Malta isola fortezza nel Mediterraneo in età moderna

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STORIA MILITARE
Malta isola fortezza
nel Mediterraneo
in età moderna
Prof. Francesco Frasca
Docente di Storia Militare dell’Età Moderna
University of Malta
“Il nodo del trattato di Campoformio, che nel
1797 poneva fine alla campagna d’Italia di Napoleone Bonaparte, era stato il sacrificio della Repubblica di Venezia ceduta all’Austria in cambio delle
perdite subite nei Paesi Bassi e in Lombardia. Lo
smembramento della Serenissima, che non aveva partecipato alla guerra contro la
Francia, sollevò vive obiezioni a Parigi nel Direttorio e
nei Consigli legislativi. Al di
fuori delle considerazioni di
principio e sentimentali, si
temeva che l’Austria diventasse una potenza marittima
esercitando in Adriatico
un’influenza predominante;
che, unendo i suoi sforzi a
quelli di Napoli, indebolisse
il prestigio di cui la bandiera
francese godeva ancora nel
Stemma di Malta
Mediterraneo. Fu per evitare
questo pericolo che Bonaparte, non contento
d’impadronirsi della Marina veneta, aveva fatto di
tutto per avere le Isole ioniche. Costituivano una
preziosa stazione navale per il commercio francese,
e permettevano di tenere lo sbocco dell’Adriatico e
di esercitare una sorveglianza o se necessaria un’azione, su Napoli e la Sicilia. In queste condizioni,
Malta acquisiva un’importanza particolare. Sotto il
dominio francese, essa completava e rafforzava la
situazione francese a Corfù, mentre se fosse stata
ostile poteva fornire ai nemici una posizione centrale da dove contrastare le azioni combinate tra le
forze marittime dell’Adriatico e quelle dei porti di
Provenza (1).
Così, per tutto il periodo delle negoziazioni,
Bonaparte insistette energicamente presso il Direttorio per far ammettere la combinazione dalla
quale dipendeva la pace. Due
idee fondamentali dominavano la sua corrispondenza:
dimostrare che Venezia era
indegna della libertà, e che la
sua distruzione non era stata
un fallimento dei principi
democratici; porre in luce i
vantaggi che la Francia ne
traeva per il suo commercio
marittimo e la sua influenza
in Italia. Queste ultime considerazioni ritornano frequentemente nelle lettere di
Bonaparte dal maggio all’ottobre 1797 e fanno intravedere il suo progetto di impadronirsi di Malta al più presto possibile, prima che
l’isola fosse conquistata da un’altra potenza.
Le fortificazioni di Malta
Nell’isola di Malta i mezzi di difesa passiva non
facevano certo difetto. Da quando l’Ordine ospedaliero di San Giovanni vi si era stabilito, i gran
maestri nel corso del tempo avevano accumulato le
opere di fortificazione per far fronte agli attacchi
da terra e da mare. Posta nel cuore del Mediterraneo, Malta in passato era stata un bastione avanza-
(1) Nella nuova situazione politica creatasi l’Austria riuscì solo a rinnovare la flottiglia cannoniera e lagunare e a riassestare le navi esistenti
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to nella savaguardia dei possedimenti spagnoli in
Sicilia, oltre che un punto di controllo delle rotte
tra Oriente e Occidente. Era dunque interesse
della Spagna affidarne la difesa a un ordine fedele
e temprato da mille battaglie come i cavalieri gerosomiliani che, cacciati nel 1522 da Rodi dai Turchi, erano restati senza sede stabile. Così nel 1530
l’arcipelago maltese, facente parte del Regno di
Sicilia, fu dato in feudo dall’imperatore Carlo V ai
cavalieri gerosomiliani. Questi appena preso possesso di Malta, intuirono subito le potenzialità dei
“Dockyard Creeks” (insenature dei bacini navali) e
delle baie che li circondavano. Allargate e rafforzate le mura di cinta già esistenti, furono costruite
massiccie fortificazioni nei punti strategici della
costa. Grosse somme di denaro ottenute dai riscatti furono investite per edificare la città di El Borgo
(Birgu attualmente), mettendo all’opera centinaia
di schiavi per rafforzare il castello medioevale, base
dell’attuale forte Sant’Angelo, che fu la prima sede
dei gran maestri dell’Ordine.
Birgu fu eletta nuova capitale perché nel suo
porto poteva ospitare la marina dell’Ordine, che
intendeva riprendere il suo rango di potenza marittima. Birgu sostituì l’antica Mdina, città situata al
centro dell’isola, che in passato aveva trovato la sua
legittimità come capitale nelle strutture puramente feudali delle potenze dominanti anteriori: Arabi,
Bizantini, Normanni, Aragonesi, ecc. Oltre a
Birgu, i cavalieri edificarono la città fortificata Senglea, a Isola Point, così chiamata dal nome del suo
fondatore il gran maestro Claude de la Senglea.
La penisola del Monte Sciberras, tra Marsamxxett e il gran porto, godeva una postazione
strategica d’importanza eccezionale. Per difendere
le vie d’accesso ai due porti separati dalla penisola,
dove oggi sorge Valletta, ma che allora era disabitata, fu costruito da Pietro Pardo, nel 1552, il forte
San’Elmo a forma di stella a quattro punte, con un
alto cavaliere prospicente il mare e un piccolo
rivellino sul lato terra. Alla radice della penisola fu
realizzato un fronte dominato da alcuni cavalieri
(strutture fortificate) che furono molto utili,
durante il grande assedio del 1565. Si trova là una
testimonianza del passaggio della fortificazione
spagnola all’influenza italiana, grazie al lavoro
degli ingegneri militari pontifici. Fra il 1530 e il
1565, l’intera area fu trasformata in una magnifica
metropoli, ricca di palazzi, chiese e con un ospedale che divenne famoso in tutta Europa.
