Pubblicazioni del Centro Aletti
14.
Tomás̆ S̆pidlík
L’idea russa
un’altra visione dell’uomo
“È il tempo quando fiorisce il tiglio”
Lipa
I N D I C E
Presentazione dell’edizione italiana .............................
Prefazione all’edizione francese ...................................
7
9
Introduzione ..................................................................
11
Capitolo primo
I diritti della persona .....................................................
15
Capitolo secondo
La conoscenza................................................................
71
Capitolo terzo
La dimensione sociale dell’uomo .................................
© 1995 Lipa Srl, Roma
Capitolo quarto
prima edizione: ottobre 1995
La salvezza è storica ......................................................
Titolo originale dell’opera: L’idée russe une autre vision de l’homme
© 1994 Éditions Fates (Isbn 2-909452-06-9)
Traduzione dal francese di Stella Morra, rivista dall’autore
Capitolo quinto
L’uomo e il cosmo .........................................................
119
183
217
Capitolo sesto
Lipa Edizioni
via Paolina, 25
00184 Roma
& 06 4747770
fax 06 485876
Realizzato in Dtp con Power Macintosh da Lipa
Dalla schiavitù alla libertà .............................................
253
Capitolo settimo
Davanti al volto di Dio: la preghiera............................
299
Capitolo ottavo
La sofiologia...................................................................
351
Conclusione ...................................................................
377
Bibliografia.....................................................................
Indice dei nomi .............................................................
Indice degli argomenti ..................................................
387
435
457
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In copertina:
particolare di San Serafino di Sarov, pittura di Marko Ivan Rupnik
Stampato a Roma nel settembre 1995
da Abilgraf, via Ottoboni, 11
Proprietà letteraria riservata Printed in Italy
codice ISBN 88-86517-19-X
Presentazione della edizione italiana
L’idea russa, un’altra visione dell’uomo, se è un testo sconcertante per un lettore russo, o per un abitante degli ex-Paesi satelliti
dell’Unione Sovietica, lo è soprattutto per un lettore occidentale.
Basilio il Grande ha insegnato che l’uomo è un essere di natura
sociale. Come retroscena, questo insegnamento riecheggia tutta la
ricca riflessione teologico-spirituale sulla Santissima Trinità, sull’amore del Padre quale inesauribile fonte agapica principio dell’unità delle Persone divine e di tutta la creazione. Si dischiude così una realtà
estremamente concreta, misteriosa e affascinante: tre Persone assolutamente libere e perfettamente unite nell’amore.
Questa realtà ci trova oggi, nella nostra civiltà, tutti occupati dai
modi con i quali ricomporre l’unità e l’armonia senza distruggere le
diversità individuali. Viviamo su una terra reificata, aliena, e ci muoviamo in un tempo scandito dall’economia e dalla televisione. Le cose che ci circondano sono mute e non ci ricordano nessuno. Ma il
progetto da secoli nascosto nel Padre e realizzato nel Figlio è quello
di ricapitolare tutto nella vita. In questo si nasconde la nobiltà della
vocazione secondo la fede cristiana: fare entrare tutto nella relazione
vivificante e personale. La teologia sacramentaria insegna attraverso
i secoli, sulle fondamenta dell’incrollabile e luminosa esperienza di
fede delle generazioni, che il pane e il vino eucaristici vengono assolutamente ipostatizzati (incorporati nella Persona di Cristo), diventando così la comunicazione di Dio ed unendoci in Lui a tutti quelli
che ne mangiano e bevono. Sulla stessa scia, ma su un altro livello,
un fiore comprato è un semplice oggetto, ma una volta donato alla
persona amata, diventa per lei un’altra cosa: lo stesso oggetto si dischiude in un’altra luce e unisce le persone.
L’idea russa di Œpidlík potremmo spiegarla così. Œpidlík accetta i
criteri epistemologici della teologia orientale, secondo i quali la conoscenza passa tramite la relazione, una conoscenza quindi che si
avvicina alla verità grazie al suo principio agapico. P. Œpidlík cerca
di raccontare come lo Spirito Santo si è rivelato nella fede delle generazioni dei cristiani russi, come i loro gesti, pensieri, sentimenti,
mossi dallo Spirito, diventavano cristoformi. In poche parole, L’idea
russa esprime la vocazione del popolo russo a ipostatizzare la terra,
il lavoro, e soprattutto la stessa natura umana. Il libro fa vedere co-
7
L’idea russa
Prefazione alla edizione francese
me la fede russa ha avvolto nell’amore eventi spesso dolorosi, ostili,
tragici. Infatti, tanto sangue, tante guerre, tante illusioni e tanto fango si sono versati sulla storia di questo popolo. Ma una lettura spirituale è svincolata da ogni logica formale, per questo è al di là dei
giudizi e delle idealizzazioni. Considera magari una sola persona,
nella quale, in mezzo alle violenze e alle ingiustizie, lo Spirito Santo
ha potuto operare la santità. Perciò questo libro è soprattutto un libro sapienziale, un libro in cui si comunica come le cose e la natura
profanata possono rientrare nel principio agapico, cioè diventare
sante. È evidente allora la sua struttura non per autori, ma per temi.
Un lettore superficiale, o con gli occhiali stretti dell’etnocentricismo
e dei pregiudizi, potrebbe anche dire che è un “raccoglitore”. L’idea
russa è invece anche un capolavoro metodologico che va incontro
alle tendenze più attuali della ricerca epistemologica. Si tratta di un
rigoroso metodo spirituale che segue la vena vitale, l’intuizione spirituale: dentro ad un pensiero se ne dischiude un altro, un altro ancora, fino ad attraversare le generazioni, gli spazi, le mentalità. In
questo senso il libro potrebbe benissimo stare accanto ai grandi capolavori della moderna teologia russa.
Sembra quasi che L’idea russa tratti continuamente della stessa
cosa, che non rispetti un sistema convenzionalmente logico. Ma è
anche questo a renderla estremamente attuale e allo stesso tempo
capace di mostrare il contributo profetico di alcuni pensatori russi.
Proviamo a pensare alle cose di ogni giorno dentro all’ambito interrelazionale. Proviamo a pensare alla relazionalità in un modo scevro
dai tanti riduzionismi psicologici, dove la relazione non è un accidente, ma la sostanza, con tutto il suo carico ontologico. Sarebbe
una rivoluzione copernicana. Quando guardiamo in una vera dimensione religiosa, cioè relazionale, si dischiudono i mille nessi che
le cose hanno con tutto l’esistente e che invece rimangono nascosti
quando le isoliamo e controlliamo concettualmente.
L’idea russa di p. Œpidlík è per questo un esempio di come guardare all’altro, di come accostarsi a lui. Rappresenta una visione per
un diverso principio di unità e di comunione, oggi così prezioso in
una Europa alle prese con i problemi delle convivenze multiculturali, nazionali e religiose.
p. Marko Ivan Rupnik
8
In una lettera del 15 luglio 1991, la Compagnia di Gesù esprimeva alla signora Anna Maria Gruenhut Bartoletti Aletti la propria
intenzione di aprire un «Centro di studi e ricerche» che portasse il
nome di «Ezio Aletti», suo marito. Attraverso questa fondazione,
con l’obiettivo specifico di «privilegiare i rapporti interpersonali»,
la Compagnia compiva il desiderio della signora Aletti di creare
un Centro interculturale.
Dopo solo due anni di attività, ecco che il Centro inaugura
una serie di pubblicazioni. È estremamente significativo che il primo libro della collana sia l’opera di p. Œpidlík, grande specialista
della spiritualità dell’Oriente cristiano. L’Idea russa mette in evidenza che, nel cuore della cultura intellettuale della Russia, si trova la visione della persona, la persona come unità del divino e
dell’umano e dunque come partecipazione all’amore di Dio in cui
essa trova la sua piena realizzazione. L’originalità dell’antica tradizione cristiana ci viene presentata in tutto il suo splendore e con
una freschezza tutta nuova.
Oggi l’uomo europeo prende di nuovo coscienza che la sua
identità europea integra sia l’Est che l’Ovest. Inoltre nella cultura
attuale si manifesta sempre più l’urgenza di un pensiero che tenga
conto dell’insieme, di un cuore che vivifichi, di un luogo nel quale si annodino i legami tra realtà, culture e tradizioni diverse.
Questo bisogno crescente dà sempre maggior rilievo a tutto ciò
che è ricerca e riflessione teologico-spirituale interetnica e interconfessionale in Europa. Ed è appunto a questo bisogno, ci pare,
che risponde la visione intellettuale e spirituale del Centro Aletti.
Quando nel 12 dicembre 1993 il Santo Padre lo ha visitato, ha
domandato di costruire «un futuro di fede per l’Europa»; è stato un
invito a far emergere una fisionomia spirituale che si ricolleghi alle profonde radici cristiane, accettando, in un dialogo fruttuoso, le
interpellanze che la cultura moderna lancia oggi. È inoltre necessario studiare la tradizione cristiana orientale. Nella linea dell’ammirabile lavoro già realizzato dall’Istituto Orientale, il Centro
Con questa prefazione, un anno fa, il p. Generale della Compagnia di Gesù,
inaugurava la collana di pubblicazioni del Centro Aletti.
