IDROGENO Caratteristiche fisiche dell’idrogeno L’idrogeno, il cui nome significa “generatore di acqua”, rappresenta l’elemento più abbondante dell’universo. Nel sole ad esempio è presente per circa il 90%, e con l’ossigeno ed il silicio è uno degli elementi più diffusi della crosta terrestre, dove si trova allo stato combinato, con carbonio, ossigeno ed altri elementi (acqua, idrocarburi, proteine, grassi zuccheri ecc.); è uno dei principali costituenti del mondo vegetale e animale. L’idrogeno è a temperatura ambiente un gas incolore, inodore e praticamente insolubile in acqua; dopo l’elio è il gas più difficile a liquefarsi; è il combustibile col più alto potere calorifico superiore. L’idrogeno come combustibile L’idrogeno è un gas industriale di primaria importanza. Fu per lungo tempo utilizzato per il gonfiamento degli aerostati; fu poi sostituito dall’elio, leggermente più pesante ma non infiammabile. Attualmente, l’impiego dell’idrogeno come combustibile avviene nei programmi spaziali. Oggetto delle più recenti ricerche è l’impiego dell’idrogeno nelle celle a combustibile. L’obiettivo è quello di realizzare un sistema energetico basato sull’idrogeno, con la costruzione di impianti per la produzione di energia che utilizzino l’idrogeno prodotto dall’elettrolisi dell’acqua marina. L’interesse dell’idrogeno come vettore energetico risale all’inizio degli anni 1970, durante la prima crisi petrolifera. La visione di un sistema energetico basato sull’idrogeno era però strettamente correlata, nella realtà, con la disponibilità di energia elettrica a basso costo. Di conseguenza, i progetti di ricerca legati all’energia dall’idrogeno furono progressivamente abbandonati. Nel corso degli anni 1980, furono fatti passi in avanti nello studio delle tecnologie relative alle risorse rinnovabili e all’efficienza energetica, tanto che la ricerca su sistemi energetici altamente efficienti basati su idrogeno e fonti rinnovabili apparve sempre più interessante. Produzione dell’idrogeno L’utilizzo dell’idrogeno come combustibile è compatibile con l’ambiente: non produce alcun gas serra, in particolare CO2, ma soltanto calore e vapore acqueo. Tuttavia il suo impiego incontra nella pratica numerosi problemi soprattutto riguardo gli alti costi di produzione e di immagazzinamento. Le principali tecnologie di produzione dell’idrogeno sono: • Elettrolisi dell’acqua • Steam reforming del gas metano • Ossidazione parziale non catalitica di idrocarburi • Gassificazione del carbone • Gassificazione e pirolisi delle biomasse • Altri metodi L’elettrolisi dell’ acqua Il processo dell’elettrolisi fu applicato per la prima volta da Sir William Grove, nell’ anno 1839. Questo processo richiede il passaggio di corrente elettrica attraverso l’acqua. La corrente entra nella cella elettrolitica tramite un elettrodo caricato negativamente, il catodo, attraversa l’acqua e va via attraverso un elettrodo caricato positivamente, elettrolisi di 1litro di acqua l’anodo. L’idrogeno e l’ossigeno così separati confluiscono rispettivamente verso il catodo e verso l’anodo. 1,358 m³ H2 L’elettrolisi è il metodo più comune per 4,41 kWh di 6,299 la produzione di idrogeno anche se energia chimica 1 litro kWhel incontra notevoli ostacoli per la H2O quantità limitata di idrogeno prodotta e Energia elettrica per i costi, ancora troppo elevati, 0,679 m³ O2 dovuti all’impiego di energia elettrica. Il costo per la produzione di idrogeno 27 dall’elettrolisi resta il più alto rispetto a qualsiasi altra tecnologia; è, tuttavia, il processo che riveste maggiore interesse e su cui la ricerca punta maggiormente. Steam reforming del gas metano Lo Steam reforming del gas metano (SMR) è un processo ben sviluppato ed altamente commercializzato e attraverso il quale si produce il 48% dell’idrogeno mondiale. Lo SMR implica la reazione tra metano e vapore in presenza di catalizzatori. CH4 + H2O CO + 3 H2 CO + H2O CO2 + H2 CH4 + 2 H2O CO2 + 4 H2 Al posto del metano è possibile utilizzare anche altri idrocarburi. Ossidazione parziale non catalitica di idrocarburi L’idrogeno può essere ottenuto dall’ossidazione parziale non catalitica, ad una temperatura che varia tra 1300-1500 °C, di idrocarburi pesanti; i costi sono sensibilmente più elevati. Gassificazione del carbone In generale, il processo della gassificazione consiste nella parziale ossidazione, non catalitica, di una sostanza solida, liquida o gassosa con l’obiettivo finale di produrre un combustibile gassoso, formato principalmente da idrogeno, ossido di carbonio e idrocarburi leggeri come il metano. La produzione di idrogeno mediante gassificazione del carbone è una tecnologia che trova numerose applicazioni commerciali, ma è competitiva con la tecnologia SMR solo dove il costo del gas naturale è molto elevato. Gassificazione e pirolisi delle biomasse Come la gassificazione, anche la pirolisi, o distillazione secca, è un processo che per mezzo della decomposizione termica spezza le molecole complesse delle sostanze organiche in elementi semplici. Essa consiste nel riscaldare la sostanza a 900-1000 °C, in assenza di ossigeno con ottenimento di sostanze volatili e di un residuo solido. L’applicazione di calore alle biomasse (legno, grassi e rifiuti agricoli) produce numerosi differenti gas, tra cui l’idrogeno. La gassificazione delle biomasse prevede l’impiego sia di materiale derivato dai rifiuti solidi urbani sia da materiali specifici appositamente coltivati per essere impiegati come fonte d’energia. Un importante vantaggio ambientale dell’utilizzo delle biomasse come fonte di idrogeno è il fatto che il biossido di carbonio emesso nella conversione delle biomasse, non contribuisce ad aumentare la quantità totale di gas nell’atmosfera. Il biossido di carbonio è consumato dalle biomasse durante la crescita (fotosintesi) e solo la stessa quantità