Incontro Intercomunitario Delegazione Centro-Sud-Isole
Arghilla, 26-29 gennaio 2012
LA PREGHIERA DI GESU’ NEL CUORE DEL CARISMA
Gv 17,1-26
«La gloria di Gesù sta nell’adempimento della volontà del Padre, che è l’unità di tutti nel suo
cuore paterno. E questo è lo scopo della vita di Gesù. (...) Rileggete quella stupenda preghiera, voi
sentirete che lui non sospira che questo. Ed è il sospiro della nostra piccola Opera: appunto perché
vogliamo glorificare il Padre, per questo vogliamo l’unione”
«La Santa Chiesa... ha approvato definitivamente le Costituzioni della nostra Congregazione, di cui
la Preghiera di Gesù è il cuore»
PREMESSA
Questo incontro intercomunitario si colloca entro il cammino formativo che la nostra famiglia
religiosa sta compiendo e, che ci porterà, con l’aiuto di Dio, a celebrare il I° Centenario della grazia
straordinaria che lo Spirito offri alla nostra Madre, durante la processione eucaristica del Corpus
Domini 1913. Essa rappresenta per noi il seme nuovo che ci ha fatto nascere ed esistere nella
Chiesa, perché se la vita è spesso paragonata al fiore o alla pianta, che riempie l’aria col suo
profumo ed affascina gli occhi con i suoi colori, la sua origine é nel seme che viene nascosto nella
terra e nelle radici che trattengono l’albero, da cui senza posa trae l’alimento vitale per realizzare la
festa delle stagioni. E’quindi motivo di gioia e di ringraziamento per noi l’arrivo di questa data e
opportunità per prendere consapevolezza della sfida che essa rappresenta per la nostra vita.
Il tema che il Consiglio Generale ci ha dato per fare questo cammino e prepararci adeguatamente a
questo evento di grazia è espresso, come tutte sappiamo, con le seguenti parole della Fondatrice ed
ha sapore di identità carismatica: ”essere Processione di Dio tra gli uomini”. Si tratta del dono di
Dio che incessantemente giunge a noi, si rinnova nell’Eucaristia ed segno efficace dell’Amore
totale con cui Gesù ci ha amato fino a dare la sua vita per noi e che é destinato ad essere portato e
riversato sugli altri. Diceva il Professore Paolo Ricca all’incontro intercomunitario di Roma:
“…E’ perché Dio è proceduto dall’eternità nel tempo, dalla divinità nella umanità, è da questa
processione di Dio verso di noi che è nata la Chiesa. Essere “Figlie della Chiesa significa essere
figlie della processione di Dio fra gli uomini… Dio è proceduto fino a noi. Perciò “essere
processione di Dio tra gli uomini” significa molto semplicemente mettersi nella scia della
processione che Dio ha iniziato con la venuta di Gesù suo Figlio…”
Per stare con Gv 17 potremmo dire ripetendo le parole di Gesù: “L’Amore con il quale mi hai
amato sia in essi ed io in loro” Attraverso Gesù, il Padre e lo Spirito ci immettono nella loro scia e
ci partecipano la loro vita, in modo da fare di noi piccoli sacramenti di incontro fra Dio e gli
uomini.
La processione, infatti, è un segno della condizione della Chiesa, popolo di Dio in cammino che,
con Cristo e seguendo Lui, consapevole di non avere in questo mondo una stabile dimora e vita
propria, marcia per le vie di questo mondo verso la Gerusalemme celeste, annunciando il Vangelo
della salvezza e partecipando a tutti coloro che lo vogliono, la vita divina ricevuta in dono.
Portare in noi, vivere di questo dono che Dio ci ha fatto é condizione indispensabile per essere
Processione di Dio tra gli uomini.
1
INTRODUZIONE
Giovanni 17 é la grande preghiera sacerdotale di Gesù, detta nel Giovedì Santo, al termine della
cena pasquale e dell'istituzione dell'Eucaristia ed è, come tutte sappiamo, una delle pagine più alte
di tutta la Bibbia. Già questa mattina avete potuto addentrarvi, con l’aiuto di Don Santoro, nella
ricchezza dei contenuti di questa stupenda preghiera di Gesù al Padre. Quello che ora ci viene
proposto è di vederla in rapporto al nostro carisma o meglio come cuore del carisma, perché da essa
diceva la Fondatrice, la nostra famiglia religiosa ha tratto ispirazione e vita.
Prima di considerare alcune fonti, per cercare di comprendere come questa parola evangelica è il
cuore del carisma e come la nostra Fondatrice ci da questa testimonianza, mi sembra importante
introdurre questo tema, riflettendo insieme sull’importanza che per ogni carisma, per ogni fondatore
e per ogni famiglia religiosa ha, la parola evangelica, che appunto diventa il fondamento o il cuore
di tutto il resto.
Il sorgere dell’ispirazione di una famiglia religiosa è preparato da un cammino che rende innanzi
tutto la persona del Fondatore docile all’azione dello Spirito e sempre più sensibile verso
determinati aspetti del Mistero di Cristo e della situazione ecclesiale e sociale del suo tempo. La
nostra Madre ci descrive questa azione di Dio e la sua esperienza dello Spirito come una nuova
nascita, in Sapienza del Cuore leggiamo: ”Ogni tua grazia è un natale. Una possibilità nuova di
riceverti. Un dilatarsi nuovo della bocca perché Tu la riempia, una apertura più ampia dello
spirito, perché Tu lo ricolmi di te”.