9
L’idea russa
Introduzione
Aletti, che gli è legato, può apportare a questo dialogo un contributo importante favorendo una riflessione su ciò che l’Europa
dell’Est ha vissuto in questi decenni di silenzio e su ciò che rischierebbe di restare sconosciuto in Occidente e dimenticato in
Oriente, nel momento in cui tanti avvenimenti lo hanno sconvolto.
È alle persone che il Vangelo si indirizza; sono le persone che
incontra nella loro vita e di cui trasforma la mentalità, le relazioni
e la cultura. In questa ottica vanno studiate le esperienze dell’Est
e dell’Ovest per scoprire ciò che Cristo ha suscitato negli uni e
negli altri, come e dove, nel corso di questi decenni, Egli ha sofferto, è stato crocifisso, è risuscitato. Solo a quel punto i popoli
potranno riconoscersi, scoprendo nelle storie e nelle culture differenti lo stesso Cristo che conduce verso un mutuo riconoscimento.
Peter-Hans Kolvenbach, SJ
Superiore Generale della
Compagnia di Gesù
L’idea russa! Nel secolo scorso questo tema ha dato luogo ad
un gran numero di discussioni tra Slavofili e Occidentalisti.1 Sotto
questo nome, pensatori russi assai importanti per la cultura russa,
hanno cercato di esprimere ciò che era caratteristico del popolo
russo, della sua storia, della sua vocazione mondiale; una vocazione che è religiosa, poiché si tratta del contributo specifico di
un popolo al destino di tutta l’umanità.
Non ci si stupirà che, secondo i pensatori, le “idee” sulla storia
e sulla vocazione degli Slavi d’Oriente siano assai differenti e che,
di conseguenza, numerosi autori rimangano piuttosto scettici
sull’utilità di questo genere di ricerche. ¯i¡evskij preferisce così
parlare di “spirito russo”, poiché questo termine, meglio che quello di “idea”, rinvierebbe all’esistenza di un elemento concreto, capace di trasformazione pur rimanendo identico a se stesso; un termine che, dunque, può rendere conto dell’identità del popolo
russo contemporaneamente nella sua continuità e nella sua vocazione. Ma lo spirito è un elemento sufficientemente cosciente perché lo si possa descrivere? L’autore afferma che lo spirito di cui
parla è precisamente «la coscienza che gli uomini possiedono della loro esistenza».2 Questa coscienza non può essere colta che attraverso gli avvenimenti storici, i cambiamenti politici, le trasformazioni ideologiche. Di conseguenza, «è impossibile ai membri di
una grande nazione avere una coscienza unica della loro esistenza». Le diverse epoche storiche vedono sorgere tendenze opposte
e ciascuna di esse ha i suoi rappresentanti caratteristici.
Inoltre, l’aggettivo “russo” è anch’esso equivoco: il grande
Impero degli zar comprendeva gli Ucraini, i Bielorussi, e anche
dei Polacchi, dei Finlandesi, senza contare i piccoli popoli russifi-
1
Titolo dato a più testi. Ad esempio: V. SOLOVIEV, L’idée russe, Paris 1988.
W. IWANOW, Tübingen 1930; Sobr. Soµ. III, Bruxelles 1979, pp. 321-338; Die russische Idee, übersetz von J. SCHOR; N. BERDJAEV, Russkaja ideja, Paris 1947; L’idée
russe, Problèmes essentiels de la pensée russe au XIXe et au XXe siècle, Paris 1969.
2
D. TCHI˘EWSKIJ, Das heilige Russland. Russische Geistesgeschichte 10.-17.
Jahrhundert, Hamburg 1959, p. 7. Russland zwischen Ost und West. Russische
Geistesgeschichte II, 18.-20. Jahrhundert, ibid. 1961.
10
11
L’idea russa
cati e i territori annessi dopo le guerre. A ragione ¯i¡evskij mette
in guardia contro ogni sorta di semplificazione che farebbe
dell’“idea russa” il frutto di una ideologia illusoria.3 A questo scopo lui stesso, per presentare la Russia agli stranieri, si mette a descrivere i diversi movimenti spirituali che, dai tempi di Vladimir fino alla prima guerra mondiale, si sono succeduti sulla terra russa;
così lascia il lettore libero di farsi una propria “idea” a partire dallo “spirito russo” che gli è stato presentato.
Berdjaev si oppone a questa posizione che trova tentata di
scetticismo. Seguendo tutta la tradizione sofiologica, si può affermare che l’evoluzione storica e cosmica non è null’altro che la
realizzazione progressiva di “idee” eterne. È dunque giusto cercare di cogliere queste idee nella storia, a condizione di considerarle realtà “metastoriche”.4 In tal modo, parlare dell“idea russa” significa leggere nella storia questa idea che il popolo vive nel mistero e che, nella misura in cui è realtà divina, non si può rivelare
che attraverso la contemplazione spirituale. Solov’ëv dirà così che
l’idea di una nazione si comprende in rapporto a Dio, al suo progetto di salvezza universale: l’idea russa è ciò che Dio, da tutta
l’eternità, vuole che questa nazione doni all’umanità tutta intera,
come propria parte di verità e di incarnazione.5
Il modo di porre il problema, allora, non è affatto scientifico,
nel senso classico del termine, ma “profetico”. Ad un occidentale
che affrontasse la stessa questione, tale modo di riflettere creerebbe lo stesso malessere che egli prova davanti a tutto ciò che sembra essere un metodo “irrazionale”. Affinché tutto ciò che si afferma sulla Russia sia vero e credibile ai suoi occhi, occorrerebbe
che sia confermato da documenti storici, letterari, filosofici o rilevanti della tradizione spirituale. Ma come fare se tutte queste testimonianze rinviano a degli ambiti differenti? ¯i¡evskij non ha ragione di concludere che nessuna idea unica possa emergere dai
flutti di movimenti così diversi?
12
3
Ibid.
4
Cf p. 188-189.
5
V. SOLOVIEV, L’idée russe, Paris 1888, p. 6.
Introduzione
Allora, qual è dunque lo scopo del nostro libro, che abbiamo
voluto intitolare “L’idea russa”? Non pretendiamo certo di vedere
meglio dei figli stessi della nazione russa quale sia la loro vocazione; essi sono in una posizione migliore di chiunque altro per conoscere i movimenti del loro cuore. Né vogliamo produrre una specie
di riassunto degli studi fatti fino ad oggi sulla spiritualità russa. Il
nostro atteggiamento rispetto a questo tema si potrebbe spiegare
così: quando Pietro il Grande decise di modernizzare il grande
Impero degli zar, aveva una “idea” dell’Occidente europeo: anche
noi abbiamo un’”idea” e insieme l’intenzione di trovare nell’Oriente
slavo quegli elementi che consideriamo come mancanti - e dunque
complementari - della spiritualità e della civiltà dell’Europa occidentale.
V. Ivanov, che come poeta e pensatore ha amato, studiato e
ammirato le culture diverse, desiderava vedere «il cristianesimo respirare con tutti e due i suoi polmoni».6 Le sue parole sono rimaste come un programma e una speranza per l’Occidente e
l’Oriente cristiani. I Latini fanno il segno della croce da sinistra a
destra, i Bizantini da destra a sinistra: l’importante è che il segno
della croce resti il simbolo del Salvatore, Gesù Cristo, che come il
sole illumina le cime delle montagne splendendo sia sull’Oriente
che sull’Occidente, perché tutti gli orizzonti ne siano illuminati.7
6
Cf S. TYSZKIEWICZ, Orthodoxie und Humanismus, Wjatcheslaw Iwanows
Weg nach Rom, Wort und Wahrheit 5(1950), pp. 431-442; V. IVANOV, Svet veµernij,
Oxford 1962, pp. 42ss.
7
I nomi e le parole russe sono trascritti usando il modo abituale nei paesi
slavi, con le seguenti eccezioni: 1) nelle citazioni si usa la trascrizione impiegata
dall’autore dell’opera citata; 2) le parole slave isolate (ad es. starets, volnitsa ecc.) sono trascritte in modo leggibile per un italiano od usando una trascrizione ormai divenuta comune (ad es. zar).
13
Capitolo primo
I diritti della persona
I. La struttura dell’uomo
L’importanza dell’antropologia
Il pensiero russo, afferma Zen’kovskij nelle prime pagine del
suo libro sulla storia della filosofia,1 è “antropocentrico”. Ciò che lo
interessa in primo luogo è l’uomo, il suo destino, la sua evoluzione. È dal punto di vista dell’uomo che certi grandi autori hanno
trattato i problemi filosofico-religiosi: Skovoroda, 2 ¯aadaev, 3
Belinskij,4 Nesmelov,5 Œestov6 e molti altri.
Si trova questo stesso atteggiamento nella letteratura. Nella
poesia di Tjutµev, per esempio, Solov’ëv discerne questa stessa
preoccupazione per l’uomo.7 Tuttavia, la problematica dell’uomo
1
V. V. ZEN’KOVSKIJ, Istorija russkoj filosofii, Paris 1948-50, vol. I, pp. 19ss;
cf vol. II, p. 469: Antropologija (Index).
