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05/07/2002 |
Alcolismo
Indicando la dipendenza fisica e psichica dall'alcol (più precisamente dall'etanolo), il termine alcolismo
rimanda a un problema di ordine sociale e culturale. Il consumo eccessivo e prolungato di questa sostanza
psicoattiva comporta l'assunzione di comportamenti devianti rispetto alla norma e al ruolo che la società
assegna agli individui, di cui può distruggere le reti di relazioni, la personalità e la salute. Secondo la
definizione medica attuale, si deve considerare superata la soglia critica fra il consumo di alcol consapevole,
accettato sul piano sociale, e l'alcolismo come malattia quando il consumo giornaliero di alcol supera gli 80 g
di etanolo puro per l'uomo e i 50 g per la donna. L'alcolismo ha assunto e assume tuttora connotati multiformi
e diversificati, in quanto il termine può comprendere le forme di dipendenza e i modelli di comportamento più
diversi: dal consumo nascosto, invisibile e tabuizzato ma incoercibile, all'eccesso di consumo a carattere
fortemente dimostrativo all'interno di gruppi, alla grave ubriacatura accompagnata da ebbrezza e perdita di
ogni controllo personale.
1 - Consumo di alcol e processo di industrializzazione
L'alcolismo è un problema specificamente moderno, legato alla diversificazione sociale e alla divisione del
lavoro proprie delle società complesse dell'epoca industriale; l'interpretazione del fenomeno ha subito
continue modifiche a seconda dei rapidissimi mutamenti sociali. Le fonti storiche mostrano come già nella
vecchia Conf. fossero diffuse e apprezzate bevande fermentate quali il vino, il sidro e la Birra, nonché prodotti
distillati (spec. grappa di frutta e Acquavite). Le leggi suntuarie e i divieti relativi alle pratiche di distillazione
delle bevande alcoliche, emanati dalla pubblica autorità, costituirono fino alla fine del Settecento uno degli
aspetti della regolamentazione del comportamento dei sudditi imposta dai "magnanimi signori"; ma la
"questione dell'alcolismo" come poi si pose nel XIX e XX sec. non esisteva ancora. Il passaggio a una
problematizzazione più ampia dell'alcolismo fu la conseguenza di un insieme di fattori concomitanti: un nuovo
comportamento nel consumo di bevande, un approfondimento del grado scientifico delle conoscenze
sull'alcol, una nuova percezione dei problemi sociali. L'introduzione, nel decennio 1770-80, della patata
nell'alimentazione popolare consentì un rapido aumento della produzione di acquavite. Dopo il 1815 diversi
fattori (riforma agraria, annate favorevoli con eccedenze produttive, diffusione di tecniche semplificate di
distillazione) furono alla base dell'allargarsi del consumo del cosiddetto Härdöpfeler (a base di patate) in
numerose regioni sviz., sia in campagna sia nei centri urbani in via di affermazione. Sul lungo periodo, furono
soprattutto le condizioni di vita e di lavoro della società industriale a favorire il consumo di acquavite, che
divenne popolare come surrogato alimentare in quanto considerato "fluido rinvigorente" (secondo Fridolin
Schuler) facilmente disponibile, poco costoso e legato a un ricco insieme di riti quotidiani. In Svizzera il
consumo medio annuo pro capite di alcol (puro) era relativamente elevato: 14,3 l nel periodo 1880-84, il
primo per cui sono disponibili dati. I sei decenni successivi segnarono un calo, con un minimo storico di 7,8 l
negli anni 1939-44. Dopo la seconda guerra mondiale lo sviluppo della società dei consumi provocò un nuovo
aumento; nel periodo 1970-75, in condizioni sociali radicalmente mutate, il consumo medio annuo era salito a
11 l pro capite. Per una valutazione adeguata della problematica dell'alcolismo va inoltre rilevato come il
consumo di alcol non fosse ripartito in misura equilibrata: il 10% ca. dei bevitori consumava ca. la metà della
quantità totale; tali disparità erano più vistose nella Svizzera ted. piuttosto che nella Svizzera franc. e nella
Svizzera it., dove diversa è la cultura del bere.
2 - Questione alcolica e teorie degenerative
Il termine alcolismo, così come quello di delirium tremens, entrò nel lessico corrente intorno alla metà del XIX
sec. e sostituì espressioni precedenti come "vizio del bere" e simili. Insieme al nuovo termine, più razionale e
con una connotazione medica, si affermò anche un concetto nuovo di norma e di normalità, che consentì di
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vedere nell'alcolismo una anomalia del comportamento e quindi una deviazione che poteva anche venir
corretta adottando terapie specifiche o evitabile attraverso una adeguata prevenzione. Ancora oggi tuttavia la
definizione scientifica di alcolismo come malattia coesiste con modelli interpretativi precedenti di natura
morale (associazione tra alcolismo e peccato o mancanza di volontà). L'alcolismo non è mai stato unicamente
oggetto di una diagnosi obiettiva: è anche un concetto-chiave del dibattito attorno alle grandi questioni sociali
poste dalla società industriale. La storia dell'alcolismo si è occupata molto più di modelli negativi, stereotipi
sessuali, idee di normalità che non della vita reale e delle difficoltà esistenziali di coloro che dipendevano
dall'alcol. Il ruolo marginale avuto dalle donne nel dibattito sull'alcolismo riflette non solo abitudini di consumo
diverse, ma anche la prospettiva maschilista con cui era visto l'insieme del problema. Ogni discorso sull'alcol
rivela, più o meno vistosamente, le tracce della fondamentale insicurezza delle élite politiche ed economiche
riguardo alle prospettive future della società industriale dominata dall'idea di progresso. Sullo sfondo
inquietante delle teorie degenerative e della critica alla civilizzazione, il consumo eccessivo di alcol era
associato al sentimento collettivo di minaccia e a timori di declino. La grande frequenza con cui si parlava di
"ondate" e di "epidemie" nel consumo di acquavite corrisponde a una drammatizzazione del problema e non
deve essere confusa con l'evoluzione del consumo di bevande oggettiva e misurabile empiricamente.
