R EUMATOLOGIA PRATICA PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI SETTEMBRE 2010 NUMERO 3 VOLUME 5 IL CONCETTO DI REMISSIONE NELL’ARTRITE REUMATOIDE A. Picchianti Diamanti, V. Germano, B. Laganà ... 57 Direttore Scientifico Roberto Marcolongo Direttore Editoriale Bianca Canesi Comitato Scientifico Gerolamo Bianchi Alessandro Bussotti Pierlorenzo Franceschi Bruno Frediani Luigi Gatta Stefano Giovannoni Gianni Leardini Arrigo Lombardi Raffaella Michieli Vittorio Modena Claudio Vitali LA VALUTAZIONE DEL PAZIENTE CON DOLORE CERVICALE NON SPECIFICO M. Cazzola ............................................... 63 COSA FARE DI FRONTE A UNA SOSPETTA ARTRITE INIZIALE? M. Colina, F. Trotta...................................... 74 PROBLEMATICHE RELATIVE ALLA VACCINAZIONE IN SOGGETTI AFFETTI DA ARTRITE I. Chiarolanza, N. Pipitone ........................... 77 Presidente CROI Gianni Leardini Presidente LIMAR Roberto Marcolongo Presidente SIMG Claudio Cricelli Presidente FADOI Antonio Mazzone Direttore Responsabile Patrizia Alma Pacini © Copyright by Pacini Editore S.p.A. - Pisa Edizione Pacini Editore S.p.A. 7JB(IFSBSEFTDBt0TQFEBMFUUP1JTB 5FMt'BY *OGP!QBDJOJFEJUPSFJUtXXXQBDJOJNFEJDJOBJU Marketing Dpt Pacini Editore Medicina Andrea Tognelli - Medical Project - Marketing Director 5FMBUPHOFMMJ!QBDJOJFEJUPSFJU 'BCJP1PQPODJOJ4BMFT.BOBHFS 5FMGQPQPODJOJ!QBDJOJFEJUPSFJU Manuela Mori - Customer Relationship Manager 5FMNNPSJ!QBDJOJFEJUPSFJU Ufficio Editoriale Lucia Castelli 5FMMDBTUFMMJ!QBDJOJFEJUPSFJU Stampa *OEVTUSJF(SBmDIF1BDJOJt0TQFEBMFUUP1JTB COLLEGIO REUMATOLOGI OSPEDALIERI ITALIANI LEGA ITALIANA MALATTIE AUTOIMMUNI E REUMATICHE Con il patrocinio di SOCIETÀ ITALIANA DI MEDICINA GENERALE NORME REDAZIONALI Gli articoli dovranno essere accompagnati da una dichiarazione firmata dal primo Autore, nella quale si attesti che i contributi sono inediti, non sottoposti contemporaneamente ad altra rivista ed il loro contenuto conforme alla legislazione vigente in materia di etica della ricerca. 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Le riviste devono essere citate secondo le abbreviazioni riportate su Index Medicus. Esempi di corretta citazione bibliografica per: articoli e riviste Bianchi M, Laurà G, Recalcati D. Il trattamento chirurgico delle rigidità acquisite del ginocchio. Minerva Ortopedica 1985;36:431-8. libri Tajana GF. Il condrone Milano: Edizioni Mediamix 1991. Krmpotic-Nemanic J, Kostovis I, Rudan P. Aging changes of the form and infrastructure of the extemal nose and its importance in rhinoplasty. In. Conly J, Dickinson JT, editors. Plastic and reconstructive surgery of the face and neck. New York: Grune and Stratton 1972, p. 84-8. Ringraziamenti: indicazioni di grants o borse di studio, vanno citati al termine della bibliografia. Le note contraddistinte da asterischi o simboli equivalenti, compariranno nel testo a piè di pagina. Termini matematici, formule, abbreviazioni, unità e misure devono conformarsi agli standards riportati in Science 1954;120:1078. I farmaci vanno indicati con il nome chimico. Solo se inevitabile potranno essere citati con i nome commerciale (scrivendo in maiuscolo la lettera iniziale del prodotto). Norme specifiche per le singole rubriche Editoriali. Sono intesi come considerazioni generali e pratiche sui temi di attualità, in lingua italiana, sollecitati dal Direttore o dai componenti il Comitato di Redazione. Per il testo sono previste circa 15 cartelle da 2000 battute. Sono previste inoltre al massimo 3 figure e 5 tabelle. Bibliografia: massimo 15 voci. Articoli sulle patologie. Non devono superare le 10 pagine dattiloscritte (2000 battute). Sono previste massimo 3 parole chiave, massimo 2 figure e 3 tabelle e non più di 30 voci bibliografiche. Gli articoli dovranno riportare al termine un quadro sinottico per riassumere gli elementi essenziali di utilità pratica. L’articolo se è scritto dallo specialista verrà inviato dalla redazione ad un medico di medicina generale per un commento (massimo una pagina di 2000 battute). Se l’articolo verrà elaborato da un medico di medicina generale il commento sarà a cura di uno specialista. Articoli sui sintomi. Preferibilmente devono partire dalla illustrazione di un caso clinico. Non devono superare le 10 pagine dattiloscritte (2000 battute). Sono previste massimo 3 parole chiave, massimo 2 figure e 3 tabelle e non più di 30 voci bibliografiche. Gli articoli dovranno riportare al termine un quadro sinottico per riassumere gli elementi essenziali di utilità pratica. L’articolo se è scritto dallo specialista verrà inviato dalla redazione ad un medico di medicina generale per un commento (massimo una pagina di 2000 battute). Se l’articolo verrà elaborato da un medico di medicina generale il commento sarà a cura di uno specialista. Casi clinici. Vengono accettati dal Comitato di Redazione solo lavori di interesse didattico e segnalazioni rare. La presentazione comprende l’esposizione del caso ed una discussione diagnostico-differenziale. Il testo (8 cartelle da 2000 battute) deve essere coinciso e corredato, se necessario, di 1-2 figure o tabelle al massimo di 10 riferimenti bibliografici essenziali. Il riassunto è di circa 50 parole. Gli scritti di cui si fa richiesta di pubblicazione vanno indirizzati a: Pacini Editore S.p.A., Ufficio Editoriale, via Gherardesca 1, 56121 Ospedaletto (PI), e-mail: [email protected] Finito di stampare nel mese di Settembre 2010 dalle Industrie Grafiche Pacini Editore S.p.A. L’editore resta a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare e per le eventuali omissioni. 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Negli ultimi anni lo sviluppo di strumenti diagnostici più sensibili e specifici (anticorpi anti-peptide ciclico citrullinato, risonanza magnetica, ecografia articolare) e di terapie più selettive ed efficaci (inibitori del TNF-B e nuovi agenti biologici) ha permesso notevoli passi avanti nella gestione dei pazienti con AR, tanto che oggi si può puntare a un obiettivo ben più ambizioso del semplice miglioramento dei sintomi e/o segni della malattia, ovvero la remissione completa. Ancora oggi, tuttavia, definire il concetto di remissione, nonché interpretare i risultati degli studi internazionali, è reso difficile dalla presenza di numerosi criteri di valutazione clinica e strumentale. Inoltre, la possibilità di indurre la remissione apre nuovi interrogativi che devono essere chiariti per consentire le più opportune strategie terapeutiche: tra questi, l’individuazione di fattori prognostici di malattia e il mantenimento della remissione. La possibilità di mantenere una remissione completa anche dopo la sospensione delle terapie immunosoppressive sintetiche, biologiche o di entrambe è stata infatti valutata da differenti autori, ma con risultati ancora preliminari e contrastanti. ANDREA PICCHIANTI DIAMANTI, VALENTINA GERMANO, BRUNO LAGANÀ Azienda Ospedaliera “Sant’Andrea”, Sapienza Università di Roma, Seconda Facoltà, Cattedra di Immunologia Clinica, Allergologia e Reumatologia Bruno Laganà [email protected] nomico sia per il singolo individuo sia per il sistema sanitario. Recentemente l’obiettivo “remissione” si è reso sempre più realizzabile nei soggetti con AR grazie soprattutto alla possibilità di una diagnosi precoce e all’utilizzo di strategie terapeutiche più incisive. DIAGNOSI PRECOCE La possibilità di ottenere una diagnosi di AR quanto più precoce e allo stesso tempo specifica si è andata realizzando negli ultimi anni grazie all’utilizzo di nuovi strumenti diagnostici quali gli anticorpi anti-peptide ciclico citrullinato (anti-CCP), la risonanza magnetica (RM) con mezzo di contrasto e l’ecografia articolare con sonde ad alta frequenza e utilizzo del segnale Power Doppler. La radiografia convenzionale è infatti in grado di visualizzare soltanto le alterazioni articolari più avanzate nei pazienti con AR, mentre è ormai appurato come la risonanza magnetica e l’ecografia articolare siano in grado di definire anche lesioni articolari iniziali quali le microerosioni, la sinovite e, peculiarità della risonanza, un’alterazione pre-erosiva quale l’edema osseo. Vincoli diagnostici come i criteri ACR (American College of Rheumatology) del 1987 1, ormai considerati obsoleti soprattutto per la REUMATOLOGIA pratica INTRODUZIONE L’artrite reumatoide (AR) è una malattia cronica a patogenesi autoimmune, caratterizzata da una sinovite simmetrica ed erosiva, spesso associata a manifestazioni extra-articolari. Il decorso clinico è estremamente variabile, da forme lievi autolimitantesi a forme aggressive che evolvono rapidamente verso la disabilità. In numerosi pazienti si evidenzia un andamento caratterizzato dall’alternarsi di fasi di attività e di quiescenza, che conduce alla distruzione e alla deformità articolare con grave impedimento funzionale. L’AR si associa a un considerevole aumento di morbilità e mortalità, oltre a rappresentare un notevole onere eco- PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 57 SETTEMBRE 2010 NUMERO 3 scarsa sensibilità nelle forme precoci, saranno superati al completamento del processo di validazione dei nuovi criteri. Per supporre una diagnosi di AR precoce, Emery ha proposto nel 2003 alcuni criteri quali la tumefazione di tre o più articolazioni, il coinvolgimento delle articolazioni metatarsofalangee (MTF) e metacarpofalangee (MCF), e la rigidità mattutina maggiore di trenta minuti. Questi criteri devono essere tutti presenti e supportati da altre valutazioni come la cronicità (maggiore di 12 settimane), un aumento degli indici di flogosi, la presenza del fattore reumatoide e/o degli anticorpi anti-CCP, infine alterazioni all’ecografia e/o alla RM. TERAPIE BIOLOGICHE La comprensione sempre più approfondita della patogenesi dell’AR ha inoltre portato allo sviluppo e all’introduzione in commercio di agenti biologici in grado di bloccare a diversi livelli la cascata di eventi patogenetici alla base della malattia. Essi rappresentano senz’altro un ulteriore importante elemento che contribuisce al raggiungimento della remissione. I primi a essere introdotti e attualmente più utilizzati sono i 3 inibitori del Tumor Necrosis Factor (TNF)-B: il recettore di fusione dimerico etanercept e i due anticorpi monoclonali anti-TNF, l’infliximab chimerico e l’adalimumab umanizzato. Più recentemente sono stati introdotti altri agenti biologici: il rituximab, anticorpo monoclonale chimerico anti-CD20, l’inibitore del co- stimolo abatacept, costituito dalla porzione extracellulare del CTLA4 unita al frammento Fc di una IgG1 umana, il tocilizumab, inibitore del recettore per l’interleuchina-6, quest’ultimo con possibilità di somministrazione non solo ai pazienti non responders agli antiTNF-B, ma anche in pazienti naïve agli stessi; infine, in via di commercializzazione il golimumab, nuovo anticorpo monoclonale anti TNF-B, e il certolizumab, anticorpo monoclonale anti-TNF-B peghilato. Numerosi studi hanno evidenziato la sicurezza e l’efficacia di tali terapie nel ridurre l’attività di malattia nei pazienti con AR; tuttavia è stato successivamente osservato come il loro utilizzo in una fase più precoce permetteva di ottenere risultati ancor più eclatanti. È stato quindi coniato il concetto di “window of opportunity” per definire in maniera più oggettiva quel periodo in cui l’intervento terapeutico precoce può consentire una migliore risposta clinica 2; si è quindi andato definendo in maniera sempre più rigorosa il limite temporale per poter definire un AR “precoce” che oggi la maggior parte degli autori considera ≤ 12 mesi dall’insorgenza di sintomi. L’istituzione di early arthritis centers, con la conseguente possibilità di poter giungere a una diagnosi certa di AR entro poche settimane/mesi dall’insorgenza dei sintomi, e l’avvento di terapie sempre più mirate ed efficaci hanno dunque rappresentato un’autentica rivoluzione nella gestione di tale patologia, portando negli ultimi anni a una revisione degli obiettivi primari del trattamento terapeutico. TABELLA I. Principali criteri per la valutazione della remissione nei pazienti con artrite reumatoide. CRITERI 3&.