Formazione a distanza - Sezione di Fisica

Università
degli Studi di Udine
Dipartimento di Fisica
M.I.U.R.
Ministero dell’Istruzione
dell’Università e della Ricerca
Progetto IDIFO
Formazione a distanza
degli insegnanti
all’innovazione didattica
in fisica moderna
e orientamento
Contributi di una comunità di ricerca
in didattica della fisica a un progetto
di formazione a distanza: strategie e metodi
a cura di
Marisa Michelini
LithoStampa
PLS
Progetto Lauree
Scientifiche
Università
degli Studi di Udine
Dipartimento di Fisica
M.I.U.R.
Ministero dell’Istruzione
dell’Università e della Ricerca
PLS
Progetto Lauree
Scientifiche
Progetto IDIFO
Formazione a distanza
degli insegnanti
all’innovazione didattica
in fisica moderna
e orientamento
Contributi di una comunità di ricerca
in didattica della fisica a un progetto
di formazione a distanza: strategie e metodi
Il Progetto IDIFO è stato proposto al Progetto Lauree Scientifiche nel 2006 dall’Unità di Ricerca in Didattica della Fisica dell’Università degli Studi di Udine, con partner le Unità di Ricerca in Didattica della Fisica delle Università degli Studi di Bologna,
Milano, Milano Bicocca, Napoli, Palermo, Pavia, Roma La Sapienza, Torino, che per anni avevano condotto insieme Progetti di
Ricerca di Interesse Nazionale (PRIN). Si sono contestualmente impegnate per la collaborazione al Progetto IDIFO le Università degli Studi di Bari, Bolzano, Lecce, Modena e Reggio Emilia, Trento, Trieste cooperanti con le proponenti per le ricerche
in didattica della fisica. Il Progetto IDIFO ha realizzato dal 2006 al 2009 un Master biennale per insegnanti in rete telematica e
tre Workshop in presenza di cui uno dedicato a studenti ed insegnanti del Friuli Venezia Giulia (WS2) e due a livello nazionale
uno tutto dedicato agli insegnanti del Master (WS1) ed uno per gli insegnanti del Master e gli studenti selezionati per la Prima
Scuola Estiva di Fisica Moderna tenutasi a Udine nel luglio 2007 (WS3). Questo volume contiene gli studi, le riflessioni e le
analisi di ricerca più significative effettuate nell’ambito della formazione in rete telematica del Master IDIFO.
Curatore
Marisa Michelini, Università degli Studi di Udine
Comitato scientifico ed editoriale
Bocchicchio Mario, DIDA, Università degli Studi del Salento
Corni Federico, Università degli Studi di Bolzano e di Modena e Reggio Emilia
De Ambrosis Anna, Università degli Studi di Pavia
Fazio Claudio, Università degli Studi di Palermo
Gagliardi Maria Paola Francesca, Università degli Studi di Bologna
Giliberti Marco Alessandro, Università degli Studi di Milano
Giordano Enrica, Università degli Studi di Milano Bicocca
Guidoni Paolo, Università degli Studi di Napoli Federico II
Levrini Olivia, Università degli Studi di Bologna
Michelini Marisa, Università degli Studi di Udine
Minichini Ciro, Università degli Studi di Napoli Federico II
Oss Stefano, Università degli Studi di Trento
Ottaviani Giampiero, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
Rinaudo Giuseppina, Università degli Studi di Torino
Santi Lorenzo, Università degli Studi di Trieste
Sperandeo Rosa Maria, Università degli Studi di Palermo
Stella Rosa, Università degli Studi di Bari
Tarsitani Carlo, Università degli Studi di Roma La Sapienza
Segreteria redazionale
Cristina Cassan
Donatella Ceccolin
Chiara Geretti
Stampa
Lithostampa - Pasian di Prato (Ud)
© Copyright Università degli Studi di Udine
ISBN 978-88-97311-01-0
Indice
Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Marisa Michelini
Responsabile del Progetto IDIFO
pag.
5
Impostazione alla Dirac. La proposta didattica di Udine per la fisica quantistica . . .
Marisa Michelini, Lorenzo Santi, Alberto Stefanel
Unità di Ricerca in Didattica della Fisica, Università di Udine
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13
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29
Teoria dei campi e proposte didattiche di fisica quantistica: la proposta di Milano
Marco Giliberti
Dipartimento di Fisica, Università di Milano
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37
Una proposta per l’insegnamento della fisica quantistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Carlo Tarsitani
Dipartimento di Fisica, Università di Roma “La Sapienza”
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49
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59
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79
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111
Il metodo di Feynman della somma sui molti cammini
per l’introduzione della Meccanica Quantistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Giuseppina Rinaudo
Dipartimento di Fisica Sperimentale, Università di Torino
Proposte didattiche di fisica quantistica:
analisi e discussione in rete telematica nella prospettiva della ricerca didattica . . .
Marisa Michelini, Lorenzo Santi, Alberto Stefanel
Unità di Ricerca in Didattica della Fisica, Università di Udine
Scelta, produzione, gestione e analisi di materiali di Relatività per la formazione
degli insegnanti: vincoli e opportunità di una comunicazione in rete . . . . . . . . . . . . . .
Anna De Ambrosis
Dipartimento di Fisica “A. Volta”, Università di Pavia
Olivia Levrini
Dipartimento di Fisica, Università di Bologna
Il modulo “Meccanica Statistica e Struttura della Materia” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Rosa Maria Sperandeo Mineo, Ivan Guastella, Claudio Fazio
Gruppo di Ricerca sull’Insegnamento/Apprendimento della Fisica, Università di Palermo
Tecniche di analisi di fisica della materia e proposte didattiche dai laboratori MASEM:
formare gli insegnanti al raccordo tra fisica classica e moderna . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Federico Corni, Giampiero Ottaviani
Dipartimento di Fisica, Università di Modena e Reggio Emilia
Alessandra Mossenta
Unità di Ricerca in Didattica della Fisica, Università di Udine
123
Formazione in rete telematica di insegnanti secondari all’orientamento formativo in fisica:
analisi di ricerca del processo e degli esiti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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137
Marisa Michelini, Alberto Stefanel
Unità di Ricerca in Didattica della Fisica, Università di Udine
Presentazione
Marisa Michelini
Responsabile del Progetto IDIFO
La comunità di ricerca in Didattica della Fisica che si è per anni coordinata nei Progetti di Ricerca di
Interesse Nazionale (PRIN)1 si è candidata nell’ambito del Progetto Lauree Scientifiche (PLS)2 con
una proposta progettuale sull’Innovazione Didattica in Fisica e l’Orientamento (Progetto IDIFO),
consistente in diverse attività tra cui due principali: un Master per la formazione degli insegnanti in
fisica moderna, come ricaduta delle ricerche didattiche condotte negli ultimi anni in tale campo, ed
una scuola estiva per studenti ed insegnanti sempre sulla fisica moderna. Ho avuto l’onore di essere
indicata da tale gruppo di esperti in didattica come coordinatrice del Progetto IDIFO, presentato
dall’Unità di Ricerca in Didattica della Fisica dell’Università di Udine.
Figura 1
Si tratta della comunità che ha partecipato al PRIN Fis21, costituita dalle unità di ricerca in didattica della
fisica delle Università degli Studi di Bologna, Milano, Milano-Bicocca, Napoli “Federico II”, Pavia, Udine,
Palermo, Torino, Roma “La Sapienza” e tramite esse anche le Università di Bari, Bolzano, Lecce, Modena e
Reggio Emilia, Trento e Trieste, cooperanti con le Unità di Ricerca Didattica in Fisica delle suddette.
(2)
Progetto nazionale interuniversitario “lauree scientifiche” (DM prot. n. 262 del 5 agosto 2004) – “Orientamento
e formazione degli insegnanti – fisica”.
(1)
6
Presentazione
Una delle principali attività del Progetto IDIFO è un Master per la formazione degli insegnanti.
Il Master IDIFO, di durata biennale da marzo 2006 a giugno 2008 per complessive 600 ore di attività
didattiche in presenza e a distanza è stato attivato presso l’Università degli Studi di Udine3 e gestito
dal Dipartimento di Fisica. Per l’attività a distanza è stata messa a punto una specifica piattaforma,
in collaborazione con l’Unità di ricerca in intelligenza artificiale della stessa Università di Udine.
Gli obiettivi formativi del Master sono stati:
a) formazione degli insegnanti sui temi della fisica moderna ed in particolare fisica quantistica e
relativistica, fisica statistica e della materia alla luce delle ricerche didattiche svolte in contesto
internazionale dalle 9 Unità di Ricerca in Didattica della Fisica proponenti il presente progetto;
b) approfondimento delle competenze degli insegnanti sugli aspetti operativi delle strategie didattiche proposte ed in particolare su: esperimenti didattici sui problemi interpretativi cruciali della
fisica del ’900, tecniche di analisi della fisica della materia, computer modelling, simulazione di
fenomeni con moderni sistemi di calcolo per l’interpretazione di processi;
c) innovazione didattica nell’insegnamento della fisica a livello secondario con l’introduzione di
proposte didattiche sui temi della fisica quantistica, relativistica, statistica e della materia;
d) predisposizione e sperimentazione di materiali didattici per la formazione degli insegnanti ed attività
didattiche innovative con ragazzi, con modalità blended e quindi in parte in classe ed in parte in
rete telematica, anche per la personalizzazione e la conduzione dei percorsi di apprendimento;
e) messa a punto di proposte sperimentate di orientamento formativo, basate sul problem solving
per l’orientamento (PSO), metodologia già validata a livello prototipale e da implementare nel
contesto scolastico.
Scopo del Master IDIFO è stato quello di formare un insegnante esperto in:
a) didattica della fisica moderna (soprattutto fisica quantistica, relativistica, statistica e della materia,
con elementi di fisica nucleare, delle particelle elementari e cosmologia);
b) formazione al pensiero teoretico in fisica;
c) attività sperimentale sugli esperimenti cruciali e fondamentali per la fondazione del modo di
pensare quantistico;
d) impostazione del pensiero relativistico moderno;
e) spiegazione delle principali applicazioni moderne della fisica quantistica e relativistica;
f) formazione di altri insegnanti sull’innovazione didattica in fisica nella scuola secondaria;
g) progettazione e realizzazione di materiali ed attività per l’orientamento formativo in fisica.
Le attività del Master IDIFO sono state così organizzate:
a) formazione in rete telematica con modalità di e-learning, utilizzando materiali predisposti e validati
dal Consiglio Scientifico, con tutor in rete (30 cfu);
b) attività sperimentali in laboratori di Fisica del Dipartimento di Fisica dell’Università di Udine ed
eventualmente in analoghi laboratori di ciascuna sede universitaria partecipante al Master (4 cfu);
c) tre Workshop intensivi in presenza di circa 60 ore all’università di Udine a settembre 2006, marzo
e luglio 2007 (6-10 cfu);
d) attività progettuali (7 cfu)
e) attività di tirocinio e sperimentazione didattica (7-11 cfu).
Il progetto è strutturato in 4 Aree Formative (generale, caratterizzante, progettuale e situata) articolate
in 5 Moduli tematici (Fig. 2):
A. fisica quantistica (18 cfu);
B. relatività ristretta e generale (12 cfu);
C. fisica statistica e della materia (15 cfu);
D. fisica nucleare, delle particelle e cosmologia (2 cfu);
E. orientamento e problem solving come sfida operativa orientante (6 fu).
(3)
L’attivazione è avvenuta a seguito di lettera del MIUR – Ufficio II – prot. 2181 del 20.7.05, che lo ha ammesso al
cofinanziamento nell’ambito del PLS.
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
7
Figura 2 - Master IDIFO – Schema organizzativo.
Ogni insegnamento è stato a sua volta organizzato in Segmenti o Sezioni di attività, che scandiscono
il periodo di attività corrispondente, secondo il seguente schema:
- data 1 (D1): messaggio di presentazione dei materiali e consegne (compresa l’indicazione della
Sezione su cui inviare messaggi in forum di chiarimento e commento.
- data 2 (D2) e ora (=D1+ (1 settimana circa)): discussione in rete (della sezione A dei materiali,
compresi i messaggi nel frattempo pervenuti in forum)
- date 3&4, 5&6,...: si itera la coppia D1&D2 per il numero di volte necessario a trattare tutte le
Sezioni in cui sono frazionati i materiali.
- data 5: inizio delle elaborazioni dei singoli ai fini della valutazione intermedia
La programmazione di massima delle attività formative è stata pubblicata nel sito del progetto e
nell’area pubblica dell’ambiente di e-learning, così come il calendario delle lezioni e il programma
didattico del Master. L’ambiente di e-learning è stato accessibile con password da parte dei corsisti.
Ciascun iscritto al Master ha sempre a disposizione tutte le aree pubblicate dai singoli docenti e questi
ultimi accedono a tutte le aree pubbliche ed alle informazioni relative al loro insegnamento.
Per l’iscrizione al Master è stato richiesto il possesso di uno dei seguenti titoli:
a) Lauree Specialistiche in Fisica (20/S), Matematica (45/S) e Chimica (62/S), nonché tutte quelle
che permettono l’accesso alle classi di abilitazioni in fisica (A038) e matematica e fisica (A049)
ai sensi del DM 22 del 9 febbraio 2005;
b) Laurea vecchio ordinamento in Matematica, Fisica, Matematica e Fisica, Ingegneria;
c) qualunque laurea vecchio ordinamento congiunta con l’abilitazione all’insegnamento nelle scuole
secondarie in fisica o in matematica e fisica”.
8
Presentazione
Il finanziamento ottenuto nell’ambito del PLS è stato in gran parte devoluto alle 20 borse di 1200,00€
per l’iscrizione. La domanda di ammissione al Master, comprensiva dell’eventuale domanda di borsa
di studio, è stata presentata da 48 interessati. Ciascun interessato ha indicato nella domanda di
ammissione la sede universitaria a cui desiderava essere associato ai fini di una prevista riserva di
posti e di un tutorato locale.
Gli organi di governo del Master sono presentati in tabella 1.
Direttore
Marisa Michelini, Università degli Studi di UDINE
Comitato Scientifico (*) e Responsabili di Sede (°)
*Bochicchio Mario - Università degli Studi di LECCE - DIDA
*Gagliardi Marta Paola Francesca e °Levrini Olivia- Università degli Studi di BOLOGNA
*°Giliberti Marco Alessandro - Università degli Studi di MILANO
*Guidoni Paolo e °Minichini Ciro - Università degli Studi di NAPOLI “Federico II”:
*Giordano Enrica - Università degli Studi di MILANO-BICOCCA
*°De Ambrosis Anna - Università degli Studi di PAVIA
*Michelini Marisa e °Santi Lorenzo - Università degli Studi di UDINE
°Santi Lorenzo - Università degli Studi di TRIESTE
*Mineo Sperandeo Rosa Maria e °Fazio Claudio - Università degli Studi di PALERMO
*°Rinaudo Giuseppina - Università degli Studi di TORINO
*°Tarsitani Carlo - Università degli Studi di ROMA “La Sapienza”
*Ottaviani Giampiero e Corni Federico - Università degli Studi di MODENA e REGGIO EMILIA
°Stella Rosa - Università degli Studi di BARI
°Corni Federico - Università degli Studi di BOLZANO
°Oss Stefano - Università degli Studi di TRENTO
Consiglio
Marisa Michelini, direttore del Master
Lorenzo Santi, in rappresentanza del Preside della Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali
dell’Università di Udine
Giancarlo Fava, in rappresentanza del Direttore SSIS sede di Udine
Gian Luigi Michelutti in rappresentanza del Direttore Dipartimento di Fisica dell’Università di
Udine
Carlo Tarsitani in rappresentanza di Paolo Guidoni (Responsabile Fis21)
Cristina Moschetta, in rappresentanza dei corsisti.
Segreteria
Dipartimento di Fisica - http://www.fisica.uniud.it
Segreteria iscritti
Ripartizione Didattica - Sez. Servizi agli Studenti e ai Laureati Ripartizione Didattica
Sez. Servizi agli Studenti e ai Laureati
http://www.uniud.it alla voce Didattica – Post Laurea [email protected]
Tabella 1 - Organi di governo del Master
Il Consiglio Scientifico del Master ha individuato la griglia dettagliata di valutazione dei titoli e i
criteri di valutazione delle prove scritte ed orali. Un’apposita Commissione nominata dal Consiglio
Scientifico del Master ha valutato i titoli dei prescritti. La selezione per l’ammissione al master è stata
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
9
effettuata per titoli e per esami4. Le prove di selezione sono state effettuate in un’unica tornata nello
stesso momento presso sedi universitarie decise dal Consiglio del Corso. La distribuzione di posti
per ogni sede è stata stabilita dal Consiglio del Master in ragione della numerosità delle domande,
riservando tre posti per ciascuna delle seguenti sedi universitarie proponenti: Bologna, Milano, Napoli
– Federico II, Palermo, Pavia, Roma - La Sapienza, Torino ed Udine ed un posto per ciascuna sede
universitaria cooperante, tra le seguenti Bari, Bolzano, Lecce, Modena e Reggio Emilia, Trento,
Trieste. I posti riservati non utilizzati da ciascuna sede sono stati ridistribuiti con priorità definite dal
Consiglio del Master tra le sedi proponenti e cooperanti.
È stata redatta un’unica graduatoria dalla quale sono stati individuati i candidati per i posti riservati
in ordine di graduatoria per sede. I rimanenti posti sono stati assegnati dal Consiglio del Master in
base al numero di domande di ammissione per sede, fino ad esaurimento della graduatoria.
Sono stati iscritti 31 dei 48 richiedenti e sono state assegnate 20 borse in base al contributo all’attività
didattica offerto da ciascuna sede proponente e cooperante ed al numero di domande di ammissione
presentate per ciascuna sede.
La frequenza ad almeno il 70% delle ore previste per le attività didattiche del Master è stato adempimento obbligatorio, controllato con procedure tradizionali per le attività in presenza e con procedure
informatiche per le attività a distanza.
Il tutor on line all’interno del percorso formativo si è proposto quale figura che fornisce una facilitazione nel percorso ai docenti, sostenendoli nella gestione dell’ambiente di apprendimento e nella
costruzione dei moduli, ai corsisti intervenendo all’occorrenza per regolare esclusivamente le modalità
comunicative da adottare in rete. Gli interventi nelle attività sono stati rivolti più ai docenti-tutor
disciplinari che direttamente agli studenti. Le azioni sono state:
1. alfabetizzazione dei docenti per la creazione del modulo:
a. 10 gg in un ambiente on line dove è presente il tutorial per la costruzione dei moduli e un forum
per eventuali domande e chiarimenti.
b. Supporto ai docenti nella costruzione dei moduli.
2. monitoraggio delle attività on line:
a. controllo dello sviluppo del dibattito nei forum;
b. supporto ai docenti nella ri-organizzazione delle attività del modulo;
3. tracciamento delle attività di ogni modulo:
a. invio ai docenti a fine modulo delle tabelle che riportano i dati relativi alle principali attività
dei corsisti (entrate, scritture, materiali scaricati, attività svolte);
invio di feedback derivanti dal monitoraggio in itinere qualora si è percepita la necessità di una
riorganizzazione delle attività.
Grande spazio è stato riservato alla discussione di proposte didattiche, all’analisi ed al confronto
di scelte su questioni messe in luce dalla ricerca didattica sui vari temi affrontati: è stata favorita la
riflessione individuale e di gruppo.
La valutazione degli esiti formativi del Master IDIFO ha coinvolto i corsisti nella preparazione di
4 project work sui Moduli Didattici A, B, C&D ed E) e la tesi finale (6 CFU) che è consistita in un
elaborato scritto sulla sperimentazione effettuata con ragazzi di scuola secondaria. Ciascuno dei 4
project work ha comportato un’attività di sperimentazione didattica sui temi dei Moduli in presenza
o a distanza con ragazzi di scuola secondaria o altri insegnanti in formazione. La tesi è stata un
approfondimento di uno dei Project Work ed è stata discussa davanti ad una Commissione designata
dal Consiglio del Master.
(4)
Come indicato all’indirizzo http://www.fisica.uniud.it/URDF/laurea/riunioni.htm., ai titoli sono stati assegnati
30 punti e all’esame i rimanenti 70 ripartiti in 30 per la prova scritta e 40 per la prova orale. Sono stati valutati
per la selezione i seguenti titoli: lauree e relativo voto, corsi di perfezionamento, master, dottorato di ricerca,
abilitazioni, pubblicazioni, purchè inerenti i contenuti del Master.
10
Presentazione
L’impegno richiesto ai corsisti è stato molto alto: molto superiore a quello standard per un master. I
corsisti d’altra parte si sono rivelati di alto livello culturale e professionale, profondamente interessati
a diventare professionisti competenti nella tematica sfrontata. Alcuni non sono riusciti a sostenere
il carico di lavoro richiesto in parallelo al lavoro scolastico e hanno abbandonato (3), altri hanno
chiesto proroghe e recuperi (6).
A parte l’eccessivo carico di lavoro il Modello formativo messo in campo è risultato piuttosto efficace e corrispondente ai bisogni nella sua integrazione di aspetti culturali, disciplinari, didattici e
professionali. Esso comprende fasi di formazione meta culturale, esperienziale e situata, offrendo
a ciascuno l’occasione di sviluppo progettuale commisurato ai bisogni ed alle motivazioni.
Rispetto ad altre esperienze messe in campo in questi anni, sembra poter concludere che la modalità
formativa del Master si è rivelata efficace per la formazione degli insegnanti all’innovazione didattica. Sembra però necessario prevedere la possibilità di concludere il percorso formativo a livelli
diversi e con durate flessibili. I Workshop intensivi in presenza (WS) hanno un valore formativo
autonomo, che nello stesso tempo potenzia enormemente la formazione a distanza. La possibilità
di eseguire esperimenti significativi e confrontarsi sui risultati e sul loro ruolo, la discussione
intorno a seminari di rassegna o analisi comparata di approcci didattici ed il confronto, in tale
sede, sia delle proposte formative e didattiche degli insegnamenti, sia dei prodotti dei corsisti, ne
fa una palestra di formazione di comunità di professionisti riflessivi di tipo esemplare per la natura
particolarmente fertile.
La ricerca didattica è stata sorgente e modalità di realizzazione del Master.
Come i corsisti, tutti i docenti hanno profuso un impegno straordinario producendo non solo la
formazione dei corsisti, ma anche un ambiente di risorse utile a riprodurre nel tempo ed in altre
sedi l’attività svolta.
La formazione degli insegnanti, però, non può essere effettuata soltanto fornendo conoscenze
strutturate: specifici laboratori didattici e attività di sperimentazione con ragazzi permettino la
costruzione di quella professionalità che fornisce gli strumenti per saper agire negli interrogativi e
nei dubbi dei ragazzi, formando la loro autonomia di pensiero insieme a quella in fisica.
Utilizzare materiali prodotti e sperimentati in ricerche didattiche validate a livello internazionale
è stato il primo elemento condiviso nel progettare i singoli insegnamenti. Organizzare in rete telematica una formazione professionalizzante sull’innovazione didattica è stata una sfida che tutta la
comunità ha accettato nella dimensione di ricerca.
Ne è derivata una ricchezza che supera le stesse aspettative. Abbiamo perciò deciso di mettere a
disposizione di tutti gli interessati questo lavoro in altrettante pubblicazioni.
I materiali utilizzati per la formazione nel Master sono stati rielaborati e pubblicati nel sito del
progetto alla pagina http://www.fisica.uniud.it/URDF/laurea/idifo1/piano.htm
In questo volume pubblichiamo l’analisi di ricerca che è stata fatta per la formazione degli insegnanti
ed i relativi risultati in alcuni principali ambiti tematici.
È presentata e discussa la formazione all’utilizzo in classe delle proposte didattiche sulla fisica
quantistica elaborate dalle sedi di Udine, Torino, Milano e Roma. Un’analisi della discussione degli
insegnanti sul confronto di queste proposte conclude questa parte, offrendo indicazioni e spunti per
la formazione degli insegnanti in questo campo.
La scelta, la produzione e la gestione di materiali formativi sulla relatività einsteiniana rappresenta
la seconda area tematica analizzata.
Il modulo di meccanica statistica e struttura della materia costituisce un esempio metodologico per
affrontare questo tema nella scuola secondaria, utilizzando risorse didattiche differenziate, senza
rinunciare al rigore.
Le tecniche di analisi RBS di fisica della materia costituiscono un esempio di come tecniche di ricerca
si basino su concetti fondamentali di fisica generale e come queste possono essere una sede motivante
di approfondimento e saldatura tra l’insegnamento scolastico ed il mondo della ricerca.
Il Problem Solving per l’Orientamento formativo in campo disciplinare è una metodologia validata a
livello internazionale, che è stata messa in campo per sviluppare non solo quella cultura dell’orienta-
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
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mento indispensabile oggi nella scuola, ma anche fornire competenze a progettare attività di natura
laboratoriale che integrino la formazione e l’orientamento.
L’impostazione di questi insegnamenti del Master IDIFO è stata oggetto di un simposio al Congresso Internazionale GIREP 2009 a Leicester e di una pubblicazione sul libro GIREP dei lavori
giudicati significativi. Questo ci onora, ma ancor di più ci fa piacere ricevere commenti e contributi
dai colleghi interessati ad impegnarsi nella formazione degli insegnanti.
Impostazione alla Dirac. La proposta didattica di Udine
per la fisica quantistica
Marisa Michelini, Lorenzo Santi, Alberto Stefanel
Unità di Ricerca in Didattica della Fisica, Università di Udine
Abstract
Le proposte didattiche per la fisica quantistica in letteratura si differenziano per scelte di approccio,
obiettivi, temi trattati. Nell’ambito della formazione insegnanti all’innovazione in questa tematica è
altrettanto aperto il nodo delle strategie da adottare. Due ordini di problemi, che si affiancano a quelli
tradizionalmente incontrati nella formazione insegnanti, devono essere superat: il primo didattico,
legato alla convinzione, prevalente tra gli insegnanti, che si possa adottare a scuola solo un approccio storico/qualitativo alle idee quantistiche; il secondo di carattere disciplinare, legato alle carenze
formative sui contenuti e i concetti riguardanti la meccanica quantistica.
Nel Master IDIFO è stato proposto un modulo formative sull’approccio alla Dirac della meccanica
quantistica incentrato sul percorso e i materiali della proposta di ricerca sviluppata dal Unità di Ricerca
in Didattica della Fisica dell’Università di Udine. Il modo quantistico di pensare è stato analizzato in
una comunità di insegnanti e ricercatori sia in web-forum sia in work-shop in presenza. L’approccio
degli insegnanti ai contenuti e alla didattica della meccanica quantistica, gli elementi che attivano il
cambiamento concettuale sono emersi dall’analisi delle discussioni in forum, delle risposte date ai
questionari e dei progetti didattici sperimentati in classe e le relative documentazioni.
1. Introduzione
Per quanto siano state avanzate molte e differenziate proposte sull’insegnamento della meccanica
quantistica nella scuola secondaria (Zollman 1999; Greca, Moriera 2001; Stefanel 2008; McDermott,
Redish 1999; PhyEdu 2000; AJP 2002; Duit 2009), due approcci risultano maggiormente familiari agli
insegnanti: l’approccio storico, che ha una qualche tradizione nella scuola come didattica della fisica
dei quanti (Di Biasio et al. 1992; Giuliani, Robotti 1993; Stefanel 1996, 1997, 1998); l’approccio alla
MQ tramite la funzione d’onda (Haber-Schaim 1975; Ebison 1975; Lawrence 1996), poco usato a
scuola fino all’avvento dei PC (Boffi, D’Anna 1996; Giliberti, Marioni 1997), ma comunque spesso
conosciuto nella formazione universitaria attraverso testi classici (Messiah 1961; Born 1969).
La formazione a proposte innovative, che mirano alla costruzione dei concetti cardine della teoria
quantistica, pone il problema di superare la convinzione che i precedenti siano i soli approcci possibili: il primo utilizzabile nella scuola superiore; il secondo proponibile soltanto a livello universitario
(Pospiech 2000a,b; Olsen 2001; Asikainen et al. 2005; Justi et al. 2005). A tale convinzione si affiancano spesso ben noti problemi di apprendimento, carenze sui concetti fondanti della teoria, spesso
accompagnati, soprattutto nel caso dei docenti privi di laurea in fisica, a carenze anche su aspetti di
base e sul suo formalismo (Borello et al. 2002; Pospiech 2002).
Per affrontare tale problematica, in accordo con Shulman (1986), la ricerca sulla formazione insegnanti
ha evidenziato l’importanza di integrare la formazione ai contenuti disciplinari (Content KnowledgeCK) con quella sulle competenze pedagogiche del contenuto (Pedagogical Kontent Knowledge-PCK)
(Michelini et al. 2004; Stefanel et al. 2004; Sperandeo 2004; Asikainen 2005). Ha inoltre messo in
luce l’importanza di creare nel processo formativo un contesto di ricerca proponendo come oggetti di
studio proposte basate sulla ricerca, lavori originali, metodi tipici e strumenti di lavoro e monitoraggio utilizzati e validati in ricerche (Fischer 2005; Duit 2006; Millar R. 2003; Michelini 2003, 2004).
Con tale prospettiva è stato progettato un modulo per la formazione insegnanti di fisica in servizio
centrato su una proposta didattica innovativa (Proposta di Riferimento in seguito) che sviluppa un
approccio alla Meccanica Quantistica (MQ) secondo la formulazione di Dirac (Girardi et al. 1995,
1997; Michelini et al. 2000; 2002a,b; Michelini, Stefanel 2004). Tale proposta mira ad introdurre il
14
Impostazione alla Dirac. La proposta didattica di Udine per la fisica quantistica
concetto di stato e il principio di sovrapposizione come cardini della teoria, a discutere il significato
del processo di misura, a costruire i primi elementi della rappresentazione formale di stati e operatori
in spazi vettoriali. Il modulo è stato offerto in rete telematica a un gruppo di insegnanti del Master
IDIFO (Battaglia et al. 2010). Nel presente lavoro viene discussa la struttura del modulo formativo,
e in particolare dei nodi disciplinari e didattici su cui si è sviluppata la discussione in rete. Si documenta il percorso formativo dei corsisti sia sulle CK e sia sulle PCK con due i livelli di analisi: quello
del processo collettivo, sviluppatosi in rete e integrato con incontri in presenza, quello delle esemplificazioni di singoli casi. I risultati dell’analisi chiariscono il ruolo che ha una formazione insegnanti
incentrata su: discussione e analisi dei nodi disciplinari e i materiali della proposta didattica di riferimento; interazione e contributo tra pari in web-forum moderati.
2. Problemi di Ricerca
I problemi di ricerca a cui si vuole dare risposta sono:
Q1 - Quali nodi relativi all’insegnamento della MQ caratterizzano il profilo delle competenze per un
gruppo di insegnanti di medio-alto livello?
Q2 - Quali difficoltà essi incontrano nella loro formazione a una proposta innovativa sull’insegnamento della MQ?
Q3 – Quali fattori innescano processi di cambiamento concettuale?
Q4 - Quali percorsi/strumenti/strategie formativi risultano efficaci nel produrre effettivo miglioramento delle loro PCK?
Q5 - In che modo essi modificano la proposta oggetto della formazione quando sono richiesti di una
progettazione didattica?
3. Gli insegnanti
Il gruppo di insegnanti che hanno seguito il modulo formativo è composto da 22 corsisti, di cui 17
hanno completato tutte e tre le fasi in cui si è sviluppato. Tra i corsisti 16 erano laureati in fisica e 6
in matematica. I corsisti avevano lunga esperienza di insegnamento, essendo per altro spesso avvicinati al Master IDIFO dai gruppi di ricerca delle università cooperanti con cui da anni collaborano.
In un solo caso, uno dei laureati in fisica era impiegato in una ditta produttrice di materiali e strumenti ottici.
Si tratta di docenti che hanno superato una selezione per titoli e colloquio orale il cui profilo quindi
differisce in modo significativo da quello della media dei docenti.
4. Il modulo formativo
Il modulo formativo è stato centrato sull’analisi di materiali didattici e lavori originali relativi a un
progetto di ricerca sull’insegnamento/apprendimento della MQ nella scuola secondaria superiore.
Si è articolato in tre fasi principali:
Fase A - Corso A in rete telematica incentrato sulla presentazione e discussione in forum dei nodi su
cui si sviluppa la Proposta di Riferimento e delle schede di lavoro che ne fanno parte integrante.
Fase B - Incontro in presenza di discussione con gli insegnanti sul razionale della proposta stessa e
i nodi emersi e non risolti nella discussione in rete
Fase C - Corso B di laboratorio didattico in rete telematica, mirato alla progettazione di un micro
modulo incentrato sulla Proposta di Riferimento analizzata nelle due precedenti fasi. Tali progettazioni in alcuni casi hanno dato luogo a sperimentazioni in classe, realizzate come attività di tirocinio nell’ambito del Master IDIFO.
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
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I fili di discussione del forum, che ha costituito il cuore della fase A, sono stati:
F0 - Discussione sui nodi sollevati dal pre-questionario
F1 - Polarizzazione come proprietà della luce: Approccio fenomenologico alla polarizzazione della
luce, basato su semplici esperimenti di interazione di luce con polaroid e cristalli birifrangenti.
F2 - Interpretazione probabilistica del processo di misura quantistico: processi a singolo fotone e reinterpretazione probabilistica della legge di Malus
F3 - Proprietà dinamiche di un sistema quantistico: polarizzazione come proprietà dinamica dei
fotoni e stato quantistico
F4 - Ipotesi interpretative (miscela statistica di stati puri; coesistenza di proprietà; sovrapposizione
quantistica): Esplorazione di ipotesi nella descrizione dello stato di polarizzazione a 45°
F5 - Impossibilità di attribuire una traiettoria a un sistema quantistico: analisi dell’interazione tra
fotoni con due cristalli inversi allineati
F6 - Stati quantistici, vettore (versore) di stato e rappresentazione formale del principio di sovrapposizione: dalla legge di Malus, espresso usando il prodotto scalare dei versori di stato alla rappresentazione formale della sovrapposizione nel caso di sistemi a due stati
F7 - Osservabili e operatori lineari: Polaroid e proiettori, polarizzazione come osservabile quantistica e l’operatore che la rappresenta
F8 - Generalizzazione del formalismo: dalla polarizzazione dei fotoni a una osservabile arbitraria
(con spettro discreto)
F9 - Non località: esperimenti di tipo EPR, entanglement e non-località
Nella Fase B in presenza è stato discusso il razionale della Proposta di Riferimento su tre livelli con:
esemplificazioni su come affrontare in classe i passaggi più critici della Proposta di Riferimento; confronto sui nodi disciplinari di maggiore problematicità e le principali difficoltà sull’apprendimento
dei concetti quantistici; confronto dell’approccio seguito nella Proposta di Riferimento, con altre proposte discusse in corsi paralleli del Master (Battaglia et al. 2010).
La fase C è stata quella più importante per lo sviluppo e verifica della competenza nel saper gestire
una proposta innovativa e costruire su di essa il progetto di un percorso formativo coerente da proporre in classe.
5. Strumenti e metodi di analisi
Diversi sono gli strumenti usati per monitorare il percorso formativo dei corsisti:
- Un Pre-questionario, compilato dagli insegnanti nel loro lavoro personale e inserito successivamente in rete, strutturato in 15 quesiti, di cui 9 con risposta a scelta multipla e motivazione della
scelta e 6 a risposta aperta, sui concetti di MQ e PCK correlate, basato su un analogo test utilizzabile con gli studenti (Michelini, Stefanel 2008).
- Due mappe, una mappa concettuale, in cui si correlano solo sul piano disciplinare i concetti considerati rilevanti sul tema, e una organizzativa, in cui vengono correlati i contenuti disciplinari e i
contesti con cui li si affronta nella proposta didattica
- Gli interventi effettuati dai corsisti nei diversi fili di discussione del forum
- Gli interventi videoregistrati nella fase B in presenza
- I progetti didattici messi a punto nella fase C
Per quello che concerne il presente contributo si considerano i dati raccolti con gli strumenti di seguito
indicati e analizzati secondo i criteri qui illustrati:
Questionario – Il questionario è stato analizzato con procedure standard (Lee et al. 2008; Ding, Beichner 2009), in particolare per quello che riguarda le frequenze delle scelte fatte dai corsisti nei quesiti a risposta multipla; frequenze di categorie a priori e ricalibrate a posteriori sia per le motivazioni
alle scelte nei quesiti a scelta multipla, sia per le risposte date alle domande aperte.