è restituita all’ambiente durante il processo della gassificazione. Purtroppo il contenuto d’idrogeno è solo del 6-6.5% , rispetto al 25% del gas naturale. Per questa ragione i costi sono ancora molto elevati e questo sistema non è competitivo. Altri metodi Si sta puntando molto su sistemi che consentano la produzione di idrogeno tramite l’impiego diretto dell’energia solare, in sostituzione dell’energia elettrica necessaria per l’elettrolisi dell’acqua. Si tratta comunque di tecnologie in fase sperimentale. Uno di questi metodi usa il processo della fotoconversione ed associa un sistema di assorbimento della luce solare ed un catalizzatore per la scissione dell’acqua. Questo processo usa l’energia della luce senza passare Schema della produzione di idrogeno da fonte solare per via termochimica attraverso la produzione separata di elettricità. Celle a combustibile Le celle a combustibile sono sistemi elettrochimici capaci di convertire l’energia chimica di un combustibile (in genere idrogeno) direttamente in energia elettrica, senza l’intervento 28 intermedio di un ciclo termico, ottenendo pertanto rendimenti di conversione più elevati rispetto a quelli delle macchine termiche convenzionali. La nascita delle celle a combustibile risale al 1839, anno in cui l’inglese William Grove riportò i risultati di un esperimento nel corso del quale era riuscito a generare energia elettrica in una cella contenente acido solforico, dove erano stati immersi due elettrodi, costituiti da sottili fogli di platino, sui quali arrivavano rispettivamente idrogeno ed ossigeno. Una cella a combustibile funziona in modo analogo ad una batteria, in quanto produce energia elettrica attraverso un processo elettrochimico; tuttavia, a differenza di quest’ultima, consuma sostanze provenienti dall’esterno ed è quindi in grado di funzionare ininterrottamente finché al sistema viene fornito combustibile (idrogeno) ed ossidante (ossigeno o aria). Il processo che si svolge in una cella a combustibile è inverso di quello dell’elettrolisi: nel processo dell’elettrolisi l’acqua, con l’impiego di energia elettrica, viene decomposta nei suoi componenti gassosi idrogeno (H2) e ossigeno (O2). Una cella a combustibile inverte questo processo e unisce i due componenti producendo acqua. In questo processo viene liberata la stessa quantità di energia elettrica che è stata impiegata per la decomposizione, almeno teoricamente, in quanto una parte di energia va dispersa a causa di altri processi fisico-chimici. La struttura di una cella a combustibile è molto semplice: essa è composta di tre strati sovrapposti. Il primo strato è l’anodo, il secondo è l’elettrolita e, il terzo, il catodo. L’anodo e il catodo servono da catalizzatori, mentre lo strato intermedio consiste in una struttura di supporto che assorbe l’elettrolita. Esistono differenti tipi di celle che si distinguono per la loro struttura e il loro funzionamento. Nei vari tipi di celle a combustibile vengono usati differenti elettroliti; alcuni di questi sono liquidi, altri solidi e altri ancora hanno struttura membranosa. Quando l’idrogeno fluisce sul lato SCHEMA DI FUNZIONAMENTO anodico della cella, un catalizzatore di una cella a combustibile di platino facilita la scissione del gas idrogeno in elettroni e protoni (ioni idrogeno): • I protoni passano attraverso la membrana (il centro della cella), si combinano con l’ossigeno e gli elettroni sul lato catodico, producendo acqua. • Gli elettroni, che non possono attraversare la membrana, passano dall’anodo al catodo attraverso un circuito esterno, che contiene un motore o una qualsiasi utenza che consuma l’energia generata dalla cella. Collegando i due elettrodi (catodo e anodo) con un conduttore elettrico, gli elettroni lo attraversano e partendo dall’anodo raggiungono il catodo: quindi si genera una corrente elettrica sfruttabile. Questo processo si svolge senza interruzione fino a che permane una sufficiente quantità di idrogeno e di ossigeno. 29 Impiego Logistica Metodo di produzione Vettore energetico Fonte primaria Poiché una singola cella non consente di ottenere la potenza ed il voltaggio desiderato, più celle sono disposte in serie a mezzo di piatti bipolari, a formare il cosiddetto “stack”. Gli stack a loro volta sono assemblati in moduli, per ottenere generatori della potenza richiesta. L’impiego delle celle a combustibile La possibilità che hanno questi sistemi di PRODUZIONE E IMPIEGO DELL’IDROGENO utilizzare diversi combustibili di partenza (vedi fig.), le elevate efficienze di Sole Gas Forza Energia conversione e le ottime Carbone Petrolio Geotermia Biomassa naturale idrica nucleare Vento caratteristiche ambientali consentono un contenimento dei consumi energetici ed al Elettricità Benzina Gasolio Metanolo Etanolo tempo stesso possono contribuire in maniera CxHy + H2O significativa al H2O Steam reforming Elettrolisi raggiungimento degli Gassificazione impegni assunti con la sottoscrizione del Protocollo (forma gassosa) (forma liquida) Compressione, Trasporto, Stoccaggio, Liquefazione, Trasporto, Stoccaggio, di Kyoto, per quanto Distribuzione Rifornimento riguarda la riduzione delle emissioni di gas serra. Se fino al 1960 le stazionario mobile portatile celle a combustibile erano una pura curiosità scientifica, al giorno d’oggi esse trovano o troveranno a breve termine impiego in tre grandi aree: 1. Trazione per veicoli 2. Alimentazione di reti elettriche ( per esempio per case, condomini, ospedali) 3. Celle a combustibile miniaturizzate per impieghi portatili (telefoni cellulari, computer). Trazione per veicoli Alimentazione diretta con idrogeno. Ci sono due modi per far funzionare una automobile con idrogeno: motore a combustione diretta di idrogeno oppure celle a combustibile con motore elettrico. Uno dei vantaggi dell’uso di celle a combustibile per