L’azione dello Spirito nella persona dei fondatori si rivela sempre in funzione cristologia ed
evangelica, cioè l’ispirazione o la grazia delle origini ha sempre come oggetto il Mistero di Cristo e
il suo messaggio evangelico e salvifico.
La nostra Madre, Maria Oliva si esprime così quando narra la sua esperienza personale:
“…compressi tutto il mistero del cristianesimo in un attimo” “Capii Gesù, ebbi un idea chiarissima
del Corpo Mistico” Oppure in funzione evangelica dice di aver appresso Gv 17: “Padre, ti prego che
tutti siano una cosa sola”, in Piazza del Giorgine di Castelfranco, il giorno del Corpus Domini.
Questo fatto lo trovo molto significativo perché l’azione illuminativa, se da una parte porta il
fondatore, ( la fondatrice nel nostro caso), a vivere il Vangelo nella sua globalità e ad aderire a
Cristo nella sua totalità, dall’altra, si incentra soprattutto su una dimensione dell’inesauribile
mistero di Cristo che il fondatore é chiamato a mettere in luce, a riprodurre personalmente e, tramite
la sua famiglia religiosa, riproporre alla Chiesa.
Così nella lettura che egli compie della parola di Dio, mette in luce quella tale parola o aspetto che
acquista una singolare e incisiva risonanza nella propria vita e che diventa fonte di ispirazione per
l’opera che è chiamato a creare, trovando in quella parola una forma espressiva concreta e attuale di
realizzare la propria vocazione. Ugualmente nella conformazione a Cristo, un aspetto della sua vita
e del suo mistero acquista maggiore intensità.
Il fondatore considera quel passo evangelico o a volte un insieme di passi tra loro collegati, come la
“perla preziosa”,”il tesoro” a lui svelato in modo privilegiato. Sente di comprenderlo con una
modalità originale, unica e che la sua famiglia religiosa è chiamata a rivivere con intensità propria.
Come potrebbe essere espresso in termini biblici il nostro carisma? O meglio quale il fondamento
biblico di esso, che la fondatrice ha sempre cercato di trasmetterci ed è così forte nel primo statuto?
Io avevo tentato di esprimerlo nella mia tesina, ma so che è incompleto e meriterebbe uno studio
più accurato: Avevo scritto cucendo i testi che più ritornano nella Madre: “ Le Figlie della Chiesa
vogliono glorificare il Padre, perché questo fu l’intenso sospiro di Gesù, ed è l’incessante sospiro
della Chiesa. Lo glorificheranno compiendo l’opera stessa di Gesù Cristo, che il Padre ha loro
assegnato come membra di Lui e che è l’opera comune al Capo e alle membra: l’edificazione di se
stesso nell’amore.
Compiranno quest’opera come la compiuta Cristo che amò la Chiesa e ha dato se stesso per lei; per
questo completeranno nella loro carne ciò che manca alla passione di Cristo per il corpo di Lui,
2
perché la sua Chiesa sia una cosa sola e il mondo creda e si salvi”. (cf Gv 17,21; Ef 5,25; Col 1,24;
Ef 4,13). E’un insieme di testi, forse si potrebbe aggiungere ancora qualche altro, ma la parola
evangelica resta Gv 17.
Su quanto sto dicendo una domanda potrebbe sorgere: guardando tanti istituti nati lungo la storia
della vita religiosa vediamo, che più fondatori sono stati chiamati ad orientare la propria vita attorno
allo stesso mistero della vita di Cristo o ad una sua parola. Cristo che si prende cura degli ammalati,
per esempio è un aspetto comune alle Figlie della Carità, ai Camilliani, ai Fatebenefratelli.
Cristo che annuncia la Buona novella (Claretiani, Oblati di Maria Immacolata ecc.), quante famiglie
religiose sono sorte attorno alla parola del vangelo:”Evangelizzare pauperibus misit me” oppure
all’aspetto di Cristo che benedice i bambini (Scolopi, Maristi, Fratelli delle scuole cristiane,
Salesiani e Salesiane ) per dirne alcuni. Cosi potremmo dire per rivivere Cristo “che contempla sul
monte” riprendendo l’espressione della LG. E all’ora dov’è l’originalità? Ma, nell’insondabile
ricchezza di Cristo, anche all’interno di un determinato aspetto del suo mistero o di una sua parola
ci sono ricchezze inesauribili che possono essere espresse con novità di vita da ciascuno, proprio
perché spinti dallo Spirito. La stessa Parola evangelica può essere intesa e vissuta con sfumature
diverse. L’ispirazione originaria e i successivi interventi di Dio nella vita del Fondatore o della
Fondatrice, fanno si che, quella parola o quel aspetto particolare faccia sbocciare una nuova via
evangelica nella chiesa,con la sua propria originalità e stile di vita.
Mi è sembrato opportuno fare questa introduzione, perché possiamo cogliere con più chiarezza e
consapevolezza il nostro proprio.
1. La preghiera di Gesù nel cuore del carisma
La nostra Fondatrice ha gustato profondamente il mistero della Chiesa e dal giorno della “grazia di
Castelfranco”, il 22 maggio 1913, possiamo dire con le sue parole, l’ha contemplata come mistero
di unità in Dio nel già della Vita eterna comunicata a noi fin da questa vita e insieme come “sospiro
di Gesù” nel cammino della storia.
