Biblio News aprile 2016 - Raffaello e Perugino, Boccioni, Mirò

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aprile 2016
Biblionews
Pinacoteca di Brera: la rivoluzione è iniziata
Dopo 6 mesi dalla nomina a
Soprintendente della Pinacoteca di Brera,
James Bradburne fornisce un esempio
concreto della rivoluzione culturale che
intende realizzare. L’occasione è il primo
di una serie di eventi, battezzati
“Dialoghi”, che vedranno affiancati
capolavori della collezione milanese a
opere simili provenienti da altri musei.
Si parte con la coppia di pale d’altare di
Perugino e Raffaello dallo stesso titolo: lo
Sposalizio della Vergine. Un confronto
impietoso perché tra maestro e allievo
non c’è partita.
Comincia a dare i primi frutti il contagioso entusiasmo con cui l’anglo canadese James Bradburne ha
affrontato l’arduo compito di guidare la Pinacoteca di Brera tra le polemiche di tanta parte
dell’intellighentia nostrana dopo le nomine dei nuovi soprintendenti decise dal ministro Franceschini.
Bradburne, primo non italiano chiamato a questo incarico nei 240 anni dell’Accademia, aveva subito
dichiarato la sua volontà di ricollegarsi all’insegnamento di Franco Russoli, il soprintendente che mezzo
secolo fa aveva lanciato il visionario progetto, mai realizzato, della Grande Brera, ripromettendosi di
rilanciare Brera nel cuore dei milanesi, ristrutturandola partendo dalle esigenze del visitatore e creando
occasioni di rivisitazione dei capolavori esposti.
Il primo programma secondo questa linea è stato battezzato “Dialoghi” perché consiste in una serie di
eventi a cadenza all’incirca trimestrale in cui un capolavoro del patrimonio di Brera viene affiancato a una
o più opere a esso in qualche modo collegate in modo che dal confronto ravvicinato nasca una specie di
dialogo tra le opere stesse. Il primo Dialogo -un esempio perfetto del programma- coinvolge una delle
icone della Pinacoteca, lo Sposalizio della Vergine di un ventunenne Raffaello, che viene affiancato dalla
omonima (e coeva) pala del Perugino, all’epoca uno dei maestri più affermati soprattutto dopo le unanimi
lodi all’affresco La consegna delle chiavi nella Cappella Sistina in Vaticano. Per la prima volta, sottolinea il
soprintendente Bradburne, possiamo gustare il confronto ravvicinato tra maestro e allievo su un identico
tema, per giunta realizzato in modo molto simile.
E il confronto è impietoso per il maestro. Per prima cosa salta subito all’occhio l’equilibrio compositivo
della pala del giovane Raffaello, con il tempio ottagonale che si colloca perfettamente nella parte
superiore e con lo spazio che lo distanzia dal gruppo delle figura in primo piano che dà respiro a tutta
l’opera. Invece il tempio, che occupa una parte predominante rispetto alle figure in primo piano, sembra
stare costretto nella pala del Perugino tanto che la parte superiore non entra completamente nella
sagoma. Ancora più sfavorevole il confronto tra i gruppi delle figure, disposte a semicerchio in Raffaello,
con un richiamo alla forma circolare del tempio e animate grazie all’inclinazione delle teste dell’officiante,
di Maria, Giuseppe e di alcuni invitati. Perugino invece schiera sposi e invitati allineati in primo piano
dando un senso di rigidità e affollamento che contrasta con la leggerezza della composizione di Raffaello.
Insomma: se mai ci fosse stata necessità di confermare la straordinaria qualità dell’opera di Raffaello,
questo confronto fornisce una prova inequivocabile.
