aprile 2016 Biblionews Pinacoteca di Brera: la rivoluzione è iniziata Dopo 6 mesi dalla nomina a Soprintendente della Pinacoteca di Brera, James Bradburne fornisce un esempio concreto della rivoluzione culturale che intende realizzare. L’occasione è il primo di una serie di eventi, battezzati “Dialoghi”, che vedranno affiancati capolavori della collezione milanese a opere simili provenienti da altri musei. Si parte con la coppia di pale d’altare di Perugino e Raffaello dallo stesso titolo: lo Sposalizio della Vergine. Un confronto impietoso perché tra maestro e allievo non c’è partita. Comincia a dare i primi frutti il contagioso entusiasmo con cui l’anglo canadese James Bradburne ha affrontato l’arduo compito di guidare la Pinacoteca di Brera tra le polemiche di tanta parte dell’intellighentia nostrana dopo le nomine dei nuovi soprintendenti decise dal ministro Franceschini. Bradburne, primo non italiano chiamato a questo incarico nei 240 anni dell’Accademia, aveva subito dichiarato la sua volontà di ricollegarsi all’insegnamento di Franco Russoli, il soprintendente che mezzo secolo fa aveva lanciato il visionario progetto, mai realizzato, della Grande Brera, ripromettendosi di rilanciare Brera nel cuore dei milanesi, ristrutturandola partendo dalle esigenze del visitatore e creando occasioni di rivisitazione dei capolavori esposti. Il primo programma secondo questa linea è stato battezzato “Dialoghi” perché consiste in una serie di eventi a cadenza all’incirca trimestrale in cui un capolavoro del patrimonio di Brera viene affiancato a una o più opere a esso in qualche modo collegate in modo che dal confronto ravvicinato nasca una specie di dialogo tra le opere stesse. Il primo Dialogo -un esempio perfetto del programma- coinvolge una delle icone della Pinacoteca, lo Sposalizio della Vergine di un ventunenne Raffaello, che viene affiancato dalla omonima (e coeva) pala del Perugino, all’epoca uno dei maestri più affermati soprattutto dopo le unanimi lodi all’affresco La consegna delle chiavi nella Cappella Sistina in Vaticano. Per la prima volta, sottolinea il soprintendente Bradburne, possiamo gustare il confronto ravvicinato tra maestro e allievo su un identico tema, per giunta realizzato in modo molto simile. E il confronto è impietoso per il maestro. Per prima cosa salta subito all’occhio l’equilibrio compositivo della pala del giovane Raffaello, con il tempio ottagonale che si colloca perfettamente nella parte superiore e con lo spazio che lo distanzia dal gruppo delle figura in primo piano che dà respiro a tutta l’opera. Invece il tempio, che occupa una parte predominante rispetto alle figure in primo piano, sembra stare costretto nella pala del Perugino tanto che la parte superiore non entra completamente nella sagoma. Ancora più sfavorevole il confronto tra i gruppi delle figure, disposte a semicerchio in Raffaello, con un richiamo alla forma circolare del tempio e animate grazie all’inclinazione delle teste dell’officiante, di Maria, Giuseppe e di alcuni invitati. Perugino invece schiera sposi e invitati allineati in primo piano dando un senso di rigidità e affollamento che contrasta con la leggerezza della composizione di Raffaello. Insomma: se mai ci fosse stata necessità di confermare la straordinaria qualità dell’opera di Raffaello, questo confronto fornisce una prova inequivocabile. Questo primo Dialogo è stato anche l’occasione per iniziare una profonda opera di riallestimento delle collezioni a partire dalle tre sale precedenti a quella dove si trova esposto il capolavoro di Raffaello, Perugino: Sposalizio della Vergine (1501-1504) e dettagli Raffaello: Sposalizio della Vergine (1504) e dettagli 2 ridipingendo le pareti, che ora sono di un bel rosso vivo, migliorando l’illuminazione dei quadri e dotandoli di nuove didascalie più esaurienti e leggibili a distanza: “Le didascalie sono lo strumento attraverso il quale il museo dialoga con il visitatore – commenta Bradburne - perciò devono essere intelligenti, rispettose, garbate, all’occasione divertenti, coinvolgenti e offrire spunti di provocazione. Didascalie