Il sistema della formazione non formale in Italia

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OFFICINA PITTINI PER LA FORMAZIONE
PROGETTO ALTERNANZA SCUOLA LAVORO
IL SISTEMA DEGLI APPRENDIMENTI
NON FORMALI IN ITALIA
Rapporto di ricerca
Luca Dordit
GIUGNO 2005
Lo studio è opera di Luca Dordit, ricercatore senior e consulente della Direzione Centrale del Lavoro,
Formazione, Università e Ricerca della Regione Friuli - Venezia Giulia.
Tra i principali enti per i quali ha svolto attività professionale figurano il Ministero dell’Istruzione,
Università e Ricerca (MIUR), EVTA (European Vocational Training Association), EUCIS (The European
Civil Society), Università degli studi di Trieste, Provincia di Gorizia, Formez, IRES Friuli - Venezia
Giulia , ENAIP nazionale, Istituto Internazionale Maritain, IRES FVG.
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Indice
Introduzione .................................................................................................................................................. 4
1. Il sistema nazionale dell’educazione degli adulti...................................................................................... 5
1.1. L’attività dei Centri Territoriali Permanenti....................................................................................... 5
2. Il settore della formazione non formale..................................................................................................... 9
2.1. La formazione non formale nelle filiere del sistema di istruzione e formazione professionale ......... 9
2.2. Formazione non formale nell’area culturale e sociale...................................................................... 12
2.3. La formazione non formale in azienda: una best practice sul piano nazionale................................ 13
3. La certificazione della formazione non formale...................................................................................... 17
4. Bibliografia.............................................................................................................................................. 20
5. Sitografia ................................................................................................................................................. 23
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Introduzione
La tematica riguardante la formazione in contesti non formali ha suscitato un interesse crescente in Italia
soprattutto negli ultimi anni, quando una serie di nuovi dispositivi normativi ha attribuito importanza e
peso alle competenze acquisite dagli individui nel corso della propria vita, indipendentemente dal contesto
in cui siano state sviluppate e maturate.
Il lavoro che segue si pone quindi l’obiettivo di definire in forma sintetica il settore della formazione non
formale a livello nazionale, così come è andato sviluppandosi nell’ultimo decennio sotto la spinta di nuove
esigenze emergenti sia presso il sistema dell’istruzione e della formazione professionale, sia all’interno
delle aziende e più estesamente della società civile.
Da un lato ci si è occupati del sistema dell’Educazione degli adulti che nel nostro Paese si rivolge
prevalentemente, anche se non esclusivamente, a pubblici a bassa scolarità e alla popolazione immigrata,
proponendo percorsi formativi finalizzati all’alfabetizzazione funzionale e all’acquisizione di competenze
di base per la vita quotidiana e per un primo inserimento nel mercato del lavoro. Si tratta di percorsi svolti
in parte in contesto formale, in parte in ambito non formale. Accanto all’insegnamento diretto, prevedono
forme di accompagnamento e di sostegno motivazionale all’apprendimento. Di quest’ampia tematica si
intende fornire un sintetico quadro al Capitolo primo.
Al Capitolo secondo l’attenzione si sposta sulle filiere del sistema dell’istruzione e della formazione
professionale che presentano una componente di formazione non formale, quasi sempre collocata in
azienda mediante esperienze più o meno prolungate di formazione on the job. In seguito si esaminano i
settori della formazione non formale nell’area culturale e sociale.
Sempre al Capitolo secondo il focus verte dalle filiere della formazione non formale all’ambito specifico
della formazione non formale in impresa. A questo proposito va detto che non molti sono gli esempi di
gestione della formazione non formale all’interno dell’azienda in Italia. Se da un lato si sono moltiplicati
negli anni recenti i soggetti che svolgono una parte della propria formazione direttamente sul luogo di
lavoro (apprendisti, stagisti, studenti, tirocinanti ecc.), pur tuttavia pochi sono gli esempi di
modellizzazione della formazione, dalla sua progettazione didattica fino agli strumenti di
accompagnamento dei processi formativi, che consentano alla formazione non formale di acquisire un
grado di trasparenza dei percorsi e delle competenze sviluppate al loro interno. In questo caso si riporta
una best practice segnalatasi a livello nazionale.
Al Capitolo terzo si dà conto dello stato dell’arte del costituendo sistema di certificazione delle
competenze che in Italia intende assolvere alla funzione che in Francia viene assicurata dalla VAE e nel
Regno Unito è garantita dall’Accreditation of Prior Experiential Learning (APEL). Come si avrà modo di
osservare, in Italia tale dispositivo non è giunto ancora ad una fase di implementazione del sistema, dato
che non può giovarsi di standard formativi nazionali se non per una filiera specifica, e non sono state
ancora definite le concrete prassi operative con cui realizzare la certificazione ed il riconoscimento delle
competenze acquisite. Pur tuttavia possono essere descritti i significativi passi in avanti fatti nell’ultimo
decennio in proposito.
Nelle ultime sezioni del testo sono inserite infine una bibliografia ed una sitografia che consentono di
approfondire la tematica trattata.
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1. Il sistema nazionale dell’educazione degli adulti
L’Educazione degli Adulti rappresenta la formazione che coinvolge le persone indipendentemente dall'età
e dalla condizione lavorativa. E’ costituita dall'insieme delle opportunità educative formali (istruzione e
formazione professionale certificata) e non formali (cultura, educazione sanitaria, sociale, formazione alla
vita associativa, educazione fisico motoria) rivolte a cittadini in età adulta Nell'ottica di un'offerta
integrata tra sistema scolastico, formazione professionale e mondo del lavoro, e di una politica di accesso
all'apprendimento lungo tutto l'arco della vita, la formazione permanente tende al raggiungimento di una
serie di precisi obiettivi:
-
favorire il rientro nel sistema formale di istruzione e formazione professionale;
-
favorire l'estensione delle conoscenze;
-
favorire l'acquisizione di specifiche competenze connesse al lavoro ed alla vita sociale;
-
recuperare bassi livelli di istruzione e formazione.
