Cap.6 Cariche e campi elettrici

Capitolo
6
Cariche e campi elettrici
1. Separazioni di carica
Quali esperimenti possiamo fare per rivelare delle interazioni elettriche?
Tagliamo un pezzetto di scotch lungo sei o sette centimetri, e ripieghiamone una estremità in modo che lo si possa prendere senza che si appiccichi alle nostre dita. Stendiamolo
quindi su di una superficie liscia, come quella di un oggetto di plastica o di vetro, e dopo
averlo strappato velocemente, attacchiamolo ad un supporto in modo che una estremità
risulti libera. Possiamo ad esempio appiccicarlo su di una matita come se fosse una bandierina e poi posare la matita in un portapenne lasciando il nastro adesivo libero di sventolare. E’ mutata qualche proprietà fisica del nostro di scotch? Scopriamolo attraverso
alcune osservazioni.
Primo esperimento: prendiamo un altro pezzetto di scotch e trattiamolo in modo identico,
tirandolo via dalla stessa superficie liscia ed incollandolo su di un’altra matita: impugnando le aste delle due matite ed avvicinando le nostre bandierine di scotch, i pezzetti di nastro adesivo si respingeranno. In modo più o meno evidente, a seconda del materiale della
superficie, avremo repulsione. Si tratta di un effetto inatteso: una interazione a distanza che
non ha nulla che vedere con la forza di gravità, ma che dipende da qualche nuova proprietà che i pezzetti di scotch sembrano avere acquisito grazie allo strappo.
Secondo esperimento: questo è un po’ più articolato: creiamoci due nuovi pezzetti di
scotch sempre provvisti di impugnatura, ed incolliamoli l’uno sull’altro: la faccia appiccicosa del primo sul dorso del secondo. Separiamo, con uno strappo veloce, i due pezzetti di
scotch, e facciamone due bandierine con le matite come prima. Adesso, avvicinando le
bandierine, osserveremo che la situazione è mutata: i pezzetti di nastro adesivo tenderanno ad attirarsi l’un l’altro. Utilizziamo le nuove bandierine come rivelatori, le chiameremo A e B, e prendiamo uno qualunque dei nastri adesivi precedenti avvicinandolo in successione a ciascuna delle due. Quello che sperimentiamo è che l’interazione non è mai la
stessa nei due casi: se respinge la A allora attira la B e viceversa.
Terzo esperimento: Prendiamo ora una coppia diversa di oggetti: un panno di lana ed
una bacchetta di plastica. Strofiniamo il panno di lana contro la bacchetta della penna per
qualche secondo ed al termine dell’operazione accostiamo la penna in sequenza ai nostri
due rivelatori A e B: ancora una volta uno sarà attratto e l’altro respinto. Se però accostiamo il panno di lana osserveremo che il rivelatore che prima era attratto dalla penna ora è
151
repulsione
attrazione
respinto dalla lana e viceversa. L’esperienza si può ripetere praticamente con molte coppie di materiali differenti, l’unico limite è la difficoltà di mettere in evidenza l’effetto: in
qualche caso occorrono degli accorgimenti.
Quale aspetto appare rilevante in questo esperimento?
Sicuramente possiamo trarre una importante conclusione:
nessun oggetto strofinato attrae o respinge contemporaneamente entrambe le strisce
Un oggetto che acquista la proprietà di interagire a distanza in seguito al contatto ravvicinato fra superfici, dovuto ad esempio ad uno strofinio, viene detto un oggetto carico o anche elettrizzato. Le riflessioni svolte permettono di affermare che esiste più di uno stato di
carica: ad esempio i due pezzetti di scotch dei rivelatori si portano in due stati di carica differenti. Ma al contempo possiamo ritenere che non ce ne siano più di due perché solo due
sono i comportamenti osservati negli oggetti portati in uno stato di carica: attrazione del
rivelatore A e repulsione del rivelatore B, oppure attrazione di B e repulsione di A.
Come possiamo riassumere i risultati di queste osservazioni?
Proviamo a formulare un modello di funzionamento della realtà:
1) Esistono due differenti stati di carica ed un oggetto può essere portato in ciascun dei due.
2) Oggetti nello stesso stato di carica si respingono, oggetti in stato differente si attraggono
3) Strofinando o ponendo a contatto fra loro una coppia di oggetti scarichi non metallici,
questi si portano in stati di carica diversi.
Sulla base di analoghe osservazioni, nel XVIII secolo lo scienziato americano Benjamin
Franklin (1706-1790) suggerì i nomi di positivo e negativo per i due stati di carica:
Definizione operativa di stato di elettrizzazione
Positivo: lo stato di elettrizzazione in cui si porta del vetro strofinato con la seta
Negativo: lo stato di elettrizzazione in cui si porta la gomma1 strofinata con la lana
Come vedremo infatti, per gli stati di carica vale un’algebra analoga a quella dei numeri
relativi, e questo permette di attribuire un segno della carica.
Quale differenza c’è fra le cariche positive e quelle negative?
Convenzionalmente diciamo carica positivamente una bacchetta di vetro che sia stata strofinata con un panno di seta: si tratta di una scelta ad arbitrio che non ha alcuna profondità di contenuto, soltanto un nome insomma. Di conseguenza tutto ciò che viene attratto dalla bacchetta positiva, come ad esempio il panno di seta con cui è stata strofinata, lo diremo carico
negativamente. Chiaramente anche la stessa bacchetta di vetro può essere caricata negativamente: ad esempio strofinandola con della pelliccia. Difatti, la reciproca tendenza di
una coppia di materiali strofinati fa sì che uno dei due si porti in uno stato piuttosto che
nell’altro, ma qualunque sostanza può indifferentemente essere caricata positivamente oppure negativamente. Ad esempio i materiali plastici di uso comune come il PVC delle bottiglie da
bibita, oppure il moplen con cui sono fatte bacinelle e secchi, hanno una tendenza a caricarsi negativamente se strofinati con della lana, ma possono comunque essere caricati positivamente per altre vie.
1
Oppure l’ambra, in greco ambra=elektron.
152
2. Conservazione della carica
Quale modello spiega i fenomeni sopra descritti?
Sappiamo che gli atomi che compongono la materia sono costituiti da particelle più elementari, protoni e neutroni nel nucleo, ed elettroni che orbitano intorno ad esso. Per le particelle elementari, lo stato di carica risulta una proprietà intrinseca, che non può cioè essere
loro conferita né modificata, come facciamo invece con gli oggetti. Secondo la convenzione da noi stabilita, i protoni risultano essere portatori di carica positiva mentre i neutroni
sono privi di carica elettrica. Gli elettroni, distribuiti attorno al nucleo in ugual numero
rispetto ai protoni, sono invece caratterizzati da una carica negativa. Negativo e positivo lo ricordiamo - sono delle denominazioni per due stati del tutto simmetrici, ed in effetti
non vi è nulla di profondo nel dire che un elettrone è negativo: è solo un modo sintetico
di affermare che esso viene attratto da un panno di lana che sia stato strofinato su della
plastica. La carica è quindi una proprietà elementare, che non può essere spiegata in termini di fenomeni più semplici perché non vi è nulla di più semplice di essa. Seguiremo
pertanto il percorso di definire operativamente una grandezza fisica che misuri la carica e
la useremo per spiegare fenomeni più complessi.
Quanta carica possiede complessivamente un atomo?
L’atomo, nella suo stato naturale, è un sistema neutro, cioè si comporta come se fosse privo di carica elettrica: negli atomi di un materiale posto di fronte ad un oggetto carico, le
reazioni di segno opposto dei suoi protoni e dei suoi elettroni si cancellano a vicenda.
Questa compensazione, che giustifica i nomi di positivo e negativo presi a prestito
dall’algebra, consente di concludere che l’atomo deve contenere uno stesso quantitativo
di carica di entrambi i segni. Essendo il numero degli elettroni uguale a quello dei protoni, ciò comporta una uguaglianza fra la carica positiva di ciascun protone e la carica negativa di ciascun elettrone.
In quali condizioni l’atomo non è più neutro?
E’ possibile, a seconda delle sostanze, estrarre uno o più elettroni da un atomo, con il risultato di produrre quello che viene detto uno ione, nel quale il quantitativo di carica non è
più uguale per i due segni. Alla base dei fenomeni di elettrizzazione descritti nel paragrafo precedente vi è semplicemente uno spostamento di elettroni da un materiale ad un altro. Gli atomi costituenti la materia sono infatti incastonati in delle posizioni prefissate, distribuite in una struttura regolare: possiamo figurarci una rete metallica in tre dimensioni
e visualizzare gli atomi nei punti di incrocio. Una tale struttura prende il nome di reticolo
cristallino ed è tenuta su dall’attrazione dei nuclei atomici verso i propri elettroni e quelli
degli atomi circostanti, così che le cariche negative, leggere, fungono da collante per i nuclei positivi che sono molto più pesanti. Quando le superfici di due materiali differenti
sono poste a contatto ravvicinato, accade sempre che esse aderiscano leggermente. Nel
caso del nastro adesivo l’effetto è particolarmente vistoso per la particolare composizione
chimica della colla, tuttavia qualunque sostanza potrebbe fungere da colla: è sempre vero
che qualche elettrone degli atomi della prima sostanza venga in qualche modo rubato per
formare legami chimici con gli atomi della seconda. In questo modo si viene a creare una
separazione di carica: un eccesso di elettroni in una delle due superfici, e quindi una carica
complessivamente negativa, e dei protoni che rimangono più esposti nell’altra, privati
come sono degli elettroni più esterni degli atomi, e quindi un eccesso di carica positiva.
Un oggetto elettrizzato positivamente ha un ammanco di elettroni, un oggetto carico negativamente ha un eccesso di elettroni.
Finché le due superfici rimangono in contatto, la distanza ravvicinata fa in modo che si
abbia cancellazione degli effetti delle cariche opposte su grande distanza, proprio come
153
e
p n
n p
e
atomo neutro
p n
n p
e
ione positivo
quando gli elettroni sono dentro agli atomi e da fuori non ci accorgiamo di nulla. Ma nel
momento in cui li separiamo, quando cioè strappiamo via le strisce di scotch, è come se
facessimo in pezzetti gli atomi che hanno ceduto gli elettroni, ed incontriamo una certa
resistenza alla nostra azione. Ne risultano due oggetti, ciascuno con uno squilibrio di carica: è come avere una parte dell’atomo a destra ed un’altra a sinistra, gli effetti delle forze
che prima lo tenevano insieme ora sono percepibili anche a distanza macroscopica. Le
forze di attrazione che i due pezzetti di scotch separati ora manifestano sono quindi un
debole residuo delle enormi forze che tengono insieme la materia.
La cosa funziona ugualmente bene con qualunque coppia di materiali?
No, l’effetto dipende dalle caratteristiche chimiche, cioè dalla reciproca tendenza degli
atomi delle due sostanze scelte a sottrarsi l’un l’altro elettroni, ad esempio gli atomi della
plastica di una penna hanno grande tendenza a rubare elettroni da quelli della lana. Vi
sono poi materiali che hanno molta meno capacità di sottrarsi fra loro elettroni: è un po’
come se gli elettroni cercassero una posizione più comoda – in termini di energia - spostandosi da un materiale all’altro, e lo spostamento ha luogo solo se l’altra sostanza ha
realmente una sistemazione migliore da offrire. Se poi si pongono a contatto due sostanze
uguali non ha luogo nessuna elettrizzazione: è perfettamente indifferente per gli elettroni
rimanere dove sono o passare sull’altra superficie. Per convincersene basta ripetere
l’esperimento incollando i pezzetti di nastro adesivo con i due lati appiccicosi a contatto:
non si verifica alcun fenomeno di repulsione od attrazione. Infatti è il contatto fra due sostanze differenti, lo strato di colla ed il dorso del nastro, ad originare il fenomeno di separazione della carica.
E a cosa serve lo strofinio che elettrizza il panno di lana e la plastica?
L’effetto di elettrizzazione è tanto più vistoso quanto maggiore è la superficie di contatto
coinvolta: lo strofinio ha lo scopo di aumentare le porzioni di superficie che entrano in contatto. Ad
esempio, normalmente l’aria non è in grado di elettrizzare un oggetto perché rispetto alla
superficie totale le molecole che realmente si toccano sono poche, ma se prendiamo un
palloncino e lo strofiniamo in aria, cioè lo muoviamo avanti e indietro, possiamo conferirgli una certa carica in eccesso. Analogamente possiamo elettrizzarlo strofinandolo sui nostri capelli, sui nostri vestiti e così via.
Cosa facciamo ai pezzetti di scotch quando li facciamo aderire al tavolo?
Normalmente quando due oggetti si toccano, la superficie di effettivo contatto è molto piccola
a causa delle asperità che caratterizzano, a livello microscopico, anche le superfici che ci
appaiono lisce. Ciò che facciamo ai pezzetti di nastro adesivo quando li facciamo aderire
al tavolo è semplicemente esporli ad un contatto molto ravvicinato su di un’area molto
grande, pari all’intera superficie disponibile: questo contatto permette il passaggio di elettroni.
Quali leggi governano il trasferimento di carica?
Questa interpretazione dei fenomeni di elettrizzazione in termini di una migrazione microscopica di elettroni rende semplice la comprensione delle seguenti due leggi fondamentali.
Quantizzazione della carica elettrica: in un processo di elettrizzazione non si può conferire ad un corpo un quantitativo di carica a piacere, ma solamente un valore che sia multiplo intero, positivo oppure negativo, di quella di un elettrone.
Pensando il processo di elettrizzazione come un semplice trasferimento di particelle cariche da un corpo ad un altro, ovvero ad una migrazione di elettroni (ma in alcuni casi, anche di ioni positivi) appare evidente che un tale spostamento può essere fatto solo in termini di un numero intero di particelle, e quindi di un multiplo intero della carica fondamentale. In verità si tratta di una proprietà ben verificata anche a livello della particelle
154
elementari: se non tentiamo di scomporre la materia in pezzetti più piccoli di quelli che
costituiscono un nucleo atomico, tutte le particelle conosciute hanno valori di carica che
sono uguali o multipli positivi o negativi della carica di un elettrone. Nel seguito indicheremo con  e la carica di un elettrone (quindi  e sarà quella di un protone).
Conservazione della carica elettrica: in un processo di elettrizzazione la carica non viene
mai creata, ma solo trasferita, ed il suo quantitativo totale non cambia mai.
E’ infatti chiaro che lo squilibrio di carica che dà luogo ai fenomeni macroscopici di elettrizzazione di un corpo non crea dal nulla le cariche elettriche, ma semplicemente le ridistribuisce: lo spostamento di carica è anche uno spostamento di massa. In altri termini, alla
manifestazione di una carica positiva in un oggetto deve corrispondere la manifestazione
di una carica negativa in un altro, di modo che la carica complessiva dell’Universo resti
costante. Più in dettaglio, in qualunque sistema nel quale non entri né esca materia si conserva l’ammontare complessivo di carica: ad esempio è questo il caso del sistema costituito da due oggetti posti a contatto.
Qual è l’unità di misura della carica elettrica?
Come vedremo, la carica si misura con uno strumento detto elettroscopio. Tuttavia per motivi di natura tecnica, sulla scala degli oggetti risulta più preciso misurare la presenza di
cariche in movimento, piuttosto che rivelarle quando stanno ferme. Pertanto, nel Sistema
Internazionale, l’unità di carica non è una grandezza fondamentale, ma derivata da quella
dell’unità di corrente, che misura invece il passaggio di cariche attraverso un conduttore. Si
tratta di un processo al contrario, un po’ come se misurassimo il tempo a partire dalla velocità e dallo spazio. L’unità di misura che viene così definita prende il nome di coulomb2 e
si indica con la lettera C maiuscola. Per il momento possiamo solo dare una definizione di
coulomb alternativa a quella basata sulla corrente: 1C è una carica pari a quella di
6.25 1018 elettroni cambiata di segno. Non possiamo giustificare ora il perché proprio
questo numero di elettroni e non un altro. Va detto comunque che in ogni caso avremmo
potuto anche pensare di adottare la carica dell’elettrone come unità di misura, ma ai fini
pratici sulla scala degli oggetti, essa risulta troppo piccola. Invertendo la definizione precedente si ha: e  1.6  1019 C . Viceversa il coulomb è un’unità molto grande per le
esigenze pratiche: si pensi che un fulmine trasporta 20  30 C , e quindi è usato molto il
microCoulomb: 1C  10-6 C . Per indicare una misura di carica si adopera convenzionalmente sia la lettera maiuscola Q che quella minuscola, q .
3. Conduttori e dielettrici
Come possiamo elettrizzare un oggetto di metallo?
Gli oggetti di metallo sembrano essere refrattari all’ elettrizzazione per strofinio; per quanto li si strofini o si appiccichino su di essi dei pezzetti di scotch per poi strapparli, la loro
interazione con i nostri rivelatori a bandierina è sempre e soltanto quella caratteristica
delle cose non elettrizzate. Infatti, mentre un oggetto elettrizzato se attira una bandierina
respinge l’altra, uno non elettrizzato le attira sempre entrambe. Registriamo che l’esperimento
di prima produce in questo caso risultati diversi: importanti informazioni possono essere
estratte anche da questo tipo di osservazioni in negativo. Se tuttavia dotiamo il metallo di
un manico di plastica, con opportuni accorgimenti possiamo riuscire ad elettrizzarlo portandolo in uno qualsiasi dei due stati di carica a nostro piacimento. Tuttavia un metallo
2
Charles Augustin de Coulomb (1736-1806), scienziato francese. A lui si deve la legge che esprime la forza fra due corpi
carichi puntiformi esposta più avanti nel capitolo, ricavata attraverso un apparato detto bilancia di torsione.
155
1 Coulomb
 6.25  1018 elettroni
e   1.6  1019 C
carico possiede delle proprietà differenti da quelle dei materiali considerati sinora: se posto a contatto con un altro pezzo di metallo, è in grado di elettrizzarlo, ma gli conferisce il
suo stesso stato di carica. Quindi due pezzi di metallo, dopo che si sono toccati, attirano o
respingono le bandierine elettrizzate nello stesso modo.
Da quali caratteristiche microscopiche nascono queste proprietà dei metalli?
D
A
B
C
Un generatore di Van de Graaf
consente di accumulare grandi
quantitativi di carica su di una cupola
metallica. Una cinghia isolante (A)
viene fatta girare da una manovella (B)
che la costringe a strofinarsi contro
della pelliccia (C). La carica che si
ottiene è trasportata su fino ad un
contatto metallico (D) che la preleva e
la deposita sulla cupola.
 La Controfisica
In un isolante tutti gli elettroni, anche i
più esterni sono utilizzati per i legami
fra gli atomi e quindi non sono liberi
di spostarsi.
 La Controfisica
Si faccia attenzione all’utilizzo del
termine carica, che può presentare
ambiguità: la presenza di cariche libere
in grado di spostarsi non significa che
il conduttore sia carico. A meno che
non si conferisca al conduttore un
eccesso di carica esso è comunque un
oggetto neutro, in cui cioè la quantità
di cariche positive eguaglia sempre
quella di cariche negative. Il termine
carico lo utilizziamo per caratterizzare
oggetti nei quali si ha uno squilibrio di
carica, cioè un eccesso di carica di uno
dei due segni.
Se dovessimo descrivere un metallo a qualcuno che non ne avesse mai visti, probabilmente faremmo accenno alla sua lucentezza. Si tratta, in effetti, di una delle sue caratteristiche
più evidenti ed in realtà rappresenta l’aspetto esteriore della particolare configurazione
dei suoi atomi. Quel che chiamiamo metallo è una sostanza in cui accade che l’ultimo, o
gli ultimi due elettroni più esterni di ciascun atomo si trovano nelle condizioni di essere
solo debolmente legati al nucleo. Così, quando l’atomo prende posto in un reticolo cristallino, la combinazione delle forze attrattive da parte di tutti gli atomi circostanti in
qualche modo rende gli elettroni più esterni liberi dal loro atomo di origine. A seconda
dei metalli allora, uno o due elettroni per atomo cessano di orbitare attorno al loro nucleo
ed in un certo senso cominciano ad orbitare attorno all’intera struttura del reticolo. Essi saltano
continuamente da un atomo all’altro con una velocità consistente, dell'ordine delle centinaia di km/h, imputabile sia allo stato di agitazione termica che all’attrazione da parte dei
nuclei positivi. Si tratta, tuttavia, del tipo di moto caratteristico dell’agitazione termica: del
tutto casuale e disordinato, a cui non corrisponde nessun movimento di insieme. Possiamo
figurarci i metalli come dei contenitori di “carica liquida”, in perenne agitazione e libera di
spostarsi al loro interno. Grazie alla sue interazioni con la luce che incide sul materiale, il
