6. La pluridisabilità - Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti

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LA PLURIDISABILITÀ
Parlare di pluridisabilità significa addentrarsi in un territorio complesso ed estremamente
variegato, dove quello che emerge con maggiore chiarezza è che ogni individuo che abita
tale condizione presenta un quadro clinico unico e irripetibile.
Per disabilità si intende la mancanza di un’abilità conseguente ad una minorazione
funzionale, ossia all’alterazione o perdita di una funzione dell’organismo dovuta ad un
danno.
Il termine pluridisabilità si spiega da sé, difatti indica la compresenza, nello stesso
individuo, di due o più deficit funzionali relativi ad aree differenti: sensoriale, motoria,
intellettiva, verbale e relazionale.
Ma perché si possa parlare di pluridisabilità, i deficit presenti devono essere di media o
grave entità e, nella maggior parte dei casi, è coinvolta la funzione visiva o sotto forma di
cecità o di ipovisione dal grado variabile.
Un individuo che presenta un lieve ritardo intellettivo associato ad un ritardo psicomotorio
di lieve entità, non può essere considerato pluriminorato.
In modo schematico e generico, di seguito si riporta una classificazione delle diverse
patologie che possono concorrere alla strutturazione della pluridisabità:
1. SENSORIALI: cecità o ipovisione, sordità o ipoacusia, che limitano enormemente le
possibilità di conoscenza dell’ambiente e di un efficace interscambio con esso;
2. MOTORIE: centrali, che dipendono da lesioni cerebrali, o periferiche relative a
disfunzioni in specifici distretti muscolari. Tali deficit possono manifestarsi attraverso le
seguenti disfunzionalità: spasticità, ipotonia, distonia, atassia, atetosi, disprassia.
Ognuna di queste condizioni può tradursi nella difficoltà o impossibilità a compiere un
movimento finalizzato ad uno scopo, inficiando così la conoscenza dello spazio
circostante, i processi di apprendimento e l’assimilazione e l’immagazzinamento di
schemi motori efficaci e funzionali. Paralisi Cerebrali Infantili;
3. COGNITIVE: insufficienza mentale di grado variabile;
4. RELAZIONALI: manifestazioni che rientrano nello spettro autistico, sindrome di Rett;
5. ANOMALIE GENETICHE E CROMOSOMICHE: per es. la sindrome di down o la
ALMS;
6. PATOLOGIE METABOLICHE: per es. le sindromi CGD
7. EPILESSIA: di forma e grado variabile
Date tali premesse, si può dedurre quanto il pluridisabile sia un bambino carente degli
strumenti sensoriali, motori e cognitivi indispensabili ad attivare un’efficace interazione con
l’ambiente, quindi ad esplorarlo e a manipolarlo e a trarre da tale scambio le informazioni e
le esperienze indispensabili ad un sano ed equilibrato sviluppo psicofisico.
Essendo gli assi dello sviluppo estremamente interconnessi, ai fini di un inquadramento
clinico, non si possono scindere le conseguenze dei disturbi motori da quelle dei deficit
sensoriali o intellettivi, in aggiunta alle ricadute che tutto questo nell’insieme ha nella sfera
affettivo-emotiva.
L’intreccio nefasto di tali mancate abilità provoca, dunque, un grave sovvertimento
dell’organizzazione psicomotoria, cognitiva e psicoaffettiva.
Dal punto di vista cognitivo, un bambino videoleso pluriminorato presenta, accanto al
deficit visivo, severe alterazioni in processi complessi come: attenzione, memoria, struttura
del pensiero, strutturazione spazio-temporale, abilità pratto-gnosiche, organizzazione
simbolica, linguaggio, organizzazione psico-motoria, immagine corporea, senso di realtà.
Dalla casistica nel tempo si è potuto osservare che, le patologie maggiormente associate
alla minorazione visiva sono le seguenti: ritardo intellettivo di grado variabile, paralisi
cerebrale infantile, sordità, epilessia, tratti autistici.