leggibili e facilmente comprensibili sono il primo passo per spiegare la logica dell’esposizione al pubblico dei visitatori”. Saranno scritte da autori di chiara fama, non necessariamente addetti ai lavori, ma anche letterati, scienziati, artisti, designer: uno di essi avrebbe dovuto essere Umberto Eco. L’esito di queste prime tre sale è senz’altro in linea con gli obiettivi. Parallelamente al primo Dialogo, viene realizzato un altro componente fondamentale della rivoluzione di Bradburne: il nuovo sito della Pinacoteca. Qui si può ben parlare di rivoluzione non solo per la differenza tra il vecchio e il nuovo sito, oggi a livello dei migliori esempi internazionali, ma anche perché il passaggio è avvenuto in un colpo solo. Tanto per cominciare, una piccola chicca: se ci si collega di lunedì nel bel mezzo della prima videata si legge “Oggi siamo chiusi, ci dispiace”! Più sotto c’è la comunicazione che il nuovo sito è stato messo online il 3 marzo scorso con l’invito a inviare un commento alla direzione del Museo. Oggi sono 600 le opere consultabili, con schede dettagliate e riproduzioni in alta definizione. In futuro sarà accessibile l’intera collezione della Pinacoteca, i disegni, le fotografie e le opere attualmente non esposte. Il nuovo sito è consultabile da computer, tablet o smartphone. Raffaello Sanzio (1483-1520) Pietro Perugino (1450 ? – 1523) Raffaello nasce a Urbino, all’epoca centro artistico molto fiorente. È il padre, buon pittore, a insegnargli ancora bambino i primi rudimenti di tecnica pittorica e a fargli conoscere i tesori artistici conservati a Palazzo Ducale. Nel 1497 lo troviamo attivo nella bottega di Pietro Perugino presso il quale ha una maturazione artistica straordinaria tanto che a soli 20 anni riceve da Città di Castello la commessa per una pala d’altare per la chiesa di San Francesco sullo stesso tema su cui sta lavorando il suo maestro ossia lo sposalizio della Vergine. L’eccezionale qualità dell’opera, conclusa nel 1505, rende evidente quanto l’ambiente perugino sia ormai angusto per il giovane Raffaello, che si trasferisce prima a Firenze, dove stanno lavorando Leonardo e Michelangelo, e poi a Roma, chiamato da papa Giulio II su suggerimento del Bramante. Nella città papale Raffaello dà il meglio di sé sia come pittore (in primis nelle Stanze Vaticane), che come architetto, collaborando tra l’altro alla progettazione della nuova Basilica di San Pietro. Quando muore ha solo 36 anni. Le prime notizie certe di Pietro Perugino risalgono al 1472 quando viene citato a Firenze, attivo nella bottega di Andrea Verrocchio. La svolta nella sua carriera si ha nel 1478 quando viene chiamato a Roma da papa Eugenio IV che gli commissiona opere importanti nella basilica di San Pietro e nella Cappella Sistina. Terminate le commesse papali, il Perugino divide la sua attività tra Roma, Firenze e Perugia mettendo a punto il suo stile caratteristico, specie per i ritratti femminili, che riportano i lineamenti di Chiara Fancelli, la modella che sposa nel 1493. Le richieste sono molte e il Perugino le esaudisce con il supporto di aiutanti e allievi ma l’ispirazione viene meno e le opere si fanno più ripetitive. Così la marchesa di Mantova Isabella d'Este non è soddisfatta della sua tempera Lotta tra Amore e Castità, che gli aveva commissionato per il suo studiolo nel Palazzo Ducale, e papa Giulio II non è soddisfatto dei 4 tondi commissionati per decorare la volta della Stanza dell'Incendio di Borgo in Vaticano. Gli ultimi anni prima della morte (1523) vedono il Perugino al lavoro in piccole cittadine dell'Umbria come Spello, Trevi, Fontignano, lontano dalle capitali dell’arte italiana. Pinacoteca di Brera Informazioni e contatti Pinacoteca di Brera via Brera, 28 – Milano Biglietti Intero € 10,00 Ridotto € 7,00 Ingresso gratuito ogni prima domenica del mese Orari Da martedì a domenica 8.30-19.15 (la biglietteria chiude alle 18.30) Chiuso lunedì Fino al 27 giugno 2016 Prenotazioni Per gruppi, scuole e singoli tel. 02 92800361 www.pinacotecabrera.net 3 Era proprio necessario, dopo quelle del 1973, 1982 e 2006, organizzare