Le fortificazioni del’isola si dimostrarono valide
barriere contro le scorrerie dei pirati saraceni, ma
un argine troppo debole per la grande offensiva
turca del 1565, quando il sultano Solimano il
Magnifico inviò contro Malta una flotta di duecento navi al comando dell’ammiraglio Piali
Pascià, che trasportava un’armata di circa 40 000
uomini capeggiati da Mustafà Pascià. Inizio allora
il “grande assedio”, nel corso del quale il gran maestro dell’Ordine Jean Parisot de la Valette si dimostrò il più grande condottiero dei suoi tempi.
La penisola di Sciberras era la posizione più
ambita dai Turchi, poiché stretta tra due calanche
permetteva la protezione delle navi. Ma contro
ogni previsione essi non attaccarono il forte
Sant’Elmo dal mare, poiché oltrepassandolo sbarcarono a Marsa Scirocco (Marsaxlokk attualmente) e avanzarono usando come schermo il monte
Sciberras, posizione chiave che dominava i due
porti sulla costa nord-orientale. I difensori dei forti
Sant’Antangelo e San Michele furono impotenti
nel fermare questa avanzata. I Turchi arrivarono
senza sforzo sino ai bastioni difensivi, appostarono
la loro artiglieria pesante sul Monte Sciberras, e
iniziarono un feroce bombardamento del forte
Sant’Elmo. Il 23 giugno 1565 si concluse l’assedio
durato un mese intero e dei 600 uomini, che
difendevono il forte, non si salvò nessuno (2).
I Turchi allora puntarono su forte Sant’Angelo
e la città di Senglea, ma nonostante i continui
bombardamenti, i cavalieri, che erano in 600 e
disponevano di 1 500 soldati e 7 000 civili armati,
resistettero valorosamente e chiamarono in soccorso il Viceré di Sicilia. Dopo vari e fallimentari
attacchi contro forte Sant’Angelo, nonché nomerose sanguinose battaglie, all’arrivo dei soldati spagnoli, l’8 settembre 1565, i Turchi decisero di ritirarsi. La città di Birgu, per il suo contributo alla
guerra prese allora il nome di “Vittoriosa”.
Dopo il grande assedio fu deciso di rafforzare le
fortificazioni di Birgu (Vittoriosa) e di Sanglea
(Invicta) In quest’ultima fu costruito un fortino
vedetta a Senglea Point, dominato dalla sua garritta con decorazioni così significative delle funzioni
di sentinella della Cristianità, l’occhio e l’orecchio
sempre in allerta.
(2) Dopo il grande assedio il forte fu ricostruito e circondato da nuove fortificazioni. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale il forte
fu bombardato dall’Aereonautica Militare Italiana l’11 giugno 1940. Nel luglio dell’anno successivo fu respinto un audace assalto di
motosiluranti italiane che tentavano di penetrare le difese del Porto grande, per distruggere le navi di un convoglio. Oggi il è sede della
Scuola di Polizia e del Museo della Seconda Guerra Mondiale (War Museum)
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Malta - West Coast
La guerra aveva dimostrato l’importanza strategica della penisola centrale di Sciberras, ciò determinò il gran maestro Jean Parisot de la Valette a
costruirvi una nuova città fortificata, che doveva
sostituire Birgu come capitale. I lavori iniziarono il
28 marzo 1566, alla presenza di Jean de la Valette,
sotto la direzione dell’insigne architetto italiano
Francesco Laparelli da Cortona, inviato dal papa
in segno di riconoscenza per i servigi resi dall’Ordine alla Chiesa.
La nuova città, che prese il nome di “La Valletta”, fu tracciata “ alla Vitruvio” su un reticolato a
scacchiera e dotata di ampli fossati sotterranei, che
costitiuvano un efficiente sistema per il deposito
dei rifiuti e lo scarico delle acque fognarie. Un
sistema di ventilazione fu ottenuto da una perfetta
rete viaria, un intreccio di strade ideato per permettere al vento di entrare liberamente in città per
attenuare il caldo durante l’estate. La Valletta il cui
stile architettonico, ispirato in origine dalla Controriforma, era in origine severo e poco manierista,
diventò ben presto una città barocca grazie allo sviluppo dei decori interni nella chiesa dell’Ordine
(San Giovanni) divenuta in seguito cattedrale e nei
palazzi dei cavalieri, a cominciare da quello del
Gran Maestro.
Parallelamente alle costruzioni civili, le fortificazioni assunsero la massima priorità. L’elemento
fondamentale del progetto era la costruzione di un
profondo fossato che doveva correre tra i due porti
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e separare Valletta dalla terraferma. Lungo circa 100 metri,
profondo 20 e alto 18, avrebbe
permesso la massima protezione. Originariamente vi erastata
l’intenzione di livellare completamente il Monte Sciberras,
ma il progetto fu archiviato a
causa di voci che annunciavano un imminente attacco
turco.
Allora, la priorità fu data
alla costruzione di un sistema
coordinato di antimurali,
bastioni, fossati e cortine. Per
ultimare le difese furono innalzate le linee di difesa “Margherita” poi “Cottonera”, che formavano un vasto insieme di
fortificazioni destinato a proteggere le tre città dell’est dell’isola: Birgu, Senglea e Cospicua. Dal lato ovest fu
costruito il forte Manoel su un’isola dominante il
porto di Marsamxett, mentre a sud, davanti alla
porta di Valletta, furono elevate nuove costruzioni
che costituirono il sobborgo di Floriana.
Alla fine del XVIII secolo, l’influenza francese
nelle fortificazioni è testimoniata dal forte Tigné,
costruito nel 1793 per difendere l’entrata del porto
di Marsa Musciet, nel quale si riconoscosce lo stile
della scuola di Montalembert con la preminenza di
un’architettura militare perpendicolare. Prima dell’arrivo di Bonaparte, Malta si presentava come
un’isola fortezza inespugnabile. Ma le strutture
difensive non la salvarono affatto dalla conquista
francese.
L’occupazione francese di Malta
L’Ordine, passato nel corso del secolo in mezzo
a piccole discordie interne e a congiure abortite,
era alla fine del Settecento in completa decadenza
nel ricordo del suo glorioso passato, e la popolazione non gli dimostrava più alcun attaccamento.
