CHE FINE HA FATTO LA COMMEDIA ?!? Estratti di riflessioni intorno al genere comico, nate spontaneamente sulle pagine di Teatroecritica.net, fra drammaturghi e addetti ai lavori, qui sintetizzate per dare maggiore spazio all’interessante discussione sul blog dedicato proprio alla Commedie Teatrali Italiane. Il teatro può ancora avere una funzione detonante attraverso il genere comico? Andrea Pocosgnich /critico teatrale/ Forse troppo rapidamente ci siamo detti, a voce neanche così flebile, che il genere commedia era ormai morto, lasciato a consumarsi in un angolo per manifesta incapacità di raccontare il presente, di restituirci la complessità del reale. Di sicuro è sempre più difficile trovare un autore che punti sul genere in modo, se non nuovo, almeno non banale. Un esempio di come il teatro di parola, costituito da relazioni vere tra i protagonisti, possa tentare di raccogliere un certo dibattito sul nostro tempo, anche quando lo spunto e il motore sono innescati dalla comicità. Commedieitaliane.it /blog/ Bisognerebbe recuperare quella altissima capacità di far riflettere col sorriso sulle sventure e i gli umani vizi. Se una compagnia teatrale mette in prova la sua commedia con la presenza dell’autore e del regista, e la modifica insieme agli attori per renderla sempre più viva, questa non crediamo possa essere ignorata o non considerata come drammaturgia contemporanea. C’è bisogno di commedia e di qualcuno che se ne occupi. Gianni Clementi /autore/ anche nei momenti di maggiore drammaticità, L’uomo Spesso ed è proprio per questa naturale propensione al che la commedia riesce a destare l’attenzione è comico sorriso dello spettatore, ponendolo in una posizione di per natura. ascolto rispetto a ciò che viene rappresentato. Ed è allora che l’autore può colpire e osare, trasformando il sorriso anche in pianto o smorfia. Almeno il 65% dei lavoratori dello spettacolo vive su questo genere e altrettanto è il pubblico che ne fruisce. Mi sembra oggi più affaticato e ripetitivo nonché imitativo il teatro di ricerca che il genere commedia. Roberto Marafante /autore e regista/ Non sempre queste opere finiscono con una morale, magari cercano un messaggio, sicuramente cercano di parlare della vita. Andrea Pocosgnich /critico teatrale/ Il problema sta nel fatto che molte volte la commedia è la principale arma del teatro commerciale che strizzando l’occhio alla televisione non fa altro che replicare stereotipi comici che già affollano i nostri tubi catodici (anzi, ormai pannelli led). Dal teatro mi aspetto qualcosa di diverso altrimenti me ne sto a casa. Questa unicità rispetto al modello comico televisivo non è facile da trovare, insomma non è semplice assistere a una commedia innovativa nei linguaggi e nei contenuti e che abbia anche una certa profondità. Stefano Marafante /direttore teatrale/ Anche oggi il bisogno di questo genere è molto sentito dal pubblico, che è l’unico vero destinatario del prodotto culturale cinematografico e teatrale. La commedia, scritta da autori italiani è sempre stata viva, poiché essa è nel DNA dell’italiano, è parte integrante del suo spirito di sopravvivenza alle nefandezze che subisce, per ridere e sorridere della vita, anche quando amara. Cinzia Berni /autrice e regista/ È strano che proprio in Italia, dove il cinema con “la commedia all’italiana” ha visto grandi successi, sia così difficile affermare questo genere anche in teatro. È difficile cambiare la consuetudine di produttori e distributori ad affidarsi a “titoli di successo” o a “rifare” il teatro, e conseguentemente ad un certo snobismo verso gli autori italiani a fronte di un’esagerata considerazione verso gli stranieri , che spesso vantano maggiori successi solo perché all’estero c’è più attenzione verso il mondo teatrale. Lavorando da anni in teatro e praticando, con fatica, questo genere, mi accorgo di quanto sia amato da pubblico ma poco considerato dagli addetti ai lavori. Dobbiamo considerare che viviamo un momento culturalmente difficile e buio: se è vero che per avvicinare la gente al teatro si ammicca ad un genere più semplice, credo che accettare questo compromesso sia meglio che avere teatri vuoti o con pochi intellettuali con biglietti omaggio. È meglio vedere uno spettacolo teatrale sia pure non eccezionale che stare davanti alla televisione: a teatro ci si incontra, confronta, si parla e così, magari, si cresce e si migliora. Rosa A. Menduni e Roberto De Giorgi /autori/ Siamo tra quelli che credono nella dignità della commedia e nella sua capacità di raccontare il presente: è un genere che amiamo a teatro come al cinema e che consideriamo vitale, in tutti e due i sensi: vivo e necessario. Molti spettatori purtroppo non si aspettano più una storia capace di coinvolgerli ma solo un contenitore di risate e chi oggi scrive commedie deve confrontarsi con questa realtà che condiziona tutti gli addetti ai lavori. Da qui, forse, deriva una certa accresciuta diffidenza della critica nei confronti della commedia, come se questa fosse per propria natura troppo artificiale, insincera e ammiccante per poter partecipare al dibattito sul proprio tempo. Se la risata invece che essere fine a se stessa non sia invece un mezzo per allentare la tensione, riaccendere l’attenzione, accompagnare su per i gradini della storia, oppure ancora un mezzo con cui si evidenziano i malesseri del personaggio, il suo contrasto con l’ambiente, i suoi rapporti con gli altri personaggi. Tutto questo è parte di una grande tradizione di commedia/dramma che è anche italiana (e napoletana, ed ebraico-americana) ancora capace di offrire molto, se riesce a seguire in libertà il suo percorso, restando indipendente dalle derive del comico televisivo. Per leggere l’articolo completo www.teatroecritica.net Per partecipare al dibattito [email protected]