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Sergio Di Natale: musicista, compositore,
arrangiatore, batterista, didatta. Nasce a
Napoli il 26/2/1967. Docente nel 2011 della
cattedra di batteria jazz e della classe di
ritmica (dipartimento jazz) del conservatorio
di Latina.
Laureato in musica jazz presso il
Conservatorio Statale di Musica di
Benevento “N. Sala” (1° e 2° livello con il
massimo del voto e lode). Si muove in molti
ambiti musicali diversi, lavorando dal 1997
come batterista orchestrale Rai e Mediaset
(circa 25 produzioni televisive realizzate).
In tale ambito e parallelamente in attività live ha avuto la possibilità di suonare con
molti artisti nazionali ed internazionali quali: Dionne Warwick , Michael Bolton,
Pino Daniele, Katia Ricciarelli, Cecilia Gasdia, Lucio Dalla, Zucchero, Raf,
Fabio Concato, Mario Biondi, Alex Britti, Enrico Ruggeri, Gino Paoli, Massimo
Ranieri, Matia Bazar, Umberto Bindi, Mario Venuti, Eugenio Bennato, Pietra
Montecorvino, Enrico Montesano, Stefano Palatresi (dal 1998 al 2007), Solis
String Quartet, Peppino di Capri, Mario Venuti, Gian Maria Testa, Marco Masini,
Max Pezzali, Chiara Civello, etc.
Dal 1996 collabora con il cantautore Joe Barbieri, partecipando alle registrazioni di
tutti i suoi dischi e ai relativi concerti, accompagnandolo nel 2012 in un tour in
Giappone dove si esibisce per 6 concerti al prestigioso Cotton Club di Tokyo. In
ambito jazz ha suonato con Richard Galliano, Robin Eubanks, Amit Chatterjee,
Pippo Matino, Flavio Boltro, Stefano di Battista, Rosario Giuliani, Dean
Bowman, Pietro Condorelli, Valerio Silvestro, Stefano Giuliano, Dario Deidda,
Xavier Girotto, Alfonso Deidda, Sandro Deidda, Stefano Bollani, Renato Sellani,
Franco Ambrosetti, Fabrizio Bosso, Daniele Sepe, Marco Zurzolo, Rocco
Zifarelli, Sergio Esposito, Jerry Popolo, Aldo Bassi, Pino Iodice, Vito Ranucci e
musicisti Napoli est, Tmj big band, Antonio Solimene e Eneiro jazz band,
Alkemik jazz quintet etc.
Ha all’attivo numerose pubblicazioni discografiche (circa 40 dischi realizzati) tra cui
spiccano 6 lavori in qualità di solista, compositore, arrangiatore per big band,
batterista. Inoltre ha già pubblicato con l’etichetta “Wakepress edizioni” 8 libri
didattici: ”Fraseggiando la tecnica” (manuale di tecnica del tamburo), “Praticando in
big band vol.1”, ”Praticando in big band vol.2 (MinusOne per strumentisti di big
band), ”5 melodie per vibrafono e pianoforte”, ”La batteria jazz in big band”
(MinusOne per batteristi), ”Il libro delle 10 melodie”(per vibrafono e pianoforte), La
batteria jazz M.M.O (MinusOne per batteristi)”, “La batteria M.M.O vol2”.
Nel giugno del 2004 la rivista specializzata nazionale dedica a Sergio Di Natale
un’intervista con menzione in copertina. Nel 2009 la rivista specializzata “Jazzit
“considera “What’s New” (4°disco di Sergio Di Natale ) tra i migliori dischi italiani di
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jazz dell’anno. Dal 2011 propone in vari conservatori italiani il seminario dal titolo
“L’immiserimento del ritmo nelle culture delle razze bianche”, di cui è ideatorerelatore, nell’ambito del quale propone, sostanziandolo di esempi suonati, un
percorso di lettura storico-sociologica della storia del ritmo jazzistico, alla luce del
sincretismo euro-africano, soffermandosi in particolare sulla storia del ritmo nella
musica “eurocolta” dai greci alla post-avanguardia del ‘900.
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Ugo Rodolico, musicista, batterista e didatta, nasce a Napoli il
25/06/1977. Attualmente è docente di ruolo della cattedra di
Strumenti a Percussione presso la SMIM - Scuola Media a Indirizzo
Musicale di Ravello.
Si laurea in strumenti a percussione sotto la guida del M° Paolo
Cimmino presso il Conservatorio di Musica "G. Martucci" di Salerno,
dove consegue anche l'abilitazione AI77 per l'insegnamento nelle
scuole medie con la tesi sperimentale "Percussioni, ritmo e
linguaggio: un approccio verbale allo studio dei rudiments per
tamburo".
Nel 1999 comincia a studiare privatamente batteria con il M° Sergio
di Natale e partecipa a numerosi stage e seminari di percussioni "classiche" (M°
Vittorio Buonomo, SeegersRainer timpanista dei Berliner Philharmoniker, etc.) e
batteria (DaveWeckl, Roberto Gatto, Horacio Hernandez, Ganesh Kumar etc.)
In ambito didattico collabora dal 2006 con l'OSI (Orff-Schulwerk Italiano) e con il
M°Marcello Napoli in qualità di docente esperto della formazione nell'ambito della
metodologia Orff-Schulwerk secondo i parametri applicativi PGS (Parola-GestoSuono).
Dal 2007 è docente esperto di ritmica e musicoterapia e lavora in alcuni centri
specializzati come l'IREM di Caserta con laboratori e lezioni sulla "Psicologia del
Ritmo" e sulla “Neurofisiologia dell'apprendimento".