Prima della Rivoluzione, la Francia era stata ben
disposta a favorire un rinnovamento dell’Ordine,
grazie a una forte rappresentanza dei cavalieri francesi appartenenti alle lingue d’Auvergne, de Provence e de France, che avevano fornito valenti ufficiali
alla Marina francese. Ma con l’avvento della Rivoluzione il governo dell’Ordine aveva dato in molte
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occasioni prova della sua opposizione alla Repubblica francese, non manifestando però atti d’ostilità tali da giustificare una dichiarazione di guerra.
In previsione della campagna d’Egitto, il Direttorio tentò dapprima la via della diplomazia
inviando in missione a Malta, nell’inverno 17971798, E. Poussielgue, segretario dell’ambasciata
francese a Genova. Al suo arrivo Poussielgue trovò
un clima molto inquieto. Alcuni giornali di Parigi
e di Milano avevano diffuso la notizia dell’interesse francese a prendere l’isola. Due fregate francesi
giunte da qualche giorno avevano gettato l’ancora
nel porto. Il suo inatteso arrivo, in queste circostanze, aveva destato allarme nell’isola. Poussielgue
fu ricevuto prima dal Gran Maestro, poi dai balì
dell’Ordine. Infine, non mancò di prendere contatti con i “patrioti” maltesi di idee giacobine, con
i quali eseminò e discusse le modalità, per giungere all’annessone di Malta alla Francia. Per Poussielgue, che dopo questi convegni scrisse una memoria, bisognava prendere subito l’isola prima che lo
facesse un’altra potenza. A causa della guerra i
mezzi che alimentavano l’Ordine erano venuti a
mancare da ogni parte. Questo era in via di dissoluzione e avrebbe probabilmente ceduto l’isola
all’Inghilterra, anche se i cavalieri e gli abitanti
erano mal disposti verso gli Inglesi. Non ci si doveva preoccupare della Russia vista la sua lontananza,
mentre si temevano le mire dell’Austria, poiché Il
possesso di Malta avrebbe dato ai territori che
Vienna aveva sotratto alla Repubblica di Venezia in
Adriatico lo stesso valore delle Isole Ioniche, allora
cadute in mano francese. I legami di parentela che
esistevano tra le corti di Vienna e Napoli facilitavano il progetto austriaco d’ingrandimento territoriale, che la regina Maria Carolina di Napoli, nata
principessa aburgica e sorella di Maria Antonietta
la ghigliottinata regina di Francia, favoriva anche a
scapito dei propri possedimenti. L’imperatore
Francesco II inoltre aveva tutti i mezzi per indenizzare il Gran Maestro in caso di una rinuncia alla
sua sovranità. Per questi motivi i Maltesi non
erano particolarmente maldisposti verso i Francesi
sebbene non ci si dovesse aspettare un loro appoggio in caso di un colpo di mano francese per impadronirsi dell’isola, ma al massimo una loro passiva
inerzia. L’Ordine d’altra parte non poteva resistere
per molto tempo ad un attacco; mancava di mezzi
e soprattutto di uomini, poiché i Maltesi non si
sarebbero battuti per difenderlo (3).
Poussielgue dopo un soggiorno di tre settimane ritornò in Italia. Il 16 febbraio 1798 a Milano
consegnò la sua memoria a Bonaparte. Questo
documento fu uno tra elementi più importanti che
influirono sulle decisioni prese in seguito dal
Direttorio.
La notizia degli armamenti marittimi di Tolone, Genova e di Civitavecchia aveva destato a
Malta molte preoccupazioni, ma i consiglieri del
Gran Maestro lo avevano illuso che il vero obiettivo di Bonaparte fosse una spedizone contro l’Inghilterra o uno sbarco in Irlanda. Il 4 giugno il
Gran Maestro aveva ricevuto un importante
dispaccio speditogli dal balì de Schoenau, ministro
plenipotenziario al congresso di Rastadt, nel quale
considerava imminente un attacco francese all’isola. L’intenzione francese di prendere Malta quindi
era nota ai diplomatici europei riuniti per le trattative di pace. Essi però credevano l’Ordine capace
di resistere a un assedio per almeno tre mesi, il
tempo necessario per consentire l’invio di un
corpo di spedizione di soccorso, visto che le strutture difensive certo non mancavano. Ma a queste
difettava l’elemento essenziale senza il quale fossati e bastioni sono inerti ostacoli senza valore: gli
uomini.
A Malta non vi era nessun elemento per far
fronte efficacemente ad attacco nemico. Non
erano state prese misure precauzionali che avrebbero potuto permettere una resistenza tale da poter
salvare l’onore militare. L’Ordine, abbandonata da
moltissimi anni ogni attività militare conservava,
nella forma, una sola tradizione. Ai nuovi cavalieri
gli statuti imponevano le carovane; e cioè tre successive campagne di crociera su navi dell’Ordine,
ciascuna di quaranta giorni. Ma fin dai primi anni
del secolo, i cavalieri novizi passavano quaranta
giorni all’ancora nei porti di Sicilia e di Sardegna.
Le truppe dell’Ordine erano poco numerose e di
mediocri qualità. Poussielgue nella sua memoria le
valutava a un totale di 2.210 uomini, dei quali
800 cacciatori, che tenuti abitualmente a casa loro,
erano poco organizzati e istruiti.
Quanto alle milizie, reclutate in caso di pericolo estremo tra tutti gli uomini validi dell’isola e che
avrebbero potuto dare 10.000 uomini, esistevano
(3) Le forze armate dell’Ordine erano costituite dalla guardia del Gran Maestro costituita da 200 uomini, accasermati in castel St. Elmo,
dal reggimento di Malta di 450 soldati, dal corpo delle galere di 300 uomini, dalle guarnigioni dei forti Riccasoli (80 uomini) e Manoel
(80 uomini), dal corpo dei cacciatori (800 uomini), in più la guardia nazionale di circa 10.000 uomini
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solo sulla carta. Erano contadini privi d’istruzione
militare. Mai addestrati, prestavano solitamente il
servizio di guardia, a turno un giorno ogni due
mesi. Quando essi si arresero, i Francesi li trovarono tutti scalzi, perché l’Ordine forniva loro l’uniforme ed il copricapo, ma non le scarpe.