In una delle testimonianze che riguarda la grazia delle origini, descrivendo anche il momento
importante per il carisma dell’esperienza di Portolo e l’incisione o il dipinto che ha fatto sul
Tabernacolo della parrocchia cosi si esprime: “Lasciai portolo ancora più fortificata dall’esperienza
della sofferenza dell’esilio…(Lì) avevo potuto pulire e dipingere il Tabernacolo e dipingere ciò che
avevo appreso in Piazza del Giorgine di Castelfranco, il giorno del Corpus Domini: “Padre, ti prego
che tutti siano una cosa sola” come era diventata l’ansia e il sospiro della mia vita!”( testimonianza
1938)
Mi ha sempre colpito profondamente, come vi dicevo anche prima, questa affermazione della
Madre, cioè che la conoscenza e l’esperienza della Chiesa comunione, della Chiesa come Mistero
di unità l’ha già appresa nella grazia di Castelfranco ed esprime questa realtà con il testo di Gv 17.
Le fonti sono abbondanti al riguardo, direi abbondantissime.
«Oh se il mondo comprendesse che noi siamo Uno con Gesù e col Padre e che il nostro gaudio è
veramente pieno”1. «Sapesse ciò che io sento pronunciando le solenni parole della nostra
professione di fede “Credo la Santa Chiesa Cattolica”. La Santa Chiesa non è il sospiro di tutti i
sacerdoti com’è stata il sospiro di Gesù»2.
Il sospiro di Gesù è il sospiro della sua vita e dell’Opera3 da lei fondata, “perché il Sangue di Gesù
Cristo non sia stato sparso invano, perché la sua ultima preghiera «ut unum sint» sia presto
esaudita”4.
1
Lettera a Scotti, 2 ottobre 1920, p. 11
Lettera a Scotti, 29 gennaio 1932, p. 29
3
Le Figlie della Chiesa vogliono glorificare il Padre, perché questo fu l’intenso sospiro di Gesù, ed è l’incessante
sospiro della Chiesa. ... non s’acquieteranno .. finché ... non sarà ... appagato così pienamente l’estremo sospiro di
Gesù: «Padre, glorifica il tuo Figlio, sicché il tuo Figlio glorifichi te» 33 Foglietti, 1934, p. 3-4. Rileggete quella
2
3
La preghiera di Gesù al Padre, nel capitolo XVII di Giovanni viene chiamata dalla Fondatrice
contenuto evangelico del nostro spirito5… la parola del Vangelo per noi
Nel primo Statuto, scritto nel 1934 quando ancora la Congregazione non esisteva scrive: «...
pregheranno con la preghiera stessa di Gesù, vasta come Dio e tenera come il suo Cuore» 6. E
a mons. Scotti, nel 1932 aveva detto: «La Preghiera di Gesù dopo la Cena, ch’io non leggo mai
senza piangere, Le dica ciò che sento, ciò che spero, ciò che mi fa tanto felice quaggiù»7.
A Igino Giordani, laico, sposato, già impegnato nella politica quando Madre Maria Oliva lo ha
conosciuto, in una Lettera del 1940 indica la Preghiera di Gesù come il nostro grande libro di
meditazione:
«La preghiera di Gesù è il nostro grande libro di meditazione: glieLa accludo perché desidererei che
la ripetesse con noi quando è realmente Gesù [dopo la comunione]. L’ho scoperta prima delle
Lettere di S. Paolo e non la rileggo mai senza piangere per eccesso di vita. Gesù non poteva, non
poteva chiedere di più. Non chiede anzi: comanda, vuole. Noi possiamo possedere l’Amore col
quale il Padre l’ha amato. Pensi di che onnipotente amore ci ha resi capaci! Di che vita! Basta.
Beati, beati noi! Peccato che molti, troppi, non comprendano nulla, e sia senza numero la massa
degli infelici. Questo è il vero dolore, l’unico mio dolore»8.
Giovanni 17 è infatti una delle pagine bibliche più ricorrenti nei testi della Fondatrice, fino alla fine,
insieme alla frase di Paolo che ci invita a compiere ciò che manca alla passione di Gesù Cristo per il
suo Corpo che è la Chiesa (Col 1,24) e ad Efesini 5,25..
Nelle Costituzioni del 1958 si legge che da questa preghiera “la Congregazione ha tratto ispirazione
e vita” (n. 241). Nella presentazione delle stesse la Madre precisa: «La Santa Chiesa... ha approvato
definitivamente le Costituzioni della nostra Congregazione, di cui la Preghiera di Gesù è il
cuore»9.
Lo ricorda durante l’ultima Settimana di preghiera celebrata su questa terra: «La gloria di Gesù sta
nell’adempimento della volontà del Padre, che è l’unità di tutti nel suo cuore paterno. E questo è lo
scopo della vita di Gesù. (...) Rileggete quella stupenda preghiera, voi sentirete che lui non sospira
che questo. Ed è il sospiro della nostra piccola Opera: appunto perché vogliamo glorificare il Padre,
per questo vogliamo l’unione» 10.
Davvero “«l’ideale che è stato inciso nei nostri tabernacoli: “Pater, rogo ut omnes unum sint”» 11,
dovrebbe, per Madre Maria Oliva essere inciso nei nostri cuori, perché ce lo ricordiamo sempre.
