dal congresso di vienna all`unita` d`italia (1)

CONGRESSO DI VIENNA, RESTAURAZIONE E SOCIETA' SEGRETE
La sistemazione del nuovo ordine successivo alla sconfitta di Napoleone
(Waterloo 1815) viene decisa nel Congresso di Vienna che si tiene tra il
novembre del 1814 e il giugno del 1815.
Al congresso partecipano i rappresentanti delle potenze che hanno vinto contro
la Francia e cioè: Russia, Inghilterra, Austria e Prussia. Anche la Francia,
seppur sconfitta, è ammessa al congresso.
Le decisioni che vengono prese si ispirano a due principi fondamentali:
− il principio di legittimità: i territori europei devono ritornare ai sovrani
che vi avevano regnato prima del 1789, quindi prima dell'ascesa al
potere di Napoleone;
− il principio dell'equilibrio: bisogna raggiungere un rapporto di forza
bilanciato tra le potenze, in modo da impedire che qualcuna di esse si
assicuri il dominio sull'Europa.
Non vengono prese in nessuna considerazione, invece, le aspirazioni dei
popoli all'indipendenza nazionale e alla sovranità popolare.
Contemporaneamente al Congresso di Vienna nasce la Santa Alleanza,
voluta nel 1815 dallo zar Alessandro I, cui aderiscono Russia, Prussia,
Austria e Francia. Questi paesi si impegnano a darsi vicendevole aiuto in casi
di attacco militare altrui, prendendo come regola i principi della religione
cristiana e della pace.
La Santa Alleanza diventa ben presto uno strumento oppressivo, attraverso
cui il primo ministro austriaco Metternich mira a stroncare ogni tentativo
liberale in Europa.
Prevale così la politica dell'intervento, cioè la facoltà degli alleati di
intervenire militarmente per restaurare l'ordine interno di uno Stato che fosse
minacciato da moti rivoluzionari.
La sistemazione dell'Italia voluta dal Congresso di Vienna
Il Congresso riporta in Italia la frammentazione territoriale dell'epoca
prenapoleonica.
− Il Regno di Sardegna viene ridato ai Savoia di Vittorio Emanuele I.
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− Il Lombardo-Veneto è dell'Austria.
−
− Il Ducato di Parma e Piacenza viene dato alla moglie di Napoleone,
che è una Asburgo. Alla sua morte sarebbe passato ai Borboni (di
origine francese, regnarono in Francia, Spagna, Regno delle Due Sicilie,
Granducati di Toscana e Parma).
− Il Ducato di Lucca ai Borboni, poi sarebbe stato unito alla Toscana.
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− Il Ducato di Modena e Reggio viene dato a un esponente della
famiglia d'Este (imparentato con gli Asburgo), che poi eredita
anche il Ducato di Massa e Carrara.
− Il Granducato di Toscana viene ridato a Ferdinando III d'AsburgoLorena.
− Lo Stato Pontificio fu restaurato sotto Pio VII.
− Il Regno delle Due Sicilie viene creato da Ferdinando IV di
Borbone, che unisce Napoli al regno di Sicilia.
In generale si può dire che il Congresso stabilisce l'egemonia dell'Impero
austriaco sull'Italia, sia attraverso sovrani diretti, sia legami dinastici;
inoltre ottiene il diritto di tenere presidi militari nei ducati toscani e nello
Stato Pontificio e si allea con il Regno delle Due Sicilie.
Caratteri generali della Restaurazione
- Il Congresso vuole ripristinare in Europa l'ordine politico anteriore alla
Rivoluzione francese, la politica degli stati è quindi votata alla repressione o
al contenimento delle tendenze liberali nazionali.
- Vengono però mantenute in molti stati le innovazioni del periodo
napoleonico: centralismo statale, limitazione dei privilegi dei ricchi,
abolizione della servitù della gleba...
- Prevalgono le monarchie assolute (Austria, Prussia, Russia), anche se
alcuni sovrani concedono costituzioni (Svezia, Paesi Bassi, alcuni stati
della Germania del sud...).
- L'Inghilterra è come sempre un caso a parte, più moderna, moderata e
costituzionale di tutti gli altri stati europei.
Opposizione alla Restaurazione e società segrete
L'oppressivo sistema della Restaurazione fa nascere opposizioni in tutta
Europa, soprattutto nelle giovani generazioni che si riconoscono nella cultura
del Romanticismo e fra le classi medie.
Le opposizioni europee si battono soprattutto per due motivi:
− la conquista delle istituzioni liberali: costituzione, libertà
politiche e civili;
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− l'indipendenza nazionale (Italia, Belgio, Polonia, Grecia, Germania).