*44*0/& ACR assenza di: rigidità mattutina, astenia, dolore articolare 5 criteri su 6 anamnestico, dolorabilità articolare al movimento, tumefazione articolare; VES < 20-30mm/h ACR modificato (non viene più considerata l’astenia) 4 criteri su 5 FDA Remissione ACR + arresto progressione radiografica (Sharp/ van der Heijde o Larsen) per almeno 6 mesi in assenza di terapia. EULAR DAS28 < 2,6 DAS44 < 1,6 CDAI ≤ 2,8 SDAI ≤ 3,3 ACR: American College of Rheumatology; VES: velocità di eritrosedimentazione; FDA: Food and Drug Administration; EULAR: European League Against Rheumatoid Arthritis; DAS28: Disease Activity Score su 28 articolazioni; DAS44: Disease Activity Score su 44 articolazioni; CDAI: Clinical Disease Activity Index; SDAI: Simplified Disease Activity Index. REUMATOLOGIA pratica 58 PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI IL CONCETTO DI REMISSIONE NELL’ARTRITE REUMATOIDE SETTEMBRE 2010 NUMERO 3 A. PICCHIANTI DIAMANTI, V. GERMANO, B. LAGANÀ DAS44; misurazione graduata del dolore articolare evocato dalla palpazione da parte dell’esaminatore con uno score massimo di 78), valutazione della tumefazione su 44-28 articolazioni, VES e stato globale di salute (GH) determinabile attraverso una scala visiva analogica da 0 a 100. La complessa valutazione attraverso le formule “0,54x(Ritchie) + 0,06xSJC44 + 0,33lognat(ESR) + 0,0072xGH” per il DAS44 e “0,56x(TJC) + 0,28xSJC + 0,70lognat(ESR) + 0,014xGH” per il DAS28, vengono rese facilmente determinabili attraverso l’inserimento dei parametri suddetti in appositi strumenti di calcolo o in siti internet dedicati. Si può parlare di remissione clinica in presenza di un’attività di malattia inferiore a 1,6 per il DAS44 e 2,6 per il DAS28, per almeno 2 mesi consecutivi 3. Quest’ultimo, non considerando articolazioni quali le tibiotarsiche e i piedi, pur riducendo il tempo della valutazione può causare una sottostima dell’attività di malattia. Il criterio SDAI (Simplified Disease Activity Index) è un indice semplificato del DAS e comprende 5 componenti: articolazioni tumefatte e dolenti su 28 totali, proteina C reattiva (PCR), attività di malattia definita dal paziente e dal medico valutata mediante VAS. Il range è 0,1-86 e la remissione corrisponde a valori ≤ 3,3. Il criterio CDAI (Clinical Disease Activity Index) è anch’esso un indice semplificato che deriva dal DAS e indica la remissione per valori ≤ 2,8 4 (Tab. I). Tra i numerosi studi che hanno comparato la performance delle differenti definizioni di remissione al fine di individuare un unico gold standard, menzioniamo lo studio QUEST-RA (Questionnaires in Standard Monitoring of Patients with RA) condotto su circa 6000 pazienti. Tale studio ha dimostrato, di rilevante, l’ampia variabilità tra i differenti indici, con una percentuale di remissione dell’8,6% secondo i criteri ACR e del 19,6% utilizzando il DAS28 negli stessi soggetti esaminati, a sottolineare quindi la necessità di uniformare i parametri da utilizzare nei futuri trial 5. Sebbene la terapia con farmaci convenzionali in associazione e con biologici sia da considerarsi efficace nel migliorare la clinica e la funzionalità di alcuni pazienti con AR, tuttavia la progressione radiografica e la correlata disabilità possono risultare più difficilmente contrastabili. Appare dunque sempre più evidente come, oltre a dover uniformare il criterio clinico, per valutare più correttamente la remissione bisognerebbe considerare insieme i dati clinici e radiografici: solo in presenza di una remissione clinica e strumentale possiamo considerare un paziente con AR in “remissione completa” o “true remission”. REUMATOLOGIA pratica CRITERI DI REMISSIONE La remissione nei pazienti con AR non è tuttavia una novità, bensì un rebus che appassiona i reumatologi da almeno trent’anni, come ci ricorda il lavoro di Pinals et al. del 1981, Preliminary criteria for clinical remission in rheumatoid arthritis. Solo recentemente, però, tale possibilità si è andata concretizzando nella pratica quotidiana rendendosi disponibile per una percentuale sempre maggiore di pazienti, tanto da divenire l’obiettivo stesso della terapia. Ancora oggi, tuttavia, definire il concetto di remissione per l’AR è reso difficile dalla mancanza di un unico gold standard di misurazione: numerosi criteri sono stati infatti validati per valutare in maniera il più possibile oggettiva e omogenea la remissione, che fossero allo stesso tempo di semplice esecuzione nella pratica clinica. Le scale di valutazione prendono in considerazione differenti aspetti della malattia quali l’attività infiammatoria, la funzione fisica e il danno articolare. I primi indici di remissione sono stati introdotti dall’ACR nel 1982. Secondo l’ACR viene raggiunta la remissione quando sono soddisfatti almeno cinque tra i seguenti criteri per almeno due mesi consecutivi: rigidità mattutina < 15 minuti, assenza di astenia, dolore articolare anamnestico, dolorabilità articolare al movimento, tumefazione articolare e velocità di eritrosedimentazione (VES) < 20-30mm/h. Nella forma modificata (ACRm), la valutazione dell’astenia è stata rimossa, e l’assenza anamnestica di dolore sostituita dalla valutazione dello stesso mediante scala analogica visiva (VAS). Il raggiungimento della remissione si ottiene soddisfacendo almeno quattro dei cinque criteri revisionati. Questi criteri, tuttavia, non considerano il blocco della progressione radiografica e l’interruzione della terapia farmacologica. Sono quindi state definite dalla Food and Drug Administration (FDA) tre categorie di remissione di malattia: risposta clinica completa, risposta clinica maggiore, remissione. Quest’ultima prende in considerazione i criteri ACR di remissione, aggiungendo però l’arresto della progressione radiografica valutato secondo Larsen o Sharp; inoltre, sia i criteri ACR sia l’arresto di progressione radiografica devono persistere almeno sei mesi dall’interruzione della terapia. Nell’ampio spettro dei criteri di remissione, l’European League Against Rheumatoid Arthritis (EULAR) ha introdotto nel 1996 ulteriori parametri che valutano il grado di attività di malattia su 44 (DAS44, Disease Activity Score) o su 28 (DAS28) articolazioni. Il DAS44 e il DAS28 (range 1-9 e 2-10, rispettivamente), sono calcolati considerando quattro parametri: l’indice articolare di Ritchie (soltanto per il PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 59 SETTEMBRE 2010 NUMERO 3 Per andare a quantificare il danno radiologico ci sono numerosi sistemi di score, tra cui il più utilizzato è quello di Sharp 6. Questo consiste in una misura separata delle erosioni (17 aree) e del restringimento dello spazio articolare (18 aree). Le erosioni vengono registrate in relazione alla superficie coinvolta (valore massimo 5). Il restringimento dello spazio articolare viene considerato con un punteggio da 0 a 4 (dalla normalità all’anchilosi). Questo sistema venne modificato da van der Heijde alcuni anni dopo per includere la valutazione non solo delle mani, ma anche dei piedi. I parametri presi in considerazione sono sempre gli stessi, con uno score totale da 0 a 120. Infine, lo score di Larsen applica un punteggio da 0 a 5 in relazione alla severità del danno (numero e localizzazione, dimensione delle erosioni, riduzione dello spazio articolare, profilo osseo). La remissione si definisce in assenza di progressione radiologica e comparsa di nuove erosioni. La valutazione delle immagini in RM viene invece effettuata tramite lo score internazionale OMERACT (Outcome Measures in Rheumatology Clinical Trias) 7. Le lesioni prese in considerazione sono le erosioni cui viene assegnato un punteggio da 1 a 10 in base all’entità del danno, l’edema osseo (lesione a margini definiti che aumenta l’intensità del segnale nelle sequenze T2), il cui punteggio varia da 1 a 10, e la sinovite a livello delle articolazioni MCF dalla II alla V e del carpo assegnando un punteggio da 0 a 3. STRATEGIE TERAPEUTICHE La migliore strategia terapeutica per poter indurre una remissione completa e sostenuta emerge da diversi trial che hanno valutato l’utilizzo, in una fase precoce di malattia, di terapie combinate. Tra questi, lo studio PREMIER, che ha mostrato una percentuale di remissione clinica dopo il primo anno nel 43% dei pazienti trattati con l’associazione adalimumab e methotrexate (MTX) e un’assenza di progressione radiologica nel 64% 8. Lo studio BEST (Behandel Strategieen) ha evidenziato un 38% di remissione e 93% di mancata progressione radiografica nei pazienti trattati con MTX e infliximab a un anno, infine lo studio COMET (Combination of Methotrexate and Etanercept in Active Early Rheumatoid Arthritis) ha riportato, con l’associazione etanercept e MTX, una percentuale di remissione clinica del 50% e assenza di progressione radiologica nell’80% dopo un anno di terapia 9 10. L’estensione di tali studi ha inoltre confermato i dati conseguiti nel primo anno di osservazione. REUMATOLOGIA pratica 60 PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI Ulteriore supporto alla strategia per indurre una remissione sostenuta è il monitoraggio frequente dell’andamento della malattia, con conseguente adeguamento del regime terapeutico (tight control). A tal proposito, lo studio TICORA (Tight Control for Rheumatoid Arthritis) ha dimostrato come il tasso di remissione fosse significativamente superiore in un gruppo di pazienti con AR precoce inseriti in un programma di monitoraggio intensivo (visite mensili con regolare valutazione dell’attività di malattia tramite DAS) rispetto al gruppo inserito in un monitoraggio di routine. Un secondo elemento rilevante ha evidenziato che la terapia con DMARDs (Disease-Modifying Antirheumatic Drugs) veniva interrotta per tossicità nel 16% dei casi nel primo gruppo rispetto al 43% del secondo, probabilmente in correlazione alla possibilità di rassicurare i pazienti nei confronti della terapia e di consentire modifiche più tempestive. Infine, lo studio CAMERA (Computer Assisted Menagement in Early Rheumatoid Arthritis) ha mostrato come il sistematico monitoraggio mediante un programma decisionale di valutazione computerizzata e un follow-up mensile consentissero di ottenere una maggiore percentuale di remissione. QUESITI APERTI Poter indurre la remissione apre nuovi scenari ancora poco esplorati e la necessità di risolvere nuovi quesiti terapeutici: 1. è possibile prevedere quali pazienti avranno maggiore probabilità di raggiungere tale obiettivo? In effetti, sono oggi auspicabili fattori prognostici capaci di determinare nel singolo paziente il tipo di progressione di malattia, e quindi la più opportuna strategia terapeutica. Dai lavori pubblicati su tale argomento emergono differenti predittori di remissione: il sesso maschile, la giovane età, l’assenza di abitudine al fumo, la breve durata di malattia, una bassa attività di malattia, di disabilità e di danno radiologico all’esordio; l’assenza di fattori reumatoidi e anti-CCP, bassi livelli dei reattanti di fase acuta, IL-2 e RANKL (Receptor Activator for Nuclear Factor X B Ligand) all’esordio; inoltre, l’utilizzo precoce di una strategia terapeutica aggressiva quale la combinazione di differenti DMARDs o l’associazione con anti-TNF-B 11; 2. come mantenere la remissione? È infatti evidente che, se da un lato la riduzione/sospensione delle terapie immunosoppressive consentirebbe una riduzione degli effetti collaterali nonché dei costi diretti della terapia, dall’altro si potrebbe correre IL CONCETTO DI REMISSIONE NELL’ARTRITE REUMATOIDE SETTEMBRE 2010 NUMERO 3 CONCLUSIONI Negli ultimi anni sono stati compiuti notevoli passi avanti nella comprensione della patogenesi, nella precocità diagnostica, nell’individuazione di fattori A. PICCHIANTI DIAMANTI, V. GERMANO, B. LAGANÀ predittivi di risposta e, in generale, nella complessa gestione dei pazienti con AR. Questo ha reso possibile, per un numero sempre maggiore di pazienti, il raggiungimento dell’obiettivo remissione, fino a pochi anni fa considerato quasi una chimera. Rimane tuttavia molto da fare, soprattutto considerando quella percentuale di pazienti che nonostante le nuove strategie terapeutiche non risponde in maniera adeguata e/o duratura. Infine, lavori su un’ampia casistica, condotti con criteri clinici univoci e con l’utilizzo delle nuove tecniche di imaging, sono indispensabili per definire quali siano le migliori strategie terapeutiche per mantenere una remissione completa e sostenuta. BIBLIOGRAFIA Arnett FC, Edworthy SM, Cooper NS, et al. The American Rheumatism Association 1987 revised criteria for the classification of rheumatoid arthritis. Arthritis Rheum 1988;31:315-24. 