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Dominik Berberich
Elezione d’Israele
Uno studio sul documento Il Popolo Ebraico
e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana
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Censori:
prof. ThDr. Anton Konecný, PhD.
Dr. Dominik Macák, PhD.
Consulenza per la lingua italiana:
Samuele Deias
Gaetano Minuta
© Dominik Berberich
Copyright © MMX
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, 133/A–B
00173 Roma
(06) 93781065
isbn 978–88–548–3259–6
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: maggio 2010
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Indice generale
7 Introduzione
10 1. Concetto di “Elezione” di Israele
26 2. Note esegetiche e teologiche ai testi sull’elezione
d’Israele nell’Antico testamento
46 3. Note esegetiche e teologiche ai testi sull’elezione
d’Israele nel nuovo testamento
62 4. Il Tema dell’elezione nell’Ebraismo postbiblico e
nella cultura ebraica
86 5. Elezione Dialogo ebraico–cristiano
100 Conclusione
102 Bibliografia
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Introduzione
Sono passati quarantacinque anni dall’approvazione del documento del Concilio Vaticano II Nostra Aetate, Dichiarazione
sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane. La
constatazione generale è che la sfida da parte dei cristiani di
avvicinarsi alle altre religioni monoteistiche e di collaborare
con esse, prima di tutto con gli ebrei, non è rimasta ignorata:
nello spirito del Concilio, o meglio nello Spirito Santo, si producono nuovi documenti ufficiali e si organizzano numerosi
avvenimenti interreligiosi a livello scientifico, ecclesiale, ma
anche a internazionale e sociale.
Nel 2001 è stato pubblicato un importante documento della
Pontificia Commissione Biblica: Il Popolo Ebraico e le sue Sacre
Scritture nella Bibbia cristiana (PESSBC)1.
Ricordiamo anche il documento evangelico Kirche und Israel2
delle chiese della Leuenberger Kirchengemeinschaft (Concor1. Cfr. PoNTIfICIA CoMMISSIoNE BIBLICA, Il popolo ebraico e le sue Sacre
Scritture nella Bibbia cristiana, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano
2001, consultato marzo 2010, disponibile all’indirizzo http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/pcb_documents/rc_con_cfait
h_doc_20020212_popolo-ebraico_it.html.
2. Cfr. Leuenberger Kirchengemeinschaft: Kirche und Israel-Ein Beitrag der reformatorischen Kirchen Europas zum Verhältnis von Christen und Juden,
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dia di Leuenberg)3 che elabora la stessa problematica del documento PESSBC ed è stato pubblicato nel medesimo anno.
Il documento PESSBC riguarda anche il fenomeno dell’elezione, che è essenziale per la comprensione della Bibbia nel
suo insieme (cfr. PESSBC 33–36).
Il tema di questo lavoro è l’elezione di Israele.
I capitoli sono così articolati: il primo spiega il concetto di
“elezione d’Israele”, lo definisce brevemente dal punto di vista
linguistico e dal punto di vista del documento PESSBC; nel secondo e nel terzo si fa cenno ai testi biblici in correlazione all’elezione e si apportano note esegetiche e teologiche, cercando
di seguire sempre la linea del documento PESSBC; sono stati
scelti alcuni brani relativamente al concetto dell’elezione, mentre le note analizzano lo sguardo sull’elezione nei vari periodi
del popolo d’Israele, del cristianesimo e della Chiesa (l’ordine
dei due capitoli equivale all’AT e al NT); il quarto capitolo è dedicato alla tradizione ebraica postbiblica e completa la comprensione del fenomeno dell’elezione nella teologia ebraica fino
alla sua interpretazione contemporanea; il quinto indaga il
rapporto fra l’elezione e il dialogo ebraico–cristiano.
Il metodo del lavoro è analitico–sintetico.
Le conseguenze spirituali dell’elezione hanno influenzato la
vita del popolo eletto in tutte le tappe storiche. L’attualità del
tema consiste nel risultato dell’elezione che è irrevocabile e incoraggia a sostenere il dialogo ebraico–cristiano e l’impegno
a un dialogo interreligioso.
Nel lavoro sono presentati anche gli atteggiamenti e le conclusioni di autori ebraici. Lo sguardo approfondito sul feno-
24/06/2001, in International Council of Christians and Jews, consultato 17 ottobre 2008, disponibile all’indirizzo http://jcrelations.net/de/?item=1043. Cfr.
http://www.leuenberg.eu/side.php?news_id=16&navi=6&part_id=10,
consultato 17 ottobre 2008.
