Buchi Neri Supermassicci - Dipartimento di Fisica e Astronomia

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BUCHI NERI SUPERMASSICCI IN GALASSIE
Corso di Astrofisica Generale Mod.B - A.A. 2008-2009
Alessandro Pizzella
Dipartimento di Astronomia
Università di Padova
Dicembre 2008 v2.0
1
Contents
1 I buchi neri: Aspetti Teorici
1.1 Generalità dei BHs . . . . . . . . . . . .
1.2 Raggio di Schwarzschild . . . . . . . . .
1.3 BHs supermassivi nei nuclei delle galassie
1.4 Densità degli SMBH . . . . . . . . . . .
1.5 Raggio di influenza . . . . . . . . . . . .
2 La
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
2.6
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5
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8
misura della massa dei SMBH
Emissione X . . . . . . . . . . . . . . . . . .
SMBH nella Via Lattea (moti propri stellari)
Il maser d’acqua in NGC 4258 . . . . . . . .
Cinematica del gas ionizzato . . . . . . . . .
Cinematica stellare . . . . . . . . . . . . . .
Reverberation mapping . . . . . . . . . . . .
2.6.1 Modello unificato di AGN . . . . . .
2.6.2 Il time-lag . . . . . . . . . . . . . . .
2.6.3 La misura della massa del SMBH . .
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3 Relazioni di scala
25
3.1 Relazione MBH − σ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
3.2 Relazione MBH − LT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
2
List of Figures
1.1 Funzione di luminositá in banda R dei quasar a diversi redshift. I redshift considerati
vanno da 0.35 a 2.3 ed lo studio é basato sulla 2dF Galaxy Redshift Survey. . . . . . .
2.1 Moto di una stella intorno al BH centrale nella Via Lattea. . . . . . . . . . . . . . . .
2.2 Relazione tra la massa racchiusa entro un dato raggio ed il raggio stesso per la Galassia
(linea continua). La linea a puntini indica la massa dovuta alla sola galassia (senza
quindi tenere conto del SMBH). I punti con relativa barra d’errore mostra alcune
determinazioni della massa basate sull’orbita di alcune stelle. . . . . . . . . . . . . . .
2.3 Curva di luce nel NIR di un flare osservato in corrispondenza di SagA*. L’evento in
questione é durato circa 2 ore é sembra mostrare un sotto-periodo di circa 17 minuti .
2.4 Immagine della regione centrale della Galassia prima e dopo il flare mostrato in fig2.3
2.5 Variazione di flusso in banda NIR e X dovuta ad un flare avvenuto nel 2005. . . . . .
2.6 Nucleo di NGC4552 (M89) ottenuta ne 1993 (sinistra) e nel 1991 (destra). Le scale e
le tabelle dei colori sono le stesse. Nell’immagine del 1991 non è presente l’emissione
centrale non risolta visibile invece nell’immagine del 1993. . . . . . . . . . . . . . . .
2.7 Curva di rotazione misurata dal maser di NGC 4258 (puntini) e curva di rotazione
ricostruita dal modello (linea continua). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.8 Centro di NGC 4261. A destra viene mostrata un’immagine ottenuta con HST del
disco di polvere nucleare del diametro angolare di 1.7 arcsec. A sinistra viene mostrata
un’immagine ottica (in bianco) e i due lobi radio (rosso) generati dal SMBH. I lobi
sono perpendicolari al disco di polvere e gas. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.9 Esempio di misure cinematiche per una galassia. (a) immagine della regione nucleare
della galassia con la posizione della fenditura nei tre puntamenti uno sul centro e
due spostati parallelamente di 0.2”. (b) immagine del disco di polvere e gas ottenuta
con la tecnica dell’unsharp-masking. (c) i tre spettri ottenuti nella regione spettrale
dell’Hα e del λλ[NII]6548,6583Å. La lunghezza d’onda é lungo la direzione verticale ed
il rosso é verso l’alto. (d) misure di velocitá (in alto), dispersione di velocitá (centro)
e intensitá (in basso) della riga Hα. (e) come (d) per la riga λ[NII]6583Å. . . . . . . .
2.10 Confronto tra la cinematica osservata per una galassia (punti con relativa barra d’errore)
e quella prevista dal modello di massa. I quattro quadranti si riferiscono ai tre puntamenti mostrati nella figura 2.9(e) con in piú dati analoghi presi lungo l’asse minore
(in alto a destra). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.11 Confronto tra lo spettro osservato per una galassia (colonna di sinistra) e quello costruito in base a tre diversi modelli di massa. Le quattro righe orizzontali si riferiscono ai
quattro puntamenti mostrati nella figura 2.10. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.12 Modello per la sola componente stellare. A partire dal profilo di brillanza superficiale (in alto a sinistra) si determina la densitá superficiale di stelle (in alto a destra.
Quest’ultima, una volta deproiettata, ci dá la densitá volumetrica di stelle (nel centro
a destra) da cui posso derivare la curva di velocitá circolare, a meno di un fattore
Mluminosa /L. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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2.13 Dispersione di velocitá σ(r) in funzione della distanza r per M87. I punti rappresentano
le misure. Le linee rappresentano tre modelli con diversa anisotropia e massa del BH:
A e B hanno MBH =0 e anisotropia radiale (β < 1) mentre C considera MBH =
3.06 108M⊙ e β ∼ 1. La linea tratteggiata rappresenta il modello C con MBH =0. . . .
2.14 Schema unificato di AGN. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.15 Spettro di una AGN durante una fase di bassa (linea blu) ed alta (linea rossa) luminositá. La linea verde mostra la differenza fra i due spettri. . . . . . . . . . . . . . . .
2.16 Sinistra: variazione del flusso del continuo (in alto) e di una riga di emissione (in
basso).Destra: funzione di cross-correlazione tra le variazione delle emissioni da cui si
misura un time-lag di 15.6 giorni. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.17 Sinistra: Curva di luce del continuo (prime due finestre in alto) e di diverse righe di
emissione che sono, in ordine dall’alto verso il basso, HeII, Lα, CIV, CIII, Hβ. Destra:
funzione di cross-correlazione della curva di luce corrispondente e quella del continuo.