2 Quinn MA, Emery P. Window of opportunity in early rheumatoid arthritis: possibility of altering the disease process with early intervention. Clin Exp Rheumatol 2003;21:S154-7. 3 van Gestel AM, Prevoo ML, van’t Hof MA, et al. Development and validation of the European League Against Rheumatism response criteria for rheumatoid arthritis. Comparison with the preliminary American College of Rheumatology and the World Health Organization/International League Against Rheumatism Criteria. Arthritis Rheum 1996;39:34-40. 4 Sokka T, Hetland ML, Pincus T, et al. Questionnaires in Standard Monitoring of Patients With Rheumatoid Arthritis Group. Remission and rheumatoid arthritis: data on patients receiving usual care in twenty-four countries. Arthritis Rheum 2008;58:2642-51. 5 van der Heijde DM, van Leeuwen MA, van Riel PL, et al. Radiographic progression on radiographs of hands and feet during the first 3 years of rheumatoid arthritis measured according to Sharp’s method (van der Heijde modification). J Rheumatol 1995;22:1792-6. 6 Conaghan P, Edmonds J, Klarlund M, et al. Magnetic resonance imaging in rheumatoid arthritis: summary of OMERACT activities, current status, and plans. J Rheumatol 2001;28:1158-62. 7 Breedveld FC, Kavanaugh AF, Cohen SB, et al. Early treatment of rheumatoid arthritis (RA) with adalimumab (HUMIRA) plus methotrexate vs adalimumab alone or methotrexate alone: the Premier study. Arthritis Rheum 2004;50:4096. 1 REUMATOLOGIA pratica il rischio di indurre riacutizzazioni di malattia con possibile aumento dei costi indiretti dovuti alla conseguente disabilità. I risultati ottenuti dai diversi autori sono però preliminari e contrastanti in conseguenza del farmaco biologico in studio, della durata del follow-up, ma specialmente dei diversi criteri e tecniche di imaging utilizzati per valutare la remissione clinica e radiologica. Alcuni lavori hanno infatti evidenziato la possibilità di mantenere uno stato di remissione clinica a un anno dalla sospensione della terapia biologica in una significativa percentuale di pazienti. Tale percentuale si va tuttavia assottigliando se considerata in associazione alla remissione radiologica, e ancor più se per la rilevazione di tale remissione si sono utilizzate le nuove e più sensibili tecniche di imaging 12 13. Un dato che suggerisce cautela nella sospensione della terapia è infatti il frequente riscontro di una dissociazione tra attività clinica e progressione del danno articolare con la dimostrazione di una persistente infiammazione articolare anche nei pazienti in remissione clinica. In particolare è stato evidenziato, anche dal nostro gruppo, un peggioramento del danno articolare indagato con la RM in pazienti in remissione clinica dopo la sospensione delle terapie biologiche 14. Un altro dato interessante emerge da un recente lavoro di Saleem et al., che riporta come l’unico fattore associato con una maggiore probabilità di mantenere la remissione dopo la sospensione degli anti-TNF-B sia l’inizio precoce del trattamento con tali agenti, che eviterebbe l’instaurarsi di alterazioni immunologiche irreversibili 15. Infine, da una recente metanalisi volta a valutare la sospensione delle terapie immunosoppressive sintetiche, viene riportata un’aumentata frequenza di riacutizzazioni di malattia nei pazienti che hanno seguito tale approccio terapeutico. Le ultime raccomandazioni dell’EULAR descrivono come la forza dell’evidenza non sia sufficiente in questo momento a definire in maniera certa come mantenere la remissione, tuttavia suggeriscono, prima di un’eventuale sospensione, di ridurre dapprima la dose o la frequenza di somministrazione della terapia biologica mantenendo la terapia con DMARDs e rivalutando frequentemente l’attività di malattia, il tutto dopo almeno 12 mesi di remissione persistente 16. PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 61 SETTEMBRE 2010 NUMERO 3 9 10 11 12 62 Emery P, Breedveld FC, Freundlich B, et al. Comparison of methotrexate monotherapy with a combination of methotrexate and etanercept in active, early, moderate to severe rheumatoid arthritis (COMET): a randomised, double-blind, parallel treatment trial. Lancet 2008;372:375-82. Goekoop-Ruiterman YPM, Vries Bouwstra JK, Dijkmans BAC, et al. Clinical and radiographic outcome of four different treatment strategies in patients with early rheumatoid arthritis (the best study). Arthritis Rheum 2005;52:3381-90. Katchamart W, Bombardier C. Systematic monitoring of disease activity using an outcome measure improves outcomes in rheumatoid arthritis. J Rheumatol 2010;37:1411-5. Katchamart W, Johnson S, Bombardier C, et al. Predictors for remission in rheumatoid arthritis patients: a Systematic review. Arthritis Care Res 2010 [Epub ahead of print]. Wakefield RJ, Freeston JE, Hensor EM, et al. Delay in imaging versus clinical response: a rationale for pro- REUMATOLOGIA pratica 8 PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 13 14 15 16 longed treatment with anti-tumor necrosis factor medication in early rheumatoid arthritis. Arthritis Rheum 2007;57:1564-7. Brown AK, Quinn MA, Emery P, et al. Presence of significant synovitis in rheumatoid arthritis patients with disease modifying antirheumatic drug-induced clinical remission. Arthritis Rheum 2006;54:376173. Laganà B, Picchianti Diamanti A, Germano V, et al. Two-year follow-up in early Rheumatoid Arthritis patient treated with Etanercept: radiological involvement despite clinical remission. J Biol Regul Homeost Agents 2008;22:271-3. Saleem B, Keen H, Goeb V, et al. Patients with RA in remission on TNF blockers: when and in whom can TNF blocker therapy be stopped? Ann Rheum Dis 2010 [Epub ahead of print]. Smolen JS, Aletaha D, van der Heijde D, et al. Expert Committee. Treating rheumatoid arthritis to target: recommendations of an international task force. Ann Rheum Dis 2010;69:631-7. IL CONCETTO DI REMISSIONE NELL’ARTRITE REUMATOIDE LA VALUTAZIONE DEL PAZIENTE CON DOLORE CERVICALE NON SPECIFICO SETTEMBRE 2010 VOLUME 5 PAGINE 63-73 PAROLE CHIAVE %PMPSFDFSWJDBMFt&QJEFNJPMPHJBt'BUUPSJEJSJTDIJP RIASSUNTO Il dolore cervicale rappresenta un problema quotidiano nell’attività ambulatoriale del medico di medicina generale. Qualsiasi patologia che coinvolga le strutture localizzate al di sopra del cingolo scapolo-omerale, in teoria, potrebbe essere la causa di dolore cervicale anche se, in realtà, quasi sempre si tratta di dolore cervicale non specifico. È tuttavia necessario un processo diagnostico differenziale che dovrebbe essere basato, inizialmente, su un’accurata raccolta anamnestica, sull’esame obiettivo articolare e neurologico e sull’utilizzo di questionari di autovalutazione. Il ricorso alle metodiche di immagine e ad esami elettrofisiologici dovrebbe essere limitato a quei pazienti in cui il processo diagnostico fa sospettare patologie potenzialmente serie; in tutti gli altri casi, infatti, la correlazione tra risultati delle indagini strumentali, gravità del dolore cervicale ed outcome è risultata modesta. MARCO CAZZOLA Responsabile Degenza Riabilitativa Ortopedica Azienda Ospedaliera “Ospedale di Circolo” di Busto Arsizio – Presidio di Saronno [email protected] numerose patologie, reumatiche e non, che si possono manifestare con dolore al collo. Il dolore cervicale (DC), infatti, può rappresentare uno dei sintomi di qualsiasi malattia che coinvolga strutture localizzate al di sopra del cingolo scapolo-omerale, sebbene esso sia raramente la manifestazione di neoplasie, infezioni o altre patologie occupanti spazio che coinvolgano il collo e il capo. Il DC può anche essere uno dei sintomi di sindromi disfunzionali, attualmente definite come sindromi da sensibilizzazione centrale, quali la fibromialgia e la sindrome temporo-mandibolare 1. Numerose malattie reumatiche infiammatorie, infine, possono coinvolgere il rachide cervicale (spondiloartriti sieronegative, artrite reumatoide, polimialgia reumatica, ecc.). Numerose indagini diagnostiche, strumentali e di laboratorio, possono essere utilizzate per porre una diagnosi differenziale tra queste diverse condizioni ma, una volta escluse malattie sistemiche o cause meta-traumatiche alla base del DC, la semeiotica clinica riveste un ruolo ancora oggi importante per individuarne l’origine e per impostare un adeguato programma terapeutico. VALUTAZIONE CLINICA DEL PAZIENTE AMBULATORIALE La prima richiesta anamnestica è se c’è stato un trauma. In ambiente di medicina d’urgenza la prima cosa che si vuole escludere è la presenza di fratture o lussazioni che richiedano un approccio chirurgico. Fratture ed instabilità vertebrali rappresentano condizioni da escludere anche in pazienti che non abbiano avuto traumi ma che siano affetti da altre patologie quali REUMATOLOGIA pratica INTRODUZIONE La prevalenza e l’incidenza della cervicalgia è particolarmente elevata in due gruppi di pazienti: 1. coloro che hanno subito un trauma, diretto o indiretto, a carico del rachide cervicale; 2. coloro nei quali il dolore cervicale si manifesta in assenza di cause chiaramente identificabili. Gli obiettivi della valutazione clinica ed anamnestica, chiaramente, saranno differenti in queste due diverse condizioni. Le cervicalgie post-traumatiche, ad esempio quelle che insorgono dopo colpi di frusta, sono solitamente valutate nell’area dell’emergenza, vuoi per problemi strettamente clinici, vuoi per i risvolti medico-legali ed assicurativi correlati all’incidente. La maggior parte dei pazienti che si rivolge al medico di famiglia per un problema di cervicalgia, al contrario, non è in grado di identificare un fattore causale preciso alla base dell’insorgenza del dolore; in relazione alle diverse scuole di pensiero questi pazienti saranno considerati affetti da cervicalgie non specifiche, posturali, meccaniche e così via. Prima di formulare una di queste diagnosi, tuttavia, è necessario escludere PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 63 SETTEMBRE 2010 NUMERO 3 neoplasie, malattie