A causa dei duri regimi polizieschi voluti dalla Restaurazione, i suoi
oppositori si organizzano in società segrete.
La società segreta più importante è la Carboneria, che si diffonde soprattutto
in Italia, in particolare nel sud, in Piemonte e in Lombardia.
I suoi fini sono l'ottenimento dell'indipendenza e della libertà dell'Italia.
Questa società segreta era organizzata in modo rigidamente gerarchizzato e
per proteggere i suoi membri, comunicava attraverso simboli ed espressioni
gergali.
Molte altre società segrete derivate dalla Carboneria si diffondono in Europa (la
più importante è la Società dei sublimi maestri perfetti fondata in Francia).
La Carboneria e le altre società segrete conservano sempre un carattere
elitario e sono scarsamente presenti tra le masse contadine, che
costituiscono la stragrande maggioranza della popolazione.
Proprio questo determinerà il fallimento dei moti rivoluzionari del 1821
e del 1831.
Dopo questa data l'influenza delle società segrete in Italia è in declino.
I MOTI DEL 1820-1821
I moti nel Regno delle Due Sicilie
Spinte dai moti spagnoli, nel luglio del 1820 le guarnigioni dell'esercito di
stanza a Nola e ad Avellino muovono contro Napoli rivendicando la
costituzione.
La rivolta si estende rapidamente ed entra a Napoli e il re deve concedere
la costituzione.
Nel frattempo scoppia un moto separatista in Sicilia: il governo di Palermo
vuole dare autonomia all'isola nei confronti di Napoli.
Di fronte a questi moti carbonari la Santa Alleanza si riunisce e il re delle
Due Sicilie, Ferdinando I di Borbone, chiede aiuto.
L'esercito austriaco interviene e ha facilmente la meglio sulle truppe dei
rivoltosi liberali napoletani (marzo 1821).
Viene quindi revocata la costituzione e si apre un periodo di feroce
reazione (molti carbonari vengono giustiziati o condannati all'esilio).
I moti piemontesi del 1821
Gli esponenti principali dei moti in Piemonte sono Santorre di Santorosa e
Cesare Balbo, che cercano di portare dalla loro parte Carlo Alberto,
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presunto erede al trono, appartenente al ramo cadetto della famiglia reale dei
Savoia, personalità debole e contraddittoria, che si mostra favorevole ai
liberali.
A Torino si ha una manifestazione studentesca, repressa nel sangue.
Poco dopo una guarnigione carbonara si impadronisce della città di
Alessandria.
Nei giorni seguenti il moto si estende a Genova.
Il re Vittorio Emanuele I abdica in favore del fratello Carlo Felice
(1821-1831), che però si trova a Modena, per cui affida la reggenza a Carlo
Alberto. Questi concede la costituzione, ma Carlo Felice la ritira.
Carlo Alberto quindi prepara la controrivoluzione e, con l'aiuto dell'esercito
austriaco, sconfigge i rivoluzionari a Novara.
Viene restaurato il regime assoluto sotto Carlo Felice.
La repressione delle società segrete nel Lombardo-Veneto
Nel Lombardo-Veneto erano presenti sia la Carboneria che la società
segreta dei Federati, ma qui non si hanno moti, a causa del tempestivo
intervento della polizia austriaca, che nel 1821 arresta numerosi
intellettuali cospiratori (fra i quali Silvio Pellico, rinchiuso nella fortezza dello
Spielberg). Stessa sorte subisce, dopo un lungo processo, il vero capo dei
liberali lombardi, Federico Confalonieri.
I MOTI DEL 1831
Nel 1831 si hanno moti rivoluzionari in diversi paesi europei: Francia,
Belgio, Polonia, Italia e Germania.
In Inghilterra, invece, la monarchia costituzionale è in mano alla regina
Vittoria e si sviluppa il Cartismo, movimento di protesta promosso dalle
classi lavoratrici che vogliono, suffragio universale, voto segreto...
I moti del 1831 nell'Italia centrale
Nell'Italia centrale il movimento cospirativo era molto attivo, qui agivano
Ciro Menotti ed Enrico Misley, due patrioti che avevano creato una fitta
rete di rapporti tra i rivoluzionari dei ducati di Modena, Parma,
Mantova e nelle legazioni pontificie.
I due, volendo estendere i moti anche nel Lombardo-Veneto, rendono
partecipe delle loro trame il duca di Modena Francesco IV, che su quei
territori aveva mire espansionistiche.