A partire dagli anni 50, l'Educazione degli Adulti ha avuto come obiettivo principale quello di combattere
il fenomeno dell'analfabetismo, ampiamente diffuso nel Paese. Dalle scuole popolari, istituite nel 1947 e
soppresse nel 1982, si è passati ai corsi di alfabetizzazione, per il conseguimento del titolo di scuola
primaria e ai corsi per lavoratori (c.d. 150 ore), per il conseguimento del titolo di scuola secondaria di
primo grado. Le maggiori trasformazioni sono intervenute negli anni 90, con la creazione dei Centri
Territoriali Permanenti (CTP), cui è stata affidata l’attuazione dell’offerta formativa dell'Educazione degli
Adulti.
1.1. L’attività dei Centri Territoriali Permanenti
Con Ordinanza del Ministero della Pubblica Istruzione, n. 455 del 29 luglio 1997, sono stati istituiti i
Centri Territoriali Permanenti (CTP) per l'istruzione e la formazione in età adulta. Essi sono nati dalla
necessità di garantire un'offerta formativa più ampia e diffusa, che rispondesse in maniera più efficace alle
diverse istanze sociali emergenti a livello nazionale. L'Ordinanza ha di fatto rimodellato il sistema
dell'istruzione degli adulti, sopprimendo e coagulando i precedenti corsi di alfabetizzazione e i corsi per
lavoratori. Il ruolo dei CTP come elemento di punta nell'educazione e nell'istruzione della popolazione
adulta è stato ribadito nella Conferenza Unificata Stato/Regioni del 2 marzo 2000, nella quale si specifica
che occorre assicurare “un'offerta formativa integrata tra Università, scuole e agenzie di formazione
professionale” che trova “un punto di riferimento nei Centri territoriali per l'educazione degli adulti”.
Finalità e obiettivi generali dei CTP
Come stabilisce l'Accordo del marzo 2000 i CTP sono “luoghi di concertazione e di lettura dei bisogni
formativi, di progettazione e di organizzazione delle iniziative di istruzione e formazione in età adulta, per
l'alfabetizzazione culturale e funzionale, il consolidamento e la promozione culturale, la rimotivazione e il
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riorientamento, l'acquisizione e il consolidamento di conoscenze e di competenze specifiche, di preprofessionalizzazione e/o di riqualificazione professionale”.
In particolare, le attività dei centri riguardano:
-
accoglienza, ascolto e orientamento;
-
alfabetizzazione primaria funzionale e di ritorno, anche finalizzata ad un eventuale accesso ai livelli
superiori di istruzione;
-
apprendimento della lingua e dei linguaggi;
-
sviluppo e consolidamento di competenze di base e di saperi specifici;
-
recupero e sviluppo di competenze strumentali culturali e relazionali idonee ad una attiva
partecipazione alla vita sociale;
-
acquisizione e sviluppo di una prima formazione o riqualificazione professionale;
-
rientro nei percorsi di istruzione e formazione di soggetti in situazione di marginalità.
Il quadro legislativo
Per quanto concerne i Centri Territoriali Permanenti, la normativa di riferimento risulta essere la
seguente:
-
Ordinanza Ministeriale 29 luglio 1997, n. 455 “Educazione in età adulta. Istruzione e formazione”.
L'ordinanza ha previsto il funzionamento dei Centri Territoriali Permanenti, con l'obiettivo di
predisporre un servizio diretto a coniugare il diritto all'istruzione con il diritto all'orientamento, al
riorientamento e alla formazione professionale.
-
Accordo sancito in Conferenza unificata in data 2 marzo 2000 –sulla “riorganizzazione e
potenziamento dell'educazione permanente degli adulti”. Con questo Accordo Governo, Regioni,
Province, Comuni e Comunità montane, in vista della necessità di riorganizzare l'educazione degli
adulti nell'ambito del sistema integrato di istruzione, formazione e lavoro, hanno stabilito diverse
nuove azioni per la riorganizzazione e il potenziamento dell'educazione degli adulti. Il documento
allegato all'accordo rileva l'esigenza di integrazione dei diversi livelli istituzionali, dei contenuti e dei
modi degli interventi, delineando l'architettura del sistema EdA che passa da una organizzazione per
sistemi chiusi ad una organizzazione di rete. In tal modo l'educazione degli adulti viene ad essere
costituita dall'insieme delle opportunità educative formali (istruzione e formazione professionale
certificata), e non formali (cultura, educazione sanitaria, sociale, formazione nella vita associativa,
educazione fisico-motoria) aventi per obiettivo la formazione di competenze personali di base nei
diversi campi, trasferibili e certificabili.
-
Direttiva ministeriale n. 22 del 06/02/2001 contenente ''Linee guida per l'attuazione, nel sistema di
Istruzione, dell'Accordo sancito dalla Conferenza Unificata il 2 marzo 2000''. Nella direttiva, di durata
pluriennale ed in corso di revisione, sono allegati due documenti: l'allegato A che rappresenta una
nota tecnica per la progettazione e la certificazione dei percorsi individuali di alfabetizzazione
funzionale degli adulti; l'allegato B che fornisce le indicazioni per la definizione dei dispositivi di
certificazione e documentazione dei percorsi di educazione permanente degli adulti. Oltre ai corsi
previsti dall'ordinamento scolastico per conseguire la licenza elementare, licenza media e il diploma
di istruzione secondaria superiore, con questa direttiva i CTP sono invitati ad intraprendere nuove
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modalità formative, attraverso percorsi individuali, modulari e flessibili, al fine di favorire
l'acquisizione dei linguaggi e delle competenze necessarie.
-
Circolare Ministeriale n. 24 del 1/3/2006 contenente ''Linee guida per l'accoglienza e l'integrazione
degli alunni stranieri”, nella quale viene sottolineato il ruolo fondamentale dei CTP nella integrazione
dei ragazzi stranieri compresi tra i 15 e i 18 anni, soprattutto nel quadro della collaborazione da essi
intrapresa con gli organismi di istruzione e formazione professionale.
Le aree di specializzazione
In base ai dati contenuti nel Monitoraggio EdA 2003/04 svolto dal Ministero dell'Istruzione,
dell'Università e della Ricerca in collaborazione con INDIRE, l'offerta formativa dei CTP si riferisce alle
seguenti tipologie di corso erogate:
-
Formazione formale: corsi finalizzati al conseguimento del titolo di scuola primaria o di scuola
secondaria di primo grado (oltre il 15% dei 19.536 corsi effettuati dai CTP);
-
Formazione non formale corsi a favore dei cittadini stranieri per l'integrazione linguistica e sociale
(16,22% del totale);
-
Formazione non formale corsi brevi e modulari, di alfabetizzazione funzionale (68,44% del totale).