reumatiche infiammatorie, malattie infettive o segni di compromissione neurologica. La “Bone and Joint Decade 2000-2010 Task Force on Neck Pain and Its Associated Disorders” ha proposto, analogamente a quanto è stato fatto per la lombalgia, delle “red flags” in presenza delle quali è necessario escludere patologie serie alla base della sintomatologia dolorosa a carico del rachide cervicale in pazienti che non abbiano subito traumi significativi (Tab. I) 2. Sebbene l’esame fisico e gli accertamenti strumentali rappresentino mezzi utili per formulare la diagnosi, la prognosi e per impostare il trattamento, l’autovalutazione effettuata dal paziente tramite questionari ha un ruolo importante per comprendere il grado di disabilità, la presenza di fattori prognostici contestuali, ad esempio psicologici, e quindi per formulare una prognosi di outcome. I questionari, quindi, rientrano a buon diritto nell’ambito dei test diagnostici per lo stato funzionale attuale e per la formulazione prognostica. Esame obiettivo La valutazione dell’apparato muscoloscheletrico comprende l’ispezione, la valutazione dell’articolarità e della forza muscolare, la palpazione ed eventuali ulteriori manovre semeiologiche. Dopo l’esame fisico si ricorre ad eventuali indagini strumentali e di laboratorio. Ispezione: la postura del collo e del capo possono semplicemente indicare la presenza di una contrattura muscolare ma possono anche essere la conseguenza di deviazioni scoliotiche del rachide dorso lombare o di malposizioni a carico delle articolazioni portanti degli arti inferiori (valgismo del retropiede, eterometrie degli arti inferiori, ecc.) (Fig. 1). L’esame ispettivo, quindi, non dovrebbe mai essere limitato al rachide cervicale ma dovrebbe considerare le caratteristiche dello scheletro assile ed appendicolare nella sua globalità. L’atrofia di uno o più gruppi muscolari può indirizzare verso una lesione neurologica. La variabilità interosservatore per l’esame ispettivo è tuttavia elevata (kappa tra 0,32 e 0,81) 2. Valutazione dell’articolarità: normalmente il rachide cervicale permette una rotazione di 90°, una lateroflessione di 45°, una flessione di 60° ed un’estensione di 75°. Si valuta prima la mobilità attiva, visivamente o con strumenti; indipendentemente dal metodo utilizzato la variabilità intra-osservatore è di circa il 10% e quell’inter-ossevatore di circa il 20%. Se la mobilità attiva è conservata si passa alla valutazione della motilità passiva. Anche in questo caso la variabilità interosservatore è da elevata a moderata. Le patologie che coinvolgono il tratto cervicale superiore (da C1 a C3) determinano, in particolare, una limitazione delle rotazioni, mentre la lateroflessione risulta limitata nell’interessamento del tratto cervicale inferiore (da C4 a C7). Palpazione: ha lo scopo di individuare le sedi dolorabili ed il grado di contrattura muscolare ed assume un ruolo semeiologico particolarmente importante nell’ambito della medicina manuale. Secondo la scuola francese di Robert Maigne, infatti, l’individuazione della mal posizione delle articolazioni interapofisarie posteriori di uno o più segmenti mobili permette di porre diagnosi di “disturbo intervertebrale minore” (DIM), premessa irrinunciabile per attuare il successivo trattamento manipolativo 3. Con la manovra del pincè-roulè, che consiste nell’arrotolare tra il pollice e l’indice una piega cutanea, scollandola leggermente dai piani profondi, si riscontra un’infiltrazione cellulare sottocutanea (zona cellulo-teno-periostio-mialgica) che rende dolorosa e difficile da completare la manovra TABELLA I. Red flags nei pazienti affetti da dolore cervicale. %&'*/*;*0/& Traumi Traumi minori o assenza di traumi in pazienti osteoporotici Neoplasie Anamnesi per neoplasie, calo ponderale ingiustificato, assenza di miglioramento dopo un mese di trattamento Compressione midollare Mielopatia cervicale (dolore agli arti superiori, paraparesi, incontinenza) Malattie sistemiche Spondilite anchilosante ed altre artropatie infiammatorie Infezioni Abuso di droghe per via endovenosa, infezioni cutanee o genito-urinarie Dolore Dolore intrattabile, dolorabilità sui corpi vertebrali Altre Pregressi interventi chirurgici al collo REUMATOLOGIA pratica 64 3&%'-"(4 PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI LA VALUTAZIONE DEL PAZIENTE CON DOLORE CERVICALE NON SPECIFICO SETTEMBRE 2010 NUMERO 3 A. ANTERO-POSTERIORE 1. Retropulsione ed elevazione della spalla 2. Elevazione, adduzione e rotazione interna della scapola 3. Orizzontalizzazione del sacro 4. Ginocchio valgo 5. Lateroflessione e rotazione del rachide cervicale 6. Scoliosi cervicale dx-convessa 7. Scoliosi dorsale sx-convessa 8. Scoliosi lombare dx-convessa 9. Proiezione del bacino in dentro 10. Antiversione, rotazione interna e lateroversione esterna dell’ala iliaca 11. Intrarotazione della coscia 12. Medializzazione della rotula 13. Intrarotazione della gamba 14. Rotazione interna del cuboide B. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. LATERO-LATERALE Ipercifosi Iperlordosi cervicale Retropulsione del tronco Iperlordosi lombare Anteropulsione del bacino Ginocchio flesso Rotula alta FIGURA 1. Conseguenze del retropiede valgo. M. CAZZOLA La palpazione dei muscoli paravertebrali rappresenta, inoltre, la manovra semeiologica indispensabile per individuare la presenza di eventuali “Trigger Points” (TRp) delle sindromi miofasciali. La palpazione può essere eseguita “a piatto” con i polpastrelli delle dita, cercando di far scorrere la cute sulle fibre muscolari, oppure “a pizzico”, qualora sia possibile pinzare tra il pollice e le altre dita il ventre muscolare, ad esempio lo sterno-cleido-mastoideo (Fig. 3). La sensazione che si avverte, nelle sindromi miofasciali, è quella di un cordoncino contratto, di 1-4 mm di diametro, definito “bandelletta palpabile” nel cui contesto è localizzato il TRp (Fig. 4). La palpazione di tale area determina l’insorgenza di un dolore, locale e proiettato a distanza, che riproduce, in termini di caratteristiche e distribuzione, quello riferito anamnesticamente dal paziente (Fig. 5); talora, inoltre, determina una contrazione muscolare rapida e localizzata (local twitchresponse) che può essere avvertita come un fremito percepibile dalle dita dell’esaminatore. I Tender Points (TPs) (Fig. 6) che caratterizzano alcune sindromi al- REUMATOLOGIA pratica (Fig. 2). Il pincè-roulè risulta positivo in sedi diverse in relazione al segmento mobile interessato ed alla distribuzione dei rami posteriori dei nervi spinali coinvolti; unitamente all’individuazione del DIM, quindi, assume valore diagnostico. Il DIM C2-C3 è particolarmente frequente per le caratteristiche funzionali di questo segmento del rachide cervicale; si tratta, infatti, della prima articolazione intervertebrale completa, dal punto di vista anatomico e funzionale, sotto il blocco formato da C1 e C2 ed è esposta a tutte le sollecitazioni improvvise (traumi, movimenti bruschi), durature (posizioni anomale della testa) e permanenti (disturbi della statica del rachide sottostante). Il DIM C2-C3 rappresenta una possibile causa di cefalea cervicale, determinata dall’irritazione del ramo posteriore del terzo nervo cervicale che innerva una parte dell’occipite, la mastoide e l’angolo mandibolare; ne consegue la contrattura muscolare dell’inserzione occipitale del trapezio e del semispinale del capo ed il pincè-roulè sarà positivo al sopracciglio ed a livello temporo-mandibolare omolateralmente. PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 65 SETTEMBRE 2010 NUMERO 3 Bandeletta contratta QBMQBCJMF OFMNVTDPMP Bandelette contratte 'ibre muscolari rilassate FIGURA 4. La localizzazione del trigger point nell’am- bito delle bandelette contratte (da Cassisi, 2009) 4. FIGURA 2. La manovra del “pincè-roulè”. A B FIGURA 3. Individuazione di un trigger point con la palpazione “a piatto”, facendo scorrere la cute sulle fibre muscolari sottostanti con i polpastrelli delle dita e “a pizzico” pinzando il ventre muscolare tra il pollice e le altre dita (da Cassisi, 2009) 4. godisfunzionali, come la fibromialgia, si differenzierebbero dai TRp delle sindromi miofasciali poiché la REUMATOLOGIA pratica 66 PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI stimolazione pressoria determina dolore solo locale e non proiettato; in realtà l’individuazione tramite la palpazione digitale dei TRp piuttosto che dei TPs ha una variabilità interosservatore elevata. L’utilizzo di un algometro a pressione migliora la variabilità, sia intra- sia interosservatore, nell’individuazione dei punti dolenti, ma non aggiunge nulla alla specificità diagnostica; spesso, infatti, TRp e TPs sono confusi anche da esaminatori esperti 1. Il numero e la distribuzione dei TRp, infine, non permette di differenziare i pazienti che hanno solo DC e/o sindromi miofasciali da quelli con associata radicolopatia da ernia discale (Fig. 5). Esame neurologico Dovrebbe sempre essere effettuato nei pazienti che lamentano sintomi radicolari e dovrebbe comprendere la valutazione della forza e del tono muscolare, dei riflessi osteo-tendinei e delle caratteristiche del cammino. In relazione alla distribuzione dermatomerica del dolore, al/ai gruppi muscolari coinvolti ed al deficit del/dei riflessi osteotendinei è possibile ipotizzare quale/i radici siano coinvolte (Tab. II). L’obiettività neurologica, tuttavia, è scarsamente specifica; quando è negativa, solitamente, è possibile escludere una radicolopatia ma non è detto che al riscontro di uno o più segni neurologici corrisponda una reale compressione radicolare. Test di provocazione: hanno lo scopo di elicitare il dolore nel territorio di distribuzione di una o più radici nervose in caso di cervicobrachialgia. Il test di Roger-Bikelos-DeSeze consiste nell’abdurre il braccio fino al piano orizzontale, nell’estendere l’avambraccio e nell’inclinare contemporaneamente il capo controlateralmente. Con questa manovra si LA VALUTAZIONE DEL PAZIENTE CON DOLORE CERVICALE NON SPECIFICO SETTEMBRE 2010 NUMERO 3 nazione laterale del capo. Entrambi questi test hanno dimostrato un’alta specificità diagnostica 6. Esami strumentali Esami elettrodiagnostici: comprendono l’elettromiografia (EMG) ad ago, la risposta F, la velocità di conduzione motoria e sensitiva, l’elettromiografia di superficie ed i potenziali evocati motori e somatosensoriali. FIGURA 5. Confronto tra il territorio di irradiazione del dolore da trigger Ad eccezione del riscontro di segni points (X) del muscolo elevatore della scapola ed i territori di innervazio- elettromiografici di denervazione gli altri test elettrodiagnostici e l’EMG di ne delle radici spinali cervicali (da Cassisi, 2009) 4. superficie hanno mostrato una scarsa sensibilità e specificità nello studio delle cervicobrachialgie 2 7. determina lo stiramento radicolare e si riproducono Esami radiografici: la valutazione della cifosi e della i sintomi lamentati dal paziente (dolore e parestesie) lordosi cervicale non sono risultate statisticamente diffenel territorio di distribuzione della radice interessata. renti tra pazienti con DC e controlli 8. La tomografia asSignificato analogo riveste la manovra di Spurling, siale computerizzata (TAC) ha dimostrato di essere utile che consiste nell’estensione e contemporanea inclinella valutazione della stenosi del canale vertebrale 2. A, Occipite: bilaterale, all’inserzione del muscolo suboccipitale B, Cervicale: bilaterale, superficie anteriore dei legamenti intertrasversari C5-C7 C, Trapezio: bilaterale, al punto medio del bordo superiore D, Sovraspinato: bilaterale, all’origine del muscolo sovraspinato, al di sopra della spina della scapolare, in prossimità del bordo mediale della scapola E, Seconda Costa: bilaterale, a livello della seconda articolazione costo-condrale F, Epicondilo laterale: bilaterale, 2 cm distalmente all’epicondilo G, Gluteo: bilaterale, sul quadrante supero-esterno del grande gluteo H, Grande trocantere: bilaterale, posteriormente alla prominenza trocanterica I, Ginocchio: bilaterale, a livello del cuscinetto adiposo mediale, prossimalmente all’interlinea articolare FIGURA 6. Mappa dei tender point della fibromialgia (American College of Rheumatology 1990) (da Sarzi Puttini e Cazzola, 1991) 5. REUMATOLOGIA pratica M. CAZZOLA PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 67 SETTEMBRE 2010 NUMERO 3 TABELLA II. Esame neurologico. %*4$0 .