2
Ibid. I, p. 72.
3
Ibid. I, p. 167.
4
Ibid. I, p. 266.
5
V. I. NESMELOV, Nauka o µeloveke, 3 ed., Kazan’ 1905.
6
L. ŒESTOV, Skovannyj Parmenid. Ob Istoµnikach metafiziµeskich istin,
Paris s. d. (YMCA - Press).
7
V. SOLOV’ËV, Soµinenija, Bruxelles 1977ss, vol. III, pp. 117-134.
15
L’idea russa
non è trattata da nessuna altra parte con la profondità con cui lo è
in Dostoevskij. «È nell’uomo che è nascosto l’enigma dell’universo
e risolvere la questione dell’uomo è risolvere la questione di
Dio».8 Per questo rimprovera agli intellettuali astratti di produrre
idee impersonali, e fa loro questo richiamo: «Siete contro la vita.
Imponete alla vita la vostra astrazione. Siete dei teorici, non avete
terra sotto i piedi. Prima di tutto occorre diventare qualcuno, incarnarsi, diventare se stessi, una persona. Ma voi siete ombre, un
nulla ... un sogno, vi si vede attraverso».9
In diversi pensatori questo interesse antropologico esprime sovente una “conversione” del loro pensiero dalla filosofia hegeliana
alla realtà concreta. E giungono ad affermare che una conversione
simile attende ancora certi cristiani. Accusano il cristianesimo storico di aver ceduto alla tentazione dell’“astrattezza”, che è contro la
verità dell’incarnazione. «Il risultato di una tale religione - constata
V. Rozanov - è l’immolazione volontaria dei “vecchi credenti” che si
bruciano da soli o si fanno sotterrare vivi in nome di una “regola”».10
È lo stesso rimprovero che fa Berdjaev: «Nell’Ortodossia storica, dove predominavano uno spirito ascetico e monastico, il problema dell’uomo non fu messo sufficientemente in luce, e non
poteva essere diversamente».11 Pertanto, constata Berdjaev, sono
precisamente i pensatori russi recenti - e lui stesso in particolare che hanno contribuito maggiormente a mettere in rilievo questo
aspetto antropologico della fede.12
Il suo discepolo S. L. Frank gli fa eco, ricordando che è tipico
del cristianesimo orientare verso l’uomo: «Tale è la coscienza cri-
8
P. EVDOKIMOV, Gogol et Dostoïevski ou la descente aux enfers, Bruges
1961, p. 192.
9
I diritti della persona
stiana, paradossale, liberatrice, sorgente di gioia ineffabile, coscienza del primato del principio religioso su quello morale. Il cristianesimo è la religione dell’umanità. In essa, per la prima volta,
l’uomo trova la consolante convinzione che Dio, suprema istanza
dell’essere, non si interessa, in fin dei conti, che di una cosa: il bisogno concreto che l’uomo ha di Lui, e Lui, dunque, non ha che
una preoccupazione: aiutare l’uomo».13
La teologia antropologica e l’antropologia teologica
Pur apprezzando l’aspetto positivo contenuto nelle critiche al
“cristianesimo storico”, dobbiamo non di meno correggerne i giudizi troppo severi, che sono in fondo ingiusti. È noto che gli Ebrei
trovavano Dio nella storia, che i Greci lo cercavano nel macrocosmo; ma i monaci cristiani, fin dall’inizio, l’hanno cercato nel microcosmo, cioè nell’uomo in quanto immagine di Dio.14 «Per il solo fatto di essere creato ad immagine del Dio uno e trino, l’uomo
stesso si pone come vivente enigma teologico, diventa il luogo
teologico per eccellenza», dichiara Evdokimov.15 Nesmelov ha talmente insistito su tale verità che ha rifiutato la conoscenza di Dio
attraverso il cosmo. Il mondo, dice, non rivela affatto, ma nasconde piuttosto il volto di Dio.16 «L’unico cammino reale» della teognosia è «la ricerca scientifica intorno all’uomo vivente».17
Gli asceti ci hanno trasmesso la convinzione che il volto di un
uomo puro risplende di luce divina.18 È all’interno di questa tradizione che si comprendono le parole dello starets Zosima ad
Alëœa: «Ti ho spesso benedetto nello spirito a causa del tuo viso,
sappilo». Ed è a questo motivo che lo invia a Mitja, convinto che,
per la potenza del suo viso, lo potrà “salvare”. «Amo il tuo viso»,
dice Ivan, l’altro fratello Karamazov, ad Alëœa, «il diavolo ha avuto
Ibid.
13
S. FRANK, Dieu est avec nous, Paris 1955, p. 138.
14
V. MONOD, Dieu dans l’univers ...., Paris 1933.
15
La femme et le salut du monde, Tournai - Paris 1958, p. 30.
16
Nauka o µeloveke, cit., p. 411.
17
Ibid.
18
Cf ATANASIO, Vita di Sant’Antonio 67, PG 26, 939.
10
Cf P. LESKOVEC, Basilio Rozanov e la sua concezione religiosa, OCA 151,
Roma 1958, pp. 218ss. È arrivato nel 1895 a Tiraspol, dove i “vecchi credenti” temevano il censimento nazionale, perché vi vedevano l’opera dell’Anticristo. Cf N. O. LOSSKI, Histoire de la philosophie russe des origines à 1950, Paris 1954, p. 359.
11
12
N. BERDIAEFF, L’idée russe, Paris 1969, p. 103.
Cf De la destination de l’homme. Essai d’éthique paradoxale, Paris 1935. O
naznaµenii µeloveka. Opyt paradoksal’noj etiki, Paris 1931.
16
17
L’idea russa
paura di te, puro cherubino». È interessante vedere che non è affatto una dialettica ciò che Dostoevskij oppone all’ateismo, ma un
“viso”, icona vivente di Cristo.19
L’originalità russa appare tuttavia più evidente se si considera la
stessa relazione gnoseologica dal punto di vista opposto: non si afferma solamente la conoscenza di Dio a partire dall’uomo, ma anche la conoscenza dell’uomo a partire da Dio. I Russi sono ben coscienti che l’uomo non è affatto “conosciuto”, ma “sconosciuto”, un
mistero.
Chi potrà risolvere tutti i problemi che l’essere umano, essenzialmente antinomico, “pone”? Solo Cristo, Uomo-Dio. Allora si
può affermare con Bulgakov che l’antropologia è inseparabile dalla cristologia: «L’incarnazione divina non è affatto una catastrofe
per l’essenza umana, né una qualche violazione; è, al contrario, il
suo compimento. Ed è perché, essendo perfettamente Dio, Cristo
è ugualmente un Uomo perfetto».20 Riassumendo questa riflessione, possiamo dire con le parole di Berdjaev: «L’apparizione di
Cristo è il fatto fondamentale dell’antropologia».21
L’antropologia morale e psicologica
Si afferma che gli asceti sono coloro che si sono maggiormente occupati dell’antropologia, essendo questa una «pratica applicata che insegna direttamente la lotta invisibile»,22 che insegna come
servirsi delle facoltà umane per esercitarsi nella virtù e nell’orazione. In questa logica, i monaci hanno utilizzato le nozioni psicolo-
I diritti della persona
giche del loro tempo.
Così i monaci russi, che leggevano assiduamente gli scritti dei
Padri, adotteranno ben presto il linguaggio degli antichi Greci, soprattutto la terminologia della tripartizione dell’anima, parlando di
parte razionale, parte irascibile e parte concupiscibile.23
Questa divisione aiuta a comprendere la necessità del combattimento contro le passioni che si trova già in una Esortazione
(Nakazanie) del Metropolita Niceforo I a Vladimir Monomaco.24
Più tardi, grazie a numerosi testi della Filocalia, questa divisione - e le sue conseguenze - trova una larga diffusione nella letteratura spirituale, anche se essa non può illustrarne tutti i dettagli. I
semplici asceti leggevano contemporaneamente Padri di tendenze
diverse: una concezione “integrale” delle facoltà umane piaceva
loro più di analisi parziali. È vero che, qualche volta, i moralisti si
sono lanciati in analisi precise: ma ciò era solo dettato dalla intenzione pratica di dare ad ogni organo, ad ogni parte dell’uomo,
«una buona direzione» perché l’uomo si santificasse.25
Teofane il Recluso, autore spirituale russo, cerca di collocare
sistematicamente la vita spirituale nel quadro delle divisioni psicologiche, adattando tuttavia le nozioni teologiche degli antichi
Padri alla psicologia sperimentale del secolo scorso. E il suo sforzo, si deve ammetterlo, non è affatto mal riuscito.
L’antropologia tricotomica di Teofane il Recluso26
«Essere capace di dire “io”, è la prova che si è una persona umana».27 Ed è pure il contrario del peccato, perché il peccato fa identificare il peccatore, in modo falso, con ciò che gli viene dal di fuori. È
19 Brat’ja Karamazovy, t. I, II parte, libro 6,1, Berlin 1919, p. 436; cf EVDOKIMOV, Gogol ...., p. 282.
20 S. BULGAKOV, Agnec Bo¡ij, Paris 1933, p. 212. «Nel Cristo, non di meno,
nulla di contrario è inflitto all’essenza umana, nessun elemento incompatibile è introdotto nella sua vita; ma nel Nuovo Adamo l’immagine verace, la prefigurazione del
vecchio Adamo, si compiono. Ed è perché l’uomo è già la forma pronta per l’autentica teantropia che non è tuttavia capace di realizzare da se stesso, ma in previsione
della quale è creato e chiamato».
