Pubblicazioni del Centro Aletti 14. Tomás̆ S̆pidlík L’idea russa un’altra visione dell’uomo “È il tempo quando fiorisce il tiglio” Lipa I N D I C E Presentazione dell’edizione italiana ............................. Prefazione all’edizione francese ................................... 7 9 Introduzione .................................................................. 11 Capitolo primo I diritti della persona ..................................................... 15 Capitolo secondo La conoscenza................................................................ 71 Capitolo terzo La dimensione sociale dell’uomo ................................. © 1995 Lipa Srl, Roma Capitolo quarto prima edizione: ottobre 1995 La salvezza è storica ...................................................... Titolo originale dell’opera: L’idée russe une autre vision de l’homme © 1994 Éditions Fates (Isbn 2-909452-06-9) Traduzione dal francese di Stella Morra, rivista dall’autore Capitolo quinto L’uomo e il cosmo ......................................................... 119 183 217 Capitolo sesto Lipa Edizioni via Paolina, 25 00184 Roma & 06 4747770 fax 06 485876 Realizzato in Dtp con Power Macintosh da Lipa Dalla schiavitù alla libertà ............................................. 253 Capitolo settimo Davanti al volto di Dio: la preghiera............................ 299 Capitolo ottavo La sofiologia................................................................... 351 Conclusione ................................................................... 377 Bibliografia..................................................................... Indice dei nomi ............................................................. Indice degli argomenti .................................................. 387 435 457 Il software è utilizzato su licenza del produttore (Quark XPress: PF 50476115) In copertina: particolare di San Serafino di Sarov, pittura di Marko Ivan Rupnik Stampato a Roma nel settembre 1995 da Abilgraf, via Ottoboni, 11 Proprietà letteraria riservata Printed in Italy codice ISBN 88-86517-19-X Presentazione della edizione italiana L’idea russa, un’altra visione dell’uomo, se è un testo sconcertante per un lettore russo, o per un abitante degli ex-Paesi satelliti dell’Unione Sovietica, lo è soprattutto per un lettore occidentale. Basilio il Grande ha insegnato che l’uomo è un essere di natura sociale. Come retroscena, questo insegnamento riecheggia tutta la ricca riflessione teologico-spirituale sulla Santissima Trinità, sull’amore del Padre quale inesauribile fonte agapica principio dell’unità delle Persone divine e di tutta la creazione. Si dischiude così una realtà estremamente concreta, misteriosa e affascinante: tre Persone assolutamente libere e perfettamente unite nell’amore. Questa realtà ci trova oggi, nella nostra civiltà, tutti occupati dai modi con i quali ricomporre l’unità e l’armonia senza distruggere le diversità individuali. Viviamo su una terra reificata, aliena, e ci muoviamo in un tempo scandito dall’economia e dalla televisione. Le cose che ci circondano sono mute e non ci ricordano nessuno. Ma il progetto da secoli nascosto nel Padre e realizzato nel Figlio è quello di ricapitolare tutto nella vita. In questo si nasconde la nobiltà della vocazione secondo la fede cristiana: fare entrare tutto nella relazione vivificante e personale. La teologia sacramentaria insegna attraverso i secoli, sulle fondamenta dell’incrollabile e luminosa esperienza di fede delle generazioni, che il pane e il vino eucaristici vengono assolutamente ipostatizzati (incorporati nella Persona di Cristo), diventando così la comunicazione di Dio ed unendoci in Lui a tutti quelli che ne mangiano e bevono. Sulla stessa scia, ma su un altro livello, un fiore comprato è un semplice oggetto, ma una volta donato alla persona amata, diventa per lei un’altra cosa: lo stesso oggetto si dischiude in un’altra luce e unisce le persone. L’idea russa di Œpidlík potremmo spiegarla così. Œpidlík accetta i criteri epistemologici della teologia orientale, secondo i quali la conoscenza passa tramite la relazione, una conoscenza quindi che si avvicina alla verità grazie al suo principio agapico. P. Œpidlík cerca di raccontare come lo Spirito Santo si è rivelato nella fede delle generazioni dei cristiani russi, come i loro gesti, pensieri, sentimenti, mossi dallo Spirito, diventavano cristoformi. In poche parole, L’idea russa esprime la vocazione del popolo russo a ipostatizzare la terra, il lavoro, e soprattutto la stessa natura umana. Il libro fa vedere co- 7 L’idea russa Prefazione alla edizione francese me la fede russa ha avvolto nell’amore eventi spesso dolorosi, ostili, tragici. Infatti, tanto sangue, tante guerre, tante illusioni e tanto fango si sono versati sulla storia di questo popolo. Ma una lettura spirituale è svincolata da ogni logica formale, per questo è al di là dei giudizi e delle idealizzazioni. Considera magari una sola persona, nella quale, in mezzo alle violenze e alle ingiustizie, lo Spirito Santo ha potuto operare la santità. Perciò questo libro è soprattutto un libro sapienziale, un libro in cui si comunica come le cose e la natura profanata possono rientrare nel principio agapico, cioè diventare sante. È evidente allora la sua struttura non per autori, ma per temi. Un lettore superficiale, o con gli occhiali stretti dell’etnocentricismo e dei pregiudizi, potrebbe anche dire che è un “raccoglitore”. L’idea russa è invece anche un capolavoro metodologico che va incontro alle tendenze più attuali della ricerca epistemologica. Si tratta di un rigoroso metodo spirituale che segue la vena vitale, l’intuizione spirituale: dentro ad un pensiero se ne dischiude un altro, un altro ancora, fino ad attraversare le generazioni, gli spazi, le mentalità. In questo senso il libro potrebbe benissimo stare accanto ai grandi capolavori della moderna teologia russa. Sembra quasi che L’idea russa tratti continuamente della stessa cosa, che non rispetti un sistema convenzionalmente logico. Ma è anche questo a renderla estremamente attuale e allo stesso tempo capace di mostrare il contributo profetico di alcuni pensatori russi. Proviamo a pensare alle cose di ogni giorno dentro all’ambito interrelazionale. Proviamo a pensare alla relazionalità in un modo scevro dai tanti riduzionismi psicologici, dove la relazione non è un accidente, ma la sostanza, con tutto il suo carico ontologico. Sarebbe una rivoluzione copernicana. Quando guardiamo in una vera dimensione religiosa, cioè relazionale, si dischiudono i mille nessi che le cose hanno con tutto l’esistente e che invece rimangono nascosti quando le isoliamo e controlliamo concettualmente. L’idea russa di p. Œpidlík è per questo un esempio di come guardare all’altro, di come accostarsi a lui. Rappresenta una visione per un diverso principio di unità e di comunione, oggi così prezioso in una Europa alle prese con i problemi delle convivenze multiculturali, nazionali e religiose. p. Marko Ivan Rupnik 8 In una lettera del 15 luglio 1991, la Compagnia di Gesù esprimeva alla signora Anna Maria Gruenhut Bartoletti Aletti la propria intenzione di aprire un «Centro di studi e ricerche» che portasse il nome di «Ezio Aletti», suo marito. Attraverso questa fondazione, con l’obiettivo specifico di «privilegiare i rapporti interpersonali», la Compagnia compiva il desiderio della signora Aletti di creare un Centro interculturale. Dopo solo due anni di attività, ecco che il Centro inaugura una serie di pubblicazioni. È estremamente significativo che il primo libro della collana sia l’opera di p. Œpidlík, grande specialista della spiritualità dell’Oriente cristiano. L’Idea russa mette in evidenza che, nel cuore della cultura intellettuale della Russia, si trova la visione della persona, la persona come unità del divino e dell’umano e dunque come partecipazione all’amore di Dio in cui essa trova la sua piena realizzazione. L’originalità dell’antica tradizione cristiana ci viene presentata in tutto il suo splendore e con una freschezza tutta nuova. Oggi l’uomo europeo prende di nuovo coscienza che la sua identità europea integra sia l’Est che l’Ovest. Inoltre nella cultura attuale si manifesta sempre più l’urgenza di un pensiero che tenga conto dell’insieme, di un cuore che vivifichi, di un luogo nel quale si annodino i legami tra realtà, culture e tradizioni diverse. Questo bisogno crescente dà sempre maggior rilievo a tutto ciò che è ricerca e riflessione teologico-spirituale interetnica e interconfessionale in Europa. Ed è appunto a questo bisogno, ci pare, che risponde la visione intellettuale e spirituale del Centro Aletti. Quando nel 12 dicembre 1993 il Santo Padre lo ha visitato, ha domandato di costruire «un futuro di fede per l’Europa»; è stato un invito a far emergere una fisionomia spirituale che si ricolleghi alle profonde radici cristiane, accettando, in un dialogo fruttuoso, le interpellanze che la cultura moderna lancia oggi. È inoltre necessario studiare la tradizione cristiana orientale. Nella linea dell’ammirabile lavoro già realizzato dall’Istituto Orientale, il Centro Con questa prefazione, un anno fa, il p. Generale della Compagnia di Gesù, inaugurava la collana di pubblicazioni del Centro Aletti. 