I corpi militari (guardie del Gran Maestro, reggimento di Malta, battaglioni delle galere e dei
vascelli) non raggiungevano un effettivo di 1 500
uomini. Offrivano l’incoveniente d’una composizione molto eterogenea, erano reclutati fra i volontari di tutte le nazionalità, difetto che non era
nemmeno compensato, come negli eserciti del
XVIII secolo, da una lunga esperienza di guerra.
Accozzaglia di mercenari erano quasi tutti ammogliati e carichi di figli, maturi di età o vecchi. L’Ordine non pensionava nessuno: I Francesi trovarono
nella Guardia del gran maesto due soldati più che
ottantenni incapaci di camminare e che non avevano altra risorsa che la loro paga.
Gozo, l’altra isola dell’arcipelago maltese, aveva
un sistema completo di fortificazioni la cui difesa
era garantita da una milizia locale completamente
indipendente da quella di Malta. Per evitare i pericoli di sbarco esistevano alcune batterie basse,
capaci di colpire il fondo delle cale, con delle torri
costruite su delle alture, che dominavano il mare.
Al centro stesso dell’isola, l’importante forte di
Gozo era stato costruito su una posizione dominante, per servire da ridotta generale per un’ultima
difesa. Infine, dominante il braccio di mare che
separa le isole di Gozo e di Malta, vi era il forte
Chambray, costruzione recente, che poteva egualmente fare da ridotta e favorire il collegamento
tra i difensori e le due isole. Tutti gli uomini dai 20
ai 60 anni erano tenuti a portare le armi per difendere l’isola. Tutti facevano parte di un reggimento
di guardiacoste, diviso in quattro compagnie, ciascuna di circa quattro compagnie di circa 300
uomini. Ogni iscritto a questo reggimento era di
guardia alle batterie e alle torri costiere. Si sceglieva, in questo reggimento, 280 cannonieri guardia
costa e un reggimento di 800 moschettieri, diviso
in quattro compagnie. Questo reggimento era scelto tra gli uomini che avevano servito per due anni
nei guardia coste senza demeriti. I moschettieri
erano esenti dalle guardie, ma tenuti a riunirsi in
caso d’allarme. C’era infine una compagnia di
cavalleria di 30 uomini.
In queste condizioni, la presa di Malta non
poteva essere che una questione di giorni. La città
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era condannata a cadere a causa, dell’accennata
insufficenza numerica dei suoi difensori e soprattutto dell’indebolimento delle risorse morali senza
le quali tutti i mezzi materiali diventano nulli.
Grazie però ai 910 cannoni installati sulle fortificazioni, un pugno di uomini risoluti avrebbe potuto opporre una certa resistenza nel caso gli Inglesi,
allora in navigazione nel Mediterraneo fossero
apparsi in tempo.
Il 6 giugno, apparve al largo di Valletta, fuori
dalla portata dei cannoni, una divisione navale
francesi di 70 navi, scortata da solo tre fregate. Il
Gran Maestro credendola l’avanguardia di una più
forte squadra diede subito l’ordine di approntare le
dfese dell’isola. Già tutto era stato predisposto da
quando le notizie d’invasione erano giunte da
Rastadt, e la distribuzione delle sussistenze era l’unica misura di cui ci si doveva occupare. Il Gran
Maestro diede ordine che una volta sbarcato il
nemico le milizie maltesi dovessero ritirarsi a Valletta. I cavalieri, ai loro rispettivi posti di combattimento, testimoniarono universalmente grande
fiducia e ferma devozione; solo il popolo sembrava
costernato.
Il 7 di sera, i due comandanti generali, il siniscalco e il maresciallo andarono dal Gran Maestro
per assicurarlo che tutti gli ordini erano stati eseguiti. Il Gran Maestro nondimeno inviò segretamente degli ispettori sulle coste e passò lui stesso la
notte dell’8 a visitare le batterie della città e quelle
di forte Sant’Elmo, del quale si era riservato il
comando.
Il 9 giugno 1798 di prima mattina il grosso del
convoglio francese partito da Tolone e diretto in
Egitto giunse in vista di Malta. La divisione di
Civitavecchia aveva preceduto il grosso della flotta.
I Francesi avevano bisogno urgente d’acqua. Alla
domanda di rifornire d’acqua tutte le navi, un parlamentare maltese comunicò a Desaix, verso le 10
del mattino, la decisione del Gran Maestro di permettere l’entrata in porto di soli quattro bastimenti alla volta.
Avrebbero potuto fare uso della sola fontana del
Lazzaretto, cosa che equivaleva a rifiutare l’acqua a
una squadra di trecento vele. Era la risposta che
attendeva Bonaparte, il pretesto che occorreva per
attaccare. Ma per scrupolo, Bonaparte inviò a Valletta il suo aiutante di campo Marmont, a prendere il console di Francia, Caruson, che gli confermò
la risposta del Gran Maestro a proposito del rifornimento d’acqua. Bonaparte allora ordinò di
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armare tutte le scialuppe, e di tenersi pronti a sbarcare per fare acqua anche con l’uso della forza, se
necessario.
L’armata navale francese assunse il seguente
schieramento:
• la divisione di Baraguey d’Hilliers davanti a St.
Paul Bay e a Salina Bay;
• le divisioni di Vaubois e Kebler davanti a St.
