C.R.A. Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Istituto Sperimentale per la Selvicoltura Sezione Operativa di Cosenza _________________________________________________________________ Progetto di ricerca Life Natura STUDI SU SOPRASSUOLO ABETE BIANCO-FAGGIO E SU SOPRASSUOLO DI PINO LARICIO (PINUS NIGRA VAR. LARICIO) NEI SIC DELLA SILA PICCOLA” (Relazione finale) Introduzione La conoscenza delle Aree protette forestali calabresi - per formazioni boschive e tipologie colturali, specificità e interventi di salvaguardia, sviluppo e ipotesi di gestione costituisce in ambito regionale aspetto di primaria importanza, in prospettiva di una loro mirata e improcrastinabile valorizzazione. Di qui la necessità di avviare in Calabria - nei Parchi, nelle Riserve naturali e nei SIC (Siti d’Interesse Comunitario), in ambito geografico più o meno esteso, su livelli altitudinali significativi e in formazioni forestali naturali d’elevata peculiarità - studi e ricerche di ecologia, biologia e selvicoltura. I due SIC calabresi di “Monte Gariglione” (caratterizzato dal bosco misto faggioabete bianco) e “Pinete del Roncino“ (ove predomina il bosco puro di pino laricio), edificati nella Sila Piccola, costituiscono una riserva e una risorsa forestale di elevato valore ambientale (storico-culturale, paesaggistico, fitogeografico, produttivo), nonché un sistema biologico complesso in continua evoluzione e riproducibile. In una parola siti caratterizzati da “soprassuoli silvani mediterranei” di grande significanza ambientale ed ecosistemica. Per i soprassuoli ricadenti nei due SIC, la disponibilità di un maggior numero di informazioni ecobiologiche, strutturali e selvicolturali - direttamente o indirettamente connesse con l’importante ecosistema bosco da salvaguardare, gestire e valorizzare fornisce lo spunto per giustificare e avviare uno studio su entrambe le tipologie forestali. In particolare: - l’abete bianco che vegeta in Calabria, presentando anche caratteristiche di resistenza alle piogge acide, deve essere trattato in modo da conservare e migliorare l’attuale percentuale di diffusione della conifera, minacciata dal faggio. - il pino laricio, che presenta in Sila individui dell’ecotipo “vutullo”, va gestito in maniera da incrementarne anche gli esemplari, attraverso la razionalizzazione della densità e della struttura delle pinete. Indagini e ricerche da condurre in bosco, mirate principalmente: - all’individuazione (a mezzo di foto aeree) e alla campionatura (con rilievi in aree sperimentali permanenti) delle due tipologie presenti (abetine e pinete), ripartite per classi di età, densità e composizione; C.R.A. Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Istituto Sperimentale per la Selvicoltura Sezione Periferica di Cosenza _________________________________________________________________ - alla valutazione complessiva dello stato ecologico, biologico, sanitario e di rinnovazione dei popolamenti indagati. Aspetti questi ultimi che, per i SIC calabresi “Monte Gariglione” e “Pinete del Roncino” ricadenti nel Parco Nazionale della Sila, assumono i connotati di vere e proprie fasi preliminari di conoscenza silvana prima e di sperimentazione e pianificazione territoriale e ambientale poi. Tutto finalizzato, nella prosecuzione del progetto e per le formazioni boschive naturali maggiormente diffuse e/o peculiari [di conifere (pinete di pino laricio e abetine di abete bianco), di latifoglie (faggete) e a composizione mista (faggeto-abetine)] e a diverso stadio evolutivo [soprassuoli giovani, adulti, maturi], alla definizione e attuazione di modelli di gestione ottimali. Ciò vale per i popolamenti forestali significativi della Sila Piccola, ma anche per le microaree boschive e gli ecotipi arborei d’elevata importanza botanica e fitogeografia ivi presenti, non ancora sufficientemente studiati e valorizzati - vere e proprie “oasi di rifugio”, con caratteri d’eccellenza per unicità floristica e faunistica - di cui l’Appennino calabrese e la regione montuosa silana in particolare risultano dotati. In considerazione anche del fatto che, nel nuovo Millennio, i boschi italiani - in particolare quelli edificati nell’Appennino meridionale e nelle Aree protette calabresi a superiore significanza nazionale e comunitaria - per essere usati razionalmente ed esplicare con efficacia la funzione primaria di protezione contro le calamità naturali, devono essere concepiti, disegnati e gestiti in modo nuovo, dimensionati a misura d’uomo, diligentemente curati come beni d’interesse pubblico. Boschi cui richiedere continuamente nuovi servigi: paesaggio, purificazione dell’aria, approvvigionamento dell’acqua, conservazione della biodiversità, distensione dallo stress quotidiano, iniziazione alla natura silvana e a i suoi insegnamenti. Oltre quelli elettivi, ritenuti indispensabili da tempo: protezione, produzione, perpetuità. Attività svolta In attuazione della convenzione stipulata nel 2005 tra il CRA - Istituto Sperimentale per la Selvicoltura di Cosenza, con sede amministrativa ad Arezzo, e il MIPAF - Gestione ex Azienda di Stato per le Foreste Demaniali di Catanzaro, relativa al progetto “Studi su soprassuolo abete bianco-faggio e su soprassuolo di pino laricio (Pinus nigra var. laricio) nei SIC della Sila Piccola”, si richiamano gli obiettivi prioritari e le linee di attività di ricerca dell’ISSEL-CS, volti essenzialmente: - alla rappresentazione aerea da ortofoto dei due SIC; - alla ripartizione territoriale per piani altimetrici dei due SIC; - all’individuazione e distribuzione delle tipologie forestali peculiari indagate; - alla delimitazione e costituzione di aree sperimentali permanenti; - all’esecuzione di rilievi sul soprassuolo arboreo e sulla flora arbustiva; 2 C.R.A. Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Istituto Sperimentale per la Selvicoltura Sezione Periferica di Cosenza _________________________________________________________________ - alla valutazione dello stato colturale. biologico e riproduttivo dei soprassuoli; - all’elaborazione e analisi dei dati rilevati; - alla definizione delle ipotesi di gestione. Nel periodo considerato [agosto 2005 – novembre 2006], l’attività condotta dal personale scientifico, tecnico ed esecutivo dell’ISSEL-CS ha riguardato in prevalenza e fedelmente quanto riportato nel piano di lavoro della relazione tecnico-economica, acclusa alla convenzione stessa. Anno 2005 (agosto-dicembre) L’attività di ricerca in bosco ha interessato soprassuoli naturali a composizione mista di abete bianco-faggio ed esclusivi di pino laricio - a diversa struttura e con più classi d’età - edificati nella Sila Piccola, rispettivamente su Monte Gariglione e nella Foresta di Roncino, con individuazione e costituzione di 10 aree sperimentali permanenti di abete bianco-faggio e 5 di pino laricio, all’interno delle quali sono stati condotti rilievi dendrometrici e selvicolturali preliminari. Nelle pinete di Roncino sono state individuate, schedate e misurate anche 12 piante di “vutullo””, da servire per l’acquisizione