20
22
23
23
24
3.1 a) Relazione MBH -σ per 50 galassie a spirale. Le croci indicano galassie barrate. b)
come a) ma é stata messa in evidenza la relazione MBH -σ con l’intervallo di confidenza. 25
3.2 Sinistra come fig.3.1 con in piú punti relativi a galassie attive (punti piccoli). Destra:
come fig.3.1 con in piú 8 limiti superiori relativi a BH di massa intermedia (IMBH). . 26
3.3 Relazione tra MBH e la luminositá dello sferoide in banda K LK . Le due linee rappresentano L’interpolazione log-lineare dei dati con 2 diverse minimizzazioni. . . . . . . 27
4
Chapter 1
I buchi neri: Aspetti Teorici
In astrofisica si definisce buco nero (black hole in inglese per cui nel testo li indicheremo con l’acronimo
BH) un oggetto massivo che esercita un’attrazione gravitazionale cosı̀ intensa da impedire alla materia
e anche alla luce di allontanarsi da esso: in questo senso non emette luce ed è quindi nero. In esso la
materia è estremamente addensata in una regione di spazio relativamente piccola, tanto che, in linea
di principio, la sua massa può essere considerata addensata in un punto. Un BH è caratterizzato da
una superficie immaginaria il cui raggio (detto raggio di Schwarzschild, vedi sec. 1.2) è proporzionale
alla sua massa; un BH di massa pari a quella del Sole avrebbe un raggio di circa 3 km mentre per
una massa pari a quella della Terra il raggio sarebbe di un solo centimetro. In questa dispensa siamo
interessati a descrivere i BHs supermassicci che sembrano essere presenti nel centro di ogni galassia.
1.1
Generalità dei BHs
Un BH è essenzialmente il frutto di una distorsione spazio-temporale dovuta alla presenza di un
forte campo gravitazionale. Si immagini una regione dello spazio nella quale la forza gravitazionale
attrattiva è talmente intensa che i raggi luminosi a cui capiti di passare troppo vicino vengono
deviati secondo una traiettoria circolare chiusa in prossimità del centro di gravità. Una regione
da cui la materia, la radiazione o qualunque tipo di comunicazione non può mai fuggire. Questa
ipotetica regione, chiamata BH, costituisce una delle previsioni più straordinarie della fisica teorica.
Sono stati teorizzati giá nel 1783 dal reverendo John Mitchell, riproposti da Laplace 13 anni dopo.
Nel 1915 Einstein presenta la teoria della relativitá e l’anno successivo Schwarzschild, risolvendo le
equazioni di Einstein, trova il raggio minimo di una stella, sotto il quale la luce subisce un redshift
gravitazionale infinito.
Avendo però proprietà poco intuitive, i BHs non vennero presi in seria considerazione dalla
maggior parte dei fisici e degli astronomi fino alla metà degli anni sessanta. Il concetto di BH porta
alle estreme conseguenze i nostri concetti di spazio e tempo. La superficie di un BH, chiamata
orizzonte, è una superficie di separazione chiusa entro la quale la velocità di fuga è maggiore della
velocità della luce. Un risultato notevole è che l’interno di un BH non ha relazione causale con il resto
dell’universo: nessun processo fisico che avvenga all’interno dell’orizzonte (detto più precisamente
”orizzonte degli eventi”, vedasi maggiori dettagli nel seguito) può comunicare la propria esistenza
o i propri effetti all’esterno. Secondo la relatività generale, lo spazio e il tempo sono deformati dal
campo gravitazionale dovuto ai corpi dotati di massa e la deformazione è più forte in prossimità di
un BH. La gravitazione influenza tutti i sistemi fisici in maniera universale e quindi tutti gli orologi
e tutti i regoli graduati indicherebbero che il tempo è rallentato e lo spazio allungato in prossimità di
un BH. BHs di massa stellare si ritiene si formino quando stelle massicce (dell’ordine delle 30 masse
solari e più) subiscono il collasso gravitazionale ed esplodono come supernove. Mentre la maggior
5
parte del materiale viene espulsa nello spazio dall’esplosione stessa, il nucleo della stella collassa fino
a formare un BH.
1.2
Raggio di Schwarzschild
Nella sezione precedente è stato detto che un BH non è osservabile se non attraverso la sua azione
gravitazionale sui corpi vicini. Il parametro più importante di un BH è la massa MBH , la quale
determina le dimensioni dell’oggetto e l’intensità del campo gravitazionale associato. Esiste un modo
piuttosto semplice per descrivere analiticamente un BH. Prendiamo in considerazione una particella
di massa m soggetta al campo gravitazionale di una stella di massa M la quale sfugga con velocità
di fuga tale da possedere velocità nulla all’infinito. La sua energia totale è:
1 2 GmM
mv −
=0
2
R
(1.1)
ovvero la velocità di fuga minima è:
2GM
.
(1.2)
R
Poichè un oggetto non può muoversi con velocità maggiore di quella della luce, ne segue la relazione
di Schwarzschild per il raggio Rs di un BH:
v2 =
Rs =
2GMBH
c2
.
(1.3)
A questo punto riteniamo importante sfatare alcuni miti:
1) Il raggio di Schwarzschild non rappresenta una singolaritá. Attraversando tale raggio un
ipotetico viaggiatore che si stia avvicinando al BH non si accorge di nulla. Semplicemente é entrato
nella regione da cui non si puó piú uscire.
2) I BH non sono pesanti ma sono molto piccoli. La differenza tra un BH di massa stellare ed una
stella infatti non é la massa ma le dimensioni e/o la densitá. Se il sole diventasse improvvisamente
un BH non verremo tutti risucchiati dentro ma ce ne rimarremmo tranquilli a orbitare attorno ad 1
AU come ora.
3) Non é per nulla facile cadere in un BH. Molto piú facile cadere sul sole. Se fossi un navigatore
interspaziale preferirei attraversare una galassia fatta di BH piuttosto che una fatta di stelle. Puó
capitare di cadere in una stella. É difficilissimo cadere in un BH.