George’s Bay e St. Julian’s Bay;
• la divisione di Desaix a est dell’isola davanti la
baia di Marsa Scirocco (Marsaxlokk Bay);
• la divisione di Reynier davanti Rambla Bay
(isola di Gozo).
ll 10 giugno alle ore 04.30 del mattino Bonaparte a bordo dell’Orient salì sul ponte del vascello
e chiese che gli portassero la sua sciabola, poi diede
l’ordine dell’attacco generale. I soldati francesi
presero terra in più punti: Reynier sbarcò a Gozo,
Veduta di Valletta
Baraguey d’Hillier a St. Paul, Vaubois a St. Julians
e Desaix a Marsa Scirocco. La colonna di Vaubois,
che teneva il centro e dove c’era Bonaparte, fu la
prima a prendere terra; all’avvicinarsi delle scialuppe le torri costiere aprirono il fuoco, ma ciò non
impedì ai soldati francesi di sbarcare. Un corpo di
truppe maltesi di circa 600 uomini cercò di opporsi, ma fu facilmente sopraffatto dalle colonne d’assalto francesi. Le altre divisioni sbarcarono quasi
nel medesimo istante, e ovunque le truppe francesi travolsero i soldati maltesi che furono costretti a
chiiudersi nelle fortificazioni. I cavalieri di nazionalità francese s’intenderono con Bonaparte; ma la
popolazione che temeva il bombardamento della
città, si rivoltò contro questi traditori. Nel confuso
tumulto cadde la debole volontà del Gran Maestro, così una delle più grandi fortezze del mondo
si arrese in poco tempo.
Nella notte dal 10 all’11 giugno si stipulò una
tregua, presto seguita da una resa a discrezione. Lo
scienziato Dolomien, che aveva servito nell’Ordine, fu incaricato di negoziare la capitolazione che
fu firmata il 12 giugno a bordo del vascello l’Orient: l’Ordine cedeva la sovranità sulle isole di
Malta, Gozo e Comino alla Francia e in cambio il
Gran Maestro otteneva per un principato equivalente al congresso Rastadt e pensione di 300 000
franchi all’anno, più un’indennità una tantum di
600 000 franchi. Tutti i cavalieri dovevano sgombrare le isole nel termine di tre giorni. Dei 300 di
lingua francese solo i maggiori di 60 anni poterono restare. Gli altri dai 30 ai 60 anni dovettero
rientrare in Francia, con
una pensione vitalizia di
700 franchi, dove ripresero servizio nell’esercito o
entrarono in differenti
amministrazioni. I più
giovani seguirono l’armata
francese nella spedizione
d’Egitto.
Dopo la capitolazione
dell’Ordine, Bonaparte
sbarcò a La Valletta, camminò per le strade ed
entrò nella cattedrale di
San Giovanni, trasformata
allora in fonderia. In ciascuna cappella erano stati
installati dei forni che servivano a filtrare al crogiuolo tutto l’oro e l’argento delle reliquie. Dieci artigiani battevano colpi di martello sugli oggetti preziosi prima di fondere i pezzi. Il celebre chimico
Bertollet fu incaricato di presiedere una commissione per la requisizione dei metalli preziosi e delle
gemme: egli s’impadrì dell’oro, dell’argento e delle
pietre preziose appartenenti alla residenza del Gran
Maestro. I tesori dell’Ordine furono sequestrati e
Bonaparte pretese la somma di ben 7.000.000 di
franchi per la cassa dell’esercito. L’oro fuso in verghe, e le gemme passarono nella cassa principale
dell’armata.
Delle argenterie, la cui quantità era ingentissima, una parte fu venduta per 300 000 franchi, ver-
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sando la somma nella predetta cassa, il rimanente
fu lasciato a Malta, per essere monetato per i bisogni della guarnigione.
Il bottino di guerra negli arsenali ammontarono
a 40.000 fucili, 1.500.000 di libbre di polvere per
l’artiglieria, 1.200 cannoni, 2 vascelli, 1 fregata e 4
galere.
Bonaparte soggiornò una settimana nel corso
della quale costuì un nuovo governo con una commissione presieduta da Bosredon de Ransijat, già
commendatore dell’Ordine, supervisionata da un
commissario civile, rappresentante la Repubblica
francese: Regnaud de Saint-Jean d’Angely. Le isole
di Malta e di Gozo furono divise in cantoni di
3.000 abitanti.
Ogni cantone fu amministrato da un consiglio
municipale di cinque membri, posto sotto la giurisdizione di un giudice di pace.
La difesa fu affidata a una guarnigione di circa
4.000 soldati comandati dal Vaubois (4), più un
battaglione di guardie nazionali composto da 900
uomini, quattro compagnie di veterani e quattro
di cannonieri guardacoste.
Per l’Egitto furono imbarcati 500 schiavi turchi
liberati, che servirono da marinai, una legione maltese costituita dalle
guardie del Gran Maestro e dal reggimento di
Malta composto da
circa 500 soldati.
Il generale Baraguey-d’Hilliers, avendo
espresso il desiderio di
rientrare in Francia, fu
incaricato di portare a
Parigi la grande bandiera dell’Ordine e quelle
dei reggimenti maltesi.
Il 18 giugno, dal
momento che l’occupazione dell’isola era
compiuta e i venti soffiavano a favore, Bonaparte diede all’ammiraglio Brueys l’ordine di
salpare.
Quando il grosso convoglio partì “portò via con
sé molte statue di santi in argento massiccio di
grandezza al naturale prese dalle chiese, in un
imprevisto pellegrinaggio contro gli infedeli…
(5)”.
L’occupazione britannica
Dopo la dipartita di Bonaparte Malta fu
governata da una nuova amministrazione, che
commise molti errori. Le cause dell’ostilità della
popolazione contro i Fancesi furono:
• gli eccessi della politica contro la religione,
cosa non nuova da parte di un governo costituito da uomini usciti dalla rivoluzione francese;
• le modifiche di certi statuti giuridici della
Società maltese;
• l’aumento dei tassi d’interesse sugli oggetti
portati al Monte di Pietà;
• gli eccessi delle requisizioni per il sostentamento dei soldati;
• le condizioni di vita sempre più mediocri
dovute al blocco inglese.
Il 28 agosto arrivarono nel porto di Valletta le
tre navi francesi sopravissute alla battaglia d’Abukir. Erano il vascello Guillaume Tell sul quale
si trovava il vice
ammiraglio Villeneuve, e le fregate La
Diana avente a
bordo il contrammiraglio Décrès e La
Justice comandata dal
capitano Jean Viulleneuve,
omonimo
dell’ammiraglio ma
senza legami di
parentela con lui.
