scheda mais

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Protagonisti oggi dell’Agricoltura di domani
LA STORIA
Il Mais
Il mais (Zea mays L.) è una pianta erbacea annuale della famiglia delle Poaceae, tribù delle
Maydeae. Si tratta di uno dei più importanti cereali coltivato sia nelle regioni tropicali, sia in
quelle temperate del mondo. Scoperta all’epoca dell’esplorazione delle americhe, la prima,
rapida diffusione del mais in Europa si ebbe nel 1600 nelle regioni Balcaniche, allora facenti
parte dell’impero Ottomano, grazie alle condizioni climatiche favorevoli che assicuravano produzioni di granella più che doppie rispetto ai cereali tradizionali. Qualche tempo dopo il mais
iniziò a diffondersi in Italia, probabilmente con varietà provenienti dai vicini Balcani (da cui forse
deriva il nome popolare di «granturco»). Le regioni padane, e in particolare quelle nord-orientali,
grazie al clima favorevole furono quelle che introdussero il mais nei loro ordinamenti colturali con
larghezza tuttora insuperata. Ma anche le regioni peninsulari centrali trovarono nel mais un valido
contributo al precario sostentamento alimentare delle popolazioni agricole.
Nella seconda metà del XX secolo la maiscoltura italiana si è profondamente modificata: le produzioni si sono orientate verso il mercato
anziché verso l’autoconsumo alimentare umano, il mais si è localizzato quasi esclusivamente nelle zone irrigate dove ha potuto vedere
enormemente intensificate le sue produzioni grazie all’introduzione dei mais ibridi, altamente produttivi, ma molto esigenti quanto a
tecnica colturale.
LA PRODUZIONE
La produzione mondiale di mais è di circa 850 milioni di tonnellate (2012) ed è stata inferiore del 3% rispetto alla stagione precedente
(pari a 877 milioni di tonnellate). Il forte calo riflette la situazione statunitense, in cui la siccità ha danneggiato i raccolti e ha abbattuto la
resa. In Argentina e Sud Africa, le produzioni sono in aumento, bilanciando il calo previsto in Europa ed Ucraina.
Le regioni italiane più intensamente maidicole sono Veneto, Lombardia, Piemonte e Friuli V.G.: da sole producono circa il 66% di tutto il
mais prodotto in Italia. Il mais è pochissimo coltivato nell’Italia meridionale, e praticamente assente nelle Isole.
CARATTERISTICHE DELLA PIANTA
la temperatura minima per avere germinazione e nascite rapide e regolari è di 12 °C. Quindi la semina può essere fatta appena tale temperatura media si riscontra nel terreno alla profondità (5 cm circa) alla quale va deposto il seme.
Dal coleoptile che, allungandosi, spunta fuori terra si svolge la prima foglia, alla quale corrisponde nel terreno un primo nodo prossimo
alla superficie. La seconda foglia e le successive sorgono alterne, da ognuno dei nodi soprastanti al primo; dagli stessi nodi basali spuntano le radici avventizie, che talora restano aeree.
l’apparato radicale giunge facilmente ad un metro ed oltre di profondità, ma il suo sviluppo avviene prevalentemente nei primi 40 cm.
Dopo l’emissione della terza o quarta foglia incomincia, con la levata, lo sviluppo completo della pianta che, se le condizioni colturali sono
favorevoli, è molto rapido. Il mais delle varietà più coltivate non accestisce; l’unica ramificazione normale del fusto è rappresentata dal
peduncolo più o meno allungato che porta l’infiorescenza femminile.
I nodi che compongono lo stelo sono pieni, a sezione circolare o ellittica, più grossi degli internodi, anch’essi pieni di «midollo», parenchima attraversato da numerosi fasci fibrovascolari, che funziona come riserva d’acqua e sostanze nutritive.
Il numero degli internodi (da 12 a 24 nelle cultivar coltivate in Europa) è legato ai caratteri varietali e all’ambiente climatico, soprattutto
alla lunghezza del giorno.
Le foglie, inserite ai nodi del culmo, hanno disposizione alterna, sono parallelinervie, relativamente larghe (fino a 80 mm) ed allungate
fino a 0,70-0,80 m, acuminate, glabre nella pagina inferiore e spesso anche nella superiore, un po’ ondulate, con guaina amplessicaule,
tomentosa, ligula ed espansioni falciformi alla base del lembo.