3. Cfr. http://www.leuenberg.net/210-0-1, consultato marzo 2010.
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meno dell’elezione offre anche una comprensione più profonda
della Bibbia.
Nei giorni 22–26 maggio 2005 si è svolto a Castelgandolfo
(vicino Roma) il simposio ebraico–cristiano dal tema Amore di
Dio, amore del prossimo nelle tradizioni ebraica e cristiana4. Al simposio è intervenuto anche il card. Walter Kasper5, presidente
del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani. Per il futuro,
Kasper ha indicato tre sfide: «Dobbiamo fare tutto il possibile
per conoscerci, approfondire la ricerca teologica reciproca e
anche la collaborazione».
Ho avuto la possibilità di partecipare al simposio. L’incontro mi ha spinto ad approfondire i temi riguardanti il rapporto
fra ebrei e cristiani e mi ha ispirato in alcuni punti di questo
elaborato.
L’indagine legata a questo lavoro ha sviluppato la mia conoscenza e il mio rispetto nei confronti del popolo ebraico e
delle sue tradizioni. Propongo dunque questo testo con la speranza che possa contribuire a una maggiore reciproca conoscenza e alla stima fra ebrei e cristiani.
4. Cfr. http://www.focolare.org/page.php?codcat1=248&lingua=IT
&titolo=le%20vie%20del%20dialogo&tipo=con%20l’ebraismo, consultato 15 marzo 2010.
5. Cfr. http://www.focolare.org/page.php?codcat1=248&lingua=
IT&titolo=le%20vie%20del%20dialogo&tipo=con%20l’ebraismo, consultato15 marzo 2010.
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1.
Concetto di “Elezione” di Israele
Il tema dell’elezione è uno degli argomenti centrali nella
Bibbia e nella teologia. Conoscerlo non aiuta soltanto la comprensione della Scrittura nel suo insieme, ma anche quella
dell’ebraismo e del cristianesimo.
1.1. Contenuto del concetto dell’elezione dal punto di
vista del documento Il Popolo Ebraico e le sue Sacre
Scritture nella Bibbia cristiana
Nel capitolo introduttivo l’attenzione è focalizzata sul contenuto del concetto di elezione e su come esso si presenta nel
documento Il Popolo Ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia
cristiana.
1.1.1. Introduzione allo studio del documento
Il documento della Pontificia commissione Biblica (PCB) Il
Popolo Ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana (PESSBC)
è forse il più importante redatto da questa commissione negli
ultimi anni. È una sintesi e un vademecum per la scienza biblica e per lo sviluppo dei rapporti ebraico–cristiani.
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Il documento è stato pubblicato alla fine del 2001, dopo un
lavoro di alcuni anni della PCB. Presidente della commissione
era, allora, il cardinale Joseph Ratzinger. Il lavoro per la stesura
del documento si è svolto sotto la guida di Albert Vanhoye, segretario della PCB1.
Per conoscere meglio la Pontificia Commissione Biblica e
il suo lavoro, passiamo in rassegna la sua breve storia: «L’organismo oggi conosciuto come Pontificia Commissione Biblica
fu costituito da Leone XIII con la lettera apostolica Vigilantiae
studiique del 30 ottobre 1902 [...]»2. Il Concilio Vaticano II ha
segnato una tappa importante anche per la Commissione Biblica: «Il 27 giugno 1971, nel quadro della grande opera di riforma post–conciliare, Paolo VI, con il Motu proprio Sedula
cura (AAS 63 [1971] 665–669) stabiliva nuove norme per l’organizzazione e il funzionamento della Commissione Biblica
in modo da rendere l’attività da essa svolta più feconda per la
Chiesa e meglio adatta alla situazione attuale»3. L’organizzazione della commissione cambia:
Tale Lettera apostolica segna una radicale svolta per quanto
concerne il ruolo e l’organizzazione della Commissione Biblica. Mediante 15 brevi articoli viene definita la nuova struttura: i Membri non sono più dei Cardinali, assistiti da
consultori, ma docenti in scienze bibliche provenienti da varie
scuole e nazioni, i quali si distinguano per scienza, prudenza e cattolico sentire nei riguardi del magistero ecclesiastico (art. 3)4. 1. Cfr. Vinea electa [online], num. 2, anno 2002, consultato 27 ottobre
2005, disponibile all’indirizzo: http://www.biblico.it/ex-alunni/Vinea
_electa/vin-el-02.PDf.