&5".&30 3*'-&440 .64$0-* 4&/4*#*-*5®/&370 C4-C5 C5 Bicipitale Romboide Deltoide Bicipite Infraspinato Braccio laterale, nervo ascellare C5-C6 C6 Brachioradiale (bicipitale) Estensori del carpo - bicipite Avambraccio laterale, n. muscolo cutaneo C6-C7 C7 Tricipitale Flessori, estensori delle dita - tricipite Lato mediale delle dita C7-T1 C8 Flessori delle dita Opponente del pollice Avambraccio mediale T1-T2 T1 Muscoli intrinseci della mano Braccio mediale La discografia è stata utilizzata per individuare i casi di DC a genesi primitivamente discale; i risultati degli studi controllati, tuttavia, non hanno mostrato differenze significative nell’elicitazione del dolore tra pazienti e controlli sani 9. Non ci sono prove, inoltre, che la discografia migliori l’outcome clinico in pazienti deputati ad effettuare interventi chirurgici di discectomia o stabilizzazione vertebrale 10. La risonanza magnetica nucleare (RMN) ha mostrato una notevole variabilità inter- ed intra-osservatore quando utilizzata per studiare alterazioni degenerative, ossee e discali, nei pazienti con DC. Quando i risultati della RMN nei pazienti sottoposti a chirurgia per ernia discale sono stati confrontati con i reperti operatori, la sensibilità della metodica è risultata assai variabile nei diversi studi (dal 42 al 96%) così come la specificità (dal 27 al 93%) 2. Problemi metodologici relativi agli studi pubblicati rendono difficile esprimere pareri definitivi su sensibilità e specificità della RMN nella valutazione i pazienti con ernia cervicale. Alterazioni alla RMN sono state riscontrate frequentemente in soggetti asintomatici; la frequenza delle alterazioni degenerative, sia ossee sia discali, aumenta esponenzialmente con l’età. Nella popolazione oltre i 40 anni, asintomatica per DC, sono state riscontrate alterazioni (bulging discale, protrusioni discali anteriori o posteriori, riduzione di altezza dei dischi intervertebrali, riduzione di ampiezza dei fori di coniugazione, impronte sullo spazio durale) in una percentuale compresa tra il 37 ed il 57%; tali percentuali aumentano fino all’86-89% negli ultrasessantenni 11. Da questi dati risulta evidente come il riscontro di alterazioni alla RMN non possa essere acriticamente considerato causale nella genesi del REUMATOLOGIA pratica 68 PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI DC se non si associa a chiari segni clinici di radicolopatia 12. Quando effettuata in pazienti che hanno subito un colpo di frusta la RMN non ha evidenziato alterazioni specifiche dei tessuti molli rispetto ai controlli. Anche nei pazienti con cefalea considerata di origine cervicale la RMN non ha permesso di riscontrare alterazioni specifiche rispetto ai controlli. Tecniche infiltrative: sono state utilizzate sia per riprodurre il dolore lamentato dal paziente, e quindi individuarne l’origine, sia per eliminarlo. Nel primo caso si utilizza soluzione fisiologica, nel secondo anestetici. L’infiltrazione con anestetici delle faccette articolari ha determinato una riduzione del dolore in percentuale compresa tra il 71 ed il 73%, dopo la prima iniezione, rispetto ad una riduzione del 26% nel gruppo trattato con placebo 14. La risposta alla seconda infiltrazione, tuttavia, è minore, anche nei pazienti che avevano avuto una remissione quasi totale del dolore dopo la prima iniezione 15. Questi dati non permettono di concludere che l’origine del DC sia ascrivibile solo alle faccette articolari. Questionari autosomministrati: sono utili non solo per valutare l’intensità e le caratteristiche del dolore e della disabilità che ne consegue, ma anche per scegliere le strategie terapeutiche più idonee per il singolo paziente e per monitorare l’evoluzione del trattamento. Per la valutazione del dolore la scala analogica visiva (VAS) è quella più utilizzata. Il Neck Disability Index è considerato il gold standard di riferimento per tutti gli altri questionari 16. In Italia esiste la versione validata del Neck Pain Questionnaire 13 (Fig. 7). LA VALUTAZIONE DEL PAZIENTE CON DOLORE CERVICALE NON SPECIFICO SETTEMBRE 2010 NUMERO 3 Neck Pain Questionnaire Questo questionario le viene proposto per informarci di come il dolore cervicale la limita nelle attività della sua vita quotidiana. La preghiamo di rispondere ad ogni sezione collocando una crocetta in corrispondenza di una sola voce. Comprendiamo che talvolta potrebbe individuare anche due o più voci. In tal caso metta la crocetta sulla peggiore Ricordi di segnare soltanto una voce per sezione 1. */5&/4*5®%&-%0-03&$&37*$"-& in in in in in questo questo questo questo questo momento momento momento momento momento non ho dolore il dolore è lieve il dolore è medio il dolore è grave il dolore è il peggiore immaginabile q q q q q %0-03&$&37*$"-&&40//0 il dolore cervicale non ha mai disturbato il mio sonno il dolore cervicale occasionalmente mi disturba il sonno il dolore cervicale regolarmente mi disturba il sonno per colpa del dolore cervicale dormo meno di 5 ore per notte per colpa del dolore cervicale dormo in tutto meno di 2 ore per notte q q q q q '03.*$0-*00*/%0-&/;*.&/50"--&#3"$$*"%*/055& di notte non ho mai formicolio o indolenzimento alle braccia di notte ho occasionalmente formicolio o indolenzimento alle braccia il mio sonno è regolarmente disturbato da formicolio o indolenzimento a causa del formicolio o indolenzimento dormo in tutto meno di 5 ore per notte a causa del formicolio o indolenzimento dormo in tutto meno di 2 ore per notte q q q q q %63"5"%&*4*/50.* durante il giorno braccia e collo non hanno problemi quando cammino ho sintomi al collo e alle braccia che durano meno di 1 ora i sintomi vanno e vengono per un totale di 1-4 ore al giorno i sintomi vanno e vengono per più di 4 ore al giorno i sintomi sono continui per tutto il giorno q q q q q 53"41035"3&1&4* posso portare oggetti pesanti senza che aumenti il dolore posso portare oggetti pesanti, ma questo mi fa aumentare il dolore il dolore mi impedisce di portare oggetti pesanti, ma non pesi medi posso sollevare solamente oggetti leggeri non posso sollevare assolutamente nulla q q q q q (continua) M. CAZZOLA . 13 REUMATOLOGIA pratica FIGURA 7. Neck Pain Questionnaire (Hain et al., 1998, mod.) PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 69 SETTEMBRE 2010 NUMERO 3 (Figura 7 - segue) LEGGERE E GUARDARE LA TV posso farlo per tutto il tempo che voglio senza avere problemi posso farlo tutto il tempo che voglio se sono in una posizione comoda posso farlo tutto il tempo che voglio, ma ciò mi fa aumentare il dolore il dolore mi costringe a smettere prima di quanto vorrei il dolore mi impedisce di farlo q q q q q -"703"3&-"703*%0.&45*$*&$$ svolgo la mia abituale occupazione senza che aumenti il dolore svolgo la mia abituale occupazione, ma ciò mi fa aumentare il dolore il dolore mi impedisce di svolgere il mio lavoro per più di metà del solito tempo il dolore mi impedisce di svolgere il mio lavoro per più di un quarto del solito tempo il dolore mi impedisce completamente di lavorare "55*7*5®40$*"-* la mia vita sociale è normale e non mi fa aumentare il dolore la mia vita sociale è normale, ma mi fa aumentare il dolore il dolore ha limitato la mia vita sociale, ma sono ancora in grado di uscire il dolore ha limitato la mia vita sociale in casa a causa del dolore non ho più vita sociale 9. q q q q q q q q q q (6*%"3&0.&55&3&4&/0/(6*%"7"/&1163&26"/%045"7"#&/& posso guidare senza disagio quando necessario posso guidare quando necessario, ma con disagio dolore cervicale e rigidità occasionalmente limitano la guida dolore cervicale e rigidità limitano la guida a causa dei sintomi cervicali non posso guidare q q q q q 10. */$0/'30/50"--6-5*."70-5"*/$6*)"$0.1*-"50*-26&45*0/"3*0*-%0-03& "-$0--0µ molto migliorato leggermente migliorato lo stesso lievemente peggiorato molto peggiorato CONCLUSIONI Nella pratica clinica quotidiana ai pazienti con DC non specifico sono prescritti, spesso in modo improprio, svariati accertamenti diagnostici strumen- REUMATOLOGIA pratica 70 PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI q q q q q tali, talora di utilità non documentata. L’anamnesi e l’esame obiettivo, in realtà, rivestono ancora oggi i capisaldi per l’orientamento diagnostico-terapeutico (Tab. III). LA VALUTAZIONE DEL PAZIENTE CON DOLORE CERVICALE NON SPECIFICO SETTEMBRE 2010 NUMERO 3 La stessa modalità classificativa delle cervicalgie, basata tradizionalmente sull’ipotetico fattore causale o sull’evento precipitante è ormai superata; questo modello concettuale, in una condizione clinica in cui i fattori prognostici sono assai eterogenei, ha infatti mostrato i suoi limiti. È quindi stato proposto, dalla Neck Pain Task-Force 17, un sistema di classificazione in 4 gradi che considera sia i segni obiettivi sia le caratteristiche del dolore, in termini di intensità ed interferenza con le normali attività, sulla cui base dovrebbe essere programmato il successivo iter diagnostico-terapeutico (Tab. IV) (Fig. 8). Quasi tutte le indagini diagnostiche strumentali, infatti, hanno mostrato una scarsa correlazione con la presenza e la gravità del DC; il riscontro di anomalie morfologiche, quindi, non dovrebbe rappresentare il solo criterio su cui impostare il trattamento. TABELLA III. La valutazione del paziente con dolore cervicale in base all’evidenza scientifica. '035&&7*%&/;"$*3$"-65*-*5® t dei protocolli di screening nei soggetti con traumi a basso rischio t della TAC come prima indagine nei soggetti con traumi ad alto rischio t delle manovre semeiologiche di provocazione (test di Roger) nelle cervicobrachialgie t della combinazione tra anamnesi, esame obiettivo muscoloscheletrico e neurologico, RMN ed EMG ad ago per diagnosticare il livello delle radicolopatie t dei questionari autocompilati per la valutazione del dolore, della disabilità e dello stato psicologico '035&&7*%&/;"$*3$"-*/65*-*5®1&3*$0-04*5® t esame radiografico in proiezioni dinamiche in condizioni acute post-traumatiche ."