Riguardo alla tipologia di questi ultimi corsi, va rilevato che i più graditi sono stati i corsi per
l'apprendimento dell'informatica o della multimedialità (40% del totale) ed i corsi di apprendimento di una
lingua straniera (in particolare l'inglese, con una percentuale del 27,40%).
Le metodologie didattiche
Le scelte vanno rapportate al quadro delle disposizioni riguardanti l'autonomia scolastica e la libertà di
insegnamento. In linea generale, si seguono i seguenti indirizzi:
-
i piani di studio e la programmazione sono improntati ai criteri della flessibilità e della
personalizzazione e supportati dall'utilizzazione di tecniche che consentano di suscitare interesse e
partecipazione;
-
si privilegia la strutturazione dell'offerta formativa per moduli;
-
è considerato importante l'uso dei laboratori e delle nuove tecnologie;
-
risultano essere fondamentali le fasi di accoglienza e di orientamento, specificamente previste, ad
esempio, dall'O.M. 455/97.
La fase di negoziazione del percorso con ogni iscritto viene spesso effettuata mediante il “patto
formativo”.
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Caratteristiche dei formatori
Nei CTP i docenti appartengono alle dotazioni organiche delle scuole statali di riferimento. L’organico di
base di ogni CTP è composto da 5 docenti, distribuiti su 4 aree: area delle materie letterarie (2 docenti):
area matematica (1 docente); area delle lingue straniere (1 docente); area tecnologica (1 docente). I
docenti non devono essere in possesso di qualifiche particolari o di pregresse esperienze che, tuttavia,
costituiscono titoli preferenziali.
La valutazione degli apprendimenti
Per tutti i corsi esiste la più ampia libertà in ordine ai tempi, ai modi e ai criteri di valutazione degli allievi,
decisioni rimesse ai docenti, ovviamente nell'ambito della normativa (numero minimo di giorni e ore di
lezione, ecc.).
A livello di istruzione obbligatoria non si dà nessuna valutazione disciplinare né in corso di anno
scolastico né in sede di esame, ma si tiene conto del reale livello culturale di partenza degli allievi e quello
raggiunto.
I dati quantitativi di base
Il Monitoraggio EdA 2003/04 svolto dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca in
collaborazione con INDIRE indica inoltre una serie di ulteriori dati statistici utili a tracciare le dimensioni
del nuovo sistema dell’Educazione degli adulti.
Per quanto riguarda le sedi, nell’anno formativo preso in considerazione i CTP ammontavano a 540 sul
territorio nazionale
Circa il numero di corsi erogato sono complessivamente 19.356:
-
2.966 finalizzati al conseguimento del titolo di studio
-
3.169 di integrazione linguistica e sociale per stranieri
-
13.371 brevi e modulari di alfabetizzazione funzionale
Gli iscritti nell’anno formativo 2003/04 sono stati 403.212. I giovani adulti (fino a 29 anni) sono risultati
un terzo degli iscritti. Più del 26% quelli di età superiore ai 40 anni. Le donne sono state il 56,2%
dell’utenza complessiva.
Sono stati rilasciati 184.903 certificazioni o attestati.
Sono stati rilevati 119.989 partecipanti stranieri (il 25,62% dell’utenza complessiva), di cui il 51,4%
donne e 48,6% uomini.
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2. Il settore della formazione non formale
2.1. La formazione non formale nelle filiere del sistema di istruzione e formazione professionale
Assumendo la definizione di formazione non formale definita nell’ambito del progetto MAPA, in Italia
sono molteplici le filiere formative in cui è presente una componente di tale tipologia formativa. Di
seguito se ne elencano le principali.
Istruzione e Formazione Tecnico Superiore
I corsi di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore sono percorsi di alta formazione post-diploma,
alternativi all'università. Hanno l'obiettivo di creare figure professionali necessarie a settori produttivi
caratterizzati da profonde trasformazioni tecnologiche e professionali e dalla internazionalizzazione dei
mercati, con particolare attenzione alle piccole e medie imprese dei distretti industriali.
Si rivolgono a giovani e adulti, senza limiti di età, con o senza impegni lavorativi. A partire dalla
programmazione 2000/2001 è consentito l'accesso ai corsi anche a coloro che non sono in possesso del
diploma di Scuola Secondaria Superiore purché dimostrino di possedere i requisiti culturali minimi
fondamentali e irrinunciabili per l'accesso a un canale di livello post-secondario.
Le attività formative sono realizzate, su indicazione delle Regioni, da almeno quattro soggetti: enti di
formazione, istituti superiori, università, imprese. Trasmettono solide conoscenze scientifico-tecnologiche;
competenze tecnico-professionali specifiche; competenze relazionali e di comunicazione su tematiche
comportamentali. Sono strutturati in un percorso flessibile e modulare composto da unità di
apprendimento che consentono l'acquisizione di competenze in sé concluse e certificabili, e prevedono
periodi di alternanza formazione-lavoro, stage aziendali o in strutture pubbliche.
Ogni esperienza formativa è certificata in crediti che potranno essere utilizzati nell'ambito di un percorso
ulteriore di formazione, anche universitaria, o di lavoro.
I corsi IFTS hanno una durata minima di due semestri e massima di quattro di cui il 30% in stage
formativi aziendali. Rilasciano il Certificato di Specializzazione Tecnica Superiore valido su tutto il
territorio nazionale e corrispondente al 4° livello europeo.
Percorsi triennali integrati tra istruzione e formazione in obbligo formativo
Si tratta di percorsi previsti dalla recente normativa sul sistema scolastico, attivati nell’anno 2004 nelle
scuole superiori di secondo grado, caratterizzati dall'alternanza di attività teoriche e attività pratiche
progettate e realizzate da scuola superiore in collaborazione con la formazione professionale, capaci di
coniugare il sapere, come conoscenza culturale di base, con il saper fare, come applicazione concreta dei
contenuti appresi e come primo approccio alla cultura del mondo del lavoro.