Il lembo, nella pagina superiore, presenta dei gruppi di cellule igroscopiche che perdono il loro turgore e si raggrinziscono se la traspirazione è eccessiva, determinando il caratteristico arrotolamento della lamina in periodi di accentuata siccità.
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• ORGANI FIORALI
Nel mais i fiori maschili e femminili sono sulla stessa pianta portati da infiorescenze separate.
L’infiorescenza maschile (detta pennacchio) è costituito da numerose ramificazioni sulle quali si trovano le spighette;
ogni spighetta consta di due fiori con tre stami ciascuno.
L’infiorescenza femminile (comunemente, ma impropriamente, detta pannocchia) è una spiga ascellare, posta circa a
metà altezza della pianta, in genere al 6-7° nodo sotto il pennacchio. Le forme usualmente coltivate sono monospiga, anche
se esistono genotipi che in condizioni di moderata competizione manifestano una certa prolificità, portando avanti qualche altra spiga
sotto quella principale.
la spiga è portata da un peduncolo fatto di internodi brevi e nodi assai ravvicinati; ciascun nodo del peduncolo porta una foglia metamorfosata in brattea o spata; il complesso delle brattee, che avvolgono completamente la spiga, forma il cosiddetto cartoccio, avente funzione protettiva. La spiga è costituita da un asse ingrossato detto tutolo sul quale sono inserite le spighette. Il tutolo può essere di colore
bianco o rosso, più o meno ingrossato, di forma cilindrica o conica più o meno tozza. Sul tutolo le spighette sono in genere disposte in file
(«ranghi») rettilinee regolari, talora spiralate e poco regolari. Il numero di ranghi presenti sulla spiga varia moltissimo nelle innumerevoli
forme locali di mais esistenti (da 8 a 24), ma le forme più diffuse nella maiscoltura intensiva ne presentano da 14 a 20.
La lunghezza della spiga può variare da meno di 0,1 a oltre 0,2 m e il numero di fiori e di potenziali cariossidi per rango andare da poche
decine a 50. Da ciò deriva una elevatissima fecondità potenziale del mais: molte centinaia (fino a 1.000) potenziali cariossidi per spiga.
• FIOrItUrA e FeCOnDAZIOne
Nel mais la fioritura inizia con la deiscenza del polline dei fiori maschili del pennacchio, seguita poi dopo 2-3 giorni dall’emissione degli stigmi nelle infiorescenze femminili. L’emissione dei pennacchi non è contemporanea in un campo, ma si
protrae per più giorni; anche la deiscenza del polline in una infiorescenza dura qualche giorno. Nelle spighe, gli stili (detti
sete o barbe) spuntano dalle brattee non contemporaneamente, ma scalarmente nel corso di una settimana, dapprima
quelli dei fiori di base ed ultimi quelli dell’apice, formando un folto ciuffo. Gli stigmi, appena compaiono, sono suscettibili di
essere fecondati e restano recettivi per il polline per parecchio tempo. Nel mais la fecondazione incrociata è la regola: in condizioni normali si
calcola che solo l’1% dei fiori si fecondino in autogamia.
• MATURAZIONE
Nei 10-12 giorni successivi alla fecondazione si ha la rapida formazione dell’embrione; successivamente inizia la fase di
granigione, caratterizzata da accumulo di amido nell’endosperma delle cariossidi in via di formazione. Le cariossidi dapprima lattiginose (maturazione lattea), dopo 40-50 giorni dalla fecondazione divengono consistenti, amidacee, pastose
sotto le dita, e nei tipi dentati con la fossetta all’apice che comincia a formarsi, hanno un contenuto d’acqua del 40-45%,
mentre le brattee più esterne e le foglie più basse cominciano ad ingiallire: è questa la fase di maturazione cerosa, che segna il
momento ottimale per la raccolta del mais destinato all’insilamento. Procedendo ulteriormente la maturazione, la pianta completa l’ingiallimento, mentre la granella diventa sempre più consistente e secca: quando contiene circa il 30-35% d’acqua si trova alla maturazione
fisiologica, stadio al quale ha raggiunto il massimo peso secco.
• DURATA DELLE FASI VEGETATIVE
La velocità con cui il mais compie le fasi del suo sviluppo varia molto con la costituzione genetica e con le condizioni climatiche.
Il ciclo complessivo «emergenza-maturazione fisiologica» dei mais coltivati in Italia varia da un minimo di 90 giorni a un
massimo non superabile di 145 giorni.