1.1.Lo Spirito nostro nella Chiesa ...sgorga dalla preghiera di Gesù
In “Figlie della Chiesa”, ultima fatica della Fondatrice, nel capitolo in cui parla della partecipazione
piena al mistero di cui portiamo il nome, dice che lo spirito nostro nella Chiesa... sgorga dalla
preghiera di Gesù. Vi riassume così la finalità dell’Istituto: «Il nostro spirito oggi è quello di ieri:
stupenda preghiera, voi sentirete che lui non sospira che questo. Ed è il sospiro della nostra piccola Opera: appunto
perché vogliamo glorificare il Padre, per questo vogliamo l’unione. Maria Oliva Bonaldo, [lezione del 22 gennaio
1976] Ut unum sint, p. 145.
4
Nessun sacrificio è grande per l’unità della grande famiglia cattolica, perché il Sangue di Gesù Cristo non sia stato
sparso invano, perché la sua ultima preghiera «ut unum sint» si avveri. 33 Foglietti , 1934, p. 98.
5
Figlie della Chiesa, 1974, p.158.
6
33 Foglietti p. 10.
7
Lettera a Scotti, 29 gennaio 1932, p.31.
8
Lettera a Igino Giordani, 17 marzo 1940, [ed. 2001], p.15.
9
Lettera di presentazione delle Costituzioni , Roma 1958, p 3-4.
10
Maria Oliva Bonaldo, [lezione del 22 gennaio 1976] Ut unum sint, p. 145
11
Circolare 19 marzo 1971. Lo ricorda molto spesso, l’ha fatto lei stessa, quando era giovane profuga a Portiolo. “Per
questo, pensando che non ci saremmo arrivate, data la nostra fragilità e incostanza nella preghiera, ho interessato
tutte le Superiore e continuo a interessarle, e a spingerle a incidere nell’interno dei loro tabernacoli: «Pater, rogo, ut
sint unum» perché questa grazia solo Gesù ce lo può ottenere, mandandoci il suo Spirito di unione e di amore. L’ho
inciso pensando che noi, distratte da tante cose non ci avremmo pensato e forse anche in questa Settimana dell’Unità
stentiamo a raccoglierci in questo pensiero costantemente, intensamente” Maria Oliva Bonaldo, [lezione del 18
gennaio 1976] Ut unum sint, p. 113.
4
quello della Chiesa che è comunione sacramentale, fraterna e organica, salvifica, apostolica,
pasquale, mistica... come l’ha implorata Gesù e per questo è sacramento universale di salvezza a
gloria del Padre» (1974)12. Cioè ci dice che il nostro carisma è quello di vivere in noi e tra di noi il
mistero stesso della Chiesa che è comunione. Il carisma dei figli e delle figlie della Chiesa è un
carisma di comunione:
“Lo Spirito di pietà farà loro gustare e vedere come è soave il Mistero della Famiglia di Dio che è la
Chiesa e le solleciterà a comporre e ricomporre nella loro famiglia religiosa – ma si può aggiungere
nella loro famiglia naturale, nella loro comunità parrocchiale, nella loro diocesi – la sua esemplare
unità, perché il mondo creda in Gesù e nella sua missione salvifica”13.
E poi la Madre cerca di spiegare in che cosa consiste questa comunione, i suoi vari aspetti e lo fa
unendo insieme dei termini che ha colto nel linguaggio conciliare e che lei rilegge con la stessa
preghiera di Gesù.
«È comunione sacramentale: Io ho dato loro la gloria che tu mi hai dato, affinché essi siano una
sola cosa come noi siamo uno... io in loro e tu in me... e ho fatto loro conoscere il tu nome e lo farò
conoscere, affinché l’Amore, col quale mi hai amato sia in essi e io in loro (Gv 17). ... le Tre
Persone presenti in noi operano sacramentalmente, con la loro unità la nostra; con la loro
distinzione, la nostra pacifica convivenza nella diversità dei doni e delle funzioni»14.
L’amore vero ha bisogno di “consistenza”, di legami forti, di fondamento. Solo quello salva anche il
nostro sentimento e le nostre emozioni dall’inganno a cui la mentalità comune le ha sottomesse:
quelle di essere la guida assoluta della nostra vita. Di questo amore consistente, quello di Dio per
noi, la Chiesa è sacramento e strumento. Sacramento dice consistenza, dice legame, dice solidità,
dice gratuità, dice efficacia.
La Chiesa è sacramento di questo amore forte, sicuro, fondato, perenne... in una parola divino e
ce ne fa dono continuamente nei suoi sacramenti... Questa è l’esperienza della nostra Fondatrice.
Non siamo figli di nessuno. Non apparteniamo a noi stessi ma a Dio che ha cura di noi come Padre,
a Gesù che ha dato se stesso per noi, allo Spirito che si fa garante di ogni nostro legame d’amore.
Appartenenza battesimale, sacramentale, reale, come l’eucaristia a cui tutti siamo chiamati. Ecco
cosa vuol dire comunione sacramentale.... Esperienza dell’Amore gratuito che ci mette insieme...
Figlie della Chiesa, con il nostro stesso nome, vogliamo proclamare a tutti quest’appartenenza che
ci salva dalla solitudine disperata in cui veniamo gettati dallo “spirito del tempo”, o come diceva già
l’apostolo Giovanni, dallo “spirito del mondo”.