9 L’idea russa Introduzione Aletti, che gli è legato, può apportare a questo dialogo un contributo importante favorendo una riflessione su ciò che l’Europa dell’Est ha vissuto in questi decenni di silenzio e su ciò che rischierebbe di restare sconosciuto in Occidente e dimenticato in Oriente, nel momento in cui tanti avvenimenti lo hanno sconvolto. È alle persone che il Vangelo si indirizza; sono le persone che incontra nella loro vita e di cui trasforma la mentalità, le relazioni e la cultura. In questa ottica vanno studiate le esperienze dell’Est e dell’Ovest per scoprire ciò che Cristo ha suscitato negli uni e negli altri, come e dove, nel corso di questi decenni, Egli ha sofferto, è stato crocifisso, è risuscitato. Solo a quel punto i popoli potranno riconoscersi, scoprendo nelle storie e nelle culture differenti lo stesso Cristo che conduce verso un mutuo riconoscimento. Peter-Hans Kolvenbach, SJ Superiore Generale della Compagnia di Gesù L’idea russa! Nel secolo scorso questo tema ha dato luogo ad un gran numero di discussioni tra Slavofili e Occidentalisti.1 Sotto questo nome, pensatori russi assai importanti per la cultura russa, hanno cercato di esprimere ciò che era caratteristico del popolo russo, della sua storia, della sua vocazione mondiale; una vocazione che è religiosa, poiché si tratta del contributo specifico di un popolo al destino di tutta l’umanità. Non ci si stupirà che, secondo i pensatori, le “idee” sulla storia e sulla vocazione degli Slavi d’Oriente siano assai differenti e che, di conseguenza, numerosi autori rimangano piuttosto scettici sull’utilità di questo genere di ricerche. ¯i¡evskij preferisce così parlare di “spirito russo”, poiché questo termine, meglio che quello di “idea”, rinvierebbe all’esistenza di un elemento concreto, capace di trasformazione pur rimanendo identico a se stesso; un termine che, dunque, può rendere conto dell’identità del popolo russo contemporaneamente nella sua continuità e nella sua vocazione. Ma lo spirito è un elemento sufficientemente cosciente perché lo si possa descrivere? L’autore afferma che lo spirito di cui parla è precisamente «la coscienza che gli uomini possiedono della loro esistenza».2 Questa coscienza non può essere colta che attraverso gli avvenimenti storici, i cambiamenti politici, le trasformazioni ideologiche. Di conseguenza, «è impossibile ai membri di una grande nazione avere una coscienza unica della loro esistenza». Le diverse epoche storiche vedono sorgere tendenze opposte e ciascuna di esse ha i suoi rappresentanti caratteristici. Inoltre, l’aggettivo “russo” è anch’esso equivoco: il grande Impero degli zar comprendeva gli Ucraini, i Bielorussi, e anche dei Polacchi, dei Finlandesi, senza contare i piccoli popoli russifi- 1 Titolo dato a più testi. Ad esempio: V. SOLOVIEV, L’idée russe, Paris 1988. W. IWANOW, Tübingen 1930; Sobr. Soµ. III, Bruxelles 1979, pp. 321-338; Die russische Idee, übersetz von J. SCHOR; N. BERDJAEV, Russkaja ideja, Paris 1947; L’idée russe, Problèmes essentiels de la pensée russe au XIXe et au XXe siècle, Paris 1969. 2 D. TCHI˘EWSKIJ, Das heilige Russland. Russische Geistesgeschichte 10.-17. Jahrhundert, Hamburg 1959, p. 7. Russland zwischen Ost und West. Russische Geistesgeschichte II, 18.-20. Jahrhundert, ibid. 1961. 10 11 L’idea russa cati e i territori annessi dopo le guerre. A ragione ¯i¡evskij mette in guardia contro ogni sorta di semplificazione che farebbe dell’“idea russa” il frutto di una ideologia illusoria.3 A questo scopo lui stesso, per presentare la Russia agli stranieri, si mette a descrivere i diversi movimenti spirituali che, dai tempi di Vladimir fino alla prima guerra mondiale, si sono succeduti sulla terra russa; così lascia il lettore libero di farsi una propria “idea” a partire dallo “spirito russo” che gli è stato presentato. Berdjaev si oppone a questa posizione che trova tentata di scetticismo. Seguendo tutta la tradizione sofiologica, si può affermare che l’evoluzione storica e cosmica non è null’altro che la realizzazione progressiva di “idee” eterne. È dunque giusto cercare di cogliere queste idee nella storia, a condizione di considerarle realtà “metastoriche”.4 In tal modo, parlare dell“idea russa” significa leggere nella storia questa idea che il popolo vive nel mistero e che, nella misura in cui è realtà divina, non si può rivelare che attraverso la contemplazione spirituale. Solov’ëv dirà così che l’idea di una nazione si comprende in rapporto a Dio, al suo progetto di salvezza universale: l’idea russa è ciò che Dio, da tutta l’eternità, vuole che questa nazione doni all’umanità tutta intera, come propria parte di verità e di incarnazione.5 Il modo di porre il problema, allora, non è affatto scientifico, nel senso classico del termine, ma “profetico”. Ad un occidentale che affrontasse la stessa questione, tale modo di riflettere creerebbe lo stesso malessere che egli prova davanti a tutto ciò che sembra essere un metodo “irrazionale”. Affinché tutto ciò che si afferma sulla Russia sia vero e credibile ai suoi occhi, occorrerebbe che sia confermato da documenti storici, letterari, filosofici o rilevanti della tradizione spirituale. Ma come fare se tutte queste testimonianze rinviano a degli ambiti differenti? ¯i¡evskij non ha ragione di concludere che nessuna idea unica possa emergere dai flutti di movimenti così diversi? 12 3 Ibid. 4 Cf p. 188-189. 5 V. SOLOVIEV, L’idée russe, Paris 1888, p. 6. Introduzione Allora, qual è dunque lo scopo del nostro libro, che abbiamo voluto intitolare “L’idea russa”? Non pretendiamo certo di vedere meglio dei figli stessi della nazione russa quale sia la loro vocazione; essi sono in una posizione migliore di chiunque altro per conoscere i movimenti del loro cuore. Né vogliamo produrre una specie di riassunto degli studi fatti fino ad oggi sulla spiritualità russa. Il nostro atteggiamento rispetto a questo tema si potrebbe spiegare così: quando Pietro il Grande decise di modernizzare il grande Impero degli zar, aveva una “idea” dell’Occidente europeo: anche noi abbiamo un’”idea” e insieme l’intenzione di trovare nell’Oriente slavo quegli elementi che consideriamo come mancanti - e dunque complementari - della spiritualità e della civiltà dell’Europa occidentale. V. Ivanov, che come poeta e pensatore ha amato, studiato e ammirato le culture diverse, desiderava vedere «il cristianesimo respirare con tutti e due i suoi polmoni».6 Le sue parole sono rimaste come un programma e una speranza per l’Occidente e l’Oriente cristiani. I Latini fanno il segno della croce da sinistra a destra, i Bizantini da destra a sinistra: l’importante è che il segno della croce resti il simbolo del Salvatore, Gesù Cristo, che come il sole illumina le cime delle montagne splendendo sia sull’Oriente che sull’Occidente, perché tutti gli orizzonti ne siano illuminati.7 6 Cf S. TYSZKIEWICZ, Orthodoxie und Humanismus, Wjatcheslaw Iwanows Weg nach Rom, Wort und Wahrheit 5(1950), pp. 431-442; V. IVANOV, Svet veµernij, Oxford 1962, pp. 42ss. 7 I nomi e le parole russe sono trascritti usando il modo abituale nei paesi slavi, con le seguenti eccezioni: 1) nelle citazioni si usa la trascrizione impiegata dall’autore dell’opera citata; 2) le parole slave isolate (ad es. starets, volnitsa ecc.) sono trascritte in modo leggibile per un italiano od usando una trascrizione ormai divenuta comune (ad es. zar). 