dei primi elementi conoscitivi - dendrometrici, biometrici e portamentali - sull’importante ecotipo arboreo forestale, in prospettiva di ulteriori indagini e/o ricerche da concordare con l’Ente Parco Nazionale della Sila. L’attività di ricerca in ufficio è stata indirizzata principalmente - alla realizzazione dei documenti cartografici (formato A3) preliminari dei due SIC relativi alla rappresentazione aerea del territorio da ortofoto del 1998, alla ripartizione per piani altimetrici, alla ubicazione topografica delle aree sperimentali; - alla valutazione dei principali parametri bioecologici e strutturali dei popolamenti indagati, all’elaborazione dei dati rilevati in bosco, al riepilogo degli elementi dendrometrici e selvicolturali di base delle aree costituite, alle prime valutazioni di fusto e chioma dei pini “vutullo”. Anno 2006 (gennaio-novembre) Il personale dell’ISSEL di Cosenza ha provveduto in via definitiva: - alla rappresentazione aerea dell’area di perimetrazione dei due SIC; - alla ripartizione territoriale per piani altimetrici (submontano, montano inferiore e montano superiore) dei due SIC, con planimetrazione degli stessi (a modulo 100 m) per il calcolo delle superfici; - al completamento delle aree sperimentali (10+2=12) nei popolamenti misti faggio-abete bianco, con le due ultime aree di maggiori dimensioni (1 ettaro); - all’ubicazione topografica delle aree di saggio (12 a Gariglione, 5 a Roncino); - ad accertare sul posto, a mezzo di carotaggio, le classi d’età o stadi evolutivi (perticaia, fustaia) delle aree sperimentali di pino laricio; - all’esecuzione in tutte le aree di saggio di ulteriori e completi rilievi dendrometrici, consistiti soprattutto nella misurazione dei diametri di tutte le piante e delle altezze di un congruo numero di alberi (30-40) per il calcolo dei volumi; 3 C.R.A. Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Istituto Sperimentale per la Selvicoltura Sezione Periferica di Cosenza _________________________________________________________________ - all’elaborazione e analisi dei dati rilevati, per definire nelle diverse tipologie campionate (miste a faggio e abete bianco, esclusive di pino laricio) l’intervento strutturale di taglio più idoneo da applicare; - alla valutazione, a mezzo di apposite schede, dello stato bioecologico, colturale e riproduttivo dei popolamenti di faggio-abete bianco e di pino laricio, con riguardo particolare: 1) allo stato colturale e vegetativo dei soprassuoli, 2) alla presenza all’interno di essi di danni di natura antropica, 3) alla dotazione di strobili negli ultimi due anni, 4) alla dispersione dei semi all’interno e/o al di fuori delle aree; 5) allo sviluppo stentato e/o al disseccamento in atto da anni dei semenzali di abete bianco; - alla segnatura, nelle 12 aree sperimentali di faggio-abete bianco, delle piante da sottoporre entro fine estate a intervento strutturale di taglio; - alla consegna al CFS - Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Catanzaro lo “Studio di incidenza ambientale per il sito: Monte Gariglione” ZPS IT9310069 - IC IT9330114, necessario all’ottenimento del relativo nulla osta di taglio dal Coordinamento Territoriale Ambiente del Parco Nazionale della Sila e dal Coordinamento Forestale Provinciale di Catanzaro; - al controllo, durante e dopo il taglio, delle piante abbattute e rilasciate; - a eseguire ulteriori accertamenti nelle aree sperimentali di pino laricio, con estrazione di carotine, misurazioni di altezze (a mezzo di ipsometro ottico), rilevamenti fotografici mirati alla rappresentazione compositiva e strutturale dei soprassuoli, compilazione di schede per la valutazione dello stato bioecologico complessivo dei popolamenti; - a definire le ipotesi di gestione da applicare alle formazioni naturali indagate (in purezza e a composizione mista) e a diverso stadio evolutivo (fustaie giovani, adulte, mature), edificate nei due SIC della Sila Piccola; - alla stesura e consegna della relazione finale preliminare; - alla stesura e consegna della relazione finale e dei documenti prodotti. A - Studio e indirizzi di gestione dei boschi di Monte Gariglione Lo studio si prefigge di individuare le più idonee tecniche di gestione selvicolturale nei soprassuoli forestali a composizione mista faggio-abete bianco siti in località “Monte Gariglione”, la cui notevole importanza è testimoniata dal fatto che l’area in questione è identificata come ZPS IT9310069 e SIC IT9330114 della Rete Natura 2000. L’intera zona, estesa complessivamente 608 ettari, è caratterizzata dalla presenza di fustaie, pure e miste, di faggio e abete bianco, cui si associano, allo stato sporadico, piante di pioppo tremulo, pino laricio e acero montano. La letteratura scientifica forestale europea e l’attività di ricerca, avviata da più di cinquanta anni, confermano che l’abete bianco della Calabria presenta una notevole resistenza intrinseca alle piogge acide. Per tale motivo è in fase di sperimentazione la sua introduzione in varie zone dell’Europa Centro-Settentrionale, per una eventuale diffusione 4 C.R.A. Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Istituto Sperimentale per la Selvicoltura Sezione Periferica di Cosenza _________________________________________________________________ su ampia scala, laddove i locali ecotipi risultano fortemente danneggiati dal fenomeno. E’ quindi particolarmente importante che in Calabria i boschi caratterizzati dalla presenza di abete bianco siano trattati in modo da conservare e migliorare l’attuale percentuale di diffusione della conifera, spesso svantaggiata dalla presenza e dalla concorrenza esercitata dal faggio. Lo studio dell’area geografica di Monte Gariglione è stato effettuato al fine di caratterizzare - dal punto di vista bioecologico, dendroauxometrico e selvicolturale - tali soprassuoli misti, con valutazioni delle dinamiche evolutive e di successione dei popolamenti delle due specie, volte a favorire la rinnovazione naturale dell’abete bianco. Scopo delle indagini preliminari era quello di individuare il rapporto ottimale di mescolanza tra il faggio e l’abete bianco, in modo da creare condizioni ecologiche favorevoli alla conifera, consentirne l’insediamento, la diffusione e l’affermazione della rinnovazione. Quanto sopra richiede quindi una esatta definizione degli aspetti temperamentali e di portamento sia dell’abete bianco che del faggio, nonché del modulo colturale più appropriato da eseguire nei soprassuoli misti ove vegetano, con riguardo particolare al tipo e all’entità dell’intervento strutturale di diradamento, sia in termini di numero di piante che di area basimetrica da asportare. In stretta dipendenza con le tipologie colturali presenti - ove le due specie si trovano allo stato naturale a vegetare assieme o in purezza -, delle quali si richiamano le principali prerogative forestali e ambientali. Abetine In Sila le formazioni naturali di abete bianco (Abies alba Miller) occupano una superficie modesta, di appena 150-200 ettari,. Le maggiori estensioni si trovano sul Monte