2. Cfr. http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/
pcb_documents/rc_con_cfaith_pro_14071997_pcbible_it.html, consultato
4 febbraio 2010.
3. Ibidem.
4. Ibidem.
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La nuova struttura comporta anche altri cambiamenti:
A questo cambiamento di struttura corrisponde necessariamente un cambiamento di natura e di funzioni. Non essendo
più costituita di Cardinali, sul modello delle Congregazioni
romane, la nuova Commissione Biblica diventa un organo
consultivo, messo al servizio del Magistero e collegato alla
Congregazione per la Dottrina della fede (cfr. art. 1), il cui
Prefetto è anche il Presidente della Commissione5.
La PCB ha elaborato alcuni documenti, tra cui L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa (1993), Il Popolo Ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana (2001) e Bibbia e morale. Radici
bibliche dell’agire cristiano (2008).
1.1.1.1. Struttura del Documento PESSBC
Il documento si articola nel modo seguente: prefazione, introduzione, tre capitoli — I. Le Sacre Scritture del popolo ebraico
parte fondamentale della Bibbia cristiana, II. Temi fondamentali delle
Scritture del Popolo Ebraico e loro accoglienza nella fede in Cristo,
III. Gli ebrei nel Nuovo Testamento — e infine le conclusioni. Il
documento è relativamente ampio, ma allo stesso tempo chiaro, e in modo esauriente analizza la relazione tra il Popolo
Ebraico e la Bibbia cristiana.
1.1.1.2. Cardinale Ratzinger e la sua prefazione al Documento
Nella prefazione il cardinale Ratzinger ha analizzato alcuni
punti importanti in connessione al documento. Tra di essi,
l’unità dell’unica Bibbia della Chiesa, che consta di Antico e
Nuovo testamento, e l’importanza di considerare come si sono
5. Ibidem.
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occupati di questo tema i padri della chiesa. Ratzinger ha sottolineato:
Per gli autori ed i fondatori del Nuovo Testamento l’Antico
Testamento è anzi molto semplicemente la “Scrittura”; solo
la Chiesa nascente poteva lentamente formare un canone
neotestamentario, che ora allo stesso modo costituiva Sacra
Scrittura, ma pur sempre in quanto presuppone come tale la
Bibbia di Israele, la Bibbia degli Apostoli e dei loro discepoli,
che soltanto ora riceve il nome di Antico Testamento, e le
fornisce la chiave di interpretazione»6.
La frase del documento stesso, che cita il cardinale Ratzinger,
sintetizza chiaramente il problema: «Senza l’Antico Testamento,
il Nuovo Testamento sarebbe un libro indecifrabile, una pianta
privata delle sue radici e destinata a seccarsi (n. 84)»7.
In questa prefazione si ricorda il lavoro della PCB, con il quale
si è arrivati al documento L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa, che esamina il rapporto tra l’Antico e il Nuovo Testamento.
Nella prefazione si trova una nota importante riguardante
l’olocausto, la shoah, che sottolinea come in questo contesto
la Commissione si sia posta due domande di base:
possono i cristiani dopo tutto quello che è successo avanzare
ancora tranquillamente la pretesa di essere gli eredi legittimi
della Bibbia di Israele? Possono continuare con una interpretazione cristiana di questa Bibbia, o non dovrebbero piuttosto
rispettosamente ed umilmente rinunciare ad una pretesa, che
alla luce di ciò che avvenuto non può non apparire come presunzione? E qui si connette la seconda questione: Non ha for6. J. RATzINGER, Prefazione, in PoNTIfICIA CoMMISSIoNE BIBLICA, op. cit.,
consultato marzo 2010, disponibile all’indirizzo http://www.vatican.va/
roman_curia/congregations/cfaith/pcb_documents/rc_con_cfaith_doc_
20020212_popolo-ebraico_it.html.
7. Ibidem.
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se contribuito la presentazione dei giudei e del popolo ebraico, nello stesso Nuovo Testamento, a creare una ostilità nei
confronti di questo popolo, che ha favorito l’ideologia di coloro che volevano sopprimerlo?8.