13 Capitolo primo I diritti della persona I. La struttura dell’uomo L’importanza dell’antropologia Il pensiero russo, afferma Zen’kovskij nelle prime pagine del suo libro sulla storia della filosofia,1 è “antropocentrico”. Ciò che lo interessa in primo luogo è l’uomo, il suo destino, la sua evoluzione. È dal punto di vista dell’uomo che certi grandi autori hanno trattato i problemi filosofico-religiosi: Skovoroda, 2 ¯aadaev, 3 Belinskij,4 Nesmelov,5 Œestov6 e molti altri. Si trova questo stesso atteggiamento nella letteratura. Nella poesia di Tjutµev, per esempio, Solov’ëv discerne questa stessa preoccupazione per l’uomo.7 Tuttavia, la problematica dell’uomo 1 V. V. ZEN’KOVSKIJ, Istorija russkoj filosofii, Paris 1948-50, vol. I, pp. 19ss; cf vol. II, p. 469: Antropologija (Index). 2 Ibid. I, p. 72. 3 Ibid. I, p. 167. 4 Ibid. I, p. 266. 5 V. I. NESMELOV, Nauka o µeloveke, 3 ed., Kazan’ 1905. 6 L. ŒESTOV, Skovannyj Parmenid. Ob Istoµnikach metafiziµeskich istin, Paris s. d. (YMCA - Press). 7 V. SOLOV’ËV, Soµinenija, Bruxelles 1977ss, vol. III, pp. 117-134. 15 L’idea russa non è trattata da nessuna altra parte con la profondità con cui lo è in Dostoevskij. «È nell’uomo che è nascosto l’enigma dell’universo e risolvere la questione dell’uomo è risolvere la questione di Dio».8 Per questo rimprovera agli intellettuali astratti di produrre idee impersonali, e fa loro questo richiamo: «Siete contro la vita. Imponete alla vita la vostra astrazione. Siete dei teorici, non avete terra sotto i piedi. Prima di tutto occorre diventare qualcuno, incarnarsi, diventare se stessi, una persona. Ma voi siete ombre, un nulla ... un sogno, vi si vede attraverso».9 In diversi pensatori questo interesse antropologico esprime sovente una “conversione” del loro pensiero dalla filosofia hegeliana alla realtà concreta. E giungono ad affermare che una conversione simile attende ancora certi cristiani. Accusano il cristianesimo storico di aver ceduto alla tentazione dell’“astrattezza”, che è contro la verità dell’incarnazione. «Il risultato di una tale religione - constata V. Rozanov - è l’immolazione volontaria dei “vecchi credenti” che si bruciano da soli o si fanno sotterrare vivi in nome di una “regola”».10 È lo stesso rimprovero che fa Berdjaev: «Nell’Ortodossia storica, dove predominavano uno spirito ascetico e monastico, il problema dell’uomo non fu messo sufficientemente in luce, e non poteva essere diversamente».11 Pertanto, constata Berdjaev, sono precisamente i pensatori russi recenti - e lui stesso in particolare che hanno contribuito maggiormente a mettere in rilievo questo aspetto antropologico della fede.12 Il suo discepolo S. L. Frank gli fa eco, ricordando che è tipico del cristianesimo orientare verso l’uomo: «Tale è la coscienza cri- 8 P. EVDOKIMOV, Gogol et Dostoïevski ou la descente aux enfers, Bruges 1961, p. 192. 9 I diritti della persona stiana, paradossale, liberatrice, sorgente di gioia ineffabile, coscienza del primato del principio religioso su quello morale. Il cristianesimo è la religione dell’umanità. In essa, per la prima volta, l’uomo trova la consolante convinzione che Dio, suprema istanza dell’essere, non si interessa, in fin dei conti, che di una cosa: il bisogno concreto che l’uomo ha di Lui, e Lui, dunque, non ha che una preoccupazione: aiutare l’uomo».13 La teologia antropologica e l’antropologia teologica Pur apprezzando l’aspetto positivo contenuto nelle critiche al “cristianesimo storico”, dobbiamo non di meno correggerne i giudizi troppo severi, che sono in fondo ingiusti. È noto che gli Ebrei trovavano Dio nella storia, che i Greci lo cercavano nel macrocosmo; ma i monaci cristiani, fin dall’inizio, l’hanno cercato nel microcosmo, cioè nell’uomo in quanto immagine di Dio.14 «Per il solo fatto di essere creato ad immagine del Dio uno e trino, l’uomo stesso si pone come vivente enigma teologico, diventa il luogo teologico per eccellenza», dichiara Evdokimov.15 Nesmelov ha talmente insistito su tale verità che ha rifiutato la conoscenza di Dio attraverso il cosmo. Il mondo, dice, non rivela affatto, ma nasconde piuttosto il volto di Dio.16 «L’unico cammino reale» della teognosia è «la ricerca scientifica intorno all’uomo vivente».17 Gli asceti ci hanno trasmesso la convinzione che il volto di un uomo puro risplende di luce divina.18 È all’interno di questa tradizione che si comprendono le parole dello starets Zosima ad Alëœa: «Ti ho spesso benedetto nello spirito a causa del tuo viso, sappilo». Ed è a questo motivo che lo invia a Mitja, convinto che, per la potenza del suo viso, lo potrà “salvare”. «Amo il tuo viso», dice Ivan, l’altro fratello Karamazov, ad Alëœa, «il diavolo ha avuto Ibid. 13 S. FRANK, Dieu est avec nous, Paris 1955, p. 138. 14 V. MONOD, Dieu dans l’univers ...., Paris 1933. 15 La femme et le salut du monde, Tournai - Paris 1958, p. 30. 16 Nauka o µeloveke, cit., p. 411. 17 Ibid. 18 Cf ATANASIO, Vita di Sant’Antonio 67, PG 26, 939. 10 Cf P. LESKOVEC, Basilio Rozanov e la sua concezione religiosa, OCA 151, Roma 1958, pp. 218ss. È arrivato nel 1895 a Tiraspol, dove i “vecchi credenti” temevano il censimento nazionale, perché vi vedevano l’opera dell’Anticristo. Cf N. O. LOSSKI, Histoire de la philosophie russe des origines à 1950, Paris 1954, p. 359. 11 12 N. BERDIAEFF, L’idée russe, Paris 1969, p. 103. Cf De la destination de l’homme. Essai d’éthique paradoxale, Paris 1935. O naznaµenii µeloveka. Opyt paradoksal’noj etiki, Paris 1931. 16 17 L’idea russa paura di te, puro cherubino». È interessante vedere che non è affatto una dialettica ciò che Dostoevskij oppone all’ateismo, ma un “viso”, icona vivente di Cristo.19 L’originalità russa appare tuttavia più evidente se si considera la stessa relazione gnoseologica dal punto di vista opposto: non si afferma solamente la conoscenza di Dio a partire dall’uomo, ma anche la conoscenza dell’uomo a partire da Dio. I Russi sono ben coscienti che l’uomo non è affatto “conosciuto”, ma “sconosciuto”, un mistero. Chi potrà risolvere tutti i problemi che l’essere umano, essenzialmente antinomico, “pone”? Solo Cristo, Uomo-Dio. Allora si può affermare con Bulgakov che l’antropologia è inseparabile dalla cristologia: «L’incarnazione divina non è affatto una catastrofe per l’essenza umana, né una qualche violazione; è, al contrario, il suo compimento. Ed è perché, essendo perfettamente Dio, Cristo è ugualmente un Uomo perfetto».20 Riassumendo questa riflessione, possiamo dire con le parole di Berdjaev: «L’apparizione di Cristo è il fatto fondamentale dell’antropologia».21 L’antropologia morale e psicologica Si afferma che gli asceti sono coloro che si sono maggiormente occupati dell’antropologia, essendo questa una «pratica applicata che insegna direttamente la lotta invisibile»,22 che insegna come servirsi delle facoltà umane per esercitarsi nella virtù e nell’orazione. In questa logica, i monaci hanno utilizzato le nozioni psicolo- I diritti della persona giche del loro tempo. Così i monaci russi, che leggevano assiduamente gli scritti dei Padri, adotteranno ben presto il linguaggio degli antichi Greci, soprattutto la terminologia della tripartizione dell’anima, parlando di parte razionale, parte irascibile e parte concupiscibile.23 Questa divisione aiuta a comprendere la necessità del combattimento contro le passioni che si trova già in una Esortazione (Nakazanie) del Metropolita Niceforo I a Vladimir Monomaco.24 Più tardi, grazie a numerosi testi della Filocalia, questa divisione - e le sue conseguenze - trova una larga diffusione nella letteratura spirituale, anche se essa non può illustrarne tutti i dettagli. I semplici asceti leggevano contemporaneamente Padri di tendenze diverse: una concezione “integrale” delle facoltà umane piaceva loro più di analisi parziali. È vero che, qualche volta, i moralisti si sono lanciati in analisi precise: ma ciò era solo dettato dalla intenzione pratica di dare ad ogni organo, ad ogni parte dell’uomo, «una buona direzione» perché l’uomo si santificasse.25 Teofane il Recluso, autore spirituale russo, cerca di collocare sistematicamente la vita spirituale nel quadro delle divisioni psicologiche, adattando tuttavia le nozioni teologiche degli antichi Padri alla psicologia sperimentale del secolo scorso. E il suo sforzo, si deve ammetterlo, non è affatto mal riuscito. L’antropologia tricotomica di Teofane il Recluso26 «Essere capace di dire “io”, è la prova che si è una persona umana».27 Ed è pure il contrario del peccato, perché il peccato fa identificare il peccatore, in modo falso, con ciò che gli viene dal di fuori. È 19 Brat’ja Karamazovy, t. I, II parte, libro 6,1, Berlin 1919, p. 436; cf EVDOKIMOV, Gogol ...., p. 282. 