Interventi in forum – La valutazione degli interventi in forum è stata fatta sia sul piano quantitativo
sia su quello qualitativo (Gunawardena et al. 1997; Luca, Mcloughlin 2004; CCLG 2009). Sul piano
quantitativo, sono state valutate le frequenze degli interventi di ciascun corsista per i diversi forum,
per ciascun forum la frequenza degli interventi dei corsisti e del tutor. Sul piano qualitativo sono stati
16
Impostazione alla Dirac. La proposta didattica di Udine per la fisica quantistica
individuati i nodi disciplinari su cui si sono incentrati gli interventi e le interazioni in web forum e
gli aspetti didattici evidenziati
Progetti didattici – Mappe – Si considerano qui solo le mappe finali che sono state la base per i progetti didattici con cui si è completato il percorso formativo nel corso C. Sono state analizzate per
quello che riguarda i concetti presenti (Irez 2007), confrontandoli con quelli rilevati nelle risposte
alle prime domande del questionario. Sono state anche considerate per quello che riguarda la struttura generale e le connessioni tra i concetti chiave per evidenziare i cambiamenti tra le mappe iniziali e quelle utilizzate come base per la progettazione dei percorsi didattici finali
6. Analisi dei questionari
Si propone qui un’analisi dettagliata ma globale delle risposte date ai quesiti Q1 e Q2, che risultano
fornire un ampio spaccato sul profilo iniziale dei corsisti:
Q1 - Indica 3 argomenti relativi alla meccanica quantistica, che riterresti importanti affrontare con
studenti di una scuola superiore e illustra le ragioni della scelta
Q2 - Indica 2 elementi che a tuo avviso caratterizzano la meccanica quantistica rispetto alla meccanica classica e illustra le ragioni della scelta
Si sintetizzano, invece, gli esisti dei restanti quesiti, segnalando gli aspetti problematici globalmente
emersi.
In fig. 1 vengono riepilogati i temi indicati in risposta ai quesiti Q1 e Q2. In merito qi temi che i corsisti ritengono importanti da affrontare a scuola (Q1), prevale la categoria di argomenti riguardanti
la vecchia fisica dei quanti (26) come il Corpo nero (3), l’effetto fotoelettrico (8), l’effetto Compton
(5), la “quantizzazione delle grandezze fisiche” (ossia l’esistenza di spettri discreti di alcune osservabili fisiche (6), la crisi della fisica classica (1). Risultano categorie rilevanti anche aspetti che si
possono associare più direttamente alla teoria quantistica: la fisica atomica (9), il contesto della doppia fenditura (7), il principio di indeterminazione di Heisenberg (10), il Dualismo onda-corpuscolo
(9). Sono marginali gli aspetti fondanti della MQ, come: principio di sovrapposizione (2); funzione
d’onda (2); ruolo dell’osservatore e problema della misura (1)).
L’insieme degli aspetti indicati dai corsisti, come caratterizzanti della MQ rispetto alla fisica classica
di cui al quesito Q2, si differenzia rispetto al precedente per temi considerati e distribuzione, infatti
Figura 1 - Aspetti emersi
in risposta ai quesiti Q1 e
Q2 del pre-questionario. AAspetti di fisica dei quanti;
B-Trattazione probabilistica;
C-Fisica atomica; D1-Esperimento doppia fenditura;
D2-Interazione radiazione
materia; E-Dualismo onda
corpuscolo; F-Principio di
indeterminazione di Heisenberg; G-Principio di sovrapposizione; H-Osservabili e
misura; I-Stato in fisica
classica e fisica quantistica;
L-Esistenza realtà prima di
misura; M-quantizzazione
grandezze fisiche; N-Principio di esclusione
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
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emergono: la diversa descrizione dello stato in fisica classica e fisica quantistica e necessità in MQ
di una descrizione probabilistica (12); il principio di indeterminazione (7); l’esistenza in fisica classica di una ”realtà oggettiva e indipendente dalle misure, mentre in M.Q: non è possibile definire ciò
che non si misura” (6); la quantizzazione delle grandezze fisiche (5); il processo di misura (3); dualismo onda corpuscolo (3); principio di sovrapposizione (3); principio di esclusione (1).
Le due distribuzioni sono significativamente differenti (p<0.005), mostrando che non vi è correlazione tra gli elementi ritenuti caratterizzanti la MQ e gli aspetti ritenuti importanti da affrontare in
una proposta didattica.
Dalle altre risposte al test emerge per l’80-90% del campione una buona o ottima competenza su:
principio di indeterminazione, indeterminismo quantistico, impossibilità ad associare una traiettoria
a sistema quantistici, significato probabilistico della funzione d’onda, principio di sovrapposizione.
Questo conferma, anche nello specifico del particolare tema disciplinare qui considerato il profilo
medio-alto degli insegnanti che costituiscono il campione.
Aspetti problematici sono emersi invece rispetto alla esistenza di spettri discreti nelle osservabili fisiche, aspetto testato nel quesito Q12: Discuti la seguente asserzione: In meccanica quantistica tutte le
grandezze fisiche di un sistema possono assumere solo valori discreti (ossia non continui)
Esempi di risposte tipo sono:
R1. “È uno degli assiomi della meccanica quantistica. Durante il processo di misura di una osservabile A, questa osservabile assume un ben definito valore ak, nel senso che ulteriori misure
della stessa osservabile sullo stesso sistema daranno con certezza di nuovo il valore ak”.
R2. “Ciò è vero solo per condizioni particolari, infatti nei casi limite in cui si applica la meccanica
classica”
R3. “In M.Q. ogni osservabile fisica è associata ad un operatore lineare e grazie agli operatori lineari si quantizza un sistema fisico: i possibili esiti di una misura coincidono con gli autovalori
dell’operatore, mentre gli autovettori sono i possibili stati in cui possiamo trovare il sistema”
Il docente R1 evidenzia una tipica concezione derivante da un approccio incentrato sulla fisica dei
quanti, in cui l’esistenza di grandezze con spettro discreto o quantizzato è centrale, a differenza di
quanto sancisce la teoria quantistica in cui lo spettro discreto ad esempio dell’energia deriva da imporre
condizioni al contorno. Questo elemento sembra essere stato colto dal docente R2, anche espresso se
in modo poco chiaro. Il docente R3 chiarisce il significato di quantizzazione nella teoria, ossia associazione di un operatore lineare a un’osservabile. Si tratta di interventi che evidenziano: da un lato i
modi in cui si manifesta un tipico problema d’apprendimento (lo spettro delle osservabili quantistiche è comunque discreto, che emerge dall’enfatizzare sull’esistenza di spettri discreti in analogia a
quanto faceva la vecchia fisica dei quanti piuttosto che riconoscere la natura accidentale della discretezza dello spettro di alcune osservabili, come esito dell’imposizione di condizioni al contorno nella
MQ); dall’altro il ruolo dell’interazione tra pari nel far emergere i nodi, focalizzarli, risolverli.
7. La discussione in rete telematica
In fig. 2 sono riportate le frequenze dei contributi dei 22 corsisti (Nc) e del tutor del corso (Nt) ai
diversi fili di discussione in cui è stato suddiviso il web-forum del corso A in rete. Emergono in modo
evidente i picchi nelle frequenze degli interventi in merito ai fili F2 e F3, che pertanto vengono qui
discussi dettagliatamente.
Il Filo F2 dal titolo “Interpretazione probabilistica”, riguarda la discussione del passaggio dalla fenomenologia alla analisi dei processi a singolo fotone e della necessità di una loro descrizione probabilistica. La dinamica attivatasi in questo filo risulta particolarmente complessa: sia per i diversi sottofili avviati dai corsisti spesso molto intrecciati, ma di cui se ne possono ricostruire almeno cinque
principali; sia per la lunghezza dei diversi interventi postati, spesso riguardanti più nodi contemporaneamente. I sottofili di discussione, a volte, sono stati animati da un ricco interscambio tra due corsisti intercalato o più spesso concluso dall’intervento di altri corsisti, che hanno suggerito l’analisi
di altri aspetti di discussione. I cinque sottofili si collegano fra loro a ricostruire la dinamica complessiva della discussione.
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Impostazione alla Dirac. La proposta didattica di Udine per la fisica quantistica
Figura 2 - Frequenze dei
contributi dei 22 corsisti
(Nc) e del tutor (Nt). F0 –
Test; F1 – Fenomenologia
della Polarizzazione; F2 –
Interpretazione Probabilistica; F3 – Proprietà dinamiche
di un sistema quantistico; F4
– Ipotesi Interpretative; F5
– Sistemi quantistici e traiettorie; F6 - Incompatibilità
e mutua elusività; F7 – Stati
e vettori; F8 - Osservabili e
operatori; F9 – generalizzazione, F10 - non località
Il primo e più nutrito sottofilo (20 interventi in tutto) riguarda il tema principale del filo in discussione la cui problematica è ben rappresentate dalle domanda della prima corsista che è intervenuta
e delle successive repliche:
I1. “Perché è necessario parlare del singolo fotone? Non è solo per escludere il fatto che l’effetto
sia dovuto a un’interazione fra fotoni? Per far emergere l’interpretazione probabilistica non è
sufficiente far presente che I [l’intensità della luce] è proporzionale al numero di fotoni?”
I2. “Intensità basse e Descrizione quantistica/probabilistica fenomeni ad alta intensità e possibilità di una descrizione classica”.
I3. “È chiaro che è proprio l’esperimento a singolo fotone che obbliga il fisico a passare a una interpretazione quantistica della polarizzazione. Altrimenti non sarebbe possibile conciliare l’osservazione sperimentale con il postulato sperimentale dell’indivisibilità del fotone.”
È interessante la posizione della prima corsista che riconosce il nodo problematico, ma propone di
affrontarlo semplificandolo, e le successive repliche che aiutano all’esplicitazione del problema, alla
sua collocazione nel delicato passaggio dal macroscopico a microscopico, dalla descrizione fenomenologica all’interpretazione.
Sono emersi nella discussione anche i problemi, collegati al precedente, della “Esistenza” del fotone
(“Si può fare a meno di parlare di fotone?”, “Lo si postula?”, “Se ne fornisce plausibilità con film
come quelli del PSSC?”) e di come si fa a caratterizzare il fotone in termini di sue proprietà (“Descrivendole?”, “Introducendole fenomenologicamente? Ma questo è sufficiente per gli studenti?”). Sono
nodi importanti, alcuni dei quali tuttora non risolti dalla ricerca didattica. La discussione in forum ha
consentito ai partecipanti di riconoscerli, averli ben presenti quando li manifestano gli studenti. La
disponibilità i risorse didattiche ha consentito anche saperli gestire in classe.
Un secondo filone di discussione (6 interventi) riguarda nello specifico come il nodo del precedente
sottofilo viene affrontato nel Percorso di Riferimento. In particolare viene riscontrato un salto tra la
strategia con cui viene esplorata la fenomenologia della polarizzazione e il passaggio all’analisi degli
esperimenti ideali a singolo fotone. Tale aspetto di criticità si lega a quello dell’esistenza del fotone
più sopra richiamato. Un corsista in particolare ravvisa un salto da un approccio definito “induttivo”
a uno “deduttivo”. Pone allora il problema se è preferibile adottare un approccio “induttivo” alla MQ
(si parte dagli esperimenti e su di essi si costruisce plausibilità per una descrizione teorica) oppure
uno definito “deduttivo” (partiamo dalle regole - i postulati - e vediamo che funzionano). A tale quesito danno risposta diretta quattro interventi, ben sintetizzati dai due seguenti:
“Se ho ben capito i passi da percorrere con i ragazzi sono i seguenti: - Premessa (come da documento
MQUD): evitiamo qualsiasi ricorso alla interpretazione della fenomenologia nel contesto dell’elettromagnetismo classico ma consideriamo fin da subito la natura fotonica della luce 1) esaminiamo la fenomenologia della polarizzazione con fasci intensi e ricaviamo determinati risultati
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
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2)
3)
4)
5)
Diminuiamo l’intensità dei fasci utilizzati fino ad operare idealmente con singoli fotoni
Rileviamo che l’interazione con i polaroid è stocastica
Cerchiamo risposte interpretative alla stocasticità
Troviamo le risposte riformulando la legge in termini di probabilità di trasmissione dei singoli
fotoni
Dunque la parte fenomenologica iniziale ha lo scopo fondamentale di introdurre all’interpretazione probabilistica, la quale, nella logica del percorso, deve emergere agli occhi degli studenti
come la risposta interpretativa introdotta per spiegare l’indeterminismo che emerge operativamente dagli esperimenti simulati a singolo fotone.”
“Secondo me nell’impostazione MQUD che l’interazione con i polaroid sia di natura stocastica
è “postulata”, non mostrata o dimostrata. Quello che viene detto (e con cui concordo) è semplicemente se la luce ha natura fotonica, la legge di Malus può essere interpretata in modo “semplice” attribuendo ai fotoni una natura stocastica. Secondo me la natura probabilistica deve
essere intesa come chiave di lettura che ci permette di verificare determinate ipotesi, non occorre
altro.”
Il valore formativo sia per gli attori del dialogo, sia per i suoi lettori è riconoscibile sul piano disciplinare, in quanto viene analizzato a fondo uno delicato nodo disciplinare, sia sul piano didattico, in
quanto se ne delineano diverse modalità d’approccio.
La discussione avviata nei precedenti due sottofiloni ha stimolato anche un approfondimento dei
nodi disciplinari dell’intrinseca stocasticità dei processi microscopici, della loro natura non locale,
di concetti come identicità e indeterminismo, complementarietà e dualismo onda-corpuscolo, causalità in MQ (8 interventi). È emerso inoltre, in merito all’esistenza di teorie alternative alla MQ ortodossa, il dibattito sull’opportunità di discuterle con i ragazzi qualora da essi stessi ne emerga l’esigenza (3 interventi).
Collegata alla precedente discussione è quella del quarto sottofilo di discussione (8 interventi) incentrata sulla natura peculiare della teoria e sul ruolo che in essa ha la matematica:
“La MQ ha nella spiegazione dei fenomeni microscopici. Ci si accorge che essa ha una natura intrinsecamente (questa volta ci vuole) diversa da quelle alla base di ogni altra teoria fisica. Ma anche di
quelle che formuleremmo per spiegarci qualunque fenomeno nuovo osserviamo intorno a noi.”,
e inoltre l’”approccio [suggerito dalla Proposta di Riferimento] che ha la sua razionalità solo nella
matematica utilizzata e non nella sua spiegazione prettamente fisica”.
A partire dal ruolo del formalismo in MQ ha preso spunto una discussione, che qui non viene riportata, sulla razionalità delle teorie scientifici e di MQ in particolare (7 interventi).
Il filo F3 riguarda le “modalità con cui operativamente si attribuisce una proprietà ai fotoni e al
senso e al significato di tale attribuzione”, come è stato precisato nell’intervento in rete di un corsista. La dinamica della discussione risulta più focalizzata sul tema proposto, rispetto al filo precedente, ma anche meno ricca sia di interventi, sia di effettiva interazione nella discussione in rete, sia
di spunti proposti. Tre sono i sottofili principali di discussione. Il primo si sviluppa in 17 contributi
relativi a tre aspetti problematici riepilogabili in altrettanti interventi.
Il primo riguarda la formulazione del principio di indeterminazione nel caso delle variabili posizione
e impulso e nel caso della polarizzazione. Fa emergere inoltre la mancata distinzione tra proprietà
(vettoriale) del sistema e vettore che descrive lo stato in cui si trova il sistema:
“Il principio di indeterminazione viene costruito in conseguenza dell’esistenza di proprietà (osservabili) incompatibili. Le proprietà polarizzazione verticale e polarizzazione a 45° vengono considerate grandezze osservabili distinte. Ma, non sono valori distinti che può assumere un unico osservabile polarizzazione? Nel nostro caso non abbiamo una unica grandezza fisica osservabile (la polarizzazione)?”.
A tale problematica sono correlati anche gli altri interventi del sottofilo su indeterminismo, mutua
esclusività e formulazione dell’ipotesi della miscela statistica e quello delle proprietà coesistenti e il
confronto tra esiti sperimentali e previsti in base a tali ipotesi.
20
Impostazione alla Dirac. La proposta didattica di Udine per la fisica quantistica
Il secondo sottofilo (3 interventi) evidenzia i vantaggi della Proposta di Riferimento, l’importanza
di introdurre i concetti in un contesto, interiorizzarli e poi esportarli:
“Inizialmente avevo difficoltà. Una volta che ci si è appropriati del contesto (il che mi sembra presupposto perché i ragazzi possano poi proporre le proprie idee ed ipotesi interpretative) se ne cominciano ad apprezzare le potenzialità, ovvero il fatto che esso apra in direzione di concetti nodali per
la teoria come l’esistenza di proprietà incompatibili, l’indeterminismo, l’influenza del processo di
misura, il principio di sovrapposizione”.
È un intervento questo che fa emergere l’importanza di prevedere ambienti di apprendimento ricchi
di risorse, in cui l’insegnante anche autonomamente possa trovare risposta ai propri bisogni formativi,
quando inserito in un contesto formativo stimolante, come quello attivato nel web-forum del corso.
Il terzo sottofilo, riguarda la discussione se sia possibile trovare un’analogia tra stati di sovrapposizione e situazioni di ambiguità percettiva visiva.
Corsista A “Gli esperimenti sulla polarizzazione hanno mostrato che nel formalismo quantistico
esistono stati di sovrapposizione rispetto ai possibili valori che può assumere un’osservabile. [ ….]
Immaginiamo mentre camminiamo che il nostro sguardo cada su una figura umana dentro la vetrina
di un negozio e che non siamo in grado di dire se quello che vediamo sia un uomo o un manichino.
Mentre ci avviciniamo al negozio persistono per un certo lasso di tempo entrambe le possibilità che
si escludono a vicenda finché un’ulteriore diminuzione della distanza che ci separa dalla vetrina ci
porta alla definitiva percezione di un manichino. Non vi sembra un bel esempio di percezione di uno
stato di sovrapposione tra due possibilità che assumono diverso gradi di probabilità in modo analogo a quanto avviene nel caso della polarizzazione?”
Corsista B: “però nell’esempio le due proprietà: essere uomo o essere manichino sono mutuamente
esclusive e non incompatibili. Posso percepire le due “proprietà” egualmente probabili ma sono
legittimato a pensare che il “sistema” possieda una delle due, indipendentemente dal fatto che gli
vada vicino per appurarlo”
Corsista C: “Sono d’accordo con [Corsista B] il manichino possiede la proprietà di essere manichino. Siamo noi che non siamo in grado di stabilire se ciò che vediamo è un uomo o un manichino
possiamo dire che la nostra ‘ignoranza’ è in questo caso di tipo epistemico. Penso che si difficile se
non addirittura fuorviante cercare di descrivere caratteristiche come il principio di sovrapposizione
che non hanno analogo classico usando esempi del mondo macroscopico”.
Corsista D: “Anche a me sembra pericoloso questo esempio, non scioglie il nodo dell’indeterminismo non epistemico della M.Q. e continua a radicare l’idea che lo stato di sovrapposizione è legato
alla impossibilità dell’osservatore a distinguere tra i due stati”.
Il dialogo riportato è interessante perché evidenzia alcuni modi tipici di pensare alla MQ, il bisogno di
basarsi su analogie classiche e possibilmente quotidiane, che tuttavia inevitabilmente sono destinate a
confondere piuttosto che chiarire. Il dialogo è interessante anche per illustrare la dinamica dell’interazione tra corsisti e il valore aggiunto in particolare dato dall’interazione in web-forum moderato.
8. Analisi di Casi
Si discutono qui alcuni casi come esemplificazioni della dinamica attivata nel processo di costruzione delle competenze professionali evidenziate da corsisti, che hanno evidenziato diversi livelli
iniziali di competenza.
Si considera il caso della corsista che chiameremo F. Dall’analisi delle diverse risposte al questionario della corsista F emerge la seguente sintesi:
Gli aspetti ritenuti rilevanti della MQ da affrontare con gli studenti sono: L’effetto fotoelettrico, l’effetto Compton, l’esperimento della doppia fenditura. Gli aspetti che caratterizzano
la MQ rispetto alla MC sono il principio di indeterminazione e la quantizzazione. La MQ include la
meccanica classica come limite e il passaggio da micro al macro mondo consista nel passaggio da
grandezze che assumono valori discreti a grandezze che assumono valori continui; Relativamente
alla misura di una osservabile di un sistema, ritiene che l’interazione con l’apparato di misura produca una perturbazione sul sistema, mentre “l’aspetto probabilistico è presente anche nella termo-
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
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dinamica e l’indeterminazione sulla misura è sempre presente in meccanica classica, anche se si
può rendere piccola” e che “la dipendenza della quantità misurata dall’apparato di misura ha conseguenze filosofiche molto interessanti che potrebbero fornire stimolo ai nostri alunni spesso demotivati”. Ritiene che tale aspetto potrebbe essere affrontare in classe considerando l’esperimento della
doppia fenditura, che non si può spiegare interamente considerando il solo aspetto ondulatorio, né il
solo aspetto corpuscolare della luce. Correla il principio di indeterminazione all’esistenza di osservabili incompatibili, e l’indeterminismo quantistico alla necessità di dare una definizione dello stato
diversa da quella classica. Ritiene che, anche in linea di principio, sia impossibile associare una traiettoria a una particella (aspetto questo correlato all’indeterminazione posizione-impulso). La funzione
d’onda Ψ (x) associata ad una particella quantistica è legata alla probabilità che la particella si trovi
in x. L’equazione di Schrödinger permette di descrivere l’evoluzione della funzione d’onda di una
particella massiva e non di una particella come il fotone. I fotoni sono particelle indistinguibili.
Gli aspetti su cui si manifestano le maggiori criticità sono: il diverso uso della probabilità nella previsione dell’esito del lancio di una moneta e dell’interazione di un fotone con un polaroid (“Nel
caso della moneta ci sono solo due stati possibili ed equiprobabili, nel caso del fotone ce ne possono essere infiniti”, su cui
non saprebbe come affrontare la questione in classe;
il principio di sovrapposizione, rispetto al quale non
risponde alcunché, né in
merito ai significato fisico,
né tantomeno alla sua trattazione didattica; identifica la
descrizione vettoriale dello
stato con la formalizzazione
vettoriale della osservabile
fisica misurata o più precisamente sostiene che il
vettore di stato di una particella che ha impulso definito a 45° rispetto a due assi
ortogonali x e y è rappresentato da un vettore combinazione lineare dei vettori a e
b che rappresentano lo stato
della particella quando ha
impulso definito lungo x e
lungo y rispettivamente.
La formazione di F in merito
alla MQ risulta centrata sul
principio di indeterminazione, che funge da tradeunion tra le radici storiche
delle idee quantistiche, che
risultano gli argomenti che
sceglierebbe in un approccio didattico, e parte delle
novità concettuali rispetto
alla visione classica: l’indistinguibilità delle particelle,
Figura 3 - Mappe della corsista F
22
Impostazione alla Dirac. La proposta didattica di Udine per la fisica quantistica
Figura 4 - Mappe del corsista H. A sinistra una mappa iniziale a destra una finale
l’impossibilità di associare
una traiettoria alle particelle
quantistiche. In ingresso non
propone alcuna mappa perché si dichiara incompetente.
Il suo atteggiamento nei
confronto della tematica
cambia già durante il primo
corso in rete, a cui partecipa
più come osservatore che
in modo attivo. Nelle due
mappe riportate in Fig. 3,
che hanno costituito la sintesi concettuale e organizzativa del suo percorso finale,
di evidenzia che aspetti
come il principio di sovrapposizione e l’incompatibilità hanno un ruolo rilevante
nella organizzazione concettuale, come pure in quella
della proposta didattica,
facendo emerge come vi
sia stato un progresso nelle
competenze disciplinari e
soprattutto nella ricomposizione delle CK e PCK, che
si era evidenziato in generale essere uno dei principali nodi emersi.
Quando si vanno a considerare i casi dei corsisti che
hanno evidenziato maggiori competenze rispetto a
quelle della corsista F, sia
nelle risposte ai questionari, sia negli interventi in
forum, i cambiamenti sono
altrettanto evidenti. Come
emerge dalla ricchezza del
quadro di riferimento tra la
mappa iniziale e quella usata
come base per la progettazione didattica di cui in fig.
4, del corsista H.
Nella mappa finale, a destra nella fig. 4, emerge una ricchezza di contenuti e soprattutto connessioni
che non emergeva nella mappa iniziale.
Se nel caso del corsista H il cambiamento più rilevante si ha nella più ricca organizzazione concettuale, nel caso di un altro corsista inizialmente classificato nella fascia dei più preparati (corsista L),
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
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si rileva la competenza nel saper trasferire l’approccio a un caso diverso da quello della polarizzazione come è quello dello spin studiato nella configurazione dell’esperimento di Stern-Gerlach,
agenti su fasci atomici.
9. Progettazione finale: analisi delle mappe
Come elemento di valutazione del progresso complessivo del gruppo si riporta qui solo il riepilogo
sui contenuti delle mappe dei concetti che i 17 corsisti che hanno completato il percorso formativo
hanno incluso nella loro progettazione didattica di un percorso da proporre agli studenti e basato
sulla Proposta di Riferimento. Sono riportati nello stesso diagramma gli aspetti emersi rispettivamente nelle risposte ai quesiti Q1 e Q2 e nelle mappe conclusive.
Il confronto delle distribuzioni evidenzia il cambiamento radicale nei contenuti considerati rilevanti
per lo sviluppo della proposta didattica: nella rilevazione iniziale (risposte ai quesiti Q1 e Q2). prevalgono gli aspetti della fisica dei quanti e ben pochi sono gli elementi caratterizzanti la MQ come
teoria; nella distribuzione di Fig. 5, compaio quasi solo aspetti fondanti della teoria. La distribuzione degli elementi emersi nelle mappe risulta statisticamente differente da ciascuna delle altre due
(p<0.005). Quello che si può rilevare è la prevalenza del contesto della polarizzazione, che evidenzia
che per 12 il contesto di riferimento è restato quello della polarizzazione, per altri cinque vengono
introdotti il contesto della diffrazione e quello dello spin (non presente nel diagramma in quanto ha
frequenza 2). L’impatto formativo sui concetti importanti per la didattica perché fondanti della teoria sono evidente, come pure è evidente il ruolo giocato dalla polarizzazione. Sono restati elementi
aperti della formazione in questo corso, la capacità di trasferire la proposta stessa in altri contesti, il
risultato di coerenza progettuale, che costituisce un obiettivo di più ampio e generale respiro della
formazione insegnanti.
Si può osservare inoltre come il principio di indeterminazione, tra gli elementi più indicati in risposta al quesito Q1, venga citato solo in 6 casi nelle mappe. Viene data maggiore attenzione alla teoria
della misura, al concetto di incompatibilità, a quello di stato. Rispetto alla Proposta di Riferimento
emerge quindi una maggiore attenzione al processo di misura e minore al nodo delle particelle quantistiche e traiettorie, all’identicità delle particelle quantistiche, al ruolo dell’interferenza quantistica
nel far emergere le peculiarità della MQ rispetto alla fisica classica.
Come accennato si possono segnalare alcuni limiti di coerenza, localizzabili in passaggi di snodo e
quasi sempre presenti nei tentativi di integrazione di approcci diversi.
Figura 5 - Elementi emersi
nelle risposte date ai quesiti
Q1 e Q2 del questionario
iniziale e nelle mappe finali. A-Aspetti della fisica dei
quanti; B-“Trattamento probabilistico “; C-Fisica atomica; D-Interazione radiazionemateria; E-Dualismo ondacorpuscolo; F-Principio di
Indeterminazione di Heisenberg; G-Principio di sovrapposizione; H-Osservabili e
misure; I-Stato in fisica classica e in MQ; L-Esistenza
di proprietà prima di una
misura; M-Quantizzazione
delle grandezze fisiche;
N-Principio di esclusione;
O-Polarizzazione/interferenza; P-Interpretazione Probabilistica; Q-Particelle e traiettorie; R-Vettori e stati; S-Noi della teoria
quantistica (non-località; identicità; incompatibilità).
24
Impostazione alla Dirac. La proposta didattica di Udine per la fisica quantistica
10. Conclusioni
Il processo formativo attivato con il modulo di formazione sulla MQ in IDIFO e proposto a 22 corsisti selezionati si è strutturato in tre corsi, due in rete e uno in presenza. Ha avuto come cuore l’analisi
e discussione di una proposta di apprendimento/insegnamento esito di precedenti ricerche e mirata
alla costruzione dei concetti fondanti della teoria e al riconoscimento del ruolo concettuale del formalismo, per la costruzione del pensiero teoretico.
Dall’analisi del questionario iniziale è emerso che anche insegnanti ben preparati, hanno una visione
dell’insegnamento della fisica quantistica orientata su quegli aspetti che solitamente vanno sotto il
nome di fisica dei quanti. Gli aspetti più frequentemente indicati per una trattazione didattica della
MQ, sono l’effetto fotoelettrico, l’effetto Compton, la quantizzazione (esistenza di osservabili con
spettro discreto). Il principio di indeterminazione e il dualismo onda corpuscolo sono gli elementi
teorici che costituiscono l’obiettivo finale di ipotetici percorsi didattici.
Si registra una netta distinzione tra gli aspetti inclusi in una proposta didattica e quelli caratterizzanti
la MQ come teoria. Il principio di indeterminazione è tra i pochi elementi che i corsisti hanno indicato
anche tra i concetti fondanti della MQ. Esso viene ritenuto cardine della MQ, come pure per molti
anche la quantizzazione (spettro discreto) delle osservabili fisiche. Se è evidente il ruolo del principio di indeterminazione sul piano storico e la sua importanza nell’attribuire significato agli enti fisici,
ovvero nel guidare alla modellizzazione in meccanica quantistica, dall’altro è anche chiaro che detto
principio non fa parte dei principi fondanti della teoria quantistica ma è piuttosto una conseguenza
del suo impianto formale e concettuale fondato sul principio di sovrapposizione. (RQ1)
Il quadro iniziale evidenziato ha indirizzato la formazione: da un lato verso una approfondita analisi e riflessione sui fondamenti dello specifico tema disciplinare nella prospettiva della MER di una
ricostruzione didattica dei concetti; dall’altro verso la ricomposizione di CK, delle PCK e degli esiti
di ricerca didattica come prerequisiti necessario per una formazione all’innovazione didattica particolarmente nel contesto dell’insegnamento/apprendimento della meccanica quantistica.
Le difficoltà principali incontrate sul percorso formativo dei corsisti riguardano: A) la resistenza ad
affrontare la ricostruzione concettuale, che implica anche l’abbandono di convinzioni sull’interpretazione della teoria quantistica e sulla epistemologia della fisica; B) la diffidenza ad abbandonare contesti abitualmente affrontati (ad esempio il principio di indeterminazione conosciuto solo per posizione e impulso, ma non correlato a osservabili incompatibili in generale; l’ambito della propagazione libera, piuttosto che i contesti più semplici di sistemi a due stati); C) la difficoltà a scostarsi da
strategie didattiche familiari, di cui si conosce l’impatto formativo anche se più rispetto agli atteggiamenti degli studenti che rispetto ai loro apprendimenti, e approcci conosciuti sia nella propria formazione universitaria, che ha un ruolo rilevantissimo nel successivo approccio all’insegnamento, sia
nella propria esperienza didattica. (RQ2)
Gli elementi del percorso formativo che sono stati qui documentati e che hanno prodotto maggiori
modifiche nelle PCK sono stati: l’affrontare una proposta didattica mirata sui concetti fondanti della
meccanica quantistica e l’analisi dettagliata dei suoi strumenti; il ricco interscambio sviluppatisi in
rete tra i corsisti e tra questi e il tutor sui diversi concetti fondanti della meccanica quantistica seguiti
nel percorso didattico di riferimento; l’impegnarsi direttamente nella costruzione di mappe concettuali e organizzative di contenuti e modalità di lavoro, base per la progettazione di percorsi didattici. Dall’analisi delle mappe emerge che i principali cambiamenti riguardano il passaggio da una
visione rivolta sulla fisica dei quanti che ha come obiettivo finale il principio di indeterminazione,
a una visione in cui il principio di sovrapposizione ha un ruolo rilevante nella organizzazione della
proposta didattica sulla teoria quantistica insieme alla discussione del processo di misura. (RQ3).
Nella progettazione di personali percorsi didattici, per quanto il principio di sovrapposizione ricopra per quasi tutti un ruolo centrale, l’obiettivo di apprendimento principale è la teoria della misura
e il concetto di stato. Nel caso specifico dei corsisti che hanno manifestato una padronanza maggiore sulla proposta le principali integrazioni riguardano l’esplorazione di altri ambiti fenomenologici con approccio simile a quello proposto, come quello della fenomenologia dello spin e della diffrazione (RQ4).
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
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La formazione attuata ha consentito a tutti i corsisti di raggiungere la competenza di gestire la proposta di riferimento in attività di progettazione e presumibilmente di saperla anche gestire con gli studenti, come è emerso nei casi delle sperimentazioni effettivamente attuate. Ha saputo fornire solo ai
migliori la competenza di trasferire la proposta in altri contesti, mantenendo un buon livello di coerenza. Nella maggior parte dei casi il tentativo di integrare la proposta con l’analisi di altri contesti
come quello della interferenza e diffrazione o come quelli suggeriti dal percorso storico sono per lo
più cluster di attività più che veri percorsi. Una fase di formazione in presenza dedicata alla progettazione e una di sperimentazione in contesto presumibilmente sono condizioni irrinunciabili per un
obiettivo di effettiva autonomia nella gestione di una proposta innovativa.
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Il metodo di Feynman della somma sui molti cammini
per l’introduzione della Meccanica Quantistica
Giuseppina Rinaudo
Dipartimento di Fisica Sperimentale, Università di Torino
1. Premessa
Il corso è pensato come una introduzione alla meccanica quantistica nella scuola secondaria sulla
traccia del metodo che Feynman suggerisce nel suo bel libro “QED, la strana teoria della luce”. La
principale valenza didattica del metodo consiste nel fatto che, fin dall’inizio, si cerca di entrare in
modo diretto nel mondo dei quanti sapendo che in esso, per usare le parole di Feynman stesso, gli
“oggetti” si comportano “in un modo che non assomiglia a nulla che possiamo aver visto prima”:
non sono né onde né particelle, ma hanno degli aspetti che ci ricordano le caratteristiche sia delle
une che delle altre.
Il metodo era stato sviluppato e sperimentato nel gruppo di ricerca in didattica della fisica di Torino
nell’ambito di una serie di sperimentazioni nei corsi e laboratori della Scuola di specializzazione
per l’Insegnamento Secondario (SIS) sul problema dell’introduzione della meccanica quantistica a
livello di scuola secondaria. L’introduzione della fisica dei quanti è infatti tra i problemi che presentano maggiori difficoltà per la formazione dei futuri insegnanti di fisica nella Scuola Secondaria
Superiore, sia per le carenze della preparazione universitaria, in particolare per chi non proviene dal
corso di laurea in fisica, sia per la mancanza di una consolidata prassi didattica sul come tradurre il
tema a livello di scuola secondaria.
Nel preparare i corsi e i laboratori didattici dedicati alla meccanica quantistica nell’indirizzo matematico-fisico-informatico della SIS del Piemonte, siamo partiti (nel 2000!) cercando di seguire queste linee guida principali:
- mantenere uno stretto collegamento con la meccanica classica
- analizzare a fondo alcuni esperimenti chiave
- aver chiare le ipotesi della MQ ed esplicitarle
- giungere rapidamente all’essenza del problema
- riuscire a eseguire qualche calcolo significativo
Le proposte che esistevano già allora sul mercato erano poche, ma ben qualificate (vedasi ad esempio, Fabri 1996), ma proprio gli ultimi due punti fra quelli sopra elencati ci avevano spinto a riesaminare attentamente il metodo della “somma sui molti cammini” (“path integral” in inglese) di Feynman per valutarne le potenzialità didattiche.
Come è noto, il metodo fu sviluppato da Feynman per calcoli di elettrodinamica quantistica per
descrive l’interazione della radiazione elettromagnetica con la materia. L’elettrodinamica quantistica è la teoria più completa e meglio verificata sperimentalmente che si conosca fino a oggi e Feynman stesso ne fece anche una versione didattica, semplificata ma rigorosa, destinata a un pubblico di
“non fisici”, che presentò, nel modo avvincente e brillante che gli era consueto, nel libro sopra citato,
“QED, la strana teoria della luce” (Feynman 1985): secondo Feynman, questo approccio è infatti il
più adatto per chi si vuole avvicinare per la prima volta ai concetti base della meccanica quantistica
partendo da una preparazione di matematica e di fisica buona ma non particolarmente avanzata. Per
gli stessi motivi, a nostro avviso, l’approccio ben si adatta alla trasposizione per studenti di scuola
secondaria: la fisica infatti è più trasparente che nell’approccio convenzionale, si giunge più rapidamente all’essenza del problema, i prerequisiti richiesti sono minimi, sia dal punto di vista della fisica
che da quello della matematica, e si possono eseguire calcoli significativi che non sono pura applicazione di formule ma riguardano lo sviluppo di un vero e proprio modello.