Il cardinale Ratzinger dice: «Ciò che però deve conseguire
dagli eventi accaduti è un rinnovato rispetto per l’interpretazione giudaica dell’Antico Testamento»9. Il documento indica
due punti al riguardo: «Innanzitutto afferma che la lettura giudaica della Bibbia “è una lettura possibile, che è in continuità
con le sacre Scritture ebraiche dell’epoca del secondo tempio
ed è analoga alla lettura cristiana, che si è sviluppata parallelamente a questa” (n. 22). A ciò aggiunge che i cristiani possono
imparare molto dall’esegesi giudaica praticata per 2000 anni;
a loro volta i cristiani sperano che gli ebrei possano trarre utilità dai progressi dell’esegesi cristiana (ibidem)»10.
Il cardinale Ratzinger aggiunge che si tratta di un’analisi
importante per il dialogo giudeo–cristiano, ma anche per la
crescita interiore della coscienza cristiana.
La prefazione ricorda poi l’ultima parte del documento, che
si occupa della questione della presentazione dei giudei nel
Nuovo Testamento e dei “testi antigiudaici”. Si sottolinea che
i rimproveri nei confronti di Israele non sono né più numerosi
né più aspri di quelli contenuti nell’Antico Testamento, ad
esempio da parte dei profeti.
1.1.1.3. Albert Vanhoye sul Documento
Albert Vanhoye è stato curatore del documento e, più di
ogni altro, può avvicinare il lettore ad esso. Una sua breve pre-
8. Ibidem.
9. Ibidem.
10. Ibidem.
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sentazione si trova nel quotidiano “L’osservatore Romano”
del 5 dicembre 2001. Vanhoye ne sottolinea alcuni tratti essenziali:
In questi giorni, la Libreria Editrice Vaticana pubblica un nuovo documento della Pontificia Commissione Biblica nel suo
testo originale francese e in traduzione italiana. Il tema di
questo documento non manca certo d’importanza. S’intitola:
“Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana”. Viene trattato con serietà scientifica e in uno spirito aperto e positivo. Lo scopo dichiarato è quello di contribuire al
dialogo fraterno tra cristiani ed ebrei11.
L’articolo continua: «La Commissione Biblica non pretende, evidentemente, di prendere posizione su tutti gli aspetti
della questione delle relazioni tra la Chiesa e il Giudaismo; essa
“si limita al punto di vista dell’esegesi biblica, nello stato attuale delle ricerche” (n. 1) »12. Una parte importante è l’introduzione del cardinale Ratzinger: «Nella sua qualità di
Presidente della Commissione Biblica, il cardinale Joseph Ratzinger ha scritto una sostanziosa prefazione che mette in risalto soprattutto la questione decisiva dell’unità interna della
Bibbia cristiana, quale è stata riconosciuta dall’esegesi patristica e resa problematica da una certa esegesi moderna, che conviene rimettere in questione»13.
Albert Vanhoye indica la seconda parte come quella importante: «Di maggiore importanza è la seconda parte, perché studia in che modo i temi fondamentali delle Scritture del popolo
ebraico sono stati recepiti nella fede cristiana, quale viene
11. “L’osservatore Romano” (5 dicembre 2001), in: Vinea electa [online],
n. 2, anno 2002, p. 18, consultato 4 novembre 2005, disponibile all’indirizzo:
http://www.biblico.it/ex-alunni/Vinea_electa/vin-el-02.PDf.
12. Ibidem.
13. Ibidem.
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espressa nei testi del Nuovo Testamento»14. In questo articolo
è stata analizzata anche la terza parte: «La terza parte studia i
vari modi in cui gli Ebrei vengono presentati negli scritti nel
Nuovo Testamento»15. Bisogna considerare che, anche nelle
parti polemiche del Nuovo Testamento, non si tratta mai di
un vero antigiudaismo: «Vi si trovano anche testi polemici; il
documento li esamina attentamente e constata che non si tratta mai di un vero antigiudaismo, cioè di un atteggiamento di
disprezzo, di ostilità e di persecuzione contro gli Ebrei in quanto Ebrei»16. Naturalmente, esistono delle differenze tra il Nuovo Testamento e il giudaismo, ma questo non dovrebbe essere
un ostacolo alla reciproca stima: «Rinunciando a un facile irenismo, il documento non nasconde che, dal punto di vista dottrinale, gravi punti di disaccordo esistono tra il Nuovo
Testamento e il giudaismo, ma osserva che tale dissenso non
implica per niente una ostilità reciproca. «Un atteggiamento
di rispetto, stima e amore per il popolo ebraico è il solo atteggiamento veramente cristiano»17.