la trazione di veicoli è il loro rendimento energetico. Per percorrere 100 km un’auto convenzionale consuma circa 4 litri di benzina; un’auto a combustione di idrogeno consuma circa 2 kg di idrogeno mentre un’auto a celle a combustibile consuma 1 kg di idrogeno. Inoltre lo scarico è solo del vapore acqueo. Il modo più semplice ed economico per accumulare idrogeno a bordo di un veicolo è motore a combustione di utilizzarlo sotto forma di gas compresso a pressione di 200-250 bar. La tecnologia risulta tuttavia non proponibile per uso a bordo di auto tradizionali, a causa del peso ed ingombro dei serbatoi attualmente utilizzati, che sono un limite all'autonomia e capacità di carico del veicolo. La 600 Electra della FIAT costituisce un esempio di auto che usa bombole di idrogeno compresso; queste occupano notevole spazio nel veicolo, dimostrando la poca praticità di questo sistema di accumulo se si utilizzano bombole di tipo tradizionale (a 200-250 bar). Questa tecnologia di stoccaggio è invece utilizzata sulla maggior parte dei prototipi di autobus finora realizzati. Nella foto è riportato uno degli autobus utilizzato a Torino nelle ultime Olimpiadi della neve. 30 L'idrogeno può essere stoccato a bordo del veicolo in forma liquida ad una temperatura di -253 °C. Per mantenere queste temperature sono stati messi a punto serbatoi a doppia parete, con un'intercapedine ove viene fatto il vuoto. Questa tecnologia è ormai consolidata in Germania, dove la BMW la utilizza da oltre 15 anni su auto ad idrogeno alimentate con motori a combustione interna. Tra i veicoli a celle a combustibile di recente produzione che usano idrogeno liquido, vanno senz'altro ricordate la NECAR 4 della DaimlerChrysler e la HydroGen 1 della Opel. Utilizzano inoltre idrogeno liquido gli autobus realizzati da Ansaldo (3 serbatoi da 600 litri della Messer Griesheim, situati sul tetto del bus) e dalla MAN (3 serbatoi da 200 litri della Linde, posizionati sul pianale del veicolo). A sfavore dell’idrogeno liquido giocano la maggiore complessità del sistema, non solo a bordo del veicolo ma anche a terra, per la distribuzione ed il rifornimento, ed i maggiori costi ad esso associati. Anche il costo energetico della liquefazione è considerevole, corrispondendo a circa il 30% del contenuto energetico del combustibile, contro un valore compreso tra il 4% ed il 7% per l’idrogeno compresso. Alimentazione con combustibili Per generare energia, l’unità costituita dalle celle a combustibile deve essere integrata in un sistema completo che comprende una sezione di trattamento del combustibile per ottenere l’idrogeno, la sezione di compressione dell’aria, un sistema di condizionamento della potenza elettrica, un sistema di recupero del calore sviluppato ed infine una sezione di regolazione e controllo. L’energia prodotta dalle celle farà muovere un motore elettrico, il quale darà la propulsione necessaria agli organi di trasmissione del veicolo. Autoveicoli a celle a combustibile sono dunque vantaggiosi, efficienti e consentono di superare le limitazioni intrinseche dei veicoli elettrici come la limitata autonomia e i lunghi tempi di ricarica delle batterie tradizionali. L’unico aspetto negativo è che utilizzano fonti non rinnovabili. Alimentazione di reti elettriche Le celle a combustibile presentano proprietà tali da renderne molto interessante l’impiego nel campo della produzione di energia elettrica, in 31 quanto rispondono perfettamente agli obiettivi che si perseguono nel settore elettrico, e cioè: • miglioramento dell'efficienza di conversione delle fonti primarie; • flessibilità nell’uso dei combustibili; • riduzione delle emissioni di inquinanti nell’atmosfera Il rendimento di questi impianti, contrariamente a quanto avviene nelle centrali elettriche convenzionali, è poco sensibile alle variazioni del carico e indipendente dalla potenza installata. ìUna centrale a celle a combustibile, inoltre, ha una struttura modulare che può essere realizzata in breve tempo, con la possibilità di accrescere la sua potenzialità in proporzione all’aumento della domanda. A questi vantaggi vanno aggiunti il basso livello di inquinamento ambientale e la scarsa rumorosità. Va notato che a regime stazionario la cella a combustibile si presta alla cogenerazione, ossia, alla produzione congiunta di elettricità e calore. La prima centrale sperimentale a celle a combustibile, con l’intento di dimostrare l’impatto ambientale nullo in un centro abitato, è stata realizzata nel 1983 a New York. Celle a combustibile miniaturizzate per impieghi portatili Per giocattoli, telefonini, computer portatili ed altri prodotti di elettronica si fa uso al giorno d’oggi di batterie pesanti e costose. L’alternativa è rappresentata da una cella a combustibile miniaturizzata, con una durata superiore a quella di una batteria Ni-Cd e senza bisogno di ricarica, in quanto basta rimpiazzare in modo rapido il combustibile. Il pregio di una rapida sostituzione del combustibile rende tali celle anche vantaggiose rispetto alle batterie ricaricabili, che spesso vengono confrontate con questa nuova tecnologia. Esse infatti abbisognano tempi di ricarica non brevi. 