1.3
BHs supermassivi nei nuclei delle galassie
É opinione comune tra gli astronomi che nel nucleo di tutte le galassie sia presente un BH di massa
compresa tra 106 a 109 masse solari. Questi BH sono indicati come supermassivi (in contrapposizione
ai buchi neri di massa intermedia di 103 masse solari ed ai buchi neri di massa stellare). Le principali
evidenze osservative della presenza di questi BH sono i) l’attivitá presente nei nuclei di alcune galassie
quali i quasar e galassie di Seyfert ii) la dinamica del materiale che orbita nelle regioni centrali delle
galassie.
In queste dispense non ci occuperemo delle galassie attive in modo approfondito. ma ci limiteremo
a richiamare alcuni concetti base. Le prime galassie attive scoperte sono i QUASAR. Fin dall’inizio
si é visto come fossero estremamente luminosi. L’unico meccanismo che riesce a generare una simile
6
luminositá é l’accrescimento di materia da parte di un BH. L’unica alternativa sarebbe supporre
una densitá di stelle enorme in uno spazio molto (troppo) limitato. Lo studio dei QUASAR mostra
come in passato fossero molto piú abbondanti di adesso. L’evoluzione della luminositá dei quasar
(Fig.1.1) é spiegata con il fatto che con il tempo i BH supermassivi hanno esaurito il materiale che
accrescendo il BH ne determinava la luminositá e molte delle galassie, dopo essere state attive, sono
adesso quiescenti.
Figure 1.1: Funzione di luminositá in banda R dei quasar a diversi redshift. I redshift considerati
vanno da 0.35 a 2.3 ed lo studio é basato sulla 2dF Galaxy Redshift Survey.
1.4
Densità degli SMBH
Abbiamo visto in precedenza che una delle grandezze che caratterizza un BH è il raggio di Schwarzschild,
ovvero il raggio che delimita quella regione del BH dal quale niente può fuggire, regione contornata
da ciò che prende il nome di orizzonte degli eventi. La formula che definisce il raggio di Schwarzschild
Rs è la seguente:
GM
(1.4)
Rs = 2
c
dove M è la massa del BH. Il volume del BH costruito su Rs sarà allora:
Vs =
4πRs3
3
7
.
(1.5)
Supponiamo di avere un BH di massa generica M e di voler calcolare la densità ρs che la materia
deve avere per formarlo. Ovviamente
M
ρs =
(1.6)
Vs
e, tenendo conto della (1.28):
ρs =
M
4πRs3 /3
quindi
ρs = M
4π
GM
c2
/3
=
(1.7)
3c6
4πG3 M 2
(1.8)
la quale dipende solo da M. Ora, se G = 4.301 · 10−3 (km/s)2 pc/M⊙ , allora:
ρs =
2.18 · 1039
(M/M⊙ )2
M⊙ /pc3
.
(1.9)
Sappiamo che un parsec equivale a circa 3 · 1016 m, e quindi:
1 pc3 = 2.9 · 1049 m3
.
Una massa solare equivale a 2 · 1030 kg, quindi in definitiva otteniamo per ρs la seguente relazione
espressa in termini di kg:
ρs =
2.18 · 1039
(M/M⊙ )2
M⊙ /pc3
→
ρs =
1.5 · 1020
(M/M⊙ )2
kg/m3
.
(1.10)
Per un SMBH di 109 masse solari la densità necessaria è di 150 kg/m3 , ovvero meno di quella
dell’acqua; invece per un BH di 1 massa solare la densità raggiunge un valore elevatissimo, pari a
1.5 · 1020 kg/m3 .
1.5
Raggio di influenza
Con il termine raggio di influenza (Rinf ) si intende la distanza dal SMBH oltre la quale la massa
che domina il moto del tracciante (gas, stelle, etc.) non é quella del SMBH ma quella della galassia
stessa. Per poter misurare con buona precisione la massa di un SMBH é quindi necessario avere
informazioni cinematiche all’interno del raggio di influenza. Se la massa dovuta alla galassia la
esprimo come M(r) = V (r)2 r/G con r pari alla distanza dal centro della galassia e V (r) pari alla
velocitá circolare dovuta alla galassia al raggio r, allora Rinf lo trovo imponendo
MBH = V (r)2r/G
(1.11)
e risolvendo per r. La curva di rotazione V (r) della galassia non é generalmente nota con la dovuta
precisione. Nel calcolo di Rinf che non rappresenta un valore preciso ma piuttosto qualcosa di
piú di un ordine di grandezza, possiamo utilizzare σ0 come stima del valore di V (r), dove con σ0
indentiamo il valore della dispersione di velocitá della componente stellare misurata nel nucleo della
galassia, tipicamente entro un’apertura di raggio pari a Re /8. Cosı́ facendo abbiamo che
Rinf = GMBH /σ02
8
(1.12)
Chapter 2
La misura della massa dei SMBH
In questo capitolo illustreremo diverse tecniche che vengono utilizzate per misurare la massa dei
SMBH. É importante notare come nessuna di queste tecniche riesce a misurare la massa alla distanza
di Rs . Da questa limitazione deriva il fatto che, a rigore, non possiamo parlare di BH in senso stretto
ma piuttosto di “concentrazioni di massa”. Vi sono casi peró in cui la densitá di materia misurata é
tale da rendere l’esistenza di un BH la spiegazione piú plausibile come nel caso della nostra galassia.
Le informazioni che riusciamo ad ottenere sui SMBH vengono dalle seguenti osservazioni.
• emissioni X
• cinematica stellare nella Galassia
• cinematica di maser d’acqua
• cinematica di gas in galassie vicine
• cinematica di stelle in galassie vicine
• reverberation mapping per galassie attive e quasar
• flare (brillamento) UV, X
• flare NIR (per la nostra galassia).
L’emissione X ed i flare UV, X e NIR permettono solo di individuare la presenza di un SMBH
mentre le rimanenti tecniche permettono una vera e propria misura. Le diverse tecniche si differenziano inoltre per la distanza dal SMBH che permettono di esaminare. Nella tabella 2.1 indichiamo,
per ogni tecnica e/o tracciante utilizzato, la tipica massa di SMBH misurata, il raggio minimo entro
cui si riescono ad avere informazioni circa la massa del SMBH e la densitá della concentrazione di
massa che ne deriva.
dove RS indica il raggio di Schwarzschild.