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Il duca ha paura della rivoluzione e così fa arrestare Menotti (poi
giustiziato) e altri rivoltosi.
Nonostante ciò, l'insurrezione scoppia a Modena, Parma e Bologna e in
gran parte dello Stato Pontificio e un'assemblea riunita a Bologna
dichiara decaduto il potere temporale del papa e nomina un governo
delle province unite italiane.
L'intervento dell'Austria però pone fine con la violenza al moto, entro il
mese di marzo del 1831.
Viene restaurata l'autorità dei duchi di Parma e Modena e del nuovo
papa Gregorio XVI su tutto il territorio pontificio, dove l'Austria mantiene un
forte contingente militare.
IL RISORGIMENTO: MAZZINI E IL NEOGUELFISMO TRA GLI ANNI '30 E
'40
Giuseppe Mazzini e la Giovine Italia
Il genovese Giuseppe Mazzini (1805-1872) è una figura di grande rilievo
del movimento rivoluzionario europeo e il capo della corrente
democratica del risorgimento italiano.
Si laurea in legge e si impegna nell'attività di giornalista, scrive articoli in
cui traspaiono gli elementi costitutivi della sua ideologia: una versione
democratica e laica del romanticismo.
Dal 1829 si impegna attivamente nella Carboneria genovese e nel 1830
viene arrestato e condannato all'esilio.
Inizia quindi la lunga peregrinazione di Mazzini che dura quasi tutta la sua
vita.
A Marsiglia, con un gruppo di fedeli collaboratori, nel 1831 fonda la Giovine
Italia, che può essere considerato il primo partito politico della storia
moderna italiana.
Anche se rimane un'associazione clandestina e perseguitata dalla polizia, la
Giovine Italia era organizzata in modo unito dal centro alla periferia,
aveva un programma omogeneo e pubblico, diffuso in tutto il paese con
giornali o volantini.
Scopo del suo programma era l'ottenimento dell'indipendenza e dell'unità
d'Italia attraverso una rivoluzione nazionale condotta da tutto il popolo,
non da piccoli gruppi elitari, e soprattutto dai giovani.
Nel popolo, infatti, secondo il pensiero mazziniano, si manifesta Dio con la
sua legge di progresso: per cui ogni popolo ha una missione da
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compiere per il progresso generale dell'umanità. Se però il popolo è
oppresso, per svolgere il suo compito deve ricorrere alla rivoluzione.
Il popolo italiano deve quindi abbattere con la rivoluzione il dominio
dell'Austria e del papa.
Secondo Mazzini la caduta dell'Austria sarà il segnale per la rivoluzione di
tutti i popoli oppressi, mentre la caduta del papa sarà l'inizio di una
nuova religione unitaria.
Il compito del popolo italiano sarà fondare una repubblica democratica
con centro in Roma, promuovendo così un rinnovamento politico e
religioso dell'intera Europa.
I moti mazziniani degli anni '30 e '40
Il pensiero di Mazzini si diffonde rapidamente in tutta Italia e gli affiliati alla
Giovine Italia, presenti soprattutto nel nord, passano all'azione nel 1834.
Lo scopo era di accendere la rivoluzione negli Stati Sardi, attraverso
l'invasione armata della Savoia e l'insurrezione di Genova.
L'azione fallisce e Mazzini è costretto a trasferirsi a Ginevra e Garibaldi
(giovane capitano della marina sarda) a riparare in Francia.
Si tratta della prima di molte sconfitte che i mazziniani subirono durante il
Risorgimento.
Dopo alcuni anni di profonda crisi, Mazzini rifonda nel 1839 la Giovine
Italia, cercando di radicarla in modo più sistematico tra gli operai delle
città.
Mazzini, rifiutando le dottrine socialiste, voleva l'unione dei lavoratori per
ottenere ideali di solidarietà (ad esempio mutuo soccorso e sviluppo
dell'istruzione) e la sua è la prima corrente di pensiero che sarà alla base del
movimento operaio europeo.
Mazzini ha scarsa attenzione per i problemi del mondo rurale, in
un'Italia invece prevalentemente contadina, per cui la sua ideologia non si
diffonde tra il popolo, che comunque resta il punto di riferimento teorico del
suo pensiero.
Il movimento mazziniano è protagonista di altri tentativi insurrezionali
falliti (in Romagna nel 1843 e nel 1845).
L'impresa più nota è quella che costò la vita ai fratelli Attilio ed Emilio
Bandiera, catturati e uccisi dalle forze borboniche, dopo che erano sbarcati in
Calabria per appoggiare una delle tante sommosse rurali che si svolsero in
Italia nella prima metà dell''800.
