La «sana follia» di Paolo Virzì
- Giovanna Branca, ROMA,07.05.2016
Incontri. Il regista toscano presenta il nuovo film, «La pazza gioia», che sarà presentato il 14
maggio alla Quinzaine a Cannes e dal 17 nelle sale italiane
La chiamata da Cannes è giunta inaspettata per Paolo Virzì, che con il suo La pazza gioia è stato
selezionato per il concorso della Quinzaine des Realisateurs dove il film verrà proiettato il 14 maggio,
per poi arrivare sugli schermi italiani tre giorni dopo, il 17. «Avevamo già i manifesti e i trailer
pronti che indicavano l’uscita in sala il tre marzo», dice il regista che sarà al Festival francese per la
prima volta. «Cannes è una calamita per l’ego dei registi scherza per cui abbiamo cambiato i nostri
programmi in corso d’opera. Sono contento di condividere la selezione con un monumento del
cinema italiano come Marco Bellocchio e anche con un nostro allievo, che io e Francesca Archibugi
abbiamo selezionato al centro sperimentale di cinematografia: Claudio Giovannesi».
La sceneggiatura di La pazza gioia è stata scritta a quattro mani dal regista proprio con Francesca
Archibugi: «La prima persona ricorda Virzì a cui ho raccontato la mia idea». Un’idea nata durante
le riprese del Capitale umano, il suo film precedente interpretato anch’esso da Valeria Bruni
Tedeschi, protagonista insieme a Micaela Ramazzotti di La pazza gioia. «Durante una visita di
Micaela sul set mi è rimasta impressa l’immagine di lei che camminava mano nella mano con Valeria,
seguendola con un’espressione al contempo di fiducia e terrore».
Nel film selezionato a Cannes, Beatrice (Bruni Tedeschi) e Donatella (Ramazzotti) si conoscono in
una comunità terapeutica per donne con disturbi psichiatrici: «I ’matti’ mi hanno sempre incuriosito
spiega il regista non bisogna avere paura di loro, ma di chi ha paura della pazzia». Pur se
diversissime tra di loro o forse proprio per questo le due un giorno scappano insieme come Thelma
e Louise anche se, dice Virzì, «di quel film mi ricordo solo il finale». Il riferimento, più che altro, «è
alla Blanche Dubois di Un tram che si chiama desiderio di Tennessee Williams, specialmente per il
personaggio di Beatrice». E Valeria Bruni Tedeschi aggiunge di aver pensato anche a Cate Blanchett
in Blue Jasmine di Woody Allen.
«Amo molto i personaggi femminili spiega il regista ma soprattutto quando si tratta di donne
’sbagliate’, escluse, stigmatizzate, non di figure virtuose». Dall’incontro e dalla fuga di Beatrice e
Donatella «nasce una grande euforia», continua Virzì. «È come una fortissima terapia che le due si
fanno a vicenda».
Dal momento in cui le due protagoniste scappano il film diventa con le parole dell’autore una
«commedia avventurosa». Ma ci sono anche dei momenti psichedelici: «Per raccontare la follia,
l’inquietudine, la percezione alterata della realtà». «Ma soprattutto è un film realista conclude Virzì
perché tutto ciò che accade è possibile, anche se attraversato da situazioni fiabesche».
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