Questo primo Dialogo è stato anche l’occasione per iniziare una profonda opera di riallestimento delle
collezioni a partire dalle tre sale precedenti a quella dove si trova esposto il capolavoro di Raffaello,
Perugino: Sposalizio della Vergine (1501-1504)
e dettagli
Raffaello: Sposalizio della Vergine (1504)
e dettagli
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ridipingendo le pareti, che ora sono di un bel rosso vivo, migliorando l’illuminazione dei quadri e
dotandoli di nuove didascalie più esaurienti e leggibili a distanza: “Le didascalie sono lo strumento
attraverso il quale il museo dialoga con il visitatore – commenta Bradburne - perciò devono essere
intelligenti, rispettose, garbate, all’occasione divertenti, coinvolgenti e offrire spunti di provocazione.
Didascalie leggibili e facilmente comprensibili sono il primo passo per spiegare la logica dell’esposizione
al pubblico dei visitatori”. Saranno scritte da autori di chiara fama, non necessariamente addetti ai lavori,
ma anche letterati, scienziati, artisti, designer: uno di essi avrebbe dovuto essere Umberto Eco. L’esito di
queste prime tre sale è senz’altro in linea con gli obiettivi.
Parallelamente al primo Dialogo, viene realizzato un altro componente fondamentale della rivoluzione di
Bradburne: il nuovo sito della Pinacoteca. Qui si può ben parlare di rivoluzione non solo per la differenza
tra il vecchio e il nuovo sito, oggi a livello dei migliori esempi internazionali, ma anche perché il
passaggio è avvenuto in un colpo solo. Tanto per cominciare, una piccola chicca: se ci si collega di lunedì
nel bel mezzo della prima videata si legge “Oggi siamo chiusi, ci dispiace”!
Più sotto c’è la comunicazione che il nuovo sito è stato messo online il 3 marzo scorso con l’invito a
inviare un commento alla direzione del Museo. Oggi sono 600 le opere consultabili, con schede
dettagliate e riproduzioni in alta definizione. In futuro sarà accessibile l’intera collezione della Pinacoteca,
i disegni, le fotografie e le opere attualmente non esposte. Il nuovo sito è consultabile da computer,
tablet o smartphone.
Raffaello Sanzio (1483-1520)
Pietro Perugino (1450 ? – 1523)
Raffaello nasce a Urbino,
all’epoca centro artistico molto
fiorente.
È il padre, buon pittore, a
insegnargli ancora bambino i
primi rudimenti di tecnica
pittorica e a fargli conoscere i
tesori artistici conservati a
Palazzo Ducale.
Nel 1497 lo troviamo attivo
nella bottega di Pietro Perugino presso il quale
ha una maturazione artistica straordinaria tanto
che a soli 20 anni riceve da Città di Castello la
commessa per una pala d’altare per la chiesa di
San Francesco sullo stesso tema su cui sta
lavorando il suo maestro ossia lo sposalizio della
Vergine.
L’eccezionale qualità dell’opera, conclusa nel
1505, rende evidente quanto l’ambiente
perugino sia ormai angusto per il giovane
Raffaello, che si trasferisce prima a Firenze,
dove stanno lavorando Leonardo e
Michelangelo, e poi a Roma, chiamato da papa
Giulio II su suggerimento del Bramante. Nella
città papale Raffaello dà il meglio di sé sia come
pittore (in primis nelle Stanze Vaticane), che
come architetto, collaborando tra l’altro alla
progettazione della nuova Basilica di San Pietro.
Quando muore ha solo 36 anni.