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LE SFIDE PER L’AGRICOLTURA
Esigenze ambientali
Il mais è pianta di origine tropicale ed è quindi tipicamente macroterma e, almeno originariamente, brevidiurna. Grazie alla forte variabilità esistente all’interno della specie e alla struttura genetica
eterozigote delle popolazioni naturali, il mais ha allargato moltissimo la sua area di distribuzione. In
ambiente avverso per brevità del periodo favorevole, si sono formati ecotipi caratterizzati da estrema
precocità di fioritura e di maturazione. È importante per l’agricoltore riuscire a scegliere gli ibridi più
adatti all’ambiente di coltivazione in funzione della classe di maturità e alle caratteristiche della
pianta.
SFIDA
ambienti
SOLUZIONE
ibridi
Temperatura
Il mais vuole temperature elevate per tutto il suo ciclo vitale, durante il quale manifesta esigenze via via
crescenti. La data di semina riveste un’importanza particolare, poiché da essa dipende la possibilità della
SFIDA
TEMPERATURE
coltura di nascere e svilupparsi nelle condizioni migliori, arrivando alla fioritura prima dei picchi estivi della
temperatura.
Abbassamenti di temperatura anche solo vicini a 0°C (4-5 °C) uccidono le piante o le lasciano irrimediabilmente stressate.
La temperatura ottimale per l’accrescimento è di 22-24 °C; per la fioritura di 26 °C. Il mais in fase di granigione cessa di crescere sotto i
17 °C: è questa la soglia termica che segna il termine della stagione vegetativa del mais (II e III decade di settembre, in Italia). Anche eccessi
termici, tuttavia, possono rivelarsi dannosi per la produttività del mais. Forti calori sono particolarmente dannosi durante la fioritura:
temperature superiori a 32-33 °C accompagnate da bassa umidità relativa dell’aria e, conseguentemente, anche da stress idrici
per sbilancio evapotraspiratorio, possono provocare cattiva allegagione e gravi fallanze di cariossidi sulla spiga. Le conseguenze sono
frequentemente visibili come incompleta granigione delle spighe, specialmente nella parte apicale, che è l’ultima a fiorire.
Acqua
Le regioni più adatte al mais sono quelle dove in estate le piogge sono frequenti e regolari.
In Italia solo le regioni nord-orientali hanno una pluviometria abbastanza favorevole che spesso rende
l’irrigazione non necessaria; ma nel resto del paese il regime pluviometrico è di tipo mediterraneo (piogge
SFIDA
Acqua
estive scarse e irregolari o assenti) per cui il mais qui fornisce produzioni che, senza l’ausilio dell’irrigazione,
sono basse e aleatorie. La ricerca genetica delle società sementiere è fortemente indirizzata alla selezione
di ibridi che sempre meglio resistano allo stress derivante dalla scarsità di piogge o irrigazioni. Anche le
tecnologie volte a risparmare acqua di irrigazione stanno rapidamente prendendo piede nel nostro Paese.
SOLUZIONE
Genetica
e tecnologica
Data la stagione in cui il mais matura, è impensabile in Italia (salvo rare eccezioni di varietà precocissime e di
stagione prolungatamente calda e asciutta) raccogliere il mais con un contenuto di acqua che ne consenta l’immagazzinamento (13% al
massimo). Bisogna perciò prevedere sempre l’essiccazione della granella
Terreno
Il mais è un ottimo esempio di adattabilità alle più varie condizioni di suolo. Con clima favorevole e una buona tecnica colturale tutti i
terreni possono diventare sede di un’eccellente maiscoltura: da quelli sabbiosi agli argillosi, da quelli sub-acidi ai sub-alcalini (purché
non si verifichino deficienze di microelementi), dalle terre grigie, alle brune, alle rosse, alle torbose.
Condizioni indispensabili perché il mais possa dare i migliori risultati sono: ampie disponibilità di elementi nutritivi assimilabili e buona
aerazione della rizosfera. La maggiore insofferenza del mais è nei riguardi dei terreni asfittici e molto crepacciabili perché troppo
compatti e mal strutturati.
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Varietà e miglioramento genetico
Il miglioramento genetico vegetale ha realizzato nel mais successi superiori che in qualsiasi altra pianta coltivata. Ciò grazie alla concomitanza di una serie di favorevoli condizioni: grande variabilità genetica della specie, relativa facilità di studio sperimentale e, di conseguenza, enorme massa di ricerche di genetica pura e applicata.