Gariglione (Sila catanzarese); piccoli nuclei sparsi sono inoltre presenti sulla Sila cosentina. In tali zone le abetine occupano prevalentemente la fascia altimetrica compresa tra 1400 e 1600 m di quota, posizionandosi più in basso delle faggete. Specie mesotermofila e igrofila, con optimum di vegetazione nei versanti soleggiati e freschi e nelle zone piovose ed umide. Tollera l’ombra e resiste all’aduggiamento prolungato, riprendendosi anche dopo molti anni. Indifferente nei riguardi del suolo, salvo notevoli esigenze di profondità e umidità. Tendenzialmente socievole per la costituzione di abetine, anche se la prerogativa bioecologica principale è quella della partecipazione al bosco misto faggio-abete bianco. La longevità è elevata (anche 450 anni). Le provenienze calabresi di abete bianco, in particolare quelle di Monte Gariglione e Serra San Bruno, presentano particolari caratteristiche di resistenza alle piogge acide, motivo per cui sono oggetto di studi e ricerche, in avanzata fase di sperimentazione, in varie zone dell’Europa Centrale e Settentrionale, per un loro eventuale utilizzo diffuso nelle nuove piantagioni, in sostituzione degli ecotipi locali che subiscono forti danni. Faggete Nella Sila i boschi di faggio (Fagus sylvatica L.) occupano un’estensione di circa 18.000 ettari, distribuiti soprattutto nel piano montano superiore, tra 1600 e 1900 m s.l.m., al di sopra della fascia vegetazionale occupata dal pino laricio e dall’abete bianco. 5 C.R.A. Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Istituto Sperimentale per la Selvicoltura Sezione Periferica di Cosenza _________________________________________________________________ Il portamento delle piante dipende dalle condizioni stazionali ove vegetano: tipicamente arboreo, con fusti dritti e slanciati, nelle faggete dense e chiuse; assume invece caratteristiche di arbusto basso e contorto nelle formazioni ubicate sui crinali sottoposti a venti forti e costanti. In Sila sono presenti sia le fustaie sia i cedui di faggio. Questi ultimi, in particolare, hanno rivestito in passato una notevole importanza economica e sociale per la produzione di legna da ardere e di carbone. In tempi più recenti, il ricorso ad altre fonti energetiche ha fatto perdere ai cedui la loro antica funzione, per cui si pone oggi il problema di un loro recupero (biologico, ecologico, paesaggistico) mediante appropriati interventi di gestione selvicolturale. Faggeto-abetine Sono soprassuoli misti di faggio e abete bianco, a diversa compartecipazione, che caratterizzano soprattutto la fascia medio-montana di Monte Gariglione. L’altitudine della zona è compresa tra 1400 e 1765 m s.l.m. In tale contesto le due specie hanno medesime esigenze ambientali (climatiche e pedologiche) e presentano capacità di accrescimento e di sviluppo sostanzialmente identiche. La consociazione si caratterizza per la presenza di piante mature di abete bianco, isolate o a piccoli gruppi, che annualmente disseminano in abbondanza, dando origine a numerosi semenzali; la mancanza di luce nel piano inferiore determina, nel volgere di pochi anni, condizioni sfavorevoli alla loro affermazione; ne risulta una rinnovazione costituita da pochi e stentati individui. E’ quindi particolarmente importante prescegliere ed attuare modelli selvicolturali di gestione, in grado di salvaguardare il bosco misto nel suo complesso, preservando e migliorando l’attuale diffusione della conifera, sottoposta in passato a tagli indiscriminati e pascolo incontrollato. Materiali e metodi Le indagini preliminari hanno evidenziato che nei soprassuoli indagati, in relazione alla composizione specifica, erano presenti differenti tipologie forestali. In ognuna delle situazioni significative riscontrate sono state costituite aree di saggio, a carattere permanente, al fine di rilevare con estrema precisione gli aspetti dendrometrici e selvicolturali. Inizialmente sono state realizzate 10 aree, rappresentative delle seguenti situazioni: a) - soprassuoli puri o a prevalenza di faggio (aree 1, 8 e 10); b) - soprassuoli misti faggio-abete (aree 2 e 4); c) - soprassuoli puri o a prevalenza di abete (aree 3 e 5); d) - soprassuoli misti faggio-abete-pioppo tremolo (aree 6, 7 e 9). Le aree di saggio sono state realizzate di forma quadrata e dell’ampiezza di m² 400 (m 20 di lato) - solo l’area 4 è più grande (625 m2) -, utilizzando lo squadro agrimensorio e la cordella metrica. Ai vertici delle stesse, una volta individuate, sono stati infissi nel 6 C.R.A. Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Istituto Sperimentale per la Selvicoltura Sezione Periferica di Cosenza _________________________________________________________________ terreno alcuni picchetti al fine di consentire, in tempi successivi, il loro ritrovamento; per maggior sicurezza è stato segnato anche il perimetro esterno, segnando con vernice le piante immediatamente esterne all’area. Successivamente è stato rilevato il diametro a m 1,30 da terra di tutte le piante presenti con diametro maggiore di 3 cm , ed è stato inoltre annotato sul piedilista di cavallettamento lo stato vegetativo e l’aspetto esteriore delle stesse. In ogni area è stato infine ipotizzato un intervento di diradamento, poi eseguito in estate da operai del CFS, per cui le piante destinate al taglio sono state segnate apponendo sulle stesse un segno di vernice rossa. L’elaborazione dei dati ha consentito di ricavare le distribuzioni di frequenza per classi di diametro di 5 cm delle piante presenti, tenendo distinte la specie, lo stato fitosanitario (piante vive e piante secche) e l’entità del diradamento. Ulteriori elaborazioni hanno riguardato la determinazione dell’aree basimetrica, anch’essa distinta per classi diametriche di 5 cm in funzione della specie, dello stato fitosanitario e dell’entità del diradamento. La stima dei volumi è stata infine eseguita ricorrendo al metodo dell’albero modello unico, che consente di stimare la massa legnosa presente a livello di intero soprassuolo (quindi non distinta in funzione delle classi diametriche presenti). Altre 2 aree di saggio, dell’ampiezza di m² 10.000, di forma quadrata (m 100 di lato) e rettangolare (m 125 x 80), sono state realizzate nella parte bassa dell’area SIC - lato monte della pista forestale del Gariglione” - in soprassuoli puri o a prevalenza di faggio. Anche in tali aree si è proceduto alla segnatura delle piante e all’esecuzione, in agosto-settembre, del diradamento strutturale previsto. L’elaborazione dei dati, prima e dopo il taglio, è stata completata da poco. Risultati conseguiti Rappresentazione aerea del SIC (Documento 1) Dalla visione di ortofotocarte da volo aereo del 1998 e da bibliografia acquisita si richiamano alcuni requisiti fondamentali del SIC “Monte Gariglione”: - l’ubicazione in ambiente mediterraneo montano, con clima di tipo appenninico (sugli altipiani) e di tipo prealpino (sulle aree cacuminali delle principali vette); - l’ossatura granitica dei maggiori rilievi, analoga a quella che si riscontra nelle montagne italiane del sistema alpino occidentale; - la conformazione allungata in senso ovest-est dell’area SIC con relativa vicinanza al mare Ionio; - l’incidenza della Valle del Tacina (parte alta), nel determinare i gradienti termoudometrici dei versanti freddi del SIC e la distribuzione del faggio e dell’abete bianco; - l’edificazione su discrete superfici del bosco misto faggio-abete bianco, i cui gruppi naturali di vegetazione, anche all’esterno di Monte Gariglione, ricadono in area Parco; - la maggiore partecipazione dell’abete bianco da quota 1450-1500 m a 1600-1650 m; 7 C.R.A. Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Istituto Sperimentale per la Selvicoltura Sezione Periferica di Cosenza _________________________________________________________________ - la presenza di aree pascolive d’altitudine, con numerosi endemismi erbacei. Ripartizione territoriale del SIC per piani altimetrici (Documento 2) La superficie dell’area di perimetrazione del SIC “Monte Gariglione” è di 608 ettari, ed è a questa entità che si fa riferimento per il calcolo dei valori, assoluti e percentuali, relativi alla ripartizione interna del territorio. Sulla base di cartografia IGM al 25.000 di recente pubblicazione e procedendo nel comprensorio in senso altitudinale, a modulo 100 m delle isoipse, s’incontrano tre piani [due ricadenti nella fascia silana montana, uno in quella altomontana] di riferimento: l’inferiore (1500-1600 m s.l.m.), il medio (1600-1700 m) e il superiore (1700-1765 m), estesi rispettivamente 108 ettari (17,8%), 378 ettari (62,2%) e 122 ettari (20,0%). Nei piani esaminati, in particolare nei versanti freddi e soleggiati e su suoli freschi e profondi, sono edificati i popolamenti significativi, a composizione pura e mista, delle specie forestali esclusive d’alta quota della zona: abete bianco e faggio. Si associano ad esse, sporadicamente, il pioppo tremulo, il pino laricio e l’acero montano. Ubicazione ed elementi dendrometrici delle aree sperimentali (Documento 3-4-5) L’ubicazione topografica delle 12 aree di saggio è riportata nel Documento 3, mentre i principali parametri dendrometrici delle prime 10 aree al momento del rilievo in bosco (prima, durante e dopo il diradamento) sono riassunti nel documento 4, relativo al prospetto riassuntivo delle frequenze, delle aree basimetriche, dei valori di diametro medio, dei coefficienti di riduzione, della situazione prima dell’intervento strutturale, dell’entità del taglio, della situazione dopo il diradamento. I dati in essa riportati evidenziano, per alcune aree, una situazione critica sia per quanto concerne il numero di piante, sia per i valori di area basimetrica; sono stati infatti riscontrati un numero eccessivo di piante in molte aree, e comunque sempre oltre le 1500 piante ad ettaro, a cui corrispondono valori altrettanto elevati di area basimetrica. A fronte di tali valori, i volumi registrano un andamento inverso, in quanto sono stati stimati valori generalmente più elevati nelle aree a minore densità. Quanto sopra evidenzia chiaramente che i volumi medi delle singole piante sono maggiori dove la densità è minore; in sostanza, la maggiore densità influisce negativamente sull’accrescimento delle singole piante. Bisogna inoltre considerare che la densità eccessiva condiziona negativamente anche la stabilità delle singole piante e, quindi, dell’intero soprassuolo. In sostanza, nei popolamenti a maggiore densità le piante tendono a “filare” per effetto della concorrenza nei confronti della luce e presentano, pertanto, un rapporto ipsodiametrico più elevato, con effetti negativi nei riguardi della resistenza agli agenti atmosferici (neve e/o vento). Spostando l’attenzione sul documento 5, ovvero all’intervento di taglio eseguito nelle aree di 1 ettaro - ove la compartecipazione al bosco misto del numero di piante di faggio è compresa tra il 75 e il 63%, quella dell’abete bianco tra il 24 ne il 29%, mentre quella del pioppo tremulo (assieme ad alcune piante di salicone e acero montano) oscilla dall’1 all’8% - si giunge sostanzialmente alle medesime valutazioni dendrometriche (densità, 8 C.R.A. Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Istituto Sperimentale per la Selvicoltura Sezione Periferica di Cosenza _________________________________________________________________ area basimetrica, metri steri e/o peso della massa asportata col taglio) e selvicolturali (aspetti compositivi, distribuzione spaziale, struttura, stato di sofferenza del piano di rinnovazione dell’abete bianco). Dall’esame dei dati risulta inoltre che il taglio strutturale ha riguardato quasi esclusivamente piante di faggio (88-95%), alcune di pioppo tremolo (11-1%) e solo in minima parte di abete bianco (1-4%). Prescindendo dal miglioramento immediato della struttura dei due popolamenti quale conseguenza dell’intervento di taglio attuato, nelle due aree assume notevole significanza, attuale e futura, anche la nuova ripartizione specifica delle piante rimaste: - area 11 / Faggio : Abete : Pioppo = 61 : 38 : 1 [75:24:1, prima dell’intervento]; - area 12 / Faggio : Abete : Pioppo = 37 : 60 : 3 [63:29:7, prima dell’intervento]. La densità finale dei due popolamenti oscilla da 492 a 676 piante per ettaro, con un’area basimetrica compresa tra 32,79 e 33,94 m2 e un diametro medio variabile da 25,3 a 29,1 cm. Nell’immediato futuro, della nuova situazione determinata se ne avvantaggerà soprattutto l’abete bianco, sia in termini di ripresa vegetativa del proprio piano in rinnovazione, liberato dalla perdurante sottomissione, sia in termini di maggiore profondità di chioma delle piante arboree presenti in bosco, con maggiore produzione di strobili di abete che dissemineranno e che daranno luogo alla formazione di promettenti semenzali. Gestione selvicolturale Allo stato attuale nella zona interessata dagli interventi sono presenti popolamenti misti di faggio e abete, faggio-abete-pioppo tremolo, ovvero popolamenti puri o a prevalenza di faggio. Tenuto conto degli indirizzi di protezione che caratterizzano un’Area protetta, le modalità con cui sono state contrassegnate e asportate col diradamento le piante, sono state valutate e analizzate da zona a zona, in base alle reali condizioni dei soprassuoli. L’intervento attuato è finalizzato al miglioramento delle condizioni vegetative del soprassuolo, con il rilascio non solo delle piante fenotipicamente migliori e a chioma ben conformata, ma anche dei soggetti di interesse estetico e naturalistico. L’intervento di taglio è risultato di tipo selettivo dal basso ed ha interessato le piante di faggio delle classi diametriche più piccole ed appartenenti per lo più al piano dominato; ove presenti, il diradamento ha riguardato anche le piante di pioppo tremolo, che per l’età avanzata presentavano spesso problemi di marciumi localizzati sulle radici e sul fusto. Dove necessario, inoltre, sono state contrassegnate al taglio anche alcune piante del piano dominante, soprattutto di faggio e pioppo tremolo, al fine di favorire l’insediamento della rinnovazione di abete nelle migliori condizioni di luminosità e di assenza di aduggiamento da parte delle piante di tali specie. 