Le prime notizie certe di Pietro
Perugino risalgono al 1472
quando viene citato a Firenze,
attivo nella bottega di Andrea
Verrocchio. La svolta nella sua
carriera si ha nel 1478 quando
viene chiamato a Roma da papa
Eugenio IV che gli commissiona
opere importanti nella basilica di
San Pietro e nella Cappella
Sistina. Terminate le commesse papali, il
Perugino divide la sua attività tra Roma, Firenze
e Perugia mettendo a punto il suo stile
caratteristico, specie per i ritratti femminili, che
riportano i lineamenti di Chiara Fancelli, la
modella che sposa nel 1493. Le richieste sono
molte e il Perugino le esaudisce con il supporto di
aiutanti e allievi ma l’ispirazione viene meno e le
opere si fanno più ripetitive. Così la marchesa di
Mantova Isabella d'Este non è soddisfatta della
sua tempera Lotta tra Amore e Castità, che gli
aveva commissionato per il suo studiolo nel
Palazzo Ducale, e papa Giulio II non è soddisfatto
dei 4 tondi commissionati per decorare la volta
della Stanza dell'Incendio di Borgo in Vaticano.
Gli ultimi anni prima della morte (1523) vedono il
Perugino al lavoro in piccole cittadine dell'Umbria
come Spello, Trevi, Fontignano, lontano dalle
capitali dell’arte italiana.
Pinacoteca di Brera
Informazioni e contatti
Pinacoteca di Brera
via Brera, 28 – Milano
Biglietti
Intero € 10,00
Ridotto € 7,00
Ingresso gratuito ogni prima domenica del mese
Orari
Da martedì a domenica 8.30-19.15
(la biglietteria chiude alle 18.30)
Chiuso lunedì
Fino al 27 giugno 2016
Prenotazioni
Per gruppi, scuole e singoli
tel. 02 92800361
www.pinacotecabrera.net
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Era proprio necessario, dopo quelle del 1973, 1982 e 2006,
organizzare a Palazzo Reale una quarta mostra su Boccioni? Certo
che sì, risponde il direttore Domenico Pirania. Le ragioni sono
molteplici, aggiunge la curatrice Francesca Rossi. Innanzitutto per la
qualità e il numero delle opere esposte, che fanno di questa mostra
la maggiore mai dedicata a Boccioni, ricca in particolare di 38 dipinti
provenienti da 14 tra musei e collezioni private, e di 100 disegni tra
cui i 60 della collezione del Gabinetto dei Disegni del Castello
Sforzesco che erano stati esposti solo una volta 37 anni fa. Secondo
punto, non meno importante, è il recente ritrovamento nella
Biblioteca Civica di Verona di un gruppo molto cospicuo di documenti
che illuminano in modo più preciso il rapporto tra Boccioni pittore e
Boccioni individuo, in particolare nel periodo prefuturista, specie se
letti insieme ai diari di Boccioni degli anni 1907 e 1908 concessi in
prestito dalla Getty Research Library di Los Angeles. La voce più
importante di questo ritrovamento è una serie di 24 fogli di
cartoncino di grande formato sui quali Boccioni aveva incollato ritagli
vari e riproduzioni in modo da creare un album promemoria a suo
uso personale, che i curatori hanno battezzato L’Atlante. Vi troviamo
le cose più disparate: riproduzioni di opere di Durer, opere esposte
alla Biennale di Venezia del 1905, riproduzioni di incisioni di
simbolisti contemporanei, ritratti di Petrarca e Dante, riproduzioni di
quadri degli artisti più vari, da Leonardo, e Raffaello a Segantini,
Previati e artisti pre-raffaelliti. E poi riproduzioni di vasi greci, di
statue e manifesti vari. Difficile trarne una chiave di lettura univoca
ma sicuramente si tratta di un reperto importante per capire la
mente poliedrica di Boccioni meglio di quanto non sia stato possibile
prima d’ora.