I requisiti necessari per la fisica sono:
• i concetti di massa, velocità, energia e quantità di moto,
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Il metodo di Feynman della somma sui molti cammini per l’introduzione della Meccanica Quantistica
• la conoscenza delle più comuni proprietà della luce, ossia la propagazione in linea retta di un raggio
luminoso, la rifrazione, la riflessione, eventualmente la dispersione e la focalizzazione mediante
lenti,
• concetti base riguardanti le proprietà del moto ondulatorio, quali lunghezza d’onda, frequenza,
fase dell’onda.
Non è invece necessaria una conoscenza iniziale approfondita della dinamica ondulatoria, in particolare del concetto di energia portata dall’onda, che in generale crea grosse difficoltà nell’approccio storico tradizionale. Nell’approccio storico, infatti, si parte abitualmente con la discussione dello
“spettro di corpo nero”, che alla maggior parte degli studenti e anche degli insegnanti è completamente oscuro, perché, non avendo in generale fatto misure sperimentali di spettri di energia, non
hanno chiaro il significato di “energia portata dalla radiazione” in un certo intervallo di lunghezza
d’onda e capiscono ancor meno come si derivi teoricamente la forma dello spettro. Per rendere in
qualche modo più comprensibile il concetto si presenta l’interpretazione di Einstein dell’effetto fotoelettrico, che è molto più semplice dell’interpretazione di Planck dello spettro di corpo nero, giungendo così a giustificare la relazione base della meccanica quantistica
E = h f (1)
che lega l’energia E del “quanto di luce” alla frequenza f dell’onda. Tuttavia, quale sia il legame
vero fra l’energia E del quanto di luce e l’energia dell’onda rimane in generale a livello molto vago
e superficiale, mentre esso è alla base dell’effettiva comprensione del significato della relazione di
Planck-Einstein.
Anche per la matematica i requisiti necessari per affrontare il modello di Feynman sono molto ridotti:
basta la conoscenza della composizione vettoriale, quindi del teorema di Pitagora e della trigonometria; non è richiesto invece il calcolo differenziale né integrale, il che è sicuramente un grosso vantaggio rispetto ad altri approcci. Con una matematica così ridotta, è possibile eseguire facilmente
alcuni calcoli, semplici ma significativi, che aiutano a capire aspetti fondamentali della teoria in modo
quasi “visuale”. Nell’impostazione dei calcoli abbiamo seguito abbastanza fedelmente l’approccio
di E.F.Taylor (Taylor 1998a) autore già noto ai corsisti del Master per la sua proposta di “Space time
physics” per l’insegnamento della relatività. Dell’approccio di Taylor, che è anche scaricabile dal sito
http://www.eftaylor.com, abbiamo sviluppato le lezioni che si trovano sotto il titolo “Demistifyung
Quantum Mechanics (Student Workbook)”, in particolare le prime quattro: FrontMatter, Reflect Exercises, One Photon Exercises, Free Electron (Taylor 1998b), che mettono bene in evidenza come sia
facile, nel modello di Feynman, giocare con i parametri caratteristici del moto quantistico per capire
che ruolo essi hanno e quali sono le differenze sostanziali rispetto al moto descritto classicamente1.
Analizzando in dettaglio la proposta di Taylor, ci rendemmo conto che i calcoli si possono implementare anche con un semplice foglio elettronico, come EXCEL, che dà la possibilità di presentare
rapidamente in modo grafico i risultati principali. Rispetto al software di Taylor, il nostro foglio elettronico è sicuramente meno attraente e meno facile da usare, ma ha delle potenzialità in più, perché
lo studente può costruirselo da solo, modificarlo secondo le sue esigenze, introdurre nuovi calcoli o
nuovi grafici: è insomma uno strumento per entrare nel mondo degli oggetti quantistici.
Lo sviluppo dell’intero progetto venne tutto documentato e via via aggiornato sul sito web del gruppo
di didattica della fisica di Torino (Rinaudo Sito), presentato ai convegni dell’AIF e sperimentato in
alcune classi (Borello 2002).
(1)
Molto utile è anche il seminario che Taylor diede nel 1998 in occasione dell’assegnazione della “Oersted Medal”
dell’Associazione Americana degli insegnanti di fisica (Taylor 1998c) in cui egli illustra le motivazioni che lo spinsero
a sviluppare il metodo.
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
31
2. La struttura del corso
La proposta sviluppata per il corso nell’ambito del Master IDIFO presenta una sostanziale modifica rispetto alla sperimentazione, sopra citata, svolta nelle classi e nei corsi della SIS Piemonte, che
seguiva abbastanza fedelmente la proposta di Taylor: non si inizia infatti direttamente con il metodo
della somma sui molti cammini, ma con un richiamo di alcuni aspetti introduttori dei fenomeni di
ottica ondulatoria discussi con il modello di Huygens. L’idea era infatti che, a differenza dell’esperienza SIS, nel Master ci si rivolge a insegnanti in servizio che dovrebbero avere chiari i concetti
base dell’ottica ondulatoria per averli insegnati ai loro studenti, e quindi il ripensare agli aspetti rilevanti della modellizzazione alla Huygens avrebbe facilitato la comprensione, per analogia e differenza, degli aspetti peculiari del modello di Feynman. Discuterò più avanti i riflessi positivi e negativi di questa scelta.
Dopo questa premessa sull’ottica ondulatoria, si è proseguito introducendo l’idea base del modello di
Feynman, che tratta l’oggetto quantistico (il fotone) con le sue caratteristiche “corpuscolari” (quantità di moto, meccanismi di emissione e di assorbimento) e “ondulatorie” (lunghezza d’onda, fase)
e si è concluso con una serie di esemplificazioni di calcolo applicate ad alcuni fenomeni particolarmente interessanti (presenza di ostacoli, effetti d’ombra, diffrazione, rifrazione), estendendo anche
il metodo allo studio del moto di oggetti quantistici massivi (elettrone, protone, ecc.).
Il corso è stato diviso in tre sessioni:
A) L’ottica fisica rivista alla luce del metodo della somma sui molti cammini di Feynman: ipotesi,
regole e impostazione del calcolo (8 “ore”)
B) Perché e come utilizzare l’impostazione alla Feynman per l’introduzione della meccanica quantistica; un calcolo a scopi “tutoriali” (6 “ore”)
C) Alcuni esempi significativi discussi in dettaglio (6 “ore”)
Le descriverò brevemente presentando per ciascuna i concetti in gioco, i materiali utilizzati, i “compiti” richiesti ai corsisti e commentando le loro risposte.
2.1 Sezione A: ripensare l’ottica ondulatoria
Come spiegato nella premessa, questa sezione è una introduzione indiretta allo spirito del metodo
della somma dei molti cammini di Feynman fatta attraverso un ripensamento dell’ottica, sia nei suoi
aspetti geometrici che in quelli ondulatori, con l’obiettivo generale di stimolare la riflessione cognitiva personale sulle conoscenze acquisite di meccanica classica e di ottica ondulatoria e sui modi di
descrizione dei fenomeni usati in fisica, in particolare quelli che passano attraverso la modellizzazione matematica. L’obiettivo specifico è di promuovere una ristrutturazione del modo di pensare ai
fenomeni luminosi che metta in evidenza, in vista dell’inserimento nel percorso didattico sulla meccanica quantistica, quegli aspetti peculiari che nell’ottica ondulatoria sono accettati e compresi mentre
appaiono strani e poco intuitivi quando vengono introdotti in un ambito di meccanica quantistica.
Si inizia con una serie di domande per riflettere sul modo in cui siamo abituati a pensare, descrivere
ed eventualmente spiegare i fenomeni luminosi utilizzando essenzialmente un modello “per raggi”;
si prosegue con una semplice modellizzazione “alla Huygens”, che si appoggia su un foglio EXCEL
(Huygens.xls), della propagazione della luce in presenza di un ostacolo come una fenditura. Si conclude infine con una riflessione sulle cose che impariamo dalla modellizzazione per raggi e da quella
“alla Huygens”, che saranno utili per passare alla “modellizzazione alla Feynman”. Gli aspetti principali su cui si intendeva far riflettere sono:
- a differenza di quanto avviene per un “raggio”, l’onda non ha una “traiettoria” definita, ma ha
diversi cammini che attraversano contemporaneamente diversi punti della fenditura;
- lungo ogni cammino la fase dell’onda evolve in un modo dato dal rapporto fra la distanza percorsa
e la lunghezza d’onda e i contributi dei diversi cammini si sovrappongono in modo che dipende
dalle fasi relative;
- a differenza di quanto avviene per un “raggio”, l’energia portata dall’onda si distribuisce nello
spazio dietro la fenditura, anziché arrivare in un punto preciso.
Le difficoltà incontrate dai corsisti in questa prima parte riguardarono soprattutto la scarsa famiglia-
32
Il metodo di Feynman della somma sui molti cammini per l’introduzione della Meccanica Quantistica
rità con l’uso del foglio EXCEL e, per alcuni, anche la scarsa famigliarità con il modello ondulatorio di Huygens. Alcuni corsisti, infatti, dichiararono di conoscere poco l’ottica ondulatoria e di non
avere esperienze didattiche al riguardo, il che ovviamente rese poi difficile la riflessione sulle valenze
didattiche non solo della modellizzazione alla Huygens dell’ottica ondulatoria, ma anche del metodo
dei molti cammini, che nella nostra impostazione doveva trarre beneficio proprio dal confronto con
l’approccio puramente ondulatorio alla descrizione della propagazione della luce. La scelta di partire dall’ottica ondulatoria “alla Huygens” era stata infatti dettata proprio dall’idea che l’ottica ondulatoria avrebbe aiutato concettualmente il passaggio al metodo del molti cammini, perché, in germe,
molti concetti base sono già presenti nel modello di Huygens e quindi sarebbe bastato concentrarsi
sugli aspetti che se ne discostano!
2.2 Sezione B: l’oggetto quantistico di Feynman
Questa sezione introduce nel cuore del metodo della somma dei molti cammini di Feynman. Come
detto nella premessa, si segue, con una certa libertà, la prima parte del popolare libro di Feynman,
“QED, la strana teoria della luce”, secondo la traccia indicata da E.F.Taylor.
L’obiettivo è di acquisire famigliarità con le proprietà peculiari dell’oggetto quantistico di Feynman
che sono in parte comuni a quelle delle onde esaminate nella sezione A (in particolare il “principio
di sovrapposizione”), in parte diverse (in particolare la “probabilità quantistica”).
Viene presentato anzitutto l’oggetto quantistico, che contiene il cuore del metodo: vengono discusse
le ipotesi, le regole e l’impostazione del calcolo per poterle applicare ai singoli casi. L’oggetto quantistico con cui si parte è un elettrone e non un fotone, perché con un elettrone appare più naturale
ragionare in termini di “corpuscolo” e quindi scoprire come i nuovi comportamenti creati dalle ipotesi del modello di Feynman siano facilmente introducibili e quali effetti nuovi e inaspettati essi producano.
Si sviluppano poi in dettaglio tutti i calcoli con l’aiuto di semplici fogli EXCEL nel “Tutorial”:
sono i primi calcoli che hanno lo scopo principale di far acquistare famigliarità con i “molti cammini” dell’oggetto quantistico, con i relativi vettori di fase e con le regole per “sovrapporli” in modo
da ottenere la “probabilità quantistica” di rivelare l’oggetto. I cammini iniziano in un punto A (sorgente) e terminano in un punto B (rivelatore) dopo essere passati attraverso una fenditura lasciata
aperta fra due ostacoli. I concetti di “sovrapposizione” e di “probabilità” sono i due concetti chiave,
tipicamente quantistici, che questo foglio permette di approfondire.
I materiali a disposizione sono:
- L’oggetto quantistico: contiene la descrizione delle ipotesi e delle regole per il calcolo del moto
dell’oggetto quantistico di Feynman;
- Tutorial: contiene la descrizione dettagliata dell’applicazione delle regole di calcolo all’esempio
sviluppato nei fogli EXCEL “Tutorial-calcolo”;
- Consigli per il tutorial: contiene alcuni consigli per l’uso del foglio e suggerimenti di esercizi
utili;
- Tutorial-calcolo: si tratta di due fogli EXCEL con i primi calcoli per prendere famigliarità con le
ipotesi e regole del metodo dei molti cammini;
- Fey-s-tutorial.xls: si inizia con una fenditura stretta, per la quale passa un solo cammino e poi la
si allarga aggiungendo via via cammini ai bordi;
- Fey-l-tutorial.xls: si inizia con una fenditura larga e si analizzano ordinatamente i cammini a partire da uno dei bordi.
I corsisti dovevano
- capire e discutere, anche per confronto con la modellizzazione alla Huygens sviluppata nella
sezione A, le nuove ipotesi e regole alla base del modello,
- eseguire alcuni calcoli, scegliendo liberamente i parametri significativi, utilizzando uno dei due
fogli “tutorial”,
- discutere i risultati ottenuti.
In questa sezione emersero chiaramente, da parte dei corsisti, alcune difficoltà tipiche che si incon-
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
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trano nell’utilizzo del metodo e che in parte avevamo già riscontrato nella sperimentazione alla SIS
e con studenti di scuola secondaria. Per affrontare con successo questa proposta didattica bisogna
infatti tenere presente che, al di là del fascino della proposta associato alla personalità di Feynman, il
metodo della somma sui molti cammini di Feynman non è banale se si vuole effettivamente passare
alla modellizzazione di casi specifici ed eseguire i calcoli, anche nella versione “addomesticata” alla
Taylor che abbiamo seguito. Il problema principale riscontrato è legato al fatto che le simulazioni
sono strettamente dipendenti dall’uso di fogli EXCEL che presentano una certa complessità: il risultato dipende quindi molto dalla famigliarità o dalla “simpatia” che l’utente ha verso questo mezzo
di calcolo, che ha condotto a un maggiore o minore apprezzamento del metodo, al di là della comprensione del fenomeno fisico che invece è stata mediamente buona, anche se non per tutti ha inciso
profondamente sul modo di vedere i fenomeni quantistici.
Alcuni commenti inseriti da alcuni corsisti nell’illustrare i risultati ottenuti dalle simulazioni lasciano
infatti intravedere che permane sostanzialmente un modo di pensare classico ai “diversi cammini”:
essi infatti sono visti non già come cammini diversi dello stesso oggetto quantistico ma come cammini diversi di diversi oggetti quantistici. Significativo è, ad esempio, il commento di P.C. al calcolo
della sovrapposizione: “La sovrapposizione è ridotta in modo proporzionale alla larghezza della fenditura perché essa è proporzionale al numero di fotoni che la attraversano”. Chiaramente non era
stato compreso che la sovrapposizione è sempre riferita a un solo fotone, i cammini diversi non
appartengono a diversi fotoni ma allo stesso fotone, quindi il numero di fotoni non c’entra: in questo
sta la differenza rispetto al calcolo classico, in cui si ragiona in termini di numero di fotoni!
Nel forum si dedicò pertanto uno spazio importante soprattutto per discutere il significato del concetto di “sovrapposizione” e il suo legame con la larghezza della fenditura, con esempi anche numerici, ma la partecipazione alla discussione fu esigua, probabilmente anche per mancanza di tempo e
di possibilità di approfondire il problema, con il ritmo serrato e l’incalzare delle scadenze.
2.3 Sezione C: che cosa si può esplorare con il metodo della somma sui molti cammini.
Esempi di calcoli sviluppati in dettaglio nei fogli EXCEL
In questa sezione furono presentati e discussi diversi fogli EXCEL sviluppati per esplorare le potenzialità del metodo, ciascuno riguardante l’applicazione alla descrizione e interpretazione di uno specifico fenomeno. Alcuni di essi sono più efficaci dello stesso “tutorial” per capire come funziona il
metodo, perché il tutorial è costruito nel modo più semplice possibile per capire i concetti base, quindi
ha anche dei limiti legati al fatto che il numero di cammini esplorati è ridotto (solo 21).
I fenomeni esplorati sono:
- Le oscillazioni della probabilità quantistica (foglio associato Fey-oscillazioni.xls): si esplorano le
oscillazioni della probabilità quantistica nel rivelare l’oggetto nel punto B, in cui è messo il rivelatore, man mano che si allarga la fenditura che blocca alcuni cammini possibili. La probabilità
quantistica si avvicina sempre più al valore aspettato “classicamente”, intorno al quale oscilla,
con fluttuazioni che via via si attenuano senza tuttavia sparire. Nel foglio si costruiscono ben 200
cammini attraverso la fenditura e quindi si può seguire con sicurezza, senza correre il rischio di
uscire dai limiti del calcolo, come varia la spirale di Cornu e il valore della sovrapposizione man
mano che si allarga la fenditura. Si vede infatti che, a piccole fenditure, la sovrapposizione è molto
sensibile alla variazione della larghezza e che non è detto che allargare la fenditura porti sempre
a un aumento della sovrapposizione, perché la sovrapposizione dipende da come giocano le fasi
dei cammini ai bordi; da un certo punto in poi, tuttavia, diventa irrilevante includere o togliere
un cammino, perché ormai ci si trova nel “ricciolo” della spirale di Cornu, che ha poca influenza
sul valore della sovrapposizione. In queste condizioni si è raggiunto il limite “classico”, in cui, se
l’oggetto passa, non c’è più nessuna dipendenza dalla larghezza della fenditura.
- I cammini e gli ostacoli (foglio associato Fey-ostacoli.xls): si esplora l’effetto che hanno gli “ostacoli” messi sul cammino dell’oggetto quantistico sulla probabilità di rivelare l’oggetto nel punto
B dove è posto il rivelatore. A differenza dell’oggetto classico, che ha solo le possibilità “SI” o
“NO” di arrivare in B, l’oggetto quantistico ha una probabilità sfumata, che non è mai rigorosa-
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Il metodo di Feynman della somma sui molti cammini per l’introduzione della Meccanica Quantistica
mente “ZERO” ma neppure rigorosamente indipendente dalla posizione e dalla larghezza dell’ostacolo.
- L’oggetto quantistico e le zone d’ombra (foglio associato Fey-ombre.xls): per un oggetto classico,
il bordo di un ostacolo crea un’ombra geometrica netta, al di là della quale l’oggetto non penetra,
per l’oggetto quantistico non esiste invece niente di simile all’ombra geometrica, ma l’oggetto
penetra tranquillamente anche nella zona d’ombra con una variazione continua e dolce della sua
probabilità quantistica, ben esplorabile con questo foglio che permette di spostare uno dei bordi
degli ostacoli.
- La diffrazione (foglio associato Fey-diffrazione.xls): si esplora il variare della probabilità quantistica di rivelare l’oggetto nel punto B, in cui è posto il rivelatore, man mano che il punto si sposta. Si osserva il formarsi della figura di diffrazione con la possibilità di esaminarne le caratteristiche.
- La rifrazione (foglio associato Fey-rifrazione.xls): si esplora il variare della probabilità quantistica di rivelare l’oggetto nel punto B, in cui è posto il rivelatore, quando l’oggetto quantistico si
trova ad attraversare zone in cui deve viaggiare con diversa velocità, ritrovando la legge di Snell
e scoprendo perché essa è legata al principio di Fermat del percorso realizzabile con il tempo
minimo.
I corsisti dovevano
- scegliere uno o più fenomeni fra quelli suggeriti, capire e discutere i concetti e l’impostazione del
modello,
- eseguire alcuni calcoli, scegliendo liberamente i parametri significativi, utilizzando i relativi fogli
EXCEL,
- discutere i risultati ottenuti.
La risposta dei corsisti fu variegata, a conferma del diverso livello di appropriazione del metodo. Solo
per un paio di corsisti la risposta fu poco soddisfacente, a indicazione di una scarsa appropriazione
del metodo e di un impegno molto superficiale nel superare le difficoltà concettuali e “tecniche”. Un
buon numero di corsisti riuscì invece a sviluppare almeno un esercizio su uno dei fenomeni proposti, utilizzando per il calcolo il relativo foglio EXCEL e discutendo i risultati con un buon livello di
comprensione. La maggioranza dei corsisti (9 su 16), lavorò infine in modo eccellente, affrontando
più fenomenologie, sviluppando i calcoli con i fogli EXCEL a disposizione e discutendo in modo
sinottico i risultati. Molti corsisti lavorarono in gruppo, il che facilitò sicuramente il confronto delle
idee e il superamento delle difficoltà, sia concettuali che “tecniche”.
3. Conclusioni
La possibilità di presentare il metodo della somma sui molti cammini di Feynman in un contesto
privilegiato e stimolante come quello del Master IDIFO ha presentato sicuramente una occasione
unica per sperimentarne le potenzialità didattiche, significativamente diversa da quella delle precedenti sperimentazioni nei laboratori della SIS o nelle classi di studenti di scuola secondaria, che si
erano svolte sempre in presenza.
Gli aspetti positivi della sperimentazione fatta nel master IDIFO sono stati essenzialmente:
- lo sviluppo di una documentazione completa e dettagliata, resasi necessaria dalla comunicazione
a distanza tipica dell’impostazione dei corsi del Master;
- la risposta positiva dei corsisti che hanno dimostrato, nella maggior parte, di riuscire ad apprezzare la novità della proposta e ad appropriarsi dei concetti base nonostante le difficoltà sia tecniche che concettuali della comunicazione a distanza;
- le risposte problematiche di alcuni corsisti, che hanno messo in evidenza i nodi concettuali critici
sollevati dall’approccio alla Feynman: nonostante tali nodi siano probabilmente rimasti irrisolti,
le domande poste e l’analisi delle difficoltà riscontrate saranno molto utili per gli sviluppi futuri.
L’aspetto negativo principale è stata la difficoltà di far passare la fondamentale innovazione didattica del metodo di Feynman lavorando solo a distanza e in tempi eccessivamente compressi. Infatti il
metodo richiede un tale cambiamento nel modo di pensare agli “oggetti quantistici” che è realizzabile,
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
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in modo stabile, solo con un intervento diluito nel tempo e con la possibilità di confronti diretti.
C’è infine un risultato, che ha insieme aspetti positivi e negativi, ma che per noi è stato molto interessante. Nel preparare la sperimentazione iniziale fatta nei laboratori SIS e nelle scuole, il gruppo
di ricerca didattica aveva molto dibattuto se fosse più opportuno attenersi rigorosamente al modo
seguito da Feynman per introdurre la relazione (1) di Planck-Einstein, oppure se fosse meglio darne
prima una giustificazione storica, illustrando come si fosse giunto alla sua formulazione; nonostante
le perplessità di alcuni componenti di alcuni componenti, si era poi optato di seguire fedelmente la
proposta di Feynman, come già ricordato nella premessa, nella quale la relazione di Planck-Einstein
viene introdotta come fa un prestigiatore quando tira il coniglio fuori dal cappello, semplicemente
come un dato di fatto, o meglio come un’ipotesi iniziale di cui si vanno poi a esplorare le conseguenze. Anche nella proposta fatta al Master IDIFO la relazione di Planck-Einstein è stata introdotta
senza giustificazioni storiche, tuttavia l’aver premesso nella Sezione A un richiamo all’ottica ondulatoria e al modello di Huygens ha in qualche modo falsato la prospettiva, perché l’attenzione dei
corsisti era già stata rivolta verso gli aspetti ondulatori dell’oggetto quantistico e quindi l’approccio
non era più completamente neutro, come invece richiede il modello di Feynman e i riflessi di questo
inizio indirizzato verso gli aspetti ondulatori si sono poi fatti sentire in molte sfumature delle relazioni dei corsisti e si è perso molto della potenza innovativa delle idee di Feynman.
La mia conclusione è quindi che l’approccio alla Feynman va giocato per intero come suggerito da
Feynman stesso, se si vuole veramente sfruttarne le potenzialità innovative!
Riferimenti bibliografici
Borello L., Bello L., Crosta D., Cuppari A., Rinaudo G., Rovero G., Micheletti C., Musso A., Silvestro M. (2002) Il metodo della somma sui molti cammini di Feynman per l’introduzione della Meccanica Quantistica: una sperimentazione nella Scuola di Specializzazione per l’Insegnamento, La
Fisica Nella Scuola, 35, Suppl. n. 2, pp. 119-124.
Fabri E. (1996) LFNS XXIX, 1996, p. 63.
Feynman R. (1985) QED, la strana teoria della luce, Milano: ADELPHI.
Rinaudo G. Sito http://www.iapht.unito.it/qm/ del gruppo di didattica della fisica di Torino.
Taylor E.F. et al. (1998a) Computers in Physics 12, 1998, p. 190.
Taylor E.F. (1998b) Demystifying Quantum Mechanics (Student Workbook): FrontMatter, Reflect
Exercises, OnePhoton Exercises, FreeElectron, http://www.eftaylor.com/download.html.
Taylor E.F. (1998c) The boundaries of nature, seminario tenuto nel 1998 in occasione dell’assegnazione della “Oersted Medal”, http://www.eftaylor.com/download.html.
Teoria dei campi e proposte didattiche di fisica
quantistica: la proposta di Milano
Marco Giliberti
Dipartimento di Fisica, Università di Milano
1. Introduzione
Gli esiti complessivamente modesti dell’insegnamento tradizionale della fisica quantistica con le
conseguenti profonde misconcezioni degli studenti (Kalmus 1992; Wilson 1992; Arons 1992 cap.
10; Giliberti 1997; AA. VV. 2002) inducono a porsi interrogativi su quali aspetti concettuali fondamentali della fisica quantistica dovrebbero essere conosciuti da una persona di “media” cultura e per
quali motivazioni; su quali obiettivi culturali e disciplinari di fisica quantistica siano realisticamente
proponibili in maniera onesta e significativa (Arons 1992), sul ruolo del formalismo all’interno degli
obiettivi stabiliti e su quali ricostruzioni didattiche dei contenuti disciplinari possano rappresentare
quadri concettuali opportuni per ottenere tali obiettivi (Giliberti 2008; Tarsitani 2008).
La ricerca sull’insegnamento/apprendimento della fisica quantistica svolta dal gruppo di ricerca in
didattica della fisica dell’Università degli Studi di Milano, pur lasciando ancora molti interrogativi e
dubbi, soprattutto sulle questioni riguardanti il formalismo, fornisce alcune prime risposte agli interrogativi precedenti e permette sia di individuare alcuni obiettivi culturalmente significativi per l’insegnamento della fisica quantistica nella scuola superiore, sia di proporre un percorso didattico sperimentato più volte nelle classi di scuola superiore e proposto e via via modificato e raffinato per nove
anni nei corsi della SILSIS-MI1 e, infine, nel corso del Master IDIFO “Teoria dei campi e proposte
didattiche di fisica quantistica: la proposta di Milano” con il relativo laboratorio didattico.
In questo lavoro verrà presentato tale percorso didattico sulla fisica quantistica così come è stato
proposto agli allievi insegnanti del corso del Master IDIFO analizzandone le modalità di presentazione e i risultati ottenuti.
2. Quadro concettuale, razionale e contenuto del percorso
Molti studi hanno messo in luce la grande difficoltà degli studenti di scuola superiore ad affrontare
alcuni dei principali aspetti concettuali della fisica quantistica, ad esempio il significato di quanto, la
necessità di una descrizione statistica della natura, la struttura dell’atomo e quella del mondo attorno
a noi (Giliberti 1997; AA. VV. 2002). Non sorprende che anche molti allievi di corsi universitari di
carattere scientifico abbiamo mostrato grandi difficoltà nella comprensione di tanti aspetti rilevanti
di fisica quantistica e persino alcuni insegnanti di scuola superiore mostrino di non avere un quadro
coerente della fisica moderna e, di conseguenza, di avere difficoltà nel costruire una sua presentazione didattica che sia culturalmente significativa per gli studenti e, come ricaduta, per tutti (Cavallini 2005). Uno dei principali risultati degli studi su menzionati è che l’approccio “tradizionale”, con
l’uso di metodologie differenti per la presentazione della fisica classica e della fisica moderna, con i
suoi percorsi semiclassici un po’ troppo naive e tutto concentrato sulla cosiddetta “crisi” della fisica
classica, causa facilmente profonde misconcezioni.
Per superare queste difficoltà, il materiale didattico oggi facilmente disponibile (libri di testo, CD
rom, ecc.) spesso non è di immediata utilità perché conduce proprio a quel tipo di approccio che le
ricerche indicano come poco adeguato. Comincia, invece, ad essere disponibile del materiale nato
dalla ricerca in didattica della fisica quantistica in Italia e nel mondo1.
(1)
Scuola Interuniversitaria Lombarda di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario-Sezione di Milano.
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Teoria dei campi e proposte didattiche di fisica quantistica: la proposta di Milano
Alla base di questo corso c’è la consapevolezza che esistono diverse possibilità per costruire un contenuto fisico in un determinato contesto disciplinare (a questo tipo di problematiche ci si riferisce
spesso in letteratura con la locuzione “model of educational recostruction” (Duit 2005)) . Anzi, in
base agli obiettivi prefissati, la presentazione didattica può facilmente comportare ristrutturazioni
disciplinari anche molto diverse da quelle “usuali”.
Nel nostro contributo è fondamentale una ricostruzione che interpreti la fenomenologia per livelli
di descrizione e che analizzi i modelli e le teorie che intervengono nella spiegazione dei fenomeni
secondo tali livelli. Osserviamo, però, che condizione necessaria perché questo generi un processo
didatticamente significativo, è che i modelli e le teorie presentati siano internamente coerenti, e questo non è per nulla banale.
Lo scopo di questo corso è quello di fornire un supporto utile per costruire un quadro generale, finalizzato ad un ripensamento della fisica quantistica e del suo insegnamento. Come si intuisce facilmente, ciò indicherà alcune linee guida che saranno efficaci anche per un ripensamento della fisica
classica. Nel nostro approccio ha grande importanza la descrizione e l’analisi di alcuni esperimenti
(De Broglie 1925; Davisson 1927; Rauch 1989; Tonomura 1989; Rauch 1990; Doak 1999; Zeilinger
1999; Batelaan 2001; Lee 2001; Zeilinger 2001) particolarmente utili per introdurre in modo chiaro
alcuni aspetti fondamentali della teoria (Bergomi 2008). Un punto centrale nel “razionale” della
nostra proposta è che tali esperimenti vengano presentati in modo da introdurre per primi alcuni concetti fondamentali inerenti alla propagazione delle perturbazioni nei campi, poi i campi quantistici e
poi, solo in un secondo momento, passare all’introduzione della meccanica quantistica (e ad alcuni
modelli semiclassici) come utile approssimazione per l’analisi e la soluzione di specifiche classi di
problemi. Così, l’introduzione del concetto di quanto è posticipato fino a quando risulti necessario
per l’interpretazione delle interazioni; la propagazione libera dei campi “materiali” è, invece, trattata per prima, in analogia a quanto accade nel caso delle onde elettromagnetiche classiche, quando
si discute di ottica geometrica e di ottica fisica prima di parlare di fotoni. (Giliberti 2007, 2008).
La descrizione dei sistemi fisici viene data in termini di campo che diventa il concetto chiave “Questo
punto di vista… forma il dogma centrale della Teoria Quantistica dei campi: la realtà fondamentale
è un insieme di campi… tutto il resto è derivato come conseguenza” (Weinberg 1995, p. 2). A livello
macroscopico i sistemi fisici sono descritti in termini continui per mezzo di campi di pressione, di
temperatura, di densità ecc. che soddisfano precise leggi fenomenologiche come quelle della termodinamica e della fluidodinamica. Le interazioni tra questi sistemi, con scambi di quantità di moto,
di energia, di momento angolare ecc. vengono descritti per mezzo di altri campi che sono campi di
forza, come il campo elettromagnetico e quello gravitazionale. In tale contesto parliamo di continui
materiali e di continui dei campi di forza.
Se si passa ad una descrizione più raffinata dei sistemi fisici, ci si accorge che le leggi fenomenologiche si spiegano molto bene in termini di interazioni elementari locali ed universali: eventi nello spaziotempo nei quali si ha lo scambio quantizzato di alcune grandezze (carica elettrica, massa, momento
angolare ecc.). Viene in mente innanzitutto la chimica e le sue leggi delle proporzioni multiple, dei
rapporti costanti, degli equivalenti, così bene interpretate dall’idea di interazione locale (in un punto
preciso, tra singoli atomi e molecole) e universale (che avviene cioè sempre allo stesso modo). Ecco
nascere le prime idee di quanto, cioè quelle di atomo, di molecola, di ione. I sistemi in interazione
chimica si scambiano singoli ioni, in precise posizioni spaziali e determinati istanti di tempo; ecco
perché diciamo che lo scambio di uno ione è un evento nello spazio-tempo.
Anche in dinamiche differenti da quelle della chimica, l’idea vincente ed unificante, che è servita a
spiegare le leggi osservate, è stata quella di descrivere le interazioni in termini di scambio di quanti.
È, infatti, nella dinamica che nasce il concetto di quanto che, a seconda del tipo di interazione considerato, prende nomi differenti: così si hanno gli atomi, che sono i quanti della chimica, i nucleoni
che sono i quanti della fisica nucleare e le particelle elementari che sono i quanti della fisica delle
alte energie.
L’ente centrale della descrizione è, ripetiamo, il campo; parlare di quanti è solo un modo efficace
per descrivere certe caratteristiche della dinamica dei sistemi. In modo pittoresco possiamo dire che
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
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i quanti nascono e muoiono nelle interazioni obbedendo a regole che dipendono dalla dinamica del
campo di cui essi sono il quanto.
Si hanno così il fotone, che è il quanto del campo elettromagnetico, l’elettrone, che è il quanto del
campo elettronico, il protone, che è il quanto del campo protonico, e così via.
Non stupisce, a questo punto, che ci siano degli aspetti statistici, nella descrizione delle interazioni,
che sono, però, regolati da leggi generali comuni a tutti i sistemi; di questo tipo sono, per esempio, i
principi di conservazione. Risulta, però, anche evidente l’inconsistenza di alcune domande relative,
ad esempio, alla distinguibilità dei quanti o alla traiettoria da essi seguita che, legittime in meccanica quantistica, perdono gran parte del loro significato in teoria quantistica dei campi. Infatti detto
in modo grossolano e un po’ impreciso: la realtà fisica è attribuita ai campi mentre i quanti sono connessi alla discretizzazione dei modi normali del campo in interazione. Nelle interazioni la struttura
quantistica diventa evidente, al contrario, per i campi liberi essa è nascosta. Quest’ultima è, però, una
situazione limite ideale; infatti tutti i campi, perché se ne possa fare un’analisi fisica, devono poter
interagire e questo significa che devono essere accoppiati tra loro tramite campi “di forza”.
Così, tanto per fare un esempio, il campo elettronico è accoppiato al campo elettromagnetico e il
campo neutronico al campo elettrodebole. Lo studio di ogni campo materiale è sempre così associato
allo studio dei campi di forza ad esso accoppiati.
Non tutti i campi hanno, però, lo stesso status epistemologico; alla luce delle nostre conoscenze
attuali, infatti, alcuni campi appaiono più fondamentali o “elementari” di altri. Per esempio il campo
elettromagnetico e il campo elettronico sono campi fondamentali, mentre il campo protonico non
lo è, nel senso che la dinamica delle interazioni del campo protonico può essere spiegata in termini
di campi di quark e di gluoni; ma la dinamica, diciamo, del campo elettronico, non è riducibile, per
quanto ne sappiamo ora, a quella di altri campi più elementari. Sono tali campi elementari che, nella
nostra visione del mondo, costituiscono l’universo fisico. E, in un certo senso, tutta l’evoluzione della
fisica si può rileggere in termini di continue unificazioni di campi che prima erano pensati separati
o di riduzioni a campi sempre più “elementari”.
Abbiamo, così, una sorta di stratificazione della realtà: alla base ci sono i campi fondamentali, l’interazione di questi genera materia che, ad un livello di descrizione meno fine ci appare costituire
altri campi meno fondamentali, che a loro volta interagiscono e generano sistemi descritti da campi
ancora diversi e così via. Per esempio i campi fondamentali dei quark e dei gluoni interagiscono
a dare i campi protonico e neutronico, questi interagiscono con i campi di forza nucleari a dare i
campi che descrivono i nuckei. Questi ultimi si “combinano” con il campo elettromagnetico a dare i
campi atomici che, tramite le forze di Van der Waals, costituiscono la materia che cade direttamente
sotto i nostri sensi ecc.. È in questo modo che differenze quantitative (per es. nelle energie) generano aspetti qualitativi.
3. Il corso
Organizzazione del corso
Il corso, del valore di due crediti formativi, si è sviluppato nell’arco di due mesi (novembre e dicembre) per quanto riguarda i contenuti ma agli allievi è stato dato un ulteriore mese per le consegne dei
lavori richiesti.
Tutti i materiali relativi alle lezioni del corso sono stati immessi in rete e suddivisi per moduli contenenti ciascuno uno o più capitoli. Gli allievi sono stati invitati a leggerli e a commentarli di volta
in volta negli spazi opportunamente predisposti in rete.
I moduli sono stati resi disponibili secondo scadenze settimanali o bisettimanali a seconda dell’impegno previsto per il loro studio e la loro discussione. Ogni modulo ha avuto i propri tempi di analisi e di lavoro prefissati ed è stato collegato ad un forum specifico di discussione nel quale gli allievi
sono stati sollecitati a esprimere eventuali incertezze, osservazioni o a richiedere chiarimenti anche
di natura tecnica o formale.