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Al termine del primo anno di frequenza di un percorso integrato, lo studente ha la possibilità di ripensare
la propria scelta, decidendo per il secondo anno di iscriversi ai corsi di istruzione tradizionale, continuare
un percorso integrato, o dedicarsi totalmente alla formazione professionale per l'assolvimento dell'obbligo
formativo.
Questa modalità aperta nelle tre direzioni (integrazione, istruzione, formazione), è regolamentata a livello
regionale ed è in genere possibile anche negli anni successivi al primo. L’attività formativa prevede una
forma di alternanza tra aula e stage in azienda. Quest’ultimo cresce in base alle annualità di studio.
Apprendistato
Ha la finalità di favorire l'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, dando loro la possibilità di
acquisire una professionalità specifica direttamente all'interno di un'impresa.
Il contratto di apprendistato è un contratto a contenuto formativo (definito per questo a causa mista)
poiché prevede che l'impresa si impegni a fornire all'apprendista la formazione professionale all'interno
del rapporto di lavoro.
La nuova normativa nazionale articola il contratto di apprendistato
Apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;
in
tre
tipologie:
-
Apprendistato professionalizzante; per il conseguimento di una qualificazione attraverso una
formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico professionale;
-
Apprendistato per l'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione.
A) Apprendistato nel diritto-dovere di istruzione e formazione
E' uno dei canali previsti dall'ordinamento per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;
è rivolto a giovani e adolescenti di età compresa tra i 15 e i 18 anni ed ha una durata massima di tre anni.
Gli apprendisti di età inferiore a 18 anni sono tenuti a frequentare corsi di 240 ore all'anno, secondo i
criteri attualmente in essere e definiti sulla base della legge 196/97. La quota rimanente di attività
formativa viene svolta direttamente in azienda secondo la modalità dell’affiancamento.
B) Apprendistato professionalizzante
È rivolto a persone di età compresa tra i 18 e i 29 anni, mentre sono sufficienti diciassette anni per le
persone già in possesso di una qualifica professionale.
Ha una durata compresa tra un minimo di due anni e un massimo di sei anni, secondo quanto previsto dai
contratti collettivi, che definiscono la durata del contratto in ragione del tipo di qualificazione da
conseguire. È previsto un monte ore di formazione formale, interna o esterna all'azienda, di almeno 120
ore per anno.
La formazione non formale si svolge in affiancamento a personale esperto.
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C) Apprendistato per l'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione
Ha come finalità il conseguimento di un titolo di studio di livello secondario, di titoli di studi universitari e
della alta formazione nonché la specializzazione tecnica superiore. I destinatari sono giovani di età
compresa tra i 18 e i 29 anni. La regolamentazione e la durata vengono rimandate alle Regioni, per i soli
profili che attengono la formazione, sulla base di accordi con le organizzazioni sindacali dei lavoratori e
dei datori di lavoro, con le università, con le istituzioni formative o con gli organismi formativi accreditati,
a seconda del titolo di studio da conseguire.
In molte Regioni sono operative una serie di sperimentazioni, avviate sulla base di accordi con il
Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e con le parti sociali: master progettati e realizzati dalle
Università del territorio in stretta collaborazione con le imprese interessate; percorsi di laurea con
formazione da svolgersi più o meno parzialmente in azienda, e così via.
Formazione permanente
La formazione permanente è rivolta ai cittadini di età adulta, dai 18 ai 65 anni, e garantisce il diritto
all’alfabetizzazione, all’educazione e alla formazione. E’ finalizzata ad estendere e rafforzare le
competenze trasversali, quelle professionali ed i nuovi alfabeti.
I destinatari degli interventi possono essere sia disoccupati che occupati. La partecipazione è riservata sia
a cittadini comunitari, residenti nei diversi territori regionali o domiciliati per motivi di lavoro o di studio,
che a cittadini extracomunitari, richiedenti asilo o rifugiati.
Educazione degli Adulti
La descrizione di tale tipologia formativa è trattata estesamente al Capitolo 1, cui si rimanda.
Tirocinio / Work experience
Il tirocinio e' un'esperienza formativa e di orientamento, un'opportunità di inserimento temporaneo nel
mondo del lavoro realizzata presso aziende pubbliche e private.
Il tirocinio non prevede un contratto di lavoro, è finalizzato all'acquisizione di una esperienza pratica, alla
crescita professionale e personale del tirocinante e rientra in un progetto personalizzato di formazione o di
ricerca del lavoro. Inoltre con la riforma dell'ordinamento didattico delle Università italiane, imperniata
sul sistema dei crediti formativi, il tirocinio rientra a pieno titolo nel percorso didattico degli studenti.
Attraverso la conoscenza diretta del contesto lavorativo, il tirocinio permette la socializzazione reciproca
tra mondo del lavoro e persone impegnate in processi educativo formativi o di ricerca di occupazione,
contribuisce all'acquisizione di nuove competenze e favorisce l'inserimento o il reinserimento lavorativo di
soggetti in difficoltà rispetto al mercato del lavoro.
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Stage
Oltre che interessare specifiche filiere formative, l’esperienza dello stage in azienda è oggi prevista in
Italia all'interno di tutti i corsi di formazione professionale. Consiste nel trascorrere un certo periodo di
tempo all'interno di una realtà lavorativa allo scopo di esercitare direttamente uno specifico ruolo
professionale prima dell’inserimento nel lavoro vero e proprio e per verificare, integrare, rielaborare
quanto appreso in aula.
2.2. Formazione non formale nell’area culturale e sociale
Le Università della Terza Età
Le Università della Terza età, riconosciute dalle Regioni, sono istituite e gestite da associazioni, istituzioni
e fondazioni culturali, cooperative, Enti Locali ed Università. Le finalità istituzionali sono orientate a
promuovere e diffondere la cultura fra i cittadini; favorire l’inserimento degli anziani nella vita sociale e
culturale della città in cui vivono. Per raggiungere tali scopi organizzano corsi di formazione e
promuovono studi, ricerche e iniziative culturali.
Le Università della Terza età si avvalgono di un corpo insegnante costituito da docenti, professori di
scuola media e professionisti.
I corsi sono molteplici e variano dalle materie come la storia dell’arte e l’archeologia, alle sessioni di
informatica e Internet. Ci si può dedicare alla pratica dello yoga, alle tecniche di fotografia, alla pittura, al
canto e così via.