Obiettivi del miglioramento genetico
• Produttività
• Resistenza al freddo e vigore germinativo per consentire l’anticipo della semina
• Resistenza alle malattie fogliari e agli attacchi degli insetti per migliorare la qualità della granella
SOLUZIONE
miglioramento
Genetico
• Resistenza agli stress calorici e alla carenza di acqua
• Miglioramento della qualità.
Gli ibridi di mais - Il mais è pianta a fecondazione quasi esclusivamente incrociata. Pertanto le popolazioni naturali di mais hanno una
struttura genetica completamente eterozigote e quindi loro caratteristica è di essere eterogenee, con individui tutti diversi l’uno dall’altro.
I primi tentativi di selezione sono stati quelli basati sulla selezione massale, da sempre praticata scegliendo le spighe migliori per
la semina. L’insuccesso di questi tentativi deriva dalla citata natura eterozigote del mais, per cui le progenie di buone piante non
sono necessariamente buone, dato che il genitore maschile è sconosciuto. Uno spettacolare salto di qualità nel miglioramento genetico
del mais fu realizzato con l’introduzione degli ibridi, caratterizzati da alte rese ma elevati costi di produzione del seme. La classifica degli
ibridi di mais in base alla precocità fu adottata dalla FAO. In base a questa classifica gli ibridi vengono suddivisi in 9 classi di precocità,
contrassegnate con i numeri da 100 a 900 per ordine di precocità decrescente.
Tecnica colturale
Il processo produttivo
Una buona produzione di mais può essere considerata di 20-25 t/ha di sostanza secca nelle parti epigee, di cui poco meno di metà, cioè
10-12 t/ha, come granella. Il mais è una «macchina vegetale» di singolare efficienza, dotata di un altissimo potenziale di produttività
specialmente quando le condizioni in cui avviene la crescita sono caratterizzate da forte radiazione e alta temperatura: cioè a latitudini
tropicali e subtropicali oppure a media latitudine durante la stagione calda.
Avvicendamento
Mentre in passato il mais entrava in rotazioni complesse dove svolgeva il ruolo di coltura miglioratrice da rinnovo per la lavorazione
profonda e la letamazione che gli venivano riservate, attualmente la tendenza è coltivare solo dove le condizioni sono favorevoli.
La soia, recentemente diffusasi in coltura in Italia, si è rivelata un’ottima pianta da alternare al mais in quanto è molto affine per esigenze
ambientali e agrotecniche.
Preparazione del terreno
Nella tradizione, la preparazione del terreno per la semina si basava su un lavoro profondo (40-45 cm), da rinnovo, utile soprattutto nel
caso di terreni argillosi e di coltura non irrigata per assicurare la costituzione di riserve idriche nel terreno e per consentire un profondo
sviluppo dell’apparato radicale.
La lavorazione profonda viene generalmente fatta con aratro rovesciatore, ma potrebbe meglio essere fatta con il sistema «a due strati»:
scarificatura profonda e aratura leggera o ara-ripuntatura. All’aratura estiva o autunnale seguono lavori complementari di affinamento delle
zolle e di controllo delle erbacce nate (erpicature energiche, estirpature). Meglio procedere per tempo a questo affinamento e sospendere
prima della semina. Si dovrà perciò evitare di intervenire con operazioni troppo energiche al momento della semina (con estirpatori od
erpici pesanti).
Concimazione
Il mais svolge il suo ciclo nel periodo primaverile-estivo, quindi si avvantaggia della concimazione organica, in quanto la mineralizzazione della
sostanza organica procede di pari passo con le esigenze nutritive del mais (diversamente dal frumento). La letamazione è stata perciò la
concimazione usata in passato. Base per la definizione della concimazione del mais, come di ogni altra coltura, è la conoscenza degli
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asporti di nutrienti. Per produrre 100 kg di granella secca si stima che la coltura prelevi, tra la granella e le parti vegetative:
azoto: 2,5 kg di cui 1/3 nei residui;
fosforo: 1,2 kg di cui 1/3 nei residui;
potassio: 2,0 kg di cui 3/4 nei residui.
Per una produzione buona ma realistica in coltura irrigata di 12 tonnellate per ettaro di granella secca, il mais deve quindi prelevare 300
kg/ha di azoto, 144 kg di anidride fosforica, 240 kg di potassio.