La più evidente ricaduta psicologica si osserva nella sfera dell’acquisizione delle
autonomie personali, a partire da quelle di base come l’igiene personale, la vestizione,
l’uso delle posate, il controllo sfinterico, la sicurezza personale in termini di incolumità.
Il pluridisabile è come un bambino che non raggiunge mai l’età adulta e a cui, pertanto,
sono precluse importanti fasi del ciclo della vita. Questo pone la famiglia nella condizione
di dover fornire un’incessante assistenza, come se si trattasse di un eterno bambino
piccolo.
Il rischio che tale individuo possa vivere in un indifferenziato stato di isolamento è molto
alto, soprattutto se questo atteggiamento è favorito in primis dalla famiglia, che sprovvista
di mezzi adeguati reagisce sull’onda di un’emotività soverchiante e non elaborata.
Nessuno è preparato alla nascita di un figlio disabile e non vi è una tradizione a cui far
riferimento, per cui le più grandi difficoltà che i genitori incontrano consistono nel codificare
i messaggi “peculiari” di quel bambino, riconoscerne i bisogni, adattarsi ad essi e
rispondervi in modo adeguato.
È molto facile cadere in un atteggiamento iperprotettivo che anticipa l’espressione dei
bisogni e impedisce di riconoscere il potenziale che quel bambino presenta, nonostante i
suoi limiti, ostacolandone maggiormente l’acquisizione delle abilità di autonomia.
Quando guardiamo ad un individuo portatore di pluridisabilità non possiamo limitarci a
sommare i suoi deficit e gli effetti secondari delle minorazioni associate, ma è necessario
cogliere globalmente la sua personalità con i suoi limiti e le sue possibilità potenziali.
Allora diviene possibile avviare un intervento efficace, che guardi a tutti i sistemi di
appartenenza in cui quella persona è inserita, a partire dalla famiglia, e che sia finalizzato
alla massima acquisizione possibile per quell’ individuo delle abilità di autonomia,
contribuendo così a migliorare la qualità della sua vita.
LA PLURIDISABILITÀ pieghevole
La pluridisabilità è un territorio complesso ed estremamente variegato ed ogni individuo
che abita tale condizione presenta un quadro clinico unico ed irripetibile. La più evidente
ricaduta psicologica si osserva nella sfera dell’acquisizione delle autonomie personali e
nell’isolamento. Questo pone la famiglia nella condizione di dover fornire un’incessante
assistenza, come se si trattasse di un eterno bambino piccolo. Le più grandi difficoltà che i
genitori incontrano consistono nel codificare i messaggi “peculiari” di quel bambino,
riconoscerne i bisogni, adattarsi ad essi, rispondervi in modo adeguato e fare i conti con
emozioni complesse e spesso non elaborate. Allora diviene importante, ma soprattutto
possibile avviare un intervento efficace, che guardi a tutti i sistemi di appartenenza in cui
quella persona è inserita, a partire dalla famiglia, e che sia finalizzato alla massima
acquisizione possibile per quell’ individuo delle abilità di autonomia, contribuendo così a
migliorare la qualità della sua vita.
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Famiglie e Pluridisabilità
Nessuno è preparato alla nascita di un figlio disabile, ancor di più far fronte alla
pluridisabilità pone le famiglie in una condizione di sovraffaticamento dovuto alla
mancanza di strumenti per intercettare i reali bisogni del figlio e le sue potenzialità da una
parte, e al trasporto generato dall’onda emotiva dall’altra. Ciò può produrre comportamenti
iperprotettivi e senso di frustrazione ed inadeguatezza nella relazione con l’eterno
bambino piccolo quale è il portatore di pluridisabilità. È possibile un accompagnamento
alle famiglie il cui scopo è quello di sostenerle nell’acquisizione di strumenti adeguati e di
contenerle rispetto alla moltitudine di emozioni cui sono esposti e da cui sono investiti.
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