La seconda espressione che la Madre commenta è che la Chiesa: «È comunione fraterna e
organica che si modella nel Mistero Trinitario per trasformare la famiglia umana, una e complessa,
in famiglia di Dio. Anche per questa sua struttura esistenziale, è comunione fraterna e gerarchica,
comunione di fratelli fra loro e con chi fa le veci di Dio. Gesù l’ha implorata con queste due
dimensioni: Padre santo, conservali nel tuo nome... affinché siano una sola cosa con noi (Gv 17,11).
Padre, io prego per essi e non per essi soltanto, ma anche per quelli che per mezzo della loro parola
crederanno in me, affinché tutti siano una sola cosa (Gv 17, 20 21)»15 .
L’espressione, che viene dal Concilio: comunione fraterna e organica appare un po’ pesante,
difficile se non si ascoltano subito le parole che seguono: che si modella nel Mistero Trinitario per
trasformare la famiglia umana, una e complessa, in famiglia di Dio. Dire che c’è un ordine, una
gerarchia nell’amore non corrisponde certo allo “spirito del tempo”. Si legge nel testo della sfida
educativa, proposta per il decennio della CEI, ad esempio che l’insegnante non è più un maestro ma
12
Figlie della Chiesa, 1974, p.158-159.
13 Figlie della Chiesa, 1974, p.156
14
Figlie della Chiesa, 1974, p.159-160.
15
Figlie della Chiesa, 1974, p. 160.
5
... un semplice facilitatore... La sfida che ci attende è quella di giungere a un’autorità che comporti
la reciprocità e a una reciprocità che rispetti l’autorità”16.
La Chiesa ci ricorda semplicemente, facendolo sperimentare, che siamo fratelli perché figli. Si
vuole dire questo qui: è comunione fraterna perché siamo tutti fratelli e siamo tutti fratelli perché
siamo tutti figli. Se tagliamo una delle due coordinate nemmeno l’altra si regge. Ed è organica
perché, come all’interno di uno stesso organismo ci sono diverse funzioni, diversi servizi, tutti utili,
tutti necessari.
Per camminare sulla via dell’unità, come figli della Chiesa cattolica dobbiamo tenere molto
presente questa dimensione. La nostra Madre ci teneva molto. Non possiamo fare nulla in
disaccordo con i nostri pastori. Possiamo lavorare, promuovere, inventare ma in uno spirito di
sincera collaborazione e obbedienza a chi è chiamato a servire l’unità del popolo di Dio. La
partecipazione dei figli della Chiesa alla via ecumenica passa per questa via dell’obbedienza
“creativa” ai pastori della Chiesa e al Santo Padre che ha ricevuto un particolare ministero di carità
per l’unità del Popolo di Dio.
«È comunione salvifica perchè produce la fede che salva: Padre, siano una sola cosa in noi, così il
mondo creda che tu mi hai mandato (Gv 17,2 1). Siano perfetti nell’unità e il mondo riconosca che
tu mi hai mandato e lì hai amati come hai amato me (Gv 17,23). Il Concilio fa eco a queste parole:
l’unità dei fratelli annuncia l’avvento di Cristo (PC 15)»17.
Comunione e testimonianza missionaria. Siano uno perché il mondo creda. Lo dice Gesù, lo ripete
la Chiesa. Se saremo uniti il mondo crederà. Questo è vero per le Chiese, questo è vero per le
famiglie. La comunione, ad ogni livello è per sua natura salvifica. Perché annuncia Gesù, perché
dice con i fatti che la presenza è efficace, che la sua croce non è per la morte ma per la vita del
mondo. Ed è proprio nel comporre e ricomporre l’unità all’interno delle famiglie, comunità e chiese
che sperimentiamo spesso la necessità di portare la croce, di perdonare, di lasciarci superare, di non
rispondere al male con il male... La Madre lo ricorda: la comunione dei fratelli non è il Vangelo
scritto ma il Vangelo vivente, vangelo che porta la salvezza.
«È comunione apostolica. Io per essi prego e non chiedo che tu li tolga mondo, ma che li
custodisca dal maligno. Come tu hai mandati nel mondo, anch’io li ho mandati mondo (Gv 17,9)»
18
.
La preghiera di Gesù riporta il mandato apostolico. E di nuovo la Madre insiste sulla comunione
con gli apostoli e con tutti coloro che, nella successione apostolica sono mandati da Dio per guidare
la sua Chiesa...
“Per il nostro spirito – si intende sempre il carisma – dobbiamo essere in comunione apostolica con
loro: isolandoci da loro e isolandoci in comunità, indeboliremo la forza apostolica che dovrebbe
impedire la perdita delle anime”19.
«È comunione pasquale. Consacrali nella verità, la tua parola è verità.. Per essi io consacro me
stesso, affinché anch’essi sia consacrati in verità. (Gv 17,17.19). La consacrazione è un «votarsi al
sacrificio» (PC 14) e la consacrazione battesimale, che ci fa partecipare sacramentalmente alla
Passione di Gesù, ci impegna tutti alla sua conseguente partecipazione esistenziale. Tutti siamo
«votati al sacrificio» (PC 14). Compiere ciò che manca alla Passione di Gesù per il Corpo di lui che
è la Chiesa (Col,24) è dovere di tutti. (..:)20 A questo punto la Fondatrice ricorda il “sacrificio” di
Maddalena: E Maddalena, con gli occhi carichi di giocondità, mi chiedeva di morire per l’unità dei
fratelli. È la nostra missione. Gesù ci ha volute nella Chiesa, fondata sugli Apostoli e Madre di
Santi, perché fra i solenni Ordini, le benefiche Congregazioni e gli apostolici Istituti secolari, ci
16
CEI, La sfida educativa, Laterza 2009, pp. 53-57.
