Ugo Grozio Il potere dell`Autorità Sovrana in ordine alle

Filosofia
Ugo Grozio
Il potere dell’Autorità Sovrana in ordine alle cose sacre
1647
PERCHÉ LEGGERE QUESTO LIBRO
Il potere dell’Autorità Sovrana in ordine alle cose sacre è uno scritto giovanile di Ugo
Grozio, composto tra il 1614 e il 1617 ma pubblicato solo trent’anni dopo. L’opera
rappresenta una vivida testimonianza dell’ambiente entro il quale il pensatore di Delft
sviluppò la sua formazione intellettuale. Egli si concentra su una tematica focale del suo
tempo: le dispute religiose nell’Olanda del Secolo d’oro. Il suo auspicio era quello di veder
realizzati i principi di tolleranza e pacifica convivenza. Egli vedeva nell’autorità civile l’unica
istituzione capace di garantire la pace e di assicurare la libera espressione di ogni credo.
Con queste riflessioni Grozio aprirà quindi la strada alle elaborazioni successive di Hobbes
e di Spinoza.
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PUNTI CHIAVE

Solo dando il potere a un’autorità civile imparziale si può garantire la pace e la
libera espressione di ogni culto.

Il potere dell’Autorità Sovrana si deve estendere anche alle cose sacre.

Le obiezioni che di norma vengono poste al potere dell’autorità civile in ordine alle
cose sacre non reggono a una critica scritturale, filosofica, giuridica.

Anche se vi possono sovrapposizioni e punti di contatto tra questioni sacre e
profane, l’Autorità Sovrana non è un governo teocratico.

L’esercizio del potere dell’Autorità Sovrana è limitato dalla legge divina e naturale.