mare di elettroni è ben visibile, ed è proprio lui il responsabile dell’apparenza lucidoargentata di sostanze come ferro, alluminio, dei riflessi e della brillantezza che diciamo,
appunto, metallici, nell’ ottone, nel rame, nell’oro e così via. La maggior parte degli elettroni interni però rimane al suo posto, così che nel metallo convivono una struttura rigida,
il reticolo, fatto di ioni positivi, cioè nuclei atomici circondati dagli elettroni stabili, ed il
mare di elettroni mobili. Il mare di elettroni è analogo ad un fluido sia per la sua mobilità
sia per la scarsa compressibilità che lo caratterizza. Normalmente tali elettroni non possono abbandonare il metallo: all’interno del reticolo essi sono liberi di spostarsi, attratti indifferentemente in tutte le direzioni da parte dei protoni del reticolo circostante. Ai bordi il
reticolo cristallino termina e l’attrazione da parte degli ultimi ioni positivi impedisce loro
di fuoriuscire. Per poter uscire un elettrone dovrebbe possedere una energia cinetica tale
per cui il lavoro resistente dovuto all’attrazione da parte dei protoni dello strato più esterno del reticolo non riesca a frenarli3.
Che differenza esiste con le sostanze dette dielettriche?
Una struttura in cui tutte le cariche, anche le più esterne, siano confinate nelle loro posizioni, vengono dette dielettriche (od isolanti), termine da contrapporsi a quello di conduttori
utilizzato per materiali che dispongono invece di cariche libera di muoversi al loro interno. E’ proprio la mobilità dei portatori di carica la causa del differente comportamento di
un conduttore e di un dielettrico quando viene conferita loro della carica in eccesso, sia
essa positiva o negativa. Nel caso di un dielettrico che venga caricato per strofinio, lo
squilibrio di carica rimarrà localizzato nella regione dove è stato creato. Accostando il dielettrico carico ad un altro oggetto, per osservare un qualche effetto dovremo innanzitutto
mettere in contatto la regione dove la carica in eccesso è localizzata. In ogni caso però, i
portatori di carica non potranno spostarsi da dove sono confinati, e non ci sarà nessun
passaggio di carica fra i due oggetti.
3
Si potrebbe ad esempio riscaldare il metallo aumentando così l’energia cinetica degli elettroni, fino a raggiungere quel
valore di soglia che permette loro di vincere il lavoro resistente dei protoni. E’ quello che accade nel cosiddetto effetto
termoionico, in cui un filamento metallico viene riscaldato al punto in cui l’energia cinetica degli elettroni raggiunge il
valore cosiddetto di estrazione e ciò consente loro di abbandonare il reticolo creando così nel metallo uno squilibrio di
carica.
156
Conduttore: un materiale contenente particelle cariche che sono libere di muoversi al
suo interno
Dielettrico: un materiale in cui le particelle cariche all’ interno sono come “congelate”,
confinate in prefissate posizioni e non possono spostarsi
Esistono altri tipi di conduttori oltre ai metalli?
Nel caso dei metalli le particelle cariche dotate di mobilità sono costituite dal mare di elettroni. Tuttavia esistono anche conduttori con portatori differenti: tipicamente nei liquidi
la conduzione è assicurata dalla presenza di ioni – positivi o negativi- liberi di muoversi al
loro interno, mentre nei gas, se opportunamente sottoposti all’azione di agenti ionizzanti
esterni, si originano sia elettroni che ioni liberi di spostarsi4.
In ogni caso, le proprietà conduttrici possono presentarsi entro un’ampia gradazione, variabile con continuità dai conduttori buoni, con un gran numero di portatori di carica per
unità di volume, a quelli meno efficienti che presentano proprietà parzialmente isolanti,
fino al caso estremo del più efficace degli isolanti, il vuoto, in cui si ha assenza totale di
portatori di carica.
Perché i conduttori si caricano per contatto ma non per strofinio?
Un metallo cui siano conferite cariche in eccesso, assomiglia un poco ad una vasca da bagno piena di acqua alla quale sia stata aggiunta una goccia. In effetti mediamente una sostanza metallica contiene 1024 elettroni liberi per centimetro cubo, mentre caricarlo positivamente o negativamente significa aggiungergli o sottrargli un numero di elettroni che
al confronto si rivela esiguo, dell’ordine di 1011 . Tuttavia l’elevata mobilità loro consentita, gli permetterà di distribuirsi entro tutta la sua superficie, proprio come una goccia
d’acqua non rimane confinata nel punto dove cade ma contribuisce ad innalzare il livello
di tutta la vasca. Se poniamo il conduttore carico a contatto con un altro metallo, la mobilità dei portatori di carica consente ora una ridistribuzione delle cariche fra i due oggetti.
Questo spiega perché osserviamo che due metalli posti a contatto si caricano dello stesso
segno. E spiega anche la difficoltà nel caricare un metallo per strofinio della sua superficie:
il contatto con il nostro corpo, conduttore5, offre alle cariche in eccesso che si depositano
sul metallo, una via di fuga attraverso la nostra mano.
eccesso di carica su
di un dielettrico
zona
neutra
eccesso di carica su
di un conduttore
Dove si dispongono sul conduttore le cariche in eccesso?
All’interno dei conduttori le cariche negative in eccesso, libere di muoversi, si respingono
a vicenda in un mezzo sostanzialmente neutro, e quindi, sotto l’azione della repulsione
reciproca, tenderanno ad allontanarsi il più possibile le une dalle altre finché non si arresteranno sulla superficie di contorno dall’attrazione dell’ultima fila dei protoni del reticolo. Se poi offriamo loro una possibile via d’uscita su di un altro conduttore, non esiteranno
ad approfittarne. Per vincolare delle cariche in eccesso a stare su di un metallo è necessario che esso sia a contatto solamente con materiali isolanti. La differenza nella disposizione delle cariche in un dielettrico ed in un metallo è schematizzata in figura. Qui vediamo
le cariche su di un dielettrico localizzate, e quelle su di un conduttore che si dispongono
lungo tutta la superficie esterna6. Meno intuitivo è forse il caso in cui l’eccesso di carica è
positivo, cioè siamo in presenza di un ammanco di elettroni (gli ioni del reticolo infatti
non possono essere aggiunti o rimossi). In questo caso il mare delle cariche negative rimaste si ritira al centro in creando una zona neutra, lasciando scoperti degli ioni positivi
lungo tutto il contorno.
4
Sono conduttori oltre ai metalli, le soluzioni saline, acide o basiche. Normalmente l’acqua distillata conduce poco dato
che solo una piccola percentuale di ioni H+ e OH- si trova dissociata a fungere da portatore di carica, rispetto alle molecole intere. Tutti i materiali plastici, le porcellane, gli oli minerali, l’aria stessa sono invece isolanti.
5 Il nostro corpo è rivestito di un involucro isolante, la pelle, ma al suo interno è assimilabile ad una soluzione salina, che
ha proprietà conduttrici grazie agli ioni, positivi e negativi, in essa presenti
6 L’assenza di cariche internamente al conduttore è imputabile alle particolari proprietà delle interazioni elettriche e verrà
analizzata in dettaglio studiando il teorema di Gauss. E’ tuttavia intuitivo che le cariche in eccesso di stesso segno, libere
di muoversi tendano ad allontanarsi il più possibile le une dalle altre per effetto della reciproca repulsione, finendo così
per disporsi sullo strato più esterno
157
zona
neutra
ioni esposti
Esercizi
1. Due sfere conduttrici identiche, cariche con Q1  3  106 C e con Q2  4  106 C ,
4 μC
3 μC
1 μC
sono poste a contatto. Calcolare quanta carica si deposita su ciascuna.
La prima sfera ha un eccesso di elettroni, la seconda un difetto: complessivamente abbiamo un eccesso di elettroni pari a:
QTot  Q1i  Q2i  (3  106  4  106 ) C  1  106 C
Sappiamo che le cariche non sono né create né distrutte quindi la carica totale si deve conservare anche dopo il contatto:
Q1f  Q2f  1 106 C
ed essendo le due sfere identiche non abbiamo motivo per giustificare una distribuzione
non simmetrica della carica fra di loro, ma per simmetria risulta:
1
Q1f  Q2f  QTot  0.5  106 C
2
2. Due sfere conduttrici identiche sono cariche la prima con QAi  3  106 C e la seconda
con un quantitativo QBi incognito. Esse sono poste a contatto e successivamente si misura
che sulla sfera B si è depositata una carica QBf  2  106 C . Calcolare quanta carica si è
depositata su A, e quella inizialmente disposta su B.
[R: 4  106 C, 7  106 C ]
3. Una pallina di plastica, dopo essere stata strofinata, contiene uno squilibrio di carica
[R: 3.0  1013 ]
q  4.80  106 C . Calcolare quanti elettroni ha ceduto nello strofinio.
4. I conduttori e l’induzione elettrostatica
Che succede avvicinando un conduttore carico ad uno neutro?
La presenza di portatori di carica liberi di muoversi all’interno dei conduttori fa sì che
l’avvicinamento di un corpo carico ad un conduttore scarico, senza che intervenga alcun
contatto fra i due, comporti una nuova distribuzione delle cariche.
Dentro al conduttore le cariche di segno opposto a quelle del corpo esterno si addenseranno verso la regione che si affaccia più da vicino al corpo carico, mentre la regione lontana risulterà di conseguenza più popolata da cariche dello stesso segno di quelle esterne,
come in figura. All’interno dei metalli, dove i portatori mobili di carica sono gli elettroni,
la regione positiva corrisponde ad uno svuotamento di carica negativa, che lascia così
esposti i protoni del reticolo. Questo fenomeno di ridistribuzione della carica, che prende
il nome di induzione elettrostatica, sposta solamente la carica all’interno del conduttore, il
quale, nel suo complesso, continua a rimanere un oggetto neutro. Un apparato come quello in figura può aiutare a mettere in evidenza l’effetto. Le sottili foglioline metalliche attaccate ai bordi del conduttore si aprono tanto più quanto maggiore risulta la concentrazione
di carica al loro interno. Nel conduttore lontano da cariche esterne esse risultano parallele,
ma non appena si accosta della carica queste si separano, tanto nelle regioni vicine quanto
in quelle più lontane alla carica esterna. Nella regione centrale rimangono parallele, a conferma del fatto che lì la configurazione di carica non risulta alterata ed il conduttore continua ad essere neutro.
Quali effetti accompagnano il fenomeno dell’induzione?
(1) Se il corpo carico che viene accostato è a sua volta conduttore, risentirà della nuova distribuzione di cariche da lui causata e subirà a sua volta il fenomeno dell’induzione da
parte delle stesse cariche che ha spostato e che si sono avvicinate.
158
(2) Il processo di induzione, come tutte le interazioni elettriche, dipende dalla distanza:
un maggiore avvicinamento del corpo carico induttore produce un più vistoso fenomeno
di induzione. Inoltre le cariche indotte sono di segno opposto a quelle che le hanno prodotte e quindi vengono da queste sempre attratte, indipendentemente dal segno originale
dell’oggetto inducente.
(3) L’induzione elettrostatica può essere sfruttata per caricare un conduttore in modo
semplice, senza entrare in contatto con esso. Un dispositivo come quello in figura consente ad esempio di separare la parte dove sono stare indotte le cariche positive da quella
dove sono state indotte cariche negative permettendo di ottenere alla fine due conduttori
carichi di segno opposto.
Esercizi
4. Si hanno quattro sfere molto leggere, A, B, C e D rivestite di una vernice conduttrice ed
appese a dei fili isolanti. La prima di esse, A, viene caricata negativamente mentre lo stato
di carica delle altre non è noto. Si osserva che A attira B, C e D e che inoltre B e C non mostrano alcun tipo di interazione fra loro. Da ultimo abbiamo anche che B e C sono attratte
da D. Dire quali sono i rispettivi stati di carica.
L’evidenza sperimentale che B,C e D siano attratte da A negativa può significare due fatti:
o che siano tutte cariche positivamente oppure che siano neutre ed attratte per induzione.
Poiché però B e C non interagiscono se ne deduce che esse sono neutre, mentre D che attira a sua volta due oggetti neutri, per induzione, ed un oggetto negativo, sarà carico positivamente.
5. Con riferimento all’esempio precedente, si accosta C ad A senza che vi sia contatto, e,
contemporaneamente la si tocca con il nostro dito per un breve tempo. Una volta allontanata C da A quali saranno le sue interazioni con le altre sfere?
[R]
6. Si hanno cinque sfere metalliche A, B, C, D, E di cui : A respinge C ma attrae B; D attrae B ma non ha effetto su E. Si prende un panno di seta strofinato su una bacchetta di
vetro ed esso attrae A ed E. Si stabilisca quali sfere sono cariche e di che segno.
[R]
7. Due sfere metalliche, la prima di raggio 10.0 cm e la seconda di raggio
30.0 cm sono a contatto su di un piano isolante. Nelle loro prossimità viene messa una grande concentrazione di carica e poi le due sfere sono separate. Se sulla sfera piccola si misura una
quantità di carica pari a 0.020 μC , si dica quanta carica si trova su quella grande. [R]
8. Tre sfere metalliche sono allineate a contatto fra loro su di un piano, e ad alle sfre di entrambe le estremità vengono accostate due bacchette di vetro strofinate con la seta. Se in
questo istante le tre sfere sono separate, in che stato di carica si porta ciascuna? Cosa cambia se l’esperimento è ripetuto usando due bacchette di gomma strofinate con la lana?
[R]
Come funziona un elettroforo di Volta?
Si deve ad Alessandro Volta (1745-1827) l’idea del cosiddetto elettròforo di Volta, che permette di caricare un conduttore con un ammontare arbitrariamente grande di carica.
L’elettroforo consta di una piattaforma dielettrica e di un disco metallico provvisto di manico isolante. Si carica la piattaforma per strofinio, supponiamo negativamente, e vi si
poggia il disco metallico. Per induzione sul lato del disco affacciato alla piattaforma si addenseranno cariche positive e negative sulla faccia rivolta verso l’alto. Mentre si solleva
con il manico il disco di metallo, basta toccare con un dito la faccia superiore per scaricare
la parte negativa, lasciandolo nel suo complesso carico positivamente. Ripetendo
l’operazione più volte si possono depositare su di esso anche quantitativi molto grandi di
carica
159
A
B
C
D
5. Gli isolanti e la polarizzazione dielettrica
centro
cariche
negative
O
centro
cariche
positive
H
H
Che succede accostando ai noatri rivelatori di scotch un oggetto non elettrizzato?
Il nostro intuito ci fa supporre che forse si tratta di una prova inutile, che nessun tipo di
interazione si dovrebbe manifestare in questo caso, invece si osserva che un oggetto non
elettrizzato attira sempre entrambi i rivelatori. Proviamo ad accostare il nostro dito, una
penna, qualsiasi cosa alle bandierine di scotch e vedremo che esse si piegano verso
l’oggetto attratte da esso. Un fenomeno analogo si verifica quando con la bacchetta di plastica di una penna, opportunamente caricata tramite lo strofinio con un panno di lana, attiriamo dei pezzetti di carta che non abbiano subito alcun tipo di elettrizzazione. Anche il
panno di lana ha acquistato la capacità di attrarre i pezzetti di carta non elettrizzati, sebbene il suo stato di elettrizzazione sia opposto rispetto a quello della bacchetta.
Un oggetto non elettrizzato viene sempre attratto da uno in stato di carica.
Cosa produce alle molecole dell’isolante la vicinanaza di un oggetto elettrizzato?
All’interno di un oggetto isolante non può avere luogo il fenomeno dell’induzione vista
l’impossibilità a muoversi dei portatori di carica. Tuttavia in talune sostanze le molecole
costituenti presentano una disposizione asimmetrica della carica positiva e della carica
negativa: è il caso, ad esempio, della molecola dell’acqua. In effetti gli atomi che compongono la singola molecola presentano in generale tendenza diversa ad attrarre a sé gli elettroni dell’intera molecola, proprietà detta elettronegatività. Immaginiamo gli elettroni come
una nube di carica distribuita attorno ai protoni: essa andrà addensandosi verso l’atomo
maggiormente elettronegativo, come è l’atomo di ossigeno rispetto ai due atomi di idrogeno della molecola H2 O . Si dice che le molecola di una tale sostanza presenta una polarità intrinseca: possiamo raffigurare tali molecole come barrette con un estremo positivo
ed uno negativo, orientate in modo casuale. In presenza di un corpo carico, ad esempio
positivamente, le barrette, tenderanno a disporre la loro coda negativa verso di esso. Si
tratta di un processo localizzato, che non comporta spostamenti macroscopici di carica come
nel caso dell’induzione per i conduttori, ed al quale si oppone la tendenza ad un orientamento disordinato a causa dell’agitazione termica. Solo poche molecole si allineano completamente, ma l’effetto medio è percepibile anche su scala macroscopica, sotto forma di
una debole attrazione del dielettrico neutro da parte di qualunque oggetto carico.
L’attrazione si spiega con la minore distanza dal corpo esterno carico che la coda carica
di segno opposto di ciascuna molecola viene ad avere. Questo fenomeno viene detto polarizzazione per orientamento.
E se le molecole hanno una distribuzione simmetrica della carica?
Molte molecole non presentano polarità intrinseca: il loro centro di simmetria delle cariche
positive coincide con quello della cariche negative. E’ questo ad esempio il caso di tutte le
molecole costituite da più atomi di uno stesso elemento: O 2 , H2 , oppure N2 , dove la nube
elettronica non avrebbe motivo di addensarsi maggiormente in prossimità di un atomo
piuttosto che di un altro, essendo tutti gli atomi uguali.Tuttavia la presenza di un corpo
carico in prossimità ha l’effetto di deformare leggermente la molecola, attirando a sé le cariche di segno opposto al suo. Ha luogo un fenomeno di polarizzazione simile a quello
per orientamento, e detto polarizzazione per deformazione. L’esperienza dell’attrazione di
piccoli pezzetti di carta da parte di una penna di plastica carica si interpreta bene in termini di polarizzazione della carta da parte della carica in eccesso presente sulla penna.
Qual è l’effetto complessivo della polarizzazione di un dielettrico?
L’effetto è semplice e visualizzabile unicamente nel caso in cui si abbia a che fare con una
sostanza che non cambi densità e composizione muovendosi al suo interno, e che non
abbia delle direzioni privilegiate (ad esempio l’allineamento di molecole asimmetriche
160
tutte lungo una direzione). In questo caso polarizzarla è del tutto equivalente a creare uno
strato di carica superficiale in prossimità dell’oggetto esterno e nella zona più lontana da
esso. Infatti nella regione interna anche se alcune molecole si allineano, si tratta di una variazione locale, e l’effetto medio a grande distanza è quello di un corpo che al centro rimane neutro e che si fa sentire solo grazie allo strato di carica superficiale che si è venuto a
creare. Se però si tratta di un dielettrico non omogeneo, ci saranno cariche di polarizzazione anche all’interno e non è possibile tracciare uno schema generico.
Come sfrutta i fenomeni di elettrizzazone una macchina fotocopiatrice?
Le fotocopiatrice o le stampanti laser contengono un cilindro di alluminio ricoperto di
selenio, un materiale isolante, che però diviene conduttore quando è illuminato.
pressione
4 a caldo
originale
fotocopia
foglio
3 toner
1
elettrizzazione
2
immagine
Il cilindro viene caricato positivamente (fase 1 in figura). Un’immagine del documento
creata da una lente viene proiettata sul cilindro (2). La luce che ha illuminato il documento
originale è stata riflessa solo là dove il foglio non era scritto, e così le regioni illuminate,
divengono conduttrici grazie alle proprietà del selenio, e non possono più localizzare la
carica e la disperdono. Abbiamo così un’immagine del documento fatta di cariche positive
localizzata sulle regioni di selenio rimaste isolanti. Su di esse si fanno aderire delle particelle finissime, nere, di toner, caricate negativamente (fase 3). Un foglio a forte carica positiva viene quindi premuto a caldo sul deposito di toner (4), ottenendo così la fotocopia.
6. L’ elettroscopio e la misura della carica
Alla discussione qualitativa precedente vogliamo ora affiancare una procedura che
consenta, oltre che vedere l’elettrizzazione dei corpi, di misurarne gli effetti. Misurare significa disporre innanzitutto di un valore di carica che venga assunto come unità di quella
misura. Dovremo poi essere in grado di confrontare due cariche per stabilire quale di esse
risulta maggiore e quale minore ed inoltre dovremo poter dividere una carica in due o
più parti uguali a nostro piacimento.
Come possiamo dividere un quantitativo di carica in parti uguali?
Ci serviremo pertanto di sfere conduttrici che consentiranno alle cariche di migrare facilmente dall’ una verso l’altra grazie al semplice contatto. Accostando due oggetti conduttori, uno carico e l’altro neutro, in generale solamente una porzione di carica si trasferirà
161