Semina
In generale, meglio fare le semine primaverili il prima possibile.
Nel caso del mais, per avere nascite non troppo protratte e irregolari bisogna aspettare che la temperatura del terreno si sia stabilmente
attestata su almeno 12 °C. Questo livello termico è raggiunto mediamente in aprile. In tal modo il mais impiega circa 15 giorni a nascere.
Densità
Condizione importantissima per una buona produzione è che la fittezza sia giusta e regolare. La ricerca
genetica è indirizzata anche a selezionare ibridi che tollerino bene densità di semina sempre più elevate.
Questo è un fattore decisivo per riuscire ad aumentare la produttività per ettaro della coltura.
In coltura principale irrigua per granella: da 6 a 8 piante a mq.
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Fittezza
In coltura principale asciutta per granella: da 2,5 a 4 piante o mq.
In coltura intercalare per granella: da 7 a 10 piante/mq.
In coltura intercalare da foraggio per raccolta alla fioritura («granturchino»): da 30 a 50 piante per mq.
La distribuzione delle piante di mais sul terreno è fatta a file. L’impiego delle grandi macchine per la raccolta (spannocchia-sgranatrici) impone di lasciare tra le file 0,7-0,8 m. La profondità di semina deve essere
uniforme, né eccessiva, perché renderebbe difficile l’emergenza delle plantule, né troppo superficiale, da
esporre i semi in germinazione al rischio di disseccamento. In media si consigliano 4-6 cm di profondità: 4
con terreno freddo e umido, 6 con terreno asciutto. È opportuno che il seme sia trattato con prodotti fun-
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CONCIA DELLE
SEMENTI
gicidi e/o insetticidi; i mais ibridi sono messi in commercio già «conciati». Buona regola è disinfestare il terreno dagli insetti terricoli. Insetticidi formulati in microgranuli possono essere localizzati nelle vicinanze
dei semi (dalla seminatrice stessa) assicurando un’ottima protezione con minime quantità di insetticida.
La scelta dell’ibrido
E’ importante individuare gli ibridi più adatti in funzione della destinazione d’uso del mais, delle condizioni ambientali, delle tecniche di coltivazione e della possibilità di gestire in modo ottimale le fasi di raccolta. Il carattere
più importante che va preso in considerazione nella scelta dell’ibrido è la precocità. Nell’ambiente pedoclimatico
della Pianura Padano Veneta solitamente vanno scelti ibridi medio tardivi (classi FAO da 500 a 700) anche se si
possono coltivare anche ibridi più precoci (classi FAO 300 - 400) che hanno tuttavia una minore potenzialità
produttiva ma che allo stesso tempo sono meno esigenti in termini di acqua e nutrienti.
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ibridi
Per le colture di mais da foraggio, nelle quali interessa l’intera massa della pianta e non solo la granella,
e che vengono raccolte prima della maturazione fisiologica (alla maturazione cerosa) si utilizzano solitamente ibridi tardivi di classe FAO 700. Anche in questo caso ci sono ambienti e condizioni di semina, per
esempio in successione al loietto oppure in prima semina in centro Italia, che consigliano la scelta di ibridi
più precoci di classe 600. Anche nelle classi più precoci (FAO 300, 400 e 500) ci sono ibridi indicati per essere
coltivati per la produzione di insilato.
Lotta alle erbe infestanti
La lotta alle erbe infestanti, la cui presenza causa gravi decurtazioni di prodotto tanto in coltura irrigua
quanto asciutta, in passato era affidata alle sarchiature e alle scerbature, generalmente eseguite a mano
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ERBE
INFESTATNTI
e oggi non più proponibili.
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Diserbo
La coltivazione del mais ha avuto un’evoluzione rapida e profonda con il passare da ordinamenti colturali compositi e
variati alla frequente successione a se stesso o addirittura alla monosuccessione. Ciò ha cambiato sia la composizione della flora infestante sia il modo di controllarla. La flora infestante attuale è composta da poche specie
dominanti perché si avvantaggiano della ripetizione del mais su se stesso per i loro meccanismi di sopravvivenza
(ad esempio la sorghetta con i suoi rizomi) o perché resistenti ai principali erbicidi. Il diserbo del mais è una pratica
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FLoRA
INFESTANTE
che ha incontrato tanto rapidamente e diffusamente il favore degli agricoltori da costituire un caso piuttosto
raro nella storia dell’agricoltura. La gestione ottimale della flora infestante prevede che il diserbo chimico sia
integrato con altri fattori, quali le rotazioni colturali e le lavorazioni del terreno.