La mostra documenta in modo molto esauriente gli inizi della carriera
artistica di Boccioni quando non aveva ancora consolidato il proprio
stile caratteristico e l’influenza di altri pittori all’epoca di fama più
consolidata. Così la Campagna romana (1903) è esposta a fianco de
La fidanzata a Villa Borghese di Giacomo Balla allora in pieno periodo
Campagna romana (1903)
Al balcone (1911)
Officine di Porta Romana (1910)
Umberto Boccioni (1882-1916)
Umberto Boccioni nasce a Reggio Calabria dove il padre, dipendente statale, è
assegnato. Subito dopo la famiglia comincia un vorticoso pellegrinare da una città
all’altra: Forlì, Genova, Padova, Catania, dove Umberto si diploma all’istituto tecnico,
poi Roma, dove entra nello studio di Giacomo Balla, allora pittore divisionista, con
Gino Severini e Mario Sironi. Siamo nel 1903, Boccioni ha 21 anni e i suoi quadri sono
divisionisti. Con l’aiuto economico dei genitori riprende a viaggiare, questa volta
all’estero: Parigi, Russia, Monaco di Baviera. Nel 1907 arriva a Milano che diventerà
la sua città d’elezione. Frequenta Gaetano Previati e la sua pittura diventa simbolista. Incontra Filippo
Tommaso Marinetti e Carlo Carrà, riprende contatto con Balla e Severini e insieme scrivono il Manifesto
dei pittori futuristi (1909) pubblicato su varie testate italiane e sul parigino Le Figaro. Si concentra sulla
rappresentazione dell’urbanizzazione delle periferie, della nascita dell’industria e sullo studio del
movimento in opere come Dinamismo di un giocatore di calcio (1911) utilizzando la tecnica della
raffigurazione del soggetto in stadi successivi. Nel 1912 è a Parigi per una sua personale dove conosce
Apollinaire e viene influenzato dalla pittura di Picasso. Quando l'Italia entra in guerra, Boccioni si arruola
volontario nel Corpo nazionale volontari ciclisti automobilisti. Gli bastano pochi mesi per capire che la
guerra non è affatto la “sola igiene del mondo” come sosteneva il suo amico Marinetti. Nel 1916,
durante una esercitazione a Verona cade da cavallo e muore a soli 34 anni.
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divisionista, anche se la vivacità delle piccole pennellate di colori
diversi ricorda forse maggiormente Segantini (anch’esso molto ben
rappresentato nella mostra). Tra gli autori a cui certamente Boccioni si
è ispirato troviamo Gaetano Previati, presente con una
interessantissima Maternità (1890), e Edvard Munch (interessante in
confronto tra la litografia Le onde dell’artista norvegese con la Testa
femminile di Boccioni del 1909-10)
La presenza in mostra di tanti disegni permette di mettere a fuoco sia
il Boccioni grafico, attivo soprattutto nel periodo immediatamente
antecedente il periodo futurista ossia negli anni 1907-1910, ma anche
a capire meglio il percorso nella mente di Boccioni dall’idea prima alla
realizzazione finale delle varie opere. La vicinanza di opere di altri
artisti a cui Boccioni si è ispirato, dai simbolisti come Joseph Sattler,
Odilon Redon e Félicien Rops, ai classici come Albrecht Dürer, presente
con alcune tavole di grande interesse, rende evidente come Boccioni
fosse aperto a stimoli e influenze esterne, una vera spugna di tutte le
avanguardie.
Un altro periodo ben rappresentato, anche grazie ai disegni della
collezione del Castello, è quello di transizione verso il futurismo
(ricordiamo che il manifesto del Futurismo, alla cui stesura Boccioni ha
partecipato in modo significativo, è del 1909). Facendo riferimento alle
opere esposte, possiamo partire da Autoritratto (1908) dove sullo
sfondo si vede la città che cresce con edifici in costruzione per arrivare
in un breve lasso di tempo a Lavoro (La città che sale) del 1910-11, e
Al balcone (1911). Ancora un anno ed ecco Elasticità (1912).
Negli anni prima della precoce morte, nel pieno della sua attività
artistica, per una banale caduta da cavallo, le influenze vengono da
Picasso (vedi lo studio per Nudo in piedi e la singolare similitudine tra
un bronzo di Picasso -Testa di donna del 1909- e l’Antigrazioso di
Boccioni (1913), e dallo scultore ucraino Alexander Archipenko,
all’epoca attivo a Parigi nell’entourage di Picasso.