/$"/;"%*%"5*$)&4611035*/0-"7"-*%*5®%*"(/045*$"0-65*-*5® t test di provocazione per individuare la struttura/e da cui origina il dolore (discografia, infiltrazione con soluzione salina delle faccette articolari) t blocco anestetico delle faccette articolari t EMG di superficie e potenziali evocati somatosensoriali per porre diagnosi di radicolopatia TAC: tomografia assiale computerizzata; RMN: risonanza magnetica nucleare; EMG: elettromiografia. TABELLA IV. Classificazione delle cervicalgie della /FDL1BJO5BTL'PSDF. Grado I: nessun segno o sintomo indicativo di un danno strutturale ed interferenza nulla o minima con le attività di vita quotidiana. La sintomatologia dovrebbe rispondere a misure terapeutiche minime, quali la rassicurazione del paziente ed il controllo del dolore; non sono necessari accertamenti diagnostici strumentali particolari Grado II: nessun segno o sintomo indicativo di un danno strutturale ma interferenza significativa con le attività di vita quotidiana. È necessario intervenire con tutti gli strumenti disponibili per ridurre il dolore e per prevenire la disabilità a lungo termine Grado III: nessun segno o sintomo di un danno strutturale ma presenza di segni neurologici quali debolezza muscolare, deficit dei riflessi ed alterazioni della sensibilità; possono essere necessarie indagini strumentali e trattamenti invasivi Grado IV: segni o sintomi di danni strutturali maggiori, quali fratture vertebrali, mielopatia cervicale, neoplasie o malattie sistemiche; sono necessari accertamenti strumentali immediati e trattamento mirato REUMATOLOGIA pratica M. CAZZOLA PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 71 SETTEMBRE 2010 NUMERO 3 DOLORE CERVICALE Questionari autocompilati sull’interferenza del dolore con le normali attività Anamnesi: red flags? Esame obiettivo generale, articolare e neurologico TIPOLOGIA E SEVERITÀ DEL DOLORE Grado I Grado II Grado III tNessun accertamento tRassicurare tAutotrattamento tValutare i fattori che determinano l’interferenza con le normale attività tValutare insieme al paziente le diverse opzioni terapeutiche per ridurre i sintomi in breve tempo tValutare se i deficit osservati sono minori e stabili tConsiderare l’esecuzione della RMN e la richiesta di consulti se i deficit osservati sono maggiori o in evoluzione tL’esame EMG può essere utile Grado IV tAccertamenti in relazione all’ipotesi diagnostica FIGURA 8. Valutazione e management del dolore cervicale. BIBLIOGRAFIA 1 Sarzi Puttini PC, Cazzola M, Atzeni F, et al. Fibromialgia. Fidenza: Mattioli 1885, Ed. 2010. 2 Nordin M, Carragee EJ, Hogg-Jonson S, et al. Assessment of neck pain and its associated disorders. Spine 2008;33:S101-22. 3 Maigne R. La terapia manuale in patologia vertebrale ed articolare. Torino: Cortina Ed. 1979. 4 Cassisi G. Le sindromi dolorose miofasciali. In: Sarzi Puttini P, Cazzola M, editors. Il manuale del paziente affetto da sindrome fibromialgica. Milano: GPAnet 2009, p. 95 5 Sarzi Puttini PC, Cazzola M. La sindrome fibromialgica. Roma: Edizioni ESAM FUTURA 1991. 6 Tong HC, Haig AJ, Yamakawa K. The Spurling test and cervical radiculopathy. Spine 2002;27:156-9. 7 Dillingham TR, Lauder TD, Andary M, et al. Identification of cervical radiculopathies: optimizing the REUMATOLOGIA pratica 72 PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 8 9 10 11 12 electromyographic screen. Am J Phys Med Rehabil 2001;80:84-91. White AP, Biswas D, Smart LR, et al. Utility of flexionextension radiographs in evaluating the degenerative cervical spine. Spine 2007;32:975-9. Grubb SA, Kelly CK. Cervical discography: clinical implications from 12 years of experience. Spine 2000;25:1382-9. Slipman CW, Plastaras C, Patel R, et al. Provocative cervical discography symptom mapping. Spine J 2005;5:381-8. Teresi LM, Lufkin RB, Reicher MA, et al. Asymptomatic degenerative disc disease and spondylosis of the cervical spine: MR imaging. Radiology 1987;164:83-8. Boden SD, McCowin PR, Davis DO, et al. Abnormal magnetic-resonance scans of the cervical spine in asymptomatic subjects. A prospective investigation. J Bone Joint Surg Am 1990;72:1178-84. LA VALUTAZIONE DEL PAZIENTE CON DOLORE CERVICALE NON SPECIFICO SETTEMBRE 2010 NUMERO 3 14 15 Salaffi F, Carotti M. Clinimetria delle malattie muscolo-scheletriche. Scale e punteggi. Fidenza: Mattioli 1885 Ed. 2007. Lord SM, Barnsley L, Bogduk N. The utility of comparative local anesthetic blocks versus placebo-controlled blocks for the diagnosis of cervical zygapophysial joint pain. Clin J Pain 1995;11:208-13. Barnsley L, Lord SM, Bogduk N. Comparative local M. CAZZOLA 16 17 anesthetic blocks in the diagnosis of cervical zygapophysial joint pain. Pain 1993;55:99-106. Hain F, Waalen J, Mior S. Psychometric properties of the neck disabilit index. J Manipulative Physiol Ther 1998;21:75-80. Guzman J, Hurvitz EL, Carrol LJ, et al. A new conceptual model of neck pain. Spine 2008;33:S14-23. REUMATOLOGIA pratica 13 PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 73 SETTEMBRE 2010 VOLUME 5 PAGINE 74-76 COSA FARE DI FRONTE A UNA SOSPETTA ARTRITE INIZIALE? L’artrite reumatoide (AR) è una malattia infiammatoria sistemica che colpisce prevalentemente le articolazioni diartrodiali. Tale patologia colpisce circa l’1% della popolazione e risulta altamente invalidante, determinando una significativa modificazione della qualità della vita con compromissione delle capacità lavorative entro 10 anni dall’esordio dei primi sintomi in oltre il 50% dei pazienti 1. Il concetto di artrite precoce, o Early Arthritis (EA), si è sviluppato in tempi relativamente recenti, soprattutto a causa della consapevolezza dell’oramai comprovata precocità nella maggioranza dei pazienti dei danni articolari irreversibili tipici dell’AR 2. Inoltre, l’evidenza che un approccio terapeutico precoce dei reumatismi infiammatori cronici risulti in grado di modificare, anche in maniera sostanziale, l’evoluzione e il decorso di queste malattie, ha contribuito a creare l’idea che esista un periodo “iniziale” di malattia particolarmente sensibile alla terapia 3. Tale periodo iniziale rappresenta quindi una vera e propria window of opportunity per il clinico, in quanto durante tale periodo sembra possibile incidere in maniera più significativa sulla progressione della malattia 4. Si parla, quindi, di artrite all’esordio o EA 5. Per definire le fasi iniziali di un processo infiammatorio articolare cronico sono state utilizzate numerose definizioni: early arthritis, early inflammatory poliarthritis, early rheumatoid arthritis. In quest’ultimo caso l’aggettivo “reumatoide” riveste notevole significato in quanto implica una ben precisa connotazione patologica. Attualmente non è possibile definire l’EA basandosi su criteri biologici o sui meccanismi patogenetici che sottendono l’instaurarsi dei danni articolari, perciò si utilizza una definizione basata sul tempo intercorso dall’esordio dei sintomi; tale definizione è stata ottenuta da studi su ampie casistiche, ma ovviamente non sempre è applicabile al singolo paziente. L’iniziale limite temporale di 3 mesi per definire un’artrite in fase iniziale si è progressivamente dilatato a 6, anche se, secondo alcuni autori, può estendersi a 12 mesi. REUMATOLOGIA pratica 74 PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI In Tabella I sono elencati i criteri proposti da Emery et al. nel 2002 per la diagnosi di EA da utilizzare nella pratica clinica 6. Il clinico che si trova a fronteggiare una condizione di EA deve considerare la possibilità che si possa trattare di condizioni morbose diverse dall’artrite reumatoide (Tab. II). Alcune forme, come ad esempio le artriti postvirali (es. parvovirus B19), possono mimare un quadro poliartritico simmetrico del tutto simile a quello osservabile nell’artrite reumatoide, e addirittura soddisfare gli ormai obsoleti criteri classificativi del 1987 dell’American College of Rheumatology (Tab. III). In tali situazioni, solamente la cronicità del processo risulta dirimente. È importante tenere anche in considerazione, soprattutto in soggetti giovani di sesso femminile, un possibile esordio poliarticolare di una connettivite sistemica. Nel percorso diagnostico di una EA giocano un ruolo fondamentale anche le metodiche di imaging. La radiologia convenzionale rimane a tutt’oggi il gold standard di riferimento per la quantificazione del danno articolare e per la valutazione della sua eventuale progressione nel tempo. Va tenuto presente che nelle fasi iniziali della malattia la radiologia convenzionale risulta spesso negativa, ma può essere utile per escludere patologie non di pertinenza reumatologica. L’ecografia articolare, soprattutto se eseguita con il Power-Doppler, è una metodica ottimale nell’individuazione precoce delle erosioni, anche non rilevabili con la radiologia convenzionale, e per ottenere informazioni sullo stato flogistico delle articolazioni 7. La risonanza magnetica nucleare, soprattutto se eseguita con mezzo di contrasto, infine, fornisce informazioni con elevata risoluzione spaziale e alta ri- MATTEO COLINA, FRANCESCO TROTTA U.O. Reumatologia, Azienda OspedalieroUniversitaria “Sant’Anna”, Ferrara Matteo Colina [email protected] SETTEMBRE 2010 NUMERO 3 TABELLA I. Segni e sintomi precoci patognomici per la diagnosi di artrite reumatoide (da Emery, 2002, mod.) 6. ≥ 3 articolazioni tumefatte Coinvolgimento delle articolazioni MCF e MTF (segno della gronda positivo o Squeeze Test positivo) Rigidità mattutina ≥ 30 minuti Buona risposta ai FANS MCF: articolazioni metacarpofalangee; MTF: articolazioni metatarsofalangee; FANS: farmaci antinfiammatori non steroidei. soluzione di contrasto di tutte le strutture articolari e periarticolari 8. Tale metodica, pur essendo ancora scarsamente accessibile e di difficile interpretazione, deve però essere considerata indispensabile nella valutazione di un paziente con EA. Le early inflammatory poliarthritis possono evolvere secondo differenti modalità: in particolare, possono rimanere forme cosiddette indifferenziate nel 50% circa dei casi, divenire vere e proprie artriti reumatoidi in una percentuale variabile dal 15 al 25% dei casi, mentre nel 25-35% la diagnosi può essere differente. Le poliartriti indifferenziate possono poi, a loro volta, risolversi spontaneamente oppure persistere, con la presenza o meno di caratteristiche erosive del tutto analoghe a quelle osservabili nelle artriti reumatoidi conclamate. Da quanto detto risulta evidente che il concetto stesso di diagnosi viene soppiantato da quello più importante di prognosi. I parametri maggiormente connessi alla persistenza di malattia sembrano essere la durata stessa superiore a 6 mesi e la positività del fattore reumatoide (FR) e degli anticorpi anti peptidi ciclici citrullinati (anti-CCP). Sembrano altresì importanti anche il sesso femminile, l’aumento degli indici aspecifici di flogosi e il numero delle articolazioni dolenti e/o tumefatte 4 9. Il principale fattore predisponente allo sviluppo di erosioni articolari, invece, è rappresentato dalla presenza, al momento della diagnosi, di almeno un’erosione. Tale fattore, pur essendo altamente sensibile nella stratificazione prognostica dell’EA, non dovrebbe tuttavia essere incluso in quanto una corretta diagnosi andrebbe idealmente formulata prima di tale evenienza. Nel 2002 Visser et al. hanno condotto uno studio considerando 22 variabili, e hanno dimostrato che i fattori in grado di predire la persistenza e l’erosività dell’EA sono la durata di malattia ≥ 6 mesi, la flogosi di almeno 3 articolazioni, la positività del segno della gronda alle articolazioni metatarso-falangee, una rigidità mattutina ≥ 30 minuti e la positività del FR e degli anti-CCP (Tab. IV) 10. L’applicazione di tale modello potrebbe consentire di calcolare la probabilità nel paziente di una determi- TABELLA II. Diagnosi differenziale di early arthritis. "353*5**/'*".."503*& "353*5*/0/*/'*".."503*& Artrite reumatoide Artrosi generalizzata Artriti post-virali (parvo-virus, rosolia) Fibromialgia Artrite psoriasica Artrite reattiva (Reiter) Connettivopatie Lupus sistemico eritematoso Spondilite anchilosante Sclerodermia Artrite da enteropatia Behçet Polimialgia reumatica Panarterite nodosa Connettivite indifferenziata Artrite da sarcoidosi Gotta poliarticolare/pseudogotta Artrite settica Altre M. COLINA, F. TROTTA Sindromi paraneoplastiche REUMATOLOGIA pratica Encocardite batterica sub-acuta PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 75 SETTEMBRE 2010 NUMERO 3 TABELLA III. Criteri classificativi ACR (1987) (da Arnett et al., 1988, mod.) 11. TABELLA IV. Criteri di Visser (da Visser et al., 2002, mod.) 10. 