21
Cf N. von BUBNOFF, Russische Religionsphilosophen. Dokumente,
Heidelberg 1956, p. 293.
22
29.
18
23 T. ŒPIDLÍK, La Spiritualité de l’Orient chrétien. Manuel systématique, OCA
206, Roma 1978, p. 257.
24 G. PODSKALSKY, Christentum und theologische Literatur in der Kiever
Rus’ (988-1237), München 1982, pp. 146ss.
25 E. POPOV, Obµenarodnye µtenija po pravoslavno-nravstvennomu bogosloviju, S. Peterburg 1909, pp. 961ss.
26 T. ŒPIDLÍK, La doctrine spirituelle de Théophane le Reclus. Le Cœur et
l’Esprit, OCA 172, Roma 1965, pp. 3ss.
P. EVDOKIMOV, La femme et le salut du monde, Tournai - Paris 1958, p.
27
Naµertanie christianskago nravouµenija, Moskva 1895, p. 189.
19
L’idea russa
questa affermazione che Teofane prende come fondamento delle
sue analisi, dove sono mescolati i riferimenti patristici e le nozioni
moderne, ma sempre secondo l’ottica della vita spirituale e in vista
di essa.
«La persona umana, l’io, è l’unità dello Spirito, dell’anima e del
corpo».28 La vita morale deve dare a ciascuno ciò che gli è proprio
e, contemporaneamente, mantenere l’unità che costituisce l’uomo.
In rapporto al corpo, che reclama la realizzazione di esigenze indiscutibili, il male consiste nel soddisfarle isolatamente, senza un
rapporto al loro servizio all’anima.29
Quanto all’anima, gli atti in cui essa si rivela, sono di tre specie: i pensieri, i desideri, i sentimenti. Da ciò le tre parti dell’anima: la parte cognitiva, la parte appetitiva e il cuore.
Nella parte cognitiva, Teofane inserisce tutto ciò che entra nel
processo della conoscenza e che, partendo dalle cose sensibili e
dalla fantasia, arriva a formare dei giudizi razionali. «La vita secondo la volontà di Dio è una vita ragionevole al grado più alto».30 Al
contrario, il razionalismo è l’uso della ragione contro la ragione,
quando ci si oppone al progresso della conoscenza dello Spirito,
quando la ragione cade in sogni vani.
La forza della parte appetitiva è la volontà. Anch’essa è libera
e ha per funzione di organizzare la nostra vita. In unione con lo
Spirito, essa possiede «l’arte di condurre le proprie azioni al successo, di armonizzare i mezzi con i fini e le azioni con le circostanze», è la «sapienza pratica».31
«La funzione del cuore consiste nel sentire tutto ciò che tocca
la nostra persona».32 Il cuore è il punto di contatto tra l’uomo e
Dio. Teofane è il maestro incontestato che ha saputo descrivere
l’attività del cuore e l’educazione dei sentimenti perché essi diven-
20
I diritti della persona
tino “spirituali”.33
Infine, lo Spirito è come «l’anima della nostra anima. Perché la
vita cristiana è la spiritualizzazione progressiva dell’anima e del
corpo». È questa l’unica via che corrisponde alla natura umana,
come Dio l’ha creata. Tutte le tentazioni del mondo hanno questo
scopo comune: soffocare lo Spirito. È la forza del mondo, ma è
contemporaneamente la sua grande debolezza. Il mondo, dice
Teofane, ci spinge pressoché in modo automatico ad abbandonarlo, perché «tutte le gioie esterne non giungono mai a compensare
la nostalgia dello Spirito».34
II. La persona - vittoria sulla natura
Il personalismo russo
In che cosa consiste la grandezza dell’uomo? I Padri sono unanimi: l’uomo è immagine di Dio. Tale è la vera “natura”, la natura
dell’essere divinizzato. Riflettendo su questa rivelazione, gli autori
mettono in rilievo differenti aspetti: la conoscenza, la libertà, il
potere di dominare il resto del creato.35
Gli autori spirituali riprendono spesso questo tema; ma i pensatori recenti sviluppano una idea nuova. Si interessano meno
delle prerogative della “natura” umana che non del fatto che l’uomo sia “persona”, immagine del Dio personale; un privilegio che
sorpassa la semplice questione della “natura”.
O. Clément descrive l’evoluzione di questo tema della persona: «pienamente fondato nella rivelazione biblica, il tema della
persona ha trovato la sua formulazione teologica nei Padri del IV
secolo: ma a livello della esistenza divina e non ancora dell’esistenza umana. Certo, la Tradizione conserva l’essenziale con l’affermazione che l’uomo è “immagine di Dio”, ma il sostanzialismo
e l’intellettualismo rendono difficile un approccio fedele al miste-
28
Ibid.
29
¯to jest’ duchovnaja ¡izn’, Moskva 1899, cap. 5, p. 17.
30
Naµertanie, p. 209.
31
¯to jest’ ...., 7, p. 25.
34
Ibid., pp. 58ss.
32
Ibid., pp. 26ss.
35
La spiritualité, pp. 58ss.
33
Put’ ko spaseniju, Moskva 1908, p. 92.
36
O. CLÉMENT, Mille ans, p. 303.
21
L’idea russa
ro. È, mi sembra, merito della teologia e della filosofia russe del
XIX e XX secolo, aver realizzato questo approccio distinguendosi
sia dall’individualismo che dalle fusioni mistiche o totalitarie».36
Losskij37 e Zen’kovskij38 parlano nella loro Storia della filosofia
russa dei rappresentanti principali del “personalismo” russo, sottolineando che non è solo caratteristico dei cristiani. Così il socialismo di Herzen era di tendenza personalista; e, dopo di lui, tale
era la via originale del socialismo russo.39 Allo stesso modo, si
può considerare la rivolta di Belinskij contro Hegel come una rivolta in nome della persona.
In questo contesto si possono citare S. A. Levickij,40 S. A.
Alexeev (Askol’dov),41 V. S. Szylkarski, con la sua teoria dell’“io
sostanziale”,42 il pedagogo N. I. Pirogov,43 K. D. Kavelin.44
Anche il “logismo” di V. F. Ern, che a prima vista appare come
un programma astratto, è in realtà una via che si vuole opporre alla
oggettivazione: vuole porre una filosofia che non sia «un sistema di
cose». Per lui è la persona del Lógos il fondamento di ogni realtà.45
Per Karsavin l’evoluzione del mondo tende verso un progresso
nella personificazione. Per questo egli considera ogni essere come
personale, in modo potenziale o embrionale. E giunge fino ad affermare che le nazioni e le unità culturali sono persone sinfoniche.46
E da un capo all’altro degli scritti di Berdjaev si rivela un pen-
22
37
Cap. 11, p. 161.
38
II, 474; cf GOERDT I, pp. 766ss: Index Person.
39
N. BERDIAEFF, L’idée ..., p. 70.
40
N. LOSSKI, Histoire, p. 310.
41
Ibid., p. 400.
42
Ibid., p. 401.
43
L. GAN¯IKOV, in Encilopedia Filosofica, vol. III (1957), col. 1389.
44
W. GOERDT I, Russische Philosophie, p. 569.
45
V. F. ERN, Bor’ba za Logos, Moskva 1911; cf N. LOSSKI, Histoire, p. 343.
46
N. LOSSKI, Histoire, p. 328.
47
De l’esclavage et de la liberté de l’homme, Paris 1946, p. 20.
I diritti della persona
siero fortemente personalista: «il mondo intero non è nulla a confronto della persona umana, a confronto di ciò che vi è di unico
in un volto umano».47 S. Frank potrà sviluppare questa idea di
Berdjaev, secondo la quale solo il cristianesimo offre la piena
concezione della persona umana, precisando: «La questione non è
che [il cristianesimo] implichi la fede in un Dio personale. Questa
fede è propria, in una o un’altra forma, se non a tutte le religioni,
almeno alla maggioranza di esse. In certe condizioni, essa prende
una tale consistenza che la realtà del Dio personale inghiotte, cancella e annienta la persona umana»48. Al contrario, «il cristianesimo
è la religione personalista e antropologica, perché per la prima
volta l’uomo in essa trova se stesso, trova un asilo e un appoggio
per ciò che costituisce il suo essere indicibile che, inevitabilmente,
resta senza rifugio in questo mondo e, di fronte alla ragione e al
principio razionalista, oggettivo, morale, trova solo un giudice incomprensibile, insensibile, senza pietà».49
Fondato su principi teologici, il personalismo di V. Losskij50 e
soprattutto di Florenskij presenta un grande interesse. Per
quest’ultimo, la religione non può essere che personale. Anche se
questa contiene degli “oggetti” di culto, si constata che essi sono
personificati. Si adora, per esempio, la croce, ma in realtà essa
non è più “lei”, ma “tu”. Non è più una “cosa”, ma un essere spirituale, che anche gli angeli servono con timore.51
Ben coscienti della loro posizione, i personalisti russi sono fieri del loro nuovo contributo al pensiero umano; ed oppongono la
loro concezione a quella dell’Occidente, erede in primo luogo del
razionalismo degli antichi Greci e del legalismo romano. In che
senso si può dire che abbiano ragione?