Nel 2005 lavora presso il Teatro G. Verdi di Salerno in qualità di percussionista in
alcune rappresentazioni operistiche come Elretablo de maese Pedro" per la regia di
Lina Wertmuller e la direzione di Antonio Sinagra. E' percussionista dell'ensemble
"Percussion Drumming" diretta da Paolo Cimmino in numerosi festival e concorsi
nazionali.
In ambito batteristico collabora e suona in qualità di turnista con: Mike Moran, Amit
Chatterjee, Paolo Cimmino, Antonio de Luise, Joe Amoruso, Nicola Ferro,
Chilli band, Joe de Marco, Franco Castiglia, Mario Castiglia etc.
Nel 2012 incide per la label internazionale Summit Records, Inc. suonando in
qualità di percussionista in un disco a nome di Joseph Alessi (primo trombone
della Filarmonica di New York) prodotto dal M° Nicola Ferro, compositore,
arrangiatore e trombonista di fama internazionale.
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"CONOSCO SERGIO DA MOLTI ANNI E HO CONDIVISO TANTE VOLTE CON LUI IL PALCO, GLI
STUDI TELEVISIVI E LE SALE DI REGISTRAZIONE.
HO
SEMPRE
APPREZZATO
LA
SUA
VOGLIA
DI
CONDIVIDERE
IL
PROPRIO
SAPERE
ATTRAVERSO L’ASCOLTO, IL RACCONTO, IL DIALOGO ED IL CONFRONTO.
TROVO CHE QUESTO TESTO SULLA MODULAZIONE METRICA SIA UNA STRAORDINARIA
RACCOLTA DI INFORMAZIONI ED ESEMPI SULL’ARGOMENTO, CORREDATA DI TUTTE LE
ESERCITAZIONI POSSIBILI, A BENEFICIO NON SOLTANTO DEI BATTERISTI MA DI TUTTI I
MUSICISTI CHE SENTANO L’ESIGENZA DI APPROFONDIRE ED AFFINARE IL DISCORSO SUL
RITMO, AL FINE DI UNA SEMPRE MIGLIORE PERCEZIONE DELLO STESSO
PREGEVOLI INOLTRE E SEMPRE UTILI LE INFORMAZIONI STORICHE, CON LE CONSIDERAZIONI
SUL RITMO JAZZ, AFRICANO ED EUROPEO.
BUONO STUDIO A TUTTI E SOPRATTUTTO DIVERTITEVI SUONANDO: LA MUSICA NON
TRADISCE MAI, RIPAGANDO L’IMPEGNO E LA PASSIONE PROFUSI."
SANDRO DEIDDA
(TITOLARE DELLA CATTEDRA JAZZ AL CONSERVATORIO "G. MARTUCCI" DI SALERNO)
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INDICE
INTRODUZIONE
La metrica: considerazioni ..................................................................................... 9
Ritmo occidentale e Ritmo africano ...................................................................... 10
Un po’ di sociologia ............................................................................................. 11
Conclusioni ......................................................................................................... 13
Legenda del drumset ........................................................................................... 15
I PARTE - FUNK/FUSION
CAPITOLO 1: introduzione alla "modulazione metrica"
1.1 Spostamenti metrici applicati a ritmiche funk/fusion ........................................16
1.2 Hemiola e "3 su 4" .........................................................................................26
Esercizi .................................................................................................................31
CAPITOLO 2: hemiola e primi tipi di modulazione metrica funk/fusion
2.1 Modulazione in sincope (3 su 4) .....................................................................39
2.2 Modulazione metrica con le figure di terzine: "2 su 3".......................................49
Esercizi .................................................................................................................57
CAPITOLO 3: cicli ritmici e modulazione metrica
3.1 Modulazione con cicli ritmici di gruppi di note senza pausa ..............................76
3.2 Modulazione con cicli ritmici di gruppi di note con pause .................................97
Esercizi ...............................................................................................................106
II PARTE - JAZZ
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CAPITOLO 4: cicli ritmico-melodici e modulazione metrica nel jazz
4.1 Patterns ritmico-melodici ciclicizzati in 4/4 .....................................................127
4.2 Patterns ritmico-melodici ciclicizzati in 3/4 e 5/4 .............................................148
4.3 Pattern ritmici su gruppi irregolari ..................................................................157
4.4 Il "3 nel 4" nel bop drumming: la modulazione metrica del piatto ....................162
4.5 Frasi bop e costruzione dell' "assolo" in forma antifonale .................................168
Note sulle tracce del cd dimostrativo .......................................................180
Bibliografia ..........................................................................................185
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INTRODUZIONE
di Sergio Di Natale
La metrica: considerazioni
La metrica in senso stretto ha per oggetto di studio la versificazione greca e latina e
si basa sull’alternarsi di sillabe di varia misura, mentre, per esempio, la versificazione
italiana è costituita dalla successione regolare di sillabe toniche, di cui alcune sono
percosse dall’accento ritmico, e di sillabe atone. Le lingue indoeuropee sono lingue
“toniche”, ovvero in esse l’accento ritmico grammaticale (ictus) coincide con quello
tonico della parola; il concetto è estendibile alla poesia e al metro che la governa.
“Nel mezzo del cammìn di nostra vita “, scrive il sommo poeta Dante Alighieri:
l’accento ritmico cade sull’accento tonico grammaticale della parola cammìn. Nelle
lingue classiche invece tra ictus e accento tonico grammaticale della parola vi può
essere discordanza.