dal primo verso il secondo. Quando poniamo a contatto due conduttori l’estrema mobilità degli elettroni al loro interno fa si che possiamo pensare ad essi come ad un unico oggetto. Pertanto se due sfere conduttrici, una piccola ed una grande, si toccano, le cariche in
eccesso, respingendosi, giungeranno fino alla superficie esterna e così si disporranno, per
la gran parte, sulla sfera più grande. Con un ragionamento analogo possiamo concludere
che, vista l’elevata simmetria, se facciamo toccare due o più sfere uguali la carica in eccesso si ripartirà equamente fra di loro. In tale modo possiamo suddividere su scala macroscopica, un dato ammontare di carica in parti uguali piccole quanto si vuole.
Come possiamo confrontare fra loro i quantitativi di carica disposti sugli oggetti?
Per riuscirvi ci dobbiamo dotare di uno strumento come quello in figura detto elettroscopio. Un pomello metallico è sormontato su di una struttura isolante e termina con delle
foglioline metalliche molto leggere, connesse al pomello stesso attraverso una barra conduttrice. Quando carichiamo il pomello carichiamo anche le foglioline, che tenderanno a
separarsi di un angolo tanto più ampio quanto più carica si addenserà su di esse. Il metodo più semplice per caricare un elettroscopio è quello di porlo a contatto con un conduttore carico che trasferisca ad esso parte della sua carica. Ma abbiamo già visto che questo
trasferimento fra conduttori dipende dalle reciproche dimensioni e potrebbe accadere ad
esempio che un conduttore che sia poco carico e sia di piccole dimensioni rispetto al pomello dell’elettroscopio, trasferisca all’elettroscopio la stessa quantità di carica di un corpo
conduttore con molta più carica al suo interno e di grandi dimensioni rispetto al pomello
dell’elettroscopio. In questo modo la misura dell’angolo di separazione delle foglioline
non sarebbe proporzionale alla grandezza che si desidera misurare. Per di più non sarebbe possibile misurare la carica contenuta su di un corpo isolante.
Come possiamo utilizzare l’elettroscopio per induzione?
Si accosta all’elettroscopio un corpo carico, ad esempio negativamente, con l’effetto di indurre cariche positive sul pomello dell’elettroscopio e conseguentemente cariche negative
sulle foglioline, che così si separano. Se tocchiamo il pomello con un dito, il nostro corpo
conduttore diventa tutt’uno con l’elettroscopio e le cariche negative saranno ora indotte
non più sulle foglioline ma nel punto più lontano da quelle positive sul pomello: verosimilmente in prossimità dei nostri piedi.
Staccando ora il dito dal pomello stiamo così sottraendo all’intero sistema
dell’elettroscopio delle cariche negative con il risultato che una carica positiva netta si trova addensata nelle parti metalliche dell’elettroscopio stesso, una carica proporzionale a
quella del corpo inducente.
Come si può riprodurre sull’elettroscopio la carica esatta di un oggetto?
Per poter utilizzare l’elettroscopio come un effettivo strumento di misura si deve riprodurre sull’elettroscopio stesso una quantità di carica uguale a quella in eccesso presente
sul corpo che si desidera misurare. Si può dimostrare e verificare sperimentalmente che
l’induzione dall’interno è sempre completa. Prendiamo un dispositivo a forma di involucro
162
metallico, come quello che in figura è sormontato sull’elettroscopio al posto del pomello,
detto pozzo di Faraday. Qualunque oggetto carico venga posto dentro ne risulta una carica
indotta sulla superficie interna esattamente uguale a quella iniziale posseduta dall’oggetto
inducente. Il fenomeno non varia né spostando l’oggetto né ponendolo a contatto con la
parete interna: lo si può verificare osservando come l’angolo di cui deviano le foglioline
rimane lo stesso. In questo modo siamo certi di aver trasferito sull’elettroscopio l’intero
ammontare di carica del nostro oggetto, sia esso conduttore od isolante, e possiamo quindi misurare attendibilmente la quantità di carica presente attraverso una opportuna taratura della scala sulla quale varia l’angolo fra le foglie.
Esercizi
9. Un filo conduttore collega a terra una sfera di metallo. Se un palloncino carico positivamente si avvicina alla sfera, si dica cosa succede se: (1) il filo viene rimosso e poi il palloncino lasciato andare, (2) il palloncino lasciato andare e poi il filo rimosso.
[R]
7. La legge di Coulomb
q2
L’esperienza mostra che due corpi carichi puntiformi, posti nel vuoto a distanza r interagiscono con una forza diretta lungo la retta congiungente i due corpi, attrattiva o repulsiva a seconda dei segni delle reciproche cariche, la cui intensità è tanto maggiore
quanto più le cariche sono vicine e tanto maggiore quanto maggiore è il valore di ciascuna
di esse:
r
q1

|q q |
F  k 1 22
r
Con q1 e q2 abbiamo indicato i valori delle rispettive cariche espressi in Coulomb, mentre

r ed |F | sono ovviamente espressi in metri e Newton. La costante di proporzionalità k
nel Sistema Internazionale vale k  8.99  109 Nm2 /C2 , e le sue unità di misura sono
quelle che occorrono per far tornare Newton al primo membro. Rimarchiamo il fatto che
la legge sopra esposta, detta legge di Coulomb, vale esclusivamente per oggetti puntiformi.
Un oggetto rigorosamente puntiforme è una entità solo teorica: la condizione per applicare la legge di Coulomb va interpretata nel senso che la distanza r fra gli oggetti coinvolti
sia molto maggiore delle loro dimensioni.
A quale tipo di oggetti non puntiformi si può estendere la legge di Coulomb?
Una notevole proprietà delle forza elettrica che studieremo, fa sì che la legge di Coulomb
valga anche per oggetti carichi estesi nei quali le cariche siano distribuite con simmetria
rigorosamente sferica. Si può mostrare che se due sfere cariche, poste ad una distanza che
permetta di trascurare le possibili variazioni della distribuzione di cariche sull’una ad
opera dell’altra, interagiscono secondo la legge di Coulomb dove al posto di r andrà inserita la distanza fra i centri.
Cosa si può dire sulla direzione e e sul verso della forza di Coulomb?


Adotteremo la simbologia in cui F21 s’intende la forza applicata su q2 mentre con F12
quella applicata su q1 :
carica che subisce
rˆ2
q2

F12
carica che esercita
Per avere una espressione della legge di Coulomb in termini vettoriali, che contenga cioè
anche informazioni sul verso della forza, dovremo introdurre il simbolo di versore rˆ1 . In163
 La Controfisica
Va detto che nel momento stesso in
cui assumiamo che le cariche siano
puntiformi, e che tutte le loro proprietà possano essere individuate da una
grandezza scalare q, anche solo da
motivi di simmetria si potrebbe dedurre che la loro interazione deve essere
diretta lungo la congiungente, in quanto in uno spazio vuoto con le sole due
cariche in studio, non si potrebbe definire nessun’altra direzione in modo
univoco.
tenderemo con rˆ1 un vettore di modulo 1 orientato dalla prima carica, q1 verso la seconda q2 , (cioè sempre uscente dalla carica della quale si vuol esprimere la forza da essa esercitata) .

F12

q2 F
21
q1

q1 F
12

F21
q2

q2 F
21

F12 q 1
Usando il versore, ed eliminando il modulo, si ottiene:

qq
F21  k 1 22 rˆ1
r
forza esercitata su q2 da q1
La formula ora fornisce anche la direzione della forza che la carica q1 esercita su q2 . Precisamente, se le due cariche hanno lo stesso segno, cioè se q1q2  0 , allora q1 esercita su q2
una forza che ha direzione rˆ1 , cioè verso uscente da q1 e quindi repulsiva. Se invece
q1q2  0 , cioè le due cariche hanno segno diverso, allora q1 esercita su q2 una forza che
ha direzione rˆ1 , cioè verso entrante in q1 e quindi attrattiva. Analogamente allora intenderemo con rˆ2 un vettore di modulo 1 orientato da q2 verso q1 , (cioè sempre uscente
dalla carica di cui si vuol esprimere la forza che esercita):

F12

qq
F12  k 1 22 rˆ2
r

F21
forza esercitata su q1 da q2
Osserviamo infine che, come nell’esempio in figura dove q2  10q1 :
q1
q 2   10q1


in base al principio di azione e reazione, è sempre e comunque F12  F21 anche se q1 e
q2 sono molto differenti in valore.
Esiste un’altra formulazione della legge di Coulomb?
Allo scopo di semplificare alcune formule dell’elettromagnetismo, si preferisce pagare il
piccolo prezzo di complicare un pochino l’espressione della legge di Coulomb, scrivendo
al posto di k l’espressione:
1
k
40
 La Controfisica
Il coulomb è un’unità molto grande:
due cariche di un coulomb ciascuna,
poste a distanza di un metro si respingono con una forza di circa nove miliardi di newton, come si ottiene subito sostituendo questi valori
nella legge di Coulomb. Gli squilibri
di cairca che si producono negli oggetti per strofinio sono dell’ordine
dei nanocouolomb e dei microcoulomb, e con questi valori avremo a
che fare negli esercizi.
il che è sempre possibile, ricordando che k  8.99  109 Nm 2 /C2 , purché si ponga:
0 
1
C2
 8.85  1012
9
4  8.99  10
Nm 2
valore che viene detto costante dielettrica del vuoto. La legge di Coulomb assume così la
nuova forma:

1 | q1q2 |
F 
40 r 2
Esercizi
10. Calcolare l’intensità della forza con la quale un nucleo di un atomo di idrogeno (un
protone ed un neutrone) attira il suo elettrone, assumendo r  0.50 1010 m .
Sapendo che la carica dell’elettrone vale e  1.6  1019 C e che quella del protone è uguale ed opposta, sostituendo nella legge di Coulomb abbiamo:
164
19 2

| (e)(e) |
)
9 (1.6  10
F k

8.99

10
N
2
10 2
r
(0.50  10 )

8.99  1.62
 1093820 N  9.2  108 N
0.502
11. Due sfere conduttrici identiche A e B sono cariche: la prima con
QBi
5
 25  10
QAi  9.0  104 C
e
L
C
la seconda con
e sono a distanza r  45 m . Esse sono poste a contatto e poi di nuovo portate a 45 metri di distanza. Considerando puntiformi le sfere rispetto
alla distanza , si dica qual era l’intensità della forza che agiva fra loro inizialmente, e quale
l’intensità dopo il contatto.
[R: 1.0 N attrattiva , 0.50 N repulsiva ]

FE
d
d
12. Una pallina di m  4.00 g contenente un eccesso di carica positiva q , è appesa
ad un filo lungo L  35.0 cm . Quando le si avvicina a distanza d  2.50 cm una seconda pallina contenente un eccesso di carica  2q , la prima si solleva dello stesso
4
[R: 9.35  10
tratto d dalla verticale. Quanto vale q ?
L
C]
13. Due palline conduttrici identiche di massa m  5.00 g sono appese ad uno stesso
d
punto tramite due fili di lunghezza L  70.0 cm . Mentre sono in contatto viene deposto su di esse un certo quantitativo di carica positiva e si osserva che i due fili si
divaricano portano i centri delle palline ad una distanza di d  20.0 cm . Calcolare la
carica su ognuna di esse.
[R]
14. Due blocchi della stessa massa sono uniformemente carichi, il primo ha una carica Q ed il secondo una carica 3Q entrambe positive. La loro distanza è tale che possiamo considerarli puntiformi. Sebbene i due blocchi si respingano per effetto della
reciproca repulsione elettrica l’attrito statico con il terreno, che ha un coefficiente
S  0.8 , li costringe a stare fermi. Per ciascuno dei due oggetti disegnare il diagramma di corpo libero che riporti le forze che agiscono su di esso. Si faccia però attenzione alla lunghezza dei segmenti che si usano per raffigurare le forze: si usi un
criterio di proporzionalità in modo che una forza doppia sia rappresentata da un
segmento di lunghezza doppia e forze uguali da segmenti ugualmente lunghi.
[R]
8. Il principio di sovrapposizione
Che succede alla forza di Coulomb quando le cariche sono più di due?
A completamento di quanto detto va enunciata l’altra fondamentale proprietà
dell’interazione elettrica, che va sotto il nome di principio di sovrapposizione. Nel caso in cui
si avesse a che fare con tre o più cariche puntiformi, vincolate a stare in prefissate posizioni,
ci si potrebbe chiedere se la presenza di q 3 accanto a q1 e q2
modifica la forza


F12 ( F21 ) con la quale le altre due interagiscono quando essa non c’è. L’esperienza
mostra che questo non è vero ma anzi che vale una regola additiva degli effetti: la forza


complessiva F1 che q2 e q 3 esercitano su q1 è pari alla somma vettoriale della forza F12

che q2 eserciterebbe su q1 come se q 3 non ci fosse, e della forza F12 che q 3 eserciterebbe
q3
su q1 come se q2 non ci fosse. Con riferimento alla figura si ha quindi ad esempio:






F1  F12  F13 , F2  F21  F23 .