2.1
Emissione X
L’emissione di raggi X dovuta a BH é utilizzata principalmente per lo studio di BH galattici, ovvero
di BH stellari presenti nella nostra galassia (o nelle galassie del gruppo locale) e viene usata solo
marginalmente nello studio di SMBH. Nel domino X é presente la riga di emissione del Fe Kα emessa
da ferro completamente ionizzato o idrogenizzato (cioé con un solo elettrone). Questa riga proviene
9
Table 2.1: Efficacia delle
Tracciante/
Raggio minimo
Metodo
RS
pc
Raggi X
3 − 10
Broad line region
600
0.001
moti propri (MW)
2000
0.008
Megamaser
4 × 104 0.13
dinamica del gas
106
3.5
dinamica stellare
106
3.5
diverse tecniche di misura della massa dei SMBH
Massa tipica
Densitá misurata
Msun
Msun /pc3
5 × 106 − 5 × 108
3.7 × 106
4 × 107
5 × 106 − 5 × 108
5 × 106 − 5 × 108
1012
1017
1012
104
104
da materiale estremamente caldo che si trova a pochi raggi di Schwartzshield dal centro. La riga
infatti mostra una distorsione dovuta ad effetti relativistici del forte campo gravitazionale. Si puó
dire che l’emissione X sia usata piú per individuare BH galattici, la cui posizione non é intuibile a
priori a differenza che i SMBH che sappiamo risiedere nel centro delle galassie, che per misurarne
la massa. Con il lancio dei telescopi X di nuova generazione (ad esempio Chandra), dotati di una
risoluzione spaziale inferiore al secondo d’arco é ormai possibile individuare emissione X dovuta a
stelle binarie anche in galassie al di fuori del gruppo locale.
2.2
SMBH nella Via Lattea (moti propri stellari)
Il SMBH presente nel centro della nostra galassia é studiato grazie alla possibilitá di misurare il
moto proprio delle stelle nei parsec centrali. Le osservazioni dei moti propri sono iniziate attorno
al 1992. Negli anni le tecniche osservative sono migliorate, le stelle percorrono distanze sempre piú
lunghe e le orbite sono determinate sempre meglio. Nuove stime della massa del SMBH centrale
vengono pubblicate di anno in anno. In questa dispensa mostriamo i risultati ottenuti in un lavoro
del 2002 dove sono state presentate osservazioni CONICA/NAOS prese con il VLT dell’ESO. Delle
principali stelle é noto sia il moto proprio che la velocitá radiale. É cioé noto il moto nello spazio
tridimensionale. In particolare la stella denominata S2 risulta in un orbita legata e fortemente
ellittica attorno a SgrA*, con un periodo di 15.2 anni, un pericentro di 17 ore luce ed un semiasse
maggiore di 5.5 giorni luce. Questa stella da sola ha permesso di ricavare una massa per il SMBH
della nostra galassia pari a 3.7 · 106 masse solari. Non vi sono assunzioni di sorta, se non quella
relativa alla distribuzione della massa stellare, necessaria per sapere quanta della massa racchiusa
nell’orbita sia dovuta al SMBH e quanta alla componente stellare. La misura implica una densità di
massa di 1017 M⊙ /pc3 escludendo che la concentrazione di massa possa essere dovuta ad un ammasso
di stelle particolari o di particelle e dimostrando in pratica che nella nostra galassia esiste un SMBH.
Recentemente le misurazioni sono state migliorate e i risultati aggiornati al 2004 indicano una massa
MSM BH = 3.61 · 106 M⊙
,
con un’incertezza del 10%. (É interessante notare che l’incertezza é dovuta essenzialmente all’incertezza
con cui conosciamo la nostra distanza da SgrA* e non all’incertezza sul modello dinamico.)
É interessante a questo punto calcolare il raggio di influenza per la nostra galassia. Abbiamo
visto che MSM BH = 3.61, σ0 vale circa 100km/s. Utilizzando questi valori nell’eq.1.12 troviamo:
Rinf l = 3.6 × 106 4.301 × 10−3 /1002 = 1.55pc.
Se considero una distanza dal centro della nostra galassia di 8kpc, e quindi una scala pari a 8000/206264.8 =
0.03878pc/arcsec, posso vedere che 1.55pc equivalgono a circa 40 arcsec. Nel caso della nostra galassia quindi il raggio di influenza é molto ben risolto. Di questo troviamo corrispondenza nella figura
10
Figure 2.1: Moto di una stella intorno al BH centrale nella Via Lattea.
Figure 2.2: Relazione tra la massa racchiusa entro un dato raggio ed il raggio stesso per la Galassia
(linea continua). La linea a puntini indica la massa dovuta alla sola galassia (senza quindi tenere
conto del SMBH). I punti con relativa barra d’errore mostra alcune determinazioni della massa basate
sull’orbita di alcune stelle.
2.2 dove si vede che la massa racchiusa entro il raggio r (line continua) diminuisce man mano che ci
avviciniamo verso il centro. Da un certo raggio in poi diventa invece costante e non dipende piú dal
11
raggio. Questo cambiamento di andamento avviene proprio in corrispondenza di Rinf l , all’interno
del quale la massa dominante é quella del SMBH.
In corrispondenza del presunto BH sono stati trovati dei flare o bagliori di luce. Uno dei primi
studiati è rappresentato nelle figure 2.3 e 2.4.
Figure 2.3: Curva di luce nel NIR di un flare osservato in corrispondenza di SagA*. L’evento in
questione é durato circa 2 ore é sembra mostrare un sotto-periodo di circa 17 minuti
Figure 2.4: Immagine della regione centrale della Galassia prima e dopo il flare mostrato in fig2.3
L’evento durò circa 2 ore ed è stato interpretato come dovuto all’emissione di materiale in caduta
nel BH. La maggior parte delle galassie attuali, galassie dell’universo locale, non sono attive, cioè
12
non presentano segni dovuti ad eventi continuativi ad alta energia. L’emissione altamente energetica
delle galassie attive è attribuita generalmente all’accrescimento di gas in un SMBH centrale, quindi
è possibile che anche le galassie non attive abbiano un SMBH centrale che non genera fenomeni di
attività semplicemente perchè il gas non è presente o perchè non è al momento in fase di acquisizione
e la galassia resta quiescente. Questo è proprio il caso della Via Lattea dove la presenza di un BH
supermassiccio centrale è oramai pressochè certa, ma ancora non vi è alcun segno di attività o quasi.