Il ritmo è l’ordine dei tempi ed implica la divisibilità regolare del tempo rappresentato
dalla successione di sillabe. Il primo sistema di mensuralismo e di scrittura musicale
relativo alla durata dei suoni è quello dei “modi ritmici” (Ars Nova francese XII secolo
), basato sull’associazione di coppie di neumi (ligature) a gruppi di 6 schemi diversi
di piedi costruiti sull’associazione di sillabe lunghe e brevi riunite sotto un ictus (una
lunga equivale a due brevi). In questo modo due sillabe di una parola possono, per
esempio, avere la durata di due sillabe lunghe (spondeo), una breve e una lunga
(giambo), una lunga e una breve (trocheo) etc. Ogni piede è caratterizzato da un’arsi
(accento forte segnato dall’ictus coincidente di norma con una sillaba lunga) e da
una tesi (accento debole). La discordanza tra ictus metrico-ritmico e accento
grammaticale tonico della parola, crea un’ intrigante polimetria applicata alla polifonia
sacra dei mottetti, organa, conductus, ed altre composizioni a più voci.
Se si prova a leggere un sonetto di Catullo “metricamente”, si scoprirà che l’accento
ritmico delle parole e del verso complessivo, non coincide con quello grammaticale
delle stesse. Applicando alla musica lo stesso principio di “discordanza” (in maniera
ciclica, simmetrica e ripetitiva) tra accento ritmico-melodico della frase e accento
ritmico-metrico strutturale del tempo, immanente alla classificazione degli accenti e
dei tempi, avremo ciò che musicisti e teorici chiamano ormai “Modulazione
Metrica”. Per fare un esempio, in una frase costruita su 4 quartine di sedicesimi,
l’accento ritmico principale cade ogni 4 semicrome: ma posso sviluppare
“discordanza” creando la mia frase ritmica accentando i sedicesimi ogni 3 oppure
ogni 5,7, etc. In questo modo l’accento ritmico-melodico non coinciderà con quello
ritmico-metrico e darà vita ad una sovrapposizione di gruppi di 3-5-7- etc. su gruppi
di 4 controllati strutturalmente ancora dall’accento ritmico principale del tempo in
questione(sul tempo di 4/4 vi sono 4 accenti ritmici principali), creando un’ illusione
ritmica di un nuovo tempo sovrapposto all’originario. Lo stesso procedimento lo si
può elaborare in relazione agli accenti ritmici della divisione, della suddivisione di 1°,
2°, 3° grado (in 4/4 crome, semicrome e biscrome).
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In musica “eurocolta” il termine utilizzato per esprimere tale concetto ritmico sia in
maniera verticale come sovrapposizione di gruppi di 2 e di 3 e dei loro multipli, che in
maniera orizzontale come loro addizione (i ritmi misti), è quello di Hemiola o
Sesquialtera. Gli esempi spaziano da Monteverdi a Mozart, Bartòk, Stravinskij,
Boulèz, Varèse …
Ritmo occidentale e Ritmo africano
Il bisogno del "fattore d'ordine" è la peculiarità del "ritmo occidentale”, un ritmo
estremamente differenziato la cui essenza è quella caratteristica tipica della società
occidentale dopo l’avvento delle scoperte scientifiche e la nascita del pensiero
scientifico moderno (XVII secolo): l’elevato grado di razionalità sociale
matematizzante diretta ad uno scopo, come afferma il sociologo, musicista, padre
della sociologia Max Weber (I fondamenti razionali e sociologici della musica). Il
ritmo africano è legato a periodi lunghi, ad una poliritmicità non "divisiva", ma
additiva.
L'hemiola (ciclo ritmico) e la sincope sono concetti sconosciuti al ritmo africano,
legato al movimento naturale della danza e al linguaggio parlato non metricamente
organizzato. Per quanto complesso sia, il ritmo europeo ha bisogno della “divisione”,
quello africano (o orientale in generale) è legato ad un tutto che il percussionista
sente "simultaneamente alle parti". Il ritmo completo, cioè, non è semplicemente
l'insieme delle singole parti, volendo utilizzare una definizione cara alla psicologia
della Gestalt. L'inibizione della "corporeità" a danno del fattore speculativocontemplativo ha causato in occidente un conseguente immiserimento del ritmo, o
comunque una perdita "fisiologica" legata al movimento naturale e non differenziato.
Il jazz rappresenta la fusione delle due prospettive africana ed europea (in ogni sua
fase storica, bianca o nera, il pendolo oscilla più da una parte o da un'altra, per
motivi anche, soprattutto sociologici). Il ritmo ontologico-oggettivo scandito
inesorabilmente e legato al bisogno d'ordine (il beat) occidentale, si sovrappone a
quello psicologico individuale legato alla soggettività dei ritmi della melodiaimprovvisazione; il risultato è la percezione di due piani paralleli che hanno un solo
comune denominatore: lo swing. I paesi dell'est europeo per molte ragioni (storiche,
politiche, ma anche geografiche), hanno risentito meno della corrente ritmica
principale legata all'armonia “classica” e al mensuralismo, filiazione e causa ad un
tempo del processo di “verticalizzazione dei parametri del ritmo e del suono”. La
cultura folk (tradizione contadina pre-urbana) ha potuto agire meno "controllata",
realizzando ritmi meno inibiti nella loro natura "corporea", proprio perché determinati
da un rapporto ancora “vergine”, o perlomeno non ancora del tutto svilito ed inibito
tra uomo e natura.