20 S. BULGAKOV, Agnec Bo¡ij, Paris 1933, p. 212. «Nel Cristo, non di meno, nulla di contrario è inflitto all’essenza umana, nessun elemento incompatibile è introdotto nella sua vita; ma nel Nuovo Adamo l’immagine verace, la prefigurazione del vecchio Adamo, si compiono. Ed è perché l’uomo è già la forma pronta per l’autentica teantropia che non è tuttavia capace di realizzare da se stesso, ma in previsione della quale è creato e chiamato». 21 Cf N. von BUBNOFF, Russische Religionsphilosophen. Dokumente, Heidelberg 1956, p. 293. 22 29. 18 23 T. ŒPIDLÍK, La Spiritualité de l’Orient chrétien. Manuel systématique, OCA 206, Roma 1978, p. 257. 24 G. PODSKALSKY, Christentum und theologische Literatur in der Kiever Rus’ (988-1237), München 1982, pp. 146ss. 25 E. POPOV, Obµenarodnye µtenija po pravoslavno-nravstvennomu bogosloviju, S. Peterburg 1909, pp. 961ss. 26 T. ŒPIDLÍK, La doctrine spirituelle de Théophane le Reclus. Le Cœur et l’Esprit, OCA 172, Roma 1965, pp. 3ss. P. EVDOKIMOV, La femme et le salut du monde, Tournai - Paris 1958, p. 27 Naµertanie christianskago nravouµenija, Moskva 1895, p. 189. 19 L’idea russa questa affermazione che Teofane prende come fondamento delle sue analisi, dove sono mescolati i riferimenti patristici e le nozioni moderne, ma sempre secondo l’ottica della vita spirituale e in vista di essa. «La persona umana, l’io, è l’unità dello Spirito, dell’anima e del corpo».28 La vita morale deve dare a ciascuno ciò che gli è proprio e, contemporaneamente, mantenere l’unità che costituisce l’uomo. In rapporto al corpo, che reclama la realizzazione di esigenze indiscutibili, il male consiste nel soddisfarle isolatamente, senza un rapporto al loro servizio all’anima.29 Quanto all’anima, gli atti in cui essa si rivela, sono di tre specie: i pensieri, i desideri, i sentimenti. Da ciò le tre parti dell’anima: la parte cognitiva, la parte appetitiva e il cuore. Nella parte cognitiva, Teofane inserisce tutto ciò che entra nel processo della conoscenza e che, partendo dalle cose sensibili e dalla fantasia, arriva a formare dei giudizi razionali. «La vita secondo la volontà di Dio è una vita ragionevole al grado più alto».30 Al contrario, il razionalismo è l’uso della ragione contro la ragione, quando ci si oppone al progresso della conoscenza dello Spirito, quando la ragione cade in sogni vani. La forza della parte appetitiva è la volontà. Anch’essa è libera e ha per funzione di organizzare la nostra vita. In unione con lo Spirito, essa possiede «l’arte di condurre le proprie azioni al successo, di armonizzare i mezzi con i fini e le azioni con le circostanze», è la «sapienza pratica».31 «La funzione del cuore consiste nel sentire tutto ciò che tocca la nostra persona».32 Il cuore è il punto di contatto tra l’uomo e Dio. Teofane è il maestro incontestato che ha saputo descrivere l’attività del cuore e l’educazione dei sentimenti perché essi diven- 20 I diritti della persona tino “spirituali”.33 Infine, lo Spirito è come «l’anima della nostra anima. Perché la vita cristiana è la spiritualizzazione progressiva dell’anima e del corpo». È questa l’unica via che corrisponde alla natura umana, come Dio l’ha creata. Tutte le tentazioni del mondo hanno questo scopo comune: soffocare lo Spirito. È la forza del mondo, ma è contemporaneamente la sua grande debolezza. Il mondo, dice Teofane, ci spinge pressoché in modo automatico ad abbandonarlo, perché «tutte le gioie esterne non giungono mai a compensare la nostalgia dello Spirito».34 II. La persona - vittoria sulla natura Il personalismo russo In che cosa consiste la grandezza dell’uomo? I Padri sono unanimi: l’uomo è immagine di Dio. Tale è la vera “natura”, la natura dell’essere divinizzato. Riflettendo su questa rivelazione, gli autori mettono in rilievo differenti aspetti: la conoscenza, la libertà, il potere di dominare il resto del creato.35 Gli autori spirituali riprendono spesso questo tema; ma i pensatori recenti sviluppano una idea nuova. Si interessano meno delle prerogative della “natura” umana che non del fatto che l’uomo sia “persona”, immagine del Dio personale; un privilegio che sorpassa la semplice questione della “natura”. O. Clément descrive l’evoluzione di questo tema della persona: «pienamente fondato nella rivelazione biblica, il tema della persona ha trovato la sua formulazione teologica nei Padri del IV secolo: ma a livello della esistenza divina e non ancora dell’esistenza umana. Certo, la Tradizione conserva l’essenziale con l’affermazione che l’uomo è “immagine di Dio”, ma il sostanzialismo e l’intellettualismo rendono difficile un approccio fedele al miste- 28 Ibid. 29 ¯to jest’ duchovnaja ¡izn’, Moskva 1899, cap. 5, p. 17. 30 Naµertanie, p. 209. 31 ¯to jest’ ...., 7, p. 25. 34 Ibid., pp. 58ss. 32 Ibid., pp. 26ss. 35 La spiritualité, pp. 58ss. 33 Put’ ko spaseniju, Moskva 1908, p. 92. 36 O. CLÉMENT, Mille ans, p. 303. 21 L’idea russa ro. È, mi sembra, merito della teologia e della filosofia russe del XIX e XX secolo, aver realizzato questo approccio distinguendosi sia dall’individualismo che dalle fusioni mistiche o totalitarie».36 Losskij37 e Zen’kovskij38 parlano nella loro Storia della filosofia russa dei rappresentanti principali del “personalismo” russo, sottolineando che non è solo caratteristico dei cristiani. Così il socialismo di Herzen era di tendenza personalista; e, dopo di lui, tale era la via originale del socialismo russo.39 Allo stesso modo, si può considerare la rivolta di Belinskij contro Hegel come una rivolta in nome della persona. In questo contesto si possono citare S. A. Levickij,40 S. A. Alexeev (Askol’dov),41 V. S. Szylkarski, con la sua teoria dell’“io sostanziale”,42 il pedagogo N. I. Pirogov,43 K. D. Kavelin.44 Anche il “logismo” di V. F. Ern, che a prima vista appare come un programma astratto, è in realtà una via che si vuole opporre alla oggettivazione: vuole porre una filosofia che non sia «un sistema di cose». Per lui è la persona del Lógos il fondamento di ogni realtà.45 Per Karsavin l’evoluzione del mondo tende verso un progresso nella personificazione. Per questo egli considera ogni essere come personale, in modo potenziale o embrionale. E giunge fino ad affermare che le nazioni e le unità culturali sono persone sinfoniche.46 E da un capo all’altro degli scritti di Berdjaev si rivela un pen- 22 37 Cap. 11, p. 161. 38 II, 474; cf GOERDT I, pp. 766ss: Index Person. 39 N. BERDIAEFF, L’idée ..., p. 70. 40 N. LOSSKI, Histoire, p. 310. 41 Ibid., p. 400. 42 Ibid., p. 401. 43 L. GAN¯IKOV, in Encilopedia Filosofica, vol. III (1957), col. 1389. 44 W. GOERDT I, Russische Philosophie, p. 569. 45 V. F. ERN, Bor’ba za Logos, Moskva 1911; cf N. LOSSKI, Histoire, p. 343. 46 N. LOSSKI, Histoire, p. 328. 47 De l’esclavage et de la liberté de l’homme, Paris 1946, p. 20. I diritti della persona siero fortemente personalista: «il mondo intero non è nulla a confronto della persona umana, a confronto di ciò che vi è di unico in un volto umano».47 S. Frank potrà sviluppare questa idea di Berdjaev, secondo la quale solo il cristianesimo offre la piena concezione della persona umana, precisando: «La questione non è che [il cristianesimo] implichi la fede in un Dio personale. Questa fede è propria, in una o un’altra forma, se non a tutte le religioni, almeno alla maggioranza di esse. In certe condizioni, essa prende una tale consistenza che la realtà del Dio personale inghiotte, cancella e annienta la persona umana»48. Al contrario, «il cristianesimo è la religione personalista e antropologica, perché per la prima volta l’uomo in essa trova se stesso, trova un asilo e un appoggio per ciò che costituisce il suo essere indicibile che, inevitabilmente, resta senza rifugio in questo mondo e, di fronte alla ragione e al principio razionalista, oggettivo, morale, trova solo un giudice incomprensibile, insensibile, senza pietà».49 Fondato su principi teologici, il personalismo di V. Losskij50 e soprattutto di Florenskij presenta un grande interesse. Per quest’ultimo, la religione non può essere che personale. Anche se questa contiene degli “oggetti” di culto, si constata che essi sono personificati. Si adora, per esempio, la croce, ma in realtà essa non è più “lei”, ma “tu”. Non è più una “cosa”, ma un essere spirituale, che anche gli angeli servono con timore.51 Ben coscienti della loro posizione, i personalisti russi sono fieri del loro nuovo contributo al pensiero umano; ed oppongono la loro concezione a quella dell’Occidente, erede in primo luogo del razionalismo degli antichi Greci e del legalismo romano. In che senso si può dire che abbiano ragione? 