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Altri esponenti del pensiero democratico: Ferrari e Cattaneo
A partire dagli anni '40 fanno sentire la loro voce i milanesi Ferrari e
Cattaneo, lontani dal pensiero mazziniano, sostenitori di un ordinamento
repubblicano di tipo federalista.
Ferrari, vicino al socialismo, criticava la fiducia di Mazzini nelle cospirazioni,
alle quali contrapponeva la necessità di un'attiva di propaganda in grado di
suscitare spontanee rivolte delle masse, che avrebbero scelto da sé i
propri obiettivi e i capi da seguire.
Cattaneo, convinto della funzione positiva della borghesia e del
capitalismo, ammetteva l'insurrezione rivoluzionaria, ma solo come
movimento spontaneo del popolo e riteneva che il progresso non potesse
essere che lento e graduale.
Il movimento liberal-moderato: il neoguelfismo e Vincenzo Gioberti
Le élites intellettuali italiane all'inizio degli anni '40 si schierano
soprattutto a favore delle varie correnti del pensiero moderato.
L'ideologia moderata proponeva un programma economico liberoscambista
e una politica di graduali riforme, realizzate senza insurrezioni armate,
ma attraverso l'accordo con i sovrani; solo sullo sfondo veniva lasciato
il problema dell'unificazione della penisola.
Influenza importante sul pensiero moderato ha avuto l'ideologia
cattolico-liberale, detta anche neoguelfa: questa visione tendeva a
conciliare tradizione e progresso, fede cattolica ed esigenze di una
moderna società borghese, insistendo sull'importanza della funzione
svolta dalla Chiesa nel corso della storia italiana.
Esponenti famosi di questa corrente sono Manzoni e Massimo D'Azeglio
(scrittore di romanzi storici), lo storico Cesare Balbo e soprattutto i filosofi
Antonio Rosmini e Vincenzo Gioberti.
Gioberti all'inizio simpatizza per la Giovine Italia e per questo viene mandato
in esilio nel 1833. Si avvicina poi al neoguelfismo, a cui dà una
sistemazione ideologica pubblicando la sua opera maggiore “Del
primato morale e civile degli Italiani” (1843).
In essa sostiene che solo rimanendo fedeli alla tradizione è possibile
realizzare il risorgimento nazionale.
Gioberti, rigettando l'idea mazziniana di insurrezione, ritiene che i liberali
avrebbero più facilmente accettato un accordo tra sovrano e popolo e di
arrivare alla formazione di una confederazione di Stati italiani presieduta
dal papa, massima autorità morale della nazione e quindi in grado di
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assicurare quel “primato” italiano di cui parla il titolo del suo libro.
Il suo programma politico appare realistico, va incontro alle aspirazioni
dell'opinione pubblica che si diffonde notevolmente, soprattutto dopo
l'ascesa al soglio pontificio di Pio IX.
Quando, dopo il '48, tramonterà il mito del papa liberale, in un altra sua opera
Gioberti avanza l'ipotesi che il paese si possa liberare dai sovrani
stranieri sotto la guida della monarchia costituzionale sabauda.
Il biennio riformista
Il disegno liberal-moderato sembra realizzarsi durante il cosiddetto biennio
riformista (1846-1847).
In Piemonte il re Carlo Alberto (1831-1849) promulga nuovi codici (civile,
penale, del commercio), elimina le corporazioni, alleggerisce il sistema
protezionistico, concede l'elettività dei consigli comunali e provinciali. In
politica estera i Savoia si mostrano ostili all'Austria, tanto che gran parte
del movimento rivoluzionario nazionale liberale vede in Carlo Alberto un
possibile alleato, una speranza.
Pio IX viene eletto papa nel 1846 e avvia una serie di riforme: concede
l'amnistia ai condannati politici, concede una moderata libertà di stampa, crea
una guardia civica ecc.
In Toscana viene liberalizzata la stampa e costituito un nuovo governo di cui
facevano parte anche liberal-moderati.
Il riformismo non si verifica per niente nel Lombardo-Veneto e nel Regno
delle Due Sicilie.
LE RIVOLUZIONI EUROPEE DEL 1848 E LE LORO CONSEGUENZE
I caratteri generali e gli obbiettivi politici delle rivoluzioni del 1848
I moti del 1848 scoppiano in tutta Europa a causa del conflitto nato a
partire del 1845 tra il sistema di potere e le tendenze innovatrici.