D’altra parte i dischi di accrescimento che caratterizzano le galassie attive (vedi sec. ??) hanno
dimensioni di diversi parsec e la presenza di qualcosa di simile nel centro della nostra galassia “non
passerebbe inosservato”. Dopo la scoperta del primo flare NIR lo studio di tale fenomeno é stato
approfondito. Osservazioni contemporanee effettuate in NIR e con CHANDRA (telescopio orbitante
in banda X) ha permesso di vedere come i flare in banda X sono seguiti, nel giro di pochi minuti, da
un corrispondente flare in banda NIR (fig 2.5).
Figure 2.5: Variazione di flusso in banda NIR e X dovuta ad un flare avvenuto nel 2005.
“Flare” nucleari sono stati osservati anche in altre galassie. Il primo caso è quello di NGC4552,
galassia ellittica quiescente. Dal confronto di due immagini HST prese in epoche differenti di vede
che è stata generata un’emissione UV puntiforme. Questo flare ha avuto un’intensità dell’ordine di
106 L⊙ e si pensa che sia stato generato da un evento di accrescimento del SMBH. Gas proveniente
da una stella che passava vicino al BH o da una nube interstellare è caduto nel BH generando un
flare. Questa prima scoperta suggerı̀ che i flare UV nei nuclei delle galassie possono essere fenomeni
comuni e sono una possibile maniera per individuare buchi neri in galassie altrimenti quiescenti.
2.3
Il maser d’acqua in NGC 4258
‘Storicamente, le emissioni da maser d’acqua sono state trovate nel 1968 e successivamente identificate
in un grande numero di regioni di formazione stellare. Si pensa che siano il risultato dell’eccitazione
13
Figure 2.6: Nucleo di NGC4552 (M89) ottenuta ne 1993 (sinistra) e nel 1991 (destra). Le scale e
le tabelle dei colori sono le stesse. Nell’immagine del 1991 non è presente l’emissione centrale non
risolta visibile invece nell’immagine del 1993.
di gas interstellare tiepido a 1000 K.
L’emissione maser di NGC 4258, e quella di altri quattro AGN per ora individuate, è cinque
ordini di grandezza più brillante delle normali sorgenti galattiche. Basandosi sulle dimensioni della
regione da cui proviene l’emissione, si conclude che non è dovuta alla sovrapposizione di più sorgenti
stellari. È più probabile che l’eccitazione sia dovuta al nucleo attivo e che l’emissione provenga dal
toro oscuro presente negli AGN.
Le osservazioni VLBA del maser d’acqua in NGC 4258 permettono di ricavare una curva di rotazione con una precisione spaziale del millesimo di secondo d’arco. Alla distanza di NGC 4258
(=7.3Mpc) un milliarcsec equivale a 0.035 parsec. Abbiamo quindi una risoluzione spaziale estremamente alta e siamo ben in grado di risolvere la sfera di influenza. Infatti la curva di rotazione,
mostrata in fig,2.7, mostra chiaramente il tratto Kepleriano che ci permette di derivare la massa
del BH, o meglio MBH sin i dove i indica l’inclinazione del disco che genera l’emissione maser. Un
modello accurato delle velocitá permette di determinare anche l’inclinazione e si ricava una massa di
circa 3.7 · 107 M⊙ .
Oltre a NGC 4258 vi sono una ventina di galassie attive che mostrano una emissione maser dal
loro nucleo ma solo in 7 casi vi é evidenza che questo sia in una configurazione a disco. Di questi
perora ne sono stati studiati in dettaglio solo 3.
2.4
Cinematica del gas ionizzato
Un’altro tracciante che é possibile utilizzare per la misura della massa dei SMBH é il gas ionizzato.
Alcuni sferoidi hanno infatti del gas e polvere nelle regioni centrali. Quando questo mezzo interstellare
é disposto in un disco e ruota in modo ordinato attorno al centro della galassia, puó essere utilizzato
per misurare la distribuzione della massa e quindi l’eventuale SMBH.
Di fatto questo tipo di misure é utilizzato per studiare i SMBH in galassie a distanza moderata
come quella dell’ammasso della Vergine. Se calcoliamo il Rinf l di una tipica galassia in tale ammasso
(ad esempio considerando MBH = 109 M⊙ , σ = 300km/s ed una distanza di 15Kpc) troviamo un
valore di 0.7”. Con osservazioni spettroscopiche é quindi possibile risolvere la sfera di influenza a
patto di avere una buona risoluzione spaziale. Per molti anni il telescopio spaziale Hubble é stato lo
strumento principe per lo studio sia fotometrico (per individuare i dischi di gas e polvere, vedi fig.2.8)
14
Figure 2.7: Curva di rotazione misurata dal maser di NGC 4258 (puntini) e curva di rotazione
ricostruita dal modello (linea continua).
sia spettroscopico (per misurare la cinematica del gas ionizzato). HST infatti ha una risoluzione
angolare dell’ordine dei 0.1” ed utilizzando lo Space Telescope Immager and Spectrograph (STIS)
con una fenditura larga 0.2” é stato possibile ottenere dati cinematici con la necessaria risoluzione
sia in velocitá che angolare. Negli ultimi anni, con lo sviluppo dell’ottica attiva, anche da terra é
possibile ottenere dati con una risoluzione comparabile se non migliore di quella di HST.
Anche con la migliore risoluzione angolare disponibile, l’informazione cinematica all’interno del
raggio di influenza é sempre limitata. Per determinare la massa del SMBH é quindi necessario un
modello accurato che tenga conto degli effetti strumentali sulla misura della cinematica e della massa
dovuta alla componente stellare.