Solo le manifestazioni esteriori del culto sono regolate dall’autorità civile, non
quelle interiori.
RIASSUNTO
Il contesto
Questa edizione dell’opera è preceduta dal Decreto degli Ordini di Olanda del 1614 e dalla
Difesa del Decreto del 1614 che servono come necessaria introduzione all’intera
questione. Il Decreto del 1614 è l’atto con il quale gli Ordini dei Paesi Bassi, in un quadro
già teso per la situazione di guerra con la Spagna cattolica, definiscono d’imperio,
attraverso un documento pubblico, il diritto dell’autorità civile di sanare i contrasti intorno
alle cose sacre. Grozio difende il Decreto del 1614 mettendo in luce non solo i suoi
fondamenti biblici, ma soprattutto la sua impostazione umanistica, laica e civile, in
funzione dell’importantissima necessità di una pacificare gli odi religiosi.
La vita olandese era funestata infatti dalla contrapposizione tra le due principali fazioni del
calvinismo: quella dei discepoli di Arminio, più inclini alla tolleranza, e quella dei discepoli
di Gomar, più estremisti e intransigenti. Questi ultimi rappresentavano la maggioranza e
premevano per la convocazione di un Sinodo che ristabilisse l’uniformità. Gli arminiani,
anche perché minoritari, si appellavano invece all’autorità civile quale arbitro della
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vertenza.
Fin dal 1613 Grozio, entrando come curatore delle questioni ecclesiastiche all’interno
degli Stati Generali, si era accollato la responsabilità di dirimere come giurista l’intricata
situazione. In questo contesto preparò Il potere dell’Autorità Sovrana in ordine alle cose
sacre, che avrebbe dovuto fornire il materiale giuridico e teologico per rendere operativo
il programma di controllo dell’autorità civile sulle dispute religiose, oltre che una teologia
minima ed essenziale che riducesse i fondamenti dogmatici del Cristianesimo a pochi
elementi condivisi.
Nel Sinodo di Dordrecht degli anni 1618-1618 le tesi gomariste prevalsero su quelle
arminiane. Grozio venne arrestato e condannato all’ergastolo. Non molto tempo dopo gli
arminiani ottennero una piena tolleranza, ma Grozio, anche a motivo della sua
rocambolesca evasione, si rifugiò a Parigi componendo qui la sua opera più illustre, il De
iure belli ac pacis.
L’Autorità Sovrana ha potere sulle cose sacre
Per Autorità Sovrana Grozio intende la persona o l’assemblea che governa sopra un
popolo: non la funzione, ma un individuo (Re assoluto), un gruppo (ottimati), un Senato o
i membri di un Ordine; non delle astrazioni, ma degli esseri umani che concretamente
detengono il potere. Questa Autorità ha potere anche sulle cose sacre in virtù
dell’universalità delle sue competenze, come confermano sia l’autorità delle Scritture che
quella della ragione naturale. Le cose sacre hanno anche un fine universale, ed ancora una
volta sono le Sacre Scritture e la testimonianza dei filosofi a darcene atto ed a suffragare il
primato dell’autorità sopra esse. È molto significativo, particolarmente in un’epoca di
divisioni confessionali e settarie, che Grozio invochi a conferma delle sue posizioni il
consenso dei Padri, dei Riformati e persino dei Cattolici romani, in particolare di due
autori come Vitoria e Suarez.
L’Autorità Sovrana ha quindi diritto di comando sulle cose profane e sulle cose sacre. Nella
prospettiva del giurista olandese, infatti, l’ambito di comando riservato all’Autorità
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Sovrana, vale a dire al potere giurisdizionale civile, è ampia, ma con delle precise
limitazioni. Non è possibile al potere sovrano, per esempio, ordinare cose vietate a Dio,
così come non è possibile vietare cose che Dio ha ordinato. Anche se all’Autorità Sovrana è
riconosciuto un vasto potere, questo ambito di comando è regolamentato dagli steccati
del diritto naturale e del diritto divino. Essa pertanto non emanare leggi che contrastino
con questi principi.
Il potere civile sulle cose sacre finisce inevitabilmente per sovrapporsi o avere punti di
contatto con il potere sulle cose profane. In ogni caso i due ambiti restano separati, e non
si crea nessun governo teocratico. L’idea di Grozio è quella di permettere lo sviluppo di
una società dove il potere civile è arbitro imparziale, ma cogente, di quasi tutte le
questioni, lasciando però intatta la fondamentale libertà di espressione e di culto.
Il filosofo di Delft, chiaramente influenzato da una situazione in cui gli opposti estremismi
religiosi e schieramenti politici avevano suscitato disordini, caos e violenza, non riconosce