a Palazzo Reale una quarta mostra su Boccioni? Certo che sì, risponde il direttore Domenico Pirania. Le ragioni sono molteplici, aggiunge la curatrice Francesca Rossi. Innanzitutto per la qualità e il numero delle opere esposte, che fanno di questa mostra la maggiore mai dedicata a Boccioni, ricca in particolare di 38 dipinti provenienti da 14 tra musei e collezioni private, e di 100 disegni tra cui i 60 della collezione del Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco che erano stati esposti solo una volta 37 anni fa. Secondo punto, non meno importante, è il recente ritrovamento nella Biblioteca Civica di Verona di un gruppo molto cospicuo di documenti che illuminano in modo più preciso il rapporto tra Boccioni pittore e Boccioni individuo, in particolare nel periodo prefuturista, specie se letti insieme ai diari di Boccioni degli anni 1907 e 1908 concessi in prestito dalla Getty Research Library di Los Angeles. La voce più importante di questo ritrovamento è una serie di 24 fogli di cartoncino di grande formato sui quali Boccioni aveva incollato ritagli vari e riproduzioni in modo da creare un album promemoria a suo uso personale, che i curatori hanno battezzato L’Atlante. Vi troviamo le cose più disparate: riproduzioni di opere di Durer, opere esposte alla Biennale di Venezia del 1905, riproduzioni di incisioni di simbolisti contemporanei, ritratti di Petrarca e Dante, riproduzioni di quadri degli artisti più vari, da Leonardo, e Raffaello a Segantini, Previati e artisti pre-raffaelliti. E poi riproduzioni di vasi greci, di statue e manifesti vari. Difficile trarne una chiave di lettura univoca ma sicuramente si tratta di un reperto importante per capire la mente poliedrica di Boccioni meglio di quanto non sia stato possibile prima d’ora. La mostra documenta in modo molto esauriente gli inizi della carriera artistica di Boccioni quando non aveva ancora consolidato il proprio stile caratteristico e l’influenza di altri pittori all’epoca di fama più consolidata. Così la Campagna romana (1903) è esposta a fianco de La fidanzata a Villa Borghese di Giacomo Balla allora in pieno periodo Campagna romana (1903) Al balcone (1911) Officine di Porta Romana (1910) Umberto Boccioni (1882-1916) Umberto Boccioni nasce a Reggio Calabria dove il padre, dipendente statale, è assegnato. Subito dopo la famiglia comincia un vorticoso pellegrinare da una città all’altra: Forlì, Genova, Padova, Catania, dove Umberto si diploma all’istituto tecnico, poi Roma, dove entra nello studio di Giacomo Balla, allora pittore divisionista, con Gino Severini e Mario Sironi. Siamo nel 1903, Boccioni ha 21 anni e i suoi quadri sono divisionisti. Con l’aiuto economico dei genitori riprende a viaggiare, questa volta all’estero: Parigi, Russia, Monaco di Baviera. Nel 1907 arriva a Milano che diventerà la sua città d’elezione. Frequenta Gaetano Previati e la sua pittura diventa simbolista. Incontra Filippo Tommaso Marinetti e Carlo Carrà, riprende contatto con Balla e Severini e insieme scrivono il Manifesto dei pittori futuristi (1909) pubblicato su varie testate italiane e sul parigino Le Figaro. Si concentra sulla rappresentazione dell’urbanizzazione delle periferie, della nascita dell’industria e sullo studio del movimento in opere come Dinamismo di un giocatore di calcio (1911) utilizzando la tecnica della raffigurazione del soggetto in stadi successivi. Nel 1912 è a Parigi per una sua personale dove conosce Apollinaire e viene influenzato dalla pittura di Picasso. Quando l'Italia entra in guerra, Boccioni si arruola volontario nel Corpo nazionale volontari ciclisti automobilisti. Gli bastano pochi mesi per capire che la guerra non è affatto la “sola igiene del mondo” come sosteneva il suo amico Marinetti. Nel 1916, durante una esercitazione a Verona cade da cavallo e muore a soli 34 anni. 4 divisionista, anche se la vivacità delle piccole pennellate di colori diversi ricorda forse maggiormente Segantini (anch’esso molto ben rappresentato nella mostra). Tra gli autori a cui certamente Boccioni si è ispirato troviamo Gaetano Previati, presente con