Dal punto di vista osservativo si é visto che non é sufficiente misurare la velocitá lungo il solo asse
maggiore del disco di polvere. Un campo di velocitá bidimensionale sarebbe ottimale (osservazioni
con IFU solo dal 2006 ottenibili con lo strumento SINFONI ad ESO). In alternativa diversi ricercatori
15
Figure 2.8: Centro di NGC 4261. A destra viene mostrata un’immagine ottenuta con HST del disco
di polvere nucleare del diametro angolare di 1.7 arcsec. A sinistra viene mostrata un’immagine ottica
(in bianco) e i due lobi radio (rosso) generati dal SMBH. I lobi sono perpendicolari al disco di polvere
e gas.
hanno optato per ottenere spettri lungo piú fenditure parallele all’asse maggiore come mostrato in
fig.2.9. Vi sono poi due possibili approcci per interpolare le osservazioni spettroscopiche con un
modello di massa. In un caso si misurano le velocitá dalle righe di emissione e poi si confrontano con
quelle previste dal modello (fig.2.10). Altrimenti si confrontano direttamente gli spettri osservati con
spettri sintetici costruiti sempre in base al modello di massa (fig.2.11).
In entrambi i casi il modello di massa é costruito nel seguente modo. Si determina la distribuzione
della materia luminosa in base al profilo di brillanza superficiale (Fig. 2.12). Si determina cioá la
curva di rotazione dovuta alla massa delle stelle, a meno di un fattore M/L∗ (cioé il rapporto M/L
della componente stellare) che non conosco a priori. É pur vero che in base alla popolazione stellare
(che si potrebbe determinare ad esempio in base ai colori nel nucleo) é possibile dare una stima del
valore di M/L+ , Bisogna peró considerare che, a seconda di quanto la sfera di influenza é ben risolta,
un errore anche di un fattore nella massa stellare si ripercuote in un errore nella massa del SMBH.
M/L∗ di fatto viene considerato un parametro libero del modello di massa.
La velocitá circolare nel nucleo della galassia possiamo quindi scriverla come:
vc (r) =
M
L
v∗2 (r) +
∗
GMBH
r
1/2
(2.1)
Se consideriamo il gas muoversi con velocitá circolare, possiamo ottenere vc deproiettando le velocitá
osservate (dividendo cioé per sin i). L’inclinazione é generalmente derivabile dall’immagine del disco
di polvere (Fig.2.8-2.9(b)). Il nostro modello avrá in definitiva due incognite, il rapporto M/L∗ e
la massa del SMBH. Una interpolazione con le osservazioni determinerá quindi quale valore di tali
parametri. Allo stato attuale vi sono una quindicina di galassie studiate in questa maniera.
16
Figure 2.9: Esempio di misure cinematiche per una galassia. (a) immagine della regione nucleare
della galassia con la posizione della fenditura nei tre puntamenti uno sul centro e due spostati parallelamente di 0.2”. (b) immagine del disco di polvere e gas ottenuta con la tecnica dell’unsharp-masking.
(c) i tre spettri ottenuti nella regione spettrale dell’Hα e del λλ[NII]6548,6583Å. La lunghezza d’onda
é lungo la direzione verticale ed il rosso é verso l’alto. (d) misure di velocitá (in alto), dispersione di
velocitá (centro) e intensitá (in basso) della riga Hα. (e) come (d) per la riga λ[NII]6583Å.
2.5
Cinematica stellare
Un metodo alternativo e complementare allo studio della cinematica del gas é lo studio della cinematica della componente stellare. Questa tecnica si applica alle con la stessa strumentazione (HST+STIS
oppure VLT+SINFONI) che si utilizza per la cinematica del gas ionizzato (sec.2.4) per galassie che si
17
Figure 2.10: Confronto tra la cinematica osservata per una galassia (punti con relativa barra d’errore)
e quella prevista dal modello di massa. I quattro quadranti si riferiscono ai tre puntamenti mostrati
nella figura 2.9(e) con in piú dati analoghi presi lungo l’asse minore (in alto a destra).
trovano a distanze simili. Le stesse considerazioni relative alla sfera di influenza si applicano quindi
anche in questo caso. Gli svantaggi rispetto alla tecnica della cinematica del gas sono che per il gas
i) la cinematica é piú facile da misurare ii) la deproiezione della velocitá osservata per derivare vc é
relativamente semplice. I vantaggi consistono nel fatto che i) si puó applicare a tutte le galassie sia
che abbiano o no emissione nel nucleo ii) la distribuzione del tracciante é piú regolare e non frammentata come quella del gas. Le informazioni sulla cinematica della componente stellare é ottenuta
dallo studio delle righe di assorbimento. Una volta misurata la cinematica della componente stellare
utilizzando le righe di assorbimento si ottiene la distribuzione della massa utilizzando la formula
dlnν dlnσ¯r2
+
+ 2β
GM(r) = −r σ¯r2 )
dlnr
dlnr
"
#
σ¯2
β ≡ 1 − ¯θ2
σr
,
(2.2)
dove σ è la dispersione di velocità e ν è la densità delle stelle. É la stessa formula, derivata
dall’equazione di Boltzman non collisionale (vedi corso di Astrofisica delle Galassie) e che si utilizza per determinare la massa della galassie ellittiche. E proprio come in quel caso ci si accorge che
per determinare M(r) servono informazioni su 3 grandezze: la distribuzione del tracciante ν(r), la
dispersione di velocitá σ(r) e l’anisotropia β(r). ν(r) si ottiene deproiettando il profilo di brillanza
superficiale delle stelle (come nella sec.2.4), σ(r) si ottiene dalla misure cinematiche, o piú precisamente dalla larghezza della distribuzione delle velocitá lungo la linea di vista (LOSVD). Rimane
da determinare β(r). Si puó vedere che diverse scelte per β(r) producono una diversa forma della
LOSVD. La misura della forma della LOSVD, utilizzando ad esempio i parametri h3 ed h4 permette
di rendere il problema determinato e di ottenere una misura della massa del SMBH. Il problema
18
Figure 2.11: Confronto tra lo spettro osservato per una galassia (colonna di sinistra) e quello costruito
in base a tre diversi modelli di massa. Le quattro righe orizzontali si riferiscono ai quattro puntamenti
mostrati nella figura 2.10.
della necessitá di conoscere il parametro di anisotropia é anche noto come degenerazione massaanisotropia ed é dovuto al fatto che nella eq. 2.2 se si cambia β(r) si puó sempre cambiare M(r)
senza modificare il resto (cioé a paritá di σ(r) e ν(r) In fig. 2.13 mostriamo un esempio pratico di
tale degenerazione Se cambiamo solo uno dei due parametri il modello cambia in modo significativo
come mostrato dalla differenza tra il modello C e la linea tratteggiata. Ma se cambiamo sia β che
MBH il modello finale risulta invariato, come si puó vedere dal fatto che i tre modelli indicati con A,
B e C sono indistinguibili tra loro esaminando il solo andamento radiale di σ(r). Da qui la necessitá
di aumentare il numero di osservabili
19
Figure 2.12: Modello per la sola componente stellare. A partire dal profilo di brillanza superficiale
(in alto a sinistra) si determina la densitá superficiale di stelle (in alto a destra. Quest’ultima, una
volta deproiettata, ci dá la densitá volumetrica di stelle (nel centro a destra) da cui posso derivare
la curva di velocitá circolare, a meno di un fattore Mluminosa /L.