In questi anni Boccioni sembra essere soprattutto preso da una vera
frenesia per la rappresentazione della figura umana in movimento: in
mostra sono esposti numerosi studi, a vari livelli di compiutezza, dai
titoli significativi come Voglio fissare le forme umane in movimento
(1913) e Voglio sintetizzare le forme uniche della continuità nello
spazio (1913)che fanno da cornice al bronzo Forme uniche della
continuità dello spazio 1913), universalmente nota perché
rappresentata sulla moneta da 20 centesimi di conio italiano.
Tra le opere compiute Corpo umano (Dinamismo) del 1913,
Dinamismo di un ciclista (1913), Figura (1915), il collage Dinamismo
di una testa d’uomo (1915) e Carica di lancieri (1915).
Infine, Sintesi plastica di figura seduta (Silvia), una delle ultime opere,
dipinta nel 1916, testimonia la tendenza di Boccioni, che non si poté
sviluppare, verso lo stile di Cézanne. Ancora una volta Boccioni aveva
visto avanti e aveva intuito che il “suo” futurismo era destinato a
lasciare il passo ad altre avanguardie.
Autoritratto (1908)
Crepuscolo (1909)
Carica dei lancieri (1915)
Umberto Boccioni - Genio e Memoria
Milano - Palazzo Reale - fino al 10 luglio 2016
Info e prenotazioni
+39 02 92800821
www.palazzorealemilano.it
Orari
lunedì 14.30-19.30
martedì, mercoledì, venerdì e
domenica 9.30-19.30
giovedì e sabato 9.30-22.30
Ultimo ingresso un’ora prima
della chiusura
Prezzo dei biglietti
compreso ingresso al Museo
del Novecento
intero € 13
ridotto € 11
biglietto famiglia adulto € 11,
ragazzi € 7
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Forme uniche della continuità dello
spazio (1913)
Con la mostra Joan Mirò, la forza della materia il Mudec festeggia il
primo anniversario della sua apertura pro-forma, celebrata in tutta
fretta nel marzo del 2015 in modo da precedere l’apertura dell’Expo,
mentre la vera apertura, con disponibili tutti servizi e la sezione
antropologica, risale allo scorso ottobre. Artista originalissimo, Mirò,
dopo essersi rifugiato nella natia Catalogna quando la Germania invase
Parigi, proseguì la sua sperimentazione in solitudine anche a guerra
finita, voltando le spalle alla comunità artistica di Montparnasse che
pure l’aveva apprezzato e sostenuto e di cui per due decenni era stato
uno dei protagonisti. Decisione non scontata, visto che all’epoca Parigi
era al centro del mondo delle arti.
Al Mudec fino all’11 settembre sono esposte 140 opere di vario tipo
provenienti nella quali totalità dalla Fundaciò Joan Mirò di Barcellona:
oli, dipinti su carta e materiali vari, come legno e stoffa, sculture
composte da materiale di recupero e bronzi, disposte lungo un percorso
che parte dal 1931 e arriva al 1981, ossia solo due anni prima della
morte dell’artista. Particolarmente ricca la sezione delle sculture
realizzate con materiale di recupero, molto differenti dalla sculture più
tradizionali di Mirò come quella, tanto per intenderci, che da anni fa
bella mostra di sé in via Senato, e perciò di particolare interesse.