una interessantissima Maternità (1890), e Edvard Munch (interessante in confronto tra la litografia Le onde dell’artista norvegese con la Testa femminile di Boccioni del 1909-10) La presenza in mostra di tanti disegni permette di mettere a fuoco sia il Boccioni grafico, attivo soprattutto nel periodo immediatamente antecedente il periodo futurista ossia negli anni 1907-1910, ma anche a capire meglio il percorso nella mente di Boccioni dall’idea prima alla realizzazione finale delle varie opere. La vicinanza di opere di altri artisti a cui Boccioni si è ispirato, dai simbolisti come Joseph Sattler, Odilon Redon e Félicien Rops, ai classici come Albrecht Dürer, presente con alcune tavole di grande interesse, rende evidente come Boccioni fosse aperto a stimoli e influenze esterne, una vera spugna di tutte le avanguardie. Un altro periodo ben rappresentato, anche grazie ai disegni della collezione del Castello, è quello di transizione verso il futurismo (ricordiamo che il manifesto del Futurismo, alla cui stesura Boccioni ha partecipato in modo significativo, è del 1909). Facendo riferimento alle opere esposte, possiamo partire da Autoritratto (1908) dove sullo sfondo si vede la città che cresce con edifici in costruzione per arrivare in un breve lasso di tempo a Lavoro (La città che sale) del 1910-11, e Al balcone (1911). Ancora un anno ed ecco Elasticità (1912). Negli anni prima della precoce morte, nel pieno della sua attività artistica, per una banale caduta da cavallo, le influenze vengono da Picasso (vedi lo studio per Nudo in piedi e la singolare similitudine tra un bronzo di Picasso -Testa di donna del 1909- e l’Antigrazioso di Boccioni (1913), e dallo scultore ucraino Alexander Archipenko, all’epoca attivo a Parigi nell’entourage di Picasso. In questi anni Boccioni sembra essere soprattutto preso da una vera frenesia per la rappresentazione della figura umana in movimento: in mostra sono esposti numerosi studi, a vari livelli di compiutezza, dai titoli significativi come Voglio fissare le forme umane in movimento (1913) e Voglio sintetizzare le forme uniche della continuità nello spazio (1913)che fanno da cornice al bronzo Forme uniche della continuità dello spazio 1913), universalmente nota perché rappresentata sulla moneta da 20 centesimi di conio italiano. Tra le opere compiute Corpo umano (Dinamismo) del 1913, Dinamismo di un ciclista (1913), Figura (1915), il collage Dinamismo di una testa d’uomo (1915) e Carica di lancieri (1915). Infine, Sintesi plastica di figura seduta (Silvia), una delle ultime opere, dipinta nel 1916, testimonia la tendenza di Boccioni, che non si poté sviluppare, verso lo stile di Cézanne. Ancora una volta Boccioni aveva visto avanti e aveva intuito che il “suo” futurismo era destinato a lasciare il passo ad altre avanguardie. Autoritratto (1908) Crepuscolo (1909) Carica dei lancieri (1915) Umberto Boccioni - Genio e Memoria Milano - Palazzo Reale - fino al 10 luglio 2016 Info e prenotazioni +39 02 92800821 www.palazzorealemilano.it Orari lunedì 14.30-19.30 martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30-19.30 giovedì e sabato 9.30-22.30 Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura Prezzo dei biglietti compreso ingresso al Museo del Novecento intero € 13 ridotto € 11 biglietto famiglia adulto € 11, ragazzi € 7 5 Forme uniche della continuità dello spazio (1913) Con la mostra Joan Mirò, la forza della materia il Mudec festeggia il primo anniversario della sua apertura pro-forma, celebrata in tutta fretta nel marzo del 2015 in modo da precedere l’apertura dell’Expo, mentre la vera apertura, con disponibili tutti servizi e la sezione antropologica, risale allo scorso ottobre. Artista originalissimo, Mirò, dopo essersi rifugiato nella natia Catalogna quando la Germania invase Parigi, proseguì la sua sperimentazione in solitudine anche a guerra finita, voltando le spalle alla comunità artistica di Montparnasse che pure l’aveva apprezzato e sostenuto e di cui per due decenni era stato uno dei protagonisti. Decisione non scontata, visto che all’epoca Parigi era al centro del