1.1.1.4. Cardinale Martini e l’esegesi ebraica
Il cardinale Martini nel suo discorso Incontrare Israele oggi,
del 18 giugno 2004, a Gerusalemme, richiama il documento
PESSBC, quando parla della questione dell’esegesi:
Naturalmente la lettura della Bibbia a Gerusalemme dovrebbe poter essere accompagnata da una certa familiarità con la
letteratura postbiblica, in particolare rabbinica. Sono scritti
di grande importanza per la storia e la mentalità di Israele.
Un documento recente della Pontificia Commissione Biblica
14. Ivi, p. 19.
15. Ibidem.
16. Ibidem.
17. Ibidem.
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(“Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana”, 2001) si pone la domanda se tali tradizioni postbibliche siano utili per la comprensione cristiana della Bibbia.
Tenendo presente che non è possibile accettare quanto negli
scritti e nelle tradizioni rabbiniche escluda la fede in Gesù come Messia e figlio di Dio, il documento è del parere che sul
piano concreto dell’esegesi, i cristiani possono, nondimeno,
apprendere molto dall’esegesi ebraica praticata da più di duemila anni (ivi, n. 22). [...]18.
1.1.1.5. W. Kasper: “Antisemitismo: una piaga da guarire”
Una riflessione di Walter Kasper intitolata Antisemitismo:
una piaga da guarire ricorda anche il documento PESSBC: «Il più
recente documento della Pontificia Commissione Biblica su Il
popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia Cristiana (2001),
dopo aver riconosciuto la “forza sorprendente dei legami spirituali che uniscono la Chiesa di Cristo al popolo ebraico” (n.
85), conclude osservando che “nel passato, tra il popolo ebraico e la Chiesa di Cristo Gesù, la rottura è potuta sembrare talvolta completa, in certe epoche e in certi luoghi. Alla luce delle
Scritture questo non sarebbe mai dovuto accadere, perché una
rottura completa tra la Chiesa e la Sinagoga è in contraddizione con la Sacra Scrittura” (ibid.)»19. Gli autori del documento
PESSBC spiegano in modo chiaro alcune espressioni sugli ebrei
nel Nuovo Testamento. W. Kasper nella riflessione sull’antisemitismo afferma: «Il documento ammette onestamente che
molti passi neotestamentari critici verso gli ebrei “si prestano
18. C. M. MARTINI, Incontrare Israele oggi, Gerusalemme 18 giugno 2004,
consultato marzo 2010, disponibile all’indirizzo: http://www.chiesadimilano.it/or/ADMI/esy/objects/docs/150579/Martini_intervento.rtf.
19. W. KASPER, Antisemitismo: una piaga da guarire, in P. f. fUMAGALLI (a
cura di), Fratelli prediletti, Mondadori, Milano 2005, p. 129.
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a servire da pretesto all’antigiudaismo, e sono stati effettivamente utilizzati in questo senso” (n. 87)»20.
1.1.2. Il tema dell’elezione nel documento PESSBC
Il documento PESSBC tratta il tema dell’elezione sopratutto
nel punto n. 4, art. 33, 34, 35 e 36. Il documento serve in questo
lavoro come una guida per una conoscenza migliore dell’elezione.
1.1.3. Il concetto dell’elezione nel AT secondo la PESSBC
La comprensione dell’elezione è decisiva per la conoscenza
di tutta la Bibbia nel suo insieme:
Dio è liberatore e salvatore prima di tutto di un piccolo popolo — situato con altri tra due grandi imperi — perché ha
scelto questo popolo per sé, separandolo dagli altri in vista di
una speciale relazione con lui e di una missione nel mondo.
L’idea dell’elezione è fondamentale per la comprensione
dell’Antico Testamento e di tutta la Bibbia (PESSBC 33).
Nel documento della PCB si sottolinea che il «Deuteronomio nega espressamente che la scelta divina sia stata motivata
dalla grandezza d’Israele o dalla sua perfezione morale [...]»
(PESSBC 33).
E di seguito: «L’unico fondamento della scelta di Dio è stato
il suo amore e la sua lealtà [...]» (PESSBC 33).
Il Deuteronomio mette poi l’accento su altri aspetti di questo amore di Dio particolare: «Scelto da Dio, Israele è chiamato
a essere un “popolo santo” (Dt 7,6; 14,2). Il termine “santo”
(qaˉ dôš) esprime una situazione che consiste, negativamente,
20. Ivi, p. 130.
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nell’essere separato da ciò che è profano e, positivamente,
nell’essere consacrato al servizio di Dio» (PESSBC 33).