32 ENERGIA NUCLEARE Più di ogni altra fonte, l'energia nucleare è oggetto di atteggiamenti fortemente emotivi, o è vista: • come fonte di grossi rischi per l’uomo e l’ambiente in generale, • oppure come l'unica possibile salvezza dalla "fine del petrolio". Non è nessuna delle due cose: è un sistema di produzione di energia elettrica che presenta i suoi vantaggi e con alcuni aspetti da tenere in considerazione, così come tutti gli altri sistemi che utilizzano combustibili fossili. L'energia nucleare oggi rappresenta il 7% circa del fabbisogno energetico globale con il 17% di energia elettrica prodotta da tale fonte. INTRODUZIONE Ogni atomo è formato da un nucleo, comprendente protoni e neutroni, e da una nube di elettroni che ruotano attorno a tale nucleo. La massa del protone è di 1.67252· 10-27 kg e quella del neutrone, leggermente maggiore, è di 1.67482· 10-27 kg. Gli elettroni invece sono molto più leggeri e la loro massa è 1836 volte inferiore rispetto a quella del protone. Nell’atomo il nucleo occupa un volume piccolissimo: esso ha un raggio dell’ordine di 10-15 m, mentre l’atomo ha un raggio dell’ordine i 1010 m; l’atomo quindi è costituito in buona parte da vuoto. I protoni possiedono una carica elettrica positiva e gli elettroni una carica elettrica negativa; i neutroni invece sono privi di carica. • Il numero di protoni è il numero atomico Z dell’atomo e individua l’elemento; poiché gli atomi sono neutri le cariche elettriche si devono bilanciare, il numero degli elettroni è uguale a quello dei protoni. Allo stato di ione, invece, un elemento può avere un numero di elettroni superiore a quello dei protoni e allora si ha uno ione negativo (anione); se invece si verifica il contrario si ha uno ione positivo (catione). • Il numero di neutroni è N • e il numero totale di protoni e neutroni, A = Z +N, è chiamato numero di massa dell’atomo. Due o più nuclei aventi lo stesso numero atomico (Z), ma numero di massa (A) diverso e che dunque differiscono soltanto nel numero di neutroni, vengono detti isotopi (dal greco: “iso” = uguale e “topos” = luogo, cioè atomi che occupano lo stesso posto nella tavola periodica). Gli isotopi hanno esattamente le stesse proprietà chimiche mentre differiscono per le proprietà nucleari. L’idrogeno ha tre isotopi(vedi il deuterio 1H2 fig.): l’idrogeno 1H1, (anche designato con D) e il trizio 1H3 (anche designato con T). Il trizio, essendo radioattivo, viene definito radioisotopo. Il numero in basso a sinistra del simbolo dell’elemento indica il numero atomico (uguale in tutti in quanto si tratta di H); il numero alla destra rappresenta invece il numero di massa. La maggior parte della famiglia nucleare (nuclidi) è costituita da elementi instabili (su circa 2800 noti, solo 264 sono stabili), soggetti a decadimenti (trasformazioni) in altre specie nucleari, eventualmente a loro volta instabili fintantoché la trasformazione non giunge ad un nucleo stabile, fermando dunque la catena di decadimenti. Queste trasformazioni si verificano con rapidità differente a seconda del nucleo considerato ed avvengono mediante l’emissione di particelle di materia e/o di radiazioni elettromagnetiche (il nuclide è detto radioattivo). Il fenomeno della radioattività è stato scoperto ai primi del Novecento dalla coppia M. e P. Curie e da A. H. Becquerel (il nome “radioattività” proviene dall’elemento radioattivo “radio” scoperto dai Curie). 33 Elementi radioattivi sono contenuti nella crosta terrestre, nei mari e addirittura nel nostro corpo: si tratta di elementi non stabili, che raggiungono uno stato stabile attraverso una o più disintegrazioni (decadimenti). Gli elementi radioattivi presenti in natura (radionuclidi) hanno generalmente periodi di dimezzamento (t½) molto lunghi. Il Il tempo di dimezzamento cosiddetto periodo di dimezzamento rappresenta la durata durante la quale il 50 % degli elementi presenti nel momento t0 si disintegra. Spesso, i nuovi nuclei risultanti dalla disintegrazione sono radioattivi a loro volta: si forma così una catena di disintegrazione. Durante la disintegrazione radioattiva, il numero di nuclei attivi diminuisce progressivamente; di conseguenza, col passare del tempo diminuisce anche l’emissione di radiazioni. Vi sono tre tipi di radioattività a seconda della radiazione emessa durante la trasformazione nucleare: alfa (α), beta meno (β−), beta più (β+). • il decadimento α è caratterizzato dalla liberazione di particelle alfa ossia nuclei di elio (2 protoni + 2 neutroni); ciò porta all’ottenimento di un nuovo elemento con numero atomico inferiore di 2 unità e numero massa inferiore di 4 unità • il decadimento β− è caratterizzato dall’emissione di un elettrone. Immaginiamo un neutrone composto da un protone e un elettrone; nel momento in cui viene emesso un elettrone il neutrone si trasforma in protone: il nuovo elemento avrà numero atomico aumentato di una unità ma sempre lo stesso numero di massa; • il decadimento β+ è caratterizzato dall'emissione di un elettrone positivo. Un protone perde la carica positiva e si trasforma in un neutrone: il nuovo elemento avrà numero atomico inferiore di una unità, ma stesso numero di massa; Di norma, un effetto collaterale comune a tutte e tre queste disintegrazioni è l’emissione di radiazioni γ, onde elettromagnetiche ad alta energia. E’ dunque possibile, partendo da una specie nucleare instabile, costruire una sequenza di decadimenti tenendo conto di tutte le combinazioni di trasformazioni alfa e beta. Se si arriva ad una specie stabile la catena si ferma, altrimenti procede tramite ulteriori decadimenti alfa o beta. Le radiazioni gamma, anche se contribuiscono in modo sostanziale al bilancio della radiazione naturale, non vanno incluse nella definizione di una catena di decadimenti perché non conducono a nuove specie nucleari. Se si considerano le sequenze di decadimenti degli isotopi delle tre famiglie U-238, U235 e Torio-232 (vedi tabelle), queste si concludono con l’ottenimento di tre isotopi stabili del piombo (rispettivamente 82Pb206, 82Pb207 e 82Pb208). Schermatura delle radiazioni radioattive Le radiazioni radioattive possono attraversare la materia o penetrarvi ed essere assorbite. Questi processi possono generare nuove radiazioni o calore, a seconda dell'energia cinetica delle radiazioni e del tipo di raggi. • La radiazione alfa ha un bassissimo potere penetrante e può essere schermata già con un sottile foglio di carta. Tuttavia i materiali che emettono radiazioni alfa costituiscono una minaccia