Ciascun capitolo è stato corredato da alcune domande “guida”, con lo scopo di fornire una prima
chiave di lettura di quanto presentato, e alle quali gli allievi hanno dovuto rispondere in un apposito
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Teoria dei campi e proposte didattiche di fisica quantistica: la proposta di Milano
“spazio”, una volta studiato il capitolo, nei tempi concordati. Una Bibliografia didattica ragionata è
stata fornita insieme ad ogni modulo. Come lavoro conclusivo del corso è stato proposto un test finale
formato da domande (che abbiamo tratto da sperimentazioni in classe) che sono state realmente poste
da studenti di scuola superiore ai loro insegnanti durante alcune lezioni di fisica moderna. Agli allievi
del Master è stato chiesto di analizzare le questioni e rispondere alle domande poste dagli studenti
così come avrebbero risposto ai loro studenti sulla base del corso appena seguito.
Gli allievi hanno potuto eseguire i lavori individualmente o a gruppi; in tal caso è stato chiesto a ciascun allievo di inviare copia delle risposte dal proprio indirizzo (indicando anche gli altri nomi del
gruppo di lavoro) per consentire al docente di seguire più facilmente l’andamento del rapporto con
gli allievi. Un “tracciamento” del corso fornito dal webmaster, e consistente appunto nel “tenere traccia” del numero degli interventi per ogni modulo e per ogni allievo, ha consentito di monitorare la
partecipazione degli allievi e di individuare possibili allievi in difficoltà.
Infine sono giunti agli allievi 12 “stimoli” sotto forma di “notizie” nella pagina principale del corso,
volti a tenere aggiornati i corsisti sull’andamento dei lavori e a fornire loro informazioni.
Obiettivi formativi
• Consapevolezza che lo sviluppo teorico della fisica quantistica non si è esaurito con la formulazione della meccanica quantistica nel 1926.
• Consapevolezze della necessità di avere come riferimento una precisa teoria fisica formale (Cavallini 2009; Michelini 2008).
• Consapevolezza del cambiamento di significato di alcuni fondamentali concetti quantistici nel “passare” dalla prima vecchia teoria dei quanti, alla meccanica quantistica e infine alla teoria quantistica dei campi di oggi, anche alla luce di esperimenti “recenti”.
• Consapevolezza della dipendenza delle misconcezioni degli studenti dal tipo di approccio seguito
per la presentazione della fisica quantistica.
• Consapevolezza dell’importanza, ai fini di una presentazione didattica, di rivedere “la fisica” anche
quella cosiddetta “classica” dal punto di vista della fisica di “oggi”.
• Consapevolezza della non univocità delle scelte didatticamente efficaci, con la conseguente libertà
dell’insegnante di proporre una propria Weltanshauung, vincolata dalla conoscenza delle interrelazione tra formulazioni diverse della teoria quantistica e delle loro soggiacenti rappresentazioni
ontologiche del mondo.
Obiettivi disciplinari
• L’idea di campo come fondamentale nella descrizione della fisica macroscopica e nella descrizione
della propagazione libera di fasci di materia e radiazione.
• L’idea di quanto come fondamentale nella descrizione delle interazioni “microscopiche”.
• La necessità di una teoria “lineare” nella descrizione dei sistemi quantistici.
• La necessità di una descrizione probabilistica in fisica quantistica.
Sono poi state considerate conoscenze indispensabili
• Le relazioni di De Broglie.
• Le relazioni di Heisenberg.
• Il meccanismo di formazione di livelli energetici discreti per sistemi legati (per esempio
l’atomo).
• Alcune applicazioni dei concetti quantistici alla descrizione di vari sistemi fisici.
Programma e scansione temporale
Modulo 1 (1 settimana)
Cap 1. Introduzione storica
Modulo 2 (2 settimane)
Cap 2. Premessa concettuale alla proposta di Milano
Cap 3. Fenomenologia della propagazione libera delle onde nei campi continui
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
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Interferenza e diffrazione di fasci elettromagnetici
Interferenza e diffrazione di pennelli elettronici
Interferenza e diffrazione di fasci materiali
Cap 4. Equazione delle onde per fasci materiali “classici”
Modulo 3 (2 settimane)
Cap 5. Introduzione al concetto di quanto
Interazione radiazione-materia
Aspetti statistici dell’interazione quantistica e relazioni di De Broglie
Paradossi di una teoria dei quanto troppo ingenua
Modulo 4 (2 settimane)
Cap 6. Un approccio semiquantitativo alla struttura della materia
Relazioni di Heisenberg
Sistemi quantistici confinati: l’atomo di idrogeno
Modulo 5 (1 settimana)
Cap 7. Misconcezioni “tipiche” degli studenti.
Tematiche di discussione proposte dal docente all’interno dei forum
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Che cosa ci dice la “storia”.
Una fisica “classica” (ovvero non quantistica) per le onde materiali.
Il cosiddetto dualismo onda corpuscolo.
Evoluzione del concetto di quanto e sua concezione “attuale”.
Sistemi legati e discretizzazione dei livelli energetici in fisica quantistica.
Proposte per la fisica in classe.
Modalità di valutazione
La valutazione finale è stata fatta tenendo conto di tutto il lavoro svolto da ogni partecipante, sia per
quanto riguarda le risposte alle domande guida sia per quanto riguarda le risposte al test finale. Alla
valutazione ha concorso anche il contributo fornito alle specifiche discussioni svolte nei forum come
livello di approfondimento raggiunto circa i temi discussi e il rispetto dei vincoli imposti dall’organizzazione del lavoro (ad esempio, la puntualità nell’invio dei materiali).
4. Il laboratorio didattico
Il corso è stato seguito da un laboratorio didattico nel quale gli allievi hanno dovuto costruire un percorso di fisica quantistica per la scuola superiore, concretamente sviluppabile e della durata in classe
di 6-8 ore, su un argomento scelto concordato col docente.
L’obiettivo formativo del laboratorio è stato quello di rendere gli allievi del Master in grado di costruire un concreto percorso didattico di fisica quantistica per la scuola superiore, coerente con la proposta “di Milano”.
Il laboratorio è stato strutturato in tre fasi:
1) Individuazione dell’argomento, del tipo di scuola e della classe in cui svilupparlo e delle linee
guida per la sua costruzione.
2) Programmazione del percorso: prerequisiti e periodo approssimativo dell’anno in cui svolgere le
lezioni.
3) Sviluppo del percorso: obiettivi, sviluppo dettagliato del percorso ora per ora, modalità e criteri
di valutazione.
I seguenti argomenti sono stati proposti a scopo esemplificativo: dall’ottica dei pennelli elettromagnetici all’Ottica “classica” dei fasci materiali. Introduzione dell’idea di quanto. Paradossi di una teoria
dei quanti troppo ingenua. Alcuni aspetti statistici delle interazioni: le relazioni di De Broglie e le relazioni di Heisenberg. L’effetto tunnel. Lo scattering e l’atomo di Rutherford. L’esperimento di Franck
e Hertz come esperimento di scattering anelastico a bassa energia. La struttura dell’atomo. Dall’idea
di quanto nella teoria quantistica dei campi all’idea di particella nella fisica degli acceleratori.
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Teoria dei campi e proposte didattiche di fisica quantistica: la proposta di Milano
Due relazioni tenute dal docente del corso, e presentate nei workshop effettuati in presenza e seguiti
dai corsisti, una sulle misconcezioni di fisica moderna negli studenti e l’altra sulla necessità e l’importanza del pensiero teorico nella didattica della fisica, hanno integrato i contenuti del corso.
5. Valutazione del corso e prima analisi dei risultati raggiunti
Parallelamente al corso è stata effettuata un’analisi in itinere sul materiale presente nei forum sulle
difficoltà di apprendimento degli allievi-insegnanti e sulle modalità di “risistemazione” delle nuove
concezioni, dal punto di vista disciplinare, culturale e didattico, via via che si andavano formando
(Morè 2008). Inoltre è stata fatta una valutazione comparativa sull’efficacia del corso rispetto a corsi
analoghi tenuti alla SILSIS-MI in nove anni consecutivi (Cazzaniga 2009a, Cazzaniga 2009b). Qui
di seguito diamo alcuni risultati.
I 22 allievi (laureati in matematica, fisica o ingegneria) che hanno partecipato al corso hanno utilizzato i forum inviando più di 300 e-mail ed effettuando 3250 accessi. A questo si devono aggiungere
i lavori prodotti dagli allievi per ogni singolo modulo e il lavoro finale nonché i prodotti del laboratorio didattico con i suoi 569 contatti in rete e i suoi progetti didattici. Per finire sugli argomenti del
corso sono state fatte anche 7 sperimentazioni minor e 5 sperimentazioni maior2 seguendo l’approccio presentato nel corso.
Questa grande mole di scambio di opinioni e di problemi condivisi sia tra pari sia con il docente è un
segnale sia della partecipazione personale dei corsisti sia del loro coinvolgimento emotivo, sia del
grande impegno cui sono stati chiamati gli allievi. Ad un primo livello è molto interessante osservare che la necessità di mettere per iscritto le osservazioni e le domande ha notevolmente stimolato
il livello di discussione che è diventato sempre più maturo e personale con argomentazioni che non
potendo avvalersi della gestualità tipica delle osservazioni “in presenza” hanno dovuto essere sempre più chiare per mettere a fuoco il problema. Spesso ne sono nate interessanti discussioni che hanno
grandemente aiutato la nostra analisi dell’apprendimento.
Per meglio comprendere quanto andiamo dicendo relativamente al contenuto e al “tono” delle domande
forniamo alcuni esempi emblematici di domande poste dai corsisti.
Domande nei forum legate a prerequisiti essenziali sui contenuti e ad aspetti formali
1) “…. Cosa sono i “modi normali”?....”
2) “…non so dell’esistenza della costante di Rydberg…è grave?...ammetto la mia ignoranza e chiedo:
COS’È UN’AZIONE??? Avrei una vaga idea …ma penso che sia sbagliata!!!E soprattutto non
so il significato fisico!!!”
3) “Non conosco l’esistenza di un principio di combinazione di Ritz e non so chi sono i termini spettrali che danno la serie dei Ti…”
4) “….“il desiderio di sapere è più grande della vergogna di non sapere”… e quindi chiedo dove
sono gli infiniti gradi di libertà di un campo?...cosa significa?”
Questi esempi hanno un carattere specifico, manifestano carenze di conoscenza su argomenti e concetti ben determinati, e si riferiscono alla parte iniziale del corso.
(2)
Vedi la programmazione didattica del Master IDIFO in: http://idifo.fisica.uniud.it/uPortal/render.userLayoutRootNode.uP
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
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Domande nei forum legate a problemi concettuali
5) “Nella ricostruzione dell’effetto fotoelettrico viene dato per certo che un fotone debba cedere in
blocco tutta la sua energia, questo lo possiamo dire perché non vediamo alcuna “radiazione residua” di lunghezza d’onda maggiore di quella incidente? O invece l’emissione istantanea degli
elettroni è già una prova sufficiente che l’energia viene ceduta in blocco?”
6) “…una radiazione monocromatica di data lunghezza d’onda dopo la diffusione da un quanto “libero”
subisce una variazione di lunghezza d’onda in funzione dell’angolo di diffusione. Ma allora i raggi
X incidenti non sarebbero più raggi X una volta diffusi… avrebbero una diversa frequenza.”
7) (In riferimento all’effetto Compton) “…Perché il quanto di energia non avrebbe dovuto trasportare quantità di moto? Per via che la quantità di moto implica generalmente massa? Mi aspettavo
che il solo fatto di immaginare un trasporto di energia per “grumi” alla Einstein implicasse automaticamente una direzionalità, e quantità di moto per l’ipotetica “particella fotone” “.
Come le precedenti quattro, anche le domande 5), 6) e 7) sono state poste all’inizio del corso. Più
avanti, invece troviamo questioni come le seguenti.
8) “….Leggo sul Landau (teoria quantistica relativistica, Cap. 1 par. 3): “possiamo considerare il
campo elettromagnetico libero come un insieme di particelle, ognuna delle quali possiede l’energia ћω e l’impulso ћω/c”. Ora io sono un po’ confuso… avevo capito che pensare al campo elettromagnetico come insieme di fotoni non era corretto. Allora: cosa vuol dire Landau?”
9) “Come descrivere un elettrone singolo prima che questo sia rilevato da un apparato di misura? È
corretto pensarlo come una perturbazione del campo tipo “pacchetto d’onde”? La stessa immagine si può utilizzare per un fotone?”
Domande di natura ontologica
In una fase iniziale il tema che ha posto le maggiori difficoltà iniziali è stato quello del dualismo
onda-corpuscolo ma abbastanza comune è stata anche la richiesta degli allievi di avere una rappresentazione visiva dei quanti, sia per quanto riguarda le loro traiettorie sia per quello che concerne la
loro rappresentazione “concreta” in un punto dello spazio ad un preciso istante di tempo.
Però In una fase successiva, più matura, abbiamo le domande seguenti.
10) “…Cosa vuol dire quantizzare in meccanica quantistica e quantizzare in teoria dei campi?...”
11) “…cos’è una particella?...quando si parla di materia che cade sotto i nostri sensi (e quindi dotata
di realtà fisica) a che livello di finezza siamo?”
Molti allievi, oltre che domande hanno espresso giudizi, per es.
12) “Era cruciale approfondire l’essenza dei fotoni e degli elettroni e chiarire meglio, relativamente
ai quanti, la possibilità o meno di possedere una traiettoria.”
Risultati dell’apprendimento
Dal tipo di domande iniziali sopra esemplificato, si può facilmente comprendere le difficoltà che
hanno avuto gli allievi sia dal punto di vista delle conoscenze pregresse sia da quello dei contenuti
concettuali. Questo mostra che la situazione iniziale dei corsisti era del tutto in linea con quella degli
allievi SILSIS-MI (Cazzaniga 2009a, Cazzaniga 2009b). Questo, anche se non è un risultato ovvio,
vista la maggiore esperienza scolastica media degli allievi del Master rispetto agli allievi SILSISMI, è però completamente in linea con i risultati della ricerca didattica, che mostrano come gli insegnanti di scuola secondaria abbiano molte misconcezioni di fisica quantistica (Petri 1998; Kalmus
1992; Wilson 1992; Cavallini 1998)
È molto interessante notare la maturazione degli allievi durante il corso, evidenziata da domande sempre più impegnative e legate agli obiettivi formativi prefissati, e dal “coraggio” da loro dimostrato
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Teoria dei campi e proposte didattiche di fisica quantistica: la proposta di Milano
nel porre questioni che hanno messo in rilievo “senza ritegno” il proprio personale modo di vedere.
Questo per noi è un segno estremamente positivo del clima di fiducia creatosi nel corso.
Le competenze didattiche raggiunte dai corsisti si possono valutare da un’analisi complessiva di tutto
il materiale da loro prodotto e nel quale troviamo anche le sperimentazioni minor e maior, purtroppo
ciò non è possibile in questo breve lavoro. Tuttavia un’idea sufficiente si può ottenere anche da uno
sguardo alle risposte da loro date al test finale che qui riportiamo.
Le ricerche in didattica della fisica hanno messo chiaramente in luce il fatto che, per essere capita
dagli studenti, la fisica deve essere dotata di “senso” e significativa per la loro vita, deve servire a
interpretare ciò che ci circonda, in modo da dare appunto “senso” alle cose del mondo.
Perciò lo studente bravo, che segue le lezioni con attenzione, è naturalmente portato a formulare
delle domande, alcune volte ingenue, altre volte mal poste, ma comunque domande collegate spesso
al senso comune, alle quali noi insegnanti dovremmo cercare di dare risposta, correndo, anche, talvolta, il rischio di non essere completamente precisi dal punto di vista formale. Insomma certe volte
quello che cerca lo studente interessato è una dimostrazione rigorosa, altre volte la spiegazione di
un passaggio non ben compreso ma certe altre volte cerca un’immagine mentale che risuoni con ciò
che conosce e “dia senso” a ciò che sta studiando.
Qui di seguito ti poniamo alcune domande che abbiamo raccolto durante le nostre ricerche didattiche. Ti chiediamo cortesemente di provare a rispondere ad esse con le tue parole, nel modo che ti
sembra più opportuno. Puoi usare formule, metafore, disegni, ecc.; insomma qualunque cosa ti sembri utile per dare “senso” alla risposta.
1) Prof., prima ci ha parlato della luce come un’onda, poi ci ha parlato dei fotoni, poi del dualismo.
Ma insomma cos’è davvero la luce?
2) …dall’esperimento della doppia fenditura abbiamo concluso che non si può parlare di traiettoria
per i fotoni eppure quando faccio l’esperimento la luce esce dal laser e arriva sulla lastra fotografica in puntini precisi ma allora, che cosa fanno i fotoni che escono dal laser e arrivano sulla
lastra?
3) Cos’è il fotone?
4) …ci parlava dell’ambito di validità delle teorie… qui è lo stesso: per gli esperimenti della
fisica classica usiamo la teoria ondulatoria, per il corpo nero e l’effetto fotoelettrico usiamo i
fotoni…
5) Insomma De Broglie disse che gli elettroni come i fotoni si muovono di moto sinusoidale, o
no?
6) Ci diceva che Thomson ha preso il premio Nobel… ma a fare un modello così… con gli elettroni come l’uvetta, che poi non funziona neanche… sono capace anch’io!
7) Mi può rispiegare perché i livelli di energia dell’atomo sono quantizzati?
8) Insomma, abbiamo visto tanti modelli di atomo… ma lei l’atomo come se lo raffigura?
9) Ma se l’elettrone non ha una traiettoria come fa a ruotare su se stesso? (Lo studente si sta riferendo allo spin)
10) Insomma l’elettrone è in un punto preciso con la sua velocità, solo che se vogliamo vederlo gli
diamo come un calcio così che lo spostiamo da dov’era… non mi sembra niente di così importante sto principio di indeterminazione…
Come si vede le domande (e quindi le risposte dei corsisti) sono collocate in tre aree tematiche: la
natura della luce (domande 1, 2, 3); l’atomo (domande 6, 7, 8); alcune caratteristiche degli “oggetti
quantistici” (domanda 4, 5, 9, 10). Una delle modalità di analisi che abbiamo utilizzata è stata, per
ciascuna area tematica, quella di suddividere le risposte in categorie, basandoci sui seguenti criteri.
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Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
1. Riferimento corretto a specifiche e precise teorie (e quindi conoscenza dei concetti delle teorie a
cui si fa riferimento.
2. Consapevolezza dello sviluppo storico-teorico della fisica quantistica e dei suoi principali concetti.
3. Consapevolezza dell’importanza dell’approccio didattico scelto per la genesi di tipiche misconcezioni.
4. Utilizzo di evidenze sperimentali interpretate nell’ambito della teoria di riferimento scelta.
Nella tabella seguente (Tab. 1) riportiamo, come esempio, lo la nostra categorizzazione per quanto
riguarda l’area tematica dell’atomo.
Analisi equivalenti per le altre aree tematiche, insieme ad un’analisi trasversali alle aree tematiche
e all’analisi di tutti gli interventi e dei lavori spediti dai corsisti sui singoli moduli ci hanno fornito
le prime indicazioni della bontà dei risultati raggiunti. In effetti la maggior parte dei corsisti (circa il
70%) è stato capace di ricostruire a fini didattici, talvolta parzialmente ma comunque significativamente, le conoscenze pregresse.
Risposte di tipo assiomatico e/o non argomentate
Risposte basate su modelli storici senza riconoscere, i valori, i
limiti e gli ambiti di
validità
Risposte basate solo su
evidenze sperimentali
senza una adeguata interpretazione teorica
Risposte con precisi riferimenti a teorie.
Esempi di risposta
“I livelli energetici
sono quantizzati perché questa è la natura
dell’atomo…”
“…Il modello di Rutherford ha i suoi limiti; così Bohr è partito
da quattro ipotesi per
arrivare alla formula
degli En…”
“…Come per molti altri risultati dobbiamo
fare riferimento agli
esperimenti. In questo caso alle linee di
emissione e di assorbimento…”
“L’atomo è un sistema
confinato; e in ogni sistema ondulatorio confinato si generano onde stazionarie cui possiamo associare quanti con momento dato
dalle relazioni di De
Broglie…”
Percentuale
di allievi
5%
5%
5%
85%
Tabella 1 - Tabella riassuntiva della categorizzazione delle risposte relative alle domande sull’atomo
Riportiamo anche, come ulteriore elemento di valutazione, lo spettro dei voti ottenuti dagli allievi
alla fine del corso.
4 allievi hanno conseguito 30 e lode; 4 hanno conseguito 30; 5 hanno conseguito 29; 5 hanno conseguito 28; 1 allievo ha conseguito 27; un altro ha conseguito 26; un altro ha conseguito 25 e, infine,
un altro ancora ha conseguito 18.
Cinque corsiti, inoltre, hanno sviluppato la loro tesi finale sulla sperimentazione in classe delle proposte dell’approccio in esame. Riportiamo qui, perché la riteniamo emblematica, la motivazione addotta
da uno di loro: “… ho scelto il percorso di Milano perché mi permetteva di arrivare in tempi “scolastici” a spiegare fenomeni macroscopici”. La valutazione fatta da una commissione composta da
chi scrive e da due professori ordinari, uno esperto di fondamenti di fisica quantistica e uno esperto
di fisica delle particelle è stata, con piccole modulazioni, veramente ottima.
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Teoria dei campi e proposte didattiche di fisica quantistica: la proposta di Milano
6. Conclusioni
Da quanto sopra evidenziato possiamo dire che il corso in esame ha ottenuto ottimi risultati per quanto
riguarda l’apprendimento degli aspetti pedagogico-cognitivi da parte degli allievi e per il positivo
cambiamento concettuale in loro avvenuto. Riteniamo che questo sia da scriversi a vari fattori.
1. I contenuti del corso erano molto innovativi e decisamente non standard. Questo ha costretto gli
allievi ad una risistemazione concettuale delle loro conoscenze e ha li indotti ad una revisione
degli aspetti concettuali della fisica quantistica.
2. Il corso era basato su lavori di ricerca didattica documentati e la revisione concettuale proposta
era manifestamente rivolta ad un ripensamento in favore dell’insegnamento. Questo ha favorito
l’attenzione degli allievi insegnanti.
3. La richiesta (nel laboratorio didattico) che ciascun allievo costruisse un personale mini-percorso
didattico seguendo l’approccio proposto nel corso ha portato gli allievi ha tradurre le loro conoscenze tematiche e pedagogiche in sequenze didattiche concrete coerenti con l’approccio proposto.
4. Il corso è stato tenuto on-line; questo, come abbiamo già sottolineato, ha forzato gli allievi a porre
per iscritto le loro domande e osservazioni; il che ha portato gli stessi allievi a dover chiarire
prima a loro stessi e poi anche agli altri quello che davvero stavano pensando, giungendo così a
porre uno sguardo molto più nitido sui problemi.
5. Permettere che i lavori assegnati fossero svolti anche a gruppi ha spinto gli allievi a sviluppare un
proficuo e duraturo dibattito tra pari e anche a costruire delle piccole comunità locali per discutere e lavorare insieme.
6. La presenza nel Master IDIFO di altri corsi sulla fisica quantistica con approcci differenti (basati:
uno sul principio di sovrapposizione e sul formalismo della meccanica quantistica, uno sulla ricostruzione logico-storica dei temi principali che hanno portato alla meccanica quantistica, uno
sull’approccio dei cammini di Feynman all’elettrodinamica quantistica, uno sulle differenti statistiche quantistiche e infine uno, il nostro, che fa riferimento alla teoria quantistica dei campi)
ha fornito agli allievi molti diversi punto di vista. La possibilità di creare raffronti tra i differenti
approcci ha grandemente stimolato e aperto le menti dei corsisti (come ci è stato anche apertamente scritto in un e-mail personale).
7. La realizzazione di molte esperienze di laboratorio nelle due settimane organizzate di workshop
in presenza, sia come allievi del corso sia come insegnanti di studenti selezionati di scuola superiore3, ha dato basi concrete ad alcuni dei “classici” e importanti esperimenti di fisica quantistica
dei quali tanto spesso si legge solo nei libri.
8. Lo stimolo di alcuni seminari in presenza tenuti anche da ospiti internazionali, ricercatori in didattica della fisica moderna, ha ulteriormente allargato i confini delle problematiche e delle possibili risposte nell’insegnamento della fisica quantistica.
9. L’uso costante del computer ha permesso alcune simulazioni guidate (per esempio sulle statistiche quantistiche) e la visualizzazione di filmati di laboratorio e di video, per esempio sulla struttura dell’atomo molto utili per la comprensione dei tempi proposti.
In effetti molta ricerca didattica che sta alle radici dell’organizzazione dei corsi del Master afferma
proprio che punti chiave nella formazione degli insegnanti siano: costruire un quadro generale entro
il quale poter connettere le diverse rappresentazioni fornite dai corsi universitari o post universitari
(Vicentini 2007); dare la possibilità di ripensare la fisica per l’insegnamento nel contesto delle ricerche in didattica della fisica e dei suoi risultati (Duit 2005); e, infine, fornire le opportunità e gli strumenti perché gli allievi insegnanti possano essere coinvolti personalmente e profondamente in dibattiti e discussioni che favoriscano riflessioni metacognitive.
E tutto questo è proprio ciò che è avvenuto concretamente nel Master IDIFO.
(3)
Vedi la programmazione didattica del Master IDIFO in: http://idifo.fisica.uniud.it/uPortal/render.userLayoutRootNode.uP
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
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Una proposta per l’insegnamento della fisica quantistica
Carlo Tarsitani
Dipartimento di Fisica, Università di Roma “La Sapienza”
Premessa
La proposta didattica - che illustrerò a grandi linee in queste note - nasce da ricerche svolte nell’arco
di almeno un decennio, in collegamento con l’attività di formazione iniziale degli insegnanti, svolta
in particolare presso la Scuola di Specializzazione per Insegnanti della Scuola Secondaria (SISS)
coordinata da “La Sapienza” di Roma. Il Master IDIFO di Udine ha quindi consentito a chi scrive una
prima presentazione sistematica dei prodotti disponibili e un loro ulteriore approfondimento. Infatti,
come sappiamo, gran parte dell’attività del Master è stata indirizzata verso i possibili percorsi didattici aventi come oggetto la transizione dalla fisica classica alla fisica moderna.
Parallelamente, la ricerca svolta dai vari gruppi di diverse università nell’ambito del progetto Prin
(Fis21) ha portato ad una riflessione approfondita sul curriculum, sulla sua coerenza longitudinale e
sulle sue connessioni trasversali (Guidoni & Levrini 2008). In particolare, è emerso chiaramente che,
affinché la suddetta transizione avvenga con efficacia, occorre un salto di qualità nel modo di vedere
il ruolo della disciplina all’interno del processo educativo preso nella sua globalità. Del resto, sia gli
insegnanti, sia gli studenti stessi avvertono ormai con chiarezza la progressiva perdita di senso di un
apprendimento schematico e catechistico di nozioni di scarsa attualità culturale.
Nello stesso tempo, le Scuole di Specializzazione hanno mostrato che l’insegnamento universitario non è concepito in funzione della formazione di futuri insegnanti, o, meglio, non riesce a dare
alla conoscenza disciplinare la “qualità” necessaria allo svolgimento della professione d’insegnante.
L’equazione “formazione dell’insegnante” = “padronanza di contenuti disciplinari” + “competenze
didattiche” è eccessivamente schematica e poco indicativa. La padronanza dei contenuti, necessaria per l’attività di insegnamento non è identica a quella che serve per svolgere attività di ricerca di
punta. Se è vero che la consapevolezza su alcuni aspetti essenziali della metodologia didattica si va
diffondendo in maniera efficace, assai meno evidente è l’esigenza della consapevolezza critica, della
visione globale, della sensibilità storica verso ai contenuti disciplinari. Una proposta didattica realmente innovativa presupporrebbe la progettazione di un intero percorso curricolare nel quale si configuri una ristrutturazione profonda del sapere disciplinare. Se poi, la proposta in questione riguarda
l’estensione dei programmi scolastici alla fisica moderna, appare subito evidente la necessità di rimettere in discussione la stessa partizione della disciplina in diversi settori e la stessa successione degli
argomenti da trattare, nonché di scelte didattiche basate su una strategia ragionata e su adeguate interazioni interdisciplinari, in particolare con l’insegnamento della matematica (Tarsitani 2008).
Quella che sarà presentata nei prossimi paragrafi è appunto una proposta organica di cambiamento,
di cui si esamineranno premesse e implicazioni, che non ha quindi come scopo quello di prefigurare una possibile integrazione dei vecchi programmi, ma quello di ricostruire un percorso che sin
dai primi anni d’insegnamento della fisica crei le condizioni per permettere sia un aggiornamento
sostanziale dei contenuti, sia lo sviluppo di un nuovo atteggiamento culturale verso la disciplina
(Tarsitani 2009).
1. La struttura della proposta
Presentiamo schematicamente l’articolazione dei contenuti della proposta, col fine di fornire a chi
legge un quadro di riferimento che sia chiaro fin dall’inizio. La struttura della proposta può essere
suddita in tre parti principali, all’interno delle quali si articolano i contenuti specifici.
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Una proposta per l’insegnamento della fisica quantistica
PARTE 1
La crisi della fisica classica
PARTE 2
I primi concetti ed esperimenti quantistici
PARTE 3
Introduzione alla nuova Quantistica ed al suo formalismo
La crisi della fisica classica
La PARTE 1 ha l’intento di consentire il necessario raccordo delle nuove nozioni con quelle già apprese.
Alcuni degli argomenti proposti mettono per altro in evidenza il fatto che la prospettiva di introdurre
la fisica moderna costringe a ripensare criticamente i contenuti e la sottesa visione del mondo fisico,
tipici della fisica classica.
La scelta effettuata non è dunque di tipo “sperimenticistico”. È ovvio che gli esperimenti effettuati
a cavallo dell’inizio del XX secolo hanno avuto un ruolo determinante nel costringere alcuni fisici
a introdurre profonde innovazioni concettuali, ma l’esito di questi esperimenti è stato così significativo perché ha risuonato fortemente con diverse difficoltà di ordine eminentemente concettuale che
lo sviluppo complessivo della ricerca andava mettendo in evidenza. Dal punto di vista del cambiamento d’atteggiamento culturale, ciò comporta che la fisica classica non dovrebbe essere più vista
come insieme di nozioni acquisite e sistemate coerentemente. In realtà la fisica classica è stata un coacervo di teorie e programmi di ricerca la cui compatibilità e non contraddittorietà reciproca è tutt’altro che pacifica. Un’analisi a posteriori dei principali schemi esplicativi della fisica classica, ossia
delle teorie meccaniche, termodinamiche ed elettromagnetiche, mette facilmente in evidenza la problematicità di una loro integrazione coerente. Non è un caso che gli esperimenti di cui sopra siano
stati rivolti, per la maggior parte, ad una fenomenologia di confine tra i diversi settori.
La nostra scelta è stata quella di rendere “trasparente” questa situazione di crisi sfruttando alcune
tipiche antinomie concettuali che fisicono per caratterizza l’intero impianto esplicativo della fisica
classica. Ci riferiamo, in particolare, alle antinomie:
a) continuo ⇔ discreto
b) macroscopico ⇔ microscopico
c) causale ⇔ casuale
d) stabile ⇔ instabile
Si tratta di problemi concettuali che tagliano trasversalmente i programmi di ricerca della fisica classica e caratterizzano i modelli contrastanti fatti propri dagli schemi esplicativi di cui sopra. Esse costituiscono uno dei principali sintomi di una crisi profonda che solo le “rivoluzioni” dei primi decenni
del XX secolo riusciranno, almeno parzialmente, a superare. È ovvio che portare gli studenti a discutere su queste antinomie, attraverso una rivisitazione critica di quanto appreso in precedenza, implica
di per sé un profondo cambiamento nell’approccio didattico alla disciplina.
Aggiungiamo solo che, nell’ambito della riconsiderazione critica degli schemi esplicativi della fisica
classica, acquista particolare importanza la padronanza di particolari nuclei fondanti (sia dal punto
fisico, sia dal punto di vista matematico). Ci riferiamo per esempio al “capitolo” Onde e Oscillazioni, normalmente trascurato nell’insegna-mento tradizionale. La padronanza di questo settore è di
utilità fondamentale non solo per comprendere a fondo gli elementi di crisi di cui si è appena parlato, ma per formare alcuni presupposti essenziali della successiva trattazione degli aspetti fondanti
del formalismo quantistico e del suo significato fisico. Un esempio tra i tanti possibili: sapere che
un sistema elastico continuo (come ad esempio la classicissima corda vibrante) presenta un insieme
numerabile (e quindi discreto) di modi normali d’oscillazione è una nozione ricca di “contenuto” per
ciò che si dovrà trattare in seguito.
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I primi concetti ed esperimenti quantistici
La PARTE 2 si riferisce al periodo di transizione – una sorta di “esplosione” della crisi della fisica classica –, che caratterizza i due decenni che precedono la prima formulazione di una meccanica quantistica. Eliminiamo subito un possibile equivoco. I contenuti di questa parte hanno poco a che fare
con la cosiddetta “Vecchia Teoria dei Quanti”, ossia l’insieme di modelli meccanici quantizzati elaborati a partire dal 1913 sulla scia del famoso contributo di Niels Bohr. La caducità di questi modelli
è motivo sufficiente per escluderli da una trattazione didattica. Ciò però non ci esime dal discutere
alcuni esperimenti “cruciali” (e i loro modelli interpretativi). Anche qui si tratta di sottolineare il loro
significato concettuale, che porta alle estreme conseguenze i problemi discussi nella parte precedente,
anche se le soluzioni proposte dai fisici restano parziali e “fenomenologiche”.
Da questo punto di vista riteniamo che sia d’importanza essenziale discutere:
a) il problema della radiazione termica e l’ipotesi di quantizzazione di Planck;
b) il modello einsteiniano del “quanti di luce” e il connesso dilemma onda-corpuscolo;
c) il modello di struttura atomica elaborato da Bohr nel 1913 e i suoi principali sviluppi (prescindendo, come si è detto, dai modelli fisico-matematici della Old Quantum Theory).
L’obiettivo è, in primo luogo, quello di mettere in piena evidenza i limiti esplicativi della fisica classica, di fronte ad un’evidenza sperimentale di rilievo strutturale. Questi limiti riguardano appunto
i tratti salienti di un modo, del tutto particolare, di concepire e rappresentare i fenomeni fisici. In
secondo luogo s’intende porre al centro dell’attenzione la varietà di modi in cui è stata introdotta la
fondamentale ipotesi di quantizzazione, sovente oggetto di fraintendimenti e ambiguità. Per esempio, che l’effetto fotoelettrico non dimostri che la luce è fatta di corpuscoli è cosa che ormai dovrebbe
essere ben nota. Inoltre, riprendendo l’esempio fatto in precedenza, l’analogia tra la corda vibrante e
il comportamento dei modi oscillanti dei campi confinati in una cavità a pareti riflettenti costituisce
una via d’accesso semplice ed elementare alla comprensione del problema del corpo nero. Infine, il
modello atomico di Bohr, pur avendo una straordinaria portata empirica, presenta con estrema chiarezza l’impossibilità di produrre un modello elettro-meccanico classico, coerente e completo, che
sia in grado di chiarire la stabilità delle strutture atomiche e la regolarità del loro comportamento
nell’interazione con la radiazione.
Come si vede, anche questa parte si presenta come una ricostruzione razionale di conoscenze che
ormai hanno un valore eminentemente “storico”. Ma certo non s’intende proporre una trattazione
storiografica: gli obiettivi didattici hanno un contenuto essenzialmente concettuale.
Introduzione alla nuova Quantistica ed al suo formalismo
Evidentemente, è questa parte la parte più delicata. La nostra proposta assume qui aspetti futuribili,
dal momento che implica non solo il ripensamento dell’intera scansione temporale dei programmi
scolastici ordinari, ma anche una ristrutturazione radicale del rapporto tra l’insegnamento della fisica
e quello della matematica. D’altra parte, come più volte si è detto, il formalismo della Quantistica
ha, di per sé, un profondo valore concettuale.
La proposta che abbiamo sviluppato si basa essenzialmente sulle analogie tra la struttura formale della
Quantistica e la matematica dei sistemi elastici lineari, in particolare dei Sistemi di Oscillatori Linearmente Accoppiati (SOLA) e, dopo aver effettuato un passaggio al continuo, ai Sistemi Ondulatori
tout court. Tutti sanno che, per questi sistemi, vale il cosiddetto Principio di Sovrapposizione (che è
per esempio alla base della descrizione dei noti fenomeni di diffrazione ed interferenza). Ora lo stesso
principio assume un valore fondante della struttura forma le della Quantistica (che tratta comunque di
sistemi lineari), anche se la quantizzazione e la conseguente necessità di cambiare il concetto stesso
di osservazione (e/o misura) danno una coloritura diversa alla sua interpretazione concettuale.
