E-school di Arrigo Amadori (Per ragioni didattiche sono state apportate alcune modifiche alla terminologia del testo originale). Tutorial di fisica La prima legge di Ohm In questo capitolo presentiamo le relazioni matematiche che intercorrono fra la tensione (differenza di potenziale) posta ai capi di un conduttore e la corrente elettrica che, a causa di essa, vi circola. Naturalmente, daremo anche, come prima cosa, una definizione quantitativa di corrente elettrica. 01 - La corrente elettrica. Consideriamo un generatore di tensione, per esempio una comune batteria, e ricordiamo che la tensione, che è sinonimo di differenza di potenziale, si misura in volt. Supponiamo che la differenza di potenziale ∆V (oppure o anche “tensione”) sia, per esempio, 1,5 volt. Colleghiamo questa batteria ad un conduttore metallico (per esempio un filo di rame). Gli elettroni contenuti nel conduttore (di rame), specificatamente quelli più esterni che sono praticamente liberi di muoversi nel reticolo del conduttore, sentiranno una forza elettrica e cominceranno a muoversi verso il polo positivo della batteria. Graficamente : Si viene così ad instaurare così una corrente elettrica che, almeno per un "breve" intervallo di tempo (la batteria tenderà nel tempo a scaricarsi ...), sarà continua, ovvero gli elettroni si muoveranno mediamente con velocità costante verso il polo positivo. Il verso "reale" (fisico) della corrente , essendo essa costituita di elettroni (nel caso di conduttori metallici), è dal polo negativo al polo positivo (nel conduttore). Il verso "convenzionale" di tale corrente è invece dal polo positivo al polo negativo. Questa evidente discrepanza dipende dal fatto che, quando i fisici stabilirono tale verso, gli elettroni non erano stati ancora scoperti e si pensava che a muoversi nei conduttori elettrici fossero le cariche positive. Comunque, come vedremo meglio in seguito (per le problematiche di cui ci interesseremo), ciò che conta veramente è l'intensità della corrente elettrica, cioè quanta carica si sposta nell'unità di tempo, e non il suo verso che può rimanere del tutto convenzionale. Ora consideriamo una sezione (ideale) del conduttore attraversato dalla corrente e misuriamo quanta carica elettrica passa per detta sezione in un certo intervallo di tempo. Chiamiamo tale carica (intendendola positiva) e il tempo durante il quale essa passa per la suddetta sezione : Orbene, la corrente elettrica formula : che passa nel conduttore è definita matematicamente dalla . Se per esempio in 3 secondi passano per la sezione del conduttore 6 coulomb, si ha una corrente di 6/3 = 2 coulomb/secondo (C/s). Il coulomb/secondo si chiama ampere (A). Avremo quindi nell'esempio : . Essendo la corrente elettrica definita come "carica fratto tempo", il suo valore esprime (come sempre quando siamo di fronte ad una grandezza definita da una divisione) quanta carica passa (in una sezione del conduttore) nell'unità di tempo ovvero quanti coulomb passano al secondo. Nell'esempio precedente abbiamo ovviamente il passaggio di due coulomb al secondo. Occorre infine precisare che la definizione che abbiamo qui dato di corrente elettrica non è quella attualmente riconosciuta dai fisici. La definizione di corrente come "carica fratto tempo" veniva usata all'inizio degli studi sull'elettricità ed è assai problematica a causa dell'impossibilità pratica di misurare la carica elettrica che effettivamente passa in un conduttore. La definizione "moderna" di corrente elettrica la presenteremo più avanti perché coinvolge concetti complessi che non è possibile mostrare ora. Comunque, la "vecchia" definizione di corrente elettrica è matematicamente equivalente a quella "moderna" ed è con essa "intercambiabile". 02 - La resistenza. Ora chiediamoci : data una certa tensione applicata ai capi di conduttori diversi, che valore assume la corrente che vi circola ? Supponiamo per esempio di disporre di una batteria da 6 volt ed immaginiamo di collegare ad essa conduttori costituiti da materiali diversi. Per esempio colleghiamo alla batteria un filo di rame di un certo spessore e di una certa lunghezza. Successivamente, dopo avere rimosso il precedente conduttore, colleghiamo un filo di ferro di dati spessore e lunghezza ed infine, sempre dopo avere rimosso il precedente conduttore, una certa quantità di carbone. Supponiamo di misurare la corrente nei vari casi tenendo presente che abbiamo tenuto, per comodità, la tensione costante. Supponiamo di riassumere i