Figlie della Chiesa, 1974, p. 164.
18
Figlie della Chiesa, 1974, p. 165.
19
Figlie della Chiesa, 1974, p. 167
20
Figlie della Chiesa, 1974, p. 167-168.
17
6
fosse anche un gruppetto di cuori disposti ad accettare il patire come un dono per la salvezza dei
fratelli. Ma la nostra comunione non sarebbe pienamente pasquale se il patire e il morire non
producessero la gioia immediata che Gesù chiede al Padre: Padre... dico queste cose. affinché essi
abbiano in se stessi la mia gioia nella sua pienezza (Gv 17, 3)» 21.
«È Comunione mistica. Gesù la vuole per noi: Padre … io voglio che l’Amore col quale mi hai
amato sia in essi (Gv 17,26).(...) È un punto d’arrivo che ha però un punto di partenza: l’iniziazione
a camminare in questa direzione, l’accettazione dell’affanno che basta a giorno, l’esercizio paziente
della carità e dell’obbedienza che assicurano la comunione fraterna; attuazione dei nostri propositi
annuali: «patire per unire» «servire per unire» «morire per unire» (...) «gioire per unire». 22.
2. Siamo nate per questo...
Le pagine di Figlie della Chiesa ci riportano a quel mistero di comunione che sta che è al vertice
della nostra vocazione e che ne è perciò anche l’origine. Mistero che sta all’origine della Chiesa e
che è anche la meta del cammino ecumenico. Anche qui mi piace sottolineare una espressione che
ritorna nei testi della Madre: siamo nate per questo.
Conosciamo la pagina del libretto di Maddalena in cui la Fondatrice ricorda quanto ha detto, nel
1945, alle novizie per prepararle a vivere con fervore la Settimana di preghiera per l’unità dei
cristiani: «È tremenda l’urgenza della “Preghiera” e della “Penitenza” per l’unione! Figliuole, noi
siamo nate per questo: per essere una cosa sola, affinché il mondo creda e perché siano una sola
cosa prima gli uniti e poi i separati» 23.
Nella presentazione delle Costituzioni già ricordate [pubblicate nello stesso anno in cui è stato
scritto il libro di Maddalena] si legge: «Avvertirono tutte che la nostra unione è la nostra ragione
d’essere nella Chiesa: l’apostolato nostro “affinché il mondo creda”»24 . Lo ricorda spesso nelle
circolari: «Solo dandolo [il nostro amore] tutto a Lui, possiamo darlo tutto a tutte e realizzare
l’unione per cui siamo nate» 25.
«... si chiude oggi la Grande Settimana, ma per noi si apre l’Anno, la vita intera dell’Unione. Siamo
nate per questo, dobbiamo soffrire e morire quotidie per questo»26.
Non insito su questo tema, bastano le parole citate per capire che non si tratta di un accessorio per la
vocazione delle Figlie e dei Figli della Chiesa... Solo vorrei svilupparne due aspetti che riguardano
tale vocazione che è, come diciamo sempre contemplativa e apostolica insieme.
2.1. La dimensione contemplativa dell’unità
Nota fondamentale del pensiero di madre Maria Oliva è che la contemplazione anticipa e
affretta l’unione. Perché è via di unione con la volontà del Padre che è sempre volontà di unione.
Fossimo tutti dei contemplativi! La contemplazione dà la possibilità di vivere e gustare già oggi la
dimensione finale, escatologica dell’unione... “Gesù prega per l’unità della Chiesa -diceva Paolo
Ricca commentando Gv 17,21-: per l’unità della Chiesa di tutti tempi, ma di quale unità si tratta?
Non come di solito pensiamo dell’unità dei cristiani tra di loro, ma dell’unità dei cristiani con lui:
v. 21. Che cosa vuol dire questo? Vuol dire che la vera separazione, la vera divisione non è la
divisione dei cristiani tra loro, ma la loro divisione da Gesù. Il vero problema è questo: la
divisione da lui. Qui ogni Chiesa e ogni cristiano deve chiedersi se è proprio unito a Cristo. Se
fossimo davvero uniti a lui, non saremmo divisi tra noi. Siamo divisi tra noi perché non siamo
uniti a lui. Saremo uniti tra noi quando saremo uniti a lui”.
L’unità della Chiesa è la vita nostra nel “seno del Padre”, è la vita nostra unita alla sua:
21
Figlie della Chiesa, 1974, p. 169.
Figlie della Chiesa, 1974, p. 170-171.
23
Maddalena, p.77-80.
24
Lettera di presentazione delle Costituzioni , Roma 1958, p 3-4.
25
Circolare 24 giugno 1959.
26
Circolare 25 gennaio 1963.
22
7
«Intanto “Cor unum et anima una” per l’Opera cioè per la Chiesa, cioè per Gesù Mistico: Lui e noi
fratelli suoi destinati per grazia a vivere eternamente nel seno del Padre ove Egli riposa per
natura»27.
«La Chiesa alla mensa eucaristica è tutta tesa verso la mensa celeste e la cena dell’eterna gloria.
Vi partecipa sacramentalmente con tutti i suoi figli... e la pregusta sperimentalmente, nei suoi
figli contemplativi nei quali l’intima unione con Dio e l’unità con tutto il genere umano (LG 1),
hanno raggiunto quaggiù la massima loro efficienza»28.