48
S. FRANK, Dieu est avec nous, Paris 1955, p. 131.
49
Ibid.
50
N. LOSSKI, Histoire, pp. 161ss.
51
Filosofija kul’ta, in Bogoslovskie Trudy, Moskva 1977, pp. 90ss.
52
H. KUHN, Nature. Etude philosophique, in H. FRIES, Encyclopédie de la
foi, Paris 1965-67, t. III, pp. 189-194.
23
L’idea russa
La scoperta della “natura” degli antichi Greci
Malgrado il culto degli eroi che prolunga la mentalità primitiva, i primi trattati della filosofia europea portano il titolo Perì
phýseos, De rerum natura.52
La scienza è unificante, cerca negli esseri ciò che è comune.
Così il grande successo della filosofia sta nella scoperta che gli esseri hanno tutti la stessa “natura”. Questa scoperta ha implicato
gravi conseguenze morali, e ha condotto alla complessa affermazione che si deve «vivere secondo natura».53 Nella maniera in cui le
esigenze della natura sono comprensibili grazie a principi universali, anche la vita dell’uomo è stata considerata allo stesso modo,
come diretta da regole fisiche e morali. Si può così comprendere
l’affermazione di Evdokimov: «La filosofia greca [...] ignora la nozione di persona, nel senso moderno e soprattutto psicologico»54
del termine.
Nei Padri della Chiesa questa nozione si evolve differentemente. Essa si precisa anzitutto nel contesto trinitario, e solo dopo il
Concilio di Calcedonia passa nella cristologia e nell’antropologia.55
Ma nell’antropologia l’uomo viene considerato soprattutto dal
punto di vista morale, poiché i Padri hanno subìto fortemente nella loro formazione l’influenza di questa “cultura della natura” attraverso la filosofia stoica.56 Lo si nota bene nei temi della Vita di
S. Antonio scritta da Atanasio: essendo la vita cristiana “naturale”,
la si può esprimere attraverso principi e definizioni. Ed è questa
modalità di porre la questione dell’uomo che viene ritrovata, nel
corso dei secoli, nei trattati di morale cristiana.
I diritti della persona
così concepite. Inquadrato in un ordine fatto di leggi universali,
l’uomo non riesce più a percepire la sua libertà e la sua propria
personalità.
Una considerazione marginale, ma molto interessante da questo
punto di vista, ci è offerta dalle riflessioni di Giovanni Crisostomo
quando ha tentato di risolvere un caso particolare, ponendo la questione del valore spirituale del matrimonio: la moralità della comunità di vita dell’uomo e della donna non si può ridurre alle esigenze
della natura umana, perché essa è condizionata, al di là di se stessa,
dalle relazioni amorose delle persone.57
Più tardi si ritrova questa stessa tendenza a considerare anzitutto la persona, anche nei monasteri cenobitici. Il superiore, che
nei conventi basiliani all’inizio era piuttosto una sorta di sorvegliante dell’osservanza delle regole scritturistiche,58 è presentato
nello spirito di Teodoro Studita piuttosto come un “padre”.
Non era facile trovare il giusto equilibrio tra queste due tendenze e in Russia, dove i compromessi non erano facilmente accettati, si
è assistito spesso al loro affrontarsi fino al conflitto.59 Si constata nella storia che la difesa della libertà individuale esprime spesso atteggiamenti di rivolta contro l’ordine comune.
Dal punto di vista speculativo, è con Boezio che si troverà
una filosofia a sostegno dei diritti dell’individuo e della sua libertà.
Da Boezio a Kant
Il pensiero di Boezio è caratteristico della mentalità
dell’Occidente latino. Nel suo insegnamento sulla Trinità, ha messo
I diritti della persona
La sottomissione dell’uomo ai principi “naturali” appariva, agli
inizi del cristianesimo, come santa e desiderabile. Ma molto velocemente si percepirono le implicazioni negative delle regole morali
53
La spiritualité, pp. 61ss.
54
P. EVDOKIMOV, La femme et le salut du monde, Tournai-Paris 1958, p.
57 T. ŒPIDLÍK, Il matrimonio, sacramento di unità nel pensiero di Crisostomo,
Augustinianum 17 (1977), pp. 221-226.
58 J. GRIBOMONT, Obéissance et Evangile selon saint Basile le Grand, La vie
spirituelle, Suppl. VI (1952), pp. 192-215.
59 T. ŒPIDLÍK, Superiore - padre: l’ideale di san Teodoro Studita, Studia
Missionalia 36 (1987), pp. 109-126; ID., I grandi mistici russi, Roma 1977, pp. 101ss.
42.
24
Eremita. Studia Anselmiana 38 (1956), pp. 110ss.
55
Ibid.
56
H. J. MARX, Incessant Prayer in the Vita Antonii, in Antonius Magnus
60 «Persona est naturæ rationalis individua substantia» (De duabus naturis et
una persona Christi, 3, PL 64, 1345).
25
L’idea russa
al primo posto l’unità della natura divina nella quale si sviluppa la
vita delle tre Persone. Questo stesso punto di partenza è applicato
nell’antropologia. L’uomo è fondamentalmente una “natura”, ma,
per dono di Dio, una natura molto privilegiata, dotata di ragione e
di libertà: questo lo fa divenire “persona”. Da questo la famosa definizione: «La persona è una sostanza individuale di natura razionale».60 Definizione che è ripresa da Tommaso d’Aquino.61 E affinché il
privilegio della ragione e della libertà fossero ben chiaramente in
evidenza, gli scolastici hanno aggiunto tra le proprietà della persona
la singolarità, l’incomunicabilità, l’«in sé» (ens in se), il «per sé» (ens
per se).62
Questa concezione resterà nella filosofia fino all’epoca moderna. Per Kant, come per Tommaso d’Aquino, la persona esiste come «in sé», ed è la ragione che permette la libertà nell’azione, malgrado i legami che la uniscono alla natura comune.
I motivi della vita così lunga di tale concezione sono evidenti.
Consideriamo la storia: l’Europa si è organizzata secondo un doppio movimento. Da una parte, la società tende ad organizzarsi secondo leggi universali; dall’altra, in questa stessa società si constata
che gli individui devono lottare per la loro libertà; ed è attraverso la
lotta che si ottengono risultati importanti nella legislazione della vita politica e sociale. Ben cosciente della contraddizione di queste
tendenze, l’Europa cerca di trovare un compromesso. Ci si sforza di
delimitare i domini della libertà individuale, inviolabile, privilegiata,
tentando d’altronde di ricordarsi incessantemente le esigenze e le
necessità “naturali”, tessute dalla realtà sociale e dalle leggi scientifiche che dominano il mondo. È il problema che riflette e riassume
la soluzione del Grande Inquisitore nella famosa leggenda di
Dostoevskij.63
I diritti della persona
all’uomo la ragione e la libertà, gli ha concesso, per così dire, un
“diritto di esenzione” da ciò che è comune a tutte le altre creature: l’uomo emerge dalla “natura” per divenire una natura privilegiata.
Le considerazioni dei pensatori russi procedono da un punto di
partenza opposto. La priorità assoluta è da loro data alla persona, ed
è essa che si realizza in una natura determinata. Questa priorità rinvia, come nei Padri greci, al mistero trinitario. Il Padre, il Figlio e lo
Spirito Santo realizzano la loro unità assoluta in una sola natura,
“ousía”;64 non “emergono” da essa, ma sono invece essi che la fanno
esistere.
Allo stesso modo nella cristologia, afferma V. Losskij, si deve
prendere la persona come punto di partenza, e non le due nature,
per comprendere chi è il Cristo. Poiché Cristo è il primo uomo, la
stessa affermazione si può applicare ad ogni persona umana.
«La persona significa l’irriducibilità dell’uomo alla sua natura».
Non esiste fuori dalla sua natura, che egli «enipostatizza», ma che
supera senza fine, «egli l’ek-stasia in qualche modo».65
Come si fa per Dio, anche per la persona umana occorre distinguere la natura e la persona. La natura umana è comune a tutti gli esseri umani; al contrario, ogni persona è unica al mondo,
indeterminabile e inconoscibile nella sua unicità.
Più la persona si rivela irriducibile a ogni tentativo di afferrarla,
anche in maniera concettuale, più essa diviene capace di segnare in
un modo originale ciò che la circonda e ciò che essa è. Losskij utilizza qui l’esempio dell’opera d’arte: “Quando diciamo: «È di
Mozart» o «È di Rembrandt», noi ci troviamo ogni volta in un’universo personale che non ha il suo equivalente da nessuna altra parte».66
Sono le stesse idee che esprime Bulgakov che, per altro,
Pensatori russi: l’irriducibilità della persona alla natura
Boezio e i suoi successori cercavano dunque di liberare la
persona dalla schiavitù della “natura” comune. Dio, donando
61
63
Brat’ja Karamazovy, Berlin 1919, vol. I, cap. V, pp. 337ss.