9 C.R.A. Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Istituto Sperimentale per la Selvicoltura Sezione Periferica di Cosenza _________________________________________________________________ L’analisi dei dati ha inoltre evidenziato che, anche nei casi in cui il numero delle piante asportate è elevato, i corrispondenti valori di area basimetrica (e conseguentemente di volume) sono sempre modesti, in quanto, come si è detto in precedenza, l’intervento ha interessato prevalentemente il piano dominato, caratterizzato cioè da piante di piccolo diametro. In alcune aree, valori apparentemente elevati di area basimetrica asportata sono dovuti alla totale assenza di semenzali e/o rinnovazione affermata di abete bianco, indice cioè dell’assoluta mancanza di condizioni ecologiche favorevoli alla germinazione dei semenzali di abete. In tali casi, quindi, cercando sempre di non scoprire eccessivamente il suolo, per non ingenerare fenomeni di dissesto geopedologico, gli interventi eseguiti si prefiggono di far penetrare al di sotto delle chiome una maggiore quantità di luce. Considerazioni conclusive L’abete del Gariglione, localizzato nella parte sud-orientale dell’altopiano silano, rappresenta il più cospicuo centro di vegetazione della Sila. L’analisi delle aree di saggio, realizzate in area SIC, mostra come la massa sia costituita mediamente per oltre il 55% dal faggio, per circa il 32% dall’abete bianco e per circa il 13% dal pioppo tremolo. A cui corrisponde, rispettivamente, una ripartizione della densità pari a 64, 32 e 4%. In termini distributivi, a partire da quota 1450-1500 m e con riguardo alle esposizioni soleggiate e fresche, l’abete tende ad aumentare tendenzialmente la sua partecipazione al consorzio misto. Al di sopra dei 1650-1700 m diventa nuovamente sporadico, con le principali vette, esposte all’azione del vento, occupate ancora dal faggio allo stato puro. La rinnovazione è presente nei gruppi di faggio, non eccessivamente densi, talvolta è molto numerosa, ma i danni causati dall’aduggiamento sono sempre molto gravi. Condizioni più favorevoli si osservano ai margini delle chiarie e delle radure, nei quali la rinnovazione è generalmente presente, ma la mancanza da diversi decenni di un appropriato intervento selvicolturale, aggravato dal pascolo incontrollato, costituisce ostacolo difficilmente superabile per l’affermazione del novellame. In tale contesto ambientale, le indagini preliminari hanno evidenziato che, a seconda delle zone, e quindi del grado di mescolanza e dello sviluppo in diametro e altezza delle due specie, la rinnovazione di abete bianco è del tutto assente, ovvero rappresentata da piccoli e radi gruppi, costituiti da individui stentati che evidenziano chiaramente problemi di capacità vegetativa, sia in termini di accrescimento radiale, sia in termini di accrescimento longitudinale. E’ quindi necessario programmare ed eseguire nei popolamenti tagli intercalari mirati, di tipo selettivo e di intensità generalmente moderata, al fine di favorire la costituzione di soprassuoli strutturalmente e funzionalmente rispondenti ai risultati da raggiungere. In prospettiva e nel dettaglio, gli obiettivi della gestione selvicolturale dei boschi 10 C.R.A. Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Istituto Sperimentale per la Selvicoltura Sezione Periferica di Cosenza _________________________________________________________________ misti faggio-abete bianco di Monte Gariglione devono tendere soprattutto: 1) ad una maggiore stabilità bioecologica dei popolamenti presenti; 2) ad assicurare loro la piena funzionalità bioecologica; 3) a consentire all’importante ecosistema una superiore qualificazione ambientale e colturale. Non meno interessanti e secondari sono poi altri aspetti di particolare interesse, quali quello paesaggistico e di protezione della biodiversità vegetale e animale. In sostanza, gli interventi proposti si configurano in un’ottica di gestione forestale sostenibile ed eco-compatibile, in funzione delle peculiarità dei boschi indagati, meritevoli di particolare attenzione, in vista anche della loro classificazione quali aree a protezione speciale e di interesse comunitario. B - Studio e indirizzi di gestione delle “Pinete del Roncino” Lo studio si prefigge di individuare le più idonee tecniche di gestione selvicolturale dei popolamenti naturali di pino laricio siti in località “Pinete del Roncino”, la cui notevole importanza è testimoniata dal fatto che l’area in questione è identificata come ZPS IT9310069 e SIC IT9330117 della Rete Natura 2000. L’intera zona è estesa complessivamente 1508 ettari e si caratterizza per la presenza di formazioni naturali di pino laricio, pure e coetanee. Nei soprassuoli posti in località Marù, Guerriccio e Acqua delle Donne, vegetano anche esemplari di pino silano dell’ecotipo “vutullo”, con fusti poco rastremati alla base, cilindrici e colonnari, privi di rami secchi e/o monconi per notevole altezza, caratterizzati da precoce e consistente duramificazione del legno. Dovendo lo studio definire il modulo colturale più appropriato da eseguire nei popolamenti adulti e maturi di pino laricio per migliorare lo stato bioecologico complessivo dei soprassuoli ed incrementare, laddove presenti, il numero degli esemplari di “vutullo”, si richiamano alcuni aspetti distributivi, bioecologici, temperamentali e di portamento della specie. Pinete naturali di laricio Nell’altopiano silano l’estensione dei popolamenti naturali di pino laricio (Pinus nigra laricio calabrica) è di circa 40.000 ettari e costituisce solo una parte delle vaste pinete che anticamente rappresentavano la cosiddetta “Silva brutia” dei romani, espressione simbolica del paesaggio forestale calabrese. La specie vegeta in Sila in un’ampia fascia altimetrica (900-1800 m s.l.m.), con preferenza per i versanti più caldi, in quanto caratterizzata da temperamento termofilo, xerofilo, eliofilo. Al limite inferiore si mescola col cerro, col castagno e con altre querce caducifoglie (rovere, roverella); al limite superiore con l’ontano napoletano, il pioppo tremulo e, in sporadici casi, con l’abete bianco e il faggio. In fatto di terreno si insedia di preferenza su suoli aridi e silicei. Le piante hanno portamento elegante, con fusti colonnari, a chioma profonda e 11 C.R.A. Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Istituto Sperimentale per la Selvicoltura Sezione Periferica di Cosenza _________________________________________________________________ raccolta in alto, che a maturità raggiungono altezze di 35-40 m. E’ specie molto longeva, che può superare anche 450 anni negli individui isolati. Spiccatamente socievole, costituisce nell’ottimo ambientale di vegetazione estese pinete, per lo più monospecifiche e dense, dalle quali si rinnova facilmente e in abbondanza. La produzione di strobili è precoce (20-30 anni in bosco) e abbondante ogni 2-3 anni, con seme fertile già a 15-18 anni (in piante singole o marginali) e a facoltà germinativa buona: di qui la spiccata capacità colonizzatrice della specie, anche su litosuoli granitici in decomposizione. L’accrescimento delle piante è sufficientemente veloce in altezza e nell’ampliamento della giovane chioma, precoce e sostenuto in diametro; prerogative queste che consentono di annoverare la specie fra le conifere endemiche a immediata copertura del suolo e ad elevata capacità di accrescimento legnoso. Il governo è ad alto fusto, con turno della pineta di circa 100 anni, a cui si fanno corrispondere 5 stadi evolutivi del soprassuolo: novelleto (1-20 anni), perticaia (21-40), fustaia giovane (41-60), fustaia adulta (61-80), fustaia matura (81-100). Materiali e metodi Le indagini preliminari hanno evidenziato che le pinete ricadenti nell’area SIC di Roncino si caratterizzano per la presenza di differenti classi d’età o stadi evolutivi, dal novelleto fino alla fustaia stramatura. In ciascuno degli stadi significativi riscontrati è stata costituita un’area di saggio, a carattere permanente, al fine di rilevare con estrema precisione e per i diversi soprassuoli indagati gli aspetti dendrometrici e selvicolturali. Gli stadi evolutivi esaminati sono 5, così ripartiti per classi d’età, località e numero progressivo dell’area: - perticaia (30-40 anni) / Carcarella (area n. 1) - fustaia giovane (41-60 anni) / Sarienti (area n. 2) - fustaia adulta (61-80 anni) / Simmerino (area n. 3) - fustaia matura (81-100 anni) / Scutello (area n. 4) - fustaia stramatura 101-120 anni) / Coturelle (area n. 5) Per l’ubicazione topografica delle aree sperimentali, la n. 2, 4 e 5 ricadono in area SIC, la n. 1 e 3 poco al di fuori. Le aree sono state realizzate di forma rettangolare e ampiezza variabile (da 1049 a 3000 m²), utilizzando lo squadro agrimensorio e la cordella metrica. Ai vertici delle stesse, una volta individuate, sono stati infissi nel terreno alcuni picchetti al fine di consentire, in tempi successivi, il loro ritrovamento; per maggior sicurezza è stato segnato anche il perimetro dell’area, segnando con vernice le piante immediatamente esterne. Successivamente è stato rilevato il diametro a m 1,30 da terra di tutte le piante 12 C.R.A. Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Istituto Sperimentale per la Selvicoltura Sezione Periferica di Cosenza _________________________________________________________________ presenti con diametro maggiore di 3 cm, ed è stato inoltre annotato sul piedilista di cavallettamento lo stato fitosanitario e l’aspetto esteriore delle stesse. L’elaborazione dei dati ha consentito di ricavare le distribuzioni di frequenza per classi di diametro di 5 cm delle piante presenti, tenendo distinte la specie e lo stato vegetativo delle piante vive. Ulteriori elaborazioni hanno riguardato la determinazione dell’aree basimetrica, anch’essa distinta per classi diametriche di 5 cm in funzione della specie e dello stato sanitario (piante vive e morte). La stima dei volumi è stata infine eseguita ricorrendo al metodo dell’albero modello unico, che consente di stimare la massa legnosa presente a livello di intero soprassuolo (quindi non distinta in funzione delle classi diametriche presenti). Nella Foresta Marù, su un’area di circa 1 ettaro, sono state scelte e contrassegnate, 12 piante di pino “vutullo”, rilevandone i diametri [a 0,10-0,50-1,30 m da terra], le altezze totali, le profondità di chioma e le altezze dei fusti privi di rami secchi o monconi. Risultati conseguiti Rappresentazione aerea del SIC (Documento 6) Dalla visione di ortofotocarte da volo aereo del 1998, dai sopralluoghi eseguiti sul posto e dalla bibliografia forestale acquisita, si richiamano alcuni requisiti fondamentali del SIC oggetto di studio: - l’ubicazione in ambiente mediterraneo montano, con clima di tipo appenninico sugli altipiani e sui versanti caldi delle principali vette; - l’ossatura granitica dei maggiori rilievi, analoga a quella che si riscontra nelle montagne italiane del sistema alpino occidentale; - la conformazione allungata in direzione nord/ovest - sud/est (6,5 km di lunghezza massima in linea d’aria) e allargata da sud/ovest a nord/est (3,0 km), con relativa vicinanza al mare Ionio; - l’incidenza del Torrente Roncino (parte alta e media) e del Fosso del Ferro (parte media e bassa), che attraversano topograficamente il SIC da nord a sud per tutta la lunghezza, nel determinare i gradienti termometrici e di umidità dei versanti caldi e freddi e la distribuzione, dalle quote basse a quelle alte, del pino laricio, dell’ontano napoletano e del faggio; - l’edificazione su estese superfici del bosco puro di pino laricio, i cui gruppi naturali di vegetazione, anche all’esterno di Roncino, ricadono in area Parco; - la maggiore presenza di popolamenti di pino laricio da quota 1150-1200 m a 1400-1450 m, che si presentano paracoetanei per piccoli gruppi, in buono stato vegetativo, esenti da fitopatie diffuse. Ripartizione territoriale del SIC per piani altimetrici (Documento 7) La superficie dell’area di perimetrazione del SIC “Pinete del Roncino” è di 1508 ettari, ed è a questa entità che si fa riferimento per il calcolo dei valori, assoluti e percen- 13 C.R.A. Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Istituto Sperimentale per la Selvicoltura Sezione Periferica di Cosenza _________________________________________________________________ tuali, relativi alla ripartizione interna del territorio. Sulla base di cartografia IGM al 25.000 di recente pubblicazione e procedendo nel comprensorio in senso altitudinale, a modulo 100 m delle isoipse, s’incontrano sei piani [due rientranti nella fascia submontana, quattro in quella montana]: inferiore a 1100 m s.l.m., 1100-1200 m, 1200-1300 m. 1300-1400 m, 1400-1500 m, superiore a 1500 m; estesi rispettivamente 16 ettari (1,1%), 329 ettari (21,8%), 562 ettari (37,3%), 352 ettari (23,4%), 196 ettari (12,9%), 53 ettari (3,5%). Nei piani esaminati, in particolare nei versanti caldi e su suoli permeabili e discretamente profondi, sono edificati i popolamenti significativi di pino laricio, quasi sempre in purezza o a minima compartecipazione di altre specie forestali (cerro, ontano napoletano, pioppo tremulo, acero montano, faggio). Ubicazione ed elementi dendrometrici delle aree sperimentali (Documento 8-9-10) L’ubicazione topografica delle aree di saggio è riportata nel Documento 8, mentre i principali parametri dendrometrici sono riassunti nel Documento 9, da cui risulta che: - L’area a perticaia di Carcarella presenta ad ettaro una densità di 3040 piante vive di pino laricio (le secche sono 110), per un diametro medio di 17,9 cm e un diametro dominante di 31,4 cm, un’altezza media di 20,0 m e un’altezza dominante di 24,1 m, 2 3 un’area basimetrica di 76,39 m , un volume di 771,588 m , un’età di 38/42 anni per un 3 incremento medio di massa corrente di 18,4/20,3 m /ha/anno. - L’area a fustaia giovane di Sarienti presenta ad ettaro una densità di 858 piante vive di pino laricio (le secche sono 76), per un diametro medio di 33,1 cm e un diametro