agli individui o ai gruppi un diritto di resistenza all’autorità civile che si concreti
nell’impiego della forza in nome di questioni religiose.
Confutazione di obiezioni e dimostrazioni conseguenti
In questo trattato Grozio mostra tutta la sua abilità nel reperimento delle autorità
scritturali e patristiche che supportano le proprie posizioni. Questo sforzo, richiesto anche
dalla materia oltre che dall’agone cui doveva essere sottoposta l’opera, ci mostra una serie
di obiezioni al potere dell’Autorità Sovrana in ordine alle cose sacre o di più stretta
pertinenza ecclesiastica.
Quanto viene mostrato, con dovizia di dettagli e con una quantità notevole di
testimonianze, è la confutazione di alcune delle più comuni obiezioni per giungere ad un
approdo ben definito: il potere civile, il magistrato, l’Autorità Sovrana hanno
irrefutabilmente, convenientemente e inattaccabilmente il sostegno delle Sacre Scritture,
dei Padri della Chiesa, di testimonianze storiche di autori classici e di teorici del diritto.
Grozio inoltre non manca di evidenziare come ai pastori non spetti né il potere di
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obbligare né quello coattivo. Il loro unico potere di governo è quello basato sulla
persuasione e sulla spiegazione.
La subordinazione delle questioni sacre all’Autorità Sovrana, osserva lo studioso olandese,
non compromette la fondamentale libertà di esercizio di culto, ma disciplina gli atti esterni
del culto stesso. Pertanto non è certo la vita interiore del credente ad essere messa in
pericolo dalla soluzione proposta, né essa va intesa come la premessa per un possibile
sconfinamento dello jus civile sullo jus sacrum.
Condizioni per la retta applicazione
Una volta che si è stabilito che all’Autorità Sovrana spetta il potere in ordine alle cose
sacre, restano ora da considerare le problematiche che possono insorgere. Innanzitutto vi
sono alcune precondizioni per l’esercizio del potere, come la competenza, la rettitudine e
la pietas, ossia quell’insieme di caratteristiche specifiche che dovrebbero indurre a non
dimenticare mai la legge di Dio.
Empietà e superstizione devono essere respinte in sommo grado dal potere civile che si
occupa delle cose sacre, a testimonianza del fatto che nell’orizzonte dell’Autore, sia esso
pur dominato dall’assolutezza del dominio di diritto della giurisdizione laica, non
prescinde mai da una visione etico-religiosa. Grozio, in questo solco, delinea degli espliciti
doveri dell’Autorità Sovrana quando si applica al potere intorno alle cose sacre. Egli
afferma che il potere civile deve ascoltare i pastori più pii e sapienti, cioè i padri della
chiesa di notoria e santa fama. In questo modo configura una solida concatenazione tra
potere civile e chiesa (che è quella, giova ricordarlo, riformata di osservanza calvinista) in
una mutua cooperazione che risulti proficua sia per l’uno che per l’altra.
Nel paragrafo conclusivo del capitolo sesto l’autore si interroga se l’Autorità Sovrana sia al
di sopra o al di là delle leggi del diritto positivo che essa stessa emana. Non vi è nessun
potere o nessuna legge che sia superiore all’Autorità Sovrana, ad eccezione della Legge
divina e naturale. La cornice entro cui si sviluppano le considerazioni di Grozio sono molto
chiare: se da un lato viene riconosciuta l’autonomia della ragione naturale dalla
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prospettiva rivelata e religiosa, da un altro lato la verità rivelata non si oppone, ma
facilita l’uso autonomo della ragione naturale.
L’esercizio legislativo intorno alle cose sacre
Grozio riconosce poi il diritto del sovrano di scegliere la religione di pertinenza per il
territorio a lui soggetto. É l’idea che era stata espressa nella formula icastica cuius regio,
eius religio dopo la Pace di Augusta e che dal giurista olandese viene difesa e corroborata
in nome della difesa dell’ordine e della pace. La massa rilevante di eventi che riguardano
la religiosità rappresenta indubbiamente un collante (oppure un detonatore) sociale di cui
il potere è sempre stato ben consapevole. Pertanto il dominio su di essa, o quanto meno il
suo controllo, rappresentano un aspetto che la sovranità ha sempre perseguito. Il
fenomeno è tanto più evidente nell’età moderna, che è il momento decisivo della
comparsa dello Stato, oltre che delle grandi problematiche religiose dell’Europa postriforma.
Grozio ha fornito, con quest’opera, una soluzione precisa alle problematiche del suo
tempo e del suo ambiente: il potere politico deve occuparsi della tutela, del controllo e