F2

F23

F21
q2
165
q1

F12

F21
q2
Principio di sovrapposizione: in un insieme di tre o più cariche puntiformi, la forza con la
quale interagiscono due qualunque di loro può essere calcolata come se le altre non ci fossero, e la forza risultante su una qualunque di esse è la somma vettoriale di tutte le forze
calcolate in questo modo.
Come agisce la forza di Coulombe entro un dielettrico?
q2
q1
Il principio di sovrapposizione permette di concludere che una coppia di cariche che interagisse all’interno di un dielettrico, vedrebbe sovrapposta alla forza che ci si aspetterebbe
nel vuoto, una forza aggiuntiva, contrastante, dovuta alle cariche di polarizzazione. Come
si osserva in figura il segno delle cariche polarizzate attorno a quella parte di superficie
del dielettrico che si affaccia vicino alle cariche in esame è sempre opposto a quello delle

cariche stesse. L’effetto complessivo della loro forza si sovrappone all’intensità F0 con la
quale q1 e q2 interagiscono nel vuoto, e, vista la loro distribuzione, l’apparenza è che fra

regione neutra
q1 e q2 agisca una nuova forza Fr

più debole di F0 . Infatti, mentre c’è una zona cen-
trale del dielettrico che rimane neutra, tutt’intorno alla carica positiva si crea uno strato
negativo che respinge l’altra carica, e tutt’intorno a quella negativa uno strato positivo che
ha analogo effetto sulla prima carica. Ne risulta un indebolimento rispetto all’attrazione
nel vuoto. Per semplicità, quando si vuole avere l’intensità della forza con cui due cariche
interagiscono dentro ad un dielettrico, tutto ciò viene riassunto dividendo l’espressione
della forza che abbiamo dalla legge di Coulomb, per una costante adimensionale, maggiore di 1, caratteristica del materiale dielettrico in esame. Tale costante r , detta costante
dielettrica relativa vale poco più di 1 per l’aria, e varia più o meno da 2 fino a 10 per i dielettrici più comuni (plastica, ceramica, vetro etc). Ne risulta per la legge di Coulomb
all’interno di un dielettrico:

Fr 
x
Q1
Q2
Q3

F0
1 | q1q2 |

40r r 2
r
Esercizi
15. Due cariche puntiformi sono vincolate a stare ad una distanza di 0.50 m ed hanno
valore Q1  6.5  106 C , Q2  5.5 106 C . Trovare la distanza x dalla posizione di Q1
alla quale deve essere posta una carica qualsiasi Q3 , positiva o negativa, affinché essa stia
in equilibrio.
x
Q1
0.50  x


F32 Q F31
3
E’ intuitivo che la soluzione non dipenda né dal valore né dal segno di Q3 , visto che una
carica positiva viene respinta da entrambe le altre due, mentre una negativa dello stesso
Q2 valore assoluto ne viene attratta, ma ciò che cambia è solo il verso delle interazioni e non
la loro intensità. Aumentando o diminuendo il suo valore l’effetto non varia perché le due
forze variano proporzionalmente ad esso. Il risultato è che alla stessa distanza x alla quale
si annullano i due effetti attrattivi si annullano anche i due effetti repulsivi. Qui supponiamo che Q3 sia positiva, ottenendo:


| Q2Q3 |
1 | Q1Q3 |
1
| F31 |
|
F
,
32 |
2
40 x
40 (0.50  x )2
L’equilibrio si ha quando le due interazioni sono uguali, quindi:
| Q2Q3 |
1 | Q1Q3 |
1

 Q1 (0.50  x )2  Q2 x 2
2
2
40
40 (0.50  x )
x
Estraendo la radice da ambo i membri abbiamo:
Q1 (0.50  x )  Q2 x
x
0.50 Q1
Q1  Q2

0.50 6.5  106
6.5  106  5.5  106
166
m

103  0.50 6.5
3
10
 ( 6.5  5.5)
Q2
m  0.26 m  26 cm
16. Tre cariche puntiformi sono vincolate ai vertici di un triangolo rettangolo i cui cateti misurano 3.00 cm ciascuno. I valori delle cariche sono
Q1  2.10  106 C ,
Q2  4.00  106 C , Q3  5.20  106 C . Si trovi l’intensità della forza che complessivamente le altre cariche esercitano su Q2 , e se ne individui la direzione (cioè le
Q1
Q3
componenti oppure l’angolo con uno degli assi).

Per il principio di sovrapposizione la carica Q2 subisce la forza F12 , attrattiva, da parte di

Q1 , come se Q3 non ci fosse, e la forza attrattiva F32 di Q3 come se Q1 non ci fosse. Per il
Q2
calcolo delle intensità si applica la legge di Coulomb:
6


1 | Q1Q2 |
(4.00 106 ) |
9 | 2.10  10
| F21 |

8.99

10
N
F21
2
2 2
40 r21
(3.00  10 )
Q1
| 8.99  2.10  (4.00) | 9664

10
N  8.39  101 N  83.9 N
2
3.00
6

1 | Q2Q3 |
 5.20  106 |
9 | 4.00  10
| F22 |

8.99

10
N
2
40 r23
(3.00  102 )2  (3.00  102 )2
| 8.99  (4.00)  5.20 | 9664

10
N  10.4  101 N  104N
Q2
2  3.002

La direzione della forza risultante F è la diagonale del parallelogramma che ammette


F21 e F23 come lati. Vi sono due vie per il calcolo: per componenti e tramite il teorema di  157 ŷ
Carnot.
(1) Calcolo per componenti: la direzione di un vettore si intende individuata quando sono
conosciute le sue componenti in un riferimento come quello in figura:

F21x  0 N , F21y  83.9 N
F23x  F32 cos 4  104 22 N  73.5 N

F23y   F23 sin 4  104 22 N  73.5 N
Q2
Sommandole otteniamo le componenti della risultante:
Fx  F12x  F32x  0 N  73.5 N  73.5 N
Fy  F12y  F32y  83.9 N  73.5 N  157 N

dal teorema di Pitagora si ha il modulo si F :

F  Fx2  Fy2  73.52  (157)2 N  30051 N  173 N
mentre l’angolo  , negativo perché antiorario a partire dall’asse delle x , vale:
Fy
157 N
tan  

 2.15    arctan(2.15)  65.1
Fx
73 N
(2) Con il teorema di Carnot si ottiene l’intensità della risultante:





| F |2 | F21 |2  | F23 |2 2 | F21 || F23 | cos(   )
ed essendo   4 risulta:

| F | (83.9 N)2  (104 N)2  2  (83.9 N)  (104 N) cos 34  N  173 N
d
q3
17. Si hanno tre cariche puntiformi vincolate a stare ferme allineate. Risulta d  28.0 cm ,
q1  1.50  105 C , q2  3q , q 3  4q . Trovare il verso e l’intensità della forza elettrostatica esercitate su q1 e su q2 . Come camba la forza su q2 se d viene triplicato?
[R: 25.8 N,232 N, 232
9 N tutte verso destra]
167

F21
Q1

4

F23
Q3
ˆ
73.5 x


F23


F
Q3

q 2  q 1
q 3   2q1
a
18. Quattro cariche sono vincolate a stare negli estremi di un quadrato di lato
a  26.0 cm , di valori come in figura. Sapendo che q1  q  1.40 μC , si trovino la direzione e l’intensità della forza risultante su q2 e su q 3 .


[R: F2  1.40  10-3 N , 2  165 , F3  1.78 103 N , 3  76.3 ]
a
q1
q 4   3q 1
d
19. Due palloncini di forma approssimativamente sferica con raggio r  0.100 m , sono
pieni di un gas più leggero dell’aria. Le loro superfici vengono caricate negativamente
per strofinio, in modo che su ciascuno di essi si depositi una carica
di
Q  3.20  106 C , e poi vengono legati in terra come indicato in figura. Si osserva che i
due fili formano un angolo  tale che tan( / 2)  0.300 . Calcolare la distanza d fra i
centri dei due palloncini. Si assuma per la densità dell’aria   1.29 kg/m 3 e si trascuri

il peso dei palloncini, sapendo che verso l’alto agisce la spinta di Archimede A pari al
peso dell’aria spostata.
[R: 0.695 m ]
α
20. Due palline isolanti sono appese a dei fili di massa trascurabile, come in figura.
Ognuna ha una massa di m  0.200 g ed una carica ignota q , uguale a quella dell’altra
15.0
15.0
d
21. Un palloncino sferico, pieno di aria, ha una massa di m  4.00  103 kg ed è ca-

rico di una quantità Q1  1.50 106 C . Esso è appeso al soffitto in modo in cui pos-
a
sa orbitare attorno ad una carica puntiforme negativa Q2 ancorata al pavimento co-
Q1
Q2
QA
verticalmente in basso
da una forza d’intensità complessiva
150 N e che
6
QA  QB  7.40 10 C , si trovi il valore di QC .
[R: 6.25  107 C ]

5.00 cm
me in figura. Sapendo che l’angolo che il filo forma con la verticale è   45.0 , che
il filo è lungo a  2.50 m e che il palloncino compie 30 giri in un minuto, trovare il
valore di Q2 .
[R: 8.92  105 C ]
22. Tre cariche sono vincolate nei vertici di un triangolo isoscele ABC di base
AB  5.00 cm ed angolo alla base    / 6 , come in figura. Sapendo che QC è tirata
QC

FC
ma di segno opposto. In seguito all’attrazione i fili formano un angolo di 15.0 con la verticale, e la distanza fra i centri vale d  3.50 cm . Trovare l’intensità della forza su ogni
pallina, la carica sulle palline e la tensione dei fili.
[R: 5.26  104 N , 0.847  108 C , 2.03  103 N ]
QB
9. Azione a distanza
Come possono due corpi interagire senza toccarsi?
L’idea di interazione fra corpi è stata sempre associata all’idea di un contatto: la possibilità
che un oggetto potesse esercitare un’azione in una regione di spazio dove esso non si trovava materialmente, ha costituito per lungo tempo un ostacolo concettuale alla comprensione del funzionamento della realtà. Ad esempio il rifiuto della possibilità di un’azione a
distanza costituiva uno dei presupposti della teoria dell’ horror vacui, che dominò
l’approccio scientifico medievale. Tale teoria respingeva con decisione l’esistenza dello
spazio vuoto, perché esso avrebbe consentito di pensare ad un’ interazione fra due corpi
senza che vi fosse né il contatto diretto né la mediazione di un fluido interposto7. Astra7
Addirittura Aristotele arrivò a sostenere che quando si lancia una pietra, nel momento in cui viene meno il contatto con
la mano, la forza che si riteneva necessario agisse continuamente su di essa affinché il moto proseguisse, proveniva
168
zioni come quelle di Galileo, che ipotizzò la caduta dei gravi in uno spazio in assenza
d’aria, furono un formidabile sforzo di immaginazione. Anche la formulazione della legge
di gravitazione universale da parte di Newton8 era sospetta di basarsi sul modello di attrazione a distanza, e per questo venne inizialmente guardata con diffidenza da qualcuno. Tuttavia Newton si limitò a registrare l’efficacia del modello proposto, e non azzardò
mai tentativi di spiegazione del meccanismo di funzionamento che vi stava dietro, forse
proprio perché anche lui associava l’idea di interagire a distanza a qualcosa di simile ad
una credenza occulta.
Che problemi pone l’azione a distanza, nell’ambito delle interazioni elettriche?
Il problema del meccanismo che realmente governava l’attrazione e la repulsione fra due
cariche, si impose all’attenzione di uno dei pionieri in questo ambito, il fisico inglese Michael Faraday (1791-1867). Egli trovava del tutto insoddisfacente l’interpretazione della
forza elettrica in termini di azione a distanza, e riteneva che lo spazio interposto dovesse
giocare un ruolo importante. Alcune delle sue obiezioni possono essere riassunte nei punti seguenti:
Un problema di causa ed effetto.
Poniamo che una carica A ed una carica B, di segno discorde, siano poste ad una
certa distanza r nello spazio vuoto. Per poter interagire secondo la legge di Coulomb,
cioè attrarre la B con una forza di intensità k | qAqB | / r 2 , la carica A necessita di
alcune informazioni preliminari. Essa dovrebbe percepire in anticipo l’esistenza di B
e conoscere il suo esatto valore e la sua distanza. Soltanto allora potrà “lanciare un
segnale” nella direzione di B, avente la giusta intensità. La carica A dovrebbe, in
qualche misterioso modo, proiettarsi al di fuori di sé stessa, esplorare l’ambiente,
raccogliere le necessarie informazioni e dopo interagire.
Un problema di istantaneità.
Ammesso che la carica A possegga le informazioni che possono permetterle di
attrarre B nel giusto modo, potrebbe accadere che la posizione ed il valore di B non
siano costanti. Se B si stesse ad esempio allontanando da A, la forza sarebbe
“inviata” da A nella posizione in cui si trovava inizialmente B e, quindi,
giungerebbe in un punto vuoto dello spazio. Oppure, nel caso in cui fosse il valore di
B a mutare, vi giungerebbe con una intensità errata. Sembrerebbe che A debba
procedere ad una rimodulazione del segnale ogni volta che B si sposta o varia.
Questo paradosso, in realtà, è uno degli aspetti di una questione più fondamentale, e
cioè se l’interazione impieghi un certo tempo per propagarsi da A verso B oppure
sia istantane.
Come possiamo uscire da questi paradossi ?
E’ necessario cambiare completamente prospettiva, abbandonando la convinzione
che la carica A eserciti un’azione solamente se si trova in presenza di un’altra carica
B. Serve un nuovo punto di vista che permetta di inquadrare la situazione ritenendo
che la carica A, anche se si trova sola nello spazio vuoto, manifesti comunque la sua
presenza conferendo allo spazio stesso delle proprietà che prima non aveva.
Nel momento in cui la carica A viene posta in un punto, in tutto lo spazio intorno, sia
esso vuoto od occupato da altre cariche, viene a crearsi uno stato di cose nuovo: una
condizione fisica che prima non c’era.
dall’aria. Questa, spostatasi da davanti all’oggetto si raccoglieva dietro di esso fornendo una (sempre più debole) spinta in
avanti. Era un modello curioso in cui l’aria faceva contemporaneamente da contrasto e da propulsore.
8 Nella sua opera, pietra miliare della fisica, Philosòphiae Naturalis Principia Mathematica, 1687.
169

F

F /q p
qp
rˆ
Q

F
rˆ
Q

F /q p
qp
E se la carica A stessa cambia di posizione o di valore, anche la condizione fisica di
tutti i punti dello spazio circostante cambiano di conseguenza. Dato che però
nessuno ha mai rivelato l’esistenza di segnali che si propaghino istantaneamente,
anche in questo caso ci vorrà del tempo affinché ogni eventuale modifica della
posizione, o del valore di A, possa essere percepita tutt’intorno, conferendo così allo
spazio il nuovo assetto fisico. Quando poi una seconda carica B viene posta ad una
certa distanza dalla A, troverà che lo spazio nella posizione in cui va a mettersi
possiede già uno stato fisico, di cui B risente in termini di una forza che agisce su di
essa. A questo stato fisico dello spazio si dà il nome di campo elettrico: esso fa da
tramite all’interazione fra A e B e l’idea di una azione a distanza diviene superflua.
Se poi B si muove, non è necessario che A moduli il suo segnale per interagire
secondo quanto previsto dalla legge di Coulomb: i nuovi punti dello spazio dove B
andrà a posizionarsi sono già nello stato fisico che occorre. Se invece un certo corpo
viene elettrizzato, nel momento in cui si venisse a trovare in una regione dello spazio
sede di un campo elettrico, questo risentirà immediatamente dell’effetto delle altre
cariche che sono all’origine del campo stesso, senza bisogno che venga inviato loro
alcun segnale informativo preliminare. Viceversa il campo originato dal corpo
appena elettrizzato impiegherà del tempo per conferire le sue proprietà allo spazio
circostante, sovrapponendosi agli altri campi esistenti. In questo tipo di approccio
quindi non esiste il problema dell’azione a distanza perché è il campo ad esercitare la
forza9.
Come possiamo definire operativamente il campo elettrico?
Una grandezza che si presta bene a descrivere la condizione fisica dello spazio che è
sede di un campo elettrico, è la forza che agisce su di una carica puntiforme di
valore pari all’unità di misura: nel caso del sistema internazionale quindi una carica
pari ad 1 C . Associamo quindi ad ogni punto un vettore che abbia per intensità e
verso quello della forza che agirebbe su di una carica puntiforme, positiva, pari ad
1 C : questo vettore ci fornisce la forza che agisce su ogni Coulomb di carica
presente, per sapere quale forza agisce su di una carica del valore di Q Coulomb,
basterà quindi moltiplicarlo per Q .
In termini operativi, tuttavia, misurare, nel punto P dello spazio, direzione e verso della
forza che agisce su ogni Coulomb di carica, significa porre materialmente una carica
puntiforme di 1 C in P e misurare la forza su di essa. Tuttavia l’introduzione di una
nuova carica, specie se di valore non trascurabile, ha l’effetto di modificare la
distribuzione nello spazio delle altre cariche, e conseguentemente il valore del loro campo
nel punto P. Supponiamo, ad esempio, di voler misurare il campo elettrico poco fuori ad
un conduttore metallico carico. La presenza di una ulteriore carica di 1 C modifica la
posizione delle cariche mobili sul conduttore (è il fenomeno noto come induzione elettrica):
in qualche modo il nostro processo di misura influisce su ciò che si desidera misurare. Questo
effetto di disturbo sarà tuttavia trascurabile quanto più lo sarà l’azione della carica di
misura rispetto alle altre: il problema è però che una carica di 1 Coulomb è un valore
abbastanza consistente. Allora converrà prendere una carica che sia il più debole possibile,
in modo da non disturbare la configurazione, e misurare, anziché la forza su di una carica

che vale 1, il rapporto fra la l’intensità della forza F che si registra, e la carica di prova,

molto piccola, q p che vi si è posta: F /q p . Infatti questo rapporto ha lo stesso valore
numerico della forza che agisce su di una carica che vale 1C , ed è importante convincersi
che esso non dipende dalla carica q p che abbiamo scelto: lo si vede chiaramente nel caso
9
Questo comporta che, nelle interazioni non “a contatto”, vi sia il problema di una temporanea, brevissima violazione
del principio di azione e reazione. Come si vedrà, la soluzione è quella di attribuire una certa quantità di moto al campo
stesso e subordinare la terza legge di Newton rispetto al principio di conservazione della quantità di moto.
170
semplice del campo generato da una carica anch’essa puntiforme ma di valore Q . Dato che
il valore di q p figura anche nella legge di Coulomb, questo si semplifica:

F
1

qp
qp
 Qq p
k
 r 2

Q
rˆ  k 2 rˆ

r
Il versore rˆ è per definizione uscente da Q , e per raffigurare la forza che agisce su q p
dobbiamo riferirci al suo rappresentante applicato dove si trova q p .
Cosa succede se cambiamo la carica di prova oppure la prendiamo negativa?
E’ questo l’aspetto più efficace della nostra definizione operativa: se q p cambia di valore o

di segno, cambiano senz’altro sia l’intensità che la direzione della forza F su di essa, ma

non cambia il rapporto F /q p , che, come si vede dalla formula sopra, rimane uguale a
prima tanto in intensità quanto in direzione. Se anziché avere a che fare con il campo
generato da una carica puntiforme come Q abbiamo una distribuzione estesa di cariche,
possiamo senz’altro avvalerci dei ragionamenti qui fatti, grazie al principio di
sovrapposizione, pensando che su q p agiscono congiuntamente tutte le cariche
puntiformi da cui possiamo immaginare composta la distribuzione estesa.
Cos’è quindi il campo elettrico?
Campo Elettrico
è il nome che si dà alla condizione fisica che si crea nello spazio in presenza di una

qualsiasi caricaQ . Viene misurata attraverso una grandezza fisica vettoriale E che
fornisce la forza per unità di carica10:


F
E
qp

dove q p è una qualunque carica di prova ed F la forza che agisce su di essa; il valore di

F / q p va inteso come misurato nel caso limite in cui q p è così debole da non alterare la

configurazione che origina F .
In quanto rapporto fra una forza ed una carica, l’intensità del vettore campo elettrico
si misura in Newton al Coulomb: N / C . In base alla definizione, il campo elettrico di
una carica puntiforme è espresso dalla formula:

E
1 Q
rˆ
40 r 2
C (0;1)
Esercizi
23. Due cariche QA  1.0 106 C e QB  1.0  106 C sono poste rispettivamente nei
punti A(1; 0) e B(1; 0) . Calcolare intensità, componenti x e y , direzione e verso del

campo elettrico E nel punto C (0;1) .
[R]
Dalle coordinate dei punti si ha che A, B e C sono i vertici di un triangolo metà di un
quadrato. Di conseguenza nel punto C avremo:
Il segno “  ” indica che non si stanno comparando dei valori numerici , ma che si sta solamente dando un nome al rap
porto F / q p . L’idea nuova è a destra dell’uguale, non a sinistra!
10
171
QA
A( 1; 0)
QB
B (1; 0)

Q
9.0  109  1.0  106 N
N
| E A | k A 2 
 4.5  103
2
C
C
AC
 2

EA
C (0;1)


EA  EB

| Q | 9.0  109  1.0  106 N
N
| EB | k B 2 
 4.5  103
2
C
C
BC
 2

EB

4
QA
QB
Calcoliamo le componenti lungo gli assi del campo dovuto aQA :


2 N
N
EAx | EA | cos  4.5  103 
 3.2  103
4
2 C
C


2
N
N
EAy | EA | sin  4.5  103 
 3.2  103
4
2 C
C

Per le componenti del campo dovuto aQB , prendendo il corretto angolo che EB

EA

4
forma con le ascisse ( 7 / 4 ) si ottiene direttamente il segno:

7 
2 N
N
EBx | EB | cos     4.5  103 
 3.2  103
4 
2 C
C


7 
2  N
N

EBy | EB | sin    4.5  103  
 3.2  103
4 
 2  C
C
(in alternativa si poteva usare  / 4 come angolo e mettere il segno manualmente). Il



risultante E  EA  E B secondo la regola del parallelogramma si ottiene sommando
le componenti x ed y :
N
N
 6.4  103
C
C
N
N
Ey  E Ay  EBy  (3.2  103  3.2  103 )
 0.0
C
C
e la direzione è quella parallela all’asse delle ascisse, il verso quello positivo, come si

desume dalla simmetria ed anche dal fatto che E forma con l’asse x un angolo 

tale che   arctg Ey / Ex   arctg (0)  0 . L’intensità di E
vale invece:

| E | E x2  Ey2  6.4  103 N/C
Ex  EAx  EBx  (3.2  103  3.2  10 3 )
7

4

EB
24. Una carica puntiforme di prova q p  5.0  109 C viene posta in una regione dello

spazio dove sperimenta una forza F  (50.0 N; 75.0 N) . Quanto vale il campo elettrico
QA
3
QB
1
in quel punto? Si dica se è possibile, ed ha senso, dedurre da questo dato informazioni
sulla distribuzione di carica che ha generato tale campo.
[R]
25. Si osserva che una pallina di polistirolo di massa m  30.0 g rimane sospesa in una
1
3

E
regione di spazio dove è presente un campo elettrico verticale, diretto in alto, d’intensità

E  5.50  103 N/ C . Quant’è la carica sulla pallina?
[R]
26. Due cariche QA  1.3 106 C e QB  1.6  106 C sono poste rispettivamente
134
nei punti A(1; 3) e B( 3 ;1) . Calcolare intensità, componenti x e y , direzione e
verso del campo elettrico nell’origine e disegnarli.
1
P (1;1)

EB
QB
QA
1
[R]

27. Nel punto P (1;1) si misura un campo E del valore di 6.0  103 N/C la cui
direzione orientata forma un angolo di 134 con l’asse delle ascisse. Sapendo che
nell’origine si trova una caricaQA  2.2  106 C , e sapendo che nel punto (1; 0) si
trova un’altra carica, incognita ma di valore positivo QB , se ne calcoli il valore.

Disegnare la direzione ed il verso del campo E dovuto a ciascuna delle due cariche
nel punto P .
[R]
172
28. Se poniamo una carica in una regione sede di un campo elettrico, e se questa
carica è così piccola da non disturbare la configurazione esistente, essa si muoverà
per effetto delle forze elettriche che agiscono su di essa. Si può dire, in generale, che
la sua traiettoria seguirà le linee di campo? La risposta è sì solo nel caso in cui le linee
di campo siano rettilinee, altrimenti, se sono curve, (ad esempio come nel caso del
campo generato da due cariche poste a ad una certa distanza), questo non è vero.
Perché?
[R]
QA
( 2; 2)
(2;1)
29. Due sfere metalliche identiche, cariche con QA  1.7  106 C la prima, e con
6
QB  1.2  10
QB
C la seconda, di dimensioni così piccole rispetto alle distanze qui
coinvolte da poter essere considerate puntiformi, si trovano nei punti A(1; 0) e
(2;  1)
B(3; 0) . Calcolare il valore del campo elettrico nel punto P (1; 1) (intensità, Q
C
componenti x, y , direzione e verso). Successivamente esse sono poste a contatto e poi
riportate nelle loro posizioni originarie. Calcolare di nuovo il valore del campo
elettrico nel medesimo punto (1; 1) . Dopo ancora esse, sempre successivamente al
contatto, vengono scambiate di posto. Calcolare ancora il valore del campo elettrico
sempre in (1; 1) .
[R]
30. Una carica di prova QA  1.8  107 C
viene posta nel punto A(-2;2) ed essa
QA
QB
1
1
1
subisce una forza di intensità 1.0  104 N . Sapendo che nel punto B(2;1) c’è una
carica positiva di valore incognito QB  Q , e che nel punto C(-2,-1) una carica di
valoreQC  2Q , si calcoli Q .
3
P (1;  1)
[R]
QA
nei punti A( 3 /2 ; 0) e B(0;1/ 2) . Calcolare intensità direzione e verso del campo
elettrico nel puntoC ( 3 / 2; 0) . Calcolare inoltre la forza da esse esercitata su di un
QB
(0; 12 )
31. Due cariche QA  0.50  106 C e QB  0.60  106 C sono poste rispettivamente
(
C
3 ; 0)
2
O
(
3 ; 0)
2
nucleo11 di elio 42 He posto in C. Dire quale accelerazione acquista il nucleo di elio per
effetto di tale forza.
[R]
y
Come si calcola il campo elettrico di un anello uniformemente carico?
A titolo di esempio calcoleremo il campo prodotto da un oggetto esteso, su cui sia distribuito uniformemente un quantitativo complessivo di carica Q . Per la sua geometria particolarmente semplice prenderemo in considerazione un anello di raggio R . Fissiamo un
riferimento cartesiano nello spazio con gli assi x ed y nel piano dell’anello, e l’asse z
perpendicolare ad esso dal punto centrale, dove fissiamo anche l’origine. Ci proponiamo

di calcolare E in un punto P sull’asse dell’anello, a distanza z dal centro. Immagineremo di suddividere l’anello in tanti trattini ciascuno di lunghezza così piccola rispetto al
valore di z da potersi considerare come tante cariche puntiformi q1 , q2 , q 3 … la cui
somma è chiaramente la carica complessiva Q . Ognuna di esse, ad esempio la carica q1
in figura, produce un campo nel punto P ch e può essere scomposto in un vettore parallelo all’asse e uno perpendicolare ad esso. La simmetria dell’anello fa sì che per ogni micro
carica q1 ve ne sia un’altra q1 diametralmente opposta che produce un campo E ugua
le ed opposto al suo. Pertanto il campo risultante sarà la somma dei soli contributi E ,
ognuno dei quali risulta:
11Per
A
un elemento X la scrittura Z X indica in alto a sinistra la massa atomica (o numero di massa), ed in basso a sinistra il
4
numero atomico, cioè la carica (positiva) del nucleo. Il nucleo di 2 He ha quindi massa atomica 4 e numero atomico 2.
173
x
P
y
z
q1
x
R
r


E
z


E

E1
y


 z
E  E1 cos   E1 
r
q1
x
dove la relazione cos   z /r si ottiene osservando che il coseno dell’angolo  che il
campo forma con l’asse è sempre dato dal rapporto fra il cateto adiacente ad esso (che qui
 ha misura z ) e l’ipotenusa nel corrispondente triagolo rettangolo, (che qui ha misura r )
E1
. Il campo totale coincide quindi con la somma delle sole componenti parallele all’asse,
quindi è diretto lungo l’asse, uscente dall’anello e la sua intensità vale:


E


E
q1
z



E  E1 cos   E2 cos   ...
Sostituendo la formula di Coulomb per l’intensità dei singoli campi e l’espressione per il
coseno trovata sopra:
q
 z

q
z
z
E  k  1  2  ...   k(q1  q2  ...) 
 kQ 

2
2
3

 r
r
r
r
r3


E
Come varia l’intensità del campo allontaandoci lungo l’asse?

E
Per il teorema di Pitagora, la distanza r di ciascuna carica dal punto dove vogliamo cal
colare E risulta r  R2  z 2 e sostituendo si ottiene un’espressione per l’intensità del
z campo elettrico, che mette in evidenza la dipendenza dalla distanza z lungo l’asse
dell’anello :

z
E  kQ 
2
(R  z 2 )3/2

E
Come si vede l’intensità del campo elettrico vale zero nel centro dell’anello, dove z  0 ,
mentre a grande distanza, dove z è molto maggiore di R , può essere approssimato po
nendo R  0 nella formula ed ottenendo E  kQ /z 2 , cioèun andamento che decresce
come farebbe se l’anello fosse una carica puntiforme. Pertanto il campo, che parte nullo
nel centro dell’anello, dovrà prima crescere se dopo deve decrescere come l’inverso del
quadrato della coordinata lungo l’asse. E se prima cresce e poi decresce, ci sarà un massimo di intensità in un punto intermedio. Calcoli dettagliati mostrano che tale massimo si
ha quando   54.7 . L’andamento qualitativo dell’intensitàè proposto qui a lato.

E
intenso
debole
10. Linee di campo
Al fisico inglese Michael Faraday (1791-1867) si deve l’idea di rappresentare il campo
elettrico attraverso delle linee continue orientate, dette linee di campo (o anche linee di
forza). La direzione ed il verso delle linee sono quelle del campo elettrico; l’intensità è
espressa invece dalla densità delle linee: più queste sono fitte (come avviene in prossimità
di una carica), maggiore è il campo elettrico. Più nel dettaglio:
(1) La linea di campo è continua ed orientata: la sua direzione è tale che in ogni suo

punto il vettore E sia ad essa tangente ed equiverso.
(2) Le linee di campo hanno verso uscente da una carica positiva (coerentemente col
fatto che devono respingere cariche positive), entrante in una negativa (in modo che
174
la forza su cariche positive risulti attrattiva). Nascono nelle cariche positive (o
dall’infinito) e terminano nelle cariche negative (o all’infinito)12.
(3) Più le linee sono vicine fra loro, più intenso è il campo. A tal proposito si usa il
criterio di Faraday: presa una superficie che in ogni punto sia attraversata
perpendicolarmente dalle linee di campo, si assume che quanto più sono numerose
le linee che “bucano” tale superficie, tanto più intenso è il campo elettrico in quella
regione.
(4) Le linee di campo non si intersecano mai perché se così fosse vi sarebbe una
ambiguità sulla tangente nel punto di intersezione.

E?

E?
 La Controfisica
q
Una piccola carica di prova posta in
una regione sede di campo elettrico, in
generale non si sposta seguendo le linee di
campo: se queste sono curve infatti, ci
sarebbe bisogno di una componente
centripeta nella forza, mentre le linee
di campo sono per definizione
tangenti alla forza che sta agendo sulla
carica stessa.
q
Q
Qual è l’andamento delle linee di campo di una coppia di cariche?
Vediamo di seguito la rappresentazione del campo elettrico generato da un dipolo13, cioè
una coppia di cariche di stesso valore assoluto q e segno opposto, e da una coppia di
cariche positive di uguale valore q . Come si vede le linee si infittiscono in prossimità della
carica, dove il campo si fa più intenso. Osservando il disegno possiamo ritrovare l’idea
che Faraday aveva di queste linee, pensando ad esse come se fossero degli elastici tesi
sopra ad un contorno eventualmente curvo: la loro tendenza a contrarsi esprimeva
l’attrazione fra le cariche di segno opposto. Nell’immagine mentale del grande scienziato
inglese, inoltre, la forza repulsiva fra cariche di uguale segno poteva essere visualizzata
pensando che ogni linea tendeva a respingere le vicine.
q
q
q
q
E’ possibile usare le linee di campo come uno strumento quantitativo?
La rappresentazione diviene quantitativa una volta deciso il numero N di linee da
associare ad un Coulomb di carica. Fissato N , seguendo il criterio che il numero di linee
12Lontano
dalle sorgenti le linee di forza del campo elettrico sono linee aperte: percorrendole sempre nello stesso verso
non si ritornerebbe mai al punto di partenza
13 Il dipolo è una struttura elementare che permette di approssimare molte situazioni complesse. Ad esempio la molecola
dell’acqua, anche se neutra, ha una distribuzione asimmetrica della carica in quanto l’Ossigeno attira a sé l’elettrone
dell’Idrogeno lasciandone esposto il protone. Questa configurazione si comporta come un dipolo, e l’attrazione elettrostatica che la differente disolcazione delle cariche di segno opposto permette di esercitare sulle sostanze, fa dell’acqua un
ottimo solvente.
175

E
 La Controfisica
Consideriamo “l’asterisco gigante” che
in un disegno a due dimensioni raffigura le
linee di campo di una carica
puntiforme. Se raddoppiamo la
distanza dalla carica, si raddoppia pure
la distanza che separa le linee, (data dal
perimetro della circonferenza centrata
nella carica diviso per il loro numero).
Ma raddoppiando la distanza di
separazione si dimezza la densità delle
linee, e questo, nel criterio di Faraday
significa dimezzamento del campo. La
legge di Coulomb però prevede che il
campo decresca con il quadrato del
raggio, e quindi al raddoppio del
raggio il campo si dovrebbe ridurre ad
un quarto del suo valore. Ma è
impossibile raffigurare in un disegno
a due dimensioni questo tipo di
diminuzione d’intensità, quindi le
linee di campo possono essere usate
quantitativamente solo con una
rappresentazione nelle tre dimensioni.
dev’essere direttamente proporzionale alla carica14, (cioè da una carica doppia devono
uscire il doppio delle linee, da una tripla il triplo eccetera), raffigureremo il campo di una
carica q tramite qN linee. Se quindi due cariche differenti sono poste vicine, le linee di
campo che escono (od entrano) da quella di valore maggiore saranno proporzionalmente
più numerose di quelle che entrano (od escono) in quella minore. Nelle figure vi sono due
casi molto semplici, dove si è scelto N  1 , (i valori indicati sono in Coulomb). Qui il
numero di linee che entrano ed escono in ciascuna carica è proporzionale ai rispettivi
valori, quindi dal solo disegno si può avere l’intensità del campo elettrico.
8

T

qE
10
campo campo diminuisce come 1/r 2 .
Esercizi
32. Si esprimano l’angolo  e la tensione del filo a cui è appesa una pallina di massa

m e carica q  0 che si trovi in equilibrio nel campo E orizzontale in figura.

mg

T

qE
A
8
Va però ricordato che una corretta rappresentazione quantitativa tramite le linee di
campo è possibile solo in tre dimensioni. Un disegno in due dimensioni non potrà mai
essere coerente anche con il fatto che quando ci si allontana dalle cariche, l’intensità del

 
mg
12

E
Applicando il secondo principio della dinamica in forma vettoriale, all’equilibrio si
deve avere:




T  qE W  0
e quindi le tre forze agenti sulla carica sono i lati di un triangolo. Tale triangolo


dev’essere rettangolo dato che qE  W pertanto:


tan   q E /mg    arctan q E /mg

mentre dal teorema di Pitagora:
B



T  (mg )2  (q E )2
33. Due particelle cariche identiche sono tenute ferme nelle posizioni A e B in figura.
Si dica su quale delle due dobbiamo esercitare la forza più intensa per mantenere
l’equilibrio. Se ad un dato istante le cariche sono libere di andare, si dica quale delle
due partirà con la maggiore accelerazione.
[R]
34. Con riferimento alla figura si calcoli il valore della carica negativa supponendo
noto quello della carica positiva q2 .
[R: q1  4q2 / 7 ]
14
Infatti, se poniamo vicine due cariche uguali, ad una distanza molto maggiore della loro separazione dovremmo osservare lo stesso campo di una carica singola di valore doppio. E poiché due cariche uguali producono il doppio delle linee,
anche una carica singola di valore doppio produrrà il doppio delle linee, e così via.
176
11. Il campo elettrico nei conduttori
Poniamo che il conduttore, lontano da altre sorgenti di campo elettrico, contenga
un eccesso di cariche positive o negative: la densità media di carica non sarà zero
come nel caso in cui è neutro, tuttavia, dopo una fase temporanea in cui si assiste ad
una loro ri-sistemazione per effetto della reciproca interazione, il conduttore si
porterà in una condizione stabile detta equilibrio elettrostatico. La configurazione in
cui queste cariche in eccesso si dispongono è intuitiva: essendo il movimento libero, la
repulsione fa si che esse si allontanino quanto più è loro consentito e quindi
andranno a posizionarsi entro uno strato superficiale profondo pochi diametri
atomici.
Quanto vale il campo elettrico all’interno di un conduttore carico?
Come abbiamo visto, le cariche in eccesso su di un conduttore si muovono finché
non raggiungono una configurazione di equilibrio. In equilibrio elettrostatico non c’è
movimento d’insieme delle cariche, quindi entro il conduttore il campo elettrico deve
essere zero, altrimenti le cariche mobili all’interno si sposterebbero e la
configurazione non sarebbe stabile nel tempo.
?