1. Rigidità mattutina (≥ 1 ora) Durata dei sintomi alla prima visita (≥ 6 settimane < 6 mesi) 2. Artrite ≥ 3 articolazioni (MCF, IFP, polsi, gomiti, caviglie, MTF) Rigidità mattutina Artrite ≥ 3 articolazioni “gronda” positiva alla MTF 3. Artrite di almeno 1 articolazione della mano (polso, MCF, IFP) Fattore reumatoide (IgM) positivo Anticorpi anti-citrullina positivi 4. Artrite simmetrica (bilaterale a carico della medesima area particolare) Erosioni mani e piedi MTF: articolazioni metatarsofalangee. 5. Nodulari reumatoidi 6. Positività del fattore reumatoide (con metodo risultante positivo in < 5% dei controlli normali) 7. Modifiche radiologiche (erosioni) MCF: articolazioni metacarpofalangee; MTF: articolazioni metatarsofalangee; IFP: articolazioni interfalangee prossimali. N.B. Criteri 1, 2, 3, 4 presenti per almeno 6 settimane. nata evoluzione in artrite autolimitante, artrite persistente non erosiva o artrite persistente erosiva, condizionando fortemente l’atteggiamento terapeutico più corretto. In conclusione, l’EA rappresenta un notevole progresso in termini diagnostici, anche se la sua corretta interpretazione e gestione dovrebbero essere affidate a centri reumatologici altamente specializzati. BIBLIOGRAFIA 1 Pincus T, Callahan LF. What is the natural history of rheumatoid arthritis ? Rheum Dis Clin North Am 1993;19:123-51. 2 Strand V, Sharp V. Radiographic data from recent randomised trials in rheumatoid arthritis. Arthritis Rheum 2003;48:21-34. 3 Quinn MA, Cox S. The evidence for early intervention. Rheum Dis Clin North Am 2005;31:575-89. 4 Amjadi-Begvand S, Khanna D, Park GS, et al. Dating the “window of therapeutic opportunity” in early rheumatoid arthritis: accuracy of patient recall of arthritis symptoms onset. J Rheumatol 2004;31:1686-92. REUMATOLOGIA pratica 76 PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 5 6 7 8 9 10 11 Machold KP, Nell V, Stamm T, et al. Early rheumatoid arthritis. Curr Opin Rheumatol 2006;18:282-8. Emery P, Breedveld FC, Dougados M, et al. Early referral recommendation for newly diagnosed rheumatoid arthritis: evidence based development of a clinical guide. Ann Rheum Dis 2002;61:290-7. Taylor PC, Steuer A, Gruber J, et al. Comparison of ultrasonographic assessment of synovitis and joint vascularity with radiographic evaluation in a randomized, placebo-controlled study of infliximab therapy in early rheumatoid arthritis. Arthritis Rheum 2004;50:110716. Tamai M, Kawakami A, Uetani M, et al. Early prediction of rheumatoid arthritis by serological variables and magnetic resonance imaging of the wrists and finger joints: results from prospective clinical examination. Ann Rheum Dis 2006;65:134-5. Wolfe S. The prognosis of rheumatoid arthritis: assessment of disease severity in the clinical. Am J Med 1997;103:12-185. Visser H, le Cessie S, Vos K, et al. How to diagnose rheumatoid arthritis early: a prediction model for persistent (erosive) arthritis. Arthritis Rheum 2002;46:35765. Arnett FC, Edworthy SM, Bloch DA, et al. The American Rheumatism Association 1987 revised criteria for the classification of rheumatoid arthritis. Arthritis Rheum 1988;31:315-24. COSA FARE DI FRONTE A UNA SOSPETTA ARTRITE INIZIALE? PROBLEMATICHE RELATIVE ALLA VACCINAZIONE IN SOGGETTI AFFETTI DA ARTRITE SETTEMBRE 2010 VOLUME 5 PAGINE 77-81 PAROLE CHIAVE "SUSJUFt7BDDJOB[JPOFt'BSNBDJEJGPOEPt Farmaci biologici RIASSUNTO I pazienti affetti da artropatie infiammatorie croniche in terapia con farmaci immunosoppressori, in particolare quelli affetti da artrite reumatoide, hanno un rischio di contrarre infezioni più elevato rispetto a quello della popolazione generale. In questo gruppo di pazienti è pertanto consigliata la vaccinazione sistematica, in particolare la vaccinazione annuale anti-influenzale e quell’anti-pneumococcica. I vaccini con germi vivi attenuati sono invece controindicati nei pazienti con artrite trattati con i farmaci biologici e con i farmaci di fondo ad azione immunosoppressiva, quali il methotrexate e la leflunomide. Sono stati eseguiti alcuni studi su piccoli gruppi di pazienti per valutare la safety e l’efficacia dei vaccini nei pazienti con artrite. I risultati di tali studi hanno dimostrato che questi pazienti riescono ad ottenere spesso una sieroconversione soddisfacente e quindi un’adeguata protezione dalle infezioni, sebbene sia stata talora osservata una riduzione della risposta al vaccino rispetto ai controlli sani, specialmente nei pazienti trattati con methotrexate. La somministrazione dei vaccini a pazienti con attività di malattia stabile non porta ad una riacutizzazione della malattia di base. ILARIA CHIAROLANZA, NICOLÒ PIPITONE Unità Operativa di Reumatologia, Arcispedale Santa Maria Nuova, Reggio Emilia Ilaria Chiarolanza [email protected] su una disamina aggiornata della letteratura e delle raccomandazioni delle Società Europee e Nordamericane. VACCINAZIONE ANTI-PNEUMOCOCCICA E ANTI-INFLUENZALE Sono attualmente in commercio due vaccini anti-pneumococco: il vaccino “coniugato” eptavalente (protettivo nei confronti di 7 sottotipi, responsabili della quasi totalità dei casi di meningite e sepsi da pneumococco), il vaccino più indicato nell’infanzia, e il vaccino 23-valente, raccomandato in pazienti di età superiore a 65 anni, in pazienti con asplenia e con malattie croniche 1. I vaccini usati sono di regola costituiti da virus inattivati senza adiuvanti. La risposta al vaccino anti-influenzale si saggia mediante il test di inibizione della emoagglutinazione; si considera una risposta soddisfacente un incremento delle IgG specifiche ≥ 4 volte il titolo misurato prima della immunizzazione. La risposta al vaccino anti-pneumococcico è definita come un incremento del titolo anticorpale IgG-specifico rispetto al basale maggiore di due volte misurato in EIA o ELISA su 7-12 sierotipi 1. Le vaccinazioni sembrano essere per lo più efficaci nei pazienti con artrite. Alcuni, ma non tutti gli studi pubblicati, suggeriscono che taluni farmaci possano REUMATOLOGIA pratica PREMESSA I pazienti affetti da malattie infiammatorie articolari croniche hanno un rischio di contrarre infezioni maggiore rispetto a quello della popolazione generale. Tale rischio è legato alle alterazioni del sistema immune correlate alla malattia di base, ma anche all’uso di farmaci immunosoppressori, tra cui rientrano in particolare alcuni farmaci di fondo quali il methotrexate, la leflunomide e i farmaci biologici. Al fine di ridurre il rischio di infezioni, che in questi soggetti immunodepressi sono non di rado gravate da complicanze più gravi inclusa una aumentata mortalità, è consigliabile vaccinare sistematicamente tali pazienti, in particolare con il vaccino anti-influenzale ed il vaccino antipneumococcico. Numerosi studi, anche se su piccoli gruppi di casi, sono stati eseguiti per valutare in questo gruppo di pazienti l’efficacia e la “safety” dei vaccini. Nel seguito si offrono delle raccomandazioni sull’impiego dei vaccini nei pazienti con artrite basate PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 77 SETTEMBRE 2010 NUMERO 3 ridurre la risposta alle vaccinazioni, senza però inficiarle completamente 1. Dati concordanti attestano invece la safety di tali vaccinazioni. Vaccinazione anti-pneumococcica La vaccinazione anti-pneumococcica sembra essere per lo più efficace ed esente da rischi nei pazienti con artrite. Diversi studi sono hanno valutato l’immunogenicità e la sicurezza del vaccino anti-pneumococcico in pazienti con artrite. In tutti gli studi è stato utilizzato il vaccino 23-valente (Pneumovax®), indicato per i soggetti adulti. In pazienti con malattia ostruttiva polmonare in terapia cronica con glucocorticoidi la risposta al vaccino non era inficiata 2. Dengler et al. nel 1998 3 mostrarono che l’uso della ciclosporina in pazienti trapiantati non inibiva la risposta anticorpale al vaccino anti-pneumococcico. Kapetanovich et al. 4 hanno studiato 4 gruppi di pazienti affetti da artrite reumatoide: il primo era costituito da pazienti in terapia con anti-TNF in associazione a methotrexate, il secondo da pazienti in terapia con anti-TNF in monoterapia o in associazione a farmaci di fondo diversi dal methotrexate, il terzo da pazienti in terapia con methotrexate in monoterapia ed il quarto gruppo, di controllo, era costituito da pazienti in terapia con farmaci di fondo diversi dal methotrexate. Fu osservata una riduzione della risposta anticorpale nel gruppo di pazienti che assumevano methotrexate, sia da solo che in associazione ad altri farmaci di fondo o agli anti-TNF. Tale dato è stato confermato da uno studio randomizzato controllato di Kaine et al. 5 nel quale il vaccino 23-valente fu somministrato a novantanove pazienti in terapia con l’inibitore del TNF-B adalimumab e 109 controlli che assumevano solo farmaco di fondo e terapia con glucocorticoidi. I pazienti che assumevano adalimumab e methotrexate o altri farmaci di fondo avevano una risposta al vaccino inferiore rispetto ai pazienti che assumevano l’anti-TNF in monoterapia. L’efficacia del vaccino si è dimostrata comparabile a quella ottenuta nei soggetti sani: il limite di questo studio era però costituito dal fatto che i pazienti esaminati erano stati sottoposti ad una singola somministrazione del farmaco anti-TNF. Nel 2004 Mease et al. 6 studiarono 184 pazienti affetti da artrite psoriasica stratificati in base all’uso di methotrexate, randomizzati a ricevere etanercept o placebo. I pazienti furono vaccinati e fu testata la risposta anticorpale contro 5 dei 23 antigeni pneumococcici; anche in questo studio il methotrexate risulta- REUMATOLOGIA pratica 78 PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI va essere un fattore di rischio per una scarsa risposta al vaccino. L’aggiunta di etanercept al methotrexate non peggiorava la risposta. In un sottostudio dell’ASPIRE furono arruolati 90 pazienti affetti da artrite reumatoide per valutarne la capacità di rispondere al vaccino anti-pneumococcico in corso di terapia con methotrexate, da solo o in combinazione con un anti-TNF. L’80-85% dei pazienti rispondeva ad al meno uno dei sierotipi testati, mentre il 20-25% rispondeva a sei o più sierotipi; l’utilizzo degli anti-TNF non peggiorava questa risposta 7. Elkayam et al. 8 mostrarono in uno studio controllato su 16 pazienti consecutivi (11 con artrite reumatoide e 5 con spondilite anchilosante) trattati con infliximab o etanercept e 17 pazienti affetti da artrite reumatoide che assumevano solo farmaci di fondo appaiati per età, vaccinati con il vaccino 23-valente, che l’uso dei farmaci anti-TNF consentiva una risposta umorale statisticamente significativa definita come media geometrica della concentrazione di IgG specifiche; tuttavia, nel gruppo dei pazienti trattati con anti-TNF, le percentuali di risposta al vaccino erano inferiori. Per quanto riguarda l’abatacept, è stato eseguito uno studio randomizzato in aperto su un gruppo di soggetti sani cui è stata somministrata una singola dose di abatacept e che sono stati vaccinati con il vaccino 23-valente in periodi diversi (2 settimane prima, 2 settimane dopo, 8 settimane dopo l’infusione con abatacept) più un gruppo di controllo; un incremento delle IgG specifiche per almeno 3 sierotipi fu osservato in più del 70%; il 25% circa dei pazienti mostrò