Partendo da queste osservazioni generali, accenniamo a scelte più specifiche. Prima di tutto si è
deciso fin dall’inizio di usare i numeri complessi. Una simile scelta può essere già anticipata (come
del resto è avvenuto storicamente) nella trattazione degli stati di oscillazione e di propagazione ondulatoria in fisica classica. Ne deriva che la rappresentazione dello stato di un SOLA attraverso un vettore a componenti complesse in uno spazio a n dimensioni (dove n è il numero di gradi di libertà del
SOLA in questione) può anche essere anticipata a fasi precedenti del percorso.
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Una proposta per l’insegnamento della fisica quantistica
Il passaggio da un sistema lineare classico al sistema quantistico può ora avvenire con l’analisi di
gruppi di esperimenti, tra i quali citiamo:
1. gli esperimenti relativi al fenomeno della polarizzazione della luce;
2. gli esperimenti di quantizzazione spaziale (comunemente detti “di Stern-Gerlach”);
3. i “classici” esperimenti di interferenza e diffrazione (interferometria ottica e doppia fenditura).
Come è noto, la discussione di questi esperimenti alla luce del nuovo formalismo introdotto consente di trattare in maniera esauriente sia il principio di sovrapposizione nel contesto quantistico, sia
il principio d’indeter-minazione, sia il principio di complementarità.
Un naturale sviluppo della ricerca, che da questo punto di vista è ancora “in fieri” sarebbe quello di
mettere in evidenza le differenze essenziali tra il comportamento dei “fotoni” e quello degli “elettroni”, per giungere poi a quegli aspetti delle “statistiche quantistiche” che hanno un gran numero di
applicazioni nella fenomenologia, anche a livello macroscopico.
3. Segmenti di percorso della PARTE 1
Scegliamo solo alcuni passaggi significativi.
(1) Molto raramente gli studenti riescono a percepire (non hanno gli strumenti matematici sufficienti)
che come con il moto di infiniti punti materiali si può “costruire” il moto di un’onda, così con
il moto di infinite onde si può “costruire” il moto di un “punto”. Questo aspetto della “dualità”
onda-corpuscolo ha un rilievo fondante e non può essere trascurato. Quando poi sono i modelli
stessi che entrano in contrasto (si rammenti la celebre introduzione di Einstein al suo articolo
del 1905 sui “quanti di luce”) l’antinomia continuo-discreto si manifesta in tutte le sue implicazioni. Proprio mentre il concetto di “campo” assume un rilievo centrale nella rappresentazione
classica del mondo, crollano tutte le obiezioni alla validità dell’ipotesi atomica. Tuttavia, una
serie di sviluppi teorici e sperimentali (in particolare quelli legati ai fondamenti della nascente
termodinamica statistica) pone in netta evidenza l’impossibilità di una coesistenza “pacifica”
tra sistemi discreti e sistemi continui. Se a questo aggiungiamo il fatto che un sistema continuo
“confinato” presenta modi di oscillazione “discreti”, il quadro dell’antinomia assume contorni
sempre più articolati. Per completare tale quadro occorre infine accennare a un tratto caratteristico della rappresentazione classica del mondo, che, alla luce di quanto avverrà in seguito, non
può più essere dato per scontato. Ci riferiamo al principio di continuità dell’azione fisica, che
potremmo esprimere come segue: ad un’azione piccola quanto si vuole corrisponde un effetto
piccolo quanto si vuole. Questo principio è alla base, tra l’altro, del concetto stesso di misura in
fisica classica ed appare superfluo sottolinearne la rilevanza che la sua negazione avrebbe poi
finito per assumere. Appare qui uno degli aspetti centrali del progetto educativo che sottende la
nostra proposta. Le nuove scoperte scientifiche mostrano i “pregiudizi nascosti” o i “presupposti
taciti” che le vecchie rappresentazioni assumevano senza accorgersene (si pensi, con riferimento
alla relatività einsteiniana, al concetto di “simultaneità assoluta”). Ecco il senso di un apprendimento “critico” e non semplicemente nozionistico.
(2) La fisica classica non riesce a stabilire un chiaro criterio di distinzione tra livello macroscopico
e livello microscopico di descrizione della realtà. Gli atomi classici sono oggetti fisici molto piccoli, ma i loro modelli non hanno qualità intrinseche che consentono di rappresentare concettualmente questa piccolezza. Non ha nemmeno senso chiedersi se un “punto materiale” è un oggetto
micro o macro. Eppure un criterio di distinzione ci sarebbe: gli oggetti micro non hanno, per definizione, una temperatura. La termodinamica stenta a collegarsi coerentemente con gli altri settori
della fisica proprio per questo motivo: deve trattare sistemi macro. Eppure, come sappiamo, con
la teoria cinetica si tenta di creare un ponte tra micro e macro, ridefinendo la temperatura come
l’epifenomeno del comportamento dinamico collettivo di un numero enorme di enti microscopici,
del quale si può dare solo una descrizione statistica. Ma si presenta immediatamente un altro problema: gli oggetti macro mostrano in condizioni ordinarie un comportamento irreversibile. Che
la teoria cinetica (o il suo sviluppo chiamato poi “meccanica statistica”) riesca a spiegare anche
tale aspetto fenomenologico resta oggetto di discussione. In questa prospettiva gioca un ruolo
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esplicativo fondamentale la geniale intuizione maxwelliana riguardante l’esistenza immaginaria di un “demone ordinatore”. Per chi riesce a vedere e controllare le singole molecole non c’è
traccia dell’irreversibilità che si osserva al livello macroscopico (la “foresta” si comporta globalmente in modo diverso dai singoli “alberi”). Infine, uno spunto di riflessione critica che getta
molta luce sulla problematicità della distinzione micro-macro è riportato infine un celebre passo
del primo capitolo de I Principi della Meccanica Quantistica di Dirac: “La necessità di abbandonare le idee classiche quando si voglia render conto della struttura intima della materia sorge
non solo da fatti stabiliti sperimentalmente, ma anche da questioni filosofiche. Infatti, in una spiegazione classica della costituzione della materia, quest’ultima sarebbe immaginata come costituita da un gran numero di piccole parti e si postulerebbero le leggi del comportamento di queste, deducendone poi le leggi della materia nel suo complesso. Tuttavia ciò non completerebbe
la spiegazione, dato che la questione della struttura e stabilità delle parti costituenti non è stata
affatto affrontata. Per affrontare una simile questione si renderebbe necessario postulare che ciascuna di tali parti sia a sua volta costituita di parti più piccole, che possano spiegare il comportamento. Tale procedimento, com’è ovvio, non ha fine; cosicché per questa via non si può arrivare a comprendere la struttura intima della materia. Finché i concetti di grande e piccolo rimangono puramente relativi, non c’è possibilità di spiegare il grande mediante il piccolo. È quindi
necessario modificare le idee classiche in maniera da dare un significato assoluto al concetto di
dimensione” (Dirac 1958, p. 4). Ora, questa distinzione assoluta sarebbe stata individuata di lì a
poco appunto con la scoperta della costante di Planck.
(3) La base matematica stessa dei modelli classici definiva il carattere intrinsecamente deterministico dei processi fisici che s’intendeva descrivere. È questa l’immagine più evidente della causalità intesa in senso classico. Ovviamente, la dipendenza univoca di un qualsiasi processo dalle
condizioni iniziali, rende queste ultime un punto d’aggancio casuale della successiva concatenazione causale. L’identificazione delle cause con le forze è invece sempre stata più problematica. Il terzo principio lascia spazio al concetto che diverrà dominante nella fisica moderna, il
concetto d’interazione. Una visione più recente della connessione causale tende ad identificare
il principio di causalità col principio di conservazione dell’energia, che è la versione moderna
della vecchia massima causa aequat effectum. Tornando al determinismo delle equazioni differenziali, va osservato che è proprio una loro caratteristica strutturale quella che produce le condizioni del cosiddetto caos deterministico. La dipendenza sensibile dalle condizioni iniziali è la
norma per equazioni differenziali non lineari. Già nel XIX secolo, alcuni illustri fisici matematici si erano accordi che il “semplice” problema dei tre corpi, interagenti con forze gravitazionali, produce la tipica instabilità dinamica che caratterizza processi governati da equazioni non
lineari. Si tratta di situazioni, molto generali, che rendono la principale promessa del determinismo, ossia la prevedibilità assoluta del futuro (e del passato), una specie di chimera irraggiungibile. Un terzo aspetto, certo non trascurabile, della crisi dell’ideale deterministico verso la fine
del XIX secolo è costituito dagli sviluppi della teoria cinetica del gas ideale e del tentativo di
giungere a una spiegazione meccanica della seconda legge della termodinamica. Sia Maxwell,
sia Boltzmann sono costretti a ipotizzare moti molecolari soggetti essenzialmente alle leggi del
caso, al punto da essere entrambi considerati i primi fisici meccanicisti non deterministi. Ci sono
dunque una serie di situazioni fisiche che cominciano a minare, prima degli eventi decisivi del
XX secolo, l’idea di un mondo dominato da leggi deterministe. Il caso e il conseguente uso di
considerazioni probabilistiche entra in pianta stabile nella ristretta cerchi di criteri comunemente
accettati di rappresentazione fisica, anche se il concetto di “probabilità fisica” resta per molti
aspetti ambiguo.
(4) L’instabilità dinamica di cui abbiamo parlato poco sopra assume un rilievo particolare quando
si passa a considerare modelli di sistemi meccanici con più componenti. Ciò che vale per il
sistema solare deve anche valere per qualsiasi struttura i cui elementi interagiscono con forze
inversamente proporzionali al quadrato delle distanze reciproche. L’atomo di Rutherford, di cui
troppo spesso si sottolinea l’instabilità radiativa, è in realtà un sistema instabile anche dal punto
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Una proposta per l’insegnamento della fisica quantistica
di vista dinamico. Tuttavia la stabilità configurazionale è poca cosa rispetto ad una stabilità più
profonda, che si manifesta nella cosiddetta “regolarità” dei processi di emissione e assorbimento
della radiazione da parte delle strutture atomiche. Qui il punto è che, come Maxwell notò per
primo negli anni 1870, ogni atomo che caratterizza un elemento chimico si manifesta attraverso
le medesime serie spettrali. L’emissione delle serie spettrali richiede però perturbazioni anche
violente della struttura atomica. Esiste un “meccanismo”, che appare immediatamente inaccessibile alla fisica classica, in base al quale ogni atomo, anche se fortemente perturbato, non solo
ritorna in brevissimo tempo alla configurazione iniziale, ma lo fa in modo da emettere sempre le
stesse frequenze caratteristiche, con una precisione impressionante. Non esiste un modello possibile di sistema elettro-meccanico classico in grado di esibirsi in maniera analoga. Non essendo
il concetto di equilibrio termodinamico applicabile a sistemi microscopici, ogni altro criterio di
stabilità concepibile classicamente (per esempio, il minimo di energia configurazionale) non è
sufficiente a spiegare la straordinaria stabilità degli atomi fisici aventi una struttura complessa,
né a capire la straordinaria regolarità del loro comportamento radiativo.
Il commento a queste brevi osservazioni è il seguente. Per capire la “crisi” della fisica classica, non
basta il semplice richiamo ad alcuni esperimenti “cruciali”. Occorre invece una metariflessione critica, capace di connettere tra loro i vari aspetti caratteristici della rappresentazione classica dei fenomeni in modo di far emergere la loro difficile coesistenza entro uno schema che si rivela quindi espressione di particolari scelte interpretative, che nessuna evidenza (sperimentale o intuitiva) rende assolutamente necessarie. Cambia quindi, lo ripetiamo ancora una volta, l’atteggiamento culturale verso
la disciplina e l’immagine di essa che da sempre si è tentato di inculcare nella testa degli studenti.
Un serio problema riguardante il “contesto” didattico nasce dal fatto che la maggior parte degli insegnanti non è abituata a questo atteggiamento culturale.
4. Segmenti di percorso della Parte 2
Veniamo qui ad esperimenti, contraddizioni, modelli che rendono sempre più evidente, all’inizio del
XX secolo, la necessita di un profondo cambiamento degli schemi esplicativi. Un simile situazione
va presentata come ancora estremamente problematica – e quindi come sintomo dell’irreversibile
aggravarsi di una crisi profonda – senza considerare le risposte frammentarie, che i fisici riescono a
dare nell’immediato, come soluzioni esaurienti dei problemi aperti.
(1) Data l’importanza dell’ipotesi di quantizzazione, non si può evitare di illustrarne il significato e
le conseguenze, anche per limitare equivoci e fraintendimenti. Per questo il percorso sceglie di
passare anche per il problema del “corpo nero”, del quale tuttavia, se il discorso sui modi normali
di sistemi continui “confinati” è stato adeguatamente trattato in precedenza, si può costruire un
modello comprensibile ed eloquente. Una volta chiarito il legame tra numero di gradi di libertà
e frequenze proprie di oscillazione e una volta stabilito il principio di equipartizione dell’energia, la “catastrofe ultravioletta” appare l’inevitabile prodotto di qualsiasi modello classico con
le suddette caratteristiche. L’ipotesi di Planck ha, come sappiamo, una straordinaria efficacia. La
“legge del corpo nero” è riprodotta con un’esattezza quasi sorprendente dal punto di vista formale. Ma l’enunciazione di Planck resta appunto sul piano formale. Come comprendere fisicamente infatti lo strano legame tra quanti di energia e frequenze d’oscillazione? I quanti di energia sono diversi per diverse frequenze e sono tanto più “grandi” quanto più le frequenze sono
elevate. Si tratta quindi di una quantizzazione che, almeno per quest’aspetto, appare diversa da
quella “quantizzazione” che caratterizzava, per esempio, le cariche o le masse dei corpuscoli
“elementari”. Come si capirà meglio in seguito, la quantizzazione non è immediatamente identificabile con una struttura “granulare” della materia o della radiazione, essa deve piuttosto essere
riferita ai processi d’interazione.
(2) È noto che l’ipotesi formulata da Einstein nel 1905, nel famoso articolo di critica al procedimento
seguito da Planck cinque anni prima – poi divenuto noto soprattutto per le sue previsioni circa la
legge dell’effetto “fotoelettrico” –, si presenta come un’interpretazione “euristica” dell’ipotesi di
quantizzazione, interpretazione di cui lo stesso Einstein riconosce il carattere provvisorio. Tutta-
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via, le conclusioni di Einstein si inseriscono a pieno titolo in un contesto, fatto di ragionamenti
ed evidenze sperimentali, che mostra drammaticamente come modelli “corpuscolari” e modelli
“ondulatori” hanno pieno diritto di esistenza e di applicazione in contesti sperimentali analoghi.
Nelle fasi precedenti all’ipotesi di de Broglie il problema sembra riferirsi soltanto alla natura della
radiazione elettromagnetica. Ma dopo de Broglie assume una portata del tutto generale, che va
ben oltre la richiesta di un modello univoco del comportamento di questo o quell’ente elementare. Una nutrita serie d’esperimenti (dalle camere a nebbia, ossia, più in generale, ai processi di
ionizzazione – riguardanti quindi anche i granuli di un’emulsione fotografica –, all’effetto Compton, e via discorrendo), mostra che l’interazione radiazione materia avviene per “quanti”. Per
contro, l’intera evidenza ottica legata ai fenomeni di diffrazione e interferenza mostra l’assoluta
inadeguatezza di una visione corpuscolare della radiazione. Quando poi appare chiaro che anche
le cosiddette “particelle” materiali manifestano proprietà ondulatorie, la comunità dei fisici si
rende conto che l’ipotesi di quantizzazione non può essere una semplice integrazione di un quadro ancora sostanzialmente classico, ma richiede una nuova visione teorica basata su fondamenti
inediti.
(3) La conferma eclatante di quanto appena detto è costituita dal modello di struttura atomica proposto da Bohr nel 1913. Prescindendo come si è detto dai tentativi infruttuosi di formulare una
meccanica “planetaria” quantizzata (la cosiddetta “vecchia teoria dei quanti”), il modello di Bohr
va presentato e discusso nella sua freschezza originaria, per mostrare come esso metta profondamente in discussione sia la meccanica sia l’elettro-dinamica ordinarie. Che il suo “funzionamento” appaia alquanto misterioso (quasi “magico”) è un aspetto positivo anche da punto di vista
didattico, poiché genera attesa e curiosità (il che implica che il modello non deve essere presentato come una soluzione “perfetta” e definitiva). In particolare, occorre dare enfasi a due caratteristiche del modello che risulteranno poi di grande importanza concettuale: la prima riguarda
la “scissione” tra frequenze della radiazione emessa e/o assorbita e le frequenze proprie di movimento dell’elettrone, la seconda riguarda la “corrispondenza” con le previsioni classiche che si
verifica con uno “strano” passaggio al limite per numeri quantici abbastanza elevati, ossia [n –
(n – 1)] ≈ dn, per n abbastanza grande (una tipica forzatura formale, che i fisici usano in varie
occasioni e che rimanda all’antinomia continuo-discreto).
5. Segmenti di percorso della Parte 3
(1) La discussione dei sistemi armonici ci consente di arrivare alle conclusioni seguenti.
a) Per un sistema armonico a n gradi di libertà esistono n configurazioni di moto nelle quali, la
grandezza variabile, che caratterizza lo stato di ogni elemento del sistema, oscilla per tutti
gli elementi con la stessa frequenza angolare e la stessa fase: tali stati di moto stazionario del
sistema sono chiamati modi normali di oscillazione;
b) le frequenze di oscillazione dei modi normali dipendono dalle caratteristiche “intrinseche”
del sistema e sono dette per questo “frequenze proprie”;
c) qualsiasi altra configurazione di moto accessibile al sistema è sempre rappresentabile come
combinazione lineare dei suoi modi normali;
d) i modi normali sono invece tra loro linearmente indipendenti (ossia nessuno può essere ottenuto da una combinazione lineare degli altri);
e) esiste sempre una trasformazione lineare delle coordinate di partenza che porta all’individuazione di particolari coordinate generalizzate che “disaccoppiano” le n equazioni del moto;
usando queste coordinate particolari, dette coordinate normali, i modi normali consistono in
oscillazioni armoniche di ciascuna coordinata presa separatamente.
Queste proprietà del modello di un sistema armonico consente di introdurre un formalismo, avente
per ora un mero valore simbolico, che anticipa per molti versi alcune caratteristiche essenziali di
quello che sarà il formalismo della Meccanica Quantistica. È infatti addirittura possibile usare le
notazioni di Dirac, introducendo un nuovo concetto di stato e semplificando alcune regole della
trattazione formale. Il principio di sovrapposizione si applica così agli stati accessibili al sistema
56
Una proposta per l’insegnamento della fisica quantistica
(concepiti ora come le configurazioni di moto che esso può assumere). Il formalismo di Dirac
impone però che i vettori rappresentativi degli stati (i ket) abbiano sempre modulo unitario. Ad
ogni sistema è quindi associato uno spazio vettoriale complesso del quale è possibile facilmente
individuare la base ortonormale. I valori delle grandezze fisiche, per esempio dell’energia, non
sono quindi direttamente associabili agli stati (che in questo senso appaiono come essenzialmente cinematici), ma sono ricavabili solo quando sono specificate le interazioni cui il sistema
è soggetto. In un sistema armonico tali interazioni sono rappresentate dalla matrice dei coefficienti di accoppiamento tra gli elementi del sistema armonico. I concetti di autovettore (modo
normale) e di autovalore (frequenza propria) emergono naturalmente dalla nuova trattazione formale. La trattazione dei sistemi con infiniti gradi di libertà (al limite “continui”) è certamente più
delicata dal punto di vista formale. Lo stato diviene in questo caso una funzione d’onda normalizzata. Ma la trattazione delle forme d’onda (in particolare dei “pacchetti”) assume particolare
rilievo, anche perché, sia pur restando nell’ambito della fisica classica, è possibile dimostrare
quelle “relazioni d’incompatibilità” (tra estensione spaziale ed estensione dei valori dei “numeri
d’onda” e tra “durata” della forma d’onda e range di frequenze) che assumeranno un significato
del tutto particolare in Meccanica Quantistica.
(2) I cambiamenti nella rappresentazione, prodotti essenzialmente dall’ipotesi di quantizzazione, possono ora essere introdotti gradualmente analizzando alcune situazioni sperimentali specifiche in
cui l’allontanamento dal quadro classico avviene per piccoli passi. La prima situazione riguarda
il comportamento della luce polarizzata. Qui la “cinematica” dei processi resta essenzialmente
classica (ossia trattabile classicamente) e non trova spazio alcun presunto paradosso derivante
dall’ipotesi che la radiazione abbia una struttura “granulare”. I “quanti” entrano in gioco solo
quando si tratta di misurare l’intensità dei fasci, ossia sono legati allo scambio di energia con i
rivelatori. All’idea di “fotone” descritto con un modello corpuscolare preferiamo quindi l’idea
di un “campo”, del tutto analogo a quello classico, che interagisce per “quanti”. In questo modo
è facile mostrare come, dal punto di vista quantistico, la nota “legge di Malus” assume un significato statistico, anche senza parlare di fotoni che “attraversano” o meno il dato filtro polarizzatore (un “modo di dire” che si può trasformare facilmente in una grave misconcezione). Consideriamo di grande importanza l’uso di ampiezze complesse, dato che esse ci consentono di
dare una rappresentazione immediata anche agli stati di polarizzazione circolare destrorsa (R)
e sinistrorsa (L). In altri termini, lo “spazio degli stati” resta a due dimensioni, ma i coefficienti
assumono valori complessi. L’uso degli stati R ed L consente ulteriori sviluppi della trattazione
e l’introduzione di nuove grandezze. Qualsiasi cambiamento di stato di polarizzazione è riconducibile alla rotazione (parametrizzata da un generico angolo θ) dello spazio degli stati. Evidentemente, tale rotazione è rappresentabile da una matrice unitaria R(θ), i cui elementi sono in
genere numeri complessi. Ora, è facile dimostrare che gli autovettori della matrice R(θ) coincidono con gli autovettori di una matrice semplificata S, chiamata normalmente “matrice di spin”,
che sono appunto gli stati R ed L. Gli autovalori corrispondenti sono ±1. I due stati R ed L possono quindi essere considerati i due stati nei quali lo “spin” della radiazione assume un valore
definito. Ne deriva che uno stato di polarizzazione qualsiasi è sempre la sovrapposizione dei
due stati di spin e che lo spin è una grandezza osservabile. Analogamente, un pennello di radiazione coerente e monocromatico, che si propaga nella direzione z in uno stato di polarizzazione
definito, ha una ben definita componente Lz del momento angolare lungo z. Dato che è possibile
rappresentare qualsiasi stato di polarizzazione come sovrapposizione degli stati R ed L, è facile
giungere alla conclusione che il valore della componente Lz scambiata dalla radiazione con la
materia è sempre quantizzata, potendo assumere solo i valori ± h (in unità assolute). Appare qui
una delle caratteristiche più problematiche del concetto quantistico di misura: quale che sia la
sovrapposizione suddetta il valore del momento angolare assorbito o ceduto sarà sempre pari
ad un “quanto”. Tra le diverse possibilità, se ne concretizza solo una (della quale conoscevamo
solo la probabilità). È questo il tanto famoso quanto oscuro “collasso” che appare ora come il
riflesso immediato dell’essenza stessa della quantizzazione. Una situazione analoga, ma decisa-
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mente più “quantistica”, si presenta nella discussione dell’esperimento di Stern & Gerlach. L’effetto osservato non ha analogo classico poiché procede a partire dalla quantizzazione della componente lungo una qualsiasi direzione Li del momento angolare. Per questo motivo, l’uso di vettori a componenti complesse non è più un espediente simbolico, come nel caso della polarizzazione, ma appare intrinsecamente necessario per una descrizione completa del fenomeno. Se gli
studenti hanno acquisito una sufficiente padronanza delle notazioni simboliche, non sarà difficile per loro fornire una rappresentazione esauriente dell’intera situazione sperimentale e avviare
una riflessione sulle sue conseguenze concettuali. Particolare importanza assume il fatto che agli
elettroni possono essere assegnati solo valori seminteri dello spin, come tale “particella” quantistica avesse una simmetria di rotazione di modulo 4π. Veniamo infine alle celebri esperienze
(oggi concretamente realizzabili anche per particelle massive) riguardanti il ruolo e l’interpretazione dei processi di interferenza cui sono soggetti gli “oggetti” quantistici. In questo contesto
appare più facile discutere l’interpretazione quantistica del principio di sovrapposizione, anche
alla luce di un’accurata discussione del nuovo concetto quantistico di misura. Il comportamento
dell’interferometro di Mach-Zehnder (per quanto riguarda la radiazione) e soprattutto gli esperimenti d’interferenza con gli elettroni (in particolare, quello più volte discusso della “doppia
fenditura”) non solo rendono più esplicito il modo di operare quantistico (soprattutto per sistemi
a due stati) ma anche il significato interpretativo dei principi d’indeterminazione e di complementarità.
6. Conclusioni
Abbiamo tratteggiato sommariamente le linee di una proposta il cui obiettivo principale è quello di
arrivare ad una visione organica (e non frammentaria) dei principi della Quantistica. In questa sede
non possiamo discuterne i dettagli (per i quali rimandiamo al citato Tarsitani 2009). D’altra parte,
tali dettagli non possono ancora considerarsi completati. Siamo ancora al centro di un programma di
ricerca didattica che può essere svolto solo in condizioni migliori di quelle offerte dalla situazione
universitaria attuale. Quello che abbiamo sinteticamente riportato serve quindi quasi esclusivamente
a proseguire un confronto con gli altri gruppi che si occupano degli stessi problemi (ai quali presumibilmente i dettagli non servono) e a mostrare la fattibilità di un percorso in una situazione di maggiore sensibilità verso la formazione scientifica dei giovani, con particolare riferimento all’insegnamento di una fisica vista finalmente come disciplina di conoscenza fondamentale per tutto il mondo
che ci circonda.
Riferimenti bibliografici
Dirac P. A. M. (1958) I principi della Meccanica Quantistica, Torino: Boringhieri.
Guidoni P. & Levrini O. (a cura di) (2008) Approcci e proposte per l’insegnamento-apprendimento
della fisica a livello preuniversitario, Udine: Forum.
Tarsitani C. (2009) La transizione dalla fisica classica alla fisica quantistica. Problemi didattici e
concettuali, Roma: Editori Riuniti.
Proposte didattiche di fisica quantistica:
analisi e discussione in rete telematica nella prospettiva
della ricerca didattica
Marisa Michelini, Lorenzo Santi, Alberto Stefanel
Unità di Ricerca in Didattica della Fisica, Università di Udine
1. Introduzione
Il corso “Rassegna delle proposte didattiche per l’insegnamento della meccanica quantistica”, si è
incentrato sull’analisi e la discussione in web forum di proposte, basate sulla ricerca, per l’insegnamento/apprendimento della meccanica quantistica (MQ d’ora in poi) nella scuola secondaria superiore.
Esso si è integrato con gli altri insegnamenti del modulo sulla meccanica quantistica di IDIFO.
I seguenti criteri guida sono stati alla base dell’impostazione del corso.
A) La ricerca didattica gioca un ruolo centrale nella formazione di qualità degli insegnanti, perché
consente di creare un contesto formativo in cui viene riprodotto un atteggiamento di ricerca, nei
suoi oggetti di studio e nei suoi aspetti metodologici, fornendo agli insegnanti gli strumenti per
un’autoformazione continua in grado di sostenere l’innovazione (Taber 2000; Michelini, Rossi,
Stefanel 2002; Michelini 2003). Nella scelta dei materiali da proporre all’analisi dei corsisti ci
si è riferiti a lavori di rassegna sulle ricerche nello specifico campo dell’insegnamento della MQ
nella scuola secondaria, con una doppia valenza: offrire un quadro il più aggiornato e ampio
possibile sulle principali proposte di ricerca (research based) e le diverse scelte di impostazione
disciplinare, approccio didattico, sui principali esiti e i più frequenti problemi emersi, ovvero i
punti critici dei diversi percorsi a confronto; fornire criteri validati dalla ricerca per l’analisi di
approcci e percorsi didattici (McDermott, Redish 1999; Greca, Moreira 2001; Cataloglu, Robinett 2002; Duit 2009). Affinché gli insegnanti avessero conoscenza di prima mano della letteratura internazionale, è stata proposta l’analisi approfondita di singoli percorsi didattici, scelti liberamente da ciascun corsista in base al solo criterio che risulti presente nella letteratura internazionale con documentazione e analisi dei risultati di sperimentazioni in classi pilota. I lavori originali e i materiali didattici che sono parte integrante dei percorsi hanno costituito l’oggetto stesso
delle analisi (Zollman 1999; Greca, Moriera 2001, Cataloglu, Robinett 2002; Stefanel 2008). Il
riferimento alle ricerche sull’apprendimento in generale e nello specifico della MQ è stato l’elemento di sfondo di tutti i contributi alla discussione in forum del docente –tutor (McDermott,
Redish 1999; PhyS. EduC. 2000; AJP 2002; Duit 2009).
B) La formazione della professionalità docente è favorita dal confronto tra pari e deve essere costruita integrandosi con i modi propri di lavorare dei singoli e i loro stili di insegnamento, per modificarli e produrre innovazione solidamente ancorata alle competenze. Sono state pertanto adottate/
progettate modalità di formazione, che favorissero da un lato una efficace interazione tra i corsisti
in web forum moderati, in fili di discussione aperti per modalità, percorsi e esiti per quanto ben
focalizzati su specifici focus (Luca, Mclaughlin 2005; CCE_LG 2009). Dall’altro è stata favorita la personalizzazione dei percorsi formativi, attraverso il coinvolgimento dei singoli nell’analisi critica di materiali per la didattica liberamente scelti e nella redazione di rapporti di sintesi
da redigere in formato libero basandosi su griglie di analisi che stimolassero l’utilizzo di criteri
e metodologie rigorose (Bednar et al. 1991; Michelini, Rossi, Stefanel 2002)
60
Proposte didattiche di fisica quantistica: analisi e discussione in rete telematica nella prospettiva della ricerca didattica
C) La formazione dei docenti all’insegnamento/apprendimento della MQ nella scuola superiore aggiunge,
alle problematiche comunemente riscontrabili anche su altri temi, problematiche relative a: formazione culturale (Fischler 1999; Hadzidaki 2000; Michelini et al. 2004; Justi et al. 2005), convinzioni sul piano epistemologico/filosofico (Pospiech et.al 2008; Baily, Finkelstein 2010), resistenza
ad abbandonare strategie trasmissive, ma che sono state sperimentate personalmente, in favore di
approcci innovativi (Fischler 1999; Niedderer 1987, Niedderer, Deylitz 1998, 1999; Olsen 2002);
difficoltà nel riconoscere valore alle specifiche PCK (Pedagogical Content Knowledge – Shulman
1986), ossia acquisirle nel proprio bagaglio formativo (Michelini et al. 2004; Hadzidakis 2002).
La discussione sui nodi disciplinari, non disgiunta da una riflessione sulle difficoltà di apprendimento, l’analisi di materiali didattici di proposte di ricerca come oggetti di studio sono stati elementi in grado di innescare cambiamento concettuale negli insegnanti formati con queste modalità in particolare sulla fisica moderna (Fischler 1999; Pospiech 1999, 2000a,b; Olsen 2002; Asikainen et al. 2005; Justi et al. 2005). La focalizzazione del presente corso sull’esplicitazione e il
confronto delle caratteristiche, degli esiti e delle criticità delle principali impostazioni didattiche
alla MQ (Ghirardi et al. 1997; Stefanel 2008) mirava a: riconoscere i nuclei fondanti della MQ e
della loro esplicitazione nelle proposte didattiche offerte dalla ricerca; esplicitare le motivazioni
che portano a scegliere e seguire coerentemente una impostazione piuttosto che un’altra.
Vengono qui proposti gli obiettivi di ricerca che ci si è posti, le modalità di presentazione e conduzione in rete, l’analisi degli esiti per l’intero gruppo e per alcuni casi, la discussione dei risultati e le
conclusioni in merito ai problemi di ricerca.
2. Obiettivi di ricerca
I principali obiettivi di ricerca che ci si è posti sono stati:
O1 – Quali sono le principali difficoltà che ostacolano un insegnante nell’adottare approcci innovativi nell’insegnamento della MQ?
O2 - Quali sono i fattori che attivano l’adozione di approcci innovativi e in particolare quale contributo può dare il lavoro in web?
O3 – Quali sono i percorsi tipici che essi seguono per passare da approcci tradizionali a quelli più
innovativi?
O4 – Quali sono le principali modalità di analisi di percorsi didattici che adottano gli insegnanti e con
quali strumenti si può favorire l’adozione di metodologie rigorose?
3. Strumenti, metodi
In questa sezione vengono presentate le caratteristiche generali del corso e la struttura dell’ambiente
in rete e in particolare del forum, i materiali proposti come base di lavoro, i criteri e metodi di analisi
della dinamica del forum e dei documenti prodotto dai corsisti come portfolio.
3.1 Caratteristiche del corso in rete
La tema del corso era il confronto di diverse proposte didattiche per l’insegnamento della MQ nella
scuola secondaria superiore, avendo come oggetto di studio i percorsi didattici, i relativi materiali, gli
esiti sull’apprendimento documentati nella letteratura internazionale.
Il corso è stato suddiviso in due fasi come di seguito specificato, per ciascuna delle quali è stato
approntato un modulo nell’ambiente in rete (http://idifo.fisica.uniud.it/uPortal/render.userLayoutRootNode.uP).
Fase I. La prima fase, prevista e svolta tra al fine di marzo 09 e la fine di aprile 09, ha coinvolto i corsisti nell’analisi individuale e quindi nella discussione collettiva in forum delle diverse impostazioni
per l’insegnamento della MQ nella scuola superiore basate sulla ricerca e validate in sperimentazioni
e documentate in articoli di ricerca. Sono stati forniti come base di analisi e discussione i materiali di
seguito specificati.
A1 - Articolo in italiano di rassegna sulle diverse impostazioni e percorsi didattici, basati sulla ricerca,
sull’insegnamento della MQ nella scuola secondaria e nel biennio dei college per l’area anglo-americana (Stefanel A. 2008). In tale lavoro, a cui si rimanda per i dettagli, vengono identificate tre principali impostazioni:
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
61
- Impostazione storica, in cui la MQ viene ri-costruita a partire dalle regole di quantizzazione come
esito di estensioni successive della meccanica classica, considerando i contesti fenomenologici,
che storicamente hanno costituito problema interpretativo per la fisica classica, come ad esempio
l’effetto fotoelettrico, la stabilità e struttura atomica e l’interazione luce-atomi, la diffrazione elettronica;
- Impostazione formale-analogica, in cui il formalismo quantomeccanico (tipicamente introdotto
attraverso il formalismo della funzione d’onda) viene costruito utilizzando analogie formali con la
meccanica classica e se ne discute a posteriori l’interpretazione fisica analizzando specifiche fenomenologie.
- Impostazione concettuale, in cui le basi concettuali della MQ vengono fondate in definiti contesti fenomenologi, come quelli forniti dai sistemi a due stati, facendo emergere il ruolo del formalismo che li descrive come sintesi, a posteriori, di generalizzazioni
Il lavoro A1 discute i principali approcci presenti in letteratura alla luce delle suddette diverse impostazioni. Ha costituito la traccia del lavoro di analisi effettuato dai corsisti e risorsa a cui attingere
per quello che riguarda i ricchi riferimenti bibliografici.
A2 – Un articolo, in lingua portoghese, di rassegna di proposte e sperimentazioni sulla MQ nella
scuola presenti in letteratura prima del 2001 (Greca I. M., Moreira M. A. 2001) e uno in lingua inglese
la cui introduzione è una buona sintesi delle proposte esistenti (Cataloglu, Robinett 2002).
A3 – Raccolta dei contributi presentati al meeting annuale NARST 1999 sull’insegnamento della MQ,
in cui sono intervenuti alcuni dei principali autori di ricerche nel settore (Zollman 1999)
A4 – Articolo che discute le caratteristiche e valenze didattiche di nove diverse formulazioni della
MQ (Styer et al. 2002).
A ciascun corsista sono stati richiesti almeno tre interventi in web forum, uno per ciascuna delle tre
impostazioni delineate nel primo articolo A1 (Stefanel 2008), con la richiesta esplicita di includere
“almeno qualche riferimento esemplificativo alla letteratura in materia, a partire da quella citata in
bibliografia”1 negli articoli di rassegna soprariportati. Ai corsisti sono state date la seguenti indicazioni in merito alla tipologia di interventi e modalità di interazione in rete:
- “inserire brevi commenti, integrazioni o individuazione di aspetti da chiarire/approfondire del contenuto dell’articolo analizzato o domande significative o integrazione di interventi precedentemente
inseriti nel forum”
- “limitare la lunghezza degli interventi, magari proponendo più contributi su singoli aspetti mirati,
in grado di attivare nel forum discussione e condivisione, piuttosto che inserire interventi lunghi
e articolati o peggio documenti allegati, assolutamente non richiesti in questa fase e anzi da evitare”.