48 S. FRANK, Dieu est avec nous, Paris 1955, p. 131. 49 Ibid. 50 N. LOSSKI, Histoire, pp. 161ss. 51 Filosofija kul’ta, in Bogoslovskie Trudy, Moskva 1977, pp. 90ss. 52 H. KUHN, Nature. Etude philosophique, in H. FRIES, Encyclopédie de la foi, Paris 1965-67, t. III, pp. 189-194. 23 L’idea russa La scoperta della “natura” degli antichi Greci Malgrado il culto degli eroi che prolunga la mentalità primitiva, i primi trattati della filosofia europea portano il titolo Perì phýseos, De rerum natura.52 La scienza è unificante, cerca negli esseri ciò che è comune. Così il grande successo della filosofia sta nella scoperta che gli esseri hanno tutti la stessa “natura”. Questa scoperta ha implicato gravi conseguenze morali, e ha condotto alla complessa affermazione che si deve «vivere secondo natura».53 Nella maniera in cui le esigenze della natura sono comprensibili grazie a principi universali, anche la vita dell’uomo è stata considerata allo stesso modo, come diretta da regole fisiche e morali. Si può così comprendere l’affermazione di Evdokimov: «La filosofia greca [...] ignora la nozione di persona, nel senso moderno e soprattutto psicologico»54 del termine. Nei Padri della Chiesa questa nozione si evolve differentemente. Essa si precisa anzitutto nel contesto trinitario, e solo dopo il Concilio di Calcedonia passa nella cristologia e nell’antropologia.55 Ma nell’antropologia l’uomo viene considerato soprattutto dal punto di vista morale, poiché i Padri hanno subìto fortemente nella loro formazione l’influenza di questa “cultura della natura” attraverso la filosofia stoica.56 Lo si nota bene nei temi della Vita di S. Antonio scritta da Atanasio: essendo la vita cristiana “naturale”, la si può esprimere attraverso principi e definizioni. Ed è questa modalità di porre la questione dell’uomo che viene ritrovata, nel corso dei secoli, nei trattati di morale cristiana. I diritti della persona così concepite. Inquadrato in un ordine fatto di leggi universali, l’uomo non riesce più a percepire la sua libertà e la sua propria personalità. Una considerazione marginale, ma molto interessante da questo punto di vista, ci è offerta dalle riflessioni di Giovanni Crisostomo quando ha tentato di risolvere un caso particolare, ponendo la questione del valore spirituale del matrimonio: la moralità della comunità di vita dell’uomo e della donna non si può ridurre alle esigenze della natura umana, perché essa è condizionata, al di là di se stessa, dalle relazioni amorose delle persone.57 Più tardi si ritrova questa stessa tendenza a considerare anzitutto la persona, anche nei monasteri cenobitici. Il superiore, che nei conventi basiliani all’inizio era piuttosto una sorta di sorvegliante dell’osservanza delle regole scritturistiche,58 è presentato nello spirito di Teodoro Studita piuttosto come un “padre”. Non era facile trovare il giusto equilibrio tra queste due tendenze e in Russia, dove i compromessi non erano facilmente accettati, si è assistito spesso al loro affrontarsi fino al conflitto.59 Si constata nella storia che la difesa della libertà individuale esprime spesso atteggiamenti di rivolta contro l’ordine comune. Dal punto di vista speculativo, è con Boezio che si troverà una filosofia a sostegno dei diritti dell’individuo e della sua libertà. Da Boezio a Kant Il pensiero di Boezio è caratteristico della mentalità dell’Occidente latino. Nel suo insegnamento sulla Trinità, ha messo I diritti della persona La sottomissione dell’uomo ai principi “naturali” appariva, agli inizi del cristianesimo, come santa e desiderabile. Ma molto velocemente si percepirono le implicazioni negative delle regole morali 53 La spiritualité, pp. 61ss. 54 P. EVDOKIMOV, La femme et le salut du monde, Tournai-Paris 1958, p. 57 T. ŒPIDLÍK, Il matrimonio, sacramento di unità nel pensiero di Crisostomo, Augustinianum 17 (1977), pp. 221-226. 58 J. GRIBOMONT, Obéissance et Evangile selon saint Basile le Grand, La vie spirituelle, Suppl. VI (1952), pp. 192-215. 59 T. ŒPIDLÍK, Superiore - padre: l’ideale di san Teodoro Studita, Studia Missionalia 36 (1987), pp. 109-126; ID., I grandi mistici russi, Roma 1977, pp. 101ss. 42. 24 Eremita. Studia Anselmiana 38 (1956), pp. 110ss. 55 Ibid. 56 H. J. MARX, Incessant Prayer in the Vita Antonii, in Antonius Magnus 60 «Persona est naturæ rationalis individua substantia» (De duabus naturis et una persona Christi, 3, PL 64, 1345). 25 L’idea russa al primo posto l’unità della natura divina nella quale si sviluppa la vita delle tre Persone. Questo stesso punto di partenza è applicato nell’antropologia. L’uomo è fondamentalmente una “natura”, ma, per dono di Dio, una natura molto privilegiata, dotata di ragione e di libertà: questo lo fa divenire “persona”. Da questo la famosa definizione: «La persona è una sostanza individuale di natura razionale».60 Definizione che è ripresa da Tommaso d’Aquino.61 E affinché il privilegio della ragione e della libertà fossero ben chiaramente in evidenza, gli scolastici hanno aggiunto tra le proprietà della persona la singolarità, l’incomunicabilità, l’«in sé» (ens in se), il «per sé» (ens per se).62 Questa concezione resterà nella filosofia fino all’epoca moderna. Per Kant, come per Tommaso d’Aquino, la persona esiste come «in sé», ed è la ragione che permette la libertà nell’azione, malgrado i legami che la uniscono alla natura comune. I motivi della vita così lunga di tale concezione sono evidenti. Consideriamo la storia: l’Europa si è organizzata secondo un doppio movimento. Da una parte, la società tende ad organizzarsi secondo leggi universali; dall’altra, in questa stessa società si constata che gli individui devono lottare per la loro libertà; ed è attraverso la lotta che si ottengono risultati importanti nella legislazione della vita politica e sociale. Ben cosciente della contraddizione di queste tendenze, l’Europa cerca di trovare un compromesso. Ci si sforza di delimitare i domini della libertà individuale, inviolabile, privilegiata, tentando d’altronde di ricordarsi incessantemente le esigenze e le necessità “naturali”, tessute dalla realtà sociale e dalle leggi scientifiche che dominano il mondo. È il problema che riflette e riassume la soluzione del Grande Inquisitore nella famosa leggenda di Dostoevskij.63 I diritti della persona all’uomo la ragione e la libertà, gli ha concesso, per così dire, un “diritto di esenzione” da ciò che è comune a tutte le altre creature: l’uomo emerge dalla “natura” per divenire una natura privilegiata. Le considerazioni dei pensatori russi procedono da un punto di partenza opposto. La priorità assoluta è da loro data alla persona, ed è essa che si realizza in una natura determinata. Questa priorità rinvia, come nei Padri greci, al mistero trinitario. Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo realizzano la loro unità assoluta in una sola natura, “ousía”;64 non “emergono” da essa, ma sono invece essi che la fanno esistere. Allo stesso modo nella cristologia, afferma V. Losskij, si deve prendere la persona come punto di partenza, e non le due nature, per comprendere chi è il Cristo. Poiché Cristo è il primo uomo, la stessa affermazione si può applicare ad ogni persona umana. «La persona significa l’irriducibilità dell’uomo alla sua natura». Non esiste fuori dalla sua natura, che egli «enipostatizza», ma che supera senza fine, «egli l’ek-stasia in qualche modo».65 Come si fa per Dio, anche per la persona umana occorre distinguere la natura e la persona. La natura umana è comune a tutti gli esseri umani; al contrario, ogni persona è unica al mondo, indeterminabile e inconoscibile nella sua unicità. Più la persona si rivela irriducibile a ogni tentativo di afferrarla, anche in maniera concettuale, più essa diviene capace di segnare in un modo originale ciò che la circonda e ciò che essa è. Losskij utilizza qui l’esempio dell’opera d’arte: “Quando diciamo: «È di Mozart» o «È di Rembrandt», noi ci troviamo ogni volta in un’universo personale che non ha il suo equivalente da nessuna altra parte».66 Sono le stesse idee che esprime Bulgakov che, per altro, Pensatori russi: l’irriducibilità della persona alla natura Boezio e i suoi successori cercavano dunque di liberare la persona dalla schiavitù della “natura” comune. Dio, donando 61 63 Brat’ja Karamazovy, Berlin 1919, vol. I, cap. V, pp. 337ss. 64 La spiritualité, pp. 47ss. 65 O. CLÉMENT, Aperçus sur la théologie de la personne ..., cit., p. 307. 