mondo delle arti. Al Mudec fino all’11 settembre sono esposte 140 opere di vario tipo provenienti nella quali totalità dalla Fundaciò Joan Mirò di Barcellona: oli, dipinti su carta e materiali vari, come legno e stoffa, sculture composte da materiale di recupero e bronzi, disposte lungo un percorso che parte dal 1931 e arriva al 1981, ossia solo due anni prima della morte dell’artista. Particolarmente ricca la sezione delle sculture realizzate con materiale di recupero, molto differenti dalla sculture più tradizionali di Mirò come quella, tanto per intenderci, che da anni fa bella mostra di sé in via Senato, e perciò di particolare interesse. Come ricorda la direttrice della Fundaciò Joan Mirò Rosa Maria Malet, Mirò si autodefinì “un pittore al quale piace lavorare con gli elementi più diversi”. E’ proprio questa caratteristica dell’artista catalano che rende questa mostra particolarmente interessante: basta infatti addentrarsi nelle sale per provare davanti alle opere esposte sensazioni che non si possono trasmettere attraverso riproduzioni. Cambia la materia con cui sono realizzate ma i temi sono ricorrenti: la donna, le stelle, gli uccelli, anche se non è sempre facile riconoscerli. Non si può Due personaggi perseguitati da un uccello (1976) Joan Miró (1893 – 1983) Joan Miró i Ferrà, pittore e scultore surrealista, nasce a Barcellona figlio di un orefice e orologiaio. Su consiglio del padre, intraprende studi commerciali frequentando in parallelo lezioni private di disegno. La svolta definitiva verso la carriera artistica si ha nel 1912 quando si iscrive all'Accademia Galí di Barcellona. La sua prima esposizione personale alle Galeries Dalmau (1918) mostra una chiara tendenza verso il fauvismo. Nel 1920 si stabilisce a Parigi, dove conosce Picasso e il circolo dadaista di Tristan Tzara. In breve il suo stile tende sempre più verso l'astrazione e il surrealismo tanto che André Breton, fondatore di questa corrente artistica, lo descrisse come “il più surrealista di noi tutti”. Nel 1926 collabora con Max Ernst per la scenografia di Romeo e Giulietta e frequenta Max Ernst, Jean Arp e Pierre Bonnard. Nel 1928 la sua esposizione nella galleria Georges Bernheim lo rende famoso. Sempre attratto verso nuove esperienze, Mirò sperimenta la litografia, l'acquaforte, la scultura e la pittura su carta catramata e su vetro. Al momento dell'invasione nazista della Francia Mirò rientra nella casa di famiglia vicino a Tarragona, in Catalogna, con puntate a Maiorca che dal 1956 diventerà la sua residenza principale. Negli anni ’50 si reca più volte negli Stati Uniti dove è molto apprezzato. Nel 1972 Miró crea la Fundació Joan Miró a Barcellona, che oggi conserva il nucleo più significativo delle sue opere. L’età avanzata non frena la sua creatività, che anzi diventa sempre più vivace. Si interessa alla Mail Art, alla scenografia teatrale e alla scultura monumentale: è del ’75 Mere Ubu, il grande bronzo di Via Senato, a Milano, del ‘76 Deux personnages fantastiques (Parigi – La Défense), mentre Dona i ocell (Donna e uccello), che oggi si trova nel parco Joan Miró a Barcellona, è dell’’83. Negli anni ’80 produce centinaia di ceramiche, tra cui i Murales del Sole e della Luna presso l'edificio dell'UNESCO a Parigi. Muore a Maiorca all'età di 90 anni. 6 poi far a meno di notare come la fantasia e la creatività di Mirò non sia diminuita negli ultimi anni della sua lunga esistenza come dimostrano le opere esposte realizzate quando era ormai ottantenne. Difficile suggerire le opere su cui soffermarsi. Potremmo azzardare di dedicare un’attenzione particolare alle molte sculture di piccola taglia, sia perché poco riprodotte nelle pubblicazioni dedicate all’artista dove è più facile trovare citate le grandi sculture destinate agli spazi pubblici, sia perché testimoniano in pratica il modus operandi di Mirò che realizzava le sue opere ispirato da oggetti di uso comune, spesso rotti e scartati. Un altro criterio potrebbe essere quello di soffermarsi sulle opere realizzate su materiale non tradizionale come il legno grezzo o i tessuti perché non molto