Come ricorda la direttrice della Fundaciò Joan Mirò Rosa Maria Malet,
Mirò si autodefinì “un pittore al quale piace lavorare con gli elementi
più diversi”. E’ proprio questa caratteristica dell’artista catalano che
rende questa mostra particolarmente interessante: basta infatti
addentrarsi nelle sale per provare davanti alle opere esposte sensazioni
che non si possono trasmettere attraverso riproduzioni. Cambia la
materia con cui sono realizzate ma i temi sono ricorrenti: la donna, le
stelle, gli uccelli, anche se non è sempre facile riconoscerli. Non si può
Due personaggi perseguitati da un
uccello (1976)
Joan Miró (1893 – 1983)
Joan Miró i Ferrà, pittore e scultore surrealista, nasce a Barcellona figlio di un
orefice e orologiaio. Su consiglio del padre, intraprende studi commerciali
frequentando in parallelo lezioni private di disegno. La svolta definitiva verso la
carriera artistica si ha nel 1912 quando si iscrive all'Accademia Galí di
Barcellona. La sua prima esposizione personale alle Galeries Dalmau (1918)
mostra una chiara tendenza verso il fauvismo. Nel 1920 si stabilisce a Parigi,
dove conosce Picasso e il circolo dadaista di Tristan Tzara. In breve il suo stile
tende sempre più verso l'astrazione e il surrealismo tanto che André Breton,
fondatore di questa corrente artistica, lo descrisse come “il più surrealista di noi
tutti”. Nel 1926 collabora con Max Ernst per la scenografia di Romeo e Giulietta e frequenta Max Ernst,
Jean Arp e Pierre Bonnard. Nel 1928 la sua esposizione nella galleria Georges Bernheim lo rende
famoso. Sempre attratto verso nuove esperienze, Mirò sperimenta la litografia, l'acquaforte, la scultura
e la pittura su carta catramata e su vetro.
Al momento dell'invasione nazista della Francia Mirò rientra nella casa di famiglia vicino a Tarragona,
in Catalogna, con puntate a Maiorca che dal 1956 diventerà la sua residenza principale. Negli anni ’50
si reca più volte negli Stati Uniti dove è molto apprezzato. Nel 1972 Miró crea la Fundació Joan Miró a
Barcellona, che oggi conserva il nucleo più significativo delle sue opere. L’età avanzata non frena la
sua creatività, che anzi diventa sempre più vivace. Si interessa alla Mail Art, alla scenografia teatrale e
alla scultura monumentale: è del ’75 Mere Ubu, il grande bronzo di Via Senato, a Milano, del ‘76 Deux
personnages fantastiques (Parigi – La Défense), mentre Dona i ocell (Donna e uccello), che oggi si
trova nel parco Joan Miró a Barcellona, è dell’’83. Negli anni ’80 produce centinaia di ceramiche, tra cui
i Murales del Sole e della Luna presso l'edificio dell'UNESCO a Parigi.
Muore a Maiorca all'età di 90 anni.
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poi far a meno di notare come la fantasia e la creatività di Mirò non
sia diminuita negli ultimi anni della sua lunga esistenza come
dimostrano le opere esposte realizzate quando era ormai
ottantenne. Difficile suggerire le opere su cui soffermarsi.
Potremmo azzardare di dedicare un’attenzione particolare alle
molte sculture di piccola taglia, sia perché poco riprodotte nelle
pubblicazioni dedicate all’artista dove è più facile trovare citate le
grandi sculture destinate agli spazi pubblici, sia perché
testimoniano in pratica il modus operandi di Mirò che realizzava le
sue opere ispirato da oggetti di uso comune, spesso rotti e
scartati. Un altro criterio potrebbe essere quello di soffermarsi
sulle opere realizzate su materiale non tradizionale come il legno
grezzo o i tessuti perché non molto diffuse nei musei d’arte
moderna, anche in quelli più famosi. Tra queste Dipinto, 1960,
(olio, grafite, mastice su tavola), Dipinto, 1962, (olio su stoffa) e
Personaggio, uccello, 1976 (olio su tavola).
Tra le opere più immediatamente riconoscibili come dei Mirò
potremmo citare Donna, uccello, stelle del 1942, Due personaggi
perseguitati da un uccello (del 1976) e Due amici del 1969.