Nel tempo queste università hanno sviluppato una notevole offerta di formazione e cultura, sia
assecondando i desideri degli iscritti sia facendosi promotrici di nuovi stimoli e iniziative.
Il mondo del volontariato e dell’associazionismo
Nel corso del 2003 l'Istat ha svolto la Quarta rilevazione sulle organizzazioni di volontariato iscritte nei
registri regionali al 31 dicembre 2001. Si tratta del rapporto che contiene i dati più recenti sul fenomeno
del volontariato in Italia.
Rispetto alla prima rilevazione, riferita al 1995, esse passano da 8.343 unità a 18.293 (+119,3%). Il
notevole incremento in termini numerici (+9.950 unità), dovuto sia alla costituzione di nuove unità (5.415)
sia all’iscrizione nei registri di organizzazioni preesistenti (4.535), è stato accompagnato da un processo di
diffusione territoriale, da una crescita relativamente contenuta dei volontari e delle risorse economiche
disponibili, da una lieve redistribuzione delle organizzazioni tra i settori di attività e da un aumento
consistente degli utenti che ad esse si rivolgono.
Analizzando le organizzazioni di volontariato per settore di attività prevalente, la sanità (33,1%) e
l’assistenza sociale (28,6%) si confermano i settori nei quali opera il maggior numero di organizzazioni.
Tuttavia, tra il 1995 e il 2001 la quota percentuale di organizzazioni diminuisce di 9,3 punti percentuali
nella sanità e di 1,9 punti percentuali nell’assistenza sociale. In direzione opposta si muovono i settori
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della ricreazione e cultura, protezione civile e protezione dell’ambiente, nei quali le quote percentuali
passano, rispettivamente, dall’11,7% al 14,9%, dal 6,4% al 9,8% e dal 2,2% al 3,8%. Risulta pressoché
costante il peso relativo delle organizzazioni attive in via prevalente nell’istruzione, nella tutela e
protezione dei diritti e nelle attività sportive.
Rispetto alla tipologia di servizi offerti, i più diffusi sono quelli relativi all’ascolto, sostegno e assistenza
morale e alla donazione di sangue (effettuato dal 20,4% delle organizzazioni). Seguono l’organizzazione
di campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica (17,5%), i servizi ricreativi e di intrattenimento
(16,9%), l’accompagnamento e inserimento sociale (13,3%), l’organizzazione di spettacoli e
manifestazioni folkloristiche (12,8%), le prestazioni di soccorso sanitario e trasporto malati (12,7%),
l’assistenza domiciliare (10,5%) e le esercitazioni di protezione civile (10,4%). Rispetto alle rilevazioni
precedenti2 cresce il numero di organizzazioni che offrono servizi di assistenza a persone. Nel 2001, le
organizzazioni con assistiti sono 13.451 (5.650 nel 1997), pari al 73,5% delle organizzazioni iscritte
(48,2% nel 1997). Aumenta anche il numero degli utenti, da 2,5 a 5,8 milioni di persone, mentre è
sostanzialmente invariato il numero medio di utenti per organizzazione: da 445 nel 1997 a 430 nel 2001.
Nel 2001 le categorie di assistiti con maggiori frequenze (Prospetto 5) sono quelle dei malati e
traumatizzati (39,5%), degli adulti considerati utenti senza specifici disagi (21,8%), dei minori (8,6%),
degli anziani autosufficienti (8,1%), degli immigrati (3,2%) e degli anziani non autosufficienti (2,6%).
2.3. La formazione non formale in azienda: una best practice sul piano nazionale
Il caso presentato costituisce una delle poche esperienze italiane significative di sviluppo di modelli per la
progettazione, l’erogazione e la certificazione di formazione in contesto non formale presso l’azienda.
L’integrazione dei sistemi di istruzione, formazione e lavoro rappresenta da alcuni anni per lo Stato e per
le Regioni un significativo banco di prova della capacità di collegare tra loro, all’interno di un disegno
organico ed unitario, le strategie e gli interventi tesi allo sviluppo economico e sociale delle diverse realtà
territoriali. Nel quadro di tale processo, che ha avuto un rilevante effetto di rinnovamento in sede
legislativa e nel campo delle concrete prassi operative, si colloca in una posizione centrale il segmento
dell’alternanza scuola lavoro. In misura maggiore che per altri dispositivi formativi, l’alternanza
presuppone uno stretto e sistematico rapporto di interdipendenza tra scuola, azienda, parti sociali e attori
sociali territoriali.
A tale proposito, in Friuli Venezia Giulia a partire dal gennaio del 2005 il Gruppo Pittini Ferriere Nord
insieme al proprio ente di formazione, Officina Pittini per la Formazione, ha avviato un progetto allo
scopo di realizzare una forma di sperimentazione di un sistema completo di implementazione
dell'alternanza scuola-lavoro che mette in relazione percorsi di formazione formale e non formale.
Il progetto, che insiste sulla problematica del riconoscimento della formazione non formale, ha trovato una
prima applicazione per un target di studenti degli ultimi anni della scuola superiore di secondo grado.
Tuttavia, come si avrà modo di argomentare successivamente, può essere utilizzato anche per le altre
tipologie di soggetti in formazione.
L’intervento, che ha una durata biennale e si concluderà nel dicembre 2006, ha previsto nella fase iniziale
la costituzione di una rete territoriale stabile in cui figurano, oltre al Gruppo Pittini Ferriere Nord e ad
Officina Pittini per la Formazione, quattro istituti scolastici superiori (ISIS D’Aronco di Gemona, ITI
Malignani e IPSIA Ceconi di Udine, ISIS Solari di Tolmezzo), oltre a Confindustria regionale, alla
CCIAA di Udine, e al CNOS Bearzi di Udine (ente di formazione) e alle organizzazioni sindacali.
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Il target è costituito da una sessantina di allievi delle classi quarte e quinte, coinvolti per una durata
complessiva di 400 ore nel biennio, mediante l’utilizzo della quota oraria relativa alla Terza Area per gli
istituti professionali e alla fascia dell’autonomia per gli istituti tecnici industriali.