Nel web-forum 1 sono stati creati i seguenti quattro fili di discussione, un filo per discussioni di carattere generale e per raffronti tra impostazioni diverse e uno per ciascuna delle tre impostazioni delineate
nel citato articolo di rassegna A1: Filo A: Confronto tra impostazioni e discussione generale; Filo B:
Impostazione storica; Filo C: Impostazione formale analogica; Filo D: Impostazione concettuale.
Fase 2. La seconda fase, svolta nel periodo 15 aprile 09 – 25 maggio 09, ha previsto la stesura di una
relazione (RF) a cura di ciascun corsista sull’analisi di una proposta di insegnamento della MQ nella
scuola secondaria presentata, validata e documentata in articoli di ricerca. I corsisti potevano approfondire le proposte esemplificate nell’articolo A1 o altre reperite su riviste, escluse quelle italiane.
(1)
Qui come altrove le frasi tra virgolette, non riferite a un corsista specifico, sono riprese dalle indicazioni fornite dal
docente in rete ai corsisti.
62
Proposte didattiche di fisica quantistica: analisi e discussione in rete telematica nella prospettiva della ricerca didattica
Per la redazione di tale nota è stata proposta la seguente griglia:
1. Titolo del percorso
2. Indicazione della bibliografia specifica a cui si fa riferimento (es: articolo, documento in rete e
relativo indirizzo d’accesso)
3. Breve presentazione riepilogativa della proposta in cui siano evidenziati: obiettivi principali, impostazione disciplinare, schema del percorso didattico, indicazione di eventuali materiali didattici
integrati nella proposta stessa, come tutorial, work-sheets, applet…
4. Analisi critica della proposta con indicazione degli aspetti qualificanti e dei punti critici e confronto
con almeno un’altra proposta presente in letteratura (incluse quelle italiane). Si considera discriminante che tali indicazioni riguardino almeno i seguenti tre livelli: a) disciplinare (es.: aspetti
disciplinari rilevanti che la proposta permette di sviluppare e nodi lasciati aperti); b) apprendimento (es.: per quali aspetti la proposta produce un effettivo apprendimento degli studenti; quali
sono gli aspetti di maggiore criticità, ossia su quali aspetti la proposta sembra incidere meno); c)
fattibilità (es.: efficacia degli strumenti didattici, applicabilità nel contesto italiano, prerequisiti e
tempi richiesti)
Ai corsisti è stata data l’indicazione di inserire in rete una prima bozza di tale relazione RF entro
il 10 maggio, a cui sarebbero seguite eventuali indicazioni di modifica in vista della consegna definitiva.
L’obiettivo dell’analisi richiesta era di far conoscere in modo approfondito una proposta diversa da
quelle tradizionalmente adottate a scuola, pur lasciando la possibilità di integrare l’analisi e il confronto anche con percorsi proposti in testi italiani o realizzati in classe, esigenza questa emersa dai
corsisti stessi.
Anche nella fase due del corso è stata prevista una discussione in forum (Forum 2 del modulo 2), progettata su due livelli: l’interazione corsisti-tutor per fornire indicazioni su come modificare/integrare
le bozze di analisi inserite in rete, affinché rispondessero ai criteri richiesti; l’interazione tra pari per
arricchire, nei contesti specifici delle analisi prodotte, la discussione in forum 1.
Valutazione. Come esplicitato in forum sin dall’avvio del corso, la valutazione si è basata sulla qualità della relazione RF, in particolar per quello che riguarda la focalizzazione dei punti 3 e 4 della precedente griglia e il riferimento alla letteratura, integrandola in base agli interventi in rete.
3.2 Metodi di analisi
Gli interventi in forum sono stati analizzati su più piani sia a livello quantitativo, sia qualitativo (Talvitie-Siple 2006). Sono state valutate le frequenze degli interventi nell’intero forum e nei diversi
fili da parte dei corsisti e del docente-tutor. Sono state ricostruite le dinamiche dell’interazione diagrammando la sequenza degli interventi in ciascun filo del forum 1. Per ciascun filo sono stati individuati i temi maggiormente discussi e sono stati individuati interventi tipo da riportare come esemplificazioni.
È stata quindi fatta un’analisi sull’intero forum 1, per quello che riguarda i primi interventi dei corsisti coinvolti, da cui ricavare un quadro iniziale in merito a: a) impostazioni conosciute; b) impostazioni utilizzate o che si intenderebbe utilizzare a scuola; c) motivazioni apportate a supporto delle
scelte di impostazione; d) nodi disciplinari e aspetti didattici fatti emergere. La ricostruzione dell’evoluzione dei corsisti è stata effettuata analizzando come gli elementi precedenti mutavano con il susseguirsi degli interventi.
Sono stati infine analizzati i documenti finali: le bozze iniziali, per rilevare le difficoltà incontrate
dai corsisti e gli stili con cui spontaneamente hanno avviato l’analisi; le versioni finali per individuare le scelte di impostazione fatte e gli elementi maggiormente evidenziati (disciplinari, didattici,
punti di forza, criticità).
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
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4. Il campione
Il corso è stato proposto a 12 docenti (ciascuno dei quali verrà identificato con una sigla D1-D12
d’ora in poi) del Corso di Perfezionamento IDIFO 2 ed è stato effettivamente seguito da 11 di essi
di 9 diverse sedi territoriali (BA-BO-CS-MI-MO-PA-PV-TO-UD). Si tratta di docenti già selezionati all’accesso del corso di perfezionamento e che avevano scelto di frequentare il corso come corso
di indirizzo o opzionale. 6 di essi hanno laurea in matematica e 5 in fisica. 9 insegnano in cattedre
di matematica e fisica, 2 insegnano solo matematica. Uno dei corsisti aveva completato il corso del
Master IDIFO.
5. La discussione in rete nel Web-Forum 1
A una prima analisi globale del forum, seguono le analisi dettagliate dei diversi fili attivati e del contributo del docente-tutor.
5.1 La dinamica complessiva della discussione nel Web-forum 1
Nel web-forum 1 del modulo 1 sono stati inseriti 87 messaggi di cui 54 da parte dei corsisti e 33 da
parte del docente-tutor. Gli interventi di apertura dei quattro fili di discussione del tutor sono stati
inseriti il 26-03-2009. Il primo intervento dei corsisti nel filo generale è del 31 marzo, i primi interventi dei fili storico e formale analogico sono del 09.04, il primo intervento di un corsista del filo
concettuale è solo del 14.04. La maggior parte dei contributi (72 su 87) è stata inserita tra il 31-032009 e il 28-04-2009, e di questi oltre la metà (46 su 72) negli ultimi 10 giorni di aprile 2009, come
è riepilogato in figura 1.
Figura 1 - Distribuzione temporale del numero di interventi nel forum 1
Ulteriori messaggi sono stati inseriti da tre corsisti in momenti successivi a giugno 2009, agosto 2009
e gennaio 2010. La concentrazione degli interventi in un periodo di circa 10 giorni si può spiegare
con il fatto che gli 8 corsisti che hanno seguito regolarmente il corso hanno dedicato la prima metà
di aprile allo studio dei documenti di riferimento, a personali approfondimenti e solo la fine del mese
all’attività in rete. È presumibile che tale atteggiamento si accompagni anche alla sottovalutazione
dell’importanza del confronto tra pari nel web-forum.
In figura 2 è riportata la frequenza di interventi di ciascun corsista (è escluso il corsista D12 che è
intervenuto solo con un iniziale contributo in forum).
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Proposte didattiche di fisica quantistica: analisi e discussione in rete telematica nella prospettiva della ricerca didattica
Figura 2 - Numero di interventi effettuati in forum dai corsisti.
La media degli interventi è stata di 4,8 (σ=2,2), con tre docenti attestati al minimo dei tre interventi
richiesti e due docenti con 8 e 11 interventi rispettivamente. Si può supporre che i corsisti abbiano
attribuito una diversa valenza formativa alla partecipazione attiva nel forum, proporzionalmente più
efficace quanto più alto è stato il numero degli interventi, come si rileva dall’aumento di domande e
scambi del tipo: “grazie dello spunto”, “Sono contento se posso esserle utile”.
I contenuti degli interventi sono stati per la maggior parte dei casi di tipo didattico/metodologico (40
su 54 interventi dei corsisti), nella restante parte sono state richieste di informazioni su riferimenti
bibliografici e sitografici (14 su 54 interventi).
Lo stile degli interventi è stato nella quasi totalità dei casi discorsivo e sempre piuttosto generale. In
meno della metà degli interventi dei corsisti (20 interventi) vengono richiamati contesti sperimentali
o problematici senza esplicitare quali nodi concettuali e/o di apprendimento essi mettano in campo.
Solo in 7 interventi tale esplicitazione emerge nell’intervento del corsista, riguardando: l’introduzione dei modelli atomici quantistici a partire dai sistemi oscillanti (2), la impossibilità di descrivere
i processi quantistici con categorie classiche (1), il significato di quantizzazione (1), le proprietà degli
oggetti quantistici (1); l’analogia onde elettromagnetiche e onde di materia (1); il legame tra principio di sovrapposizione e indeterminismo non-epistemico (1). In 5 di questi casi è stato affrontato il
nodo concettuale in seguito allo stimolo del docente-tutor, aspetto che conferma l’approccio più centrato sulla didattica che sui concetti dei corsisti.
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Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
5.2 Forum 1 – Filo A: Confronto tra impostazioni e discussione generale
Nel filo generale sono stati inseriti 15 interventi (9 del tutor; 6 interventi di 5 corsisti). La dinamica
della discussione è ben illustrata in Fig.3, in cui prevale l’interazione tutor-singoli corsisti.
PP\INT
1
TT
x
2
3
4
x
D01
D02
D03
5
6
x
x
7
8
9
x
x
10
11
12
x
13
14
x
x
x
15
Tot
x
9
1
x
2
x
1
D04
D05
D06
x
1
D07
D08
x
1
D09
D10
D11
Figura 3 - Dinamica nel Filo A (TT: tutor; D1-D11: corsisti PP: partecipanti; INT: n° intervento)
A parte i primi 7 interventi, relativi a richieste di carattere tecnico (3 di corsisti, 4 del tutor), la maggior parte degli interventi (9 in totale, di cui 4 di corsisti e 5 del tutor) ha riguardato l’impostazione
storica seguita a scuola, i problemi nell’adottare approcci didattici innovativi, come esemplificato
nei due seguenti interventi:
D8: “Premetto che conoscevo solo l’impostazione storica per insegnare MQ alle superiori, quella
che i libri di testo, da me consultati, proponevano. Nelle classi in cui ho insegnato alla fine,
per problemi di tempo, ho solo introdotto l’argomento, seguendo questo approccio. Ritengo
tuttavia interessanti le altre impostazioni, in particolare quella concettuale, essendo convinto
che la discussione dei concetti sia più importante che conoscere e saper utilizzare il formalismo matematico. Per ora rimangono dubbi su come operativamente si possa realizzare in
classe”.
D2: “Da quasi un quindicennio sperimento nelle quinte classi del mio Liceo Scientifico […] un
“approccio” alla MQ. Tale approccio è stato sempre squisitamente storico. Come si potrebbe
cominciare a conciliare un approccio di tipo analogico mancando dello strumento matematico? E quello formale è spessissimo condizionato da come “noi” prima abbiamo spiegato la
Fisica Classica. Non ritiene che anche l’approccio allo studio della Fisica cosiddetta Classica dovrebbe essere quantomeno ridiscusso?”
66
Proposte didattiche di fisica quantistica: analisi e discussione in rete telematica nella prospettiva della ricerca didattica
5.3 Forum 1 – Filo B: Impostazione storica
Nel secondo filo si sono avuti 21 interventi, di cui 5 del docente-tutor e 15 di 10 corsisti, secondo la
dinamica riepilogata in Fig. 4.
PP\INT
TT
D01
D02
D03
D04
D05
D06
D07
D08
D09
D10
D11
1
x
2
3
x
x
4
x
5
6
7
x
8
9
x
x
x
x
10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 Tot
x
X
5
x
4
0
x
1
x 1
x
1
x
1
1
x
1
x
1
x
1
x
x
4
Figura 4 - Dinamica nel Filo B (TT: tutor; D1-D11: corsisti PP: partecipanti; INT: n° intervento)
Negli interventi in questo filo tutti i corsisti, eccetto uno, affermano di aver adottato in classe o essere
intenzionati ad adottare, in ipotetiche sperimentazioni, una impostazione di tipo storico. Si riconoscono due tipologie di interventi: una prima in cui il docente, pur esprimendo una propria posizione,
la pone in discussione, riconoscendo i limiti della propria formazione; una seconda in cui si comunica in modo piuttosto assertivo la propria esperienza e il proprio punto di vista. Sono ben rappresentate dai contributi di due insegnanti:
D1: “Sinceramente non mi è mai capitato di insegnare MQ e leggendo l’articolo mi sono reso conto
di quanti aspetti ho dimenticato e forse nemmeno approfondito in modo esauriente quando
ero studente. Forse se mi capitasse di insegnarla sceglierei l’impostazione storica perché è
forse quella che conosco meglio e perché credo possa fornire spunti interdisciplinari utili ai
ragazzi per la preparazione del percorso per Esame di Stato”.
“In che senso l’impostazione storica non permette di cogliere la natura innovativa della MQ
se non per quegli aspetti che possono essere descritti con le categorie descrittive della fisica
classica? Questo aspetto mi sembra molto interessante ma ammetto di non aver colto appieno
il significato dell’obiezione”
D4: “Insegno in un indirizzo scientifico sperimentale.[…] Non avendo fisica come seconda prova,
ho preferito tralasciare la fisica nucleare e delle particelle elementari sostituendo con esse la
struttura della materia [..]. Il tempo dedicato alla fisica dei quanti e alla MQ risulta essere
normalmente di 3 e 4 ore. L’impostazione data è quella storica. Il motivo di questa scelta è
collegato sia a quanto propone il testo adottato, sia al fatto che appare quasi naturale rivedere alcuni fenomeni fisici quali il corpo nero che gli allievi hanno avuto modo di studiare il
quarto anno e la struttura dell’atomo per mettere in luce i limiti della teoria classica ed introdurre successivamente la MQ. Di solito questo interessa gli allievi che si dimostrano attenti
e partecipi.”
L’insegnante D1 riconosce i limiti nella propria formazione e la valenza di rianalizzare “aspetti”
affrontati solo all’università in corsi disciplinari, in una prospettiva diversa come quella data dai
documenti di ricerca didattica di riferimento. Nel secondo intervento esprime interesse a comprendere a fondo i limiti dell’impostazione storica, pur considerata in questi primi interventi come riferimento per la propria didattica in quanto più conosciuta e in grado di fornire utili agganci interdisciplinari per percorsi di approfondimento in vista dell’esame di stato. Emerge un atteggiamento aperto
67
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
a nuovi temi e a nuovi modi di insegnare.
L’insegnante D5 introduce elementi analoghi: l’impostazione storica, che è stato effettivamente proposta agli studenti in questo caso; il richiamo all’esame di stato, un fattore che vincola in modo determinate le scelte degli insegnanti in generale e ne stimola o inibisce la disponibilità all’innovazione.
La prospettiva è tuttavia piuttosto diversa: la scelta di adottare un’impostazione storica viene motivata con l’esigenza di continuità con la fisica classica, il riferimento al libro di testo, implicitamente
al programma; lo stile è più assertivo, che interrogativo; non c’è alcun riferimento critico, ma piuttosto maggiore sicurezza sulla propria preparazione disciplinare e sulle scelte di impostazione fatte;
il generico richiamo all’interesse degli studenti, rivela maggiore attenzione agli aspetti motivazionali, più che di apprendimento.
5.4 Forum 1 – Filo C: Impostazione formale analogica
Alla discussione in questo filo hanno contribuito 23 interventi, di cui 6 del docente-tutor e 17 di 11
corsisti, come riepilogato nel diagramma di fig. 5.
PP\INT
TT
D01
D02
D03
D04
D05
D06
D07
D08
D09
D10
D11
1
x
2
3
x
4
x
5
6
7
x
8
9
10
x
11
12
x
13
14
15
16
x
17
18
19
20
21
22
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
23 Tot
x 6
3
1
2
1
2
1
1
1
1
1
3
Figura 5 - Dinamica nel Filo C (TT: tutor; D1-D11: corsisti PP: partecipanti; INT: n° intervento)
I punti su cui si sono incentrati gli interventi dei corsisti sono stati:
a) Come proporre il formalismo ai ragazzi e quale ruolo dargli nella trattazione didattica per quanto
sempre restando su un piano generico e discorsivo: D8- “ritengo che l’approccio formale analogico possa essere visto come la prosecuzione di quello storico, o almeno un suo affiancamento,
ma per poterlo seguire in classe occorrono prerequisiti matematici e fisici”; D3 – “Temo, però,
che un formalismo eccessivo porti molti degli allievi a smettere di ascoltare (7 interventi, di cui:
2 evidenziano la centralità del formalismo in MQ e quindi nella sua didattica; 3, pur riconoscendo
il ruolo del formalismo in MQ, non lo considerano essenziale in una proposta didattica; 2 lo ritengono eccessivamente complesso per il livello scolastico in cui operano).
b) Il ruolo dell’uso di supporti informatici soft-ware per l’apprendimento: D3-“Partire da un’esperienza simulata con l’ausilio del PC e procedere per analogie e differenze con fenomeni già noti,
introducendo pian piano nuovi concetti, potrebbe permettere di assimilare anche alcune questioni di MQ” (6 interventi, di cui: 2 evidenziano le valenze per l’apprendimento, 3 riconoscono
il valore di tool per superare almeno la difficoltà nell’uso del formalismo, 1 non ritiene “che l’utilizzo di software possa risolvere il problema dei prerequisiti in classe“.
c) Il ruolo delle analogie nell’apprendimento della fisica, della MQ in particolare e della creazione
di continuità tra fisica classica e fisica quantistica (5 interventi)
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Proposte didattiche di fisica quantistica: analisi e discussione in rete telematica nella prospettiva della ricerca didattica
d) Il nodo di come organizzare e suddividere i temi tra le classi quarta e quinta dei corsi di studio in
particolare dove collocare la trattazione degli oscillatori, dell’ottica fisica, delle onde: D5.“Non
ho mai affrontato la MQ in classe con un approccio di questo tipo che, a mio avviso, avvicina
la MQ a quella classica, ad esempio nella sperimentazione di Brema l’introduzione al formalismo viene effettuata per analogia con quelli delle onde stazionarie. Ma allora mi chiedo non si
potrebbe incominciare ad introdurre queste problematiche già in quarta?” (6 interventi)
Nella discussione sull’impostazione analogico/formale: 3 corsisti dichiarano di essere interessati ad
adottarla, magari integrandola con quella storica (in due casi); 4 corsisti dichiarano che essa non è
idonea per essere utilizzata a scuola (“L’approccio formale analogico è quello che vedo meno adatto
alla realtà della scuola secondaria”).
5.5 Forum 1 – Filo D: Impostazione concettuale
L’ultimo forum comprende 27 interventi, di cui 13 del tutor e 14 di 11 corsisti, secondo la sequenza
riassunta in fig. 6, in cui emerge il maggior numero di interventi del tutor in particolare nella fase iniziale in cui è stato necessario avviare la discussione con specifici interventi stimolo.
PP\IN 1
TT x
D01
D02
D03
D04
D05
D06
D07
D08
D09
D10
D11
2
x
3
x
4
5
x
6
7
8
x
x
x
x
9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 tot
x
x
x
x
x
x
x
x x 13
x
2
x
1
x
1
x
1
x
1
x
1
x
2
x x
2
1
1
x
1
Figura 6 - Dinamica nel Filo D (TT: tutor; D1-D11: corsisti PP: partecipanti; INT: n° intervento)
Gli interventi dei corsisti, per quanto limitati in numero, hanno riguardato aspetti rilevanti:
a) analisi di specifici nodi disciplinari (indeterminismo epistemico e principio di sovrapposizione;
interferenza; fotoelettroni; natura non classica degli oggetti quantistici) (4 interventi)
b) il nodo del formalismo, qui emerso in modo meno pressante che nei fili precedenti (3 interventi)
c) gli aspetti didattici, in particolare per capire le scelte e le caratteristiche dell’impostazione concettuale rispetto alle altre (3 interventi), la focalizzazione sui concetti cardine della teoria quantistica
piuttosto che sul percorso storico (4), la validità di fondare il percorso sull’esplorazione sperimentale di contesti (4), l’utilizzo di materiali strutturati per monitoraggio e attività (2).
Sono ben documentati dai contributi riportati nella sezione 7, a cui si rimanda. Nel complesso 9 sono
gli interventi dei corsisti incentrati sugli aspetti didattici, per esempio in cui si sottolinea il rischio di
focalizzare un percorso sul solo contesto della polarizzazione e la necessità di prevedere l’analisi di
più contesti e generalizzazioni, o in cui si evidenzia la necessità di adottare approcci concettuali evitando l’uso del formalismo in specifici corsi di studio.
5.6 I contributi del docente-tutor
Il ruolo del docente tutor è stato quello di avviare i diversi fili di discussione, sollecitandola come
si è detto nel caso del filo dedicato alla impostazione concettuale, intervenire in risposta ad esplicite
richieste e interrogativi dei corsisti, problematizzare la discussione in rete. Nello specifico dei diversi
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69
fili questi sono stati i principali ambiti di intervento:
Filo A: i contributi hanno riguardato: riferimenti bibliografici; suggerimenti su strategie che si possono adottare e temi che si possono affrontare in classe.
Filo B: In sintesi i contributi, basati su espliciti riferimenti di letteratura, hanno riguardato: concetti
della vecchia teoria dei quanti che confliggono con MQ e nodi di apprendimento; valenze motivazionali e limiti di un approccio storico; scelte di impostazione e coerenza di un percorso.
Filo C: Difficoltà di apprendimento da letteratura connesse all’eccessivo ruolo assegnato al formalismo nell’insegnamento rispetto alla costruzione concettuale; nello specifico, difficoltà a riconoscere
la natura di ente astratto alla funzione d’onda; difficoltà nel costruire l’interpretazione quando si passa
da una trattazione dei sistemi oscillanti classici a quella di un sistema quantistico.
Filo D: Oltre agli interventi già richiamati per attivare il filo, sono stati portati contributi sui seguenti
aspetti: natura genuinamente stocastica del processo quantistico; contesti relativamente semplici in
cui si possono discutere i concetti fondanti della MQ; necessità di costruire una concezione diversa
degli enti quantistici; comprensione dei concetti quantistici e difficoltà di apprendimento in fisica
classica; estensione del formalismo e sua generalizzazione; raccordo tra fenomenologia e singoli processi microscopici e ruolo di esperimenti e simulazioni.
6. Analisi del modulo 2
Il secondo modulo è stato dedicato all’analisi di un lavoro di ricerca presente in letteratura, secondo
le modalità specificate nel paragrafo 3.1. Il forum 2 attivato in questo modulo ha visto 26 interventi
di cui 9 del tutor e 17 di corsisti. La dinamica del forum si è limitata al piano corsista/docente-tutor
e non si sono rilevate interazioni tra corsisti, né si è riscontrato un accesso al forum per leggere le
indicazioni del docente sul compito e le osservazioni fatte a singoli corsisti. I seguenti tre interventi
in forum sono interessanti per evidenziare come alcuni corsisti abbiano interpretato il compito loro
assegnato (redigere un breve rapporto critico su un lavoro di ricerca) e quali difficoltà essi facciano
emergere.
D5: “chiedevo, se fosse possibile analizzare l’unità didattica di MQ svolta dalla mia collega...... in
una quinta PNI liceo scientifico”
D6: “Sto lavorando su un modo di proporre la MQ prendendo spunto da un saggio chiamato I gatti di
Schroedinger di Bruce Colin, e dal testo di Ghirardi ma non so se sono sulla strada giusta.”
D4: “Indicazione della bibliografia specifica a cui si fa riferimento: D.J. Griffiths, “Introduction
to Quantum Mechanics”, Prentice Hall, 1995; Sakurai, “Modern Quantum Mechanics”, Addison, 1994; G.C. Ghirardi, A. Rimini and T. Weber, Physical Review D 34, 470 (1986). “Unified
Dynamics For Microscopic And Macroscopic Systems”.
In nessuno dei casi riportati viene preso in considerazione un articolo di ricerca didattica, ma si
guarda, a seconda del rispettivo stile, rispettivamente a: lavori di colleghi, testi divulgativi, testi universitari. Gli esiti della ricerca didattica, evidentemente, non costituiscono la risorsa a cui tipicamente
guardano questi insegnanti. È quindi un nodo aperto quello di far sì che gli insegnanti attingano alla
ricerca didattica come risorsa primaria della propria formazione, che ovviamente si integri, senza per
questo sostituirsi, con l’esperienza personale e dei colleghi, la conoscenza di testi divulgativi, una
solida base formativa di livello universitario.
Per quello che riguarda le relazioni RF, 10 degli 11 corsisti hanno postato i rispettivi documenti (1
corsista, pur avendo frequentato il corso non lo ha concluso perché non in piano di studi).
Nell’analisi dei percorsi di ricerca la scelta cade su percorsi di cui si condivide l’approccio.
I documenti finali postati riguardano l’analisi delle seguenti proposte:
A) i modelli atomici con approccio analogico formale del gruppo di Brema di H. Niedderer dell’università di Brema (Niedderer, Deylitz 1998, 1999) (3 corsisti)
B) fisica quantistica e concetti, secondo la proposta concettuale del gruppo di Berlino di H. Fischler
(Fischler, Lichtfeld 1992; Fischler 1999) (2 corsisti)
C) L’approccio alla MQ secondo la proposta VQM, della Kansas University di D Zollman (Zollman
2001, 2002; Zolman et al. 2002) (2 corsisti)
70
Proposte didattiche di fisica quantistica: analisi e discussione in rete telematica nella prospettiva della ricerca didattica
D) L’approccio del gruppo di Monaco di Baviera di Műller, Wiesner (1999, 2002).
Un ultimo documento propone un percorso sull’interferenza basandosi sui testi: “‘I conigli di Schroedinger’ di B.Colin; ‘Un’occhiata alle carte di Dio’ di G. Ghirardi”.
6 docenti hanno presentato documenti di analisi secondo la griglia riportata nel paragrafo 3.1 omettendo solo qualche voce. Tali documenti sono stati integrati e reinseriti in rete con modifiche. Si tratta
di buone analisi del lavoro di ricerca di uno specifico gruppo in merito all’analisi del percorso proposto, degli obiettivi principali su cui mira, della strategia adottata, degli apprendimenti degli studenti. Il principale limite di tali analisi è costituito dalla maggiore enfasi sulle valenze della proposta esaminata, piuttosto che sulla discussione dei punti critici. 4 docenti hanno interpretato il compito non analizzando una proposta, ma presentando una traccia di percorso didattico. In due casi in
seguito alle osservazioni dirette e rivolte personalmente dal docente a ciascun corsista sono stati prodotti dei documenti coerenti con la richiesta.
7. Analisi di percorsi degli insegnanti: quattro casi
Consideriamo qui i casi di quattro corsisti per evidenziarne l’evoluzione, gli elementi che la attivano
o che la inibiscono.
Il primo è quello del corsista D1, di cui sono stati già documentati e discussi alcuni interventi: i
primi relativi ai fili A e B, in cui la personale conoscenza della sola impostazione storica ne motivava la scelta; gli interventi successivi da cui è emerso l’atteggiamento genuinamente aperto al dialogo in forum.
Nei seguenti interventi si evidenzia ancora questo atteggiamento e la riflessione che lo porta alla
scelta finale dell’impostazione concettuale per un approccio didattico.
Impostazione formale
analogica
Non ho capito in che senso si afferma a pagina 5 di A1 che in questa impostazione si dedica
meno attenzione al riconoscimento di elementi peculiari della MQ come indeterminismo ed
incompatibilità di alcune grandezze. Nelle righe precedenti invece si afferma che l’analisi
quantitativa del pacchetto d’onda fa emergere analiticamente le relazioni di indeterminazione ed il fatto che è impossibile tracciare la traiettoria di una particella
Impostazione formale
analogica
Credo che davvero per poter lavorare in modo veramente utile sulla MQ sarebbe necessario un lavoro preparatorio in quarta,ma non so quale è l’esperienza di voi colleghi ma
davvero le onde in quarta si fanno alla fine dell’anno e spesso manca il tempo di approfondire gli argomenti. Chiedo un consiglio: secondo voi quali sono gli argomenti delle
onde (nuclei concettuali) che sono assolutamente irrinunciabili in vista della quinta e di
un’eventuale introduzione alla MQ ??
Impostazione Concettuale
Sono effettivamente riuscito a recuperare gli articoli citati La Fisica nella scuola, il quaderno del 1997, ed effettivamente mi ha aiutato a comprendere meglio l’impostazione concettuale. In particolare mi ha interessato molto l’intervento sui polaroid ed i cristalli birifrangenti. È stata davvero un’occasione per me di rivedere e comprendere meglio alcuni
concetti di fondo. Credo che abbia un vantaggio notevole rispetto alle altre impostazioni
sulla MQ: si potrebbe forse pensare di realizzarle anche solo parzialmente in laboratorio
e questo sarebbe un notevole aiuto per la comprensione anche dei ragazzi
Il corsista parte dall’adozione di un approccio storico; mette in crisi tale scelta valorizzando al massimo la partecipazione attiva al forum con domande sia di tipo disciplinare, sia di tipo didattico; interagisce con il tutor e con i colleghi; reperisce autonomamente articoli di letteratura riportando in webforum l’esito dello loro studio; arriva a una scelta ragionata alla fine del percorso in merito all’adozione di un approccio concettuale imperniato su attività di esplorazione sperimentale. Il documento
finale, in cui viene analizzata la proposta del gruppo di Fischler di Berlino e la si mette a confronto
con le proposte dei gruppi di Milano e Udine, rivela una comprensione critica dei diversi percorsi e
di come li si può utilizzare e meglio adattare in classe, per quanto non ne riconosca esplicitamente
gli elementi che li differenziano nell’impostazione.
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
71
Il secondo caso che si considera è quello della corsista D7, di cui si riportano alcuni interventi.
Impostazione storica
Non avendo esperienza nell’insegnamento della MQ l’approccio che per il momento sceglierei è quello adottato dai libri di testo come analisi storica dei problemi irrisolti e degli
esperimenti non interpretabili dalla fisica classica (teoria della radiazione del corpo nero,
effetto fotoelettrico, spettri atomici, effetto Compton) che hanno portato alla nascita della
fisica quantistica. Comprendo che pur trattandosi di un approccio culturalmente valido
non permetta, come si afferma nell’articolo A1, un apprendimento dei concetti in maniera
coerente con la teoria quantistica ma, tenendo conto della mia realtà scolastica incontrerei molte difficoltà in un approccio più concettuale.
Impostazione formale
analogica
La strategia basata sullo studio elementare di alcuni sistemi a due stati le cui idee di fondo
risalgono all’opera di Feynman (Feynman, Leighton, Sands, La Fisica di Feynman 3. MQ,
2001) e sono riprese da alcuni testi recenti potrebbe essere proposto non come alternativo,
ma come complementare a quello tradizionale, che riepiloga lo sviluppo storico.
Impostazione Concettuale
Per chi come me è laureata in matematica ed insegna in un liceo scientifico tradizionale,
l’approccio alla MQ è stato finora prevalentemente storico, anche per un mancato approfondimento di questo argomento a livello universitario. Pertanto l’impostazione concettuale potrebbe essere una novità interessante e stimolante anche nella mia esperienza di
docenza.
Impostazione Concettuale
La scelta proposta nell’articolo A1 di presentare la polarizzazione della luce come esempio di una proprietà quantistica passando dal contesto di polarizzazione alla generalizzazione del principio di sovrapposizione mi entusiasma molto. Tale percorso mi fa pensare subito alle difficoltà che incontrerei in un simile approccio nella mia realtà scolastica. Alla limitata disponibilità di strumentazione del laboratorio, sicuramente superabile attraverso l’utilizzo di applet per la realizzazione di laboratori virtuali (http://phys.
educ.ksu.edu/vqm/index.html) si aggiungerebbero il tempo limitato a disposizione per poter
trattare in maniera compiuta tale argomento e la difficoltà di arrivare ad una formalizzazione dei concetti. A tal proposito mi sono state molto utili le esperienze proposte in http://
www.fisica.uniud.it/URDF/ffc/quanto/index.htm
Anche in questo caso, come nei precedenti, il punto di partenza è un approccio storico (primo intervento). Nel successivo intervento viene proposta l’integrazione di trattazioni innovative con trattazioni storiche, negli ultimi interventi l’approccio concettuale viene visto come una “novità interessante” ed entusiasmante, in quanto pur riconoscendone le difficoltà, sa come superarle, avendo trovato in rete gli strumenti didattici necessari per affrontarli. Il documento finale considera l’approccio del gruppo di Niedderer di Brema confrontandola poi con quella proposta da Fischler. In questo
caso, come nel precedente, ha giocato un ruolo fondamentale l’accesso alla documentazione di prima
mano per produrre un cambiamento nelle idee dell’insegnante.
Il terzo caso che si considera è quello dell’insegnante D6, di cui si riportano quasi integralmente i
contributi nei diversi fili del forum.
Confronto tra impostazioni e discussione
generale
Ho letto l’articolo sulla MQ. Io sono una docente che ha insegnato questa parte della
Fisica ad un liceo scientifico a sperimentazione Brocca. Devo dire che l’approccio storico è forse il più semplice da proporre data la mole di programma da effettuare in quinta
liceo e il numero d’ore a disposizione: 3. Anche io sento che la proposta storica dei vari
libri di testo sia limitativa, ma viste le condizioni in cui si deve lavorare e gli allievi alle
prese con una matematica sempre un pò in ritardo rispetto alle esigenze fisiche, approcci
di tipo diverso sembrano improponibili o poco adatti.
Impostazione storica
L’impostazione di Born è quella che io ho seguito in base ai testi che sono stati adottati
nella mia scuola. Ai ragazzi non dispiace perché nell’indirizzo sperimentale Brocca alcuni
contenuti li vedono sin dalla terza […]. Mi piacerebbe mescolare il metodo storico con
quello concettuale, ma non ho esperienza in merito e come detto più volte il tempo scolastico è tiranno.
72
Proposte didattiche di fisica quantistica: analisi e discussione in rete telematica nella prospettiva della ricerca didattica
impostazione analogica
Mi piacerebbe provare un percorso di questo tipo perché io non l’ho mai effettuato in una
classe quinta. Credo che la matematica e il tempo siano due vincoli importanti. Il formalismo da introdurre credo sia necessario per una maggiore comprensione. Mi chiedo:
conviene introdurre i sistemi oscillanti in quarta oppure è meglio lasciare tutto il percorso in quinta?
Impostazione Concettuale
Mi piacerebbe provare a vedere come dall’attività sperimentale prevista da Udine porti al
raccordo fra fenomeni e concetti. Molto spesso gli allievi sono attratti dagli esperimenti,
ma quando si tratta di rielaborare quanto ottenuto, il più delle volte sono limitati da verifiche e valutazioni, rendendo lo sforzo fatto poco efficace. Il tempo a disposizione in quinta
è molto basso e quindi si rischia di limitare il percorso. Mi preoccupano,poi, vista la mia
esperienza anche certi rifiuti a voler utilizzare una matematica diversa: a volte anche l’idea
di utilizzare la derivata prima per la fisica, sembra una prevaricazione.
Nel primo intervento la corsista dichiara di aver sempre adottato un approccio storico che considera “più semplice”, mentre approcci diversi le sembrano improponibili o poco adatti. Nel successivo intervento, l’approccio storico, pur restando un riferimento privilegiato, viene integrato con un
approccio di tipo concettuale in una ipotetica proposta didattica.
Nei successivi interventi il riferimento alla storia non è più presente, mentre è esplicito il desiderio di
proporre in classe ciascuna delle altre diverse impostazioni proposte, rimarcando in entrambi i caso
il ruolo rilevante che riserverebbe al formalismo.
La conoscenza di nuovi percorsi formativi attiva nella corsista il “piacere” di esplorarne l’efficacia in
classe. Non viene fatta una scelta di campo, ma una adesione convinta alla sperimentazione di percorsi innovativi. Non è esplicito negli interventi se tale entusiasmo si coniughi con un effettivo riconoscimento degli elementi peculiari e distintivi delle diverse impostazioni. Il documento conclusivo,
che risulta più la traccia di una proposta didattica, piuttosto che un’analisi critica di un progetto di
ricerca, non aiuta a risolvere il dubbio.
Il quarto e ultimo caso è quello del corsista D4, di cui si è già documentato un intervento in relazione al forum B.
