancia gli effetti dell’indeducibilità delle perdite su partecipazioni conseguente al regime di participation exemption N.B. L’opzione per il regime della trasparenza tra società di capitali (che consente compensazione di utili e perdite) serve ad estendere un analogo regime alle società che non costituiscono un gruppo