risultati nella seguente tabella : (dati di fantasia, non derivati da alcun esperimento diretto) Osservando la tabella, risulta subito evidente che la stessa tensione ha prodotto nei vari conduttori correnti diverse. Questo dipende dal fatto che quando le cariche si muovono all'interno dei conduttori esse "interagiscono" col conduttore stesso e ne vengono in qualche modo "ostacolate" nel loro moto. La proprietà fisica per cui un conduttore si oppone al passaggio delle cariche elettriche al suo interno si chiama resistenza elettrica. Più precisamente, la resistenza elettrica di un conduttore viene definita come il rapporto fra la tensione ai suoi capi e la corrente elettrica che in esso si produce, cioè : . La resistenza si misura quindi in volt/ampere che per brevità si chiama ohm e si indica con la lettera greca "omega" maiuscola . Un ohm è quindi la resistenza di un conduttore a cui è applicata una tensione di un volt ed in cui scorre una corrente di un ampere, cioè : . Ritornando all'esempio precedente, nel caso del conduttore di rame abbiamo che esso presenta una resistenza di 3/2 = 1,5 , nel caso del conduttore di ferro una resistenza di 6/2 = 3 e nel caso del conduttore di carbone una resistenza di 6/1 = 6 . Evidentemente il conduttore di carbone dell'esempio presenta una resistenza maggiore rispetto agli altri (questo risultato è verosimile in quanto il rame ed il ferro sono metalli, quindi "buoni" conduttori, mentre il carbonio no). In generale, i "buoni" conduttori presentano resistenza elettrica minore dei "cattivi" conduttori (a parità di dimensioni dei conduttori). 03 - La prima legge di Ohm. Eseguiamo ora una serie di misurazioni per vedere se la resistenza di un conduttore metallico, tenuto a temperatura costante, dipende dalla tensione applicata ai suoi estremi. Per misurare la resistenza di questo conduttore misureremo la tensione ai suoi estremi, la corrente che lo attraversa e poi faremo il rapporto , secondo la definizione di resistenza. Per le misurazioni utilizziamo il seguente circuito elettrico : I circuiti elettrici sono schemi simbolici che descrivono reali apparati elettrici. Essi presentano simboli e convenzioni che ne permettono una facile ed immediata interpretazione. I simboli riportati nel presente circuito sono : - il simbolo di generatore di tensione (o differenza di potenziale). In esso l'anodo (polo positivo) è rappresentato con un tratto più sottile e lungo mentre il catodo (polo negativo) con un tratto più grosso e corto. - il simbolo di resistore (simbolo a "zig-zag"). Un resistore è un conduttore dotato di resistenza elettrica. Le linee continue che collegano i vari apparati del circuito sono invece da ). considerarsi prive di resistenza elettrica ( - il simbolo di voltmetro. Il voltmetro è uno strumento che misura le tensioni fra due punti del circuito. Si dice che il voltmetro è collegato in parallelo al resistore ai cui capi esso misura la tensione. - il simbolo dell'amperometro. L'amperometro è uno strumento che misura la corrente che passa in un punto del circuito. Si dice che l'amperometro è collegato in serie al resistore entro cui passa la corrente che esso misura. Esistono anche altri simboli elettrici che vedremo di volta in volta. che può essere variata Nel circuito in questione il generatore eroga una tensione all'occorrenza. La corrente che si produce ha il verso convenzionale dal + al - . Supponiamo ora di variare la tensione erogata dal generatore e di leggere la tensione misurata dal voltmetro ai capi del resistore nonché, tramite l'amperometro, leggere la corrente che circola nel resistore stesso. A questo punto occorre però fare una precisazione molto importante. Per conoscere i valori della tensione ai capi del resistore e della corrente che vi circola utilizziamo degli strumenti di misura. Altrimenti non vi sarebbe possibilità di conoscenza diretta in quanto la fisica è una scienza sperimentale. Gli strumenti che inseriamo nel circuito, però, sono circuiti elettrici essi stessi e posseggono una resistenza elettrica. Utilizzando gli strumenti di misura noi inseriamo nel circuito originario altri resistori !!! In questo modo noi modifichiamo, perturbiamo, il circuito originario ottenendo un nuovo circuito diverso dal precedente !!! E' chiaro quindi che le tensioni e le correnti che misuriamo dopo l'inserimento degli strumenti non sono le effettive tensioni e correnti presenti nel circuito prima dell'inserimento degli strumenti. Questo è un "grosso problema" di