Impostazione formale analogica
Nell’impostazione formale analogica si parte dallo studio de sistemi oscillanti. Il
Messiah stesso tratta l’esperienza delle fenditure all’inizio del suo testo. Successivamente si perviene al concetto di funzione d’onda e alle regole che consentono di operare sui sistemi quantistici. In tal caso vi è una ripresa di quanto fatto il 4° anno con
le onde e l’ottica fisica. Gli allievi quindi sono già in grado di comprendere il contesto e l’introduzione della funzione d’onda dovrebbe essere agevole. Non ho mai fatto
esperienze in merito.
Impostazione concettuale
Nell’impostazione concettuale si parte dal concetto di stato di un sistema quantistico
e successivamente si definiscono le regole con le quali operare su di esso. Ciò è ad
esempio quello che fa Sakurai: egli parte dall’esperimento di Stern e Gerlach che evidenzia l’inadeguatezza della teoria classica per convergere poi alla rappresentazione
dello stato del sistema con i ket, come si fa con la luce polarizzata che gli studenti
conoscono dal quarto anno. Il vantaggio di questa impostazione è che non richiede
di passare in rassegna gli esperimenti di cui la fisica classica non può rendere conto
per poi aggiungere estensioni plausibili alla realtà fisica. Bensì si pone direttamente
come teoria che spiega in maniera consistente il mondo microscopico.
Dai due interventi emerge la competenza disciplinare, fondata sulla conoscenza di testi di insegnamento universitario. Si evidenzia il riconoscimento degli aspetti cruciali delle diverse impostazioni,
ponendo, tuttavia, attenzione unicamente ai prerequisiti disciplinari necessari a raggiungere gli obiettivi individuati. Soprattutto nel primo di questi due interventi, si riconosce poca attenzione ai processi di apprendimento degli studenti e una certa autoreferenzialità. Tale autoreferenzialità si ritrova
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
73
nella prima bozza del documento finale, che propone un personale percorso didattico essenzialmente basato su una impostazione concettuale e una critica dei limiti che detta proposta può avere.
La versione conclusiva della relazione finale RF analizza la proposta di Zollman QVM. L’impatto
del corso su questo docente è stato in merito ai contenuti percorribili a scuola, ma non sul suo stile
di insegnamento e sulle strategie didattiche che adotta in classe, in merito ai quali si riconosce poca
disponibilità all’innovazione.
8. Discussione sui percorsi formativi
La discussione in forum e gli elaborati finali documentano la dinamica dell’evoluzione delle concezioni dei corsisti sull’insegnamento della MQ, le condizioni che consentono di innescare tali evoluzioni, gli elementi che le inibiscono.
Dai primi interventi emerge un quadro iniziale. Nel loro primo intervento:
A) 7 docenti dichiarano di aver sperimentato in classe un approccio di tipo storico (docenti D1-D7),
3 aggiungono anche di aver affrontato aspetti applicativi (modelli atomici, superconduttività),
4 di essere interessati ad adottare l’approccio concettuale o quello formale–analogico, pur non
sapendo “come si può fare a scuola” con particolare riferimento al formalismo;
B) 1 docente ritiene che l’approccio storico sia quello che seguirebbe se dovesse trattare MQ a scuola
(docente D8);
C) 2 docenti dichiarano di non aver mai insegnato MQ a scuola, ma se dovessero insegnarla seguirebbero un approccio concettuale senza usare il formalismo dato il tipo di scuola in cui insegnano
(tecnici, linguistici);
D) 1 dichiara di aver sperimentato per dieci anni un approccio basato sulla fisica dei campi (D11).
Le motivazioni a supporto della scelta per il percorso storico (gli insegnanti D1-D7 del gruppo A)
sono perché: più “semplice”, l’ “unico conosciuto” ovvero l’unico studiato personalmente (“studio
autonomo”, “mancato approfondimento di questo [MQ] argomento a livello universitario”), presente
“su tutti i testi scolastici” ovvero nei programmi dei corsi sperimentali (Brocca), “offre spunti interdisciplinari” e raccordi con la fisica classica, consente di conoscere l’evoluzione storica e i problemi
che sono stati superati ovvero la “scienza come attività umana”, è motivante per gli allievi (“Di solito
questo interessa gli allievi che si dimostrano attenti e partecipi”).
Il nodo di come affrontare il formalismo con i ragazzi è condiviso complessivamente da 7 corsisti,
mentre nessuno indica esplicitamente come difficoltà gli aspetti concettuali. Il problema del poco
tempo a disposizione è evidenziato da 4 docenti. Due docenti pongono alla discussione l’esigenza di
una revisione complessiva dei modi con cui si insegnano fisica classica e matematica, come condizione preliminare per adottare approcci innovativi sull’insegnamento della fisica moderna.
7 docenti dichiarano esplicitamente di conoscere le proposte didattiche presenti in diversi testi e, di
questi, due di avere conoscenze anche su proposte di ricerca. 9 dichiarano di aver effettuato approfondimenti e ricerche bibliografiche in seguito all’analisi dei documenti di riferimento (“In questi
giorni ho esaminato i testi a mia disposizione e ho cercato, nella biblioteca scientifica scolastica,
materiale sulla MQ”).
Negli interventi successivi si evidenzia come, per gradi, venga maturando la convinzione che siano
possibili approcci innovativi. L’assertività dei primi interventi è stata nella maggior parte dei casi sostituita da forme dubitative e interrogative. Nell’evoluzione dalla convinzione di poter attuare a scuola
solo l’approccio storico, alla apertura di poter adottare impostazioni innovative, alcuni corsisti sono
passati per lo stadio intermedio di voler adottare un approccio storico integrato con segmenti basati
su un’impostazione concettuale (4). Altri due si sono posti con un atteggiamento di libera esplorazione di proposte senza pregiudizi o scelte di campo, sono intervenuti in forum problematizzando
la discussione, hanno alla fine maturato una scelta anch’essa orientata verso l’impostazione concettuale, basata su una profonda e documentata riflessione critica, per quanto siano riconoscibili limiti
di coerenza. Due corsisti, con evidente esperienza nell’insegnamento della MQ a scuola, hanno portato la propria esperienza e la propria competenza, senza manifestare cambiamenti nelle proprie scelte
iniziali. Due corsiste, inizialmente senza esperienza, si sono orientate fin da subito verso un’impo-
74
Proposte didattiche di fisica quantistica: analisi e discussione in rete telematica nella prospettiva della ricerca didattica
stazione di tipo concettuale, in quanto risultava la meglio adattabile al proprio contesto di insegnamento. Queste ultime non hanno manifestato alcun mutamento durante il corso.
Dai primi interventi emerge, come ben noto in letteratura (Asikainen et al. 2005; Olsen 2002, Fischler
1999; Müller, Wiesner 1999; 2002; Justi et al. 2005), che l’approccio storico è quello che ha una certa
tradizione nelle sperimentazioni a scuola, nei libri di testo, nei programmi ministeriali. Emerge un
variegato spettro di motivazioni a supporto a cui si affiancano le difficoltà legate a: introduzione di
un formalismo considerato non accessibile agli studenti; poco tempo a disposizione; vincoli imposti
dall’esame di stato. Emerge inoltre come più della metà dei corsisti (4 corsiti del gruppo D1-D7 e i
due corsiti D9-D10) abbia manifestato esplicito interesse verso approcci innovativi, pur esplicitando
dubbi e richieste di chiarimenti. Elementi determinanti in questo iniziale cambiamento sono stati: a)
l’analisi critica delle diverse impostazioni, offerta nei documenti di riferimento (Stefanel 2008; Zollmann 1999; Styer et al. 2002; Cataloglu, Robinett 2002) e l’ampia bibliografia citata nei suddetti
lavori; b) l’atteggiamento aperto degli insegnanti a documentarsi, che viene potenziata e sviluppata;
c) il riconoscimento dei limiti dell’approccio storico, pur riconoscendone i diversi punti di forza.
Si ravvisano atteggiamenti di netta scelta di campo da parte di chi ha già competenza in approcci
innovativi (docente D11) o in chi, al contrario, non solo non ha alcuna esperienza di insegnamento
della MQ e ha una preparazione di tipo matematico (docenti D9-D10).
La maggior parte dei docenti (D1-D8) si muove sul delicato terreno della mediazione tra impostazioni diverse (storico e formale analogica; storica e concettuale) in cui l’impostazione tradizionale,
di cui si riconosce ed esplicita il valore, viene affiancata da una innovativa che ne risulta più spesso
elemento di sviluppo
9. Conclusioni
Il corso qui discusso, sul confronto delle proposte didattiche per l’insegnamento della MQ nella
scuola secondaria superiore, ha avuto come oggetto di studio i percorsi didattici, i relativi materiali e
gli esiti sull’apprendimento documentati nella letteratura internazionale. L’obiettivo dell’analisi era
far conoscere i principali approcci di ricerca sulla meccanica quantistica, come ben noto diversi da
quelli adottati comunemente a scuola, e approfondire l’analisi di almeno uno di essi.
L’attività, svolta completamente in rete, si è attuata in due fasi: una prima di discussione in webforum delle diverse impostazioni di insegnamento/apprendimento, avendo come base articoli di rassegna; una seconda dedicata alla redazione dell’analisi approfondita su un lavoro. Ciascuna fase è
stata organizzata in rete in un apposito modulo. Il web-forum proposto nel primo modulo è stato
organizzato in quattro fili, in modo da focalizzare la discussione sulle diverse impostazioni riconoscibili negli articoli di riferimento (Stefanel 2008).
L’analisi degli interventi in rete è delle relazioni prodotte dai corsisti ha fornito indicazioni sulle principali piste di sviluppo della formazione degli insegnanti.
La impostazione prevalentemente conosciuta e utilizzata nei limitati casi in cui è stata effettivamente
utilizzata nell’insegnamento è quella di tipo storico. L’analisi dei percorsi dei docenti in questo corso
ha evidenziato che le principali difficoltà che ostacolano un insegnante nell’adottare approcci innovativi nell’insegnamento della MQ sono: l’aver adottato un approccio di cui si riconosce il valore culturale, prima ancora che didattico; la non conoscenza di approcci innovativi e dei relativi esiti di ricerca;
la limitata conoscenza delle ricerche sui processi di apprendimento nello specifico ambito (O1).
Gli elementi che hanno contribuito a modificare l’atteggiamento degli insegnanti nei confronti dell’adottare una strategia innovativa sono stati: l’analisi di lavori di ricerca e il poter avere accesso a documentazione di prima mano; il confrontare e comparare approcci diversi; il doppio canale comunicativo, la discussione in fili di discussione ben focalizzati (uno per approccio), la discussione aperta nel
filo generale di confronto in cui lasciare che gli insegnanti avessero uno spazio di autonoma modalità e campo di espressione; il discutere tra pari e con esperto/tutor in merito a mirati nodi disciplinari e confronto di approcci; tre tipologie di contributi: 1) chiarimento sul ruolo giocato da concetti
e formalismo nelle diverse impostazioni (in particolare: sovrapposizione e indeterminismo non-epistemico; concetti fondanti della MQ e concetti di MC); 2) approfondimento/chiarimento di peculia-
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
75
rità e principali differenze didattiche delle impostazioni a confronto; 3) autoriflessione su valenza e
limiti di ciascun approccio (O2a). Per questo obiettivo il web-forum sembra uno strumento che offre
i giusti tempi di lavoro, la possibilità di partecipare con stile e contributi diversi a ciascuno, la possibilità di valorizzare il contributo di ognuno e il confronto tra pari, con particolare valenza per il
ruolo di un docente già esperto e inserito in gruppi di ricerca che porta una diretta documentazione
di ricerca oltre che a sua volta contributi basati su riferimenti bibliografici. Il principale limite di tale
discussione in rete è dato dalla eccessiva focalizzazione degli interventi su aspetti di carattere didattico/metodologico, più che entrare nello specifico dei nodi disciplinari e di apprendimento (O2b).
I docenti tendono a modificare il proprio stile, le proprie strategie, i propri metodi preservando quanto
più possibile quelli precedenti. L’approccio storico allora viene più spesso mediato con altri, non riconoscendo problemi di incoerenza, ma preoccupandosi di chimerici obiettivi di completezza. Accettare approcci radicalmente innovativi è invece molto più semplice in chi non ha avuto precedenti
esperienze, purché si abbia la possibilità di ritagliare una proposta a misura di quello che si ritiene
il livello tipico della scuola in cui si insegna. Diventa quasi impossibile invece cambiare per chi ha
già adottato con successo un approccio innovativo o meno che esso sia. Nel caso della MQ ciò presumibilmente si accompagna anche alla scelta di campo in merito all’interpretazione della MQ, che
determina a sua volta una scelta di campo in didattica, in accordo con gli esiti di Finkelstein (Baily,
Finkelstein 2010). È un esito di questa e altre ricerche parallele quella di riconoscere come elemento
fondamentale per formare un docente di qualità più che la competenza disciplinare quell’insieme di
competenze e atteggiamenti che postano alla costruzione di forti PCK (O3).
In merito alle modalità con cui i docenti hanno affrontato il compito di analizzare articoli di ricerca,
emergono due atteggiamenti: trasformare i materiali analizzati in percorso didattico; estendere gli elementi di analisi riconosciuti nei materiali di riferimento, seguendo in modo rigoroso la griglia di riferimento. L’aspetto creativo/critico del lavoro dell’insegnante: nel primo caso prevale su quello di analisi
e documentazione rigorosa; nel secondo caso viene quasi totalmente inibito. L’effettuare un compito
assegnato non è naturale per gli insegnanti, viene evidentemente modificato anche se è chiaro ed esplicito il compito. L’urgenza di trasferire a scuola un approccio innovativo, prevale sull’obiettivo di una
formazione preliminare su tale approccio. L’uso di griglie di riferimento e la richiesta di rigore determinano positivi esiti nell’adozione di criteri scientifici almeno per un’ampia maggioranza (O4)
Accanto allo scontato ruolo centrale dell’impostazione storica in quel poco che di insegnamento della
fisica quantistica c’è nella scuola, emerge l’esigenza di una formazione operativa ad approcci innovativi che si possano adattare a stili tipici degli insegnanti, più rivolto a dare attenzione ai concetti in
alcuni casi, più al ruolo del formalismo in altri. Si possono inoltre evidenziare tre ulteriori elementi
che gli insegnanti tipicamente richiamano, quando sono richiesti di adottare approcci innovativi in
generale e sulla fisica moderna in particolare: i “problemi di tempo”; l’esigenza di rivedere l’intero
approccio alla Fisica Classica; l’esame di stato (laddove è prevista una prova finale scritta di fisica).
In particolare i vincoli imposti dall’esame di stato condizionano e indirizzano fortemente le scelte
degli insegnanti. Si tratta di indicazioni preziose, che mettono in luce il grande apporto che può dare
la ricerca didattica all’innovazione nella scuola, a dare risposta alle richieste formative degli insegnanti in merito a percorsi, materiali didattici utili sia per progettazioni curricolari sia per approfondimenti in vista dell’esame di stato, mostrando sia nuove strade per l’insegnamento/apprendimento
di specifici ambiti, come è il caso qui discusso della MQ, sia come si possa ri-organizzare la fisica
classica ossia ristrutturare i curricola.
Esse, inoltre, indirizzano a mettere a punto strategie per la formazione insegnanti che integrano modalità meta culturali, esperienziali e situate (Michelini, Sartori 1998; Sperandeo 2004; Michelini 2004),
valorizzano il confronto e la discussione critica di approcci differenziati, propongono materiali didattici come oggetti di studio e risorsa a cui attingere per la progettazione e sperimentazione in classe.
Evidenziano, infine, l’esigenza che gli insegnanti in formazione manifestano di avere un proprio spazio
di espressione e ruolo nel definire ovvero modificare i percorsi formativi che gli vengono proposti.
Una attività tutorata di progettazione pare necessaria per un obiettivo di coerenza nella progettazione didattica.
76
Proposte didattiche di fisica quantistica: analisi e discussione in rete telematica nella prospettiva della ricerca didattica
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Scelta, produzione, gestione e analisi di materiali di
Relatività per la formazione degli insegnanti
Scelta, produzione, gestione e analisi di materiali di
Relatività per la formazione degli insegnanti:
vincoli e opportunità di una comunicazione in rete
Anna De Ambrosis
Dipartimento di Fisica “A. Volta”, Università di Pavia
Olivia Levrini
Dipartimento di Fisica, Università di Bologna
1. Introduzione
Obiettivo del contributo è presentare e discutere i materiali utilizzati, le modalità di conduzione realizzate e le attività svolte nel modulo di Relatività correlandoli ai risultati di uno studio da noi effettuato per interpretare le reazioni dei corsisti di fronte ai materiali loro proposti.
Le decisioni circa la progettazione iniziale del modulo sono state prese tenendo conto dei risultati di
ricerca in Didattica della Fisica sulla formazione degli insegnanti e sulle difficoltà di apprendimento
della Relatività Ristretta e in coerenza con scelte di base circa:
– la figura professionale di insegnante che si voleva formare;
– il modo di guardare ai diversi approcci noti in letteratura per l’insegnamento della Relatività a
livello di scuola secondaria superiore.
La progettazione ha dovuto rispettare fin dall’inizio i vincoli imposti dalla piattaforma utilizzata che
consente lo scambio di materiale, la realizzazione di forum, la scrittura collaborativa di documenti.
Tuttavia, la gestione effettiva del modulo ha comportato che molte decisioni fossero prese in itinere
e molte scelte fossero effettuate “a naso” e con una logica di “sopravvivenza”.
In questo contributo, dopo aver brevemente presentato il Modulo di relatività, saranno prese in esame
e commentate:
– le scelte di metodo dovute a obiettivi stabiliti a priori (argomentabili sulla base di una letteratura
di ricerca);
– le scelte di metodo effettuate in itinere, analizzate e capite “euristicamente” a posteriori anche sulla
base delle reazioni dei corsisti.
Tali scelte saranno presentate e discusse nella prospettiva di contribuire al dibattito in corso a livello
nazionale e internazionale circa l’esportabilità e la riproducibilità di esperienze di formazione degli
insegnanti.
2. Il Modulo di relatività
Il modulo di Relatività è stato progettato e realizzato alla luce dei principali risultatati di ricerca in
Didattica della Fisica riguardanti la formazione degli insegnanti (Pinto 2005; Viennot et al. 2005) e
l’insegnamento- apprendimento della relatività (Posner et al. 1982; Scherr et al. 2001; Scherr et al.
2002; Scherr 2007; Villani, Pacca 1987).
Esso è costituito da cinque insegnamenti in rete (tenuti dagli autori), ciascuno dei quali articolato in
sezioni. Attività correlate sono state svolte in presenza nell’ambito del workshop tenuto a Udine nel settembre 2006 (un seminario tenuto dal prof. Bergia e attività sperimentali proposte dal prof. Pegna).
Si è scelto di condurre il lavoro con gli insegnanti, organizzando i 5 insegnamenti in rete essenzialmente in tre blocchi (Tabella 1).
Il blocco A è incentrato su un’analisi di “Fisica dello Spazio-tempo” di Taylor e Wheeler (nella versione italiana del 1996). Tale scelta è motivata dal fatto che si tratta di un testo sufficientemente “complesso” da essere in grado di stimolare riflessioni a diversi livelli (disciplinare, epistemologico, didattico) e, dunque, secondo noi, particolarmente adatto per una riflessione tra insegnanti, indipendentemente dalla sua diretta spendibilità in classe.
80
Scelta, produzione, gestione e analisi di materiali di Relatività per la formazione degli insegnanti
Il blocco B riguarda l’analisi di materiali originali prodotti dal gruppo di ricerca in Didattica della
Fisica dell’Università di Bologna nell’ambito di Progetti di Rilevante Interesse Nazionale (FFC e
F21, coordinati a livello nazionale da P. Guidoni). Nel contesto del Master l’analisi di tali materiali
aveva l’obiettivo di fornire agli insegnanti alcuni strumenti concettuali per analizzare le radici storiche e i presupposti epistemologici della proposta di Taylor e Wheeler e per poterla confrontare criticamente con la più nota proposta di Resnick.
Nel blocco C, avviato contestualmente al blocco B e realizzato mediante lavori di gruppo, gli insegnanti sono stati invitati ad approfondire alcuni temi problematici emersi nel lavoro precedente nonché ad individuare criteri generali per la progettazione di interventi in classe.
Nella tabella 1 è riportato uno schema che riassume i temi degli insegnamenti indicandone alcuni
obiettivi specifici. Nell’Appendice 2.1 sono riportati i documenti di presentazione del modulo.
Per ciascuna sezione di ogni insegnamento è stata seguita la stessa modalità di lavoro:
- analisi di materiale (i capitoli del testo di Taylor e Wheeler, articoli di Einstein “L’elettrodinamica
dei corpi in movimento” (1905) e di Minkowski “Spazio e tempo” (1908), articoli di commento ai
lavori originali, articoli di ricerca didattica) da effettuare seguendo una griglia di analisi;
- produzione, nel tempo stabilito, di un breve documento con i risultati dell’analisi in forma di
domande utili a focalizzare gli aspetti considerati fondamentali;
- rielaborazione dei risultati in un quadro sintetico d’insieme (effettuata da due corsisti volontari);
- discussione nel Forum avviata e condotta a partire dalla rielaborazione dei risultati delle analisi.
A
Concetti fondanti per un
percorso di base di relatività
Ricostruire la relatività in prospettiva didattica: la
proposta di Taylor e Wheeler
B
Le interpretazioni di Einstein e Minkowski a confronto e le attuali proposte didattiche
Verso la relatività generale: possibili interpretazioni del principio di equivalenza
C
Laboratorio di didattica sulla proposta di relatività
• ripercorrere e approfondire le conoscenze di base
di relatività in prospettiva d’insegnamento;
• riconoscere le peculiarità di proposte innovative.
• analizzare e discutere le “radici storiche” delle
principali proposte didattiche;
• riflettere sulle implicazioni epistemologiche di
alcune scelte didattiche.
• approfondire temi emersi come rilevanti ai fini
di una progettazione di percorsi.
Tabella 1 - Articolazione del modulo di Relatività nel Master IDIFO
Nei paragrafi successivi saranno analizzati in dettaglio i materiali e le modalità di lavoro seguite in
relazione sia ai criteri utilizzati per la loro progettazione sia alle reazioni dei corsisti. Il modulo di
Relatività è stato seguito attivamente da una ventina di studenti, di cui, prima del Master:
- 1 studente non aveva mai studiato relatività nel corso del suo iter di formazione universitaria e
le sue conoscenze derivavano da una lettura personale di libri di testo di scuola secondaria superiore;
- 1 studente aveva studiato relatività soltanto nell’ambito di un insegnamento della Scuola di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario;
- 7 studenti avevano seguito un insegnamento di relatività a livello universitario;
- tutti gli altri studenti avevano studiato relatività a livello universitario nell’ambito di insegnamenti
di base e/o non specifici di relatività (ad esempio, Fisica Generale, Meccanica Razionale o Istituzioni di Fisica Teorica).
Al termine dei lavori condotti nel blocco A e nel blocco B i corsisti hanno risposto a un questionario, proposto per raccogliere le loro riflessioni sull’attività svolta e per orientare il lavoro successivo
(cfr. Appendice 2.2).
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
81
3. Scelte di progettazione del Modulo effettuate a monte
Come anticipato nell’introduzione, la progettazione e gestione del modulo di relatività sono state sviluppate in coerenza con alcune idee di fondo che riguardano:
- il profilo professionale dell’insegnante in servizio che si intendeva contribuire a formare;
- il modo di guardare alle proposte innovative prodotte dalla ricerca in un quadro di formazione in
servizio degli insegnanti.
Queste idee di fondo hanno fortemente orientato le scelte più specifiche riguardanti:
- la tipologia dei materiali da utilizzare e dei nuovi materiali da costruire;
- l’organizzazione complessiva del modulo;
- la realizzazione e gestione delle specifiche attività;
- i criteri di valutazione dei corsisti e di auto-valutazione.
Più nello specifico, il lavoro è stato condotto a partire dalla convinzione che faccia parte della professionalità degli insegnanti stabilire i criteri specifici per la scelta e/o la progettazione di percorsi
da realizzare in classe, affinché questi possano adattarsi al meglio al contesto della scuola e della
classe, nonché allo stile d’insegnamento. In questa prospettiva, si ritiene che la ricerca in Didattica
della Fisica abbia il compito di elaborare materiali e realizzare contesti di formazione efficaci per
guidare gli insegnanti ad appropriarsi1 di una pluralità di proposte, così da poterne valorizzare consapevolmente sia le specificità sia gli aspetti di complementarità2. Con il termine “appropriazione”
non si intende tanto (o soltanto) il far propria una serie di strategie didattiche e di comunicazione per
la traduzione in classe di una proposta, quanto (e soprattutto) un processo orientato a cogliere i presupposti di fondo che caratterizzano la proposta stessa come ricostruzione disciplinare in prospettiva didattica (Kattmann et al. 1996).
In coerenza con questa convinzione, i materiali scelti e/o costruiti non dovevano configurarsi come
“prodotti di ricerca chiavi in mano” da applicare in contesti di classe, né come una collezione destrutturata di materiali di ricerca che avrebbe delegato agli insegnanti stessi l’operazione di farne
una sintesi.
Essi invece riguardavano:
- una proposta di riferimento da analizzare e di cui appropriarsi (la proposta di Taylor e Wheeler);
- una serie di materiali di ricerca selezionati e utilizzati allo scopo di fornire agli insegnanti gli strumenti culturali e professionali necessari per cogliere non soltanto le peculiarità della proposta di
Taylor e Wheeler rispetto ad altre proposte, ma anche di riconoscerla come espressione di una possibile interpretazione della teoria e del suo insegnamento.
I materiali selezionati e utilizzati, soprattutto nel blocco B, dovevano in particolare guidare gli insegnanti in un lavoro serrato e sistematico di confronto critico tra la proposta di Taylor e Wheeler e
la proposta formulata da Resnick, ancora oggi principale riferimento per insegnanti e autori di libri
di testo.3
L’idea del confronto (e della confrontabilità) tra approcci diversi ha fortemente connotato l’intero
modulo a partire dalla sua organizzazione complessiva nei tre blocchi e dalla nostra decisione di
gestirlo in stretta collaborazione. Noi, infatti, provenivamo da esperienze diverse circa la ricerca in
(1)
Ringraziamo il prof. P. Guidoni per aver suggerito il termine “appropriazione” e la sua connessione con la visione
di Vjgotsky delle dinamiche cognitive.
(2)
Problemi specifici affrontati dalla ricerca in Didattica della Fisica nell’elaborazione di materiali e approcci per
l’insegnamento della relatività ristretta sono analizzati e discussi in De Ambrosis et al., 2008.
(3)
In Italia esistono due importanti esperienze realizzate al fine di contribuire ad un miglioramento dell’insegnamento
della Relatività a livello di scuola secondaria superiore: l’Iniziativa Relatività, impresa condotta da G. Cortini (Cortini
et al. 1977, Cortini 1978) che ha coinvolto numerosi ricercatori e insegnanti e la proposta formulata da Fabri (1989,
2005). Nel contesto del Master si è scelto di limitare il confronto alle due proposte statunitensi per la loro diffusione a
livello internazionale e perché esse avevano costituito il punto di riferimento prevalente anche per l’Iniziativa Relatività
(la proposta di Resnick) e per il lavoro di Fabri (SpaceTime Physics di Taylor e Wheeler)
82
Scelta, produzione, gestione e analisi di materiali di Relatività per la formazione degli insegnanti
didattica della relatività e avevamo diverse competenze sull’insegnamento di questo tema: la decisione di gestire il Modulo in stretta collaborazione è nata dalla volontà di approfondire il problema
della confrontabilità dei nostri approcci. Entrambe ritenevamo che rendere approcci diversi confrontabili e analizzare le implicazioni didattiche del confronto fosse un problema di ricerca importante
da affrontare esplicitamente. Ritenevamo infatti, anche alla luce di risultati di ricerca, che la “confrontabilità tra” fosse un criterio fondamentale per intraprendere scelte autonome, consapevoli e nonideologiche a tutti i livelli: dalla formazione insegnanti, all’insegnamento in classe, fino all’apprendimento da parte degli studenti.
Per valorizzare la professionalità degli insegnanti, la realizzazione e la gestione della attività sono state
guidate dall’obiettivo di favorire quanto più possibile l’autonomia e il dibattito tra gli insegnanti stessi.
È in questa prospettiva che sono state preparate le griglie ed è nata l’idea che i risultati delle analisi
individuali dovessero essere posti in forma di domande da discutere in appuntamenti a scadenza regolare sul forum, a partire da una riorganizzazione delle domande stesse da parte di corsisti volontari.
Questa modalità di lavoro, stabilita fin dall’inizio, ma consolidatasi via via che l’esperienza prendeva
forma, aveva come obiettivi quelli di favorire la circolazione delle idee, di non forzare, ma orientare
e fare evolvere la discussione mantenendo il gruppo il più possibile compatto.
Sulla base di precedenti esperienze e tenendo conto dei tempi di realizzazione del modulo, si è deciso
di dividere il testo di Taylor e Wheeler in blocchi di due capitoli ciascuno ma di lasciare più tempo
all’analisi dei primi due capitoli. Per ciascuno di essi è stato dedicato un lavoro di analisi specifico,
essendo non solo i capitoli iniziali ma anche quelli nei quali si percepisce di più la distanza della proposta rispetto a quelle tradizionali.
In fase di progettazione si prevedeva una valutazione finale che tenesse conto di tutto il lavoro svolto
da ogni partecipante all’interno dell’intero modulo di relatività. In particolare, si prevedeva che alla
valutazione finale dovesse concorrere, oltre la qualità del progetto prodotto, il contributo fornito alle
specifiche discussioni svolte negli insegnamenti in termini di:
- il livello di approfondimento raggiunto circa i temi discussi,
- il rispetto dei vincoli imposti dall’organizzazione del lavoro (ad esempio, la puntualità nell’invio
dei documenti).
Anche se nel corso del lavoro è stata richiesta una valutazione insegnamento per insegnamento, i
criteri sono rimasti gli stessi ed è stata presa in grande considerazione anche l’evoluzione di ciascun
corsista nel lavoro complessivo.
In Appendice 3.1 sono riportate le griglie costruite per l’analisi sia del testo di Taylor e Wheeler (Blocco
A), sia per l’analisi dei materiali messi a disposizione del secondo insegnamento (Blocco B).
4. Dalla progettazione alla realizzazione: Scelte effettuate alla luce delle reazioni dei corsisti
Nel corso del modulo è apparso evidente come l’appropriazione della proposta di Taylor e Wheeler (blocco A) non sia stata immediata, ma abbia richiesto da parte dei corsisti un cammino per certi
versi faticoso, ma per molti altri stimolante. La reazione generale destata dal testo è stata così decisa
da spingerci a condurre uno studio specifico finalizzato a ricostruire le tappe principali del “cammino di appropriazione” (De Ambrosis, Levrini 2007).
Nel seguito faremo riferimento ai principali risultati di questa analisi per contestualizzare le scelte
effettuate in itinere al fine di risolvere problemi specifici di interazione/mediazione non previsti in
fase di progettazione. Le scelte saranno illustrate “nel concreto”, ovvero saranno discusse nella loro
esplicitazione in termini di materiali e/o attività progettate e realizzate.
4.1 Le azioni di mediazioni per la creazione di un effettivo gruppo di lavoro
La prima tappa del cammino di appropriazione ha coinciso all’incirca con l’analisi dei capitoli 1 e 2
del testo di Taylor e Wheeler (approssimativamente tre settimane), durante la quale si è registrato un
significativo cambiamento nel modo di guardare alla proposta in esame.
L’impatto iniziale con la proposta è stato infatti piuttosto duro. L’atteggiamento spontaneo degli
insegnanti era di forte diffidenza nei confronti del testo che veniva sistematicamente e puntualmente
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
83
confrontato con le proprie esperienze personali (come insegnanti e come studenti). L’atteggiamento
è cambiato non appena il gruppo si è reso conto dell’esistenza di nodi disciplinari problematici che
non ammettevano soluzioni locali e immediate. In accordo a risultati di ricerca internazionali (Eylon,
Bagno, 2006), il riconoscimento della proposta come autorevole (una proposta di cui fidarsi perché
prometteva di risolvere più problemi di quanti ne ponesse) è partito dalla disciplina e, nello specifico,
dal rendersi conto che nell’insegnamento tradizionale c’erano problemi di incoerenza, la cui soluzione imponeva una ricostruzione della disciplina ad ampio raggio e un cambiamento di prospettiva
(ad esempio il problema della definizione dei sistemi di riferimento inerziali, il significato del “principio di inerzia”), e di discontinuità (soprattutto con la relatività generale).
A favorire il cambiamento di prospettiva hanno senz’altro contribuito:
- alcuni aspetti peculiari del testo, come la scelta di nodi concettuali particolarmente importanti e
problematici sui quali basare la ricostruzione didattica della teoria (il concetto di “sistema in volo
libero”, il problema della continuità con la relatività generale, il problema del “ reticolo” e la sincronizzazione degli orologi) e scelte comunicative efficaci (il racconto di Verne “Dalla Terra alla
Luna” per introdurre il nuovo punto di vista sui sistemi di riferimento inerziali);
- alcuni aspetti specifici della dinamica del gruppo, quali la presenza all’interno del gruppo di diverse
voci e di disequilibri in grado di innescare un processo di evoluzione della riflessione.
Affinché tali fattori diventassero reali elementi di cambiamento hanno secondo noi giocato un ruolo
importante alcune scelte di gestione/orientamento della discussione da noi effettuate per favorire e
dare ritmo alle dinamiche d’interazione tra i corsisti.
Rileggendo, infatti, quanto accaduto dalla prospettiva delle azioni di mediazioni messe in atto, è possibile riconoscere come, nella prima fase del lavoro, proprio la richiesta fatta ai corsisti, alla luce della
programmazione iniziale, di riportare i risultati delle analisi in termini di domande non fosse sufficiente per focalizzare la riflessione collettiva sugli aspetti peculiari della proposta né per valorizzare
i ruoli diversi che i corsisti potevano svolgere sulla base delle loro precedenti esperienze.
La tipologia di domande proposte come risultato dell’analisi del primo capitolo era tale da far nascere
il problema di una loro gestione, sia perché si ponevano su piani molto diversi, sia perché la maggior parte di esse erano così legate alle specifiche esperienze personali da risultare difficilmente fruibili dagli altri.
I vincoli imposti dalla comunicazione a distanza hanno rappresentato, sul momento, il primo elemento
che ci ha fatto desistere dal rispondere puntualmente. D’altra parte questa scelta era in accordo con
l’impostazione generale che attribuiva un ruolo fondamentale all’interazione diretta tra i corsisti. Si
riteneva infatti che risposte puntuali potessero far divergere il processo, prefigurando un modello di
formazione individuale, e consolidare l’atteggiamento che stava emergendo tra i corsisti di rifiuto e/o
di accettazione della proposta nel suo complesso sulla base di argomentazioni locali derivanti dalla
loro precedente esperienza di studenti e/o insegnanti.
Al problema abbiamo reagito ripensando sia all’intero lavoro che si prospettava, sia al ruolo che noi
potevano svolgere in relazione alle modalità di comunicazione a distanza per noi nuove, e alle richieste che provenivano da corsisti molto diversi tra di loro. Come risultato specifico abbiamo agito nei
due modi che di seguito illustreremo:
a) produzione di un “documento di prospettiva”;
b) individuazione di fili di discussione per ciascun forum,
a) il documento di prospettiva
Il documento di prospettiva è stato da noi elaborato subito dopo avere ricevuto le analisi del capitolo 1 e le relative domande per cercare di mettere ordine nella loro varietà e favorire un loro confronto. Il documento consiste in una nostra rilettura dei problemi posti, effettuata per collocare i problemi stessi nell’ambito dell’intero lavoro che si prevedeva di svolgere (cfr. Appendice 3.2). In particolare i problemi sono stati messi in una prospettiva di medio-lungo termine e collocati su diversi
piani: i) problemi relativi a difficoltà concettuali ben note in letteratura (da discutere a breve e medio
termine, e soprattutto durante le attività già programmate riguardanti l’analisi di articoli di ricerca
84
Scelta, produzione, gestione e analisi di materiali di Relatività per la formazione degli insegnanti
specifici); ii) perplessità circa le scelte di fondo della proposta (da discutere a medio-lungo termine
e, in particolare, alla fine del blocco A e durante tutto il blocco B); iii) domande e problemi riguardanti la sperimentazione in classe (da discutere in una prospettiva a lungo termine e, in particolare,
durante il blocco C).