Tale cultura ritmica “popolare” è entrata nella cultura musicale ufficiale europea
soprattutto dalla metà del “’800” in poi, grazie alle “scuole nazionali”, ravvivando il
ritmo europeo senza per altro poi sfuggire al processo di “stilizzazione” e
“raffreddamento” cui la musica “popolare” è sempre stata sottoposta una volta
10
immessa nel circuito ufficiale. La Spagna, d'altra parte, terra di sintesi e sincretismi,
ha contribuito a trasmettere alla musica "eurocolta" parte di quella cultura ritmica
maggiormente legata al corpo, proveniente dalla sua anima "orientale" araba,
africana, asiatica. Attraverso Cuba (Spagna-Africa) e grazie ad alcuni innovativi
jazzisti (Dizzy Gillespie tra tutti), elementi ritmici africani sono stati trasmessi al jazz,
a partire dalla fase africanista del “bop”.
Un po’ di sociologia
Parafrasando Max Weber, Marcello Sorce Keller in "Musica e sociologia" afferma
che la scrittura musicale come forma di razionalizzazione geometrizzante che
traspone su un piano spaziale avvenimenti temporali, favorisce una
rappresentazione mentale euclidea dello spazio intervallare.
Tale rappresentazione affermatasi in occidente a partire dal XVII secolo
parallelamente al diffondersi del pensiero scientifico moderno, ha inibito processi
sinestetici che in altre culture fanno interpretare i suoni in termini di colore, odore,
movimento-danza, ritmo fisiologico. Una volta che la musica occidentale si orienta
verso forme "sviluppative" anziché "variative" del materiale melodico, tale
razionalizzazione, consentendo la trasposizione tonale, enfatizza inoltre quella
utilizzazione geometrizzante dell'evento sonoro che massimamente si afferma dal
‘600 in poi: la forma sonata e le strutture musicali classico-romantiche, amplificano
tale livello "intellettuale-diastematico-evolutivo ", dei nessi musicali (scale,
progressioni, accordi, contrappunto, canone, etc., una vera e propria ingegneria del
suono, in linea con lo spirito razionalistico del tempo).
È certo che il processo di razionalizzazione del ritmo in talune fasi e in taluni autori
(rispetto agli illuministi per esempio, tutti gli autori
romantici, per tacere
dell’avanguardia e della neoavanguardia musicale europea!), viene trasceso da altre
dinamiche sociali e culturali che sono alla base di sostanziali differenze nella storia
del ritmo occidentale nei vari periodi. Se proviamo a scandire il tempo su un
notturno di Chopin o su un pezzo breve per pianoforte di Listz avremo una estrema
difficoltà ad inserire il pulsare ritmico all’interno di griglie matematico-geometriche
graficamente espresse, poiché il ritmo romantico è un respiro dell’anima, una
“personalizzazione” della forma e della percezione temporale, un dispiegarsi e
chiudersi continuo
strutturato su un processo dinamico-agogico in continua
evoluzione. La scrittura musicale qui, deve fare un salto oltre l’ostacolo per
assicurare una corretta interpretazione ritmica di una musica - quella romantica
appunto - che esprime la soggettività trasfigurata da una società fondamentalmente
antagonista.
Siamo esseri culturali carichi di passato, e la nostra storia di uomini occidentali
affonda le radici nella cultura "razionale-contemplativa" greco-latina e cristiana, che
sulla "classicità platonica e neoplatonica" fonda la sua premessa. Una cultura che ci
ha sospinti dunque a prediligere l'aspetto "intellettuale" a danno delle altre
componenti fisiche ed emozionali: già nella musica greca si fa una netta distinzione
11
tra musica praticata (suonata e ballata), eticamente errata, e musica "contemplata",
teorica, intellettuale, degna dell'attività umana e eticamente accettabile (Ethos,
moralitas artis musicae). Ebbene se, come afferma il sociologo T. Adorno
(Introduzione alla sociologia della musica), gli elementi di ricezione della musica
sono tre, ovvero istintivo-sensoriale, emotivo-affettivo e oggettivo-formale (in
educazione musicale è auspicabile un percorso graduale di questi elementi), la
cultura musicale ufficiale europea e occidentale, ha indubbiamente inibito il primo
fattore di ricezione, quello fisico, al contrario di ciò che avviene in altre culture del
pianeta in cui la corporeità è elemento centrale dell'approccio dell'uomo al mondo.
Il concetto di "santità dell'immobilità"(danza interiore, io direi) promosso dalla chiesa
ma anche dalla cultura laica europea, ha pesato per secoli sulla nostra cultura inibita
nel ritmo. Tutta la musica eurocolta è uno sviluppo di forme di "danze stilizzate".
Stefano Zenni (musicologo e critico musicale) in un bellissimo articolo sui “Quaderni
ladimus di Parma” (Associazione di Ricerca e Promozione della Musica), ribaltando
la posizione "eurocentrica", fa risalire la Sarabanda (una delle danze della suite
barocca) all'Africa e al culto danzato durante la cerimonia (cristiana!!) del Corpus
Christi a Siviglia (1600 circa). Il termine Sarabanda deriverebbe da “N'sala Banda”:
liberare lo spirito.
La musica produce movimento, ma ciò è possibile solo perché è il movimento che
produce il ritmo. Il ritmo europeo è figlio del ritmo di marcia e di altri processi culturali
che lo hanno “schematizzato” e in qualche modo dissociato dal movimento
“fisiologico” legato alla natura. La “schematizzazione” del ritmo europeo rispetto a
quello delle culture ritmiche orientali ha molte cause; proviamo ad elencarne
qualcuna di natura storico-culturale:
1) Avversione della chiesa alla danza – movimento – fisicità – sessualità - peccato.