Un altro aspetto importante è che l’elezione non riguarda
solo il popolo, ma anche certi luoghi: «Nel Deuteronomio, il
tema dell’elezione non riguarda unicamente il popolo. Una
delle esigenze fondamentali di questo libro è che il culto del
Signore sia celebrato nel luogo che il Signore avrà scelto»
(PESSBC 33).
L’elezione diventa un incoraggiamento in tempi difficili: «In
epoche di confusione e di tormenti, quando non sembra esserci
futuro per gli Israeliti, la certezza di essere il popolo di Dio sostiene la loro speranza nella misericordia di Dio e nella fedeltà
alle sue promesse. Durante l’esilio, il Secondo Isaia riprende il
tema dell’elezione per consolare gli esiliati [...]» (PESSBC 33).
Il Deuteroisaia aggiunge però ancora un altro concetto,
quello del servizio: «All’idea di elezione, il Secondo Isaia collega quella di servizio, presentando Israele come “Servo del SIGNoRE”, destinato a essere “luce delle nazioni” (49,6). Questi
testi mostrano chiaramente che l’elezione, base della speranza,
comportava una responsabilità: Israele doveva essere, davanti
alle nazioni, il “testimone” del Dio unico» (PESSBC 33).
Tuttavia ci si chiede: com’è la situazione con gli altri popoli?
È evidente che gli altri popoli non sono respinti: «L’elezione
d’Israele non implica il rifiuto delle altre nazioni» (PESSBC 33).
Non si tratta quindi di superiorità o di orgoglio, anche se
potevano esserci degli abusi rispetto al fatto di essere scelti
o eletti: «La fede nell’elezione poteva, tuttavia, irrigidirsi in orgoglioso sentimento di superiorità. I profeti si sono preoccupati di lottare contro questa deviazione» (PESSBC 34).
Il profeta Amos insiste sul fatto che elezione significa responsabilità: «Per Amos era chiaro che elezione significa responsabilità piuttosto che privilegio» (PESSBC 34).
Per Israele l’esilio fu un’esperienza dolorosa, dice infatti
il documento: «L’indocilità ostinata del popolo e dei suoi re
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provocò la catastrofe dell’esilio, annunciata dai profeti»
(PESSBC 34).
Dio di nuovo conferma l’elezione: «Già il profeta osea aveva annunciato che quando Israele sarebbe diventato per Dio
“Non-mio-popolo” (os 1,8), Dio gli avrebbe detto: “Tu sei mio
popolo” (os 2,25). Gerusalemme doveva essere ricostruita; al
Tempio riedificato il profeta Aggeo predice una gloria più
grande di quella del Tempio di Salomone (Ag 2,9). L’elezione
veniva così confermata solennemente» (PESSBC 34).
1.1.4. Il concetto dell’elezione nel NT secondo la PESSBC
Anche se l’espressione “popolo eletto” nel Nuovo Testamento non compare, non si può dire che manchi il concetto o
che sia una realtà che il Nuovo Testamento omette: «L’espressione “popolo eletto” non ricorre nei vangeli, ma la convinzione che Israele sia il popolo scelto da Dio è in essi un dato
basilare espresso con altri termini» (PESSBC 35).
Il popolo eletto durante tutta la storia segnata da fedeltà ed
infedeltà verso il suo Dio rimane eletto e non è ripudiato, oppure
sostituito da un altro popolo: «... Il regno di Dio vi sarà tolto e
sarà dato a una nazione che lo farà fruttificare» (Mt 21,43). «Quest’affermazione non significa comunque la sostituzione del popolo d’Israele con una nazione pagana» (PESSBC 35).
Un altra realtà da osservare è l’espressione “il suo popolo”.
È il popolo di Dio: «Nel vangelo di Luca, il cantico di zaccaria
proclama che “il Dio d’Israele ha visitato il suo popolo” (Lc
1,68)» (PESSBC 35).
Il vangelo di Luca esprime un certo conflitto:
Per Luca esiste tuttavia una tensione, a causa dell’opposizione
incontrata da Gesù. Ma questa opposizione viene dai dirigenti
del popolo, non dal popolo stesso, che è molto favorevole a
Gesù. Negli Atti degli apostoli, Luca sottolinea che un gran
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numero di coloro che ascoltano Pietro accoglie il suo appello
al pentimento, il giorno di Pentecoste e dopo. Al contrario, il
racconto degli Atti sottolinea che, per tre volte, in Asia Minore, in Grecia e a Roma, l’opposizione accanita dei Giudei
costringe Paolo a orientare la sua missione verso i
Gentili (PESSBC 35).