Il diserbo pre-emergenza è stato quello predominante fin dall’inizio di questa tecnica ed è tuttora molto
diffuso come intervento di base. Si fa al momento della semina, contemporaneamente a questa nel caso
di diserbo localizzato sulla fila, o subito dopo la semina. Comunque prima che il mais nasca. Il diserbo
pre-emergenza va escluso nei terreni organici (con oltre il 10% di sostanza organica). Il diserbo
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DISERBO CHIMICO
post-emergenza generalmente si configura come complemento, integrazione o rimedio al diserbo fatto
pre-emergenza, tenuto conto che l’efficacia di questo non è mai pari al 100% .
Cure colturali
Rincalzatura: è un’operazione consistente nell’addossare terra al piede delle piante di mais per favorirne la radicazione e, soprattutto,
per rendere possibile l’irrigazione col sistema per infiltrazione laterale da solchi. Ha perso importanza nella maiscoltura moderna.
Irrigazione: il mais ha consumi idrici unitari non molto elevati, ma per sostenere la sua altissima produttività
potenziale (20 e oltre t/ha di sostanza secca) sono richieste disponibilità d’acqua che solo in poche zone
sono assicurate dalle riserve del terreno e dalle piogge del periodo di crescita.
Oggi sono disponibili strumenti di misurazione e sistemi di elaborazione dati e di simulazione che
consentono di tenere sotto controllo il contenuto d’acqua presente nel terreno e di programmare le
irrigazioni in funzione anche delle previsioni meteorologiche.
SFIDA
irrigazione
SOLUZIONE
controllo
acqua
Si consideri che il mais svolge il suo ciclo nel periodo dell’anno in cui la piovosità è al suo minimo e la domanda evapotraspirativa è al
suo massimo. Per questo la maiscoltura in Italia per essere veramente intensiva (le rese in Italia sono le più alte del mondo) non può
prescindere dall’ausilio dell’irrigazione. Ogni adacquata va fatta con il massimo di razionalità per evitare sprechi, insufficienze e inefficienze, sulla base di elementi tecnici precisi attinenti al terreno e alla coltura. L’irrigazione deve essere fatta per tempo, prima del punto di
appassimento. Il volume di adacquamento deve essere stabilito in modo da bagnare lo strato superficiale di suolo di 50/60 cm circa di spessore.
L’irrigazione del mais è generalmente eseguita col sistema per aspersione (o a pioggia) o per infiltrazione laterale, da solchi.
Raccolta e produzione
Mais da granella
Il mais da granella può essere raccolto dalla maturazione fisiologica in poi, sempre, comunque, con un’umidità troppo alta che rende necessaria
l’essiccazione. La raccolta può essere fatta in spiga o in granella. Il primo sistema è quello tradizionalmente seguito quando si raccoglie a mano:
le spighe vengono staccate dalla pianta, “scartocciate” (eliminando le brattee che le avvolgono), lasciate essiccare, per poi essere sgranate con
macchina sgranatrice. Il sistema più rapido e più universalmente diffuso di raccolta del mais è quello con macchina combinata, che esegue
contemporaneamente la raccolta e la sgranatura. Le mietitrebbiatrici da mais hanno apposita testata spannocchiatrice. La più usuale stagione
di raccolta del mais da granella va dalla seconda metà di settembre alla fine di ottobre (e oltre, se la varietà è resistente ai marciumi del fusto).
Essiccazione e conservazione
Se la granella di mais viene adoperata in azienda per l’alimentazione del bestiame, può essere conservata umida, insilata. Tre i modi:
• conservazione di farina umida in silo a trincea;
• conservazione della granella intera entro silos metallici asfittici;
• conservazione della granella intera in comuni sili a trincea.
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Quasi mai il mais è raccolto abbastanza secco, e c’è bisogno di essiccarlo artificialmente in essiccatoi ad aria
calda, aziendali o consortili.
La granella del mais se conservata impropriamente, non abbastanza secca, è esposta ad un inconveniente,
l’ammuffimento, che è comune a tutte le granaglie ma che nel mais assume una gravità particolare perché
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AMMUFFIMENTO
l’agente è un fungo (Aspergillus) che produce una micotossina (aflatossina) di straordinaria tossicità.
