Il vuoto creativo Incroci tra arte, filosofia, letteratura, psicoanalisi, scienze e spiritualità A cura di Matteo De Simone e Anouck Vecchietti Massacci Atti del convegno Monastero di Fonte Avellana 26-28 aprile 2013 Formato: 17x24 Pagine: 196 Prezzo: € 18,00 Isbn: 978-88-97142-42-3 Editore: Nicomp Laboratorio Editoriale Firenze www.nicomp-editore.it [email protected] La parola vuoto ha spesso una accezione negativa, ma in realtà non esiste alcun pieno se prima non c’è un vuoto; ricordiamo l’oscillazione nella radice della parola vacare, che significa esser vuoto e insieme avere il tempo di compiere un’azione determinata. Spesso si collega il vuoto al silenzio, ma per i filosofi greci il silenzio costituisce il terreno su cui può germogliare una parola sapiente, si è parlato talvolta di una sorta di «passività feconda», quella sorta di passività che conoscono solo le madri e coloro che sono abituati a lavorare la terra. In questo periodo storico, dove a farla da padrone è l’eccesso del troppo, del pieno, del continuo stimolo percettivo non è solo opportuno, ma fondamentale - come tra una struttura e l’altra, tra un accordo e l’altro- e imperativo che esista e si prolunghi la presenza d’un momento o d’un segmento-spaziale (ma anche temporale) riservato al vuoto creativo. L’intervallo è un fattore generatore di vita e di qualsiasi evento connesso ad essa [...]. [...] In fondo anche la vita stessa nasce da un vuoto; l’utero che è una istanza creatrice, ma è tutta la natura come lucidamente scrive lo psicoanalista Masud Khan nel suo lavoro sul «Campo lasciato a maggese» che ricorda come la sospensione, l’assenza di dinamica sia fondamentale per la ripresa di ogni attività creatrice e produttività. Perfino nelle leggende fondative del mondo al vuoto, al desertico spazio, sussegue attraverso l’atto divino la costituzione del mondo.