Questa fu la scintilla
che fece scoppiare
l’insurrezione
a
Malta, che incominciò il 2 settembre
nella Città Vecchia o
Mdina.
Il generale Vaubois aveva incominciato il processo di secolarizzazione di Malta, ma
si rese impopolare molto rapidamente offenden-
(4) La guarnigione di Malta, costituita da unità appartenenti a parecchie mezze brigate, fu rafforzata dai distaccamenti sfuggiti ad Abukir
sbarcati dalle navi la Diane, il Guillaume Tell e la Justice.
(5) R. W. Phipps, The Armies of the First French Republic, Oxford, 1935-1939, vol. V, p. 362.
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dendo la suscettibilità religiosa degli isolani.
Vaubois, essendo a corto di denaro, tentò di vendere le proprietà sequestrate di chiese e conventi
inviando a Mdina alcuni uomini di legge per
sequestrare e vendere gli oggetti di culto nella
chiesa dei Carmini. Il giorno era particolarmente mal scelto perché era domenica.
C’era della folla e gli abitanti di molti casali o
villaggi dei dintorni si erano riuniti nella città
Vecchia e in un borgo vicino a Rabat. I delegati
inviati dal governo furono circondati dalla folla
che impedì loro di compiere la missione e li forzarono ad andarsene, cosa che fecero senza discutere.
I Maltesi allora si riunirono nel vicino borgo
di Rabat poiché nella Città Vecchia si trovava
una guarnigione francese, che avrebbe potuto
disperdere o impedire ogni assembramento.
Il comandante di questa guarnigione, un
certo capitano Masson volle informatsi sulle
cause del tumulto a Rabat e decise d’uscire dalla
città accompagnato da un sergente e da un soldato, attraversò lo spiazzo che separava i due borghi ed entrà in Rabat.
Masson fu ben presto circondato da una
popolazione ostile e dovette rifugiarsi nella casa
di un notaio. Volendo arringare la folla si affacciò da un balcone ma venne colpito alla testa da
una pietra lanciata da un giovane e cadde morto
in strada. Il sergente che lo accompagnava fu
massacrato dalla folla inferocita.
I due cadaveri furono sepolti in un vicino
giardino, posti l’uno contro l’altro come si trattassero di due animali. Solo il soldato riuscì a
fuggire e ritornato nella Citta Vecchia diede
subito l’allarme, ma il giorno seguente prima del
giungere dei rinforzi la Città Vecchia venne
attaccata e cadde in mano ai rivoltosi.
Per riprenderla il generale Vaubois inviò nella
notte un distaccamento di cacciatori maltesi e di
carabinieri della 23a brigata di fanteria leggera,
ma queste truppe non poterono superare gli
sbarramenti, che i ribelli avevano eretto tra La
Valletta e la Città Vecchia e dovetteto ripiegare
dopo aver subito delle perdite.
L’insurrezione dilagò per l’isola e toccò alcuni
sobborghi tra cui Burmola e quello del forte
Ricasoli. La presenza di spirito del generale
Brouard, capo di stato maggiore di Vaubois, permise di ristabilire rapidamente l’ordine, grazie
soprattutto all’intervento della 80a mezza brigata di linea e sotto la minaccia di bombardare il
sobborgo con il vascello Dego, preso alla Marina
dell’Ordine.
Vaubois poi riunì un consiglio di guerra permanente e mise sotto la sua autorità le autorità
civili e militari.
I distaccamenti isolati a Malta ripiegarono
sulla zona fortificata della Valletta, ma il grosso
delle truppe che si trovava a Gozo dovette rinchiudersi nel forte Chambray e in Victoria la
capitale dell’isola.
La repressione francese fu tuttavia relativamente moderata. Un tribunale condannò a
morte soltanto un maltese, che aveva assassinato
due soldati, e un monaco domenicano sospettato di aver fomentato la rivolta.
I Francesi ripiegarono rapidamente e si trincerarono nell’area fortificata intorno a Valletta.
Così iniziò l’assedio di Malta. I Maltesi investirono la piazzaforte guidati da Emmanuel Vitale
e dal canonico Saverio Caruana, ma i risultati
furono deludenti poiché ai Maltesi mancavano
delle armi per eseguire un assalto o un assedio,
inoltre scarseggiavano i viveri. Allora essi decisero di rivolgersi a Ferdinando IV di Borbone per
avere degli aiuti e il 6 settembre una delegazione
partì da Malta in una speronara (6) diretta a
Napoli.
L’8 settembre, di ritorno da Abukir Nelson si
trovava in navigazione all’altezza di Capo Passero, qui fu informato della rivolta maltese e della
presenza nell’area di una squadra navale portoghese, forza alleata, comandata dal contrammiraglio Pinto-Guedes de Nizza Reale. Continuando
a navigare diretto a Siracusa, Nelson ordinò ai
vascelli portoghesi di dirigersi a Malta per bloccare il gran porto di Valletta.
Il 19 settembre arrivarono al largo di Malta
quattro vascelli portoghesi da 74 cannoni, sotto
il comando del marchese de Niza. Le operazioni
di blocco ebbero così inizio, in attesa dell’arrivo
della squadra dell’ammiraglio Saumarez, anch’essa di ritorno da Abukir, che dal 17 si trovava ad
Agusta in Sicilia per rifornirsi di viveri.
Saumarez giunse il 23 settembre davanti al
porto della Valletta, così ebbero inizio le crociere
inglesi, da St Paul’s Bay a Marsaxlokk, per impedire ai Francesi l’accesso o l’uscita dal gran porto.
La mancanza di viveri cominciò ad essere un
(6) Tipica imbarcazione maltese
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Malta isola fortezza nel Mediterraneo in Età Moderna
problema per la guarnigione francese, una sortita fu così organizzata il 5 ottobre contro il villaggio di Zabbar per cercarvi delle provvigioni.
Arrivata al villaggio la colonna francese fu prontamente attaccata dai Maltesi e costretta a ritirarsi dentro le fortificazioni. Mai più i Francesi
tentarono di ripetere questa esperienza e l’assedio
diventò statico con La Valletta, Floriana e le Tre
Città accerchiate da opere d’assedio e da artiglierie.