3 - Movimento antialcolico e riforma sociale: dalla temperanza all'astinenza
L'alcolismo fin dall'inizio fu un concetto messo in relazione con il termine suo contrario, l'"antialcolismo", e la
"libertà dall'alcol". Con la formazione di un movimento antialcolico, sostenuto dai ceti medi e alti ma radicato
anche nel movimento operaio, si cercò di divulgare le nuove conoscenze sull'alcol e di legarle a obiettivi di
politica sociale. La "crociata simbolica" (Joseph Gusfield) contro l'alcol come "male ereditario del proletariato"
portava con sé importanti elementi per una riforma sociale e rappresentava, nel contempo, una nuova tecnica
di disciplinamento. A partire dal periodo 1880-90 il movimento della sobrietà o Temperanza, nato mezzo sec.
prima, cedette progressivamente il terreno a un'idea rigorosa di astinenza; in questa direzione ottennero
apprezzamenti intern. i contributi di studiosi sviz. o che insegnavano in Svizzera, fra cui in particolare Auguste
Forel e Gustav von Bunge. Anche in Svizzera la lotta contro l'alcol si sviluppò nel contesto del dibattito,
dominante a livello europeo, sull'eugenetica e sulla purezza razziale: si trattava soprattutto di proteggere il
cosiddetto "corpo sociale sano" da "elementi inferiori". Il movimento di astinenza dall'alcol venne sostenuto
sul piano organizzativo dalla Croce Blu (dal 1877), dal movimento dei Buoni Templari (dal 1892), dalla Lega
sviz. di astinenti catt. (dal 1895) e dalla Lega socialista di astinenti (dal 1900), ass. orientate in primo luogo
verso riforme sociali. Un pragmatismo analogo caratterizzava il movimento per i ristoranti senz'alcol,
promosso da donne borghesi, che con i suoi successi attirò l'attenzione intern.; nel 1902 venne fondata anche
una lega sviz. di donne astinenti.
4 - Legislazione sull'alcol e approcci terapeutici
Su sollecitazione della Soc. sviz. di utilità pubblica, provvedimenti legislativi affiancarono e sostennero dal
1850 ca. gli sforzi del movimento antialcolico. Dopo essere state sottoposte ad approvazione popolare,
vennero introdotte la "decima sull'alcol" (1885) e la Regia fed. degli alcool (1887). La legge del 1887 sull'alcol
si riferiva tuttavia unicamente alle acqueviti di patate o cereali. Nel 1908, dopo un acceso dibattito, fu
accettata l'iniziativa popolare per il divieto dell'Assenzio; nel 1929, viceversa, un'altra iniziativa a carattere
proibizionista venne respinta. Le nuove norme costituzionali (1930) e legislative (1932), che riguardavano
anche le acqueviti di frutta, crearono le condizioni e il quadro giur. per la regolamentazione fiscale e
commerciale delle bevande alcoliche distillate; sottoposte in diverse occasioni a revisione, sono tuttora in
vigore. Tale legislazione, tuttavia, a lungo termine non riuscì a raggiungere il suo scopo originario (la
riduzione del consumo di alcol): lo sviluppo della società dei consumi nel dopoguerra ha mostrato come le
motivazioni e le ragioni del consumo di alcolici sono suscettibili di forti cambiamenti e non possono essere
controllate con i soli strumenti legislativi. Parallelamente alla crisi delle org. antialcoliche tradizionali, si è
delineata una tendenza alla specializzazione e professionalizzazione dell'approccio interpretativo, preventivo
e terapeutico. Concetti come Alcolisti Anonimi, co-alcolismo, psicoterapia e consulenza in ambito fam. o
aziendale indicano come si possa attualmente affrontare in modo adeguato la situazione complessa formatasi
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negli ultimi 40 anni, in cui coesistono il consumo di alcol dovuto al benessere e quello problematico.
Riferimenti bibliografici
Bibliografia
– F. Schuler, Über die Ernährung der Fabrikbevölkerung und ihre Mängel, 1882
– F. Schuler, Die Ernährungsweise der arbeitenden Klassen in der Schweiz und ihr Einfluss auf die Ausbreitung
des Alkoholismus, 1884
– M. Mattmüller, Der Kampf gegen den Alkoholismus in der Schweiz, 1979
– J. Tanner, «Die "Alkoholfrage" in der Schweiz im 19. und 20. Jahrhundert», in Zur Sozialgeschichte des
Alkohols in der Neuzeit Europas, a cura di W. H. Fahrenkrug, 1986, 147-168
– P. M. Furlan, R. L. Picci, Alcool alcolici alcolismo, 1991
– J. Gusfield, «Benevolent Repression: Popular Culture, Social Structure, and the Control of Drinking», in
Drinking: Behavior and Belief in Modern History, a cura di S. Barrows, R. Room, 1991, 399-424
– H. Spode, Die Macht der Trunkenheit, 1993
Autrice/Autore: Jakob Tanner / vfe
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