La resa «record» di granella secca di mais è di oltre 20 t/ha in Italia
La resa media italiana è tra le più alte del mondo superando oltre 9 t/ha. Tuttavia molte sono le aziende maidicole che realizzano ordinariamente su scala aziendale 10-12 t/ha e oltre. In mancanza di irrigazione le rese sono molto più basse e soprattutto estremamente
variabili. Anche nel caso di semina ritardata la produzione è più bassa: nel caso di mais dopo frumento, quindi con semine ai primi di luglio,
non si può contare che su rese dell’ordine di 4-5 t/ha di granella.
Sottoprodotti
Oltre alla granella, la coltura del mais produce grandi quantità di sostanza secca (circa 12 t/ha per 10 t/ha di granella) sotto forma di steli,
foglie, cartocci e tutoli che restano sul terreno dopo aver raccolto la granella. La destinazione di questi residui può essere l’interramento,
previa trinciatura con trinciastocchi, o la raccolta per utilizzarli come foraggio (secco o insilato), lettiera o combustibile.
Utilizzazione
La maggior parte del mais utilizzato per la mangimistica e per l’alimentazione umana viene trasformato per macinazione a secco. Con
questa lavorazione si ottiene la separazione dell’embrione («germe»), della crusca dai tegumenti della cariosside e di sfarinati di diversa
granulometria dall’endosperma.
Il germe è destinato all’estrazione dell’olio da cui si ottiene come sottoprodotto un panello proteico. La crusca ha destinazione zootecnica.
Un altro tipo di lavorazione del mais è la macinazione a umido con cui vengono macinate cariossidi macerate in acqua e si realizza
la separazione dei seguenti prodotti e sottoprodotti: amido, glutine, acque di macerazione germe, crusca.
L’amido è il prodotto più abbondante e importante: può essere utilizzato così com’è dopo essiccamento (amido nativo) o modificato
mediante trattamenti chimici, fisici o enzimatici. Per idrolisi acida e/o enzimatica si ottengono sciroppi di glucosio, destrosio, fruttosio (o
isoglucosio) impiegati come dolcificanti, ingredienti nutritivi, fonte di zuccheri fermentescibili, nell’industria alimentare e farmaceutica.
Per il riscaldamento a secco dell’amido si ottengono pirodestrine, prodotti solubili in acqua che formano paste adesive, utilizzate come
collanti nell’industria della carta e alimentare. Per trattamenti chimici di vario tipo si ottengono amidi modificati, nei quali sono migliorate certe
caratteristiche utili (miglior struttura dei granuli di amido, aumento della viscosità, minore opacità, ecc.) richieste dalle industrie
alimentare, cartaria, tessile, metallurgica. Il glutine di mais è un ingrediente per mangimi zootecnici, ad alto tenore proteico (60%).
La crusca va all’industria mangimistica come tale o arricchita con le acque di macerazione.
Mais da insilato
Raccolta dell’intera pianta con una macchina falcia-trincia-caricatrice (dotata possibilmente di apparato rompigranella per rendere
l’amido più disponibile sia alle fermentazioni microbiche ai fini della conservazione sia alle fermentazioni microbiche ruminali o dei
digestori degli impianti di biogas), a varie altezze dal suolo in funzione del titolo di amido che si vuole ottenere nell’insilato integrale.
Questo prodotto, dopo un adeguato tempo di “stagionatura” dovuto alla fermentazione della massa in opportuni silos orizzontali e
al raffreddamento della stessa, viene usato per alimentare i ruminanti (bovini, bufalini) o gli impianti di biogas. Questa raccolta viene
eseguita allo stadio vegetativo di maturazione cerosa, con un’umidità della spiga tra il 32 e il 35%.
Produzione di energia - Il mais viene utilizzato per la produzione di energia in diversi modi. È impiegato per la produzione di etanolo
tramite la naturale fermentazione. L’etanolo prodotto, pur commestibile, viene utilizzato per la produzione di biocarburanti.
Il mais è un combustibile molto apprezzato con un potere calorifero inferiore molto elevato, pari a 15,88 MJ/kg (con umidità del macinato
all’11%). Il mais può essere utilizzato direttamente e senza alcun trattamento per il riscaldamento domestico in stufe appositamente
predisposte. Alcune stufe a pellet utilizzano una miscela con il 30% di pellet di legno e il restante 70% in grani di mais. La combustione del
mais per la produzione di calore è particolarmente indicata quando la coltura è affetta da micotossine che ne rendono non più commestibile la produzione.