E

En

Et

E
 
E0
Come è orientato il campo elettrico sulla superficie di un conduttore carico?

Si potrebbe erroneamente supporre che E possa essere orientato in qualunque

modo, e che abbia una componente tangenziale Et rispetto alla superficie, ed una




normale En , in modo che risulti E  Et  En . Tuttavia, la condizione di equilibrio
porta a concludere che la componente tangenziale deve essere nulla. In caso
contrario, infatti, gli elettroni di conduzione sarebbero sottoposti ad un campo
elettrico medio non nullo su una scala più grande di quella atomica, in grado di
produrre un moto ordinato d’insieme. Si avrebbe così uno scorrimento degli elettroni
di conduzione parallelamente alla superficie, cosa non compatibile con lo stato di
equilibrio che abbiamo supposto. Il campo elettrico sulla superficie del conduttore
avrà pertanto direzione normale. Un eccesso di carica positiva produce un verso del
campo uscente dal conduttore, in modo da respingere cariche positive ed attrarre
cariche negative; un eccesso di carica negativa produce un verso entrante del campo,
coerentemente col fatto che deve attrarre cariche positive e respigere cariche
negative.
Quanto vale il campo elettrico in una cavità all’interno di un conduttore?
Immaginiamo un conduttore carico in equilibrio, con dentro un tarlo metallico che
vada man mano divorando l’interno del conduttore stesso. Come si è visto, in
condizioni di equilibrio, tale regione è neutra e pertanto il nostro tarlo può
mangiarne a piacimento senza che si violi la legge di conservazione della carica. Ma
la sua neutralità comporta anche che essa non contribuisce al campo che
complessivamente generano le cariche poste sul conduttore, e, pertanto, la sua

rimozione non può alterare il valore di E . Il campo elettrico, quindi, continuerà ad
essere nullo anche nelle regioni vuote che il tarlo va scavando, così come era nullo
quando esse erano riempite di materiale metallico.
Cosa succede in prossimità delle punte di un conduttore?
Un conduttore irregolare può presentare delle regioni “a punta”: si dice che in tali
zone il raggio di curvatura è maggiore, (il raggio R della sfera che localmente vi
combacia). Se il conduttore viene caricato, il campo nelle regioni a punta è più intenso:
graficamente lo rappresenteremo con linee più fitte. Ci si può convincere di questa
maggiore intensità analizzando le forze agenti su di un qualunque elettrone dello
strato superficiale di un conduttore carico, ad esempio negativamente. Perché
177
 
E 0

E

FAC
B
A
n̂

FAB
C
piccolo R di
curvatura
R di curvatura
negativo
grande R di
curvatura
l’elettrone resti in equilibrio è necessario che lungo la superficie venga spinto con
uguale intensità verso destra come verso sinistra. Visto che la forza di Coulomb
diminuisce in modo inversamente proporzionale al quadrato della distanza, gli
elettroni in eccesso saranno in equilibrio elettrostatico quando è massima la distanza
reciproca: su di una superficie con curvatura che non cambia questo significa che essi
si disporranno equispaziati gli uni dagli altri. Ma se la curvatura lungo la superficie
cambia, il raggiungimento dell’equilibrio comporta una maggiore concentrazione
degli elettroni in eccesso nella punte, e quindi una spaziatura non costante.
Consideriamo, sull’elettrone A in figura, la repulsione di due elettroni vicini B e C
aventi la stessa distanza da esso, però con C dalla parte in cui la superficie forma
una punta. L’intensità della repulsione è uguale nei due casi, tuttavia A e B occupano

una regione piatta del conduttore e quindi la forza FAB , diretta lungo la
congiungente le particelle, spinge quasi interamente lungo la superficie. La forza
repulsiva che proviene da C è sempre diretta lungo la congiungente, che ora però

attraversa il conduttore. Al contrario di prima, a causa della curvatura, FAC non è
più parallela al bordo del conduttore e la sua componente lungo la superficie è

quindi minore di quella di FAB . Per rendere uguali le due spinte lungo la superficie

dobbiamo aumentare l’intensità di FAC . Questo si ha se gli elettroni A e C si
dispongono più vicini di quanto non siano A e B. Quindi la componente di forza
parallela alla superficie costringe gli elettroni in eccesso a concentrarsi nelle punte
finché le repulsioni non si bilanciano e si raggiunge l’equilibrio.
Allora il campo elettrico è più intenso in prossimità della punte?
Il campo in prossimità della superficie di un conduttore è più intenso in prossimità
delle regioni che possono essere approssimate con sfere di raggio più piccolo. Con
ragionamenti analoghi a sopra, si può dimostrare che dove la concavità volge
all’esterno, il campo, invece, è tanto maggiore quanto più grande è il raggio della sfera, (in
questo caso, esterna). Riassumendo:
Il campo elettrico generato da un conduttore carico:
1. è nullo nelle regioni interne e nelle cavità;
2. è perpendicolare alla superficie;
3. è tanto più intenso quanto più la regione risulta “appuntita”.
Cosa si intende per “potere delle punte”?
L’elevato valore del campo elettrico in prossimità delle regioni appuntite, è il
principio per cui un parafulmine, oppure un albero isolato su di una collina,
costituiscono una via preferenziale verso terra per le scariche elettriche che
accompagnano un temporale. Le nubi, che si caricano tramite un processo alquanto
complesso15, producono, per induzione (oppure polarizzazione), una localizzazione
di carica positiva sulla superficie terrestre. Rispetto al suolo, parafulmini o cime di
alberi possono essere schematizzate come delle punte che si ergono sopra ad una
regione piatta16. Per effetto dell’elevato campo in prossimità di una punta carica, gli
ioni liberi di entrambi i segni, sempre presenti in aria, accelerano, causando una sorta
di effetto valanga per cui essi urtando altre particelle neutre le ionizzano a loro volta.
In questo modo vengono attratti dal conduttore gli ioni che hanno segno opposto al
15
Nelle nubi si ha separazione di carica (positiva in alto e negativa in basso, a 3-4 km da terra) per effetto del campo elettrico terrestre (circa 20 N/C verso il basso) e della differente interazione delle gocce d’acqua con gli ioni lenti positivi e
negativi, che sono sempre presenti nell’atmosfera.
16 Il fenomeno del fulmine, assai vario e complesso, comporta una prima scarica guida in cui le particelle negative sulla
nube, scendendo, vanno costruendo una sorta di filo conduttore nell’aria. Attraverso di esso passa la cosiddetta scarica di
ritorno, per cui, a partire dalle particelle cariche nella parte più vicina a terra, si ha una violenta discesa verso il basso che,
lasciando sopra di essa tratti carichi positivamente auto alimenta il processo. L’intesa emissione luminosa che accompagna la scarica parte quindi dal basso verso l’alto, ed un fulmine scarica a terra: mediamente 20 C.
178
suo, e lo vanno progressivamente scaricando. Contemporaneamente, gli ioni dello
stesso segno del conduttore vanno creando una sorta di vento d’aria ionizzata, ben
visibile se si pone la punta vicino alla fiamma di una candela, che si piegherà da un
lato fino a spegnersi del tutto.
Cosa succede ad un conduttore neutro posto in un campo elettrico?
Un campo elettrico induce cariche di segno opposto sulle facce di un conduttore. Se
infatti è presente un campo elettrico esterno, anche se il conduttore è neutro, durante
una prima fase transitoria le cariche libere di muoversi andranno a disporsi sulla
superficie. Quando si sarà raggiunto l’equilibrio elettrostatico, il campo da esse
generato annullerà quello esterno sovrapponendosi ad esso nella regione occupata
dal conduttore. Affinché ciò accada dovremo però avere cariche di segno diverso
sullo strato superficiale del conduttore, come si vede in figura.
Esercizi
35. Considerati i punti A,B,C,D,E,F,G,H del conduttore cavo e carico qui a lato, si
mettano in ordine di intensità i rispettivi campi elettrici.
In fondo alla scala dell’intensità ci sono le regioni E ed F dove il campo è nullo
(rispettivamente in quanto punto interno ad una cavità e punto interno ad un
conduttore. Poi a seguire vengono le zone G ed H in cui la concavità è verso
l’esterno Fra di esse come sappiamo, più grande è il raggio della sfera che
approssima il conduttore maggiore è il campo, quindi in ordine crescente si ha H e
poi G. Sopra ancora viene C, dove il conduttore è piatto: il raggio della sfera che lo
approssima è infinitamente grande. Si passa poi ai punti in cui la concavità è verso
l’interno, dove l’intensità cresce al diminuire del raggio della sfera di curvatura, per
cui si ha D, poi B ed infine la punta A dove il raggio è piccolissimo.
36. Supponendo che il conduttore avente la forma qui a lato sia carico, si descriva
l’intensità (relativa) del campo elettrico nelle regioni A,B,C,D,E,F associando a
ciascuna un aggettivo fra i seguenti: nulla, debole, media, forte.
[R: E nulla, A-D debole, C-F media, E-B forte]
37. Si provino a disegnare le linee di campo per la coppia di conduttori carichi di
segno opposto qui raffigurata.
[R]
12. Flusso elettrico e teorema di Gauss
Il criterio qualitativo di Faraday, che prevede linee tanto più ravvicinate quanto più il
campo è intenso, può essere trasformato in uno strumento quantitativo di misura. Come
vedremo, questo approccio conduce a delle semplificazioni nel caso di distribuzioni di
carica con particolari simmetrie.
Come possiamo adoperare le linee di campo in maniera quantitativa?
È necessario inanzitutto scegliere quante linee tracciare per un campo il cui valore sia di
una unità del SI , cioè 1 N/C . Possiamo per semplicità stabilire che per un campo
uniforme di un newton al coulomb disegneremo una linea ogni metro quadro. Poi, in accordo
con il criterio di Faraday, assumiamo che l’intensità del campo elettrico è pari al
numero di linee per unità di area che attraversano una superficie posta a 90° rispetto al
campo, e sulla quale il campo ha intensità costante:
179
 
E 0
C
A
H
D
F
E
G
B
C
A
H
D
F
E
G
B
E
D
C
E
F
A
B

E 
numero di linee di campo
N

area attraversata perpendicolarmente
A

L’intensità |E | viene così individuata per mezzo del numero di “linee al metro quadro”
2
1
q
che attraversano perpendicolarmente una superfice piana. Per una scelta diversa da
quella di far corrispondere ad un campo di 1 N/C una linea per metro quadro ad esso

ortogonale, |E | risulta comunque direttamente proporzionale ad N /A . Confrontiamo ad
esempio l’intensità del campo elettrico sulle due superfici sferiche in figura, di raggio
l’una il doppio dell’altra, facendo uso del criterio di Faraday. Esse sono attraversate
perpendicolarmente dallo stesso numero di linee di campo, ed inoltre il campo
elettrico di una carica puntiforme ha intensità costante su ciascuna sfera. Poiché la sfera 2
ha superficie quattro volte maggiore della sfera 1, il rapporto N /A sarà quattro volte più
piccolo su di essa, e con esso l’intensità del campo elettrico, come del resto già sappiamo
dalla legge di Coulomb.
Esercizi
38. Si calcoli il valore di una carica puntiforme q sapendo che una sfera con centro
su q , di raggio 2.0 cm viene attraversata da 100 linee di campo. Assumere che per
un campo di 1 N/C venga disegnata un linea ogni metro quadro.
La superficie della sfera vale:
A  4R2  (4  3.14  2.0  102 ) m2  0.25 m2
Poiché le linee di campo attraversano perpendicolarmente la sfera in ogni suo punto, e
sapendo che a distanza fissa da una carica puntiforme il campo elettrico ha intensità
costante, allora l’intensità del campo in linee al metro quadro (ed anche in N/C , visto che
1 linea /m2  1 N/C ) vale:

N
100 N
N
E 

 400
A
0.250 C
C
Imponendo che questo valore sia uguale a quello fornito dalla legge di Coulomb si ha q :


|E | R 2
q
N
400  0.0202
E k
 400
 q

C  0.018 nC
C
k
R2
9.0  109
Vista la possibilità di legare quantitativamente l’intensità del campo eletttrico al numero
di linee, ci proponiamo ora di costruire una nuova grandezza fisica, che diremo flusso
elettrico , che abbia la funzione di misurare quanto una superficie viene attraversata dalle linee
di campo. Iniziamo dal caso elementare di una superficie piana.
n̂5
n̂1
n̂4
n̂2
Quale direzione individua una superficie piana?
n̂3
n̂
n̂1
n̂2
n̂3
n̂4
Per una porzione piana di superficie nello spazio, c’è una sola direzione individuata
in modo univoco ed è quella della perpendicolare alla superficie stessa. Lungo tale
direzione sono possibili due orientazioni uscenti: scegliendo una come positiva, è
possibile associare ad ogni superficie piana un vettore di modulo 1 , perpendicolare
alla superficie ed uscente da essa nel verso positivo. Tale vettore è detto versore
normale e si indica con il simbolo n̂ : nelle figure ne vediamo qualche esempio. La
prima delle superfici illustrate è una porzione di piano: l’orientazione che si è scelta
come positiva per la normale è quella che viene verso di noi. Le altre due sono
esempi di superfici chiuse. Esse hanno la proprietà di separare lo spazio in due
regioni, una interna ed una esterna, in modo tale che per passare da una all’altra sia
necessario perforare la superficie e scavalcarla. Inoltre, a differenza delle superfici
aperte, non sono delimitate da alcuna linea di contorno. Nei semplici casi
considerati, le facce sono tutte porzioni di piano, e convenzionalmente, per le
180
superfici chiuse si assume come direzione positiva per la normale quella che va dalla
regione interna verso l’esterno.

E
n̂
Come si può usare il versore normale per la grandezza che vogliamo costruire?
Se una superficie piana di area A , si trova in una regione sede di un campo elettrico

uniforme, poiché l’intensità |E | corrisponde al numero di linee per unità di area che bucano

ortogonalmente, se il versore normale è parallelo al campo basta fare il prodotto |E | A per
  
n̂
avere il numero totale N di linee che attraversano la superficie. Ovviamente tale
numero risulta tanto maggiore quanto più la superficie è estesa. Se invece il versore
normale n̂ non è parallelo al campo, ma forma con esso un angolo  , allora, a parità
di area, il numero di linee N che bucano la superficie è tanto maggiore quanto più
 si avvicina a zero (massimo attraversamento), e tanto minore quanto più  si
avvicina a 90 (nessuna linea intercetta l’area). Osserviamo che, per inclinazioni
intemedie, comprese fra 0 e 90 , il coseno dell’angolo  ha esattamente la

proprietà che ci occorre, cioè di valere zero quando n̂ è perpendicolare a E , e di

crescere fino ad un valore massimo quando n̂ è parallelo a E . Detto diversamente,
inclinando la normale di un angolo  , la superficie attraversata si riduce di un fattore

cos . Pertanto, moltiplicando per cos  il numero il numero massimo |E | A di linee

E
  

E
n̂

che attraversano superficie perpendicolare al campo, otteniamo il numero di linee che
l’attraversano quando essa ha il versore normale inclinato di un angolo  :
y  cos 

|E | A cos 
Tale prodotto, tanto maggiore quanto più è estesa la superficie (fattore A ), quanto
più essa è perpendicolare al campo (fattore cos  ) e quante più sono le linee di

campo per unità di area (fattore |E | ), costituisce una misura del numero di linee di
campo che bucano la superficie. Ad esso si dà il nome di flusso elettrico (o anche

flusso del del campo E ) attraverso la superficie piana di area A .


E
n̂
Come si vede dalla definizione, se le linee di campo attraversano la superficie nello
stesso senso della normale, il segno del flusso è positivo, essendo cos   0 . Nel caso
in cui le linee passano la superficie in senso opposto a quello della normale, avremo
90    180 e quindi cos   0 , da cui un valore negativo del flusso elettrico.
Esercizi

39. Calcolare il flusso di un campo elettrico uniforme, di modulo |E |  200 N/C ,
attraverso una superficie piana quadrata, di lato l  5.00 m , il cui versore normale
forma un angolo di 60.0 con le linee di campo. Calcolare il massimo numero di linee
di campo che possono attaversare la superficie, assumendo una linea al metro
quadro per rappresentare un campo unitario ortogonale ad essa.
Dalla definizione di flusso elettrico abbiamo:


(E )  A E cos 60.0  25.0m2 200 N/C 1  5.00  103 Nm2 /C


2
2
che, disegnando 1 linea /m  1 N/C per attraversamento ortogonale, corrisponde a
dire che 5000 linee di campo bucano la superficie quando questa è a 60.0 . Il massimo
flusso si ha quando la supericie è posta con la normale parallela al campo elettrico:


max (E )  A E cos 0  25.0 m2 200 N/C  1.00  104 Nm2 /C


181
90
n̂

A
Quale segno ha il flusso elettrico?
0
flusso
positivo

A
A
flusso
negativo
n̂
60

E

E
che corrisponde all’attraversamento di 10000 linee di campo.
 La Controfisica
Si faccia attenzione al termine flusso,
che nel liguaggio comune indica lo
scorrimento di una sostanza fluida,
oppure una corrente di particelle. Qui
viene adoperato con un senso differente, per descrivere una operazione matematica alla quale non è associato lo
scorrimento di alcuna sostanza. In
particolare non lo si confonda con il
concetto di corrente elttrica che è invece relativo allo spostamento collettivo di particelle cariche.
40. Una superficie piana è immersa in una regione sede di un campo elettrico

uniforme d’intensità |E |  4.00  103 N/C . Si misura che il flusso elettrico massimo
attraverso di essa è 300 Nm2 /C . Calcolare l’area della superficie ed il numero di
linee che la attraversano quando   20.0 , assumendo come nel precendente
esercizio, 1 linea /m2  1 N/C .
[R: 0.0750 m2,282 linee ]
41. Una superficie piana di 40.0 m2 viene attraversata da 120 linee di un campo
elettrico uniforme, inclinate rispetto alla normale di   30.0 . Sapendo che è stata
adottata la convenzione di disegnare una linea al metro quadro per rappresentare un

campo unitario ortogonale, si calcolino il flusso elettrico, l’intensità di E ed il
[R: 120 Nm2/C , 3.46 N/C,138 Nm2/C ]
massimo flusso possibile.
n̂
42. Il pianeta Terra possiede una certa carica negativa, a cui corrisponde un campo
elettrico uniforme di 120 V/m diretto verso il suolo. Calcolare il flusso di tale campo
attraverso il tetto di una casa di campagna, sapendo che è inclinato di 35.0 rispetto
35

E
all’orizzontale e che la pianta dell’edificio è un quadrato di area 196 m2 . Si orienti la
[R: 1.65  104 Nm2 /C ]
normale in verso uscente dalla casa.
43. Un appezzamento di un ettaro si trova sul fianco di una collina ed in ogni suo
punto la diresione della livella da muratore forma un angolo di 75.0 con il filo a
piombo. Si calcoli quante linee del campo elettrico terrestre (uniforme di 120 V/m
diretto verso il suolo) attraversano il campo, nella consueta ipotesi di rappresentare
un campo unitario nel SI con una linea al metro quadro.
[R: 1.16  106 linee ]
Come si procede per il calcolo del flusso se la superficie non è piana?
n̂
n̂


E
n̂
Nel caso generale avremo a che fare sia con superfici non piane sia con campi
elettrici aventi direzione ed intensità non costanti. Consideriamo una superficie
qualunque S come quella in figura, ed immaginiamola suddivisa in tanti quadrati
così piccoli, rispetto alla scala a cui siamo interessati, da far si che essi possano
sembrarci delle porzioni di piano al cui interno il campo è uniforme. Assegnato un
versore normale ad ogni quadratino, il flusso complessivo si ottiene sommando tutti
i flussi elementari che si vengono a definire attraverso i quadretti. Se quindi con

l’indice i contrassegniamo i valori del campo Ei , dell’angolo i e dell’area Ai
relativi a ciascun quadratino, il flusso elettrico complessivo sarà:

 |E | A cos 
i

E
i
i
Il flusso elettrico attraverso una superficie S si indica in maniera compatta tramite

la lettera greca phi: S (E ) . Le sue unità di misura sono quelle di una superficie
moltiplicata per un campo elettrico, (dato che il coseno è un numero puro), quindi:
   N  m 2  C .
Cosa misura il flusso elettrico attraverso una superficie qualsiasi?