La chiesa ha sempre favorito una produzione musicale vocale e strumentale che
potesse esprimere una vettorialità dell’anima del fedele verso il cielo; in Europa si
danza sulle punte in un anelito trascendente al cielo Infatti, in Africa con il corpo
tendente al basso, alla terra, poiché la religione in Africa è tutt'uno con la vita di ogni
giorno senza alcuna separazione tra sacro e profano;
2) Tendenza della musica ufficiale laica europea a “stilizzare” e “raffreddare” forme di
danze popolari, spesso per motivi di utilizzo ideologico della cultura.
3) Il mensuralismo e la nascita dell'armonia hanno favorito una trasposizione
gerarchico-geometrica di eventi ritmo-sonici, impoverendo le possibilità del ritmo
legate al movimento-danza (anche la polifonia medioevale e pre-medioevale era più
articolata ritmicamente, come già ricordato a proposito dei modi ritmici);
4) La presenza di un elevato grado di "razionalità diretta allo scopo" presente nella
cultura dell'occidente favorisce la schematizzazione del ritmo occidentale e la sua
organizzazione gerarchica;
5) La generale sottocultura, non solo musicale, del pubblico medio occidentale tende
a favorire produzione di ritmo e danza in cui semplicemente, e spesso banalmente e
in maniera non fisiologica, l'individuo tende ad identificarsi bisognoso di conforto e
12
supporto psichico: causa principale dell’oblio in cui versa la musica non rassicurante
dell’avanguardia europea, ritmicamente espressione di un io lacerato alla ricerca di
“verginità”;
6) La rivoluzione industriale e la rivoluzione francese favoriscono un utilizzo
“dilettantistico” della musica in generale ad opera della nuova classe borghese e
l’applicazione della produzione di beni di consumo di massa attraverso le macchine
alla musica. Inoltre la conseguenza estrema di tale processo è l'omologazione del
ritmo dell'uomo a quello della macchina, accentuata con le scoperte tecnologiche
(nel ’900) sulla “diffusione del suono” che rendono la musica e il ritmo prodotti
sempre più “tecnicamente riproducibili" (come sosteneva Walter Benjamin),
"sganciabili" dal loro carattere di "hic et nunc" e quindi "commerciabili" in serie;
7) La nascita del “concerto pubblico”, conseguente alle nuove dinamiche sociali e
culturali dal ’700 in poi, favorisce il successo del teatro e del “Melodramma”, in cui la
“monodia accompagnata” sancisce la definitiva vittoria della parola sulla musica, il
cui ritmo come nel periodo “attico” greco, fuoriesce direttamente dalla parola (poesia)
metricamente organizzata (Musikè).
Conclusioni
“Non c’è la musica ma ci sono le musiche”: forse è vero! Tuttavia il jazz realizza
l’utopia della riconciliazione tra gli uomini, armonizzando insieme le bellezze
disseminate nel microcosmo uomo. Una musica totale quella jazz, da sempre
strutturata sulle formule fondanti dell'elemento ritmico ciclico, additivo tipico della
tradizione ritmica Africana (subsahariana) e antifonale (islamica- africana-cristiana).
Nonostante lo swing delle origini sia strutturato sul tempo di marcia, mostra
palesemente l'anelito a trascendere la divisibilità del ritmo occidentale in quella
specifica formula di "hemiolizzazione" del ritmo che si manifesta come implicito
sull'esplicito, psicologico-vissuto sull'ontologico-regolare, additivo sul divisivo. L'
hemiola insomma è la colonna vertebrale del ritmo jazzistico (e non solo), molto
prima di MaxRoach e JoeMorello che (paradosso del nero "educato" Roach!)
attingono anche e soprattutto alle fonti eurocolte dell'avanguardia del novecento
(Brubeck-Milhaud), scuole nazionali del ‘900 (Brasile – Cuba - Africa), oltre che
direttamente alla matrice africana ormai trapiantata definitivamente grazie
all'Afrocubanbop di Dizzy Gillespie e ChanoPozo, e non più solo indirettamente
grazie agli africanismi sopravvissuti alla forzata rimozione imposta dal padrone
bianco.
L' hemiola rappresenta lo spirito dionisiaco (legato alla cultura africana), che si ribella
allo spirito apollineo del ritmo occidentale. Dunque non è un "vezzo" e non va usata
come un "vezzo", ma un’ “essenza” del jazz, una sua imprescindibile singola parte di
un tutto “complesso”...Volendo fare un nome di un musicista di jazz che utilizza
compositivamente l’hemiola: Charles Mingus!
La quantificazione del ritmo africano, se attuata secondo il principio divisorio del
solfeggio europeo, contrasta sovente con le “asimmetrie” orizzontali e verticali della
tradizione nera, così recepite dalla sensibilità razionalistica e matematizzante del
pensiero scientifico moderno occidentale.
Sul piano della pronuncia e del senso musicale complessivo, il ritmo africano
differisce da quello europeo in molti punti. Il principale, sempre beninteso in un’ottica
13
europea, è senza dubbio rappresentato dalla frequente diversità fra l’accento
sottinteso, “regolare”, e quello espresso, che cade prima o dopo il momento in cui
noi lo attenderemmo. L’uomo occidentale batte il piede per darsi un accento regolare
che gli permette di sviluppare la sua parte solistica; l’africano per mimare il
movimento dei danzatori o per mettere in forte relazione la sua parte con il resto di
quella dell’ensemble.