L'ondata rivoluzionaria è stata un moto spontaneo, senza una direzione
politica o organizzativa unitaria, ma con obbiettivi simili in tutti i paesi.
I rivoluzionari vogliono:
- costituzioni e istituzioni rappresentative moderne, con parlamenti
dotati di poteri reali ed eletti sulla base della rappresentanza individuale (una
testa, un voto);
- libertà di stampa e di associazione;
- indipendenza del potere giudiziario dal governo;
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- istituzione di guardie civiche, cioè di milizie composte dai cittadini.
- i paesi sottoposti al dominio straniero vogliono anche diventare una nazione
e quindi vogliono l'indipendenza.
L'insurrezione nel Regno delle Due Sicilie
I primi moti si verificano nel Regno delle Due Sicilie: prima di tutto insorge
Palermo e poi altre città sul continente. Ferdinando II è costretto a concedere
una Costituzione.
Le rivoluzioni dell'impero asburgico
I popoli sottomessi all'Austria, Italiani, Slavi e Ungheresi, vogliono istituzioni
liberali e indipendenza nazionale e si ribellano tutti contemporaneamente.
La rivoluzione parte da Vienna e costringe l'imperatore Ferdinando I a
concedere la costituzione e a licenziare il primo ministro Metternich; nel
1848 diventa imperatore Francesco Giuseppe (fino al 1916) che
riprende il controllo di Vienna.
Le cinque giornate di Milano e l'insurrezione di Venezia
Il governatore di Milano concede la creazione di una guardia civica, rimane
però una guarnigione austriaca notevole, guidata dal generale
Radetzky.
Milano insorge e in cinque giorni di aspri combattimenti (18-22
marzo), 'le cinque giornate di Milano', riesce a scacciare dalla città le
truppe austriache che ripiegano nelle fortezze del quadrilatero (Mantova,
Peschiera, Verona e Legnago).
A Milano si crea un governo provvisorio moderato e un consiglio di
guerra democratico.
Contemporaneamente insorgono anche le altre città del LombardoVeneto, costringendo gli Austriaci alla ritirata: a Venezia viene proclamata
la Repubblica, sotto la guida di Daniele Manin.
LA PRIMA GUERRA D'INDIPENDENZA ITALIANA
La prima fase: marzo-agosto 1848
Nel Regno di Sardegna dove la concessione della costituzione (lo statuto
albertino, marzo 1848) aveva impedito rivoluzioni, il popolo chiedeva al re
un intervento militare a fianco degli insorti lombardi.
Carlo Alberto acconsente anche se in ritardo, ponendosi all'inseguimento
degli Austriaci, che si rifugiano nel Quadrilatero. A questa azione contro gli
Austriaci partecipano anche contingenti provenienti dal Regno delle Due
Sicilie, dalla Toscana e dallo Stato Pontificio.
A Curtatone e a Montanara gli Austriaci vengono sconfitti così come a
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Goito e a Peschiera, e poi si ritirano nella fortezza di Mantova.
A questo punto la situazione cambia: l'Austria ottiene rinforzi dagli alleati
e gli altri Stati italiani abbandonano le truppe piemontesi, seguendo
l'esempio dello Stato pontificio che dichiara di non potersi schierare contro un
paese cattolico come l'Austria.
Le truppe sabaude vengono così travolte dagli Austriaci a Custoza e
Sommacampagna e costrette all'armistizio (agosto 1848): Milano viene
rioccupata dagli Austriaci che cacciano i Piemontesi dai Ducati padani
dove erano entrati all'inizio della guerra.
Il 4 luglio Venezia, dove ancora resisteva la Repubblica, proclama la sua
annessione al Piemonte.
Le rivoluzioni democratiche a Roma e in Toscana
Negli altri stati italiani i democratici cercano di prendere il sopravvento.
Nello Stato Pontificio nel novembre del '48 viene assassinato il cardinale
Pellegrino Rossi (giurista moderato), i democratici chiedono al papa
un'Assemblea costituente e il papa si rifugia nella Fortezza di Gaeta
(Regno delle Due Sicilie), dove viene raggiunto nel febbraio del 1849 da
Leopoldo II di Toscana, anche lui cacciato dalla rivoluzione
democratica.
L'Assemblea dello Stato romano proclama decaduto il potere
temporale del papa e la creazione della Repubblica romana, affidata a
Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi e Carlo Armellini.
Anche in Toscana il parlamento nomina prima un triumvirato di tendenza
democratica e poi affida i pieni poteri a uno dei tre triumviri, Guerrazzi,
per la difesa del paese.