potenziale per l'uomo, in quanto possono penetrare all'interno del corpo umano attraverso l'ingestione di cibo od acqua, oppure attraverso l'inalazione di gas e aerosol. In questo caso danneggiano i tessuti umani, irraggiandoli direttamente dall'interno. decadimento α 22 11Na --> β + + decadimento β− 10Ne 22 34 • La radiazione beta ha un maggior potere penetrante e attraversa un sottile foglio di carta; può però essere schermata con un foglio di alluminio di alcuni millimetri di spessore. • La radiazione di neutroni ha un elevato potere penetrante, ma può essere schermata con un materiale contenente boro o con la paraffina. • La radiazione gamma ha un elevato potere penetrante. Attraversa facilmente la carta e la lastra di alluminio , ma può essere fortemente indebolita con alcuni centimetri di piombo. La fissione nucleare Nel 1938 i chimici tedeschi Hahn e Strassmann scoprirono che bombardando il nucleo di uranio 92U235 con dei neutroni lenti, cioè con basso contenuto energetico, questo si spaccava in 2 nuclei di medie dimensioni, liberando altri neutroni (2 o 3) ed energia termica. L’assorbimento di un neutrone, infatti, trasforma l’uranio 235 nell’isotopo 92U236 che, avendo un contenuto 92U energetico molto elevato, è molto instabile per cui si spacca sprigionando una grande quantità di calore. Tale processo è chiamato fissione nucleare. Occorre notare che le reazioni di fissione possibili per questo nuclide sono moltissime con produzione di 2 oppure 3 neutroni (2,4 è il numero medio di neutroni ) prodotti e con diversi possibili prodotti (a loro volta radioattivi) come nuclei di bario e cripto, selenio e cesio, bromo e lantanio, rubidio e cesio o stronzio e xeno, ecc. Per esempio: 235 235 + n 36Kr94 + 56Ba139 + 3n + n 36Kr94 + 56Ba140 + 2n 92U 92U Per la fissione di U-235 si deve quindi parlare di una distribuzione statistica dei prodotti. Potremmo scrivere la reazione di fissione di U-235 nel modo seguente: 235 + n X + Y + 2,4 n + energia 92U I neutroni, non avendo carica elettrica, sono particolarmente idonei per la fissione perché non vengono respinti dalle cariche positive del nucleo. Inoltre, per provocare la fissione il neutrone deve essere lento perché, rimanendo più a lungo nelle vicinanze del nucleo, aumenta la probabilità di essere catturato più facilmente. Solitamente neutroni lenti producono solo urti elastici con i nuclei dell’92U238 ma anche se un neutrone lento viene catturato dal nucleo di 92U238 la fissione è molto improbabile. I neutroni con velocità medie o elevate vengono di solito catturati dal nucleo di 92U238 senza fissione. In questo caso l’isotopo radioattivo 92U239, che si forma dopo la cattura del , diventa nettunio 93Np239 (tempo di dimezzamento neutrone, emettendo una particella 23,5 minuti) e il nettunio, emettendo una particella , si tramuta in plutonio 94Pu239 239 (tempo di dimezzamento 2,35 giorni). Il plutonio 94Pu , nuclide artificiale radioattivo, è adatto alla fissione (nei reattori veloci) perché può essere scisso da neutroni veloci. Quindi: • 92U235 è un radionuclide fissile naturale • 94Pu239 è un radionuclide fissile artificiale • 92U238 è un radionuclide fertile naturale; viene denominato fertile perché in grado di produrre un radionuclide fissile (94Pu239). Reattori nucleari L’energia liberata durante il processo di fissione deriva da una corrispondente perdita di massa degli elementi partecipanti alla reazione (scompare circa 1g di massa per ogni kg di nuclide fissionato). Secondo la legge di Einstein la massa m e l’energia E sono infatti concetti equivalenti, dove c è a velocità della luce nel vuoto. legati dalla relazione: E = mc2 Nei reattori nucleari avviene proprio la trasformazione della massa in energia. Difatti, spaccando un nucleo in due nuclei più leggeri, in questi due nuclei e nelle particelle liberate è 35 immagazzinata meno massa di quanta ne era immagazzinata originariamente nel nucleo di partenza. Scompare circa 1g di massa per ogni kg di nuclide fissionato; si ha così un guadagno netto di energia. Il fatto che per ogni fissione si liberino dei neutroni energetici, rende teoricamente possibile un fenomeno di “autosostentamento” della reazione, nel senso che tali neutroni potrebbero a loro volta innescare altre fissioni di nuclei di uranio. Il risultato di questa sequenza è una tipica reazione a catena; per innescare questo processo a catena si sfrutta il fattore di moltiplicazione dei neutroni, il quale non è sempre pari al valore ideale (2.4) ma è in generale inferiore. Se la quantità di materiale fissile è sufficiente, si riesce ad ottenere un fattore efficace di moltiplicazione superiore ad uno, innescando così una reazione di fissione a catena che porta ad uno svolgimento di una quantità enorme di energia in un breve intervallo di tempo. Questo fenomeno viene sfruttato per scopi militari: in una bomba nucleare (o impropriamente, atomica) viene posta una quantità di materiale fissile (massa critica) tale da avere una moltiplicazione di neutroni elevata ed una reazione a catena rapidissima che produce, in tempi brevissimi, una quantità enorme di energia. Se, invece, durante la fissione si abbassa il guadagno di neutroni accentuando l'assorbimento e anche controllandolo, è possibile far avvenire la reazione in maniera controllata. Questo ha portato allo sviluppo di reattori a fissione nucleare per la produzione di energia. Una centrale nucleare è una forma perfezionata di centrale termica. Nel reattore delle centrali nucleari, attraverso la fissione controllata, viene liberata un'enorme quantità di calore che producendo vapore aziona delle turbine collegate ad un generatore di corrente elettrica. Un reattore a fissione consiste schematicamente in: • un "nocciolo", dove viene fatta avvenire la reazione di fissione controllata da appositi assorbitori, • uno scambiatore