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Avversità e parassiti
Avversità meteoriche - I ritorni di freddo e le precipitazioni prolungate dopo le nascite sono sfavorevoli
allo sviluppo del mais che cresce debole ed eziolato. Il vento impetuoso può provocare lo stroncamento
delle piante indebolite da precedenti attacchi parassitari (piralide, marciumi).
La soluzione: opportuna scelta dell’epoca di semina, misurazione della temperatura al suolo, previsioni
meteo affidabili.
SFIDA
meteO
SOLUZIOne
PreVISIOnI
meteO
Insetti
• agrotidi (gen. Scotia) le cui larve brunastre di notte escono dal terreno e rodono le piante al colletto;
• elateridi (gen. Agriotes), le cui larve attaccano i semi in germinazione, le radici e il colletto delle piantine;
• afidi radicali che formano colonie verde-bluastro sulle radici determinando un forte ritardo nello sviluppo
e un marcato ingiallimento e arrossamento delle foglie;
• grillotalpa (Gryllotalpa gryllotalpa), che nei terreni umidi e ricchi di humus rosicchiano i semi in germinazione e recidono numerose radici;
SFIDA
InSettI
• maggiolini (Melolontha melolontha), che si nutrono a spese dell’apparato radicale;
• piralide (Pyrausta o Ostrinia nubilalis) e la sesamia (Sesamia cretica) i cui danni si confondono e si cumulano. Vengono danneggiate le foglie e, più gravemente, le spighe e gli stocchi che spesso si rompono sotto la
spiga che quindi cade e sfugge alle macchine raccoglitrici;
• diabrotica virgifera virgifera, un coleottero che allo stadio di larva rode il colletto e le radici avventizie del
mais e alla minima brezza interi ettari ed ettari si allettano senza apparente motivo.
Le soluzioni non mancano, ancora una volta come risultato dell’integrazione di vari strumenti: le rotazioni colturali, la concia, i geodisinfestanti, gli insetticidi per applicazione fogliare. In molti casi la tempestività dell’intervento insetticida è fattore chiave di successo, quindi il monitoraggio della situazione
in campo e del livello di infestazione è fondamentale. L’insetto più diffuso è la piralide: oggi la lotta ad
essa si avvale di sistemi di monitoraggio del suo sviluppo e presenza che consentono di posizionare nel
SOLUZIOne
VArIe
momento più opportuno il trattamento insetticida, effettuato con apposite barre irroratrici montate su
trampoli. La lotta alla piralide è un elemento chiave per ridurre il rischio di diffusione di malattie fungine
(Fusarium) che provocano la formazione di fumonisine.
Malattie funginee
• marciume dello stocco (Gibberella zeae, Fusarium moniliforme) che si rivela con un precoce imbrunimento dei primi internodi basali. La malattia è grave perché col vento le piante si piegano alla base, cosicché
le spighe cadono a terra e non vengono raccolte dalla macchina raccoglitrice;
• elmintosporiosi (Helminthosporium turcicum e H. maydis) che si manifesta con la formazione sulle foglie
di striature necrotiche confluenti, che possono portare al totale disseccamento della lamina;
SFIDA
mALAttIe
FUnGInee
• carbone (Ustilago zeae) che attacca tutti gli organi della pianta provocando tumori di varie grandezza
che contengono una polvere nerastra costituita da spore. Le infezioni più appariscenti (ma sempre di scarsa
gravità) sono quelle che colpiscono le infiorescenze;
• marciume del seme e della plantula: diverse crittogame (soprattutto Pythium) presenti nel terreno o nel
seme possono colpire il mais in germinazione provocando avvizzimento e/o marciume basale del fusticino. I
patogeni sono favoriti da terreno umido e freddo e da semina troppo profonda.
La soluzione: la concia del seme e i trattamenti fogliari con fungicidi sono le soluzioni più efficaci per
SOLUZIOne
VArIe
contrastare la diffusione di malattie fungine nelle varie epoche di sviluppo della coltura. Anche la scelta
dell’ibrido riveste un ruolo non trascurabile per evitare questo tipo di danni.
Il MaIs 8/9
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