« “L’unione piena e perfetta” ci dice il noto Notturno è solo del cielo. Ma che apostolato, se per
amore del corpo mistico, non per ipocrisia, procuriamo che si intravveda anche in terra! E’ la
testimonianza della vita celeste che la vita religiosa deve dare al mondo. Ed è per questo un
“vessillo”»29.
«La Chiesa non ci ha domandato una obbedienza interiore, come qualcuno va dicendo:
un’obbedienza contemplativa ci ha domandato. Arrivano a questa obbedienza libera e
responsabile solo i contemplativi, perché vivono d’amore. Amano e fanno quello che vogliono,
perché vogliono solo quello che vuole Dio: Dio attraverso il Papa, Dio attraverso i Superiori
legittimi. È tanto chiaro e semplice. Niente di più libero di questa obbedienza, voluta liberamente
dall’anima (...) Che la Madonna ci conduca per questa strada! Oh, pensate che unione se
osservassimo questa regola d’amore: «Ama e fa’ quello che vuoi»!» 30.
2.2. La dimensione apostolica e missionaria dell’unione
“Contemplative e perché tali apostole”. L’apostolato è tale solo se è frutto di contemplazione. Il
primo apostolato è per la Fondatrice l’unione nostra, il “vedete come si amano”. «L’unità sarà
l’elemento essenziale del loro apostolato esterno, il fondamento della loro azione»31.
«La nostra unione è ... l’apostolato nostro “affinché il mondo creda”»32. «Gesù ci fa così capire che
la nostra parte è sopra tutto la preghiera e che il nostro apostolato deve essere sopra tutto l’unione
nostra. “Padre, ti prego che siano una sola cosa affinché il mondo creda… e conosca che Tu mi hai
mandato”. Se ci ameremo il mondo crederà e conoscerà i Misteri della Salvezza. Se ci ameremo di
più il mondo crederà di più e conoscerà meglio i Misteri della Redenzione. Se ci ameremo fino ad
essere un cuor solo e un’anima sola, il mondo crederà come i bambini credono alle mamme e
conoscerà per esperienza i Misteri dell’Amore di Dio. Pregando, adorando, amandoci in Gesù
faremo la propaganda per cui siamo nate nella Chiesa» 33.
«Dal libretto di Maddalena avete, spero, capito l’importanza apostolica di questa carità che si
perfeziona nell’unione: se saremo unite, il mondo crederà; se vivremo disunite, il mondo non
crederà. L’unione è la più grande missione e la più urgente. L’unione costa tanto per questo e il
demonio tenta di impedirla per questo; ; la fa apparire difficile, spesso impossibile per questo»34.
27
Lettera a Scotti, 21 aprile 1934, p. 52.
Figlie della Chiesa, 1974, p.50.
29
Circolare [maggio-giugno ?]1966.
30
Maria Oliva Bonaldo, [lezione del 21 gennaio 1976] Ut unum sint, p. 142.
31
33 Foglietti, p. 97. Questo testo è ripreso da un discorso di Pio XI, del 22 luglio 1934, teniamo presente che i 33
Foglietti sono scritti nell’agosto 1934. Trascrivo per intero il brano citato: “L’unità sarà l’elemento essenziale del
loro apostolato esterno, il fondamento della loro azione: essa non prospetta la pluralità, le diverse direzioni di
attività; l’azione invece esige la molteplicità delle iniziative, la varietà delle direzioni e manifestazioni e quindi
anche il numero; l’azione vuole essere sapiente e felice attraverso ogni età, stato, professione, condizione sociale,
ma perché essa sia efficace deve poggiare sull’unità: / è l’unione che fa sempre la forza; è la forza che fa la vittoria e
il successo. Non si tratta di identità, ma di concordia, di coordinazione di tutti gli slanci e di tutte le forze: questa è
l’unità; questo penseranno, questo attueranno perché hanno l’onore di essere le Figlie della Chiesa, per l’onore della
Chiesa stessa e del Padre di tutti i fedeli. Nessun sacrificio è grande per l’unità della grande famiglia cattolica,
perché il Sangue di Gesù Cristo non sia stato sparso invano, perché la sua ultima preghiera «ut unum sint» 286 sia
presto esaudita” 33 Foglietti, 1934, p. 97-98.
32
Lettera di presentazione delle Costituzioni , Roma 1958, p 3-4.
33
Circolare 18 – 25 gennaio 1958.
34
Circolare 28 febbraio 1959.
28
8
Per quanto riguarda le fonti citate della Fondatrice, veramente il materiale è abbondante e ce ne
sarebbe ancora, ma vorrei soffermarmi in particolare, andando verso la conclusione, sulla
dimensione apostolica e missionaria della comunione e dell’unione oggi.
Il primo motivo è anche la celebrazione del prossimo sinodo dei vescovi sulla nuova
evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, alla quale con tutta la Chiesa ci stiamo
preparando e che è anche considerato come tema formativo in questa tappa del nostro cammino.