di calore che porta fuori dal nocciolo l'energia prodotta e che aziona un dispositivo per rendere utilizzabile tale energia (per esempio turbine collegate a generatori di elettricità); • un sistema di raffreddamento. I materiali utilizzati per la costruzione di un reattore a fissione nucleare devono presentare dei requisiti un po' particolari rispetto ai materiali utilizzati nelle costruzioni tecniche in generale. Si può affermare che le ricerche volte ad elevare il grado di sicurezza nei reattori nucleari hanno portato allo sviluppo di materiali spesso di tipo completamente nuovo. Infatti oltre alla alta robustezza tali materiali devono necessariamente possedere un basso potere di assorbimento dei neutroni ed una elevata resistenza alle radiazioni, al calore e alla corrosione. Il nocciolo è composto da tre elementi fondamentali: • Il combustibile nucleare • le barre di controllo • il moderatore L’unico elemento naturale che presenta caratteristiche idonee per essere utilizzato come combustibile nucleare nei processi di fissione è l’isotopo 235 dell’uranio. Esso costituisce solo lo 0.7% del totale di questo elemento, la maggior parte essendo invece l’isotopo 238 (che non è fissile). E’ dunque necessario predisporre tecniche di arricchimento artificiale del minerale. Essendo i due elementi (235 e 238) specie isotopiche, non è possibile separarle per via chimica. Si adottano quindi tecniche complesse di separazione per 36 diffusione che utilizzano la piccola differenza di massa dei due isotopi; ciò che resta dopo questo trattamento è detto Uranio depleto o impoverito. Un altro elemento utilizzabile nella fissione è l’isotopo 239 del plutonio, prodotto artificialmente per bombardamento neutronico di uranio-238; è separabile per via chimica dall’uranio. La produzione di combustibile basato sul plutonio a partire dall’uranio è detta “fertilizzazione”. Il nocciolo viene di solito assemblato con elementi come quelli mostrati nelle figure. In ognuno si trovano dei gruppi di 17 X 17 barre, in ognuna delle quali vengono infilate delle pastiglie di Uranio preparate in forma di cilindro con diametri di circa 1-1,5 cm. Queste vengono impilate in guaine rigide fatte di una lega di zirconio, lunghe circa 3 metri e mezzo, e vengono montate negli elementi, lasciando qualche spazio vuoto per le barre di controllo. Per fare un nocciolo completo servono circa 150 di questi elementi. La fissione viene innescata bombardando dall’esterno con neutroni moderati (termici) il combustibile fissile. Affinché le reazioni di fissione si possano autosostenere occorre che i neutroni originati colpiscano altri nuclei scindendoli e producendo così una reazione a catena. La quantità minima occorrente per iniziare una reazione a catena spontanea viene chiamata “massa critica”; per l’uranio-235 puro essa è di 50 kg. Per ottenere una reazione a catena controllata, ossia costante e regolabile, si deve fare in modo che solo una parte dei neutroni emessi produca una successiva fissione mentre gli altri vengono assorbiti. Per una regolazione esatta si utilizzano le barre di controllo, realizzate in materiali altamente assorbenti come leghe di boro, indio, argento e cadmio. I neutroni generati, essendo veloci (quindi non utili per la fissione), devono venire sufficientemente rallentati, cioè “moderati”. I materiali moderatori devono essere capaci di ridurre la velocità dei neutroni senza catturarli. Solitamente si usa come moderatore l’acqua in quanto può svolgere anche la funzione di refrigerante; cioè, essa assorbe il calore prodotto dalla fissione e lo trasferisce all’esterno del nocciolo. Esistono vari tipi di centrali nucleari: • reattori ad acqua bollente • reattori ad acqua pressurizzata, • e reattori a metallo liquido reattori ad acqua bollente: l’acqua è a diretto contatto con il nocciolo caldo e viene vaporizzata; il vapore prodotto viene inviato direttamente alla turbina generatrice di elettricità. Lo svantaggio principale di questo sistema è che l’acqua può diventare radioattiva (secondo svariati processi) ed in caso di fuga la contaminazione ambientale è assicurata. reattori ad acqua pressurizzata: in questo tipo di reattore vi sono due circuiti separati. Nel circuito primario, a contatto diretto con il reattore, circola dell’acqua che viene mantenuta allo stato liquido ad elevate temperature (300-330 °C), grazie all’impiego di elevate pressioni (circa 155 bar). L’acqua di questo circuito assorbe il calore della fissione e lo cede, 37 mediante opportuni scambiatori, al circuito secondario contenente acqua non pressurizzata che,quindi, evapora ed aziona le turbine. Il vantaggio di questo disegno è che l’acqua a contatto con la zona radioattiva resta sempre isolata dalla parte “ordinaria” della centrale. Il vapore che esce dalla turbina, a bassa temperatura e pressione, entra in un ultimo scambiatore di reattore ad acqua bollente reattore ad acqua pressurizzata calore, che fa condensare l'acqua raffreddandola con un terzo circuito. L'acqua di questo circuito, ovviamente, non viene a contatto con niente di radioattivo, visto che l'acqua del primario, leggermente radioattiva, non entra a contatto con l'acqua del secondario, ma scambia solo calore attraverso pareti impermeabili Quindi a questo scopo si può usare acqua che viene da un fiume o dal mare, a patto poi di reimmetterla nel fiume (o in mare) da cui la si è presa a valori di temperatura accettabili. Esistono ovviamente leggi che prescrivono limiti di temperatura e portata con cui deve essere reimmessa l'acqua nei fiumi, per evitare danni all'ecosistema locale. Nel caso in cui sia necessario raffreddare l'acqua dell'ultimo circuito questa viene raffreddata ad aria tramite torri di raffreddamento. Queste strutture, spesso enormi (a volte si usano torri alte fino a 140 m..) hanno la forma caratteristica che