Due amici (1969)
La mostra resterà aperta fino all’11 settembre, tutti i giorni,
compresi i festivi, dalle 9.30 alle 19.30, tranne lunedì aperta solo il
pomeriggio dalle 14.30 alle 19.30 e giovedì e sabato quando la
chiusura è posticipata alle 22.30. L’ingresso costa €12 (ridotto
€10). Info e prenotazioni allo 02 54917 o su www.ticket24ore.it/
mudec.
Cosa trovi in biblioteca
Raffaello
ALBERTARIO, Marco
Raffaello
MATTIOLI ROSSI, Laura
Boccioni pittore, scultore, futurista
PALAZZESCHI, Aldo
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DAVICO BONINO, Guido
Raffaello, il pittor divino
DE VECCHI, Pierluigi
Lo "Sposalizio della Vergine" di Raffaello Sanzio
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Joan Mirò - 1893-1993
GIRARDI, Monica
Raffaello, la ricerca della perfezione
e la tenerezza della natura
ABBATI, Gina
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CAMARA LOPEZ, Elvira
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REALE, Giovanni
La "Scuola di Atene" di Raffaello
DEL PUPPO, Alessandro
Dalì e il surrealismo
THOENES, Christof
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DE PERETTI, Yves
Miro - la metamorfosi delle forme (DVD)
Perugino
CASTELLANETA, Carlo
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ERBEN, Walter
Joan Mirò, 1893-1983: l'uomo e la sua opera
ZERI, Federico
Sposalizio della Vergine
LUBAR, Robert
Mirò
ZUFFI, Stefano
Perugino
PAINI, Dominique
Chagall-Mirò
Boccioni
CAPPA, Cristina
Una storia blu oltremare
UZZANI, Giovanna
Henry Moore e la fortuna della scultura
en plein air
MASOERO, Ada
Umberto Boccioni - La città che sale
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Biblioteca Comunale
La Biblioteca Comunale di Segrate, presente sul
territorio dal 1970, garantisce a tutti i cittadini la
possibilità di informarsi attraverso la consultazione e
il prestito di libri, quotidiani, periodici, dvd, cd
musicali, cd-rom e risorse digitali.
In biblioteca è possibile navigare in internet da
postazioni multimediali fisse oppure attraverso la rete
wireless gratuita e accedere alla biblioteca digitale
per consultare online quotidiani italiani e stranieri,
banche dati professionali, risorse audio e video,
e-book.
Nel mese di aprile ci sarà un doppio
appuntamento per il ciclo Vicini di pagina.
Infatti martedì 12 aprile, nella Sala Polifunzionale
del Centro Civico "G. Verdi", via XXV Aprile,
Segrate, saranno presentati due libri:
La biblioteca organizza iniziative per promuovere la
lettura coinvolgendo lettori di tutte le età, dai
bambini agli adulti, e favorisce lo scambio tra culture
diverse e l’accesso alle risorse informative e culturali
da parte di tutti i cittadini, senza distinzione di età,
razza, sesso, religione, nazionalità, lingua
o condizione sociale.
Diario 95 di Piero Coda
Trucioli di Mondo di Andrea Cardinali.
La Biblioteca Comunale di Segrate fa parte di CUBI,
Culture Biblioteche, rete di 70 biblioteche in grado di
offrire un catalogo di oltre un milione di documenti
tra libri, riviste, film e musica che possono essere
selezionati e ordinati tramite il catalogo online e
l’app SBVinTasca che permette
di accedere da smartphone a tutti
i servizi della biblioteca.
Saranno presenti gli autori
Coordinerà l’incontro
Roberto Spoldi, Bibliotecario e responsabile del
Gruppo di lettura di Segrate
Letture a cura di Noemi Bigarella
Tra i servizi online disponibili si
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permette tra l’altro il prestito di
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delle biblioteche digitali pubbliche.
Scopri le nuove regole valide in tutte le biblioteche di
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Si inizia alle 18.30
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