Il flusso S (E ) del campo elettrico attraverso una superficie qualunque S è una
grandezza direttamente proporzionale al numero N di linee di campo che attraversano
S . Il flusso è proprio uguale ad N se per superfici piane si sceglie di utilizzare una
linea al metro quadro per rappresentare un campo ortogonale di valore unitario di
1N/C .
182
q
n̂2
2
Anche nel caso generale il flusso risulta positivo per le linee che passano la superficie
nel senso della normale, negativo per quelle che la passano in verso opposto. Se il n̂1

numero complessivo di linee che bucano la superficie nel verso della normale è
E2
maggiore di quelle che la passano in senso opposto ad essa, il flusso totale è positivo, 1 
E1
altrimenti è negativo. Per le superfici chiuse, in base alla convenzione fissata all’inizio
del paragrafo, per cui la direzione positiva del versore normale è quella uscente, avremo
S chiusa
che linee di campo che escono dal volume racchiuso producono un flusso elettrico


positivo in quanto (vedi figura) 0  1  90 , quindi cos 1  0 , mentre le linee di E1 entrante, E2 uscente
campo che entrano nel volume racchiuso generano un flusso negativo, dato che in tal
caso 90  2  180 , quindi cos 2  0 . Quindi un flusso positivo attraverso una
superficie chiusa indica che le linee uscenti sono di più di quelle entranti.
Esercizi
44. Calcolare il flusso elettrico del campo generato da una carica puntiforme
Q  1.00 μC attraverso una sfera di raggio r centrata sulla carica.
Suddividiamo la superficie in quadretti piani: il versore normale risulterà avere
direzione radiale. In tale modo cos i  1 per ciascuno dei termini della sommatoria
che figurano nell’espressione del flusso, da cui:


1 Q
sfera (E ) 
Ai Ei cos i 
Ai 
40 r 2



E
n̂

E
Q

avendo sostituito al modulo del campo elettrico la sua espressione |Ei |  Q /4 0r 2
che non dipende dalla particolare porzione di superficie sferica ma solo dal raggio
della sfera. Raccogliendo a fattor comune i termini che non dipendono dall’indice
della sommatoria, e ricordando che la superficie di una sfera di raggio r vale
Ai  4 r 2 , otteniamo:

sfera (E ) 

1 Q
40 r 2
A 
i
1
Q
4  0 r
2
4 r 2
Q

0
Q
1.00  106 Nm2
Nm2

 1.13  105
0
C
8.85  1012 C
n̂2
Possiamo semplificare il calcolo del flusso elettrico attraverso una superficie chiusa?
Le linee di campo non possono iniziare o finire in un punto qualsiasi sospeso nello spazio,
ma partono dalle cariche positive oppure terminano nelle cariche negative. Essendo il
flusso elettrico il conteggio del numero di linee che bucano una superficie, ne segue che il
numero di linee di campo che attraversano una superficie chiusa è stabilito solo alle cariche interne, e quindi anche il flusso elettrico dipende solo da esse. Per dimostrare questa
proprietà consideriamo che per ogni linea generata da carica puntiforme esterna ci sono
due sole possibilità: o non buca la superficie - e quindi non contribisce al flusso - oppure la
buca due volte. In questo secondo caso il contributo al flusso dato dalla linea entrando
nella superficie è uguale e di segno opposto rispetto a quello dato uscendo, e quindi ancora
nullo. Se la carica puntiforme q è invece interna alla superficie, osserviamo che il numero
N di linee di campo che attraversano S è uguale al numero di linee che attraversano una
qualunque sfera di raggio r centrata in q . Poiché la sfera è bucata perpendicolarmente
dal campo, uniforme su di essa, possiamo calcolare il flusso dovuto a q (e cioè N se
183
n̂1
q
S
chiusa

E

E
1 linea /m2  1 N/C )17 moltiplicando il numero di linee per unità di superficie bucata or
togonalmente (cioè |E | ) per la superficie 4r 2 della sfera:
r



S (E )  N  sfera (E )  |E | 4r 2 
q
q
4r 2 0
 4r 2 
q
0
Il flusso risulta quindi del tutto indipendente dalla forma della superficie, ed ha lo stesso segno
della carica interna. Se la superficie racchiude più cariche di segno differente, ciascuna

contribuirà a S (E ) con un termine positivo o negativo, della forma q /0 . Questo risulta-
S
chiusa
to, che si deve al matematico tedesco Carl Friedrich Gauss (1777-1855), è una diretta con
seguenza della dipendenza del campo E di una carica puntiforme dall’inverso del quadrato della distanza dalla carica. Pertanto la legge di Coulomb può essere enunciata an
che tramite la proprietà di cui gode il flusso di E attraverso una superficie chiusa, che va
sotto il nome di teorema di Gauss.
 La Controfisica
Si noti come la scelta che si fa nel SI
di misura di complicare la legge di
Coulomb ponendo k=1/4πε0, ha il
vantaggio di rendere più facile la
formulazione del teorema di
Gauss facendo semplificare il fattore 4π.
Teorema di Gauss


Il flusso S (E ) del campo elettrico E di una distribuzione di cariche q1 , q2 , …, qn
attraverso una qualunque superficie chiusa S , è dato dalla somma delle cariche
interne ad S , divisa per 0 , cioè:

S (E ) 
Qiinterne
0
Il teorema di Gauss permette notevoli semplificazioni nei calcoli del flusso attraverso
una superficie chiusa, come si vede nell’esempio che segue.
S4
q3
q1
S1
q1  q2  0.30 C , q 3  2.0 106 C , q 4  1.0 C .
q4
q2
S2
Applicando il teorema di Gauss si dovranno considerare le sole cariche interne a
ciascuna superficie:
2

q
2.0  106 C
6 Nm
S 1 (E )  3 


0.23

10
0
C
8.85  1012 C2/Nm2

6

6
2

q  q4
0.30  10 C  1.0  10 C
6 Nm
S 2 (E )  2



0.079

10
0
C
8.85  1012 C2/Nm2
2
6


0
Nm
q2
0.30  10 C
Nm 2
S 4 (E ) 
0

 0.034  106
; S 3 (E ) 
.
12 2
2
0
C
0
C
8.85  10 C /Nm
S3
46. Il flusso del campo elettrico attraverso la scatola in figura avente la forma di un
1
2
Esercizi
45. Data la distribuzione di cariche a lato vogliamo calcolare il flusso del campo
elettrico attraverso le quattro superfici S1 , S2 , S 3 , S 4 . Si assumano i valori
3
parallelepipedo, risulta essere 2.60  105 Nm2 /C sulla faccia (1), 1.80  105 Nm2 /C
sulle faccia (2), e 1.20  105 Nm2 /C sulle faccia (3). Si calcoli il quantitativo di carica
racchiusa nella scatola. Se il volume racchiuso raddoppiasse, di quanto cambierebbe
il flusso?
[R: 9.91 μC ]
Per una scelta diversa da 1 linea/m2=1N/C il flusso risulta solo proporzionale ad N, cioè =KN, e di
conseguenza E=KN/A con la stessa costante di proporzionalità K. La dimostrazione vale ugualmente essendo EA=KN= , ed numero di linee che buca la superficie è ancora uguale a quello che buca la sfera.
17
184
S2
47. Con riferimento alla figura, sappiamo che q1  q2  1.50 μC , e che i flussi
elettrici attraverso le superfici chiuse S1 ed S2 valgono 1  0.200  106 Nm2 /C e
q4
[R: 1.23 μC, 3.81 μC ] S 1
2  21 . Calcolare q 3 e q 4 .
q1
q3
q2
S2
48. Le due superfici chiuse S1 ed S2 in figura sono una dentro l’altra, ed il flusso
q3
elettrico attraverso S1 è triplo di quello attraverso S2 : 1  32  0.250  106 Nm 2 /C
e q2  6.60 μC . Calcolare i valori di q1 e q 3 .
S1
[R: 2.21 μC, 8.07 μC ]
q1
q2
Quale validità generale ha il teorema di Gauss?
Anche nel caso generale, la dimostrazione del teorema di Gauss sfrutta solamente il

fatto che il campo E dipende dall’inverso del quadrato della distanza dalla sua
sorgente puntiforme. Pertanto esso rappresenta una proprietà valida per tutti i campi
radiali con intensità proporzionale a 1/r 2 , anche quelli che non hanno simmetria

E
sferica18.
Esercizi
49. Un secchio vuoto ha la forma di un tronco di cono, ed il raggio della sua apertura
misura 20.0 cm . Esso viene poggiato in una regione dove è presente un campo
45
elettrico costante, d’intensità 1.40  103 N/C , che forma un angolo di 45.0 con la

verticale. Calcolare il flusso di E attraverso il secchio.
Consideriamo il secchio come se fosse un tronco di cono completo del coperchio:
trattandosi di una superficie chiusa e priva di cariche al suo interno il teorema di
Gauss prevede un flusso nullo attraverso di essa. Pertanto la somma del flusso C

E
n̂
attraverso il coperchio, e di quello S attraverso il secchio, deve fare zero:
C  S  0  S  C
Facendo riferiento ai versori normali orientati dall’interno all’esterno, come è solito
nelle superfici chuse, il flusso attraverso il coperchio si calcola facimente assumendo
che esso sia un cerchio di superficie pari all’apertura:
R 2  (3.14  0.2002 ) m2  0.126 m2
Considerando che il versore normale al coperchio è l’asse del secchio, e quindi
forma col campo un angolo di 45.0 , si ha infine:

Nm 2
Nm 2
S  C   E R2 cos 45.0  (1.40  103  0.126  0.707)
 125
C
C
50. Si calcoli il flusso del campo elettrico attaverso la sfera in figura di raggio
R  2.50m , tagliata a metà da un piano uniformemente carico che abbia 4.00 μC su
ogni metro quadro di superficie.
[R]
51. Il flusso del campo elettrico attraverso una scatola a forma di parallelepipedo
risulta essere 5.60  105 Nm2 /C . Si calcoli il quantitativo di carica racchiusa.
18
[R]


In particolare il teorema di Gauss si applica al campo gravitazionale g  (GM /r 2 ) rˆ , formalmente identico ad E ,
dove però il ruolo di
1/40
viene occupato da G e quello delle cariche dalla massa. Da un semplice raffronto si

ha allora: S (g )  4G M iinterne .
185

(E )  0
R

E
2
52. Una bottiglia vuota e aperta viene posta in una regione dove esiste un campo
elettrico costante, d’intensità 1.50  103 N/C . Sapendo che l’apertura della bottiglia ha
raggio 1.20 cm si calcoli il flusso del campo attraverso di essa nelle tre posizioni in
figura, in cui l’asse della bottiglia è: (1) parallelo al campo; (2) perpendicolare al
campo; (3) formante un angolo di 60.0 con il campo.
60
1
3
2
2
2
[R 0.678 Nm
, 0 Nm , 0.339 Nm ]
C
C
C
53. Una superficie chiusa a forma di cono equilatero di apotema d  35.0 m è
intercettata, a metà dell’altezza, da un piano parallelo alla sua base, uniformemente
carico con 6.00 μC su ogni metro quadro di superficie. Calcolare il flusso del campo
d
elettrico attraverso il cono. Di quanto cambierebbe il flusso se il cono fosse
appoggiato al piano?
[R]
d
54. Una superficie chiusa è composta da un cilindro equilatero cui è stata rimossa
una base e sostituita con una semisfera di raggio R  3.00 m . Una carica puntifome
q  9.00 μC si trova al centro della semisfera. Calcolare il flusso del campo elettrico
R
q
attraverso la parte cilindrica della superficie.
R
[R]
55. Un bastoncino uniformemente carico con 5.00 μC su ogni metro di lunghezza,
trapassa una superficie cubica di spigolo s lungo la diagonale come in figura. Si
misura un flusso del campo elettrico attraverso il cubo di 3.50  105 N  m2 /C .
Calcolare lo spigolo.
[R: 0.362 m ]
s
  
E =E 1 +E 2

E2
Q1

E1
Come si calcola il campo di una distribuzione di molte cariche?
La formula di Coulomb permette il calcolo del campo elettrico generato da una carica
puntiforme. Quando si ha a che fare con un insieme di cariche puntiformi, il campo elettrico risultante può essere ugualmente calcolato grazie al principio di sovrapposizione.

Nel caso semplice di due cariche, il calcolo del campo risultante E in un punto P si ese

gue sommando i due campi E1 ed E2 secondo la regola del parallelogramma, come mo-
Q2
  
E =E 1 +E 2

E2

E1
Q1
Q2
Q6

E1
Q4
P
Q3

ri

E6
13. Applicazioni del teorema di Gauss

E4
strato in figura. In linea di principio questa tecnica può essere applicata ad un numero arbitrariamente grande di cariche, e la sua efficacia risulta limitata solo dalla complessità dei
calcoli. In questa ottica un corpo carico può essere visto come un insieme di cariche puntiformi così vicine fra di loro da risultare una distribuzione continua di carica, ed il campo generato dal corpo può essere calcolato immaginando di scomporre la distribuzione nelle
sue componenti puntiformi.
Come dovremmo calcolare il campo generato da un filo di cariche?
Ad esempio abbiamo rappresentato il procedimento di suddivisione di un filo sul quale

E 2 sono uniformemente distribuite delle cariche puntiformi Qi . Nel punto P ognuna delle


Qi dà luogo ad un campo Ei  (Qi /40ri2 )rˆi secondo la legge di Coulomb, dove ri è il

E 3 vettore (ed rˆi il relativo versore) con la coda sulla posizione della carica e la testa nel pun
to P. Il campo risultante nella posizione P è la somma di tutti i contributi Ei della singole
cariche.
Q1
186
Come dovremmo calcolare il campo generato da un oggetto esteso, carico?
Analogamente abbiamo illustrato un accenno di suddivisione per una distribuzione tridimensionale di carica su di un oggetto di forma qualunque. Si intuisce però la complessità del procedimento anche solo pensando al fatto che è necessario ripetere la somma vet
toriale di tutti i campi Ei ogni volta che vogliamo conoscere il valore del campo risultante in un qualunque punto P dello spazio.
P

Ei
Qi
È possibile percorrere una scorciatoia invece di fare questi calcoli?
Per oggetti dotati di particolari regolarità, come una sfera, un bastoncino, un piano, si possono risparmiare calcoli osservando che tutte le proprietà di simmetria geometrica di un
sistema di cariche, le si devono ritrovare nelle linee di campo elettrico. Infatti il campo di
ciascuna carica puntiforme dipende solo dalla distanza dalla carica, e non dalla particolare prospettiva da cui si guarda la carica stessa: se mi pongo dieci metri ad est di una carica
puntiforme Q , rivelo la stesso campo elettrico che rivelerei se mi ponessi dieci metri ad
ovest oppure a nord . Di conseguenza:
quando accade che cambiando punto di osservazione la distribuzione di cariche ci si presenta uguale, anche la misura del campo elettrico nella nuova posizione dovrà dare gli
stessi risultati.
Quindi, se ad esempio si applica il principio di sovrapposizione ad una distribuzione che

appare uguale guardandola da destra e da sinistra, il campo E dovrà anch’esso essere lo

stesso visto da destra e da sinistra. Ora, in certi casi le possibilità per l’orientazione di E
si restringono al punto che saremo in grado di indovinarne la direzione anche senza effettuare alcun calcolo.
Quali passi segue questa strategia di calcolo semplificato?
Sono sempre tre passaggi che si ripetono:

(1) si cerca di “indovinare” la direzione del campo E da considerazioni di simmetria o
da considerazioni fisiche di carattere generale;
(2) si sceglie una superficie chiusa opportuna, che contenga una porzione di carica, e che

consenta facilmente il calcolo diretto del flusso di E attraverso di essa. Il risultato conterrà
il valore incognito dell’intensità del campo;

(3) si calcola nuovamente il flusso di E attraverso la stessa superficie, questa volta però in
modo indiretto, cioè sfruttando il teorema di Gauss. Dal confronto fra i due valori del
flusso si ottiene l’intensità del campo.
Vediamo nel seguito tre importanti applicazioni di questo procedimento.