64
La spiritualité, pp. 47ss.
65
O. CLÉMENT, Aperçus sur la théologie de la personne ..., cit., p. 307.
66
V. LOSSKY, Essai sur la théologie mystique de l’Eglise d’Orient, Paris 1944,
«Omne individuum rationalis naturæ dicitur persona» (Summa theol. I, 29,
3 ad 2).
62
26
L. STEFANINI, in EnFil, vol. III (1957), col. 1298.
p. 52.
27
L’idea russa
schizza una distinzione tra la natura - cioè tutto il creato sottomesso per la caduta ai condizionamenti e ai determinismi - e la persona, di cui egli dice abbastanza oscuramente che è qualche cosa di
increato (allusione, certo, alla sua condizione di immagine di
Dio).67
Per Florenskij, l’hypóstasis, persona, è il volto spirituale
dell’uomo; essa è dunque antitetica all’ousía. Ed è questa antitesi
che crea il dinamismo della vita interiore.68
Se la persona ha priorità assoluta nell’essere, essa ha la sua
prima origine nella libertà divina; nella creazione è inscritta la vocazione della persona.69
«La persona, originariamente, è chiamata, è vocazione - dice
Berdjaev -; essa deve divenire [...] ponendo [...] atti creativi». Ed
essa lo può, poiché è libertà.70
«Divenire ciò che si è, rispondere alla chiamata che ci costituisce, è unificarsi sorpassandosi».71
La persona può dunque essere definita come «categoria spirituale che ha relazione con Dio». Essa si distingue così dall’individuo, categoria biologica sottomessa alla natura.72
Dopo il peccato originale, «l’individuo» è una «confusione tra la
persona e la natura». L’effetto di questo peccato è, da una parte, il
frazionamento della natura una e, dall’altra, la perdita della libertà
che si trova determinata dalla natura.73
La persona è “agapica”
La libertà è, secondo il senso comune, la proprietà essenziale
della persona. Ma di quale libertà si tratta? Secondo la concezione
67
O. CLÉMENT, Aperçus ......, cit., p. 304.
68
Filosofija kul’ta, Bogoslovskie Trudy, Moskva 1977, pp. 139ss.
69
O. CLÉMENT, Aperçus ......, cit., p. 305.
70
71
72
28
aristotelica, Dio, per essere perfettamente libero, non intrattiene
alcuna relazione con il mondo. È amato dagli uomini come il sole, ma non ama nessuno all’infuori di se stesso.74
All’opposto di questo éros, il Dio dei cristiani è definito dal
termine agápe, carità.75 Ed Egli ama gli uomini non perché abbia
bisogno di loro, ma precisamente perché è libero, per farli partecipare alla sua ricchezza.76 Perché egli è in relazione con il mondo.
Le relazioni d’amore costituiscono le Persone divine nella vita
trinitaria, mentre attraverso l’atto creatore di carità sono create e
santificate le persone umane. Dio è Padre perché ha un Figlio e
“dei figli”.
L’amore che crea delle relazioni fa parte della formazione della persona umana. Senza le relazioni che la persona intrattiene
con le altre, la libertà sarebbe satanica, scrive Vyœeslavcev.77 E
Berdjaev aggiunge: più la persona umana «si universalizza nella
comunione, in un amore che deve essere contemporaneamente
“erotico” e “agapico”, desiderio di Dio e compassione per coloro
che Dio sembra abbandonare, più essa si rivela unica.
Questa unità del particolare e dell’universale è il mistero stesso della Trinità che si rivela in Cristo, poiché l’uomo è chiamato a
divenire, nella libertà dello Spirito, una esistenza cristologica».78
Berdjaev sottolinea qui bene la differenza tra la Persona divina,
che non può essere che “agapica”, e la persona umana che, nelle
sue relazioni con gli altri, non dona solamente, ma desidera anche
ricevere. Di conseguenza, la persona umana è “agapica” ed “erotica” contemporaneamente; ma è secondo la sua “agápe” che si misura la perfezione.79 “Io” e “noi”, conclude S. Frank,80 sono le cate74
75
76
77
È la definizione dell’éros, cf La spiritualité ...., p. 288.
78
O. CLÉMENT, Aperçus ......, cit., p. 305.
79
Su éros e agápe si veda La spiritualité, pp. 286ss.
80
S. FRANK, “Ich” und “Wir”, in Der russische Gedanke. Zeitschrift für russi-
1Gv 4, 8. 16.
La spiritualité ...., p. 289.
Veµnoe v russkoj filosofii, New York 1955, p. 63.
N. BERDIAEFF, De l’esclavage et de la liberté de l’homme, Paris 1946, p. 22.
O. CLÉMENT, Aperçus ......, cit., p. 306.
E. PORRET, La philosophie chrétienne en Russie. Nicolas Berdiaeff,
Neuchâtel 1944, p. 121.
73
I diritti della persona
Cf N. LOSSKI, Histoire, p. 418.
29
L’idea russa
gorie prime dell’essere personale. L’”io” è impossibile se non è opposto al “tu”, ma questa opposizione è giustamente sorpassata nel
“noi”.
L’agápe è “kenotica”
Donandosi ci si “spoglia”. Nella vita Trinitaria, il Padre si comunica totalmente al Figlio e il Figlio “si spoglia” (Fil 2,7) per
amore verso gli uomini. Allora, se la persona umana, per essere
tale, deve divenire “agapica”, essa deve realizzare la sua propria
kénosis. La nozione latina di persona, così come prósopon in greco, significa inizialmente “maschera”.
Evdokimov spiega: «Questo termine da solo contiene una
profonda filosofia della persona umana. L’uomo non ha volto tout
court, volto semplicemente umano. Nell’Incarnazione, Dio non è più
solamente Dio: è Dio-Uomo. Ma questo fatto agisce nei due sensi;
l’uomo non è più semplicemente uomo, ma un essere teandrico o
demoniaco».81
Bulgakov unisce questa kenosi a quella di Cristo sofferente e
risuscitato. «La croce si inscrive nel cuore di Dio, ogni persona divina è amore sacrificale, kenosi gioiosa. Ma questa diventa sanguinante sulla croce: affinché ciascuno di noi portando in lui tutti gli
altri, risusciti perdendosi nell’amore».82
Florenskij va ancora più lontano: «Elevandosi al di sopra della
legge d’identità, logica e priva di contenuto, identificandosi con il
fratello amato, il me diviene liberamente attraverso se stesso un
non-me o, per impiegare il linguaggio degli inni sacri, si devasta,
si consuma, si spoglia, s’abbassa».83 Attraverso questo impoverische Philosophie, Literaturwissenschaft und Kultur, herausg. von D. JAKOVLENKO, I
Jhg, Bonn 1929/30, Heft 1, pp. 49-62.
81
Cf P. EVDOKIMOV, La femme et le salut du monde, Tournai-Paris 1958,
p. 52.
I diritti della persona
mento o consumazione del me, attraverso questa spoliazione o
questa kénosis, «si produce come risultato un ristabilimento del
me nella norma dell’essere che gli è propria; inoltre, questa norma non è solo data, essa è giustificata [...] nella terza persona, in
un terzo; essendo redenta, essa è glorificata, cioè essa è affermata
nel suo valore imperituro».84
La persona è mistero
La libertà e l’amore, elementi costitutivi della persona, non sono afferrabili per mezzo delle categorie razionali. E questo perché
«la persona umana non può essere espressa attraverso concetti.
Sfugge a qualsiasi definizione razionale, perfino ad ogni descrizione, poiché ogni proprietà attraverso cui si vorrebbe caratterizzarla
si ritrova anche presso altri individui».85 Non la si può svelare se
non nell’unità con il mistero di Cristo, attraverso una “intuizione
diretta”, o meglio in una “rivelazione”.86 Il me, afferma Bulgakov,87
rimane in un qualche modo un segno, un simbolo che ci guida
verso «un abisso ineffabile», «la sorgente sotterranea da cui, continuamente, qualcosa giunge alla superficie».88
È impossibile dare una definizione della persona, scrive
Florenskij, perché essa si distingue dagli oggetti precisamente per
il fatto che, contrariamente ad essi, che sono soggetti ad un concetto e per conseguenza possono essere “compresi”, la persona è
“incomprensibile”; essa esce dal quadro di ogni concetto, perché
essa li trascende. Tutt’al più si può formulare un simbolo della caratteristica fondamentale della persona, un segno, una parola che,
86 Essai sur la théologie mystique de l’Eglise d’Orient, Paris 1944, p. 52. Non si
conosce una persona «se non in una rivelazione» (V. LOSSKY e N. ARSENIEV, La paternité spirituelle en Russie au XVIIIe et XIXe siècles, coll. Spiritualité orientale 21,
Bellefontaine 1977, p. 109). Si veda anche ¯aadaev, in ZEN’KOVSKIJ, Istorija I, p.
167.
87
30
82
S. BULGAKOV, Agnec Bo¡ij, Paris 1933, pp. 219ss.
83
P. FLORENSKIJ, Stolp i utver¡denie istiny, cap. V, Lettera 4, pp. 91-92.
84
Ibid.