è restata nell'immaginario collettivo come tipica di una centrale nucleare (vedi fig.). Interno di una centrale centrale Svizzera reattori a metallo liquido: il termovettore è costituito da sodio liquefatto (o da altri metalli alcalini). Il vantaggio rispetto il modello ad acqua pressurizzata è che le temperature di esercizio possono essere più elevate e l’efficienza complessiva aumentata per la migliore conduttività termica del sodio. Questi reattori sono chiamati autofertilizzanti. La caratteristica fondamentale di un reattore autofertilizzante è nel fatto che esso può produrre, a partire da combustibili fertili, una quantità di materiale fissile superiore a quella che consuma. Il sistema ad autofertilizzazione più diffuso in tutto il mondo usa uranio 238 come materiale fertile. L'assorbimento di un neutrone da parte di un nucleo di uranio 238 dà luogo a un’emissione beta (β β−) per cui il nucleo si trasforma nell'isotopo fissile plutonio 239. 38 La fissione di un nucleo di plutonio 239, innescata da un neutrone, avviene con emissione di una media di 2,8 neutroni, uno dei quali è necessario per indurre la fissione nello stadio successivo della reazione a catena. Il reattore che sfrutta il sistema autofertilizzante più avanzato è l' LMFBR (Liquid Metal Fast Breeder Reactor, Reattore autofertilizzante rapido a metallo liquido), in cui la velocità dei neutroni destinati alla produzione di plutonio viene mantenuta alta, per massimizzare l'efficienza del sistema. Va quindi escluso qualunque materiale moderatore, come ad esempio l'acqua, che rallenterebbe i neutroni. Come refrigerante viene usato un metallo liquido, generalmente sodio. Il tempo di raddoppiamento, cioè il tempo in cui il reattore produce una quantità di combustibile doppia rispetto a quella originaria, è di circa 10 anni. Lo sviluppo del sistema LMFBR è iniziato negli Stati Uniti prima del 1950, con la costruzione del primo reattore autofertilizzante sperimentale, EBR-1. Sono stati poi installati reattori autofertilizzanti operativi in Gran Bretagna, Francia, Russia e altri paesi dell'ex Unione Sovietica; procede inoltre il lavoro a scopo sperimentale in Giappone e in Germania. Nei reattori autofertilizzanti le scorie sono molto pericolose per la presenza di plutonio. Inoltre questi reattori presentano rischi molto più grandi degli altri a neutroni termici per il fatto che dopo un certo periodo di funzionamento il combustibile deve essere trattato opportunamente per estrarne il materiale fissile che si è formato. Questo comporta una serie di operazioni periodiche ad alta pericolosità, come rimozione del combustibile, suo trasporto, manipolazione in laboratori di estrazione, etc. che rendono i reattori autofertilizzanti ad altissima pericolosità. Occorre anche non sottovalutare, per questo tipo di reattori, l'alta pericolosità sociale dato che il plutonio, prodotto in grande quantità, può essere usato direttamente per scopi militari. La fusione nucleare Anche la fusione di due nuclei atomici libera energia. A differenza della fissione nucleare, però, la fusione è possibile solo con nuclei leggeri, come ad esempio il deuterio e il trizio. La fusione nucleare costituisce la fonte energetica del sole (quattro nuclei d'idrogeno si fondono formando elio) e si ripete da miliardi di anni all'interno delle stelle. Le difficoltà tecniche per l'applicazione industriale sono enormi, anche se il fenomeno di fusione è stato dimostrato negli impianti di ricerca. La difficoltà maggiore, nel riprodurre sulla terra la reazione di fusione, viene dal fatto che per far avvenire la reazione i due nuclei reagenti debbono avvicinarsi vincendo la repulsione coulombiana. Ciò richiede una energia "di attivazione" elevatissima; nelle stelle invece esistono le condizioni ideali per consentire la fusione dei nuclei. Per quanto riguarda gli usi bellici (bomba a idrogeno) le difficoltà sono state superate: per fornire l’energia necessaria per innescare la reazione di fusione viene prima fatto esplodere un ordigno nucleare a fissione. La tecnica più studiata fino ad oggi è quella che impiega un forte campo magnetico per confinare un plasma formato da nuclei di deuterio e trizio ad alta temperatura, in modo che questo non venga in contatto col materiale con cui viene realizzato il reattore. Per innescare la reazione la temperatura dovrebbe essere di circa 108 °C però a tutt'oggi non si è ancora riusciti a stabilizzare il plasma con una temperatura così alta per tempi sufficientemente lunghi per avere un autosostentamento costante della reazione. L'elettricità ottenuta attraverso la fusione nucleare comporterà dei notevoli vantaggi in termini di resa (100 GWh/kg contro 23 GWh/kg della fissione). La produzione di energia da fusione nucleare potrebbe risultare più sicura di quella da fissione per due ragioni: • non si producono scorie radioattive, anche se durante il funzionamento della reazione si ha una alta emissione di neutroni; 39 • la reazione non procede a catena, come nella reazione di fissione, per cui la si può arrestare quando si vuole senza alcun pericolo che essa sfugga al controllo. Inoltre le materie prime (deuterio e trizio) sono disponibili in grandi quantità. Il deuterio si può ricavare dall’acqua degli oceani ed il trizio può essere ottenuto dal litio, con opportuni trattamenti. L'orizzonte di tempo per realizzare un reattore industriale sembra ancora molto lungo; nel 1975 si prevedeva una applicazione commerciale per i primi anni del 2000! Rischio nucleare L’utilizzo dell’energia nucleare per produrre energia elettrica comporta dei vantaggi e dei rischi. Tra i primi possiamo citare: • disponibilità della materia prima (soprattutto nel caso della fusione) • elevata resa per unità di materiale utilizzato (la fusione di1kg di U235 produce circa 23 Gwh di energia; la fusione di 1 kg della