Monastero di Bose - Commento al Compendio del Catechismo

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Commento al Compendio del Catechismo - 31
Famiglia cristiana, 24 marzo 2013
di ENZO BIANCHI
Biblicamente, la contemplazione non è visione di Dio – perché “chi vede Dio muore” (cf. Es 33,20) –, ma è uno
sguardo nuovo su tutto e su tutti. “Noi camminiamo nella fede e non nella visione” (2Cor 5,7), afferma Paolo
Famiglia cristiana, 24 marzo 2013
ENZO BIANCHI
Che cos’è la preghiera contemplativa?
La preghiera contemplativa è un semplice sguardo su Dio nel silenzio e nell’amore. È un dono di Dio, un momento di
fede pura, durante il quale l’orante cerca Cristo, si rimette alla volontà amorosa del Padre e raccoglie il suo essere sotto
l’azione dello Spirito. Santa Teresa d’Avila la definisce un intimo rapporto di amicizia, “nel quale ci si intrattiene spesso
da solo a solo con Dio da cui ci si sa amati”.
(Compendio del Catechismo n. 571)
“Contemplazione” è una parola classica del vocabolario cristiano. È però anche una parola abusata, spesso impiegata
per indicare una specializzazione particolarmente elevata dell’esperienza cristiana da contrapporsi alla “vita attiva”: in tal
modo si crea uno schematismo che lacera la fondamentale unità e semplicità dell’esperienza cristiana.
Biblicamente, la contemplazione non è visione di Dio – perché “chi vede Dio muore” (cf. Es 33,20) –, ma è uno sguardo
nuovo su tutto e su tutti. “Noi camminiamo nella fede e non nella visione” (2Cor 5,7), afferma Paolo; ciò significa che
nella fede Dio non si fa vedere a noi, e tuttavia egli si manifesta, secondo la promessa di Gesù: “Chi ama me sarà amato
dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Gv 14,21). Tale manifestazione non avviene però, come si è
detto, attraverso la visione, né in una conoscenza teorica o intellettuale, ma in una comunicazione interiore della potenza
divina: Dio svela il suo disegno di salvezza, il suo amore per tutti gli uomini. Ecco dunque l’autentica contemplazione
cristiana: fissare lo sguardo sull’amore di Dio fino a vedere, per grazia, tutta la realtà con i suoi occhi. Allora Dio brilla nei
nostri cuori e noi partecipiamo al suo sguardo su tutta la storia e su tutte le creature: il nostro occhio diventa un occhio
contemplativo, pieno di amore e di misericordia…
E così ci è data la magnanimità di Dio (cf. Rm 2,4; 9,22; 1Pt 3,20; 2Pt 3,15), il vedere, il sentire, il pensare in grande ogni
cosa, ogni creatura, anche la più disgraziata, anche quella più segnata dal peccato e più ferita nella sua somiglianza con
Dio: questo è il vero discernimento, che ha come frutto l’“apocalisse”, ossia la rivelazione del senso profondo di tutte le
cose. Chi prega in questo modo diventa capace di vedere oltre, di vedere ogni cosa con uno sguardo trasfigurato: egli
vede che tutto è dono di Dio e perciò acquisisce le sue viscere di misericordia (cf. Lc 1,78), anche di fronte al male e al
peccato che contraddicono l’amore.
Al termine della sua vita di preghiera san Benedetto, stando alla finestra e fissando l’occhio nelle tenebre della
notte, scorse una luce che scendeva dall’alto e fugava l’oscurità. In quella visione – scrive il suo biografo – “il
mondo intero fu posto davanti ai suoi occhi come raccolto in un unico raggio di sole”. Così vede il mondo il
contemplativo: con grande misericordia, con profonda compassione. In una parola, con lo sguardo di Dio.
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