85
V. LOSSKY, A l’image et à la rassemblance de Dieu, Paris 1967, p. 118.
O. CLÉMENT, Aperçus ..., cit., p. 304.
88 Cf DOSTOEVSKIJ, Zapiski iz podpol’ja I, 9, Pol’noe sobranie soµinenij III,
2, Berlin 1922, p. 466.
89 P. FLORENSKI, Stolp, cap. V, Lettera 4, pp. 82ss. «Si potrebbe dire che il
me non è esistenza, ma sovraesistenza, perché non esiste affatto nel senso comune
31
L’idea russa
senza definizione, ci introduca nel sistema delle altre parole.89
“L’oggettivazione”
Non possiamo dunque avvicinarci alla persona allo stesso modo in cui siamo abituati a conoscere le cose, cioè attraverso le
scienze che hanno per oggetto di studio la natura, le nature.
Purtroppo - e secondo Berdjaev è il peccato originale della nostra
civiltà - non si finisce mai di trattare come “cose” le realtà viventi
e personali. In questo senso, vincere il peccato significa superare
questa oggettivazione nefasta. L’uomo, nella sua realtà concreta,
fa parte del cosmo e della società, di cui subisce i condizionamenti che lo minacciano senza fine di essere cosificato e oggettivato. Tuttavia, in quanto persona, si radica al di là, nell’infinito, e
non solamente sfugge allora alla società e all’universo, ma li ingloba e li segna del suo genio creatore. «Ben lungi dall’essere la
persona una parte dell’universo, è invece l’universo che è una
parte, una dimensione della persona che essa qualifica».90
«Il mondo oggettivo è terribile», ha scritto Belinskij.91 Ma è soprattutto in Florenskij che la distinzione elaborata tra la «filosofia
delle cose» e quella della persona diventa fondamentale. Il suo apparire costituisce la principale differenza tra l’Occidente e la Russia.
Infatti alla base della filosofia scolastica si trova il realismo, «concezione impersonale della vita, che fatica a riconoscere la persona
con le sue domande».92 Si deve dunque indubbiamente creare un
nuovo modo di pensare, in cui le persone trovino il luogo che appartiene loro.
Concretamente, si devono prima di tutto riesaminare le proprietà essenziali della persona: la libertà, la spiritualità, la raziona-
I diritti della persona
lità e il carattere “agapico”.
Iniziamo dunque con il trattare della libertà e della spiritualità.
Nel capitolo seguente parleremo della razionalità nel senso ampio
del termine, che include ogni conoscenza.
III. Alla ricerca di una libertà nuova
L’antinomia del carattere russo: il fatalismo e la “volnitsa”
Spesso gli stranieri o ammirano tanto la pazienza dei Russi, o
li accusano di fatalismo.93 Tolstoj non nega questa caratteristica,
ma la spiega con il dono di una saggezza naturale: si riconosce
che la vita ha il suo corso e ci si adatta senza opporre una resistenza inutile. Nel suo romanzo Guerra e pace, l’autore propone
come esempio di una tale saggezza il generale Kutuzov, vecchio a
cui resta «la sola capacità di contemplare tranquillamente il cammino dei fenomeni»94 e che fa parte di quegli uomini grandi «che,
dopo aver compreso la volontà della Provvidenza, gli sottomettono la loro volontà personale».95
La famosa “non resistenza al male” che Tolstoj predica proviene
più da questa caratteristica nazionale che dai testi evangelici che pure ama citare. D’altra parte non è il primo a predicarlo. Già la
Epistola del monaco Giacomo al principe Dimitrij difende la moralità
con un atteggiamento che si rimette alla Provvidenza divina, che tollera il male per metterci alla prova.96 Tutti i rinomati autori spirituali
insegnano questa sottomissione alla volontà divina e, per i pensatori
moderni, le loro esortazioni sembrano favorire quel fatalismo che è,
secondo Fëdorov, il massimo dell’immoralità.97 Berdjaev giunge fino
91 Cf B. SCHULTZE, Vissarion Grigorjewitsch Belinskij. Vorbereiter des revolutionären Atheismus in Russland, München 1959, p. 113; si veda anche ZEN’KOVSKIJ, Istorija I, pp. 273ss.
del termine». Bulgakov riprende l’idea già espressa da Florenskij che il me non può
essere concettualizzato, poiché il concetto sorge da un ordine al quale la persona
non appartiene, l’ordine della signoria, del possesso. La persona sorge invece dall’ordine della kenosi, del non-possesso (O. CLÉMENT, Aperçus ..., cit., p. 304).
90
305.
32
92
Stolp, cap. XVIII, p. 518.
93
Cf Hans von ECKHARDT, in E. BENZ, Die Ostkirche im Lichte der protestantischen Geschichtsschreibung von der Reformation bis zur Gegenwart, München
1952, p. 343.
N. BERDIAEFF, De l’esclavage ..., p. 22. O. CLÉMENT, Aperçus ..., cit., p.
94
Trad. italiana, Roma 1956, vol. IV, p. 220.
33
L’idea russa
a dire che è una schiavitù teologica chiamare Dio “Signore”.98 La frase è intenzionalmente polemica contro la cattiva interpretazione della “signoria” divina, interpretazione che faceva dire a Bakunin: «Se
Dio esiste, non c’è più libertà dell’uomo, è schiavo; ma l’uomo può
e deve essere libero, dunque Dio non esiste affatto».99
Ma i Russi sono davvero così “fatalisti”? Molti tra loro pensano
il contrario. Se si considera la presentazione che ne fa Tolstoj, il
popolo russo non è affatto così paziente e sottomesso. Di fatto, «la
filosofia, la letteratura, la poesia russe - scrive Vyœeslavcev100 - sono
state e saranno sempre dalla parte della libertà».
Berdjaev crede che si debba piuttosto considerare insieme i due
aspetti del carattere antinomico russo: la sottomissione servile e lo
spirito di rivolta. «La volnitsa (libertinaggio) cosacca è un fenomeno
molto interessante, che rivela con estrema chiarezza e nettezza la
polarità, la contraddizione del carattere russo. Da un lato il popolo
era obbediente al fondatore di uno Stato dispotico e autocratico,
ma, dall’altro, insorgeva contro di lui, gli si sfuggiva nella volnitsa ...
La volnitsa cosacca rappresentava nella storia russa l’elemento anarchico, contrappeso all’assolutismo e al dispotismo dello stato».101
Leont’ev non esita a difendere il dispotismo di Stato, sebbene
consideri questa contraddizione distruttrice: «I Russi non sono stati
creati per gustare la libertà. Senza terrore e violenza, ogni cosa
non può che andare storta».102 Non era forse questo stesso motivo
che, nella storia del monachesimo, ha condotto alcuni a propagare l’ordine monastico cenobitico con una tale forza che l’esistenza
stessa degli esicasti ne è stata minacciata?103
95
Ibid.
96
Cf PODSKALSKY, Christentum, p. 146.
97 Filosofija obœµago dela, t. II, Moskva 1913, pp. 162ss; ZEN’KOVSKIJ,
Istorija II, p. 141.
98
GOERDT I, pp. 526ss.
99
ZEN’KOVSKIJ, Istorija I, p. 262.
100 Veµnoe v russkoj filosofii, New York 1955, p. 17.
I diritti della persona
Ci si domanda con ragione se queste attitudini contraddittorie
siano tipicamente russe. È fuor di dubbio che la relazione tra l’ordine comune e la libertà personale resterà sempre il problema essenziale della nostra vita. Al tempo dei Padri, Gregorio di Nissa
era arrivato a risolvere il problema ad un livello superiore, veramente cristiano. Si era reso conto che per cercare la soluzione occorreva partire da un concetto migliore di libertà, essendo troppo
stretto quello che ci viene dalla vita profana. La libertà non sarebbe che la sola possibilità di scegliere l’una o l’altra cosa.104 Sulle
tracce dei Padri, Berdjaev vuole proporre un concetto nuovo e
migliore di libertà; persegue questo ideale con un tale entusiasmo
che qualcuno ha potuto dire di lui che è stato «lo schiavo della libertà».105 Ma Berdjaev si difende dicendo che in fondo non vuole
far altro che esplicitare ciò che ha imparato da Dostoevskij.106
Per questo cercheremo anche noi di tracciare brevemente un
quadro delle idee di questo scrittore che, a suo modo, può essere
considerato come uno dei più grandi dottori della libertà dei tempi moderni.
Dostoevskij, profeta della libertà
Il suo pensiero è espresso soprattutto nei romanzi, ma a volte
anche nel Diario, che fornisce riflessioni preziose. Per una presentazione sistematica è necessario raccogliere e raggruppare le diverse affermazioni e cogliere l’intuizione, il legame che esiste tra loro.107
Ci si rende immediatamente conto che il concetto di libertà in
Dostoevskij è essenzialmente dinamico. L’uomo cerca in ogni momento di diventare libero e, dovunque si trovi, scopre di essere
schiavo. Più la schiavitù lo opprime, più il suo desiderio di libertà
si accresce e lo affascina. Che idea dunque egli si fa del suo ideale?