Il ritmo jazzistico, realizza quell’utopia di conciliazione tra ciò che la musicologia ha
definito “tempo ontologico – oggettivo - misurato” (il pulsare regolare di una
composizione) e tempo psicologico - vissuto, espresso dal ritmo soggettivo della
melodia che si sovrappone al ritmo fondamentale circoscrivendolo, rinnegandolo,
confermandolo, trascendendolo.
Il jazz esprime dunque lo spirito corporale del percussionismo africano rapportandolo
all’ambito del controllo “razionale” europeo mediante l’organizzazione gerarchica del
“mensuralismo”.
Il ritmo jazz parla africano usando la grammatica europea e informa di sé altri mondi
musicali, nati dall’inevitabile contaminazione con la musica rock. Pop, rock, latin,
funky, soul, jazz: la modulazione metrica, qualsiasi cosa noi suoniamo, è la tendenza
a rinnegare il "determinato", pur essendo rassicurati dalla sua imprescindibile
presenza.
14
LEGENDA DEL DRUMSET
15
CAPITOLO 1: introduzione alla "modulazione metrica"
1.1 Spostamenti metrici applicati a ritmiche funk/fusion
Il primo capitolo è un' introduzione alla modulazione metrica applicata ad un
contesto musicale che va dal linguaggio funk alla fusion. Nel primo paragrafo
cominciamo a prendere familiarità con un primo tipo di manipolazione di un
frammento ritmico che, nel caso specifico, può essere un "groove" per batteria ma,
più in generale una cellula ritmico-melodica qualsiasi.
Questo primo artificio, che possiamo definire come "spostamento metrico" o
"trasposizione metrica" consiste nel trasportare un pattern ritmico in "avanti" o all'
"indietro" lungo gli accenti divisionali o suddivisionali di I e II grado di una misura di
4/4. In altre parole si sfasa l'accento metrico del pattern spostandolo 1/4, 1/8 o 1/16
a destra o a sinistra (graficamente parlando) rispetto all'accento metrico originario.
Questo tipo di pratica è molto utile per capire come si suonano i contrattempi e i
"levare" perché, come vedremo, nella trasposizione ogni accento che prima era
debole, diventa forte e viceversa.
Inoltre la trasposizione è un efficace mezzo compositivo per creare variazioni
all'interno di frasi, sia che si tratti (come vedremo in questo primo capitolo) di
grooves batteristici (quindi utilizzando cassa/rullante e hi/hat), sia che si tratti di frasi
ritmico-melodiche (come vedremo nel quarto capitolo dedicato al jazz).
In ogni caso la trasposizione rappresenta la prima tappa del viaggio che ci porta
dentro la metrica musicale e dentro la "discordanza" di accenti di cui abbiamo
parlato nell'introduzione.
16
Per capire di che si tratta cominciamo col suonare i seguenti esercizi preparatori che
costituiscono il concetto di base di uno spostamento ritmico: nel primo esercizio
accentiamo la prima nota di ogni quartina e poi "trasponiamo" questa accentazione
attraverso ognuna delle semicrome della quartina.
Suona sul tamburo con gli stickings proposti e con il metronomo (60-180).
17
18
Possiamo individuare varie combinazioni degli esercizi precedenti suonandoli su due
misure:
- n.2+n.1 - n.4+n.1
- n.2+n.3 - n.4+n.2
- n.2+n.4 - n.4+n.3
- n.3+n.1
- n.3+n.2
- n.3+n.4
Dopo aver preso familiarità con gli esercizi proposti estendiamo il concetto di
trasposizione ad un semplice groove (es.9):
Possiamo trasporre questo groove di un sedicesimo "in avanti" avendo come
riferimento l'esercizio n.2: ogni figura verrà spostata sul secondo sedicesimo della
quartina come indicato dalle frecce. La duina di crome sul terzo movimento
dell'esempio n.9 è trasposta interamente di un sedicesimo; la nuova figurazione sul
terzo movimento nell'esempio n.10 marcherà il secondo e quarto sedicesimo della
quartina di semicrome
19
Vediamo un altro esempio:
Proviamo a trasporre tutto il frammento sul terzo sedicesimo come nell'esercizio n.3:
avremo l'effetto di uno spostamento di 1/8 (1/16+1/16)in avanti. Notiamo che il
sedicesimo di cassa sul secondo movimento dell'esempio n.11 sarà trasportato sul
secondo sedicesimo del terzo movimento (in avanti) e così via per tutte le figure:
In base a questi esempi possiamo individuare quattro tipi di spostamento
ritmico
a. Spostamento di 1/16 in avanti. Lo schema di riferimento, come già visto, è
l'esercizio n.2 e tutte le note del groove di partenza si spostano di un sedicesimo
verso destra. La notazione inusuale alla quinta misura dell' esempio n.13 serve solo
per sottolineare lo spostamento dell' intero frammento ma è esattamente uguale dal
punto di vista esecutivo a quella delle sesta misura:
20
b. Spostamento di 1/16 all'indietro. In questo caso sfruttiamo lo schema
dell'esercizio n. 4 ma lo spostamento inizia sul tempo debole della quarta misura:
c. Spostamento di 1/8 in avanti.
d. Spostamento di 1/8 all'indietro.
21
Qualsiasi ritmica (grooves) può essere spostata ritmicamente avanti o indietro per
creare variazioni originali durante l'accompagnamento all'interno di una struttura
musicale.