diffuse nei musei d’arte moderna, anche in quelli più famosi. Tra queste Dipinto, 1960, (olio, grafite, mastice su tavola), Dipinto, 1962, (olio su stoffa) e Personaggio, uccello, 1976 (olio su tavola). Tra le opere più immediatamente riconoscibili come dei Mirò potremmo citare Donna, uccello, stelle del 1942, Due personaggi perseguitati da un uccello (del 1976) e Due amici del 1969. Due amici (1969) La mostra resterà aperta fino all’11 settembre, tutti i giorni, compresi i festivi, dalle 9.30 alle 19.30, tranne lunedì aperta solo il pomeriggio dalle 14.30 alle 19.30 e giovedì e sabato quando la chiusura è posticipata alle 22.30. L’ingresso costa €12 (ridotto €10). Info e prenotazioni allo 02 54917 o su www.ticket24ore.it/ mudec. Cosa trovi in biblioteca Raffaello ALBERTARIO, Marco Raffaello MATTIOLI ROSSI, Laura Boccioni pittore, scultore, futurista PALAZZESCHI, Aldo Boccioni DAVICO BONINO, Guido Raffaello, il pittor divino DE VECCHI, Pierluigi Lo "Sposalizio della Vergine" di Raffaello Sanzio Mirò AA:VV Joan Mirò - 1893-1993 GIRARDI, Monica Raffaello, la ricerca della perfezione e la tenerezza della natura ABBATI, Gina Chagall e Mirò nel giardino dei colori CAMARA LOPEZ, Elvira Mirò, l'impulso creativo REALE, Giovanni La "Scuola di Atene" di Raffaello DEL PUPPO, Alessandro Dalì e il surrealismo THOENES, Christof Raffaello DE PERETTI, Yves Miro - la metamorfosi delle forme (DVD) Perugino CASTELLANETA, Carlo Perugino ERBEN, Walter Joan Mirò, 1893-1983: l'uomo e la sua opera ZERI, Federico Sposalizio della Vergine LUBAR, Robert Mirò ZUFFI, Stefano Perugino PAINI, Dominique Chagall-Mirò Boccioni CAPPA, Cristina Una storia blu oltremare UZZANI, Giovanna Henry Moore e la fortuna della scultura en plein air MASOERO, Ada Umberto Boccioni - La città che sale 7 Biblioteca Comunale La Biblioteca Comunale di Segrate, presente sul territorio dal 1970, garantisce a tutti i cittadini la possibilità di informarsi attraverso la consultazione e il prestito di libri, quotidiani, periodici, dvd, cd musicali, cd-rom e risorse digitali. In biblioteca è possibile navigare in internet da postazioni multimediali fisse oppure attraverso la rete wireless gratuita e accedere alla biblioteca digitale per consultare online quotidiani italiani e stranieri, banche dati professionali, risorse audio e video, e-book. Nel mese di aprile ci sarà un doppio appuntamento per il ciclo Vicini di pagina. Infatti martedì 12 aprile, nella Sala Polifunzionale del Centro Civico "G. Verdi", via XXV Aprile, Segrate, saranno presentati due libri: La biblioteca organizza iniziative per promuovere la lettura coinvolgendo lettori di tutte le età, dai bambini agli adulti, e favorisce lo scambio tra culture diverse e l’accesso alle risorse informative e culturali da parte di tutti i cittadini, senza distinzione di età, razza, sesso, religione, nazionalità, lingua o condizione sociale. Diario 95 di Piero Coda Trucioli di Mondo di Andrea Cardinali. La Biblioteca Comunale di Segrate fa parte di CUBI, Culture Biblioteche, rete di 70 biblioteche in grado di offrire un catalogo di oltre un milione di documenti tra libri, riviste, film e musica che possono essere selezionati e ordinati tramite il catalogo online e l’app SBVinTasca che permette di accedere da smartphone a tutti i servizi della biblioteca. Saranno presenti gli autori Coordinerà l’incontro Roberto Spoldi, Bibliotecario e responsabile del Gruppo di lettura di Segrate Letture a cura di Noemi Bigarella Tra i servizi online disponibili si segnalano MediaLibrary, che permette tra l’altro il prestito di e-book, e Bibliomediablog, blog delle biblioteche digitali pubbliche. Scopri le nuove regole valide in tutte le biblioteche di CUBI: Regole di CUBI Si inizia alle 18.30 Ingresso libero Biblioteca Comunale - Sede centrale Centro Civico Giuseppe Verdi - Via XXV Aprile 20090 Segrate In collaborazione con D COME DONNA Associazione di Promozione Sociale Centro d’ascolto, informazione, consulenza, solidarietà Tel. /Fax 02 2133039 Tel. 02 26902374 / 02 26902366 [email protected] [email protected] Seguici su facebook www.dcomedonna.it 8