cui si deve tenere conto nella valutazione dei risultati. Nel nostro caso l'inserimento del voltmetro e dell'amperometro modifica la situazione iniziale presente nel circuito, ma a noi, per le misurazioni che dobbiamo fare, questo non interessa molto. Noi dobbiamo soltanto misurare la tensione ai capi del resistore e la corrente che lo e l'unico errore presente è attraversa. Il voltmetro misura l'effettiva tensione ai capi di l'errore dovuto allo strumento. L'amperometro invece misura la corrente che lo attraversa e questa non è la corrente che attraversa , ma un po' maggiore. Questa "piccola differenza", però, per i nostri scopi, può essere trascurata. Infatti, dal punto di vista delle correnti : La corrente , entrando nel "sistema" resistore + voltmetro, si divide in due parti. La corrente che passa nel resistore e la corrente che passa nel voltmetro. Siccome la resistenza del voltmetro è molto grande, si ha , cioè la corrente nel resistore è molto maggiore della corrente nel voltmetro. La corrente nel voltmetro è quindi trascurabile. Dopo avere attraversato il resistore ed il voltmetro le due correnti si "riuniscono" per cui si torna ad avere la corrente "originaria" , cioè (nulla si crea e nulla si distrugge !!!). La corrente "ricostituita" passerà poi nell'amperometro e da esso verrà misurata. così La presenza del voltmetro, in questo circuito, fa sì che l'amperometro misuri non la corrente che effettivamente circola nel resistore, ma la corrente . Però, essendo la corrente nel voltmetro molto piccola, essa può essere trascurata per cui si può considerare che (il simbolo significa "quasi uguale"). Un altro "grosso problema" sono gli errori che inevitabilmente si compiono quando si effettua una misura. Questi errori sono di vario tipo e di questi i più importanti, che quindi vanno assolutamente valutati, sono gli errori introdotti dalla precisione finita (mai infinita !!!) degli strumenti utilizzati nella misura. Della valutazione degli errori di misura non parleremo qui. Riportiamo nella seguente tabella i risultati delle misure (realmente effettuate in laboratorio con un resistore da stufa elettrica) : Naturalmente, la resistenza del resistore è stata calcolata nei vari casi usando la formula : ed il numero delle cifre decimali è stato preso "opportunamente" (qui non prendiamo in considerazione l'analisi della precisione ottenuta in questa misura). Osservando la tabella notiamo che, pur variando la tensione, la resistenza del conduttore, a temperatura costante, rimane pressoché costante. Questo importante risultato è annoverato come prima legge di Ohm. Questa legge afferma quindi che certi conduttori sono tali per cui, a temperatura costante, la loro resistenza elettrica è costante. I conduttori che soddisfano la prima legge di Ohm (che hanno cioè resistenza costante) sono principalmente i metalli. Altri tipi di conduttori (per esempio non metalli, liquidi, gas) generalmente non soddisfano la prima legge di Ohm, cioè hanno resistenza variabile in dipendenza della tensione che si pone ai loro capi. I conduttori per cui vale la prima legge di Ohm si chiamano conduttori ohmici. Se la temperatura del conduttore cambia, si ha una variazione della "struttura dinamica" del conduttore per cui le cariche in moto al suo interno vengono diversamente "ostacolate" dal conduttore stesso. Si tenga presente che maggiore temperatura significa maggiore agitazione degli atomi che compongono il conduttore. Maggiore agitazione degli atomi fra i quali passano gli elettroni che costituiscono la corrente elettrica (nel caso dei metalli) significa che gli elettroni avranno più probabilità di urtare detti atomi per cui la resistenza del conduttore, in generale, all'aumentare della temperatura, deve aumentare !!! 04 - Rappresentazione grafica della prima legge di Ohm. I dati riportati nella precedente tabella possono essere proficuamente rappresentati in un sistema di assi cartesiani ortogonali. Otteniamo così il grafico della prima legge di Ohm. Per i dati sperimentali ricavati sopra otteniamo : (per comodità abbiamo portato il dato 4,1 a 4 ) La curva che si ottiene è evidentemente una retta. La rappresentazione grafica della prima legge di Ohm è quindi data da una retta. Questo dipende dal fatto che le grandezze ed sono direttamente proporzionali, ovvero il loro rapporto , che vale appunto la resistenza , è costante. Si noti che la retta passa per l'origine. Infatti, se la tensione è nulla, non si produce alcuna corrente elettrica