Figure 2.13: Dispersione di velocitá σ(r) in funzione della distanza r per M87. I punti rappresentano
le misure. Le linee rappresentano tre modelli con diversa anisotropia e massa del BH: A e B hanno
MBH =0 e anisotropia radiale (β < 1) mentre C considera MBH = 3.06 108M⊙ e β ∼ 1. La linea
tratteggiata rappresenta il modello C con MBH =0.
2.6
Reverberation mapping
Questa tecnica si utilizza per le galassia attive. Ha il vantaggio di poter essere utilizzata indipendentemente dalla distanza degli oggetti in quanto si rinuncia a risolvere la sfera di influenza mediante una
alta risoluzione angolare. Lo svantaggio é che ha bisogno di un notevole sforzo osservativo in quanto
richiede il monitoraggio spettroscopico degli oggetti per un lungo periodo di tempo e la misura della
20
massa non é precisa come nei casi giá discussi.
2.6.1
Modello unificato di AGN
In questa sezione diamo un descrizione del modello unificato per gli AGN non approfondita ma
sufficiente a capire i principi su cui si basa la tecnica del reverberation mapping.
Ricadono sotto la classificazione di galassie attive (AGN=Active Galactic Nuclei) quelle galassie
che mostrano una emissione non termica proveniente dal nucleo associata e forti righe di emissione.
Sono galassie attive i quasar, le galassie di Seyfert di tipo I e II ed i Blazar. Nell’ultimo decennio
é stato formulato un modello secondo il quale questi tipi di oggetti sono in realtá diverse facce di
un’unico tipo di galassia che appare in maniera diversa a seconda dell’orientazione con cui viene vista.
Sconto questo modello, rappresentato schematicamente in figura 2.14. Nel centro vi é il cosiddetto
motore centrale ovvero il SMBH. Attorno al BH vi é il disco di accrescimento le cui dimensioni sono
dell’ordine di 0.001 − 0.01pc. Da qui proviene l’emissione con spettro continuo non termico che rende
brillanti i quasar. L’emissione é forte nel visibile, nella banda UV ed arriva fino al dominio X.
Piú esternamente vi é la broad line region (BLR) da cui vengono originate le righe di emissione
larghe (cioé broad). L’allargamento é di origine cinematica ovvero dovuto al fatto che il gas si muove
molto velocemente sotto l’azione della forza di gravitá del BH. L’emissione é dovuta al fatto che il
continuo emesso dal disco di accrescimento fotoionizza il mezzo che costituisce la BLR che, una volta
ionizzata, riemette. La BLR ha forma sferoidale ed ha dimensioni di 0.001 − 0.01pc e cioé vanno da
qualche giorno luce a qualche mese luce.
Ancora piú esternamente troviamo il toro di polvere. Si tratta di una struttura a forma di
ciambella (toro) caratterizzata da uno spessore maggiore del diametro della BLR. Infatti, se il toro
é visto con un angolo di inclinazione alto, oscura completamente l’emissione della BLR. Tipiche
dimensioni del toro sono dell’ordine del parsec. Sopra e sotto il toro vi é la narrow line region da cui
hanno origine le righe di emissione strette. Questa regione non viene mai oscurata dal toro di polvere
in quanto é piú esterna a puó estendersi fino a qualche parsec dal centro. Secondo questo modello le
galassie di Seyfert I, che mostrano sia righe larghe che strette, sono AGN visti di faccia, le galassie
Seyfert II sono AGN visti di taglio che mostrano solo righe sottili in quanto quelle larghe sono dietro
al toro di polvere. Infine i Blazar sono gli AGN visti esattamente lungo la direzione polare dalla
quale proviene l’emissione dei jet prodotti dal BH.
2.6.2
Il time-lag
Per misurare la massa del SMBH si sfrutta il fatto che gli AGN hanno una luminositá rapidamente
variabile. La variazione avviene nel disco di accrescimento e si propaga poi fino alla BLR. In altre
parole, ad una variazione della luminositá del continuo segue, con un certo ritardo, una variazione del
flusso delle righe di emissione della BLR che subiscono un aumento di fotoionizzazione. Il ritardo é
dovuto al fatto che, se la BLR ha un diametro pari ad RBLR , subirá un aumento della fotoionizzazione
dopo un tempo pari a ∆T = RBLR /c e noi, da terra, osserveremo lo sfasamento, detto time-lag, tra le
variazioni del continuo e quelle del flusso emesso dalla BLR. Comprendiamo quindi come mai non é
necessario risolvere la sfera di influenza. L’informazione spaziale non viene da una misura diretta di
una distanza angolare ma dal time-lag. Questo fatto permette quindi di ottenere informazioni ad una
distanza dal BH centrale molto piccola. Nella figura 2.15 mostriamo un esempio di questo fenomeno.