Il 6 Nelson, allora a Napoli, inviò il capitano
Alexander Ball, sul vascello Alexander, con due
fregate, uno sloop e una fireship a cooperare con
la squadra portoghese. Fu l’inizio di un’associazione tra Ball e Malta che durò fino alla sua
morte. Nelson infine arrivò a Malta il 24 ottobre
e incontrò una delegazione maltese il giorno
seguente. Il capitano Ball ricevette il comando
delle operazioni di blocco e rilevò la squadra
portoghese, che partì per Napoli.
Di fronte a tale insostenibile situazione, la
guarnigione francese di Gozo capitolò il 28 ottobre. Uscì dalla Cittadella di Rabat con l’onore
delle armi. Il capitano John Creswell dei Royal
Marines issò le insegne della Marina inglese sul
Castello della Cittadella, sostituite il giorno
seguente con la bandiera del Regno di Napoli.
Nella notte dell’11 gennaio 1799 una cospirazione fu montata per sorprendere la guarnigione
francese rinchiusa nella Valletta. I cospiratori
erano pronti ad aprire la porta di Marsamxett a
un attacco maltese. Ma il complotto fu scoperto
dai Francesi e 45 patrioti fra i quali vi era un
importante prete e teologo padre Michael Xerri,
furono condannati a morte.
Dal febbraio 1799, la fame minacciò l’efficacia del combattimento e la sopravvivenza delle
forze assedianti. Con la ripresa della guerra in
Italia la questione sul controllo di Malta era divenuta materia di disputa tra le potenze europee ed
una conclusione s’imponeva al più presto, ma
Nelson non possedeva risorse sufficienti per proseguire l’assedio e sperava in un rapido successo,
oltre che nell’arrivo della flotta russa comandata
dall’ammiraglio Ushakov, al quale era stato ordinato di unirsi ai Turchi che avevano assalito
Corfù.
A dispetto delle richieste di Nelson, nessuno
aiuto proveniva invece dalla Sicilia, dove si erano
rifugiati re Ferdinando IV e la regina Maria
(7) La nave era al comando del contrammiraglio Perrée
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Carolina fuggiti da Napoli di fronte all’avanza
francese. Così il 7 febbraio 1799 l’assemblea
maltese scrisse a Ferdinando IV per avere il permesso di chiedere la protezione della Gran Bretagna, se il sovrano non fosse stato in grado di
inviare propri aiuti nei prossimi tre mesi. Alla
corte di Palermo, Nelson, Sir William Hamilton
e sua moglie Lady Emma fecero pesanti pressioni sulla regina Maria Carolina, tanto che alla fine
Ferdinando IV acconsentì di inviare aiuti all’isola.
Il capitano Alexander Ball fu nominato
comandante delle forze maltesi e governatore
dell’isola in nome e per conto di Ferdinando IV.
Protetti dalla flotta britannica, i carichi di cereali arrivarono dalla Sicilia, mentre nel febbraio
1799 l’Union flag fu issata per la prima volta a
Malta sopra la batteria Vincenzo Borg a San
Gwann.
A Malta 3.000 soldati francesi erano bloccati
da 500 marines inglesi e portoghesi. Ball voleva
armare circa 1.500 contadini per concludere
velocemente l’assedio, senza aspettare l’invio di
truppe da parte del generale Erskine comandante delle forze britanniche nel Mediterraneo. Ma
alla fine il nuovo comandante in capo, generale
Fox, accolse la richiesta urgente di truppe per
sostituire i soldati portoghesi, che avevano ricevuto l’ordine di ritornare a Lisbona. Circa 800
uomini, al comando del generale di brigata
Graham, partirono da Messina diretti a Malta
nel dicembre 1799.
Nel febbraio 1800, Graham domandò altri
rinforzi a Nelson e questi riuscì ad ottenere da
Ferdinando IV circa 1.200 soldati napoletani,
che imbarcò sulla sua squadra. Dopo le operazioni di rifornimento Nelson salpò, a bordo del
Foudroyant, dal porto di Napoli diretto a Malta.
Lo accompagnava nella navigazione il vice
ammiraglio Lord Keith, sul Queen Charlotte,
nuovo comandante della flotta britannica nel
Mediterraneo. Il 15, dopo lo sbarco dei soldati
napoletani a Marsa Scirocco, Lord Keit incrociò
davanti alla Valletta, mentre Nelson si spinse al
largo dove ebbe la fortuna di avvistare, il giorno
seguente, forze navali francesi in avvicinamento.
La sera del 17 febbraio, Keith ne ricevette notizia e all’alba del giorno seguente vide provenienti da sud-est i vascelli Le Generaux (7) e Ville de
Marseille, alcune corvette e diversi altre piccole
Malta isola fortezza nel Mediterraneo in Età Moderna
navi, con a bordo 4.000 soldati francesi.
Grazie all’audacia della piccola fregata Success,
che si pose sulla scia delle le unità francesi, Nelson fu in grado di sorprendere e disperdere il
nemico, catturando un nave da trasporto e il
vascello da 74 cannoni Le Généraux, uno delle
navi da battaglia fuggite da Abukir.
Un tentativo di forzare il blocco inglese fu
fatto dal vascello Guillaume Tell. Nella notte del
30 marzo comandato dal vice ammiraglio
Decrès, carico di ammalati e feriti, levò le ancore e puntò verso il mare aperto, ma subito dopo
incappo nella vigilanza del capitano Blackwood
della fregata Penelope che iniziò ad inseguirla
fino all’alba del giorno successivo, quando fu
raggiunta dal Lion, vascello da 64 cannoni, e dal
Foudoyant comandato dal capitano Berry, di
Valletta - Forte di Sant’Elmo
ritorno da Palermo dove aveva sbarcato Nelson.