66 V. LOSSKY, Essai sur la théologie mystique de l’Eglise d’Orient, Paris 1944, «Omne individuum rationalis naturæ dicitur persona» (Summa theol. I, 29, 3 ad 2). 62 26 L. STEFANINI, in EnFil, vol. III (1957), col. 1298. p. 52. 27 L’idea russa schizza una distinzione tra la natura - cioè tutto il creato sottomesso per la caduta ai condizionamenti e ai determinismi - e la persona, di cui egli dice abbastanza oscuramente che è qualche cosa di increato (allusione, certo, alla sua condizione di immagine di Dio).67 Per Florenskij, l’hypóstasis, persona, è il volto spirituale dell’uomo; essa è dunque antitetica all’ousía. Ed è questa antitesi che crea il dinamismo della vita interiore.68 Se la persona ha priorità assoluta nell’essere, essa ha la sua prima origine nella libertà divina; nella creazione è inscritta la vocazione della persona.69 «La persona, originariamente, è chiamata, è vocazione - dice Berdjaev -; essa deve divenire [...] ponendo [...] atti creativi». Ed essa lo può, poiché è libertà.70 «Divenire ciò che si è, rispondere alla chiamata che ci costituisce, è unificarsi sorpassandosi».71 La persona può dunque essere definita come «categoria spirituale che ha relazione con Dio». Essa si distingue così dall’individuo, categoria biologica sottomessa alla natura.72 Dopo il peccato originale, «l’individuo» è una «confusione tra la persona e la natura». L’effetto di questo peccato è, da una parte, il frazionamento della natura una e, dall’altra, la perdita della libertà che si trova determinata dalla natura.73 La persona è “agapica” La libertà è, secondo il senso comune, la proprietà essenziale della persona. Ma di quale libertà si tratta? Secondo la concezione 67 O. CLÉMENT, Aperçus ......, cit., p. 304. 68 Filosofija kul’ta, Bogoslovskie Trudy, Moskva 1977, pp. 139ss. 69 O. CLÉMENT, Aperçus ......, cit., p. 305. 70 71 72 28 aristotelica, Dio, per essere perfettamente libero, non intrattiene alcuna relazione con il mondo. È amato dagli uomini come il sole, ma non ama nessuno all’infuori di se stesso.74 All’opposto di questo éros, il Dio dei cristiani è definito dal termine agápe, carità.75 Ed Egli ama gli uomini non perché abbia bisogno di loro, ma precisamente perché è libero, per farli partecipare alla sua ricchezza.76 Perché egli è in relazione con il mondo. Le relazioni d’amore costituiscono le Persone divine nella vita trinitaria, mentre attraverso l’atto creatore di carità sono create e santificate le persone umane. Dio è Padre perché ha un Figlio e “dei figli”. L’amore che crea delle relazioni fa parte della formazione della persona umana. Senza le relazioni che la persona intrattiene con le altre, la libertà sarebbe satanica, scrive Vyœeslavcev.77 E Berdjaev aggiunge: più la persona umana «si universalizza nella comunione, in un amore che deve essere contemporaneamente “erotico” e “agapico”, desiderio di Dio e compassione per coloro che Dio sembra abbandonare, più essa si rivela unica. Questa unità del particolare e dell’universale è il mistero stesso della Trinità che si rivela in Cristo, poiché l’uomo è chiamato a divenire, nella libertà dello Spirito, una esistenza cristologica».78 Berdjaev sottolinea qui bene la differenza tra la Persona divina, che non può essere che “agapica”, e la persona umana che, nelle sue relazioni con gli altri, non dona solamente, ma desidera anche ricevere. Di conseguenza, la persona umana è “agapica” ed “erotica” contemporaneamente; ma è secondo la sua “agápe” che si misura la perfezione.79 “Io” e “noi”, conclude S. Frank,80 sono le cate74 75 76 77 È la definizione dell’éros, cf La spiritualité ...., p. 288. 78 O. CLÉMENT, Aperçus ......, cit., p. 305. 79 Su éros e agápe si veda La spiritualité, pp. 286ss. 80 S. FRANK, “Ich” und “Wir”, in Der russische Gedanke. Zeitschrift für russi- 1Gv 4, 8. 16. La spiritualité ...., p. 289. Veµnoe v russkoj filosofii, New York 1955, p. 63. N. BERDIAEFF, De l’esclavage et de la liberté de l’homme, Paris 1946, p. 22. O. CLÉMENT, Aperçus ......, cit., p. 306. E. PORRET, La philosophie chrétienne en Russie. Nicolas Berdiaeff, Neuchâtel 1944, p. 121. 73 I diritti della persona Cf N. LOSSKI, Histoire, p. 418. 29 L’idea russa gorie prime dell’essere personale. L’”io” è impossibile se non è opposto al “tu”, ma questa opposizione è giustamente sorpassata nel “noi”. L’agápe è “kenotica” Donandosi ci si “spoglia”. Nella vita Trinitaria, il Padre si comunica totalmente al Figlio e il Figlio “si spoglia” (Fil 2,7) per amore verso gli uomini. Allora, se la persona umana, per essere tale, deve divenire “agapica”, essa deve realizzare la sua propria kénosis. La nozione latina di persona, così come prósopon in greco, significa inizialmente “maschera”. Evdokimov spiega: «Questo termine da solo contiene una profonda filosofia della persona umana. L’uomo non ha volto tout court, volto semplicemente umano. Nell’Incarnazione, Dio non è più solamente Dio: è Dio-Uomo. Ma questo fatto agisce nei due sensi; l’uomo non è più semplicemente uomo, ma un essere teandrico o demoniaco».81 Bulgakov unisce questa kenosi a quella di Cristo sofferente e risuscitato. «La croce si inscrive nel cuore di Dio, ogni persona divina è amore sacrificale, kenosi gioiosa. Ma questa diventa sanguinante sulla croce: affinché ciascuno di noi portando in lui tutti gli altri, risusciti perdendosi nell’amore».82 Florenskij va ancora più lontano: «Elevandosi al di sopra della legge d’identità, logica e priva di contenuto, identificandosi con il fratello amato, il me diviene liberamente attraverso se stesso un non-me o, per impiegare il linguaggio degli inni sacri, si devasta, si consuma, si spoglia, s’abbassa».83 Attraverso questo impoverische Philosophie, Literaturwissenschaft und Kultur, herausg. von D. JAKOVLENKO, I Jhg, Bonn 1929/30, Heft 1, pp. 49-62. 81 Cf P. EVDOKIMOV, La femme et le salut du monde, Tournai-Paris 1958, p. 52. I diritti della persona mento o consumazione del me, attraverso questa spoliazione o questa kénosis, «si produce come risultato un ristabilimento del me nella norma dell’essere che gli è propria; inoltre, questa norma non è solo data, essa è giustificata [...] nella terza persona, in un terzo; essendo redenta, essa è glorificata, cioè essa è affermata nel suo valore imperituro».84 La persona è mistero La libertà e l’amore, elementi costitutivi della persona, non sono afferrabili per mezzo delle categorie razionali. E questo perché «la persona umana non può essere espressa attraverso concetti. Sfugge a qualsiasi definizione razionale, perfino ad ogni descrizione, poiché ogni proprietà attraverso cui si vorrebbe caratterizzarla si ritrova anche presso altri individui».85 Non la si può svelare se non nell’unità con il mistero di Cristo, attraverso una “intuizione diretta”, o meglio in una “rivelazione”.86 Il me, afferma Bulgakov,87 rimane in un qualche modo un segno, un simbolo che ci guida verso «un abisso ineffabile», «la sorgente sotterranea da cui, continuamente, qualcosa giunge alla superficie».88 È impossibile dare una definizione della persona, scrive Florenskij, perché essa si distingue dagli oggetti precisamente per il fatto che, contrariamente ad essi, che sono soggetti ad un concetto e per conseguenza possono essere “compresi”, la persona è “incomprensibile”; essa esce dal quadro di ogni concetto, perché essa li trascende. Tutt’al più si può formulare un simbolo della caratteristica fondamentale della persona, un segno, una parola che, 86 Essai sur la théologie mystique de l’Eglise d’Orient, Paris 1944, p. 52. Non si conosce una persona «se non in una rivelazione» (V. LOSSKY e N. ARSENIEV, La paternité spirituelle en Russie au XVIIIe et XIXe siècles, coll. Spiritualité orientale 21, Bellefontaine 1977, p. 109). Si veda anche ¯aadaev, in ZEN’KOVSKIJ, Istorija I, p. 167. 