della disciplina degli aspetti esteriori del culto e della religiosità. In questo modo, a suo
avviso, veniva eliminata la possibilità di dissidi, destabilizzazioni e discordie, mentre la
coscienza individuale poteva esprimere una fede autentica in un clima di pace e sicurezza.
La casistica legislativa che il filosofo di Delft elabora intorno al complesso meccanismo di
tutela che il potere civile deve detenere riguardo alle cose sacre è ampia e stratificata. A
fondamento di questa impostazione vi è comunque l’istanza tipicamente riformata della
ricerca individuale della verità e l’inflessione umanistica della ricerca di pace e tolleranza
che risale ad Erasmo e giunge ad Arminio. Siamo ancora all’interno di una giustificazione
divina del potere dell’Autorità Sovrana, un ambito cristiano ed una finalità di edificazione
del bene comune, della pace civile e della concordia religiosa che sono ben inscritti in un
filone legato alla tradizione. Le vere cesure si apriranno con lo sviluppo successivo del
pensiero di Grozio, e con autori quali Hobbes e Spinoza.
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CITAZIONI RILEVANTI
Definizione di Autorità Sovrana.
«Per Autorità Sovrana intendo la persona o l’assemblea che governi su di un popolo che
non abbia che Dio al di sopra di sé. Dunque ci serviamo del termine “Autorità Sovrana”
non per indicare il potere in se stesso, come talvolta si è soliti fare, ma per designare il
detentore del potere, come si è soliti dire presso i Latini ed i Greci … Ho detto “persona” o
“assemblea”, per far capire che con questo nome indico non solo i re propriamente detti,
che i più chiamano “assoluti”, ma anche gli ottimati in una repubblica aristocratica, così
come il senato, ed egualmente gli ordini, o con qualunque altra denominazione essi
vengano designati» (p.13).
Ulteriore precisazione.
«Questa autorità sottoposta solo a Dio, i Greci la chiamano “dominio”, Aristotele la
designa “potere assoluto”, Filone “sommo potere”, altri ancora “potestà”. Alcuni alla
latina, l’hanno designata con il termine “Majestatem”» (p. 14).
Il punto centrale.
«Asseriamo che il potere di questa “Autorità Sovrana” così definita, si estende non solo in
ordine alle cose profane, ma anche a quelle sacre … Paolo ha detto che “ognuno deve
essere sottomesso all’Autorità Sovrana” (Rom.XIII)”» (p. 14-15).
Cuius regio eius religio.
«In nessuna cosa risplende di più la potenza dell’Autorità Sovrana che dal fatto che
dipende dal suo arbitrio quale religione sia praticata pubblicamente, e tutti coloro che
hanno scritto di politica considerano questo diritto come il più importante fra quelli della
sovranità» (p. 157).
La funzione auspicabile.
«Costantino, temendo il pericolo di uno scisma, eliminò tutte le inutili controverse
questioni … e voglia il cielo che lo imitino anche coloro che attualmente detengono
l’Autorità Sovrana» (p. 162).
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L’AUTORE
Huig van Groot nacque a Delft nel 1583 ed è considerato il padre fondatore, insieme a
Francisco de Vitoria ed ai teologi della Scuola di Salamanca, del diritto internazionale
basato sulle fondamenta del diritto naturale. La sua formazione, contraddistinta dalla
precocità intellettuale e dal prestigio ottenuto fin dalla giovanissima età, è quella di un
giurista e filosofo immerso nell’atmosfera per certi versi straordinaria ed incandescente
del primo Secolo d’oro olandese. Siamo negli anni della guerra con la Spagna e nel pieno
delle dispute teologiche interne al campo riformato, con conseguenze dirette sulle
posizioni politiche. Sostenne le posizioni degli Stati Generali delle Province Unite contro le
pretese di Maurizio di Nassau, e dopo la sconfitta del partito arminiano dopo il Sinodo di
Dordrecht venne imprigionato proprio per volere dello Staatholder. Condannato
all’ergastolo, riuscì ad evadere dal castello-prigione di Loevenstein grazie alla moglie che,
mediante una cassa di libri, pianificò le fasi della fuga. Si rifugiò a Parigi e qui, nel 1625,
diede alle stampe il De jure belli ac pacis, la sua opera più nota, uno dei testi principali
della riflessione moderna sulla guerra, sul legame tra le nazioni e sul diritto naturale. Morì
a Rostock nel 1645, dopo aver ricoperto incarichi diplomatici importanti.
NOTA BIBLIOGRAFICA
Ugo Grozio, Il potere dell’Autorità Sovrana in ordine alle cose sacre, Edizioni del Cerro,
Tirrenia (Pisa), 1993, p. 609, a cura di Lucia Nocentini.
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