I quattro tipi di spostamenti possono essere anche combinati tra loro. Nell'esempio
n.17 un groove formato da due misure viene trasposto avanti e indietro utilizzando
un mix di tutti gli spostamenti visti:
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Fino ad ora non abbiamo parlato dell'hi/hat (o del piatto "ride") che restava inalterato
durante l'esecuzione dei precedenti esercizi. Possiamo suonare tutti gli spostamenti
utilizzando diversi ostinati per piatto qui di seguito elencati (da eseguire solo con
mano destra o solo con mano sinistra):
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Quando usiamo la mano destra (o sinistra) sul piatto ride possiamo suonare i
seguenti ostinati con il piede sinistro sull'hi/hat:
Nell'esempio seguente applichiamo l'ostinato e2 allo spostamento di 1/16 in avanti:
Esercitati a suonare uno alla volta tutti gli ostinati del piatto della pagina precedente
(anche utilizzando il piatto ride e gli ostinati hi/hat con il piede) sull'esempio n.18.
Poi mescola i diversi ostinati su diversi tipi di spostamento suonando strutture più
lunghe come nell'esempio 19:
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Uno sguardo a parte per i due seguenti ostinati:
Utilizzandoli sugli spostamenti in avanti o all'indietro possiamo ottenere l'effetto di
una totale trasposizione metrica di tutto il groove (cassa, rullante e piatto insieme)
come nell'esempio n.20:
Nel precedente esempio lo spostamento interessa tutto il ritmo. Se suoniamo
l'esercizio con il metronomo ci accorgeremo di una sfasatura totale con la pulsazione
originaria. Questo tipo di spostamento metrico è utilizzato dal batterista Vinnie
Colaiuta nel brano intitolato "I'm tweeked" dell'omonimo album. Nell'esempio n.21
vediamo come suonare con lo stesso effetto 1\16 indietro:
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Gli spostamenti ritmici si possono applicare a tutti i tipi di grooves e ritmi compresi i
ritmi "swingati"(terzinati).
Per eseguire precisamente tutti gli spostamenti, soprattutto il tipo illustrato
nell'esempio n. 20 è utile pensare in battere per tutto il tempo in cui avviene la
trasposizione. In altre parole, nel momento in cui avviene lo spostamento di 1/16 o
di 1/8 in avanti o all'indietro, bisogna far finta di cambiare pulsazione di riferimento
e pensare il primo suono spostato come fosse in battere.
Al contrario bisogna ritornare a pensare nella pulsazione di partenza nel momento
in cui termina lo spostamento per esempio con un fill (vedi esempi).
Nel paragrafo 1.3 più avanti suoneremo altri esercizi utili per prendere confidenza
con il concetto di spostamento ritmico.
26
1.2 Hemiola e "3 su 4"
Nei sec. XV e XVI i teorici chiamavano "hemiola" o "sesquialtera" la scansione di 3
minime in luogo di 2 minime puntate:
Parliamo quindi un mutamento nella scansione ritmica che consiste nel passaggio da
una suddivisione binaria in una ternaria o viceversa;
Per esempio nel metro 6/8 possiamo avere una o più battute che, al posto di due
semiminime puntate, hanno tre semiminime senza punto; in questo caso possiamo
considerare l'hemiola come un passaggio implicito dal metro 6/8 al metro 3/4.
Nel metro 3/4 possiamo avere il passaggio da tre semiminine senza punto a due
semiminime puntate, oppure anche il passaggio da due minime puntate (una coppia
di battute) a tre minime senza punto, la seconda delle quali sta "a metà" tra la prima e
la seconda battuta e viene indicata con una legatura di valore tra due semiminime.
L' hemiolia è stata impiegata in tutte le epoche della storia della musica europea a
partire dal '300. Nel'600 la troviamo nella musica di Monteverdi, in quella di Arcangelo
Corelli, nei compositori della seconda metà del '600 francese; nel '700 in Vivaldi,
Handel (un esempio è il Minuetto della Musica per i reali fuochi d'artificio), talvolta
anche in Bach (alla fine della Ciaccona per violino solo) e in Mozart fino all '800 in
compositori come Brahms.
Vediamo un esempio di Mozart dalla sonata per pianoforte k 332:
L'hemiola è dunque una discordanza tra ciò che è scritto e quanto viene percepito sia
a livello di sovrapposizione verticale, sia a livello di "addizione" orizzontale di gruppi di
2,3 e dei loro multipli. Nel nostro caso l'hemiola è il punto di partenza della
modulazione metrica applicata alla batteria. Dovremmo abituarci a questa "differenza"
tra ciò che è scritto e ciò che è ascoltato perché rappresenta il fulcro dei concetti che
saranno esposti nei capitoli seguenti.
Per cominciare analizziamo cosa succede dalla sovrapposizione implicita ( quindi
additiva) di gruppi di 3 e gruppi di 4 (multiplo di 2).
27
Nel drumming moderno e nelle moderne tecniche di arrangiamento
l'"hemiolizzazione" è un procedimento molto usato. Vediamo di seguito come
suonare un metro ternario in sovrapposizione ad uno quaternario:
Accentuando le divisioni di una misura di 4\4 ogni 3 colpi, si ottiene già una
sovrapposizione dei due metri. Il "3 nel 4" rappresenta una "polimetria" implicita, cioè
la compresenza di due metri diversi senza variazione di velocità (approfondiremo il
concetto di polimetria implicita ed esplicita nel terzo capitolo). Questo concetto è
stato utilizzato nel jazz da Joe Morello, Max Roach, Elvin Jones etc. : questi batteristi
per primi hanno cominciato a sviluppare il concetto del "3nel4" durante un
accompagnamento swing. Successivamente l'idea di una sovrapposizione metrica fu
largamente usata anche nel funk e nella fusion che è ciò di cui ci occupiamo in
questo capitolo.