Il percorso formativo è stato sviluppato in riferimento alla figura professionale di manutentore
meccatronico, di cui si segnala la forte richiesta a livello nazionale da parte delle aziende del comparto
della meccanica e siderurgia, data l’assenza di un profilo formativo completo di tal genere all’interno della
scuola. Il manutentore meccatronico, che associa competenze integrate di area meccanica ed elettrica,
insieme ad una serie di conoscenze di processo e ad elevate abilità di diagnosi e di risoluzione di problemi,
gode di un iter formativo specifico in altri Paesi quali la Germania, la Francia, l’Austria e la Svizzera. A
queste esperienze si è pertanto guardato allo scopo di sviluppare anche nel nostro Paese una
professionalità dai fabbisogni formativi così diffusamente elevati.
Il progetto Alternanza Scuola Lavoro di Officina Pittini per la Formazione costituisce uno dei pochi
esempi in campo nazionale riguardanti lo sviluppo di un modello completo di implementazione
dell’alternanza all’interno del contesto scolastico a cui abbiano partecipato in pari grado scuola ed
azienda. In questo senso, l’obiettivo perseguito è consistito nel predisporre un set sistematico di linee
guida e di strumenti applicativi che consentisse di procedere alla sperimentazione del nuovo dispositivo
formativo realizzando un percorso formativo in azienda che possa essere considerato come equipollente ad
un segmento di curricolo scolastico. Il lavoro va inteso quindi nei termini di un’esperienza pilota per
l’intero territorio regionale, capace di segnalarsi anche a livello nazionale i risultati cui è giunta, in termini
di qualità dei prodotti, e per la rete qualificata di attori, pubblici e privati tra i più significativi presenti nel
Friuli Venezia Giulia, che ha visto interagire in forma sistemica. Al tempo stesso ci si è proposti inoltre di
definire un modello per il riconoscimento e certificazione delle competenze acquisite nella formazione in
azienda (formazione non formale), tema ritenuto oggi cruciale per un efficace sviluppo delle capacità
formative del mondo aziendale e al contempo per la strutturazione di un sistema nazionale di
riconoscimento delle competenze che garantisca un’effettiva possibilità di mobilità orizzontale e verticale
dei cittadini dentro il costituendo sistema integrato dell’istruzione, formazione e lavoro. Va evidenziato al
riguardo che, in ordine agli aspetti progettuali e didattici riguardanti la formazione in alternanza, nel
panorama nazionale la letteratura scientifica e le concrete esperienze condotte a vari livelli testimoniano di
un ricco dibattito e conseguentemente di un’ampia scelta di opzioni adottabili da parte degli organismi
attuatori. Al contrario, in rapporto all’identificazione delle competenze acquisite in contesti non formali
quali l’impresa, non si registra un’altrettanto numerosa e ricca messe di contributi. Di qui l’estrema
importanza, anche sotto il profilo dell’innovazione teorico-metodologica, di un’attività di analisi e
sperimentazione concreta che metta a punto un nuovo sistema di riconoscimento delle competenze
acquisite on the job, riducendo il gap tra le richieste avanzate dal dettato legislativo e le prassi attualmente
utilizzate nel campo dell’istruzione e della formazione.
Dal punto di vista dei risultati fin qui conseguiti, in primo luogo si è curata la predisposizione di un
modello innovativo di progettazione modulare per competenze che ben si adattasse alle specificità
dell’alternanza in ambito scolastico e riuscisse ad integrare in termini di reciproca valorizzazione il
tradizionale setting d’aula con la formazione non formale on the job, coerentemente con le più
significative riflessioni presenti da tempo nel dibattito in materia a livello europeo (Single Framework on
Transparency of Qualifications, Accreditation of Prior Experiental Learning) e nazionale (Progetto
interregionale Descrizione e certificazione per competenze e famiglie professionali, Libretto formativo del
Cittadino). A tale scopo si è messo a punto un modello che muove dall’analisi dei processi produttivi
propri della figura professionale in oggetto e che giunge, mediante una serie di fasi progressive e
sequenziali, ciascuna delle quali è stata attentamente proceduralizzata, alla definizione del profilo
14
formativo congruente e del suo percorso didattico di sviluppo delle relative competenze, articolato in unità
modulari capitalizzabili.
In secondo luogo si è sviluppato un modello totalmente innovativo di piano formativo integrato tra
formazione formale e formazione non formale, data la necessità di superare l’impostazione tradizionale
del curricolo scolastico. Considerando il profilo professionale di riferimento nei termini di un cluster di
competenze distinte e interdipendenti, si sono messe a fuoco le singole unità di competenza, per ciascuna
delle quali vengono definiti gli elementi minimi, in termini di componenti conoscitive e di capacità
operative correlate. Si è seguito a tale proposito un approccio combinatorio, nei termini definiti da Le
Boterf, particolarmente adeguato ai percorsi di alternanza formativa. Così come il profilo professionale è
concepito come un cluster di competenze interdipendenti, allo stesso modo ciascuna competenza è intesa
come un sistema di elementi di tipo conoscitivo e operazionale (conoscenze e capacità), i quali possono
essere acquisiti sia in contesti formativi formali che non formali. In altri termini, le singole unità minime
di carattere conoscitivo ed operativo, una volta acquisite in un determinato contesto, possono essere fatte
valere in una pluralità di percorsi formativi diversi: in quello d’origine per conseguire tutte le competenze
di cui rappresentano una componente; in percorsi formativi diversi orientati a profili professionali più o
meno contigui e in diversi segmenti formativi (ad esempio nei percorsi IFTS).
Contestualmente allo svolgimento dell’attività volta alla predisposizione del piano formativo, si sono
messi a punto una serie di linee guida, dispositivi e strumenti particolarmente utili alla costruzione del
sistema dell’alternanza scuola lavoro. Si sono in tal senso sviluppati: un modello organizzativo specifico
per l’alternanza, la modellizzazione delle figure tutoriali (tutor scolastico e tutor aziendale), la formazioneazione dei formatori, il sistema di monitoraggio e valutazione del progetto, il modello di valutazione e
certificazione delle competenze acquisite, oltre ad una serie di strumenti per la rilevazione dei bisogni
formativi territoriali.