87 30 82 S. BULGAKOV, Agnec Bo¡ij, Paris 1933, pp. 219ss. 83 P. FLORENSKIJ, Stolp i utver¡denie istiny, cap. V, Lettera 4, pp. 91-92. 84 Ibid. 85 V. LOSSKY, A l’image et à la rassemblance de Dieu, Paris 1967, p. 118. O. CLÉMENT, Aperçus ..., cit., p. 304. 88 Cf DOSTOEVSKIJ, Zapiski iz podpol’ja I, 9, Pol’noe sobranie soµinenij III, 2, Berlin 1922, p. 466. 89 P. FLORENSKI, Stolp, cap. V, Lettera 4, pp. 82ss. «Si potrebbe dire che il me non è esistenza, ma sovraesistenza, perché non esiste affatto nel senso comune 31 L’idea russa senza definizione, ci introduca nel sistema delle altre parole.89 “L’oggettivazione” Non possiamo dunque avvicinarci alla persona allo stesso modo in cui siamo abituati a conoscere le cose, cioè attraverso le scienze che hanno per oggetto di studio la natura, le nature. Purtroppo - e secondo Berdjaev è il peccato originale della nostra civiltà - non si finisce mai di trattare come “cose” le realtà viventi e personali. In questo senso, vincere il peccato significa superare questa oggettivazione nefasta. L’uomo, nella sua realtà concreta, fa parte del cosmo e della società, di cui subisce i condizionamenti che lo minacciano senza fine di essere cosificato e oggettivato. Tuttavia, in quanto persona, si radica al di là, nell’infinito, e non solamente sfugge allora alla società e all’universo, ma li ingloba e li segna del suo genio creatore. «Ben lungi dall’essere la persona una parte dell’universo, è invece l’universo che è una parte, una dimensione della persona che essa qualifica».90 «Il mondo oggettivo è terribile», ha scritto Belinskij.91 Ma è soprattutto in Florenskij che la distinzione elaborata tra la «filosofia delle cose» e quella della persona diventa fondamentale. Il suo apparire costituisce la principale differenza tra l’Occidente e la Russia. Infatti alla base della filosofia scolastica si trova il realismo, «concezione impersonale della vita, che fatica a riconoscere la persona con le sue domande».92 Si deve dunque indubbiamente creare un nuovo modo di pensare, in cui le persone trovino il luogo che appartiene loro. Concretamente, si devono prima di tutto riesaminare le proprietà essenziali della persona: la libertà, la spiritualità, la raziona- I diritti della persona lità e il carattere “agapico”. Iniziamo dunque con il trattare della libertà e della spiritualità. Nel capitolo seguente parleremo della razionalità nel senso ampio del termine, che include ogni conoscenza. III. Alla ricerca di una libertà nuova L’antinomia del carattere russo: il fatalismo e la “volnitsa” Spesso gli stranieri o ammirano tanto la pazienza dei Russi, o li accusano di fatalismo.93 Tolstoj non nega questa caratteristica, ma la spiega con il dono di una saggezza naturale: si riconosce che la vita ha il suo corso e ci si adatta senza opporre una resistenza inutile. Nel suo romanzo Guerra e pace, l’autore propone come esempio di una tale saggezza il generale Kutuzov, vecchio a cui resta «la sola capacità di contemplare tranquillamente il cammino dei fenomeni»94 e che fa parte di quegli uomini grandi «che, dopo aver compreso la volontà della Provvidenza, gli sottomettono la loro volontà personale».95 La famosa “non resistenza al male” che Tolstoj predica proviene più da questa caratteristica nazionale che dai testi evangelici che pure ama citare. D’altra parte non è il primo a predicarlo. Già la Epistola del monaco Giacomo al principe Dimitrij difende la moralità con un atteggiamento che si rimette alla Provvidenza divina, che tollera il male per metterci alla prova.96 Tutti i rinomati autori spirituali insegnano questa sottomissione alla volontà divina e, per i pensatori moderni, le loro esortazioni sembrano favorire quel fatalismo che è, secondo Fëdorov, il massimo dell’immoralità.97 Berdjaev giunge fino 91 Cf B. SCHULTZE, Vissarion Grigorjewitsch Belinskij. Vorbereiter des revolutionären Atheismus in Russland, München 1959, p. 113; si veda anche ZEN’KOVSKIJ, Istorija I, pp. 273ss. del termine». Bulgakov riprende l’idea già espressa da Florenskij che il me non può essere concettualizzato, poiché il concetto sorge da un ordine al quale la persona non appartiene, l’ordine della signoria, del possesso. La persona sorge invece dall’ordine della kenosi, del non-possesso (O. CLÉMENT, Aperçus ..., cit., p. 304). 90 305. 32 92 Stolp, cap. XVIII, p. 518. 93 Cf Hans von ECKHARDT, in E. BENZ, Die Ostkirche im Lichte der protestantischen Geschichtsschreibung von der Reformation bis zur Gegenwart, München 1952, p. 343. N. BERDIAEFF, De l’esclavage ..., p. 22. O. CLÉMENT, Aperçus ..., cit., p. 94 Trad. italiana, Roma 1956, vol. IV, p. 220. 33 L’idea russa a dire che è una schiavitù teologica chiamare Dio “Signore”.98 La frase è intenzionalmente polemica contro la cattiva interpretazione della “signoria” divina, interpretazione che faceva dire a Bakunin: «Se Dio esiste, non c’è più libertà dell’uomo, è schiavo; ma l’uomo può e deve essere libero, dunque Dio non esiste affatto».99 Ma i Russi sono davvero così “fatalisti”? Molti tra loro pensano il contrario. Se si considera la presentazione che ne fa Tolstoj, il popolo russo non è affatto così paziente e sottomesso. Di fatto, «la filosofia, la letteratura, la poesia russe - scrive Vyœeslavcev100 - sono state e saranno sempre dalla parte della libertà». Berdjaev crede che si debba piuttosto considerare insieme i due aspetti del carattere antinomico russo: la sottomissione servile e lo spirito di rivolta. «La volnitsa (libertinaggio) cosacca è un fenomeno molto interessante, che rivela con estrema chiarezza e nettezza la polarità, la contraddizione del carattere russo. Da un lato il popolo era obbediente al fondatore di uno Stato dispotico e autocratico, ma, dall’altro, insorgeva contro di lui, gli si sfuggiva nella volnitsa ... La volnitsa cosacca rappresentava nella storia russa l’elemento anarchico, contrappeso all’assolutismo e al dispotismo dello stato».101 Leont’ev non esita a difendere il dispotismo di Stato, sebbene consideri questa contraddizione distruttrice: «I Russi non sono stati creati per gustare la libertà. Senza terrore e violenza, ogni cosa non può che andare storta».102 Non era forse questo stesso motivo che, nella storia del monachesimo, ha condotto alcuni a propagare l’ordine monastico cenobitico con una tale forza che l’esistenza stessa degli esicasti ne è stata minacciata?103 95 Ibid. 96 Cf PODSKALSKY, Christentum, p. 146. 97 Filosofija obœµago dela, t. II, Moskva 1913, pp. 162ss; ZEN’KOVSKIJ, Istorija II, p. 141. 98 GOERDT I, pp. 526ss. 99 ZEN’KOVSKIJ, Istorija I, p. 262. 100 Veµnoe v russkoj filosofii, New York 1955, p. 17. I diritti della persona Ci si domanda con ragione se queste attitudini contraddittorie siano tipicamente russe. È fuor di dubbio che la relazione tra l’ordine comune e la libertà personale resterà sempre il problema essenziale della nostra vita. Al tempo dei Padri, Gregorio di Nissa era arrivato a risolvere il problema ad un livello superiore, veramente cristiano. Si era reso conto che per cercare la soluzione occorreva partire da un concetto migliore di libertà, essendo troppo stretto quello che ci viene dalla vita profana. La libertà non sarebbe che la sola possibilità di scegliere l’una o l’altra cosa.104 Sulle tracce dei Padri, Berdjaev vuole proporre un concetto nuovo e migliore di libertà; persegue questo ideale con un tale entusiasmo che qualcuno ha potuto dire di lui che è stato «lo schiavo della libertà».105 Ma Berdjaev si difende dicendo che in fondo non vuole far altro che esplicitare ciò che ha imparato da Dostoevskij.106 Per questo cercheremo anche noi di tracciare brevemente un quadro delle idee di questo scrittore che, a suo modo, può essere considerato come uno dei più grandi dottori della libertà dei tempi moderni. Dostoevskij, profeta della libertà Il suo pensiero è espresso soprattutto nei romanzi, ma a volte anche nel Diario, che fornisce riflessioni preziose. Per una presentazione sistematica è necessario raccogliere e raggruppare le diverse affermazioni e cogliere l’intuizione, il legame che esiste tra loro.107 Ci si rende immediatamente conto che il concetto di libertà in Dostoevskij è essenzialmente dinamico. L’uomo cerca in ogni momento di diventare libero e, dovunque si trovi, scopre di essere schiavo. Più la schiavitù lo opprime, più il suo desiderio di libertà si accresce e lo affascina. Che idea dunque egli si fa del suo ideale? 