La regista si misura con un adattamento complesso, con esito altalenante, ma con alcuni momenti di rara intensità Marianna Cappi * * 1/2 - Simon si sveglia all'alba tra le braccia della sua ragazza, Juliette. Infila la bici e poi la tavola da surf. Il momento è magico, l'onda perfetta. Poco dopo, mentre dorme sul sedile anteriore dell'auto di un amico, un grave incidente lo spedisce in coma. Il medico dell'ospedale di Le Havre deve far capire ai genitori del ragazzo che è morto, anche se il suo cuore batte ancora. Il giovane Thomas deve parlare loro della possibilità di donare gli organi. Intanto, a Parigi, il cuore di Claire si va ingrossando rapidamente e non le resta che sperare in un trapianto a breve termine. La regista di Suzanne si sfida in un film non facile, e non solo per la grande, spesso entusiastica accoglienza che ha contornato il romanzo di Maylis de Kerangal, ma per la natura del testo stesso, che non le dà modo di aggrapparsi alla dimensione degli eventi, ridotta al minimo, e le domanda, per contro, una prestazione particolare sul fronte della traduzione, dalla scrittura al cinema. L'adesione della Quillevere alla sfida è totale, palpabile. L'esito altalenante. A tratti, il film tocca corde di notevole intensità, ma sono momenti che vanno e vengono, come le onde. La sequenza iniziale, con il tunnel d'acqua che ingloba Simon in un'altra dimensione, affascinante e misteriosa, anticipando il tubo della Tac e quello che verrà; il viaggio notturno dei giovani chirurghi da Parigi a Le Havre e ritorno, con un cuore tra loro, dentro un barattolo; l'attesa che il motore della vita riparta, trovi o meno il giusto ritmo nella nuova cassa di risonanza: immagini che inducono a trattenere il respiro e dicono più e meglio delle domande esplicite (com'è possibile che sia morto se il suo corpo vive ancora?) Nei suoi punti di forza, e specie nella lunga parte in sala operatoria, il film parla della cura: dell'attenzione, della precisione e della dolcezza del gesto che richiede, con un evidente paradosso, il più violento e sanguinoso intervento dell'uomo su un suo simile. Della chirurgia del cinema. Della virtù della serietà. Del mistero dell'attimo, che contiene il tempo intero, e del tempo, che non sta fermo, viaggia avanti e indietro in continuazione. Nelle sue parti più deboli, invece, s'intrattiene con i genitori, abbozza personaggi che perde per strada o che hanno scarsa ragione d'esistere (l'infermiera che si dichiara a tale Bruno, la pianista) e ci trapana le orecchie con una colonna sonora invadente e molesta. www.mymovies.it