101 N. BERDIAEFF, L’idée russe, p. 19; cf G. PIOVESANA, Storia del pensiero
filosofico russo (988-1988), Roma 1992, pp. 160ss.
102 N. BERDIAEFF, Constantin Leontieff, Paris 1936, p. 268.
103 Cf pp. 318ss.
104 La spiritualité, pp. 101ss.
105 N. BERDIAEV, Selbsterkenntnis. Versuch einer philosophischen
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L’idea russa
Una delle prime caratteristiche della libertà è di essere illimitata. È un aspetto che possiamo constatare su noi stessi altrettanto
bene che sugli altri: ogni limitazione della libertà, per quanto minima, è sperimentata come una offesa alla dignità della persona.
L’uomo desidera scegliere liberamente, sia che si tratti del bene
come del male. Ma se sceglie il male, compie un attentato verso
la sua stessa persona, rischia di distruggersi, perché, attraverso la
sua scelta, può giungere fino a minare la sua esistenza o gli interessi e i valori vissuti dalla società. La libertà appare allora come
l’elemento che mette in pericolo il buon ordine della vita e della
società. Sembra dunque che, per prevenire grandi disgrazie, si sia
obbligati a fissare dei limiti alla libertà, per aiutare l’uomo a fare
le sue scelte, ma a farle nel quadro di ciò che non può nuocere a
nessuno. È la soluzione che suggerisce la lunga esperienza umana, ed è quella che il personaggio del Grande Inquisitore espone
a Cristo nel romanzo I fratelli Karamazov.108 Ma davanti a queste
motivazioni Cristo tace: è lui la libertà assoluta, senza limiti.
La libertà è anche irragionevole, metalogica. Se essa non sopporta i limiti dati dalla forza, dall’ordine, dalle leggi, essa tollera
tanto meno di essere inquadrata nelle catene della logica. I filosofi
illuministi cercavano di convincere tutti che l’uomo, possedendo
la ragione, agisce in questa o in quell’altra maniera. Ma l’uomo,
nota Dostoevskij, non segue la logica della ragione, è pazzo piuttosto, e preferisce essere tale perché almeno, così, è libero.
La libertà è demoniaca. Tutti coloro che hanno desiderato seguire il cammino di una libertà illimitata hanno scoperto che la loro vita supera la misura degli uomini mortali: sono divenuti come
“demoni”. È questo che evoca il titolo di un celebre romanzo di
Dostoevskij.109 Tali uomini sono come “posseduti” e hanno una fine tragica. Nella storia dei Karamazov, il padre non riconosce alcun limite nella vita sessuale, e finisce per essere ucciso dal suo
stesso figlio, un essere a cui lui ha dato la vita; Dimitrij
Karamazov rifiuta di mettere limiti alle sue emozioni e alle sue
passioni libere e finisce in prigione; Ivan Karamazov non ammette
freni ai suoi ragionamenti e alle sue elucubrazioni mentali, e diAutobiographie, Darmstadt-Genf 1953, p. 61; Samopoznanie. Opyt filosofskoj avtobiografii, Paris 1949; M. SPINKA, Nicolas Berdyaev: Captive of Freedom, Philadelphia
1950.
106 Esprit de Dostoïevski, Paris 1929, p. 8.
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I diritti della persona
venta pazzo. Ecco il risultato a cui conduce il demone della libertà. Libera l’uomo per distruggerlo. È possibile un’altra visuale?
La libertà è cristologica. Per essere veramente libero, occorre
sorpassare effettivamente i limiti dell’umano e divenire “divini”.
L’uomo ha questa possibilità, se rifiuta la possessione demoniaca
e si identifica con Gesù Cristo. Un uomo così è “divinizzato” nel
suo stesso perfezionarsi come uomo. Così è presentato Alëœa
Karamazov, il vero uomo libero tra esseri che vivono la schiavitù
gli uni degli altri e di se stessi.
La libertà è escatologica. È la conclusione a cui giunge Alëœa
dopo aver vinto la sua ultima tentazione. L’occasione è la corruzione del corpo avvenuta dopo la morte dello starets Zosima.
Mentre tutti attendevano la preservazione del suo corpo come
prova della santità del vegliardo, questo segno indicava che anche
il venerabile monaco non era nello stato di divinizzazione e di liberazione perfetta. Grazie ad un sogno sulle Nozze di Cana,110
Alëœa comprende finalmente che la libertà piena non si raggiungerà che alla seconda venuta del Cristo Liberatore. Qui viviamo
una schiavitù causata dalle nostre scelte malvagie, attraverso i nostri peccati. A causa di questo soffriamo. Si deve considerare tale
sofferenza come una grazia speciale di Dio. Essa ci riporta sul retto cammino, essa ci rende conformi a Cristo, essa è dunque liberatrice: «Soffro, dunque sono, questa è l’interpretazione corretta
delle parole di Cartesio».111
Dostoevskij ha espresso nel suo modo proprio la concezione
della libertà che rimane veramente caratteristica del pensiero rus-
107 Cf T. ŒPIDLÍK, L’antropologia dell’Oriente cristiano, in Temi di antropologia teologica, Teresianum, Roma 1981, pp. 388ss; Der anthropologische Aspekt der
Freiheit bei Dostoevskij, in Festschrift für Fairy von Lilienfeld zum 65. Geburtstag,
Erlangen 1982, pp. 294-316, in italiano in ID., Lezioni sulla Divinoumanità, Roma
1995, pp. 157-174.
108 Brat’ja Karamazovy, Berlin 1919, vol. I, cap. V, pp. 337ss.
109 Besy, Berlin 1921.
110 Brat’ja Karamazovy, Berlin 1919, vol. I, cap. VII, pp. 549ss.
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L’idea russa
so. Si possono illustrare i diversi aspetti che ci apprestiamo ad
esporre con la testimonianza di altri pensatori che permettono di
aggiungere alcune considerazioni: la libertà è metanomica, metalogica, divino-umana, creatrice, trasformatrice, kenotica.
La libertà è metanomica e metalogica
L’uomo si oppone volentieri alle regole dell’ordine pubblico e,
attraverso questo - nota Vyœeslavcev - ammette che la libertà è
metanomica. Ma accetta difficilmente che essa sia anche metalogica. Tuttavia questo passaggio è necessario, perché la libertà è la
proprietà essenziale della persona.112
Chomjakov dice che la libertà è “preoggettiva”. Per questo rifiuta l’equazione cartesiana del cogito ergo sum.113 Per la stessa ragione ¯aadaev si oppone all’affermazione di Spinoza secondo la
quale la volontà libera non sarebbe che un modo del pensiero.114
«Non sarebbe allora più la fede che trasporta le montagne, piuttosto l’algebra».115 In effetti, il principio stesso e la forza della fede
cristiana consistono nello sviluppare sé nella piena libertà. A questo proposito, Florenskij accusa i cattolici di permettere - secondo
lui - la libertà solo nel quadro delle leggi canoniche, e i protestanti, peggio ancora, di permetterla solo nel quadro delle strutture logiche.116
La libertà è divinoumana
La libertà è metanomica e metalogica perché essa è “cristologica”, “spirituale”, “divino-umana”. È Cristo stesso il culmine della libertà, ed è in lui che saremo veramente liberi (Gal 5,1). «L’inse-
I diritti della persona
gnamento su Cristo, scrive E. Trubeckoj, è la chiave per la soluzione del problema della libertà umana».117 E poiché Cristo ci è
presentato attraverso il suo Spirito, la libertà è “spirito”, scrive
Berdjaev. «Essa possiede una sorgente spirituale e diminuisce nella misura in cui abbandona l’aspetto spirituale della vita per spostarsi verso il suo aspetto materiale. Nella misura in cui ci si avvicina alla materia nasce la necessità, questa pesante necessità che
non esisterà più nell’economia paradisiaca, quando lo spirito si
sarà definitivamente impadronito della materia e l’avrà sottomessa».118
Notiamo che in Berdjaev “spirito”, comunque opposto a materia, significa piuttosto “Spirito”; confusione, e anche fusione, abituale nella spiritualità orientale.119
Se la libertà come tale è già spirituale, perché porre allora la
questione della sua collaborazione con la grazia? Effettivamente,
l’opposizione tra la libertà e la grazia appare a Berdjaev come un
falso problema che proviene da una concezione oggettiva della
grazia, quando viene compresa come una forza trascendente che
agisce sull’uomo dall’esterno, mentre essa appartiene alla vita interiore dello Spirito, è «il mistero irrazionale dell’essere, quello della
vita e del destino».120 Il modo in cui egli pone il problema risponde
bene alla tradizione orientale: l’uomo è concepito come divinizzato.121
111 Nota di Berdjaev in Dialectique existentielle du divin et de l’humain, Paris
1947, p. 185.
112 Veµnoe v russkoj filosofii, New York 1955, p. 39.
113 BERDIAEFF, L’idée russe, p. 169.
114 Cioè contemporanemente “un modo di pensare” e “una forma del pensiero”.
115 Lettres philosophiques, adressées à une dame. Presentate da F. ROULEAU,
Paris 1970, Lettera IV, p. 99.
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116 Cf Stolp I, pp. 6-7.
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