101 N. BERDIAEFF, L’idée russe, p. 19; cf G. PIOVESANA, Storia del pensiero filosofico russo (988-1988), Roma 1992, pp. 160ss. 102 N. BERDIAEFF, Constantin Leontieff, Paris 1936, p. 268. 103 Cf pp. 318ss. 104 La spiritualité, pp. 101ss. 105 N. BERDIAEV, Selbsterkenntnis. Versuch einer philosophischen 34 35 L’idea russa Una delle prime caratteristiche della libertà è di essere illimitata. È un aspetto che possiamo constatare su noi stessi altrettanto bene che sugli altri: ogni limitazione della libertà, per quanto minima, è sperimentata come una offesa alla dignità della persona. L’uomo desidera scegliere liberamente, sia che si tratti del bene come del male. Ma se sceglie il male, compie un attentato verso la sua stessa persona, rischia di distruggersi, perché, attraverso la sua scelta, può giungere fino a minare la sua esistenza o gli interessi e i valori vissuti dalla società. La libertà appare allora come l’elemento che mette in pericolo il buon ordine della vita e della società. Sembra dunque che, per prevenire grandi disgrazie, si sia obbligati a fissare dei limiti alla libertà, per aiutare l’uomo a fare le sue scelte, ma a farle nel quadro di ciò che non può nuocere a nessuno. È la soluzione che suggerisce la lunga esperienza umana, ed è quella che il personaggio del Grande Inquisitore espone a Cristo nel romanzo I fratelli Karamazov.108 Ma davanti a queste motivazioni Cristo tace: è lui la libertà assoluta, senza limiti. La libertà è anche irragionevole, metalogica. Se essa non sopporta i limiti dati dalla forza, dall’ordine, dalle leggi, essa tollera tanto meno di essere inquadrata nelle catene della logica. I filosofi illuministi cercavano di convincere tutti che l’uomo, possedendo la ragione, agisce in questa o in quell’altra maniera. Ma l’uomo, nota Dostoevskij, non segue la logica della ragione, è pazzo piuttosto, e preferisce essere tale perché almeno, così, è libero. La libertà è demoniaca. Tutti coloro che hanno desiderato seguire il cammino di una libertà illimitata hanno scoperto che la loro vita supera la misura degli uomini mortali: sono divenuti come “demoni”. È questo che evoca il titolo di un celebre romanzo di Dostoevskij.109 Tali uomini sono come “posseduti” e hanno una fine tragica. Nella storia dei Karamazov, il padre non riconosce alcun limite nella vita sessuale, e finisce per essere ucciso dal suo stesso figlio, un essere a cui lui ha dato la vita; Dimitrij Karamazov rifiuta di mettere limiti alle sue emozioni e alle sue passioni libere e finisce in prigione; Ivan Karamazov non ammette freni ai suoi ragionamenti e alle sue elucubrazioni mentali, e diAutobiographie, Darmstadt-Genf 1953, p. 61; Samopoznanie. Opyt filosofskoj avtobiografii, Paris 1949; M. SPINKA, Nicolas Berdyaev: Captive of Freedom, Philadelphia 1950. 106 Esprit de Dostoïevski, Paris 1929, p. 8. 36 I diritti della persona venta pazzo. Ecco il risultato a cui conduce il demone della libertà. Libera l’uomo per distruggerlo. È possibile un’altra visuale? La libertà è cristologica. Per essere veramente libero, occorre sorpassare effettivamente i limiti dell’umano e divenire “divini”. L’uomo ha questa possibilità, se rifiuta la possessione demoniaca e si identifica con Gesù Cristo. Un uomo così è “divinizzato” nel suo stesso perfezionarsi come uomo. Così è presentato Alëœa Karamazov, il vero uomo libero tra esseri che vivono la schiavitù gli uni degli altri e di se stessi. La libertà è escatologica. È la conclusione a cui giunge Alëœa dopo aver vinto la sua ultima tentazione. L’occasione è la corruzione del corpo avvenuta dopo la morte dello starets Zosima. Mentre tutti attendevano la preservazione del suo corpo come prova della santità del vegliardo, questo segno indicava che anche il venerabile monaco non era nello stato di divinizzazione e di liberazione perfetta. Grazie ad un sogno sulle Nozze di Cana,110 Alëœa comprende finalmente che la libertà piena non si raggiungerà che alla seconda venuta del Cristo Liberatore. Qui viviamo una schiavitù causata dalle nostre scelte malvagie, attraverso i nostri peccati. A causa di questo soffriamo. Si deve considerare tale sofferenza come una grazia speciale di Dio. Essa ci riporta sul retto cammino, essa ci rende conformi a Cristo, essa è dunque liberatrice: «Soffro, dunque sono, questa è l’interpretazione corretta delle parole di Cartesio».111 Dostoevskij ha espresso nel suo modo proprio la concezione della libertà che rimane veramente caratteristica del pensiero rus- 107 Cf T. ŒPIDLÍK, L’antropologia dell’Oriente cristiano, in Temi di antropologia teologica, Teresianum, Roma 1981, pp. 388ss; Der anthropologische Aspekt der Freiheit bei Dostoevskij, in Festschrift für Fairy von Lilienfeld zum 65. Geburtstag, Erlangen 1982, pp. 294-316, in italiano in ID., Lezioni sulla Divinoumanità, Roma 1995, pp. 157-174. 108 Brat’ja Karamazovy, Berlin 1919, vol. I, cap. V, pp. 337ss. 109 Besy, Berlin 1921. 110 Brat’ja Karamazovy, Berlin 1919, vol. I, cap. VII, pp. 549ss. 37 L’idea russa so. Si possono illustrare i diversi aspetti che ci apprestiamo ad esporre con la testimonianza di altri pensatori che permettono di aggiungere alcune considerazioni: la libertà è metanomica, metalogica, divino-umana, creatrice, trasformatrice, kenotica. La libertà è metanomica e metalogica L’uomo si oppone volentieri alle regole dell’ordine pubblico e, attraverso questo - nota Vyœeslavcev - ammette che la libertà è metanomica. Ma accetta difficilmente che essa sia anche metalogica. Tuttavia questo passaggio è necessario, perché la libertà è la proprietà essenziale della persona.112 Chomjakov dice che la libertà è “preoggettiva”. Per questo rifiuta l’equazione cartesiana del cogito ergo sum.113 Per la stessa ragione ¯aadaev si oppone all’affermazione di Spinoza secondo la quale la volontà libera non sarebbe che un modo del pensiero.114 «Non sarebbe allora più la fede che trasporta le montagne, piuttosto l’algebra».115 In effetti, il principio stesso e la forza della fede cristiana consistono nello sviluppare sé nella piena libertà. A questo proposito, Florenskij accusa i cattolici di permettere - secondo lui - la libertà solo nel quadro delle leggi canoniche, e i protestanti, peggio ancora, di permetterla solo nel quadro delle strutture logiche.116 La libertà è divinoumana La libertà è metanomica e metalogica perché essa è “cristologica”, “spirituale”, “divino-umana”. È Cristo stesso il culmine della libertà, ed è in lui che saremo veramente liberi (Gal 5,1). «L’inse- I diritti della persona gnamento su Cristo, scrive E. Trubeckoj, è la chiave per la soluzione del problema della libertà umana».117 E poiché Cristo ci è presentato attraverso il suo Spirito, la libertà è “spirito”, scrive Berdjaev. «Essa possiede una sorgente spirituale e diminuisce nella misura in cui abbandona l’aspetto spirituale della vita per spostarsi verso il suo aspetto materiale. Nella misura in cui ci si avvicina alla materia nasce la necessità, questa pesante necessità che non esisterà più nell’economia paradisiaca, quando lo spirito si sarà definitivamente impadronito della materia e l’avrà sottomessa».118 Notiamo che in Berdjaev “spirito”, comunque opposto a materia, significa piuttosto “Spirito”; confusione, e anche fusione, abituale nella spiritualità orientale.119 Se la libertà come tale è già spirituale, perché porre allora la questione della sua collaborazione con la grazia? Effettivamente, l’opposizione tra la libertà e la grazia appare a Berdjaev come un falso problema che proviene da una concezione oggettiva della grazia, quando viene compresa come una forza trascendente che agisce sull’uomo dall’esterno, mentre essa appartiene alla vita interiore dello Spirito, è «il mistero irrazionale dell’essere, quello della vita e del destino».120 Il modo in cui egli pone il problema risponde bene alla tradizione orientale: l’uomo è concepito come divinizzato.121 111 Nota di Berdjaev in Dialectique existentielle du divin et de l’humain, Paris 1947, p. 185. 112 Veµnoe v russkoj filosofii, New York 1955, p. 39. 113 BERDIAEFF, L’idée russe, p. 169. 114 Cioè contemporanemente “un modo di pensare” e “una forma del pensiero”. 115 Lettres philosophiques, adressées à une dame. Presentate da F. ROULEAU, Paris 1970, Lettera IV, p. 99. 38 116 Cf Stolp I, pp. 6-7. 39