un incremento significativo per più di 6 sierotipi 9. Nel 2002 Elkayan et al. 10 condussero uno studio su 42 pazienti consecutivi affetti da artrite reumatoide, vaccinati con vaccino 23-valente: tali pazienti furono valutati il giorno del vaccino e due mesi più tardi. Non fu osservato peggioramento dell’attività di malattia nel gruppo di pazienti con artrite reumatoide; in tali pazienti fu osservato un incremento medio di IgG polisaccaride specifiche simile al gruppo di controllo, anche se 14 dei 42 pazienti con artrite reumatoide avevano risposto ad uno o nessuno dei sette antigeni testati. Per quanto riguarda il rituximab, in uno studio randomizzato controllato sono stati studiati 103 pazienti affetti da artrite reumatoide trattati con rituximab cui veniva stato somministrato il vaccino 23-valente; i pazienti erano suddivisi in due gruppi, quelli in trattamento con il rituximab in associazione al methotrexate e quelli trattati con il methotrexate da solo. Il titolo di IgG specifiche era misurato prima ed a 4 settimane dalla somministraPROBLEMATICHE RELATIVE ALLA VACCINAZIONE IN SOGGETTI AFFETTI DA ARTRITE SETTEMBRE 2010 NUMERO 3 Vaccinazione anti-influenzale Anche la vaccinazione anti-influenzale, analogamente a quella anti-pneumococcica, sembra essere per lo più efficace e caratterizzata da safety nei pazienti con artrite. Vi sono pochissimi dati sull’effetto del trattamento con glucocorticoidi sulla risposta a tale vaccinazione nei soggetti artritici. In uno studio comparativo condotto su 32 volontari sani confrontati con 62 pazienti con svariate reumopatie tra cui l’artrite reumatoide, la risposta anticorpale a uno dei due sottotipi utilizzati nella vaccinazione risultava significativamente più ridotta nei soggetti che assumevano glucocorticoidi rispetto a quelli che non assumevano tali farmaci. Tuttavia, la maggior parte dei pazienti conseguiva una sieroconversione sufficiente e non si registravano riesacerbazioni di attività di malattia 15. Vi sono pochi dati disponibili sull’effetto del trattamento del methotrexate sulla risposta alla vaccinazione anti-influenzale nei pazienti con artrite reumatoide; tali dati sembrano indicare che il methotrexate, da solo, non influisca significativamente sulla capacità dei pazienti di produrre una efficace risposta al vaccino 1. I. CHIAROLANZA, N. PIPITONE Sono, invece, disponibili maggiori dati su pazienti con artrite trattati con farmaci biologici. In uno studio di Gelinck et al. 16 furono studiati prospetticamente 112 pazienti trattati con anti-TNF e farmaci di fondo tradizionali e 18 controlli sani. Fu trovato un adeguato tasso di protezione (titolo di inibizione dell’emoagglutinazione ≥ 40) in entrambi i gruppi di pazienti, anche se la media geometrica delle IgG specifiche nei pazienti in terapia con anti-TNF era significativamente ridotta. Non furono osservati effetti collaterali al vaccino né riattivazioni significative della malattia. Elkayam et al. 17 studiarono 38 pazienti, 20 affetti da artrite reumatoide e 18 pazienti affetti da spondilite anchilosante trattati con infliximab ad un dosaggio medio di 3 mg/kg e 23 controlli affetti da artrite reumatoide trattati con farmaci di fondo tradizionali. I pazienti trattati con infliximab furono suddivisi in due gruppi; il primo era vaccinato contro la influenza il giorno dell’infusione, il secondo a tre settimane dall’infusione. Lo studio dimostrò una buona risposta umorale in tutti i gruppi, fatta eccezione per il gruppo vaccinato a 3 settimane dall’infusione con infliximab. Altri studi hanno mostrato una riduzione della risposta anticorpale al vaccino anti-influenzale rispetto a quella ottenuta in pazienti in terapia con farmaci di fondo 18 19. Uno studio tuttavia dimostrava che, comunque, in questi pazienti la ripetizione annuale del vaccino portava, negli anni seguenti, ad un titolo anticorpale pre-vaccino maggiore 19. In pazienti da trattare con rituximab, la somministrazione del vaccino anti-influenzale andrebbe tuttavia effettuata prima di iniziare la terapia con rituximab. La vaccinazione anti-influenzale in corso di trattamento con rituximab è effettuabile, ma la risposta può essere ridotta 12. In alternativa, si può ipotizzare di effettuare una vaccinazione a distanza debita (circa 6 mesi) dopo l’ultima somministrazione di rituximab prima della risomministrazione del farmaco. Anche nei pazienti con artrite reumatoide trattati con abatacept si può avere una ridotta risposta alla vaccinazione anti-influenzale 12. La risposta alle vaccinazioni e in particolare ala vaccinazione anti-influenzale è invece in genere efficace nei pazienti trattati con tocilizumab 12. Sulla base di quanto su riportato, riteniamo pertanto di poter concludere che: i pazienti con artrite, in particolare quelli con artrite reumatoide e quelli in trattamento con farmaci immunosoppressori e biologici, dovrebbero essere vaccinati annualmente con il vaccino anti-influenzale e prima del trattamento con quello anti-pneumococcico. REUMATOLOGIA pratica zione del vaccino. Un aumento delle IgG specifiche si osservava nel 57% dei pazienti trattati con il rituximab contro l’82% dei pazienti trattati con il methotrexate, mostrando dunque una ridotta risposta al vaccino 11. Questi dati suggeriscono che la somministrazione del vaccino anti-pneumococcico vada effettuata prima di iniziare la terapia con rituximab. In alternativa, si può ipotizzare di effettuare una vaccinazione anti-pneumococcica a distanza debita (circa 6 mesi) dopo l’ultima somministrazione di rituximab e prima della risomministrazione del farmaco stesso. Infine, nei pazienti con artrite reumatoide trattati con abatacept si può avere una ridotta risposta alla vaccinazione anti-pneumococcica 12. In conclusione, sebbene la risposta anticorpale al vaccino 23-valente possa essere ridotta nei pazienti con artrite in terapia con immunosoppressori e farmaci biologici, è comunque indicato vaccinare questo subset di pazienti. La mancata somministrazione del vaccino può sfociare in una aumentata possibilità di andare incontro ad infezioni delle vie respiratorie che possono peggiorare il quadro clinico di base 13; viceversa, i pazienti in trattamento con farmaci immunosoppressori possono conseguire, dopo la somministrazione del vaccino, risposte anticorpali soddisfacenti anche se inferiori rispetto a quelle rilevate nella popolazione generale 14. PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 79 SETTEMBRE 2010 NUMERO 3 SAFETY DELLE VACCINAZIONI ANTI-INFLUENZALE E ANTI-PNEUMOCOCCICA La maggior parte degli autori suggeriscono che sia opportuno somministrare i vaccini in pazienti con artrite in situazione clinica stabile. La definizione di stabilità è variabile, ma in generale si riferisce a pazienti che non abbiano avuto bisogno di un incremento terapeutico da almeno sei mesi; in questi casi la safety del vaccino, riferita alla possibilità di indurre una riacutizzazione della patologia appare essere migliore 20. In accordo con questo punto, Francioni et al. 21 hanno mostrato in un campione di 40 pazienti affetti da artrite reumatoide che l’incidenza degli effetti collaterali immediati e successivi alla vaccinazione anti-influenzale era sovrapponibile a quella riscontrata nella popolazione generale; inoltre non si evidenziava alcuna relazione tra lo sviluppo della risposta anticorpale al vaccino e il decorso della attività di malattia. RACCOMANDAZIONI DELL’AMERICAN COLLEGE OF RHEUMATOLOGY SULLA EFFETTUAZIONE DELLE VACCINAZIONI ANTI-INFLUENZALE E ANTIPNEUMOCOCCICA NEI PAZIENTI CON ARTRITE L’American College of Rheumatology (ACR) ha stabilito delle raccomandazioni sull’esecuzione di vaccinazioni anti-influenzale e anti-pneumococcica in pazienti con artrite. L’ACR raccomanda che la vaccinazione anti-influenzale venga somministrata a tutti i pazienti con artrite reumatoide prima di iniziare un trattamento con farmaci di fondo non biologici e che la vaccinazione antipneumococcica venga somministrata a tutti i pazienti con artrite reumatoide prima di iniziare trattamento con leflunomide, methotrexate o sulfasalazina. L’ACR raccomanda altresì che la vaccinazione anti-influenzale venga somministrata annualmente e quella antipneumococcica periodicamente a tutti i pazienti con artrite reumatoide prima di iniziare il trattamento con farmaci di fondo biologici e nel prosieguo 22. VACCINAZIONE ANTI-VIRUS DELL’EPATITE B (HBV) La vaccinazione anti-HBV è consigliabile nei pazienti con fattori rischio per tale infezione, quali gli operatori sanitari. La vaccinazione anti-HBV non comporta un rischio di riattivazione dell’artrite 23. Una riduzione della risposta è stata segnalata con etanercept, da solo o in associazione al methotrexate 1. REUMATOLOGIA pratica 80 PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI VACCINAZIONE CON VACCINI A BASE DI GERMI VIVI (INCLUSA FEBBRE GIALLA, PAROTITE, ROSOLIA, MORBILLO, VARICELLA) I pazienti trattati con azatioprina, methotrexate, leflunomide, ciclosporina, micofenolato e con farmaci biologici non devono essere vaccinati con vaccini a base di germi vivi. Ove ritenuto necessario, si può somministrare il vaccino antipolio inattivo, anche se la risposta può essere subottimale. In pazienti esposti a varicella o herpes zoster, è consigliabile attuare un’immunizzazione passiva con immunoglobuline endovena contro il virus della varicella zoster 12 24. CONCLUSIONI I pazienti affetti da artropatie infiammatorie croniche in terapia con farmaci immunosoppressori, e in particolare quelli affetti da artrite reumatoide, hanno un rischio di contrarre infezioni più elevato rispetto a quello della popolazione generale. In questi pazienti le infezioni sono non solo più frequenti, ma anche, non di rado, caratterizzate da un decorso più grave. Pertanto, in questi pazienti è altamente indicata la vaccinazione anti-pneumococcica e anti-influenzale prima di intraprendere terapia con farmaci ad azione immunosoppressiva, nonché la successiva somministrazione con cadenza annuale della vaccinazione anti-influenzale. Una attenuazione della risposta può essere indotta da alcuni farmaci, quali il methotrexate e (specialmente nel caso del vaccino antipneumococcico) il rituximab, senza però portare necessariamente ad una abrogazione completa della risposta. Empiricamente, si può consigliare, qualora fosse indicato praticare una vaccinazione in corso di trattamento con il rituximab, di effettuare una vaccinazione a distanza debita (circa 6 mesi) dopo l’ultima somministrazione di rituximab e prima della risomministrazione del farmaco stesso. I vaccini con germi vivi attenuati sono invece controindicati nei pazienti con artrite trattati con i farmaci biologici e con farmaci di fondo immunosoppressori quali il methotrexate e la leflunomide. Per quanto concerne la safety, gli studi condotti provano come la somministrazione dei vaccini a pazienti con attività di malattia stabile non determini una riacutizzazione della malattia di base. I dati pubblicati consentono, in ultima analisi, di sfatare il mito che le vaccinazioni siano “pericolose” in pazienti con artrite, e viceversa suggeriscono che sia pericoloso non vaccinare questi pazienti. PROBLEMATICHE RELATIVE ALLA VACCINAZIONE IN SOGGETTI AFFETTI DA ARTRITE SETTEMBRE 2010 NUMERO 3 I. CHIAROLANZA, N. PIPITONE 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 Stojanovich L. Influenza vaccination of patients with systemic lupus erythematosus (SLE) and rheumatoid arthritis (RA). Clin Dev Immunol 2006;13:373-5. Del Porto F, Laganà B, Biselli R, et al. 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