TRACCIA DI DIRITTO PENALE Tizio ha concesso mediante apposito contratto di affitto l'uso del proprio fondo rustico a Caio titolare della Puliambiente sas. affinchè questo provveda facendo uso del fondo allo smaltimento di rifiuti di origine animale. A seguito di un controllo da parte della polizia veterinaria e dalla asl emerge che la Puliambiente sas è priva di qualsiasi autorizzazione amministrativa allo smaltimento ed al trasporto dei rifiuti. Tizio preoccupato per l'accaduto si rivolge ad un legale. Il candidato assunte le vesti del legale, premessi brevi cenni sul concorso di persone nel reato, rediga motivato parere sulla vicenda. Svolgimento cura di Federica Donati La soluzione della questione sottoposta al nostro esame presuppone l’analisi dell’istituto del concorso di persone nel reato, con particolare riguardo al concorso omissivo. Il fenomeno della commissione di un reato da parte di più soggetti appare sempre più come fenomeno tipico del nostro tempo, anche per effetto del costante incremento delle forme di c.d. criminalità collettiva o organizzata da cui deriva la crescente importanza che l’istituto va assumendo sul piano tanto dogmatico che politico-criminale. In particolare, le norme sul concorso assolvono la funzione di rendere punibili anche comportamenti che non lo sarebbero in base alla singola norma incriminatrice: in questo senso, le norme sul concorso integrano le singole disposizioni di parte speciale, così contribuendo alla salvaguardia dei medesimi beni protette dalle varie fattispecie incriminatrici costruite sull’autore singolo. Nel nostro ordinamento l’istituto de quo è caratterizzato essenzialmente da quattro requisiti strutturali: la pluralità di agenti, la realizzazione della fattispecie oggettiva di un reato, il contributo di ciascun concorrente alla realizzazione del reato comune e l’elemento soggettivo del concorrente. Per quanto riguarda il primo requisito, si precisa che nei casi di realizzazione collettiva di un reato realizzabile anche monosoggettivamente, è necessaria e sufficiente la partecipazione di almeno due soggetti. Riguardo all’elemento oggettivo della fattispecie concorsuale, occorre che i contributi dei singoli concorrenti confluiscano nella realizzazione comune di una fattispecie di reato. Inoltre, dal punto di vista della natura di tali contributi, tradizionalmente si distingue tra concorso materiale e concorso morale (o psicologico): si ha il primo se si interviene con una partecipazione che si estrinseca nella redazione di atti materiali nella serie di atti che danno vita al reato; si configura, invece, il secondo se si dà un impulso psicologico alla realizzazione di un reato materialmente commesso da altri (si pensi alla figura del determinatore, del mandante o dall'istigatore). In particolare, secondo quanto precisato dalla giurisprudenza di legittimità, l’attività costitutiva del concorso di persone può essere rappresentata da qualsiasi comportamento esteriore che fornisca un apprezzabile contributo causale, in tutte o alcune delle fasi di ideazione, organizzazione ed esecuzione, alla realizzazione collettiva, anche soltanto mediante il rafforzamento dell’altrui proposito criminoso o l’agevolazione dell’opera dei concorrenti (Cass., n. 1998/6489). Infatti, il contributo concorsuale assume rilevanza non solo quando abbia efficacia causale, ponendosi come condizione dell’evento lesivo, ma anche quando assume la forma di un contributo agevolatore, cioè quando il reato, senza la condotta di agevolazione, sarebbe ugualmente commesso, ma con maggiori incertezze di riuscita o difficoltà (Cass. 15264/2008). Ne deriva che non è neppure necessario un previo accordo diretto alla causazione dell’evento, ben potendo il concorso esplicarsi in un intervento di carattere estemporaneo sopravvenuto a sostegno dell’azione altrui, ancora in corso quand’anche iniziata all’insaputa del correo (Cass., Sez. Un., n.31/2001). Infine, ogni condotta di compartecipazione deve essere sorretta da un corrispondente requisito psicologico. Precisamente, l’elemento soggettivo del concorso è costituito da due componenti: da un lato la coscienza e volontà del fatto criminosa, che quanto a contenuto in nulla differisce dal dolo del reato monosoggettivo; dall’altro, da un quid pluris rappresentato dalla volontà di concorrere con altri alla realizzazione di un reato comune. Al fine di procedere al corretto inquadramento della fattispecie in commento, occorre verificare se sia possibile applicare a Tizio la disciplina del concorso relativamente al reato di gestione non autorizzata di rifiuti di cui all’art. 256 del D. Lgs. n. 152/2006. Più precisamente, è necessario stabilire se la condotta di Tizio, il quale è titolare del fondo rustico concesso in affitto, possa ritenersi idonea a realizzare un concorso omissivo nel reato predetto, avendo il concessionario esercitato l’attività di gestione dei rifiuti senza la regolare autorizzazione. In primo luogo, si sottolinea come il reato astrattamente ascrivibile a Tizio rappresenti un’ipotesi di reato omissivo improprio, per il cui addebito è indispensabile l’individuazione di una posizione di garanzia da cui discenda l’obbligo giuridico di impedire l’evento, il quale si caratterizza rispetto agli altri obblighi di agire in ragione della previa attribuzione al garante degli adeguati doveri di impedire accadimenti offensivi di beni altrui (Cass., 22614/2008). Sulla questione relativa alla posizione del soggetto che conceda in affitto un fondo a terzi per svolgervi un’attività di smaltimento è intervenuta la Suprema Corte, la quale ha affermato che il proprietario che dà in locazione il terreno risponde del reato in questione, incombendo su di lui, anche al fine di assicurare la funzione sociale della proprietà di cui all’art. 42 della Costituzione, l’obbligo di verificare che il concessionario sia in possesso dell’autorizzazione per l’attività di gestione dei rifiuti e che questi rispetti le prescrizioni contenute nel titolo abilitativo (Cass., n. 36836/2009). Secondo questo impostazione, dunque, data la posizione di garanzia rivestita da Tizio, avendo egli omesso di verificare il possesso da parte del concessionario delle prescritte autorizzazioni, potrebbe essere chiamato a rispondere del reato come compartecipe, a titolo di concorso omissivo. Tuttavia, non si ritiene che questo orientamento possa essere condiviso, dal momento in cui addossa sul proprietario l’onere di verificare che l’attività dell’affittuario sia effettuata nel rispetto delle regole prescritte per l’esercizio della stessa. Più precisamente, esso appare debole relativamente a due profili: innanzitutto non si comprende come si possa pretendere che Tizio possieda le conoscenze richieste per la verifica del rispetto della disciplina di settore, le quali possono essere estremamente tecniche; in secondo luogo, si deve evidenziare come il proprietario non abbia poteri di ingerenza per verificare l’attività svolta sul suo fondo. Dunque, alla luce di tali considerazioni, attesa anche l’assenza di uno specifico obbligo legale che imponga al proprietario un dovere di sorveglianza, che la Corte fa discendere solo indirettamente dalla norma Costituzionale posta a tutela della funzione sociale della proprietà privata, è evidente come il predetto orientamento finisca per accedere ad una ricostruzione del reato secondo un modello di responsabilità oggettiva, incompatibile, come noto, con il principio di colpevolezza di cui all’art. 27 Cost. In conclusione, in un eventuale procedimento penale, qualora il giudice condivida le osservazioni sopra svolte, rilevando i predetti profili di criticità rispetto la posizione giurisprudenziale illustrata, Tizio andrà esente da responsabilità penali, non gravando su di lui una posizione di garanzia che consenta di configurare a suo carico un concorso omissivo nel reato.