Fino a pochi anni fa, l’evangelizzazione aveva fatto leva sul mandato missionario di Matteo:
“Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del figlio e dello
Spirito Santo…” (Mt 28,19-20), oggi invece, viene maggiormente messo in luce quello che è
chiamato il mandato missionario di Giovanni è riconosciuto, appunto, nella preghiera di Gesù al
Padre, dove viene messo in evidenza il rapporto fra unità e fede nel Cristo: “Siano in noi una cosa
sola,perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21); “Siano perfetti nell’unità, affinché
il mondo riconosca che tu mi hai mandato” (Gv 17,23). Questo tipo di evangelizzazione è più
comunitaria. Insieme a Gv 17, abbiamo anche con lo stesso significato “Amativi gli uni gli altri”
(Gv 15,12) e alcuni brevi testi dei primi capitoli degli Atti degli Apostoli,che tutte conosciamo.
Colpisce come questi testi sono raccolti anche dalle nostre costituzioni, soprattutto nel capitolo della
vita di comunione fraterna. In questa via di evangelizzazione -diceva Tillard- la trasmissione della
fede si realizza per una specie di contagio.
Il mandato missionario di Matteo e il mandato missionario di Giovanni non sono da porre in antitesi
o in contraposizione, sono due dimensioni ugualmente evangeliche. Alcuni Istituti missionari, nati
per l’annuncio della Parola,hanno proprio come fondamento queste parole di Gesù, ma come Figlie
della Chiesa e parlando di Gv 17 cuore del carisma, questa realtà fa riflettere e interroga: la Parola
del vangelo passa ed è annunciata in primo luogo attraverso la testimonianza d’unità della
comunità. Nel n° 77 dell’Evangeli Nuntiandi leggiamo: “La forza dell’evangelizzazione resterà molto
diminuita se coloro che annunciano il Vangelo sono divisi tra di loro con tante specie di rottura (…).Il
testamento spirituale del Signore ci dice che l’unità tra i suoi seguaci non è soltanto la prova che noi siamo
suoi,ma anche che Egli è l’inviato del Padre, criterio di credibilità dei cristiani e di Cristo medesimo. In
quanto evangelizzatori, noi dobbiamo offrire ai fedeli di Cristo l’immagine non di uomini divisi e separati da
litigi che non edificano affatto,ma di persone mature nella fede,capaci di ritrovarsi insieme al di sopra delle
tensioni concrete, grazie alla ricerca comune,sincera e disinteressata della verità. Si, la sorte
dell’evangelizzazione è certamente legata alla testimonianza di unità data dalla Chiesa”.
La riscoperta e la valorizzazione del mandato missionario di Gv risponde all’esigenza dell’uomo
d’oggi, la nuova evangelizzazione è chiamata a ritrovare il coraggio di annunciare il vero volto di
Dio, che è amore, relazione, dialogo,comunione,che sa venire incontro all’uomo e condividere tutto
di Lui. Ecco allora la sfida che ci sta davanti: la comunità diventa il soggetto dell’evangelizzazione,
possiamo annunciare solo ciò che abbiamo contemplato,come ci insegna ancora Giovanni e, sarà
credibile solo se lo testimoniamo unite.
La dimensione della vita fraterna in comunità è uno dei cinque temi che stiamo prendendo in
considerazione nel nostro lavoro comunitario e che appare come emergente, con le sue luci e le sue
ombre, ma sul quale ci stiamo interrogando. Come possiamo mettere in atto qualche segno di
crescita in questo senso? Come ciascuna può fare qualcosa perché il sospiro di Gesù, perché la
comunione fra noi e la qualità della vita fraterna annunci che Dio è amore? Siamo nate per questo,
diceva Maria Oliva.
Sarebbe assurdo che proprio oggi mancassimo alla nostra vocazione e missione profetica, sarebbe
assurdo quando maggiore è la richiesta di unità e di comunione, per dare speranza al mondo, che
venissimo meno al progetto carismatico che Dio ha messo nelle nostre mani, lasciando disattese le
speranze di tanti fratelli e sorelle del nostro tempo.
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Gv. 17 NELLE COSTITUZIONI DELLE FIGLIE DELLA CHIESA
Cap.I: CARISMA
n. 1.2
n. 4.3
n. 4.5
n. 4.6
n. 6.2
…verso il compimento dell’unità voluta da Gesù.
...viviamo l’unum sint…
…preghiamo con la preghiera di Gesù.
…vogliamo compiere l’opera stessa di Gesù
…consumati in unum.
Cap. II: CONSACRAZIONE
n. 7
…glorificare Dio, Padre nostro…Lo Spirito unifica nella comunione
Cap. III: VITA DI PREGHIERA
n. 42
…lasciamo dilatare in noi la preghiera stessa di Gesù.
Cap. IV: VITA DI COMUNIONE FRATERNA
n. 64
…ut unum sint.
Cap. V: SERVIZIO APOSTOLICO
n. 79
…l’unità è l’elemento essenziale del nostro apostolato…il fondamento della
nostra azione.
Cap. VI: FORMAZIONE
n. 126
…una cosa sola… perché il mondo creda.
Cap. VII: GOVERNO
n. 197
…affinché si compia il desiderio di Gesù: ‘Che tutti siano uno’
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PER IL LAVORO E LA RIFLESSIONE PERSONALE
1. Come mi lascio ispirare e coinvolgere da questa preghiera, cuore del carisma, nel quotidiano
della vita? Come posso risvegliare dentro di me questa grazia carismatica e profetica?
2. Davanti alla sfida della vita fraterna, che ci chiede di essere testimonianza evangelizzatrice, quale
cammino posso e possiamo fare insieme nel concreto delle nostre comunità?
3. Ripercorri le Costituzioni e cerca, almeno una volta, per ogni capitolo, la risonanza della
preghiera di Gesù al Padre.
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