istituto d`istruzione superiore soleri – bertoni

annuncio pubblicitario
ISTITUTO D’ISTRUZIONE SUPERIORE SOLERI – BERTONI
LICEO DELLE SCIENZE UMANE
SALUZZO (CN)
BARBAGIANNI SARA
III B
IL SOCIALE COME SCIENZA
DOCENTE REFERENTE: PROF.SSA Nadia Miretto
L’EVOLUZIONE DELLA PUBBLICITA’
Renata Metastasio, “Bambini e Pubblicità”, Carocci
Il dizionario fornisce diverse definizioni sulla pubblicità, tra cui “qualsiasi forma di annuncio diretto al pubblico
per scopi commerciali”. Sì, questa è la caratteristica peculiare della pubblicità televisiva di oggi. Agli esordi
non era esattamente così. La pubblicità televisiva in Italia nasce nel 1957, con il debutto di Carosello, che
significa torneo. Il Carosello raggruppava alcune storielle, che prevedevano una parte più lunga di
spettacolo, che spesso non era pertinente al prodotto pubblicizzato, e una parte di breve durata riservata al
bene da vendere. Questo tipo di pubblicità era gradito dagli adulti, ma soprattutto dai bambini. Questi ultimi
non perdevano mai l’appuntamento serale di Carosello per i racconti brevi, lineari e a lieto fine. Inoltre i
racconti erano delle fiabe, in cui il bambino si riconosceva nei personaggi, attivando così un processo di
identificazione, funzionale allo spettatore per risolvere un suo problema. Insomma le gente era più che altro
interessata alla visione dello spettacolo e non al messaggio pubblicitario. Per i primi anni, la televisione
italiana aveva molto a cura l’istruzione del popolo italiano, e quindi l’obiettivo fondamentale era di insegnare
ed educare, divertendosi.
Alcuni hanno valutato in modo assolutamente negativo il Carosello, sostenendo che l’unico scopo era quello
di valorizzare il superfluo, con l’interesse rivolto esclusivamente al consumismo. Non condivido
assolutamente questa critica, anzi sarei favorevole per una valutazione opposta, proprio perché il racconto
della favola era la parte più gradita.
Nel 1977 finisce il Carosello per diversi motivi: costava troppo e non traeva nessun beneficio economico,
perché l’attenzione era focalizzata sullo spettacolo e non sul prodotto in vendita; non era esportabile
all’estero, perché i filmati rappresentavano una situazione tipicamente italiana.
Nasce, così, lo spot, una nuova forma di pubblicità brevissima, ripetitiva e martellante, la cui unica
prerogativa è quella di persuadere a comprare il prodotto. Le “vittime” principali sono i bambini, i quali non
hanno ancora sviluppato una capacità critica sufficiente per distinguere ciò che è bene e ciò che non lo è.
Nello spot la presenza di persone sorridenti in un clima di serenità, in cui tutto si può facilmente ottenere e
risolvere, attira il bambino. Vengono adoperate alcune strategie con il fine di convincere il bambino ad
acquistare il bene. Queste tecniche riguardano i personaggi, la musica e i colori. I protagonisti sono coetanei
del destinatario, ciò favorisce l’attivazione del processo di identificazione, e il desiderio di comprare il
prodotto accresce nel vedere il bambino soddisfatto per l’acquisto. Compaiono anche i cosiddetti “influenti”,
cioè personaggi carismatici e famosi che conferiscono al messaggio maggior veridicità. Sempre più
frequente è la pubblicità con personaggi di cartoni animati o di fiabe, in cui il bambino, identificandosi con un
personaggio, capisce come risolvere un problema difficile. La pubblicità odierna presenta non solo una
situazione rassicurante, ma anche evasiva, proponendo situazioni paradossali, in cui occorre poco per porre
fine a tutte le difficoltà. La musica e i colori sono differenti a seconda del target. Quest’ultimo indica la parte
di pubblico a cui il messaggio pubblicitario si rivolge. In genere per tutti i target viene inserita una musichetta
orecchiabile, rapida, allegra, facilmente ricordabile, chiamata jingle. Quando mi capita di vedere spot che
pubblicizzano giocattoli femminili e maschili noto proprio la differenza tra i due stili di comunicazione. Per il
target maschile spiccano effetti visivi che appaiono all’occhio incredibili, colori caldi e vivaci che
impressionano lo spettatore, accompagnati da una voce maschile aggressiva; per il target femminile le voci
sono più dolci, che persuadono ad acquistare il prodotto, come se, così facendo, esaudissero tutti i loro
desideri. Sono poche le pubblicità in cui esiste l’interazione tra maschi e femmine, in cui è più importante il
fare, la creatività e lo sviluppo delle attività cognitive. Personalmente sono contro la pubblicità televisiva
moderna, perché promuove solo l’interesse verso il possesso e il consumo, facendo credere che l’avere sia
meglio dell’essere. Tuttavia, non tutto è da gettare via. Infatti se si spegne per un attimo il sonoro, e si presta
attenzione solo alle immagini, si può convenire che la pubblicità gode di una certa bellezza artistica. Tutto il
resto è puro consumismo. Mi viene in mente di aver sentito uno slogan pubblicitario che recitava “Più compri,
più guadagni!”. Sì, da quando? Occorre educare, quindi, ad un consumo critico.
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