Si puó notare come il continuo sia cambiato e come siano cambiata la componente larga delle righe
di emissione, quella cioé emessa dalla BLR. La componente stretta, emessa dalla narrow line region,
non mostra particolari variazioni di flusso. La variazione é dell’ordine di 0.3-0.5 magnitudini su tempi
scala dell’ordine dei mesi. Nella figura 2.16 a sinistra mostriamo coma varia il flusso del continuo
e di una riga di emissione. Si puó notare come esista uno sfasamento tra le due curve di luce. Per
21
Figure 2.14: Schema unificato di AGN.
quantificare al meglio lo sfasamento si utilizza in genere la cross-correlazione , ovvero la funzione CC
definita come
Z inf
CC(τ ) =
L(t)C(t − τ )dt
(2.3)
− inf
dove L(t) é la curva di luce della riga di emissione e C(t) la curva di luce del continuo. La funzione
CC mostrerá un picco (vedi fig.2.16 a destra) che é il time-lag misurato su quella specifica riga di
emissione. Si nota infatti che diverse righe di emissione forniscono time-lag differenti. Evidentemente,
dato che il time-lag é tanto piú piccolo quanto piú vicino al BH una riga viene emessa, le diverse righe
vengono prodotte da gas a diverse distanze dal centro. In effetti le righe con time-lag minore sono
anche quelle che hanno un livello di ionizzazione piú alta. In fig. 2.17 viene mostrato un esempio di
questo fenomeno.
2.6.3
La misura della massa del SMBH
La massa del BH viene determinata in base alla formula
MBH =
f rσ 2
G
(2.4)
dove r é la dimensione della BLR, σ la velocitá della BLR e f un fattore che tiene conto della
geometria del sistema e di come σ é legata alla velocitá circolare. La dimensione r della BLR si
misura in base al time-lag, σ é semplicemente la dispersione di velocitá della riga di emissione della
22
Figure 2.15: Spettro di una AGN durante una fase di bassa (linea blu) ed alta (linea rossa) luminositá.
La linea verde mostra la differenza fra i due spettri.
Figure 2.16: Sinistra: variazione del flusso del continuo (in alto) e di una riga di emissione (in
basso).Destra: funzione di cross-correlazione tra le variazione delle emissioni da cui si misura un
time-lag di 15.6 giorni.
BLR. Per il momento sono state studiate una quarantina di galassie con questa tecnica trovando
masse tra i 106 M⊙ e 109 M⊙ .
23
Figure 2.17: Sinistra: Curva di luce del continuo (prime due finestre in alto) e di diverse righe di
emissione che sono, in ordine dall’alto verso il basso, HeII, Lα, CIV, CIII, Hβ. Destra: funzione di
cross-correlazione della curva di luce corrispondente e quella del continuo.
24
Chapter 3
Relazioni di scala
Contemporaneamente alla misura di nuove masse di SMBH, la ricerca in astrofisica sta indagando
su quali sono i meccanismi che portano alla loro formazione. Un primo passo in questa direzione é
rappresentato dallo studio della relazione chelega i SMBH alla galassia che li ospita.
3.1
Relazione MBH − σ
Attuallmente la principale di queste relazioni é la cosiddetta MBH − σ. Si tratta di una relazione
empirica che mette in evidenza come la dispersione di velocitá della componente stellare dello sferoide
sia legata alla massa del SMBH. La dispersione di velocitá σ, come anche in altre occasioni, é misurata
per definizione entro un raggio pari a Re/81 . La pendenza logaritmica della relazione á tra 4 e 5
Figure 3.1: a) Relazione MBH -σ per 50 galassie a spirale. Le croci indicano galassie barrate. b) come
a) ma é stata messa in evidenza la relazione MBH -σ con l’intervallo di confidenza.
1
Questa accortezza permette di rendere confrontabili misure fatte per galassie a distanze molto deiverse da noi.
Infatti, considerare Re/8 permette non solo di normalizzare le galassie alla loro dimensione ma anche di tenere conto
delle distanze.
25
Figure 3.2: Sinistra come fig.3.1 con in piú punti relativi a galassie attive (punti piccoli). Destra:
come fig.3.1 con in piú 8 limiti superiori relativi a BH di massa intermedia (IMBH).
(dipende dagli autori) come si puó vedere in fig.3.1. É importante notare che la σ utilizzata nella
relazione é misurata nel centro della galassia ma in una regione sufficientemente ben fuori dal raggio
di influenza della galassia. Stiamo quindi confrontando due grandezze indipendenti fra loro. Questo
non sarebbe vero se misurassimo la σ entro il raggio di influenza. In quel caso ci aspetteremmo una
relazione del tipo MBH ∝ σ 2 . Stiamo invece vedendo che la massa del SMBH é legata alla massa
dello sferoide con una relazione MBH ∝ σ 4−5 . Questo fatto ci permette anche di capire che i SMBH
piú massivi sono quelli piú facilmente misurabili. Questa puó sembrare una ovvietá ma non é cosı́. Se
dovessimo osservare dei SMBH isolati, senza una galassia attorno, allora é chiaro che Vc ∝ sqrtMBH
e che quindi BH con masse piú grandi sono maggiormente visibili. La misura della massa del SMBH
é peró ostacolata dalla presenza, attorno al SMBH, della galassia. Se consideriamo il raggio di
influenza Rinf = GMBH /σ 2 possiamo vedere che, con MBH ∝ σ 4 , Rinf ∝ GMBH /sqrtMBH . BH
massicci hanno quindi Rinf piú grandi e sono quindi piú facilmente osservabili. La relazione sembra
non dipendere dal tipi di galassia come si vede dalle fig.3.1 e 3.2. Anche si considerano stime della
massa dei BH di massa intermedia in ammassi globulari
3.2
Relazione MBH − LT
La massa del SMBH mostra una relazione con la luminositá dello sferoide. É una relazione attesa
dato che esiste la relazione MBH − σ e che σ é tanto maggiore tanto piú é grande la massa dello
sferoide e quindi la sua luminositá. La prima relazione di questo tipo utilizzava le magnitudini in
banda B e se trovava una relazione meno forte che non la MBH − σ. Questo fatto era peró, per lo
meno in parte, dovuto al fatto che la banda B traccia la popolazione stellare giovane piuttosto che
la massa della galassia. La banda K traccia invece quella popolazione stellare che domina la massa
di una galassia (e specie dello sferoide) ed infatti lo scarto della relazione MBH − LT in banda K
(fig. 3.3 presenta uno scarto molto minore. É da notare che, nel caso delle galassie disco, é proprio
la luminositá dello sferoide e non quella di tutta la galassia (sferoide + disco) a correlare con MBH .
26
Figure 3.3: Relazione tra MBH e la luminositá dello sferoide in banda K LK . Le due linee rappresentano L’interpolazione log-lineare dei dati con 2 diverse minimizzazioni.
27
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