miscela deuterio-trizio sviluppa circa 100 Gwh) • nessuna emissione di gas a effetto serra • nessuna emissione di gas responsabili delle piogge acide • nessuna emissione di particolato I rischi possono essere raggruppati in due grosse categorie: • rischi termici • e rischi delle scorie. I rischi termici sono tutti quei problemi che possono sorgere per il superamento eccessivo della potenza progettata del reattore. Una potenza troppo alta sottopone a sollecitazioni eccessive i materiali di cui è costruito il reattore e può provocare perfino la fuoriuscita di materiale ad alta radioattività (come nel famoso incidente di Chernobyl del 1986). Le scorie sono costituite sia da nuclidi prodotti dalla fissione sia da materiali presenti nel combustibile che per reazione con i neutroni nel nocciolo si sono trasformati in nuclidi radioattivi. Di solito le scorie vengono separate in base alla loro radioattività, cioè in base alla durata media del loro periodo di "raffreddamento", e poi vengono riposte in depositi a "raffreddare". Le varie tappe di approvvigionamento e smaltimento del combustibile formano un ciclo chiuso: l'uranio radioattivo naturale è estratto dal suolo e alla fine le scorie radioattive prodotte dall'utilizzazione dell'energia nucleare sono restituite al suolo protette da numerose barriere. Solitamente il materiale fissile viene sfruttato in un reattore per 3 o 4 anni. Durante questo periodo di tempo la quantità di nuclei di uranio-235 diminuisce a causa delle reazioni di fissioni producendo un impoverimento del combustibile. Contemporaneamente si formano prodotti di fissione (una parte dei quali radioattivi) e plutonio-239. Lo smaltimento di tutti questi prodotti, detti comunemente scorie radioattive, avviene in due modi: • trattamento delle scorie per il recupero di uranio e plutonio • immagazzinamento definitivo delle scorie come rifiuti. Prima di essere immesse in un deposito geologico in profondità, tutte le categorie di scorie radioattive devono essere imballate (o condizionate, in gergo tecnico). Gli elementi di combustibile esauriti sono trattati in impianti di ritrattamento: attraverso un processo chimico, le sostanze riutilizzabili, Ciclo del combustibile come il plutonio e l'uranio, sono recuperate dagli elementi di combustibile esauriti, per poter poi essere riciclate in nuovi elementi. Le sostanze residue altamente radioattive vengono vetrificate. Le scorie mediamente radioattive a lunga durata e quelle debolmente e mediamente radioattive sono solidificate con il cemento. Per limitare al massimo l’eventuale 40 contatto con l’acqua le scorie vengono poi rinchiuse ermeticamente in fusti d’acciaio e seppellite, a profondità opportune, in formazioni geologiche particolarmente stabili. L a F i n l deposito per scorie radioattive in Finlandia a La Finlandia è stata il primo Paese del mondo a decidere la costruzione di un deposito finale per scorie radioattive. Anche in Finlandia i comuni hanno litigato a lungo sull'ubicazione definitiva. A differenza del resto del mondo, però, non perché nessuno voleva i rifiuti, ma perché all'inizio si erano candidati quattro comuni. Intanto si sta realizzando una nuova centrale nucleare, dopo il via libera della commissione europea, nell’isola di Olkiluoto. In questo sito si trovano altre due centrali (Olkiluoto 1 e Olkiluoto 2). . Si tratta di un reattore ad acqua in pressione di nuovo tipo che viene costruito da un consorzio francese ed è il più ambizioso progetto nella storia finlandese. Con una potenza prevista di 1600 Megawatt sarà la centrale nucleare più potente al mondo. L’impianto dovrà entrare in funzione nel 2009. La nuova centrale è destinata a soddisfare la richiesta supplementare di elettricità della Finlandia e a sostituire i vecchi stabilimenti alimentati a combustibile fossile, La costruzione del nuovo reattore nucleare Olkiluoto 3 potrebbe avere ripercussioni anche in altri pesi europei. La supercentrale potrebbe fornire elettricità all’estero, ma soprattutto stimolare il potenziamento e la ripresa dell’energia nucleare in altri paesi, nonché dare il via alla costruzione di nuovi reattori. Centrali nucleari nel mondo. Nel mondo, ad agosto 2007, sono in funzione 439 centrali nucleari per un totale di 372.002 Mwelettrici;alla stessa data sono in costruzione altri 34 impianti per una potenza di 27.838 Mwh el, mentre è stata pianificata la costruzione di altri 81 reattori per altri 89.175 Mwhel. A livello mondiale la produzione di energia elettrica col nucleare è superiore al 16%, ma molti Paesi soddisfano tramite il nucleare gran parte del proprio fabbisogno interno: • Francia: 78% fabbisogno energetico interno • Paesi dell'Europa dell'Est: 40-50% • USA: 19% L'Europa soddisfa mediamente il 35% del proprio fabbisogno energetico interno mediante l'uso di centrali nucleari, anche se nel dato medio pesa fortemente la politica energetica francese. Il caso della Francia è unico al mondo, ben il 78% dei consumi energetici francesi sono soddisfatti mediante reattori nucleari. Nelle figure sottostanti sono riportati i siti dove si trovano le centrali nucleari; compaiono anche le centrali italiane che, tuttavia non sono attive. IL NUCLEARE IN ITALIA L'Italia possedeva quattro centrali nucleari situate a:Corso, Garigliano, Latina, Trino Vercellese. Dopo l’incidente di Chernobyl del 26 aprile 1986 ed in seguito al referendum popolare dell’autunno 1987, il governo italiano imponeva: • una moratoria di cinque anni per la costruzione di nuovi impianti nucleari; • la sospensione della costruzione delle nuove centrali di Trino Vercellese 2 e della centrale Alto Lazio (Montalto di Castro), • la chiusura della centrale di Latina • e la sospensione dell’esercizio delle centrali di Trino Vercellese 1 e Caorso, la cui chiusura definitiva fu deliberata dal CIPE il 26 luglio 1990. 41 42