Nella Bibbia ci sono due visioni del popolo eletto: «Si trovano così nel Nuovo Testamento, come nell’Antico, due prospettive differenti sul popolo scelto da Dio» (PESSBC 35).
Si sottolinea che l’elezione non significa un privilegio, che
sottovaluta gli altri. Tutti i popoli sono amati da Dio e ne parla
anche l’AT: «Si constata, al tempo stesso, che l’elezione d’Israele
non è un privilegio chiuso in se stesso. Già l’Antico Testamento annunciava l’adesione di “tutte le nazioni” al Dio d’Israele.
Sulla stessa linea, Gesù annuncia che “molti verranno da oriente e da occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e
Giacobbe”» (PESSBC 35).
La Prima lettera di Paolo parla anche di pagani come “della stirpe eletta”, perché anche loro sono adesso il popolo di
Dio, anche loro partecipano all’elezione, perché sono stati
“innestati”:
Di conseguenza, la prima lettera di Pietro, che si rivolge a dei
credenti provenienti soprattutto dal paganesimo, definisce
quest’ultimi “stirpe eletta” e “nazione santa”, come quelli
proveniente dal giudaismo. Essi, che non erano un popolo,
sono ora “popolo di Dio”. [...] La convinzione di essere partecipi dell’elezione divina veniva così comunicata a tutti i cristiani» (PESSBC 35).
Bisogna però stare attenti: si tratta di una partecipazione all’elezione d’Israele: «Nella sua lettera ai Romani, Paolo precisa
chiaramente che si tratta, per i cristiani provenienti dal paganesimo, di una partecipazione all’elezione d’Israele, unico po-
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polo di Dio. [...] “Non sei tu che porti la radice, ma è la radice
che porta te” (Rm 11,18)» (PESSBC 36).
Le espressioni più importanti sulla validità permanente dell’elezione sono le parole di Paolo nel cap. 11 della Lettera ai
Romani:
All’interrogativo se l’elezione d’Israele conservi sempre la sua
validità, Paolo dà due risposte differenti; la prima consiste nel
dire che alcuni rami sono stati recisi, a causa del loro rifiuto
della fede (11,17.20), ma «c’è un resto, conforme a un’elezione
per grazia» (11,5). Non si può perciò dire che Dio abbia ripudiato il suo popolo (11,1–2). «Israele non ha ottenuto quello
che cercava; l’ha ottenuto invece l’elezione — cioè il resto eletto —; gli altri si sono induriti» (11,7). Una seconda risposta
consiste nel dire che quei Giudei che sono diventati «nemici
quanto al vangelo» restano «amati, quanto all’elezione, a causa
dei padri» (11,28) e Paolo prevede che otterranno perciò misericordia (11,27.31). Gli ebrei non cessano di essere chiamati
a vivere per la fede nell’intimità di Dio, «perché i doni e la
chiamata di Dio sono irrevocabili» (11,29) (PESSBC 36).
Guardando più profondamente alla relazione tra il NT e
Israele, è importante notare che Israele nel Nuovo Testamento
non è considerato ripudiato: «Il Nuovo Testamento non afferma mai che Israele è stato ripudiato» (PESSBC 36).
Paolo sottolinea anche che i pagani non partecipano all’elezione per le promesse divine, ma per la misericordia di Dio:
Paolo ricorda che Cristo, «nato sotto la Legge» (Gal 4,4), è
stato «servitore dei circoncisi, in nome della fedeltà di Dio,
per confermare le promesse fatte ai padri» (Rm 15,8) [...]
«Quanto ai Gentili, aggiunge l’apostolo, essi glorificano Dio
per la sua misericordia» (Rm 15,9) e non per la sua fedeltà,
perché il loro ingresso nel popolo di Dio non scaturisce da
promesse divine [...] (PESSBC 36).
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Il lettore che cerchi di capire la visione di Paolo sulla vita e la
sua fede in Cristo potrebbe pensare che Paolo guardi alla sua origine ebraica con un certo disprezzo, ma non è così: «Paolo stesso
ricorda spesso con fierezza la propria origine ebraica» (PESSBC 36).
Non solo con fierezza ricorda la sua origine ebraica, ma loda
l’utilità che viene dalla circoncisione: «In Rm 3,1–2 Paolo afferma senza esitare “la superiorità del Giudeo e l’utilità della circoncisione”, e ne dà una prima ragione, di capitale importanza:
“a loro sono state affidate le rivelazioni di Dio”» (PESSBC 36).