La ripresa della guerra di indipendenza e la sconfitta delle rivoluzioni
Anche in Piemonte si fa sentire un vasto movimento di opposizione
democratico (nel quale però prevalevano i monarchici).
Nel febbraio del 1849 cade il brevissimo ministero di Gioberti, mentre Carlo
Alberto riprende l'offensiva contro gli Austriaci. Ma le ostilità durarono solo tre
giorni e si conclusero con la sconfitta piemontese a Novara nel marzo del
1849.
Carlo Alberto è costretto a chiedere un armistizio, ma dal momento che gli
vengono imposte condizioni troppo gravose, abdica in favore del figlio
Vittorio Emanuele II (1849-1878), il quale firmò con Radetzky
l'armistizio di Vignale (Novara).
A ciò seguì il trattato di pace di Milano, con il quale il Piemonte rinunciò a
ogni pretesa sulla Lombardia e si impegnò a versare ingenti somme di
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denaro all'Austria per le riparazioni dei danni di guerra.
Il pesante armistizio spinse i democratici a scatenare un moto insurrezionale
antisabaudo a Genova che fu represso dall'esercito regio.
La sconfitta piemontese accelerò anche il destino della Repubblica romana,
che nonostante la difesa di volontari venuti da tutta l'Italia e
comandati da Garibaldi, dovette cedere alle forze coalizzate di Austria
e Francia, il cui esercito entrò a Roma nel luglio del '49, ristabilendo il
potere temporale del papa.
In agosto anche Venezia cede agli Austriaci.
Negli stessi giorni in Toscana cade la dittatura di Guerrazzi e ritorna
Leopoldo II.
La seconda Restaurazione e l'avvento di Cavour
Ritorno dell'assolutismo e moti mazziniani
Dopo la sconfitta dei moti democratici i vari Stati italiani tornano al regime
assoluto, a eccezione del Piemonte Sabaudo.
Nel Regno delle Due Sicilie la Costituzione fu sospesa e Ferdinando II
riprende a regnare dispoticamente, così come Pio IX nelle Stato
Pontificio e i sovrani dei ducati padani. Più mite la restaurazione in
Toscana, dove comunque viene abolita la costituzione.
Nel Lombardo Veneto la repressione fu molto dura, numerose le condanne
a morte di patrioti, anche dopo un'insurrezione promossa da popolani
mazziniani nel 1853.
Intanto nel 1850 il movimento mazziniano si trasforma in Partito
d'azione che promuove tentativi insurrezionali. Si ebbero così i moti di
Lunigiana del 1853 e del 1856 e la fallita spedizione compiuta nel 1857
da Carlo Pisacane a Sapri (vicino a Salerno), nel tentativo di provocare
un'insurrezione contro il governo borbonico.
Il Piemonte costituzionale e l'avvento di Cavour
Nel regno dei Savoia rimane in vigore lo statuto albertino, ma quando la
Camera subalpina non volle approvare le dure condizioni di pace con l'Austria,
il re minaccia di sospendere il regime parlamentare, pronunciando il famoso
proclama di Moncalieri (1849). Nella nuova Camera, in cui prevalgono i
moderati, viene così approvato il trattato di pace con gli Austriaci.
Negli Stati sabaudi da questo momento si consolida la struttura reale e
costituzionale.
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Viene avviata la riforma della legislazione ecclesiastica attuata dalle
leggi Siccardi (ministro della giustizia): abolizione dei tribunali
ecclesiastici e della manomorta (consisteva in una condizione giuridica di privilegio
concernente l'insieme dei beni (in genere immobili) appartenenti a un ente ecclesiastico i quali,
non potendo essere trasmessi per successione ereditaria mortis causa a terzi, stante la
continuità temporale del soggetto giuridico ecclesiastico per secoli o addirittura millenni, non
potevano altresì essere assoggettati alle imposte di successione dello Stato in cui si
trovavano).
In economia si ha una decisa svolta liberista.
Artefice di questo indirizzo liberista fu Camillo Benso conte di Cavour
(1810-1861), che nel 1851 diventa responsabile della politica economica
del governo di Massimo D'Azeglio (1849-1852).
Nel 1852 Cavour riesce ad avvicinare le istanze dei moderati di destra da
lui guidati e di quelli di sinistra (il cosiddetto connubio), capitanati da
Umberto Rattazzi, creando le premesse per la maggioranza che lo avrebbe
sostenuto nel suo grande ministero (1852-1859).
Cavour spinge lo stato sabaudo a sviluppare la sua economia, anche facendo
debiti, costruendo una moderna rete ferroviaria e di canali navigabili, e
perfezionando il sistema del credito con la creazione della Banca
Nazionale.