dominante di 49,9 cm, un’altezza media di 30,3 m e un’altezza dominante di 33,7 m, 2 3 un’area basimetrica di 73,81 m , un volume di 1066,325 m , un’età di 41/49 anni per un 3 incremento medio di massa corrente di 21,8/26,0 m /ha/anno. - L’area a fustaia adulta di Simmerino presenta ad ettaro una densità di 457 piante vive di pino laricio (le secche sono 19), per un diametro medio di 47,0 cm e un diametro dominante di 61,3 cm, un’altezza media di 37,1 m e un’altezza dominante di 40,2 m, 2 3 un’area basimetrica di 79,28 m , un volume di 1374,374 m , un’età di 77/89 anni per un 3 incremento medio di massa corrente di 15,4/17,8 m /ha/anno. - L’area a fustaia matura di Scutello presenta ad ettaro una densità di 295 piante vive di pino laricio (le secche sono 3), per un diametro medio di 52,9 cm e un diametro dominante di 65,0 cm, un’altezza media di 35,5 m e un’altezza dominante di 38,0 m, una 2 3 area basimetrica di 64,89 m , un volume di 1078,216 m , un’età di 96/106 anni per un 3 incremento medio di massa corrente di 10,2/11,2 m /ha/anno. - Nel soprassuolo principale dell’area a fustaia stramatura di Coturelle la densità ad ettaro è di 228 piante vive di pino laricio (secche nessuna), per un diametro medio di 70,0 cm e un diametro dominante di 83,8 cm, un’altezza media di 39,9 m e un’altezza 2 3 dominante di 42,2 m, un’area basimetrica di 86,67 m , un volume di 1575,152 m , un’età 3 di 108/112 anni per un incremento medio di massa corrente di 14,1/14,6 m /ha/anno. 14 C.R.A. Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Istituto Sperimentale per la Selvicoltura Sezione Periferica di Cosenza _________________________________________________________________ Per i popolamenti indagati, assimilabili a fustaie coetanee di pino laricio allo stato puro e a diverso stadio evolutivo, il confronto tra i dati dendroauxometrici [età, numero dei fusti, altezza dominante, massa corrente, incremento legnoso] delle aree di saggio e quelli riportati nella “Tavola alsometrica di pino laricio della Calabria” di C. Castellani, che prende in esame pinete silane d’età compresa tra 20 e 100 anni, permette alcune importanti valutazioni. Classe di fertilità – Il valore medio delle altezze dominanti misurate a 40, 60, 80 e 100 anni consente di far rientrare nella I classe di fertilità la pineta di 40 anni (Carcarella) e di assimilare ad una classe migliore della I la pineta di 60 (Sarienti), di 80 (Simmerino) e di 100 anni (Scutello). Densità – Il numero ad ettaro di piante vive di pino laricio riscontrato a 40, 60 e 80 anni è sempre maggiore di quello previsto per la I classe di fertilità: 3040 contro 1035 a 40 anni, 858 contro 615 a 60 anni, 457 contro 420 a 80 anni; solo a 100 anni risulta inferiore: 295 contro 350. Provvigione legnosa – La massa corrente ad ettaro che insiste alle diverse età nelle aree sperimentali indagate è sempre superiore, e di molto, a quella riportata nella I classe di fertilità: 772 contro 502 m3 a 40 anni, 1066 contro 740 m3 a 60 anni, 1374 contro 873 m3 a 80 anni, 1078 contro 928 m3 a 100 anni. Incremento di massa corrente – E’ associato alla provvigione legnosa che, all’età della pineta, è presente sull’unità di superficie; i valori risultanti sono superiori, e di diversi punti, a quelli riportati nelle tavole per la I classe di fertilità: 18,4 contro 12,6 m3/ha/anno a 40 anni, 21,8 contro 12,3 m3/ha/anno a 60 anni, 15,4 contro 10,9 m3/ha/anno a 80 anni, 10,2 contro 9,3 m3/ha/anno a 100 anni. Rapporto H/D nelle aree sperimentali Nelle 5 aree di saggio, la ripartizione delle piante vive (del soprassuolo principale) di pino laricio in classi diametriche (a modulo 5 cm) e l’assegnazione a ciascuna classe di diametro del valore (in cm) dell’altezza compensata (ottenuta analiticamente dalla curva ipsometrica), ha consentito di ottenere per ogni area di saggio l’entità del “Rapporto H/D” - utilizzato da O. La Marca e Altri nel lavoro “Ulteriori indagini sugli schianti in boschi di abete bianco”-, importante indicatore delle condizioni di instabilità dei popolamenti di pino laricio studiati nei confronti di sollecitazioni da agenti meteorici. In particolare, assumendo anche per le pinete di pino laricio il valore 75-80 quale soglia critica del rapporto H/D, risulterebbe che: - nella fustaia matura di Scutello (area 4) sono a rischio 66 piante (22,4% del totale) ad ettaro, appartenenti alle classi diametriche 20 (3), 30 (30), 35 (13) e 40 (20); pertanto andrebbe pianificato ed eseguito nella pineta un taglio di normalizzazione asportando, tra le altre, le piante delle classi indicate; - nella fustaia stramatura di Coturelle (area 5) sono a rischio soltanto 16 piante (7,0% del totale), appartenenti alle classi diametriche 30 (4), 35 (4) e 40 (8); pertanto andrebbe pianificato ed eseguito nel popolamento un taglio di normalizzazione asportando, tra le altre, le piante delle classi indicate; 15 C.R.A. Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Istituto Sperimentale per la Selvicoltura Sezione Periferica di Cosenza _________________________________________________________________ - nei restanti soprassuoli a perticaia di Carcarella (area 1), a fustaia giovane di Sarienti (area 2) e a fustaia adulta di Simmerino (area 3), la soglia critica 75-80 del rapporto H/D andrebbe innalzata di diversi punti per stabilire quali piante del soprassuolo sono realmente a rischio di schianti. Piante di pino “vutullo” (Documento 11) Nella foresta Marù della Sila di Catanzaro le 12 piante di pino “vutullo”, individuate e contrassegnate, ricadono in una fustaia adulta di pino laricio a densità irregolare, con presenza di chiarie. Apparentemente il piano dominante e quello condominante della pineta appartengono a due differenti classi d’età (con differenza di circa 30-40 anni). Il piano dominato è caratterizzato dalla presenza del faggio e da novellame diffuso di pioppo tremulo, con sottobosco costituito in prevalenza da felce aquilina. Gli esemplari di “vutullo” sono distribuiti in un’area di circa 1 ettaro e presentano mediamente: - un diametro a 1,30 da terra di 61,9 cm (campo di variazione 50,3-77,3); - un coefficiente di rastremazione D1,3/D0,1 di 0,88 (0,83-0,92); - un’altezza totale di 35,6 m (34,2-37,0); - un rapporto H/D di 57,5 (46,8-68,0); - un’altezza del 1° palco secco di 16,2 m (10,7-20,4); - un’altezza del 1° palco verde di 19,3 m (14,4-23,7); - una profondità di chioma di 16,3 m (11,2-21,5); - un volume cormometrico di 5,030 m3 (3,134-7,757); Le piante di “vutullo” di Marù, rispetto a quelle edificate nel Bosco Gallopane della Sila Grande - anch’esse individuate e studiate nel 2006 dall’Istituto Sperimentale per la Selvicoltura di Cosenza - risultano mediamente: meno grosse di diametro (di 1,8 cm), meno rastremate 0,02), più alte (4,2 m), con maggiore rapporto H/D (10,4), con superiore altezza 1° palco verde (5,3 m), con minore profondità di chioma (1,1 m), con maggiore volume cormometrico (0,405 m3). Gestione selvicolturale Per una migliore gestione delle formazioni naturali di pino laricio che trovano, nella Sila di Cosenza e di Catanzaro in ambito comprensoriale del Parco, e nel SIC di Roncino condizioni ecologiche ottimali, è necessario definire, programmare e attuare - nei diversi stadi evolutivi dei soprassuoli - tagli intercalari (colturali) e di rinnovazione (di fine ciclo). Gli interventi di miglioramento devono pertanto riguardare: - le pinete giovani e adulte, nelle quali non vengono eseguiti da anni diradamenti; - le pinete prossime alla maturità, da sottoporre a mirati tagli di pretrattamento e di rinnovazione; - le pinete rade e degradate, a prevalente funzione protettiva, bisognevoli di pronta 16 C.R.A. Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Istituto Sperimentale per la Selvicoltura Sezione Periferica di Cosenza _________________________________________________________________ ricostituzione. In genere le giovani pinete si presentano per lo più molto dense e mantengono a lungo un alto numero di fusti: di qui la necessità di eseguire oculati tagli intercalari, da ripetere con frequenza regolare sullo stesso soprassuolo. Per i popolamenti giunti allo stadio evolutivo di novelleto adulto (15-25 anni) o di giovane perticaia (25-35 anni) e non ancora sottoposti al primo diradamento, occorre procedere a moderati tagli colturali, da ripetere a intervalli di circa 10-15 anni. L’intervento sarà a carattere selettivo e distanziale, qualificando al massimo livello il soprassuolo rilasciato (in particolare nei riguardi della stabilità dello stesso alle avversità atmosferiche) e predisponendolo alla perpetuità biologica. Anche nelle pinete prossime allo stadio di perticaia adulta o di fustaia giovane e bisognose d’intervento, occorre intervenire in modo da portare la densità - spesso eccessiva, con oltre 2000 piante per ettaro - a circa 1000-1200 piante a 40-50 anni. Prove sistematiche di diradamento condotte anni addietro dall’Istituto Sperimentale per la Selvicoltura nelle pinete della Sila Greca in comune di Bocchigliero, hanno permesso di accertare che all’età di 20, 30 e 45 anni il diradamento migliore è quello di grado moderato, col quale si asportano, rispettivamente circa 30, 70 e 120 m3 di legname per ettaro. Nella fustaia adulta vicina ai 60 anni, il primo o secondo diradamento dovrà assumere i connotati di vero e proprio “taglio di pretrattamento”, con rilascio spaziale e numerico delle migliori piante portasemi, caratterizzate da buona ampiezza (larghezza) e profondità (altezza) di chioma. Nelle fustaie mature di pino (80-100 anni) da sottoporre a tagli di rinnovazione, il trattamento più indicato è quello del taglio a raso a buche o su aree rettangolari di 20003000 m2 (100 x 20-30 m), assimilabile al cosiddetto “taglio a schiumarola” degli operatori boschivi della Sila, che consente di ottenere una sollecita e buona rinnovazione naturale. Per l’affermazione poi della copiosa nascita di semenzali, occorrerà disciplinare nella pineta l’esercizio del pascolo stanziale bovino, in ordine all’ubicazione, al periodo, alla durata e al carico. Per le pinete a scarsa densità e in precario stato vegetativo è opportuno eseguire, nei vuoti e nelle radure, il rinfoltimento del bosco con buon postime di pino laricio e/o di altre specie forestali montane (cerro, acero montano, abete bianco), tenuto conto dell’incidenza di copertura del soprassuolo e delle condizioni stazionali (quota, esposizione, pendenza), climatiche (piovosità, presenza di gelate) e di suolo (matrice geologica, profondità) che insistono. Considerazioni conclusive Il pino laricio calabrese, endemico del SIC di Roncino, si rinviene soprattutto nella fascia montana (1200-1600 m s.l.m.) del comprensorio - al limite di vegetazione tra le querce caducifoglie in basso e il faggio in alto -, ove costituisce popolamenti naturali 17 C.R.A. Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Istituto Sperimentale per la Selvicoltura Sezione Periferica di Cosenza _________________________________________________________________ significativi, localizzati in particolare nelle esposizioni calde e su suoli di natura silicea. Carattere distintivo della specie è l’elevata capacità colonizzatrice di ambienti aperti con suoli poco evoluti, dimostrandosi insostituibile nella difesa antierosiva. Nell’ottimo ambientale di vegetazione costituisce estese pinete, per lo più monospecifiche, dalle quali si rinnova facilmente. Utilizzato in passato anche per l’estrazione della resina, di questa antica pratica ormai abbandonata restano le tracce sugli alberi più vetusti. Per una gestione dinamica dei popolamenti giovani e adulti di pino laricio, che trovano nel comprensorio del SIC condizioni ecologiche ottimali, si rendono necessari i tagli intercalari - moderati, appropriati, mirati e diversificati - che vanno iniziati a 20-25 anni d'età, quando il soprassuolo ha raggiunto lo stadio evolutivo di novelleto adulto o di giovane perticaia, e ripetuti a intervalli di 15-20 anni. Per le pinete prossime alla maturità, la tendenza che ha la specie di rinnovarsi allo scoperto a piccoli gruppi, costituendo densi soprassuoli coetanei, il migliore trattamento da applicare è quello del taglio a raso su piccole strisce. Il sistema, largamente sperimentato anni addietro nella Sila di Cosenza nei boschi del Demanio Statale su prese di circa 2000 m2 (100 x 20 m), consente di ottenere una buona rinnovazione, anche se a volte è necessario integrare la disseminazione naturale con semine. Il trattamento a tagli successivi, pur dando ottimi risultati, provoca danni estremamente gravi alla rinnovazione in occasione dei tagli secondari e/o di sgombero. Si ritiene perciò che nelle pinete di Roncino - in aree cioè ove l’indirizzo ambientale e di conservazione dei popolamenti naturali di pino laricio vada perseguito con decisione e competenza - il cosiddetto taglio “a schiumarola”, assimilabile a un taglio a buche rettangolari di piccole dimensioni (30x40 m / 40x50 m), sia il trattamento che meglio si adatti al temperamento e alle caratteristiche bioecologiche della specie. Nell’immediato futuro, la prosecuzione e l’ampliamento nel SIC “Pinete del Roncino” delle ricerche avviate anni fa dall’Istituto Sperimentale per la Selvicoltura nella Sila di Cosenza, relative all’ottimizzazione del diradamento (per grado, tipo, classe arborea) nei popolamenti giovani e adulti di pino e alla definizione del migliore trattamento in quelli maturi o invecchiati, consentiranno di individuare meglio le ipotesi di gestione, esaltandone altresì la funzionalità bioecologica e ambientale. Ipotesi di gestione proprie della selvicoltura naturalistica, tendente a privilegiare e valorizzare l’ecosistema pineta nella sua interezza e complessità biologica, fisica e ambientale, in cui l’uomo visitatore o lavoratore - ma non disturbatore - sia anch’esso parte integrante ed attiva del sistema studiato. Aspetti gestionali che - nelle pinete ove è presente anche l’ecotipo “vutullo” dovranno consentire di incrementarne gli esemplari, attraverso la razionalizzazione della densità e della struttura. Il Responsabile scientifico (Dr. Silvano Avolio) 18