Naturalmente, non basta appartenere a Israele fisicamente:
«Paolo, tuttavia, afferma subito che non basta appartenere fisicamente a Israele per appartenere veramente a lui ed essere
“figli di Dio”» (PESSBC 36).
La consapevolezza della sapienza di Dio ci porta a pensare
che Dio non ripudi nessuno. Israele è oggetto di grande amore
da parte di Dio. Per questo Paolo esprime la convinzione che
tutto Israele sarà salvato: «Ma l’apostolo sottolinea che “Dio
non ha ripudiato il suo popolo” (Rm 11,2). Poiché “la radice è
santa” (11,16), Paolo resta nella sua convinzione che alla fine
Dio, nella sua sapienza insondabile, innesterà nuovamente tutti gli Israeliti sull’olivo buono (11,24); “tutto Israele sarà salvato” (11,26)» (PESSBC 36).
I rapporti fra cristiani ed ebrei sono basati su una forte fraternità, in virtù delle comuni radici: «È per le nostre radici comuni e per questa prospettiva escatologica che la Chiesa
riconosce al popolo ebraico uno status speciale di “fratello
maggiore”, il che gli conferisce una posizione unica tra tutte
le altre religioni» (PESSBC 36).
1.2. Terminologia legata al concetto dell’elezione
Il concetto stesso è molto largo. È necessario spiegare meglio quali parole si usavano nelle lingue bibliche per espri-
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mere il concetto di elezione, per rendere comprensibili ulteriori analisi.
La parola “eleggere” si esprime nelle varie lingue nei seguenti modi21:
1) ebraico bahar ( )
2) greco eklègomai (eklègomai)
3) latino eligere
La parola elezione contiene tante sfumature:
Per la sconfinata ampiezza di quanto l’elezione include, molti
sono i vocaboli e le immagini che concorrono a formularne
la realtà complessiva: alleanza (il più frequente), amore e conoscenza di Dio (Am 3,2), nuova “creazione” (Dt 32,6; Cosmo), ecc. Nell’elezione è racchiusa tutta la salvezza, sin da
prima che fosse storia (Ef 1,4ss). Qui ci si concentrerà soprattutto sul verbo principale e più tecnico, l’ebr. bahar (gr. eklègomai), senza tuttavia trascurare quelle voci ed espressioni che
hanno anticipato l’uso dello stesso bahar, come per es. laqah,
“prendere”, e simili. Benché le accezioni profane o comuni di
queste voci precedano cronologicamente il rispettivo uso religioso, questo però registra una netta preponderanza quantitativa rispetto al profano (specie per bahar), in particolare
quando il soggetto della frase è Dio. Inoltre l’uso teologico di
bahar con soggetto Dio è assai irregolare, segno che tale uso
non si è imposto in tutti gli ambienti religiosi d’Israele22.
osserviamo quante volte sono menzionati questi termini
nel testo della Sacra Scrittura. Le parole che esprimono il concetto di elezione o di eleggere o che sono legate a questo concetto vi si trovano spesso e questo ne sottolinea l’importanza:
21. Cfr. J. HELLER, Vocabularium biblicum septem linguarum, Biblický slovník sedmi jazyk , Vyšehrad, Praha 2000, pp. 22–23.
22. P. RoSSANo, G. RAVASI, A.GIRLANDA, Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 19885, pp. 444–445.
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L’idea dell’elezione divina è straordinariamente viva nell’Antico Testamento. In novantadue casi sui centosessantaquattro
in cui compare il verbo ebraico bāchar (“scegliere”, “eleggere”), il soggetto della frase è Dio. A questi bisogna aggiungere
gli altri tredici nei quali viene usato il passivo bāchîr: “eletto”
da Dio. L’elezione divina si rivolge anzitutto alla nazione santa e poi, nell’ambito di questa, ad alcune personalità eminenti: ai patriarchi, ai re (Davide, Messia) ed ai sacerdoti. Ci sono
infine dei luoghi “eletti” come il Tempio e la santa città di
Gerusalemme23.
23. J.–G. DE fRAINE, De Bijbel over roeping en uitverkiezing, J. J. Romen &
zonen, Roermond en Maaseik (traduzione italiana Benedettine di s. Maria
di Rosano, Vocazione ed elezione nella Bibbia, Edizioni Paoline, Bari 19682, p.
59).
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