Successivamente alla definizione del modello didattico, si è dato l’avvio alla fase dell’erogazione della
formazione. Tale step ha previsto tre setting distinti. Innanzitutto si è erogata la formazione d’aula presso
la scuola, basata sulle componenti conoscitive previste dal piano formativo integrato, di competenza del
personale insegnante, supportata con l’ausilio di metodologie e strategie didattiche attive. Quindi si è
curata la formazione d’aula presso l’azienda, erogata in misura ridotta e mirata, sempre secondo le
disposizioni definite nel piano formativo integrato, che ha riguardato lo sviluppo di una serie di
conoscenze che il sistema scolastico non è in grado di fornire per la mancanza di figure specializzate in tal
senso. Anche tale tipo di setting formativo si è avvalso del supporto di metodologie e strategie didattiche
attive, incluso il Problem Based Learning. Il cuore della sperimentazione ha riguardato successivamente la
formazione on the job, anch’essa rispondente a quanto definito nel piano formativo nei termini di sviluppo
delle capacità operative, che si è articolata in due momenti distinti e interrelati: una fase di affiancamento
diretto in azienda sulla base di una programmazione curata dai tutor aziendali e correlata allo sviluppo
delle skills indicate dal piano formativo generale; il project work in azienda sulla base di una
programmazione curata in modo integrato da tutor aziendale e tutor scolastico e culminante con la
realizzazione di un manufatto tangibile commissionato dall’azienda. A ciascun project work si è applicato
un gruppo di allievi, sotto la supervisione del tutor aziendale e in stretto contatto con il tutor scolastico.
Al termine della formazione on the job, i tutor aziendali e quelli scolastici, sulla base di un sistema di
riconoscimento e certificazione dei crediti acquisiti, hanno valutato il possesso delle competenze espresse
in situazione dagli allievi. Tali competenze verranno successivamente certificate dalle scuole e diverranno
spendibili senza vincoli all’interno dei sistemi dell’istruzione, della formazione e del lavoro.
15
Applicazione del modello per un pubblico di soggetti adulti
Al momento si sta approntando un’evoluzione del modello in modo tale che possa essere applicato anche
alla formazione degli adulti, in particolare a:
-
disoccupati di breve e lunga durata
-
soggetti svantaggiati
-
soggetti in fase di riconversione delle competenze a seguito di crisi aziendali.
Tale evoluzione, che mantiene inalterati gran parte dei dispositivi sviluppati precedentemente, validi in
genere per le forme di apprendimento non formale in azienda indipendentemente dal target individuato, si
sta movendo su una serie di direttrici definite:
-
Sviluppo di un set di strumenti per l’accoglienza, la presa in carico ed il bilancio di competenze
-
Sviluppo di una serie di servizi individuali al processo di apprendimento, a partire dall’applicazione
delle metodologie di Motivational Interview
-
Progressiva applicazione delle figure del Mentor e del Coach al processo formativo.
16
3. La certificazione della formazione non formale
In Italia il dibattito sulla costruzione di un sistema di certificazione dei crediti formativi prende avvio negli
anni Novanta, ma una riforma del settore non è ancora stata completata. Le istituzioni nazionali infatti
sono ancora nella fase di definizione di nuove regole per il sistema della formazione professionale e del
mercato del lavoro dentro al quadro di riferimento dell’Unione Europea.
All’interno di questo scenario generale di riforme, la definizione di un sistema di certificazione della
formazione formale (e non formale) è divenuta una delle priorità da realizzare. L’intera rete degli attori
sia politici che sociali (Ministeri, Regioni, Sindacati, Associazioni degli imprenditori, Enti e
organizzazioni della formazione e dell’istruzione, Università, Associazioni dei giovani e del volontariato)
attualmente concordano sulla necessità di giungere alla validazione della formazione non formale
mediante un percorso formalizzato e delle relative procedure di certificazione.
Al momento quindi non è attivo alcun sistema di certificazione paragonabile alla Accreditation of Prior
Learning (APL) nel Regno Unito o alla VAE in Francia, benché si contino un numero elevato di accordi
nazionali e di regolamentazioni che interessano singole filiere e settori della formazione per l’intero arco
della vita. E’ il caso, come si argomenterà in seguito, dei settori dell’Istruzione e Formazione Tecnica
Superiore (IFTS), dell’Educazione degli Adulti (EdA). In ogni caso va specificato che attualmente in Italia
non è presente nel concreto un sistema di certificazione delle competenze, dove per sistema si intenda un
quadro di riferimento dotato di standard nazionali e di procedure organizzative per la sua
implementazione.
A livello nazionale, dato che il Governo è responsabile della definizione di linee guida riguardanti la
formazione ed istruzione professionale (VET) e le politiche di welfare, il Ministero del Lavoro, il
Ministero della Pubblica Istruzione e dell’Università normalmente convertono tali linee guida in leggi e
decreti nazionali, allo scopo di impostare l’architettura ed i principi generali delle diverse politiche.
Va comunque tenuto in considerazione il fatto che nell’ultimo decennio il ruolo maggiore
nell’implementazione e nella gestione del sistema della VET è stato trasferito progressivamente alle
Regioni. A partire dalla metà degli anni novanta infatti i sistemi della formazione professionale e
dell’istruzione sono stati investiti da una stagione di profonde riforme sia sul piano costituzionale e
legislativo, sia in rapporto all’acquisizione di nuove competenze di ordine normativo ed amministrativo da
parte delle Regioni e dei livelli territoriali ad esse sotto ordinato. Nello specifico, la modifica del Titolo V
della Costituzione, conclusasi nel corso del 2001, ha dato avvio ad un nuovo processo di ripartizione di
poteri e funzioni tra gli livelli dello Stato, sulla base del principio di sussidiarietà. Le normative di settore
varate negli anni successivi, riguardanti tanto la sfera dell’istruzione, quanto quella della formazione
professionale, recependo tali indicazioni, hanno ulteriormente incrementato le competenze ed il ruolo
rivestiti dai livelli regionali, che si vedono ora attribuita una competenza esclusiva in materia di
formazione e di istruzione professionale.
Al momento le Regioni possiedono ampia autonomia, anche legislativa, sia in rapporto al sistema della
VET, sia a quello scolastico, dentro un quadro di riferimento di principi generali definito dalla legge n.
53/2003, la cosiddetta Riforma Moratti, dal nome dell’allora ministro dell’istruzione.