Riprende la laicizzazione dello stato, promuovendo la già citata Legge
Siccardi, che attua la soppressione di parecchi ordini religiosi e la
confisca dei loro beni.
La politica estera di Cavour
Cavour mira a fare della questione italiana una questione europea, in
modo che il Piemonte riesca ad allearsi con una grande potenza e
fronteggiare così l'Austria.
Prima tappa fondamentale di questa politica fu la partecipazione del
Piemonte alla guerra di Crimea (1853-1856), alleata di Francia e
Inghilterra e contro la Russia che aveva invaso i protettorati turchi di
Moldavia e Valacchia.
Partecipando e vincendo questo conflitto, il Piemonte viene accolto tra le grandi
potenze.
Nel Congresso di Parigi del 1856, indetto per decidere le sorti degli stretti e
dei principati danubiani dopo la sconfitta russa, Cavour ottenne che si
discutesse anche della questione italiana e le potenze occidentale
disapprovarono la politica austriaca.
Cavour vuole che il Risorgimento italiano abbia una guida moderata e sia
incentrato sull'espansione del Regno sabaudo, tutto ciò sta alla base del
Convegno di Plombières (luglio 1858) dove Cavour si accordò con
Napoleone III, volendo fare una guerra comune contro l'Austria.
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L'obiettivo di Cavour è la creazione di un Regno dell'Alta Italia
(Piemonte, Lombardo Veneto ed Emilia Romagna) sotto Vittorio
Emanuele II, federato con un Regno del centro (Toscana, Umbria e
Marche), con il Regno delle Due Sicilie e con uno Stato pontificio
ridotto a Roma e alle sue immediate vicinanze; in cambio dell'aiuto
Cavour promette di cedere alla Francia i territori sabaudi di Nizza e
della Savoia.
Nel 1859 viene stipulato un trattato franco-piemontese, per cui la Francia ci
avrebbe aiutato solo in caso di aggressione austriaca.
L'UNIFICAZIONE ITALIANA
Dopo Plombières la politica estera di Cavour ebbe come scopo indurre
l'Austria a dichiarare guerra al Regno sabaudo, così da far scattare la
clausola dell'aiuto francese.
Cavour facilitò la nascita di un battaglione di volontari, i Cacciatori delle
Alpi, affidato a Garibaldi, e mobilitò l'esercito.
Nel frattempo Napoleone III sembra sempre meno propenso a combattere
contro l'Austria al fianco dell'Italia.
Nell'aprile del 1859 l'Austria manda un ultimatum al Piemonte che
intimava l'immediata smobilitazione dei volontari.
Cavour non aspettava altro per poter iniziare la seconda guerra di
indipendenza.
LA SECONDA GUERRA DI INDIPENDENZA (aprile-luglio 1859)
Dopo il rifiuto dell'ultimatum le truppe austriache varcano il Ticino, ma
con l'aiuto dei francesi l'esercito piemontese riesce a sconfiggere gli
Austriaci a Palestro e a Magenta, ed entrano vittoriosi a Milano.
Nel frattempo Garibaldi con i cacciatori delle Alpi sconfigge gli Austriaci a
Varese e a San Fermo, liberando l'alta Lombardia.
Decisive furono poi le battaglie vinte dai franco-piemontesi a Solferino e
a San Martino contro le truppe guidate dallo stesso imperatore austriaco
Francesco Giuseppe.
Le insurrezioni nell'Italia centrale e l'armistizio di Villafranca
Napoleone III decide di concludere con l'imperatore austriaco
l'armistizio di Villafranca nel luglio del 1859, preliminare della pace, che fu
firmata a Zurigo in novembre. Napoleone III aveva paura che il
proseguimento della guerra di indipendenza avrebbe portato alla
formazione in Italia di un grande e potente Stato unitario ai confini
dell'impero francese.
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Infatti il movimento nazionale italiano era in forte ripresa nell'Italia
centrale.
In Toscana Leopoldo II abbandona la reggenza che viene affidata a un
conte nominato da Vittorio Emanuele II.
Insorgono poi anche le legazioni pontificie e i ducati padani che chiedono
l'annessione al Piemonte.
L'armistizio di Villafranca fu considerato dagli Italiani come un vero
tradimento: il Piemonte riceve, infatti, dalla Francia la Lombardia, tranne
Mantova, che gli era stata ceduta dall'Austria, mentre il Veneto rimaneva
austriaco, era poi prevista la nascita di una confederazione tra gli Stati italiani,
compreso il Veneto austriaco, sotto la presidenza onoraria del papa.