Vedremo in seguito che il "3 nel 4" potrà essere usato anche sugli accenti
suddivisionali. Da notare qui che quattro misure di 3\4 (che scaturiscono dal
raggruppamento di 3 note) sono contenute in tre misure di 4\4: si può dire che
costituiscono un "ciclo metrico". Lo stesso effetto si può ottenere, assegnando suoni
diversi agli accenti divisionali.
Nell'esempio seguente (n.2) suoniamo un groove su quattro misure e poi un groove
di 3\4 sulle restanti quattro misure raggruppando cassa e rullante come se fossimo in
un tempo ternario per cui:
4+4+4+4=3+3+3+3+3+1
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Altri esempi:
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Di seguito riportiamo altri esempi di frammenti di 3\4. Prova a suonarli come
nell'esempio n.5.
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Per suonare precisamente ed interiorizzare i frammenti "hemiolizzati" con il "3
su 4" occorre tenere presente un sistema di conteggio verbale che si può
articolare in due modi:
a) Possiamo calcolare il numero di frammenti di 3\4 che sono contenuti in un numero
qualsiasi di misure: in questo caso, come abbiamo visto, su quattro misure di 4/4
abbiamo 3+3+3+3+3+3+1, quindi cinque frammenti di 3\4 e uno di 1\4. Fatto questo,
possiamo verbalizzare ogni suono del frammento con gruppi uguali di sillabe di cui la
prima è marcata con un'inflessione di voce più intensa(metodo di solfeggio della
musica indiana). Nell'esempio seguente suoniamo con questo criterio il frammento
n.8 della tabella precedente:
b) Possiamo contare gli accenti principali del tempo originario in 4\4 (pulsazione di
partenza) suonando il frammento in maniera automatica (cioè senza pensare al
frammento ma a contare "one-two-three-four") e utilizzando una direzione
nell'inflessione della voce crescente o decrescente (tono alto o basso) come in una
cantilena, a seconda del punto della struttura (per esempio quattro misure) in cui ci si
trova. Questa prosodia marcata ci permette di suonare qualsiasi frammento senza
"perderci", cioè avendo sempre presente la "quadratura" (se si ragiona su quattro
misure, ma anche su otto, dodici, sedici etc.)
Nell'esempio b suoniamo il frammento n.6 della tabella precedente:
Questo breve accenno all' hemiola ci servirà per comprendere i concetti esposti nel
capitolo 2. Prima di andare avanti esercitati a suonare i frammenti di pag. 29 con i
due metodi di conteggio.
31
Esercizi sugli spostamenti metrici:
spostamenti 1/8 avanti e indietro
1/16 avanti e indietro
Di seguito sono riportati una serie di esercizi sugli spostamenti metrici visti nel primo
paragrafo.
L'idea è quella di spostare metricamente il groove iniziale della prima misura, o
parte di esso, lungo i "quattro sedicesimi" come visto precedentemente.
(ASCOLTA LE TRACCE DI RIFERIMENTO DEL CD AUDIO ALLEGATO)
traccia n.1[es.1] - n.2[es.2]
traccia n.3
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(hi-hat "dritto" - tutto accentato)
A partire dalla terzultima misura dell'esempio n.4, il groove viene spostato
interamente (cassa, rullante e hi/hat) di 1/16 indietro. La sensazione, come già
è stato detto, è di una sfasatura rispetto alla pulsazione iniziale. Ricordati di
pensare il primo suono dello spostamento (indicato dalla prima freccia) come
un "nuovo battere"; viceversa torna a pensare al battere originario alla fine
dello spostamento (seconda freccia).
traccia n.4
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In questo esempio gli spostamenti sono rapidi e brevi e derivano sempre dal
groove della prima misura. Le parentesi indicano la durata degli spostamenti.
traccia n.5
L'esercizio n.6 è identico al precedente con la differenza che gli spostamenti
interessano anche l'hi/hat sui sedicesimi e sugli ottavi.
traccia n.6
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Il prossimo esempio è un breve solo in cui si sviluppa il groove iniziale
spostando continuamente avanti e indietro su sedicesimi e ottavi anche solo le
singole figure di 1\4. (suona hi-hat dritto tutto accentato)
traccia n.7
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Gli spostamenti metrici di un groove possono iniziare su qualsiasi accento
principale. Nei quattro esempi seguenti lo spostamento di 1/16 in avanti e
indietro comincia sul quarto movimento della quarta misura.
traccia n.8[es.8] - n.9[es.9]
traccia n.10[es.10] - n.11[es.11]
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Un ultimo esempio: si possono sfruttare i sedicesimi all'interno di un groove
per creare brevi spostamenti e variazioni.
traccia n.12
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Applica gli spostamenti metrici su qualsiasi tipo di groove (prendi ad
esempio qualsiasi testo di ritmiche funk).
Utilizza anche i sistemi per hi/hat e ride visti a pag. 22.
Gli spostamenti possono essere utilizzati per creare variazioni ritmiche
all'interno di una struttura.
Per quanto riguarda gli esercizi con l'Hemiola, ricordati di suonare tutti gli
esempi dal n. 6 al n. 27 di pag.29 su quattro e otto battute utilizzando tutti gli
ostinati per hi/hat da "a1" a "g7" e quelli per hi/hat con piede mentre suoni il
piatto ride da "h" a "m".
SUONA TUTTI GLI ESERCIZI LEGGENDO IL MENO POSSIBILE.
VERBALIZZA CANTILENANDO COME ABBIAMO VISTO ALL’INIZIO DEL
CAPITOLO.
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