Il rapporto di forze era in netto sfavore per il
Guillaume Tell (8), che cannoneggiato e completamente disalberato dovette arrendersi, riportando perdite per 200 morti su un equipaggio di 1
200 uomini. Se Nelson stesso non fu presente,
almeno la sua nave fu fondamentale per la cattura dell’ultimo vascello francese che aveva combattuto ad Abukir.
Nelson giunse a Malta il 4 maggio a bordo del
Foudroyant, accompagnato dall’ambasciatore
inglese Sir William Hamilton e consorte Lady
Emma. Egli restò a bordo nella baia di St Paul,
per tutta una settimana, poi si trasferì a Marsa
Scirocco, dove sbarcò con i suoi due amici e per
16 giorni fece vacanza passeggiando per le strade
delle città di Mdina e Rabat; non mancando di
far visita al generale Graham nel suo quartier
generale a Palazzo d’Auriel vicino Gudja e al
governatore Ball a San Anton.
Per la guarnigione francese si avvicinava la
fine. Il nuovo comandante delle forze di terra
britanniche nell’area il generale Abercromby
ordinò di stringere ancor di più l’assedio. Il 23
giugno inviò 1 500 soldati britannici al comando del maggior generale Piggot, che sbarcarono
nell’isola in luglio.
I Francesi furono costretti a smantellare le
loro fregate per ricavarne del combustibile, e il
24 agosto ne rimanevano due da mandare in
pezzi – La Justice e La Diane. Queste due, nella
notte del 24 agosto, tentarono di uscire dal porto
per prendere il largo, ma
furono intercettate da tre
navi da guerra inglesi. La
Justice riuscì a fuggire ma
La Diane fu catturata e le
carte trovate nella nave
rivelarono come la guarnigione francese in Valletta fosse sul punto di
arrendersi. Le trattative
furono intavolate il 4 settembre 1800 e alle ore 7
del giorno seguente fu
firmato l’accordo per la
capitolazione. Delle tre
grandi navi che erano ancora in porto, solo il
vascello da 64 cannoni L’Athénienne aveva un
valore, e il Dego (9) e la fregata La Cartaginoise
non erano in grado di prendere il mare.
Vaubois voleva arrendersi solo agli Inglesi,
visto il controverso status dell’isola. Durante l’assedio i Maltesi avevano offerto la sovranità dell’isola alla Gran Bretagna, mentre legalmente
apparteneva al Regno delle Due Sicilie, anche se
la Russia voleva reinstallarvi i Cavalieri di cui lo
Zar era allora il Gran Maestro. Per salvare l’isola,
Bonaparte pensò di giocae la carta russa, si ravvicinò ai Barbareschi e tentò di utilizzare l’alleanza
spagnola per montare una spedizione marittima.
(8) Le Guillaume Tell, vascello da 84 cannoni, costruito a Tolone nel 1757 fu preso dagli Inglesi il 30 marzo 1800 e incorporato nella Royal
Navy dove servì con il nome Malta fino al 1831
(9) Già Zachari, vascello dell’Ordine da 60 cannoni, preso dai Francesi nel 1798
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Malta isola fortezza nel Mediterraneo in Età Moderna
Infine, la capitolazione ebbe luogo il 5 settembre 1800. Ai soldati francesi fu concesso l’onore delle armi. Essi uscirono dalla città e marciarono fino al punto d’imbarco con bandiere
spiegate e tamburi battenti. Subito dopo la loro
partenza per Francia, Sir Alexander John Bull
entrò in Valletta e nella cattedrale di San Giovanni rese grazia a Dio per la liberazione dell’isola.
Il blocco era durato 18
mesi e l’occupazione francese
era servita ad offrire Malta in
un piatto d’argento alla Gran
Bretagna, che la tenne come
colonia fino al 1964, con
importanti conseguenze per
la storia del Mediterraneo.
Bonaparte
comunque
ottenne in virtù dell’articolo
10 del trattato di Amiens la
ristituzione dell’ isola ai
Cavalieri di San Govanni, ma
i Britannici rifiutarono di
evacuarla poiché Malta, ritornata in mano all’ Ordine,
non si sarebbe sottratta dal
controllo francese. Questa fu
una delle cause della ripresa
delle ostilità tra Francesi e
Britannici nel 1803, che portarono alla costituzione della
terza coalizione. Nelson utilizzo poco Malta come base
navale, quando comandava la
flotta che bloccava Tolone
negli anni 1803-1805, considerate le distanze marine tra i
due luoghi. Malta rappresen- Cattedrale di Mdina
tava per lui un appoggio nel Mediterraneo anche
se “our length of passage from Malta is terrible. We
have not procured one single article or refreshment
from thence since the fleet must go to Malta, for the
good things of Malta could never come us; and in
that case the French might do as they pleased,
between here and Gibraltar, for two month
together” (10). Ciò nonostante Malta offriva
molti vantaggi “...I now declare that I consider
Malta as a most important outwork to India, that
it will give us great influence in the Levant and
indeed all the southern ports of Italy. In this view I
hope we never give it up” (11). Le facilitazioni che
Malta offriva ai Britannici come base erano
numerose. L’ isola era politicamente sicura nella
misura in cui poteva esserlo una recente acquisizione, e la sua popolazione era ben disposta verso
i nuovi dominatori. Fu da Malta che partì in
seguito la spedizione contro l’armata francese
ancora in Egitto. Da Malta fu lanciato l’attacco
contro le Isole Ioniche nel 1809. Malta divenne
anche un emporio per il cotrabbando e una base
per i rifornimenti per le truppe del duca di Wellington, futuro vincitore di Napoleone a Waterloo, impegnato in Spagna e in Portogallo.
(10)Sir N.H. Nicolas, The Despatches and Letters of Viscount Nelson, vol.5, p.216, citato da B.Lavely, in op. cit., p.163.
(11)A. V. Laferla, British Malta, vol. 1, p. 41, citato da Brian Lavely, in
“Le immagini dell’articolo Le attività degli ingegneri geografi francesi nei territori italiani in età napoleonica
pubblicato sul n°1/2004 di “Informazioni della Difesa” sono state gentilmente fornite da © Biblioteca
Statale Isontina - Gorizia
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