Intanto nell'Italia centrale (Firenze, Modena, Parma, Bologna) vennero
eletti governi provvisori con pieni poteri per impedire il ritorno dei sovrani
spodestati e preparare l'annessione al Piemonte.
In Piemonte nel gennaio del 1860 ritorna al potere Cavour (dimessosi
dopo l'armistizio di Villafranca) che, valendosi dell'appoggio diplomatico
inglese, promosse i plebisciti che sancirono l'annessione al Piemonte di
Toscana, Emilia e Romagna.
Nell'aprile successivo Nizza e Savoia vennero cedute alla Francia, come
previsto dagli accordi di Plombières.
La rivoluzione in Sicilia e la spedizione dei Mille
Il regno delle due Sicilie non aveva partecipato alla guerra di indipendenza, il
re Francesco II persevera in una politica reazionaria, come suo padre
Ferdinando.
Il sentimento dell'unità si era però diffuso anche nel sud, dove l'iniziativa fu
presa dai democratici.
Nel 1860 fallisce l'insurrezione di Palermo, così alcuni patrioti siciliani,
come Crispi e Pilo, si recano presso il governo di Torino per sollecitare una
spedizione militare in Sicilia.
Cavour era contrario per timore di irritare la Francia, che temeva che
venisse minacciato il potere temporale del papa, per cui i democratici
si rivolgono a Garibaldi.
Inizia così la preparazione della spedizione dei mille volontari garibaldini
che, all'alba del 6 maggio 1860, salpò da Quarto per approdare a
Marsala in Sicilia l'11 maggio.
A Salemi Garibaldi assume la dittatura della Sicilia, in nome di Vittorio
Emanuele re d'Italia, sconfigge a Calatafini le truppe borboniche che gli
sbarravano la strada di Palermo, che riesce a conquistare dopo tre giorni di
aspri combattimenti, anche grazie all'insurrezione della popolazione.
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Cavour, sicuro del fatto che Garibaldi combatte per i Savoia, manda
altri volontari in Sicilia.
Rimaneva da conquistare la Sicilia orientale, che avvenne con la difficile
battaglia di Milazzo contro il grosso delle truppe borboniche.
Nella conquista dell'isola Garibaldi seppe avvalersi dell'appoggio delle
classi popolari, in particolare di quelle rurali, le quali accolsero con favore un
suo decreto che assegnava quote delle terre demaniali ai combattenti
siciliani. Il decreto ebbe però anche l'effetto di scatenare l'appropriazione
da parte dei contadini di tutte le terre demaniali e di quelle usurpate
alla nobiltà locale, accendendo episodi di guerra sociale, il più grave dei
quali avvenne a Bronte, dove le agitazioni contadine furono
sanguinosamente represse dai garibaldini guidati da Nino Bixio.
La liberazione del Mezzogiorno continentale e l'insurrezione
piemontese
Le armate garibaldine proseguono verso Napoli e la occupano,
sconfiggendo definitivamente l'esercito borbonico nella sanguinosa
battaglia del Volturno.
La rapidità dei successi di Garibaldi e il timore che le armate
rivoluzionarie puntassero verso Roma, provocò l'intervento diretto
delle truppe sabaude, che dopo aver occupato le Marche e l'Umbria
(territorio dello Stato Pontificio), sconfissero l'esercito del papa a
Castelfidardo e ad Ancona.
Marche e Umbria con voto plebiscitario, proclamarono la loro annessione al
Regno di Vittorio Emanuele II.
Anche gli abitanti del Napoletano e della Sicilia votarono per
l'annessione al Regno sabaudo e, con l'incontro del 26 ottobre a Teano
(presso Caserta) tra Vittorio Emanuele e Garibaldi, che salutò il
sovrano piemontese come “re d'Italia”, si chiuse la spedizione dei
garibaldini nel Mezzogiorno.
Termina così il Risorgimento italiano.
La nascita del Regno d'Italia
Il 18 febbraio si inaugurò a Torino il primo Parlamento italiano e il 17 marzo
Vittorio Emanuele II fu proclamato re d'Italia.
Legge fondamentale del regno fu lo Statuto, concesso da Carlo Alberto nel
1848, che prevedeva un Parlamento costituito da una Camera eletta a
suffragio ristretto sulla base del censo e da un Senato di nomina regia.
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Il nuovo stato unitario italiano nasce come espansione del Piemonte sabaudo,
in una stretta continuità di ordinamenti legislativi e di indirizzo politico.
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