Come si trova la direzione del campo E generato da un filo infinito di carica?
Consideriamo un filo rettilineo infinitamente lungo, che sia carico in maniera uniforme
per tutta la sua estensione: supporremo che il filo sia carico positivamente. Può sembrare
strano che ci si cimenti con un oggetto di estensione infinita: perché non scegliere qualcosa
di più semplice come prima applicazione, ad esempio un bastoncino? La risposta è che in
verità è esattamente il contrario: la lunghezza infinita semplifica molto i calcoli, che si farebbero più difficili proprio in prossimità degli estremi. Chiaramente nella realtà non si ha
mai a che fare con oggetti infiniti, tuttavia il risultato che otterremo potrà essere una efficace approssimazione per un filo carico quando si decida di studiarlo ad una distanza così
ravvicinata che esso possa apparirci infinitamente lungo. La prima cosa da notare per
questa particolare configurazione è che ad un osservatore che cambiasse il punto di vista
girando intorno al filo esso continuerebbe ad apparirgli identico. Una tale proprietà viene
detta simmetria cilindrica. Supponiamo quindi che un osservatore giri intorno al filo mantenendosi sempre ad una certa distanza da esso: in base a quanto detto prima, il vettore

campo elettrico che egli misura dovrà essere lo stesso. Analogamente il campo E non
187
 La Controfisica
In un filo uniformemente
carico, comunque si scelgano
due porzioni aventi stessa
lunghezza, su ognuna di esse
sarà localizzata la medesima
quantità carica.
deve variare per un osservatore che cammini parallelamente al filo sempre alla stessa
distanza da esso. Dato che non vi sono delle estremità dove il filo termina, un tale osservatore vedrà infatti davanti a sé sempre lo stesso filo infinito, e se paradossalmente il campo
variasse dovrebbe trovare una spiegazione fisica per questa stranezza.
Quali configurazioni del campo soddisfano tali requisiti?

Abbiamo ristretto di molto le possibili configurazioni che il campo E potrebbe avere:
dobbiamo cercare delle linee di campo che siano sempre le stesse ad una fissata distanza dal filo. A
ben guardare, ci sono in realtà solo tre possibilità di soddisfare questa richiesta, nella prima delle quali le linee di campo sono circolari concentriche. Si consideri però la situazione dal punto di vista degli osservatori A e B in figura. Entrambi vedono lo stesso filo infi
nito, tuttavia per A il verso del vettore E guardato dall’alto in basso è antiorario mentre
per B è orario. Una tale discrepanza di osservazioni non è ammissibile, dato che tanto per
A quanto per B la situazione rispetto al filo è assolutamente identica. Pertanto, l’ eventualità delle linee di campo circolari è da escludere. Una seconda possibilità è quella delle li
nee che formano un angolo fissato con la direzione del filo, in modo che il campo E assuma, come deve, lo stesso valore girando intorno al filo ad una prefissata distanza. Tuttavia la situazione per gli osservatori A e B non è migliorata: per A le linee puntano verso
l’alto, per B verso il basso: si tratta, anche qui, di un disaccordo fra osservatori che conducono un esperimento in condizioni identiche e quindi anche questa ipotesi di configurazione va necessariamente respinta. In effetti l’unica configurazione ammissibile è quello

dove le linee di campo sono radiali, E ha lo stesso valore ad una distanza prefissata e finalmente dalle prospettive equivalenti dei due osservatori A e B si vede la stessa cosa.

n̂1
n̂3
n̂2
Trovata la direzione, come si calcola l’intensità di E generato dal filo ?
Applicheremo il teorema di Gauss ad una opportuna superficie che sfrutti la simmetria

del campo e consenta di calcolare agevolmente il flusso di E attraverso di essa. La scelta
più comoda è sicuramente quella di un cilindro che ha per asse il filo. Per questa particola
re superficie infatti siamo agevolati dal fatto che il flusso di E attraverso le due basi S1


ed S2 vale zero essendo i due versori normali superficie n1 ed n2 ortogonali alle linee di

campo mentre il flusso di E attraverso S 3 risulta essere semplicemente il prodotto
dell’intensità che il campo elettrico assume ad una distanza dal filo pari al raggio R del
cilindro moltiplicata per la superficie laterale del cilindro. Questo perché il versore nor

male n3 è parallelo ad E . Se ora con h indichiamo l’altezza del cilindro, con R il raggio
della sua base e con E (R) il valore che il modulo del campo elettrico assume a distanza

R dal filo, avremo che un calcolo diretto fornisce per il flusso di E attraverso la superficie del cilindro:

Cilindro E  S  S  S  0  0  2Rh E (R)
 
1
2
3
mentre, applicando il teorema di Gauss alla stessa superficie si ha per il flusso:

Q
h
Cilindro E  interna 
0
0
 
dove con  si è indicata la quantità di carica disposta su ogni unità di lunghezza del filo, e
quindi la carica interna alla superficie sarà la lunghezze dal tratto di filo che sta dentro al
cilindro moltiplicata per  . Dal confronto dei due risultati si ha:
188
2Rh E (R) 
h
0
da cui semplificando h ed esplicitando E (R) otteniamo finalmente:
E (R) 

20R

Come si trova la direzione del campo E generato da un piano infinito di carica?
Anche un piano infinitamente esteso, con una carica uniformemente distribuita sulla sua
superficie (quindi tale che su ogni metro quadro di superficie contiene la stessa quantità
di carica), costituisce una situazione fisica solo ideale, con delle caratteristiche di simmetria che semplificano molto il calcolo del campo elettrico. Il risultato che otterremo potrà

approssimare bene il campo E di una lamina piana ad una distanza così piccola rispetto
alla sua estensione che essa si possa considerare infinita. In figura è schematizzato di taglio un piano infinito, uniformemente carico positivamente, in sieme con quattro osservatori A, B, C e D posti alla stessa distanza dal piano.
Cosa si vede dai punti di vista degli osservatori A, B, C e D?
La prospettiva da cui ciascuno di essi osserva è esattamente equivalente. Infatti spostandosi parallelamente al piano dalla posizione del signor A a quella del signor B, non essendoci bordi che delimitano il piano ai quali avvicinarsi, si continua a percepire una estensione infinita in tutte le direzioni. Il che esclude situazioni come la (1) in figura, dove il
campo elettrico varia spostandosi lungo il piano. Anche osservando il piano dalla posizione del signor D le cose non cambiano dato che il piano infinito appare identico da en
trambi i lati. Così si può scartare anche il caso (2) in cui E assume lo stesso valore a parità
di distanza dal piano, ma non è lo stesso sui due lati. Tuttavia anche configurazioni come
la (3) non vanno bene, e lo si capisce considerando il punto di vista del signor C. In assenza di punti di riferimento esterni, in uno spazio indistinto, senza null’altro che il piano carico, egli si accorge di essere capovolto rispetto agli altri solo se li osserva perché la sua
prospettiva del piano è del tutto equivalente a quella di D. Il signor C non può rivelare
l’orientazione della sua testa e dei suoi piedi solamente misurando il campo di un piano
infinito. Se la soluzione fosse la (3) in figura, gli osservatori equivalenti C e D vedrebbero il

primo E che punto verso i suoi piedi ed il secondo verso la sua testa e non avrebbero alcuna spiegazione fisica per tale stranezza. La sola possibilità che consente ai punti di vista
equivalenti A, B, C, D di registrare la stessa cosa è la numero (4), con il campo perpendicolare al piano ed avente la stessa intensità alla stessa distanza da esso. Nel caso di carica

positiva la direzione di E sarà senz’altro uscente, in quanto risultato della somma vettoriale degli infiniti campi uscenti da ciascuna delle cariche puntiformi disposte sul piano,
ed analogamente sarà entrante nel caso di carica negativa.

E?

E?
(1)

E?
(2)

E

Trovata la direzione, come si calcola l’intensità di E generato dal piano ?

Per il calcolo dell’intensità di E scegliamo una superficie attraverso cui sia semplice calcolare direttamente il flusso: un cilindro con le basi parallele al piano, posto simmetricamente a cavallo del piano stesso. Siano S1 ed S2 le aree delle superfici di base ed n̂1 ed n̂2

i rispettivi versori normali, entrambi paralleli ad E . Se ora indichiamo con S 3 la superfi-
cie laterale del cilindro, la direzione ad essa normale varia da punto a punto e quindi non
può essere descritta da un unico versore normale n̂3 . Tuttavia ognuno dei versori n̂3 si


mantiene sempre perpendicolare alla direzione del campo E . Il flusso di E attraverso la
superficie del cilindro è costituito dai tre contributi da parte di S1 , S2 ed S 3 in cui si può
189
(3)
(4)

E

E
n̂3
n̂2
n̂3
pensare di scomporre la superficie. Tuttavia il flusso attraverso S 3 sarà sempre nullo visto

che, qualunque sia l’intensità di E sulla superficie laterale, si avrà sempre che il coseno
dell’angolo 3 che il campo forma con il versore normale varrà zero, essendo 3  /2 .
n̂3
S
n̂3
n̂1
Analogamente sulle basi abbiamo che 1  2  0 (da cui cos 1  cos 2  1 ) e quindi, indicando semplicemente con E1 ed E2 l’intensità del campo sulle due basi:

Cilindro E  S  S  S  S1E1 cos 1  S 2E2 cos 2  0  S1E1  S2E 2
 
1
2
3
Dato che le basi del cilindro sono state poste alla stessa distanza dal piano, per quanto
mostrato in precedenza si ha che su di esse il campo elettrico assume lo stesso valore,
quindi poniamo senz’altro E1  E2  E , ma anche S1  S 2  S dato che le basi hanno

la stessa area, e quindi risulta che Cilindro (E )  2ES . Adesso calcoliamo lo stesso flusso
sfruttando il teorema di Gauss: dobbiamo fare la somma di tutte le cariche che si trovano
dentro al cilindro. Si tratta della quantità di carica Q presente sulla porzione di piano evidenziata in figura, quantità che dipende chiaramente dall’ampiezza del cilindro. Risulterà
pertanto:

Q
Cilindro E 
0
 
confrontando le due espressioni per il flusso si ottiene 2ES  Q /0 da cui :
E
1 Q
20 S
Dato che S rappresenta anche l’ampiezza della porzione di piano tagliata dal cilindro, il
rapporto Q/S indica la quantità di carica presente per ogni unità di superficie del piano.
Una tale grandezza viene detta densità superficiale di carica, misurata in C/m2 ed indicata con la lettera greca sigma (minuscola):   Q/S . Introducendo anche la direzione del
campo tramite il versore n̂ normale al piano abbiamo:


E
nˆ
20
In quali condizioni è lecito applicare questa formula?
Come si vede il campo elettrico di un piano infinito uniformemente carico non dipende
nemmeno dalla distanza dal piano alla quale ci si pone: nella formula finale tale distanza
non figura, né si è mai fatto uso dell’altezza del cilindro in nessuno dei passaggi intermedi. Ricordiamo però che quando si ha a che fare con una lastra piana carica di estensione
finita, questo non è più rigorosamente valido, ma è solo un’approssimazione. Infatti, se
l’estensione è finita, non si può sostenere che il campo è ovunque perpendicolare al piano
che la contiene19, e quindi non è più nullo il flusso attraverso la superficie laterale del cilindro.
Come si calcola il campo elettrico di un doppio strato?
Con il termine doppio strato si intende una distribuzione di carica costituita da due piani
infiniti paralleli, affacciati uno di fronte all’altro ed uniformemente carichi con densità su19
In particolare non lo è ai bordi della lastra
190

perficiale  uguale in modulo, ma di segno opposto. Volendo ricavare un’espressione per 
il campo elettrico originato dal doppio strato, non è necessario svolgere dei nuovi calcoli: E  0
ci si può servire del risultato appena ottenuto per un piano infinito. Ricordando che il piano carico positivamente produce un campo di intensità costante pari a  / 20 , diretto dalla
superficie del piano verso l’esterno, mentre quello carico negativamente produce un campo della stessa intensità ma diretto verso la superficie del piano, avremo che nelle due regioni a sinistra ed a destra del doppio strato i due contributi si annullano. La maggiore distanza da uno dei due piani in ciascuna di tali regioni non ha infatti alcun effetto, dato che
il campo prodotto, come si è visto, non dipende da essa. Questo non sarebbe rigorosamente vero nel caso di due lastre piane di estensione finita. Nella zona interna i due contributi invece si sommano, producendo un campo risultante di intensità:
E


E  nˆ
0
 /20


E 0
 /20





20 20
0
diretto dal piano carico positivamente verso il piano carico negativamente, come in figura.

Come si calcola il campo E di una distribuzione di carica a simmetria sferica?
Prendiamo adesso in considerazione una distribuzione uniforme di carica dentro ad una
sfera di raggio R. Uniforme vuol dire in questo caso che ogni unità di volume della sfera
contiene lo stesso ammontare di carica, quantità che prende il nome di densità di carica , si

E?
(1)

E?
indica con la lettera greca rho  e si misura in C/m 3 . Dato che la sfera ha una estensione
finita, sarà finito anche l’ammontare complessivo di carica in essa contenuta: lo indicheremo con Q . In questo modo si ha che la densità di carica si può ottenere semplicemente
(2)

E
dividendo Q per il volume 4R3 / 3 della sfera:   Q / (4R 3 / 3) . Una distribuzione di
questo tipo presenta un grado di simmetria molto elevato: se ci si pone ad una fissata distanza da essa, da qualunque angolazione la si guardi girandole intorno, appare identica.
Saranno pertanto da escludere tutte le orientazioni del campo elettrico che non appaiono
immutate movendosi attorno alla sfera. Non si potrà avere quindi né un campo elettrico
orientato lungo una direzione costante nello spazio, né linee di campo circolari concentriche alla sfera, come nei casi (1) e (2) della figura. Infatti i quattro osservatori A, B, C e D
vedono una identica distribuzione di carica da punti di vista del tutto equivalenti, e
quindi nessuna misura del campo elettrico che essi possono effettuare deve permettergli
di distinguere le quattro posizioni. Questa condizione si verifica solamente nel caso (3),
quello di linee di campo radiali. Se poi, ipoteticamente, ci potessimo spostare all’interno della sfera potremmo ripetere il ragionamento e concludere che anche per distanze dal centro
minori del raggio della sfera il campo deve essere radiale.

Trovata la direzione, come si calcola l’intensità di E generato dalla sfera ?
Consideriamo una superficie sferica di raggio r concentrica alla nostra: in questo caso il

versore normale sarà sempre parallelo alla direzione di E . Abbiamo già calcolato in precedenza il flusso del campo radiale dovuto ad una carica puntiforme posta nel centro di
una sfera attraverso la sfera stessa, ed il suo valore era semplicemente il prodotto della
superficie della sfera per l’intensità del campo su di essa. Anche in questo caso, vista la di
rezione del versore normale indicata in figura, l’angolo fra E ed n̂ vale sempre zero e

quindi il suo coseno vale 1. Per avere il flusso di E è sufficiente moltiplicare la superficie


della sfera per l’intensità del campo, quindi SFERA (E )  4r 2 | E | . Dal teorema di

Gauss sappiamo anche che SFERA (E )  Qintena /0 , solo che adesso la carica dentro alla
superficie dipende da quanto è grande il suo raggio r rispetto al raggio R della sfera cari-
191
(3)
n̂
r R
ca. Nel caso in cui r  R si ha che la carica interna è tutta la carica Q presente nella sfera

e quindi 4πr 2 | E | Q /0 da cui:
R
r R
n̂

E
n̂

E
1 Q
rˆ
40 r 2
(r  R)
risultato significativo dato che ci dice che il campo di una sfera carica fuori dalla sfera è lo
stesso che si avrebbe se tutta la carica fosse concentrata in una particella puntiforme posta
nel centro della sfera stessa .
r
Quanto vale il campo dentro alla sfera?
R
Nel caso invece in cui r  R la carica interna alla superficie scelta è inferiore alla carica
Q che sta complessivamente dentro alla sfera ed il suo ammontare dipenderà da quanto
grande è il raggio r , cioè Qinterna  Q(r ) . Per avere Q(r ) si dovrà a questo punto moltiplicare la carica per unità di volume,  per il volume della superficie sferica scelta,

E
4r 3 / 3 il che fornisce:
Q(r ) 
Q
4 0 R
2
sostituendo il valore di
R
4 3
r 
3
 trovato in precedenza otteniamo:
r
Q(r ) 
4 3
Q
r3
r 
Q
3
4 R 3 / 3
R3

Richiamando ora il risultato precedente per cui 4r 2 |E |  Qinterna /0 abbiamo:

|E | 
1 Qinterna
1
1 r3
Q

 Q

r
40 r 2
40 r 2 R 3
40R 3
ed in forma vettoriale, analogamente,

E
Q
40R
3

r
(r  R)
Il campo elettrico dentro alla sfera pertanto, cresce proporzionalmente alla distanza radia
le dal centro r finché non si arriva sulla superficie della sfera, dopodiché decresce proporzionalmente all’inverso del quadrato della distanza 1/r 2 proprio come il campo elettrico di una carica puntiforme.

Esercizi
56. Una sfera di massa m  20.0 g possiede una carica q  6.50  106 C positiva.
Essa è legata con un filo ad una lastra piana verticale, infinita, uniformemente carica
con densità superficiale   6.50  106 C/m 2 , che forma un angolo  con la lastra
come in figura. Calcolare l'intensità del campo elettrico della lastra ed il valore
dell'angolo 
192
La sfera si trova in equilibrio sotto l’azione di tre forze: il suo peso, la tensione del

filo e la forza elettrostatica qE , che avendo somma nulla saranno i tre lati di un
triangolo, in questo particolare caso rettangolo, con la tensione per ipotenusa:
 


T  mg  qE  0
Applicando il teorema della tangente in un triangolo rettangolo, ricordando che per

uno strato infinito di carica si ha E   /20 , risulta:

qE
q
2.0  106  2.0  107
tan  


 0.12
mg
2mg0
2  8.85  1012  2.0  102  9.8
  arctan(0.12)  6.8
57. Una pallina dotata di carica q  5.60 μC e massa m  4.50g è appesa con un
filo ad un piano infinito orizzontale uniformemente carico con   3.00 μC/m2 .
Calcolare la tensione del filo.
[R]
58. Calcolare la carica per metro quadro che deve essere uniformemente disposta su
di un piano infinito orizzontale in modo che una pallina di massa m  4.00g su cui
si trova una carica q  6.00 μC rimanga sospesa a mezz’aria quando si tenta di
poggiarla sul piano.
[R]
59. Una pallina di massa m  5.50g viene appesa con uno spago lungo 1.50m ad un
punto di un filo infinito verticale uniformemente carico con densità lineare
  8.00 μC/m . Sapendo che all’equilibrio i due fili formano un angolo di 40.0 ,
calcolare la carica sulla pallina
[R]
193

mg

 T

qE

T

qE

mg
194