A rendere il quadro maggiormente complesso dal punto di vista della governance dei sistemi
dell’istruzione e della formazione professionale, va sottolineato che pressoché tutti i processi di riforma
17
avviati coinvolgono molti attori istituzionali: il Ministero del Lavoro, il Ministero della Pubblica
Istruzione, il Ministero dell’Università e Ricerca, le Regioni e le Parti sociali.
In un tale complesso quadro di governance, il problema della certificazione della formazione non formale
ha dato adito ad una serie di risposte istituzionali in differenti momenti.
-
Accordi formali tra Governo e Parti sociali. Si richiama a questo proposito l’Accordo
sull’Occupazione tra Governo e Parti sociali del settembre 1996, che contiene una serie di linee
strategiche per la riforma del sistema dell’istruzione e formazione professionale. Nell’Accordo si
stabilisce che debba essere messo a punto “un sistema di certificazione inteso come strumento
adeguato per assicurare un percorso unitario e trasparente di formazione lungo l’intero arco della vita
per ciascun individuo, per permettere il riconoscimento dei crediti formativi e per registrare le
competenze effettivamente acquisite”.
-
Leggi nazionali. Le leggi che recentemente hanno avuto maggior peso sulle modifiche dello scenario
di cui ci stiamo occupando sono la Legge 53/2003 precedentemente ricordata, che ha riformato il
sistema dell’istruzione e della formazione professionale, e la Legge 30/2003 che ha riformato le regole
del mercato del lavoro. La prima legge conferma l’importanza di alternare la scuola, la formazione
professionale e il lavoro in una prospettiva di Lifelong Learning e prefigura la creazione di dispositivi
e strumenti istituzionali tesi a valorizzare le esperienze individuali, a prescindere dai contesti formativi
in cui sono state sviluppate. La seconda legge tra quelle menzionate prevede invece l’istituzione del
Libretto formativo del Cittadino, un documento personale il cui scopo è quello di “ registrare le
competenze acquisite durante la formazione in apprendistato, la formazione in contratto di
inserimento, la formazione specialistica e la formazione continua svolta durante l’arco della vita
lavorativa ed effettuata da soggetti accreditati dalle Regioni, nonché le competenze acquisite in modo
non formale e informale secondo gli indirizzi della Unione europea in materia di apprendimento
permanente, purché riconosciute e certificate”.
-
Decreti ministeriali. Nel maggio del 2001 il Ministero del Lavoro ha emanato un decreto dal titolo
“Certificazione delle competenze nel sistema della formazione professionale”. Nel decreto si prospetta
la necessità di costruire un nuovo sistema di certificazione delle competenze finalizzato alla
trasparenza dei programmi formativi, per valorizzare le esperienze individuali e favorire l’incontro tra
domanda e offerta all’interno del mercato del lavoro.
-
Leggi e regolamenti regionali. Le Regioni Emilia Romagna, Toscana, Piemonte e Valle d’Aosta
hanno messo a punto una regolamentazione dei rispettivi sistemi della VET, promovendo
sperimentazioni di validazione della formazione non formale e informale indirizzati a specifici
destinatari. Tuttavia il limite di tali importanti esperienze è costituito dal fatto che non possono essere
generalizzate a livello nazionale. Nonostante ciò, alcune regioni hanno promosso una serie di azioni
per stabilire comuni standard di qualifiche e di competenze e procedure di certificazione della
formazione. In tal senso sta operando il Progetto Interregionale Descrizione e certificazione delle
competenze e famiglie professionali, cui partecipano tutte le Regioni italiane.
18
Come eccezione nel panorama del sistema della VET in Italia si segnala il settore dell’Istruzione e
Formazione Tecnica Superiore. Tale filiera è stata creata, in accordo con la Legge 144/1999, per
“qualificare e ampliare l’offerta di formazione per giovani e adulti, sia occupati che disoccupati”.
Nel quadro della filiera IFTS si segnalano due importanti elementi:
-
la definizione di Standard nazionali di competenza riguardanti sia le competenze trasversali che quelle
di carattere tecnico professionale;
-
il riconoscimento della formazione già acquisita e prevista da questi percorsi formativi.
In rapporto a quest’ultimo elemento il regolamento applicativo dell’ottobre 2001 stabilisce una serie di
rilevanti precisazioni, richiamate di seguito.
Art. 3 – Procedure di accesso ai percorsi formativi
1. I giovani e gli adulti entrano nell’Istruzione e Formazione Tecnica Superiore sulla base di un certificato
di scuola secondaria superiore. L’accesso ai percorsi è previsto anche per coloro che non possiedono tale
certificato, dopo il riconoscimento di competenze acquisite nei precedenti percorsi di istruzione,
formazione professionale e lavoro, avendo completato la scuola dell’obbligo, prendendo in considerazione
in particolare il corso di qualificazione frequentato durante l’assolvimento della formazione obbligatoria.
2. Per l’accesso ai percorsi di IFTS, il riconoscimento delle competenze consiste nella certificazione delle
abilità acquisite precedentemente, anche attraverso esperienze di lavoro e di vita, e il riconoscimento di
ogni credito formativo per la determinazione della durata del percorso individuale.
Seguendo i principi appena richiamati, nell’IFTS è stato definito un concreto dispositivo di validazione
della formazione pregressa ed è stato implementato mediante una serie di linee guida collegate ai
documenti di attuazione emanati nell’agosto del 2002. Tali linee guida possono essere riassunte nei
termini seguenti:
-
la validazione ha lo scopo di facilitare l’accesso ai percorsi IFTS o la mobilità da questo ad un altro
sistema;
-
la costruzione di un sistema nazionale di standard di competenza è considerato da tutti gli attori
istituzionali e sociali come un requisito per garantire la l’attendibilità del processo di validazione;
-
la programmazione del processo di validazione deve essere articolato in tre fasi sequenziali:
-
fase di orientamento (guidance) e counselling, per permettere il coinvolgimento attivo degli
individui nell’autoanalisi e nell’identificazione dei propri specifici bisogni formativi;
-
fase di valutazione, tesa a raccogliere le evidenze della formazione pregressa in forma sistematica
ed a testare l’acquisizione di specifiche competenze;
-
fase di certificazione, per permettere l’accesso o il riconoscimento di crediti formativi per uno
specifico percorso.
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