Questa scelta, come già detto, è stata il frutto di una “strategia di sopravvivenza” adottata spontaneamente di fronte alla valanga di domande alle quali era impossibile rispondere in modo completo e
puntuale dati i tempi e le modalità della comunicazione in rete. Tuttavia si è rivelata a posteriori come
un elemento importante che ha determinato una modifica dell’atteggiamento generale del gruppo di
insegnanti e anche di noi stesse. L’esplicitazione dei tempi e dei piani delle problematiche da affrontare ci ha permesso di capire il ruolo che avremmo potuto svolgere e dato a noi, e all’intero gruppo,
la fiducia del fatto che prima o poi i principali problemi avrebbero trovato un momento “naturale” di
discussione e soluzione. Questo ha contribuito a superare la tendenza spontanea a voler risolvere “tutto
e subito” e a creare un’atmosfera più distesa dove c’era spazio anche per ritmi e tempi di riflessione
diversi. Dal nostro punto di vista questo momento di difficoltà e le scelte che ne sono derivate sono
state il primo segnale del fatto che il processo di appropriazione è lungo, complesso e a più dimensioni. Da qui in poi abbiamo cercato di gestire l’intero lavoro tenendo, per quanto possibile, distinti
i diversi piani: il piano disciplinare-concettuale (l’intelligibilità del testo), il piano delle scelte culturali di fondo (la rilevanza culturale della proposta), il piano didattico (la sua realizzabilità in classe).
Nei momenti di bilancio condiviso questa importazione è stata sistematicamente esplicitata e tradotta
in criteri di riflessione collettiva (cfr. ad esempio i questionari riportati in Appendice 2.2).
b) Individuazione di fili (o linee) di discussione
Questa seconda azione è nata per la gestione della discussione nel forum. In fase di progettazione
(cfr paragrafo 3) si riteneva che i documenti di sintesi/riorganizzazione da parte di 2 volontari fossero
uno strumento sufficiente per orientare la discussione nei forum. Essi venivano prodotti seguendo la
griglia e raggruppando domande/problemi/commenti sulla base della loro somiglianza e delle loro
differenze. Questa operazione ha rappresentato un passo fondamentale affinché i problemi specifici
dell’uno venissero interpretati da altri e, quindi, venissero messi in relazione tra loro. La riorganizzazione tuttavia era ancora insufficiente per orientare la discussione nel forum: i criteri di organizzazione degli elaborati, presi dalla griglia, individuavano temi di discussione troppo generici (mancanza di messa a fuoco) a fronte dei problemi segnalati dagli insegnanti e riportati negli elaborati che
riguardavano problemi troppo specifici (messa a fuoco su problemi troppo locali).
Il documento di prospettiva descritto precedentemente ha rappresentato uno strumento cruciale per
noi al fine di raccordare (in modo consapevole) la struttura organizzativa del modulo, le esigenze
degli insegnanti e i materiali a disposizione o da costruire. Tuttavia esso non ha svolto alcun ruolo
per focalizzare e far convergere la discussione nel forum.
La discussione sul cap. 1 in rete ha di fatto rappresentato la continuazione delle riflessioni che ciascun corsista aveva già fatto individualmente, senza che ci fosse un reale confronto tra di loro.
Probabilmente una fase di familiarizzazione con lo strumento era necessaria ma era altrettanto evidente la necessità di trovare un modo per mettere in fase il gruppo e di individuare temi/problemi
adatti per la discussione collettiva.
Una lettura ex-post dello scambio di interventi nel forum sul cap. 1 ci ha portato a scrivere un documento nel quale gli interventi specifici e individuali erano riorganizzati per “fili di discussione”,
ovvero temi che fossero ad un livello tale da rendere evidente sia la loro relazione con i temi indicati nella griglia sia la loro relazione con le posizioni specifiche espresse negli elaborati (messa a
fuoco su nodi problematici).
A partire da questo risultato abbiamo sempre organizzato la discussione nei forum in termini di 3-4
“fili di discussione” da noi individuati a partire dal documento di sintesi prodotto dai corsisti (In
Appendice 3.3 sono riportati, a titolo esemplificativo, sia una parte del documento di sintesi prodotto
dai corsisti volontari relativamente ai cap.3-4 sia i fili estratti e proposti per la discussione). Questa
nuova impostazione ha fatto sì che già nel secondo forum i corsisti discutessero in modo proficuo e
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animato su temi/problemi sui quali il confronto tra di loro era significativo.
Alla fine dell’analisi dei primi due capitoli abbiamo avuto la netta percezione che i corsisti accettassero di cimentarsi fino in fondo con la proposta, cioè fossero disponibili ad “entrare nel gioco vero e
proprio”. Più precisamente i risultati di questa prima tappa si possono così riassumere:
- la messa in fase dell’intero gruppo con la complessiva accettazione del fatto che valesse la pena
analizzare in profondità la proposta;
- la complessiva disponibilità ad uno sforzo di medio-lungo termine;
- la complessiva fiducia nel fatto che ci sarebbero stati tempi e modi per sviluppare i tanti problemi
emersi.
Nel corso di questa prima tappa hanno cominciato anche a delinearsi in modo preciso i diversi ruoli
che ognuno di noi poteva svolgere per fare evolvere la riflessione complessiva in modo proficuo.
La presenza all’interno del gruppo di diverse voci e di disequilibri, invece di innescare dinamiche
divergenti, ha iniziato ad alimentare meccanismi di auto-regolazione che non richiedevano particolari interventi di forzatura dall’esterno. In particolare nella discussione hanno cominciato a delinearsi
tra i corsisti, almeno tre ruoli: lo sguardo “libero ed esterno” (libero da esperienze personali di studi
approfonditi sul tema o di esperienze consolidate di insegnamento); ruolo promotore e/o sostenitore
di posizioni non abituali; ruolo di diffidenza, che ancorava la riflessione a situazioni di classe. Tale
diversità di ruoli, invece di essere causa di spaccature o incomprensioni interne, ha permesso anche
nel seguito di non perdere mai di vista la multidimensionalità dei problemi oggetto di discussione e
ha permesso a noi di svolgere essenzialmente il ruolo di messa in prospettiva dei temi dibattuti.
4.2 Le azioni di mediazioni per fare evolvere il processo di appropriazione
La seconda tappa del cammino d’appropriazione (durata circa cinque settimane) corrisponde al completamento dell’analisi del testo di Taylor e Wheeler ed è caratterizzata da una ricerca pilotata essenzialmente dai corsisti stessi di parametri di misura globali della proposta. Tale ricerca ha consentito
di sviluppare la discussione sull’idea di coerenza di una proposta e ha messo a fuoco il problema che
sarebbe poi diventato il leit motiv del lavoro successivo:
“Che cosa significa progettare e realizzare un percorso coerente? Quali caratteristiche lo rendono
tale? Rispetto a che cosa può essere valutata la sua coerenza?”.
Da qui ha preso il via un processo che ha permesso di fare emergere diverse posizioni, più o meno
esplicite, circa la coerenza di un percorso:
- coerenza come sviluppo logico longitudinale di un percorso dalla fisica classica alla fisica moderna,
risultato di una radicale ri-costruzione a-storica del contenuto fisico alla luce della fisica contemporanea.
- coerenza come sviluppo storico di un percorso che, nell’esplicitare i salti concettuali presenti anche
nella storia, può aiutare gli studenti ad acquisire consapevolezza dell’esistenza di un pluralità di
prospettive.
- coerenza come uso sistematico del metodo sperimentale unificabilità di tutta la fisica su base metodologica” – riconosciuto come aspetto unificante, in grado di dare coerenza ad un intero percorso
di studio della fisica.
- coerenza come “ricostruzione della fisica su concetti e categorie fondamentali come la descrizione
spaziotemporale oppure causalità”, determinismo, oggettività-intersoggettività).
Il dibattito tra i corsisti ha consentito di mettere a fuoco una opinione condivisa:
“Per riuscire a cogliere la coerenza di un’impostazione è necessario avere interiorizzato a fondo i
significati della teoria ben al di là della loro espressione formale, comporta averli sviscerati, averne
indagato le conseguenze, aver acquisito padronanza di prospettive interpretative differenti, significa
avere il quadro da un lato di ciò che ha condotto a certe ipotesi e dall’altro di dove queste possano
condurci. Mi pare che il compito non sia semplice per noi docenti.” (Michela)
In sintesi, i risultati complessivi del lavoro di analisi del testo di Taylor e Wheeler sono stati i
seguenti:
- Il riconoscimento di problemi specifici che questa proposta affronta apertamente e risolve, a diffe-
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Scelta, produzione, gestione e analisi di materiali di Relatività per la formazione degli insegnanti
renza di un approccio tradizionale (come le nuove relazioni tra i concetti di massa, energia e quantità di moto, il problema dell’“individuazione” di un sistema di riferimento inerziale e l’apertura
verso la relatività generale);
- La costruzione di strumenti globali di valutazione di una proposta e, sulla base di questi, l’individuazione della specificità della coerenza della proposta di Taylor e Wheeler;
- La messa a fuoco di problemi di coerenza e di continuità/discontinuità con la fisica classica che
hanno reso i corsisti sempre più convinti della necessità di ripensare al suo insegnamento alla luce
delle nuove consapevolezze.
Alla fine del lavoro, c’è stato un generale accordo circa la validità e la rilevanza della proposta. Tuttavia è anche emerso che si trattava di una proposta basata su una serie di ipotesi (didattiche ed epistemologiche) implicite ed è stato sottolineato come la non esplicitazione di tali presupposti potesse
ostacolare un confronto diretto con altre proposte e, in un certo senso, obbligasse il lettore a seguire
un filo di ragionamento univoco e ad accesso unico.
“Devo mettere a fuoco meglio quali sono le ipotesi su cui si basa l’approccio di T-W: ho come la
sensazione che vi siano ipotesi non proprio esplicitate o che mi sono persa io lungo la strada.... In
generale mi piacerebbe consolidare la comprensione dell’impianto generale e metterlo a confronto
con gli altri in circolazione...” (Alessandra 2)
È su questo tipo di reazioni che noi siamo di nuovo intervenute per sottolineare quanto esse toccassero un punto importante: l’intelligibilità dei contenuti non è una condizione sufficiente per capire una
proposta innovativa al punto di sentirsela propria; occorre possedere anche strumenti per problematizzarla, smontarla e ri-montarla, scavando nei suoi presupposti epistemologici e cognitivi, confrontandola con altre possibili (specialmente con le proposte dei libri di testo) e modellandola sulle proprie esigenze di apprendimento e/o insegnamento. Sono stati infatti questi problemi quelli sui quali
abbiamo deciso di organizzare una discussione nell’ambito del workshop in presenza (WP1) organizzato a Udine nell’estate tra il primo e il secondo anno.
Il workshop ha rappresentato un momento importante per l’intero Master perché dopo un anno di
lavoro a distanza finalmente ci si incontrava e ci si conosceva di persona. Per il Modulo di Relatività,
nello specifico, il workshop è stato cruciale perché capitava alla fine del primo insegnamento e quindi
consentiva di fare non solo un bilancio di ciò che si era collettivamente discusso ma anche di mettere
a punto la programmazione del futuro in relazione ai problemi emersi di confrontabilità della proposta
di Taylor e Wheeler con le proposte più tradizionali. A questo fine è stato preparato un incontro nel
quale abbiamo presentato ai corsisti la nostra lettura di quanto era successo nel primo insegnamento
e sottolineato con forza la nostra intenzione di incentrare il lavoro successivo sull’esplicitazione dei
presupposti che stavano alla base della proposta fino ad allora analizzata. Il workshop ha quindi rappresentato il momento naturale per avviare la terza tappa del percorso di appropriazione.
Questa tappa ha coinciso temporalmente con l’insegnamento “La proposta di Taylor e Wheeler e le
interpretazioni di Einstein e Minkowski a confronto” (blocco B). Essa si è sviluppata su un’analisi
delle memorie originali di Einstein “L’elettrodinamica dei corpi in movimento” (1905) e di Minkowski “Spazio e tempo” (1908) ricostruite al fine di individuare le radici storiche delle due più importanti proposte di riferimento per l’insegnamento della Relatività: quella di Resnick e quella di Taylor e Wheeler (Levrini, 1999; Levrini 2002).
Oltre a permettere la riflessione, per confronto, dei presupposti impliciti delle due proposte, le attività di questa fase hanno permesso di mostrare la coesistenza di diverse rappresentazioni della teoria
fin dalla sua nascita e di sottolineare quanto, nell’insegnamento (a partire dall’insegnamento universitario), ci sia stata una valorizzazione prevalente di una delle due (quella di Resnick). Dalla discussione è emerso quanto tale scelta abbia avuto forti implicazioni sul piano didattico, dal momento che
ha innescato un processo di sterilizzazione a fini didattici di una specifica interpretazione, facendone
via via dimenticare le motivazioni culturali di fondo e la peculiarità rispetto ad altre possibili.
“Credo che [la “sterilizzazione”] non costituisca solo una perdita di occasioni ma anche una particolare opzione epistemologica, della quale purtroppo credo di essere ben imbevuto (e da cui faccio
fatica a liberarmi): e cioè dell’idea che in Fisica non ci sia spazio per problematizzare, per avere
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87
punti di vista diversi, immagini diverse del mondo, sembra che questo sia concesso solo alla ricerca
di frontiera, mentre sembra che per questioni di fisica classica debba essere tramandata una sola
immagine del mondo. E questo rischia di accadere anche alla RR visto che oramai è già centenaria…” (Christian)
L’analisi del “dietro le quinte” delle due proposte di riferimento ha permesso di ricollocarle sullo
stesso piano e, quindi, di confrontarle non come alternative ortodosse/eterodosse ma come scelte
didattiche che nascono da una visione complessiva della teoria (comprese scelte metafisiche e visioni
circa il ruolo che si attribuisce alla teoria nell’insegnamento).
Uno dei risultati del lavoro svolto è stato indicato da un corsista nel questionario finale: “Mi ha colpito molto una certa “armonia” nelle discussioni a carattere epistemologico che di solito invece
innescano rigidità nelle prese di posizione.” (Martino).
Infatti, oltre all’alto livello degli elaborati e delle discussioni, è stato interessante il tono che si è utilizzato, perché non è semplice potersi confrontare in modo appassionato senza arrivare a scontri tra
posizioni irriducibili. Certo, “sull’armonia penso che il mezzo abbia un certo peso, nel senso che
prima di scrivere si riflette, si rilegge, si lima, mentre in un discussione in presenza ‘verba volant’”
(Franca), ma crediamo che il tono sia dovuto anche (e soprattutto) alla consapevolezza diffusa che
via via si è fatta strada circa la complessità dei problemi che si devono affrontare se si vuole innovare l’insegnamento della fisica moderna.
“spesso il confronto con gli altri è servito a chiarire la propria posizione, o a stimolare una riflessione personale su un nuovo tema. Il tono pacato forse è dipeso anche dalla complessità delle questioni, rispetto alle quali è difficile sostenere di avere una idea conclusiva.” (Paolo).
5. Riflessioni conclusive
Un primo studio effettuato sui dati raccolti nel Modulo di Relatività (De Ambrosis, Levrini 2007) ha
permesso di ricostruire la traiettoria seguita dagli insegnanti per appropriarsi della proposta di Taylor e Wheeler.
In questo contributo l’esperienza è stata ri-analizzata per individuare le possibili corrispondenze tra
le reazioni dei corsisti e le nostre scelte di conduzione del lavoro. L’analisi è stata effettuata nella
prospettiva di una sua ripetibilità e, quindi, con lo scopo specifico di mettere a fuoco e rendere espliciti gli elementi che hanno caratterizzato l’azione di mediazione.
A questo proposito, sono stati individuati i seguenti elementi che, secondo noi, hanno influito positivamente nelle dinamiche complessive d’appropriazione:
- l’operare scelte specifiche (riguardanti la tipologia dei materiali da utilizzare e dei nuovi materiali
da costruire; l’organizzazione complessiva del modulo; la realizzazione e gestione delle specifiche
attività; i criteri di valutazione dei corsisti e di auto-valutazione) che fossero esplicitamente una
manifestazione su piani e scale diverse di poche idee di fondo che stavano alla base della progettazione del modulo (idee che riguardavano sia il profilo professionale dell’insegnante sia il modo
di guardare alle proposte innovative prodotte dalla ricerca);
- la costruzione di documenti per la messa in prospettiva dei problemi dei corsisti, che sono risultati per noi un importante riferimento sia per guardare costantemente al modulo come ad un tutto
sia per favorire lo sviluppo di un atteggiamento generale di fiducia a medio e lungo termine sulla
possibilità di raggiungere insieme risultati che giustificassero l’impegno richiesto;
- l’individuazione dei fili di discussione, che si è rivelata una strategia efficace per orientare il confronto sul forum grazie alla messa a fuoco di problemi che erano, allo stesso tempo, una specificazione dei criteri di analisi proposti nelle griglie e una generalizzazione delle domande, troppo specifiche, proposte dai corsisti;
- l’operare scelte per cogliere e rilanciare, nei momenti opportuni (ad esempio il workshop), gli elementi fecondi per l’evoluzione complessiva del processo di appropriazione.
Tutti gli elementi qui riportati sono variazioni dei problemi comuni ad ogni azione di mediazione:
- come agire in modo lungimirante e sufficientemente autorevole da favorire quell’atteggiamento
misto di curiosità e fiducia necessario per un impegno non banale a medio e lungo termine;
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Scelta, produzione, gestione e analisi di materiali di Relatività per la formazione degli insegnanti
- come garantire la confrontabilità tra le diverse posizioni all’interno di un gruppo di lavoro in modo
che la discussione non si riduca ad uno scontro tra prese di posizione irriducibili ma sia un vero e
proprio confronto tra diversi punti di vista.
Nel caso specifico, “di fronte” a noi avevamo insegnanti esperti e particolarmente esigenti. E per
mantenere con coerenza l’impostazione che ci eravamo prefissate sono state fondamentali la pianificazione e l’invenzione di strategie lungimiranti e/o mirate a favorire il confronto tra i corsisti
stessi. Altrettanto fondamentale è stato però anche un serrato e sistematico confronto tra di noi che
ha consentito di far maturare la consapevolezza necessaria per gestire in modo fiducioso l’evoluzione del processo.
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APPENDICE 2.1 – Presentazioni del Modulo
1. INSEGNAMENTI: “Concetti fondanti per un percorso di base di relatività” (2CFU)
“Ricostruire la relatività in prospettiva didattica: la proposta di Taylor e Wheeler” (1,5 CFU)
Obiettivi:
I due insegnamenti “Concetti fondanti per un percorso di base di relatività” (2CFU) e “Ricostruire la
relatività in prospettiva didattica: la proposta di Taylor e Wheeler” (1,5 CFU) saranno svolti contestualmente e, pertanto, sarà prevista sia un’attività individuale di studio sia un’attività di confronto/
discussione in rete telematica.
I due insegnamenti sono parte del Modulo sulla Relatività, costruito con l’obiettivo di presentare e
discutere i materiali più innovativi per l’insegnamento della relatività a livello di scuola secondaria superiore. In particolare, sono stati scelti materiali didattici progettati e realizzati tenendo conto
del:
- cambiamento subito dall’interpretazione della relatività ristretta in relazione al ruolo svolto nel panorama complessivo della fisica: da una teoria tradizionalmente presentata a sé stante come la teoria
degli “effetti strani”, dei “paradossi”, della massa relativistica e dell’equivalenza massa-energia, a
una “teoria quadro” che ri-definisce le relazioni tra eventi spaziotemporali e, quindi, impone vincoli alle grandezze dinamiche e, più in generale, alle teorie fisiche contemporanee (innovazione
sul piano dei contenuti);
- cambiamento nel modo di intendere e produrre materiale didattico alla luce delle consapevolezze
acquisite anche dalla ricerca in didattica della fisica (innovazione sul piano didattico).
Nello specifico, gli insegnamenti “Concetti fondanti per un percorso di base di relatività” e “Ricostruire la relatività in prospettiva didattica: la proposta di Taylor e Wheeler” riguardano lo studio,
l’analisi e la discussione del testo “Space-Time Physics” di Taylor e Wheeler, un testo che rappresenta una “proposta innovativa” per l’insegnamento della relatività ristretta sia sul piano dei contenuti sia sul piano didattico (comunicativo). L’analisi e la discussione saranno condotte con i seguenti
obiettivi:
- approfondire le conoscenze di relatività in una prospettiva d’insegnamento;
- entrare nel merito delle scelte generali e specifiche nonché dei nodi concettuali che caratterizzano
la proposta e l’approccio seguito rispetto alle proposte più tradizionali (si veda, ad esempio, il testo
“Introduzione alla relatività ristretta” di R. Resnick);
- discutere le potenzialità della proposta ma anche le difficoltà che un insegnante potrebbe incontrare nel realizzarla con studenti di scuola secondaria superiore e tenendo conto dei vincoli imposti dall’organizzazione curricolare.
Materiali
Testo di base:
Taylor e Wheeler: Fisica dello Spazio-Tempo, Zanichelli, oppure nella versione inglese Spacetime
Physics, New York, W. H. Freeman and Co., Second edition 1992
Materiali di confronto:
- Resnick “Introduzione alla relatività ristretta”; CEA.
- Libri di testo come, ad esempio, Amaldi, Caforio, Halliday-Resnick-Walker.
Materiali di sostegno/discussione:
- Articoli di ricerca in Didattica della Fisica;
- Fabri E., Insegnare relatività del XXI secolo, Quaderno 16 della Fisica nella Scuola, XXXVIII n.1
suppl..
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Scelta, produzione, gestione e analisi di materiali di Relatività per la formazione degli insegnanti
I materiali di sostegno saranno resi disponibili in rete, mentre i testi dovranno essere disponibili in
forma cartacea nelle diverse sedi.
Modalità di lavoro
Il lavoro consiste in una analisi guidata del testo “Space-Time Physics” di Taylor e Wheeler e si articola in cinque sezioni. Le sezioni riguarderanno i capitoli 1, 2, 3-4, 5-6, 7-8 da analizzare sulla base
di una griglia di lettura proposta al fine di favorire il confronto.
Per ogni sezione il lavoro comprenderà più fasi:
Fase 1: gli studenti dovranno analizzare (individualmente o in gruppo) i capitoli relativi alla sezione
e produrre nel tempo stabilito un breve documento che contenga:
a) i risultati della loro analisi in forma di domande utili a focalizzare gli aspetti considerati fondamentali;
b)domande che scaturiscono dall’analisi degli esercizi/problemi suggeriti nella griglia.
Fase 2: due studenti raccolgono rispettivamente le domande relative ad a) e b) e le riorganizzano per
temi/problemi inviandone il risultato in tempo utile per la Fase 3 (almeno due giorni prima della data
fissata per la discussione in rete).
Fase 3: sulla base delle domande riorganizzate nella Fase 2 i docenti preparano e conducono la discussione nel Forum.
Tempi
2 maggio: apertura del corso e discussione in rete sulla sua organizzazione e sulle modalità di
lavoro;
16 maggio: discussione in rete del Capitolo 1 a partire da una raccolta riorganizzata delle risposte,
messa in rete entro il 14 maggio;
23 maggio: discussione in rete del Capitolo 2 a partire da una raccolta riorganizzata delle risposte,
messa in rete entro il 21 maggio;
6 giugno: discussione in rete dei Capitoli 3 e 4 a partire da una raccolta riorganizzata delle risposte,
messa in rete entro l’1 giugno;
20 giugno: discussione in rete dei Capitoli 5 e 6 a partire da una raccolta riorganizzata delle risposte, messa in rete entro il 18 giugno;
5 luglio: discussione in rete dei Capitoli 7 e 8 a partire da una raccolta riorganizzata delle risposte,
messa in rete entro il 3 luglio;
12 luglio: discussione finale mirata a riprendere i principali punti emersi.
Valutazione
Si prevede una valutazione finale che tenga conto di tutto il lavoro svolto da ogni partecipante all’interno del modulo di relatività. Tuttavia alla valutazione finale concorrerà anche il contributo fornito
alle specifiche discussioni svolte in questi insegnamenti in termini di:
- livello di approfondimento raggiunto circa i temi discussi,
- rispetto dei vincoli imposti dall’organizzazione del lavoro (ad esempio, la puntualità nell’invio dei
documenti).
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2. INSEGNAMENTO: La proposta di Taylor e Wheeler e le interpretazioni di Einstein e Minkowski a confronto (1 CFU)
Obiettivi:
L’obiettivo principale dell’insegnamento è fornire alcune chiavi di lettura per confrontare le principali
proposte didattiche per l’insegnamento della relatività ristretta (in particolare le proposte di Resnick
e di Taylor e Wheeler) e valutarne le potenzialità sul piano culturale, cognitivo e didattico.
In particolare si analizzeranno e discuteranno le “radici storiche” delle diverse proposte didattiche a
partire dall’analisi delle memorie originali di Einstein “L’elettrodinamica dei corpi in movimento”
(1905) e di Minkowski “Spazio e tempo” (1908).
L’analisi delle memorie originali in prospettiva didattica sarà anche occasione per:
- riflettere sul ruolo della storia e dell’epistemologia nell’insegnamento della relatività;
- collocare la relatività nel dibattito sui concetti di spazio e tempo;
- riflettere sulle implicazioni epistemologiche di alcune scelte didattiche.
Contenuti:
- I concetti di spazio e tempo in fisica classica e il dibattito tra Newton e Leibniz: visione sostanzialista e visione relazionista a confronto.
- Le critiche di Mach alla visione newtoniana;
- L’approccio operazionista di Einstein: presupposti epistemologici e implicazioni didattiche;
- L’interpretazione geometrica di Minkowski: presupposti epistemologici e implicazioni didattiche;
- Possibile individuazione delle radici epistemologiche delle attuali proposte didattiche.
Tematiche di discussione:
- Immagini di fisica e di insegnamento;
- Ruolo della storia e dell’epistemologia nella comprensione della fisica;
- Contributo della relatività ristretta al dibattito sui concetti di spazio e tempo in fisica;
- Potenzialità e limiti di un approccio operazionista e di un approccio geometrico all’insegnamento/
apprendimento della relatività;
- Ruolo dei libri di testo nell’insegnamento/apprendimento e ruolo di altri possibili materiali (memorie originali, animazioni multimediali, testi divulgativi, filmati, ecc).
Moduli di Attività:
- Analisi e riflessione sui concetti di spazio e tempo in fisica classica e sulle loro critiche “classiche”;
- L’approccio operazionista di Einstein: analisi di brani tratti da “L’elettrodinamica dei corpi in movimento” (1905)
- L’interpretazione geometrica di Minkowski: analisi di brani tratti da “Spazio e tempo” (1908)
- Dalle memorie originali alle attuali proposte didattiche (Resnick e Taylor e Wheeler): analisi delle
radici epistemologiche di scelte didattiche.
Modalità di valutazione:
Si prevede una valutazione finale che tenga conto di tutto il lavoro svolto da ogni partecipante all’interno dell’intero modulo di relatività. In particolare, alla fine dell’intero modulo i corsisti dovranno
produrre un progetto di insegnamento della relatività alla luce delle riflessioni sviluppate nell’ambito
di tutti gli insegnamenti del modulo. Alla valutazione finale concorrerà, oltre la qualità del progetto
prodotto, il contributo fornito alle specifiche discussioni svolte negli insegnamenti in termini di:
- il livello di approfondimento raggiunto circa i temi discussi,
- il rispetto dei vincoli imposti dall’organizzazione del lavoro (ad esempio, la puntualità nell’invio
dei documenti).
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Scelta, produzione, gestione e analisi di materiali di Relatività per la formazione degli insegnanti
BIBLIOGRAFIA:
- Einstein A., Zur Elektrodynamik bewegter Korper, Annalen der Physik, XVII, 891-921, 1905 (trad.
it. L’elettrodinamica dei corpi in movimento, in Stachel J. (a cura di), L’anno memorabile di Einstein, Edizioni Dedalo, Bari, 2001);
- Einstein A., Über die spezielle und allgemeine Relativitätstheorie (gemeinveständlich) (1916) (trad.
it. Relatività: esposizione divulgativa e scritti classici su Spazio Geometria Fisica, Bollati Boringhieri, Torino, 1994, cit. p. 58-59).
- Minkowski H., Raum und Zeit, Physikalische Zeitschrift, 10, No.3 (1909), 104-111 (versione inglese:
Space and Time, in Lorentz H. A., Einstein A., Minkowski H., Weyl H., The principle of relativity.
A collection of original memoirs on the special and general theory of relativity (with notes by A.
Sommerfeld), Dover Publications, New York, 1952).
- Grimellini Tomasini N., Levrini O., L’Elettrodinamica dei corpi in movimento e i libri di testo:
riflessioni sul significato culturale della relatività ristretta – La Fisica nella Scuola, XXXVIII,1,
108-117, 2005
- Levrini O., Relatività ristretta e concezioni di spazio, Giornale di fisica, XL, 4, 205-220, 1999.
Testi di consultazione
- Taylor e Wheeler: Fisica dello Spazio-Tempo, Zanichelli, oppure nella versione inglese Spacetime
Physics, New York, W. H. Freeman and Co., Second edition 1992.
- Resnick “Introduzione alla relatività ristretta”; CEA.
- Fabri E., Insegnare relatività del XXI secolo, Quaderno 16 della Fisica nella Scuola, XXXVIII n.1
suppl..
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APPENDICE 2.2 – I questionari di riflessione
1. RIFLESSIONI SUGLI INSEGNAMENTI “Concetti fondanti per un percorso di base di relatività”e
“Ricostruire la relatività in prospettiva didattica: la proposta di Taylor e Wheeler”
Arrivati alla fine di questa prima parte del modulo di relatività vorremmo raccogliere qualche indicazione
sul lavoro svolto in modo da fare un primo bilancio e proseguire nel modo migliore.
A questo fine vi chiediamo di leggere il questionario e di rispondere in modo estremamente libero.
Premessa
Come probabilmente avete notato, in tutto il lavoro abbiamo cercato di gestire la discussione tenendo, per
quanto possibile, distinti diversi piani: il piano disciplinare-concettuale (l’intelligibilità del testo), il piano
delle scelte culturali di fondo (la rilevanza culturale della proposta), il piano didattico (la sua realizzabilità in classe). Le motivazioni di questa scelta sono diverse. La principale motivazione è che, secondo noi,
separando i piani, le argomentazioni a sostegno di una particolare posizione sarebbero state maggiormente
orientate e, dunque, il confronto agevolato. L’altra motivazione riguarda l’organizzazione complessiva
del modulo di relatività, per cui avevamo previsto momenti mirati ad approfondire i diversi piani: questa
prima parte è stata pensata con l’obiettivo di condurre un’analisi disciplinare e concettuale, lasciando a
corsi successivi il compito di approfondire questioni generali, come il ruolo della storia e dell’epistemologia nell’insegnamento della fisica (“La proposta di Taylor e Wheeler e le interpretazioni di Einstein e
Minkowski a confronto”), e quello di analizzare aspetti specifici di “trasposizione didattica” in contesti
di insegnamento (“Laboratorio di didattica sulla proposta di relatività”).
Per questi motivi, anche il questionario è stato costruito tenendo distinti i vari piani, alcuni dei quali costituiranno lo scenario in cui ci muoveremo in futuro.
Questionario
Riflessioni nella prospettiva della PROPRIA FORMAZIONE DISCIPLINARE:
- Prima di questo lavoro, avevi già studiato la relatività ristretta? Se sì, in quali contesti e su quali
testi?
- Conoscevi già il Taylor e Wheeler?
- L’analisi del Taylor e Wheeler che abbiamo effettuato ha contribuito a migliorare/raffinare/approfondire la tua preparazione disciplinare?
Se sì, quali contributi ritieni particolarmente significativi?
Se no, per quali motivi?
- Quali concetti pensi di avere meno chiari e vorresti fossero ripresi?
Riflessioni nella prospettiva di PROGETTARE E REALIZZARE UN PERCORSO DIDATTICO:
- Hai mai insegnato relatività a livello di scuola secondaria superiore? Se sì, in quali scuole e con quali
testi o materiali?
- Quali aspetti del Taylor e Wheeler ri-proporresti in classe o prenderesti in considerazione nella progettazione/realizzazione di un percorso in classe?
- Quali aspetti, se ci sono, ti hanno lasciato maggiormente perplesso? Se sì, su quale piano si collocano
(sul piano della intelligibilità/comprensibilità dei contenuti o sul piano della rilevanza delle scelte di
fondo)?
Riflessioni sulla MODALITÀ DI LAVORO:
- Come hai trovato la modalità di lavoro (stimolante/noiosa, efficace/dispersiva, ecc.)?
- Quali suggerimenti daresti per migliorare lo scambio di idee e la possibilità di approfondire i temi trattati?
- Nello svolgimento del lavoro, hai letto gli elaborati degli altri corsisti?
Se sì, che cosa ti ha maggiormente colpito? Per quale motivo?
Se no, c’è un motivo particolare, oltre al poco tempo a disposizione?
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Scelta, produzione, gestione e analisi di materiali di Relatività per la formazione degli insegnanti
Riflessioni GENERALI:
- Quali temi, tra quelli discussi, hai trovato particolarmente interessanti? Per quali motivi?
- Quali temi, tra quelli discussi, hai trovato irrilevanti? Per quali motivi?
- Quali temi/problemi vorresti fossero ripresi e approfonditi negli insegnamenti successivi di relatività?
2. RIFLESSIONI SULL’INSEGNAMENTO “La proposta di Taylor e Wheeler e le interpretazioni
di Einstein e Minkowski a confronto”
Così come alla fine della prima parte del modulo di relatività, anche ora vorremmo raccogliere qualche
riflessione sul lavoro svolto, al fine di trarne indicazioni per il futuro.
A questo fine vi chiediamo di leggere il questionario e di rispondere in modo estremamente libero.
Questionario
Riflessioni nella prospettiva della PROPRIA FORMAZIONE DISCIPLINARE:
- Prima di questo lavoro, conoscevi il dibattito sui concetti di spazio e tempo e, se sì, avevi riflettuto sulle
sue implicazioni didattiche?
- Nel tuo percorso di formazione avevi avuto occasione di studiare e approfondire temi di storia ed epistemologia della fisica? Se sì, in quali contesti (corsi universitari seguiti, SSIS, corsi di aggiornamento,
studio individuale, ecc.)?
- L’analisi e le discussioni che abbiamo effettuato hanno contribuito a migliorare/raffinare/approfondire
la tua preparazione disciplinare?
Se sì, quali contributi ritieni particolarmente significativi?
Se no, per quali motivi?
- Quali concetti pensi di avere meno chiari e avresti voluto fossero maggiormente approfonditi?
Riflessioni nella prospettiva di PROGETTARE E REALIZZARE UN PERCORSO DIDATTICO:
- Uno degli obiettivi di questo insegnamento era stimolare riflessioni nella direzione di individuare criteri
per la progettazione di percorsi da realizzare in classe. Pensi che questo obiettivo sia stato raggiunto?
Per quali motivi?
- Un altro obiettivo era fornire chiavi per scavare nei presupposti impliciti della proposta di Taylor e
Wheeler e per poterla confrontare con proposte più tradizionali. Pensi che questo secondo obiettivo
sia stato raggiunto? In particolare, il tuo atteggiamento verso la proposta di Taylor e Wheeler è maturato o cambiato? Se sì, in che modo? Se no, in che cosa il tuo atteggiamento è stato confermato?
Riflessioni sulla MODALITÀ DI LAVORO:
- Come hai trovato la modalità di lavoro (stimolante/noiosa, efficace/dispersiva, ecc.)?
- Quali suggerimenti daresti per migliorare lo scambio di idee e la possibilità di approfondire i temi trattati?
- Nello svolgimento del lavoro, hai letto gli elaborati degli altri corsisti?
Se sì, che cosa ti ha maggiormente colpito? Per quale motivo?
Se no, c’è un motivo particolare, oltre al poco tempo a disposizione?
Riflessioni GENERALI:
- Quali temi, tra quelli discussi, hai trovato particolarmente interessanti? Per quali motivi?
- Quali temi, tra quelli discussi, hai trovato irrilevanti? Per quali motivi?
- Quali temi/problemi avresti voluto fossero maggiormente approfonditi?
Grazie della collaborazione.
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APPENDICE 3.1 – Le griglie di analisi
GRIGLIA N. 1 - LETTURA CRITICA DEL CAPITOLO 1
DI “FISICA DELLO SPAZIO-TEMPO” DI TAYLOR E WHEELER
Premessa
Si tratta non di un’“introduzione” ma di una “overview” dove vengono anticipati i concetti cardine
dell’intera proposta, concetti che poi saranno ripresi e sviluppati nei capitoli successivi.
Come già si può evincere da questo capitolo, si sceglie un’impostazione geometrica basata sul concetto di evento e sulla costruzione di grandezze invarianti.
Oltre a questa peculiarità d’impostazione, sono evidenti scelte comunicative che si discostano nettamente dal linguaggio e dal tipo di argomentazione di un libro di testo tradizionale.
Data la peculiarità di questo inizio, il capitolo in genere suscita una pluralità di reazioni da parte del
lettore. In questo contesto può essere interessante condividere le reazioni al fine di riflettere su come
e perché insegnare di relatività.
Obiettivi dell’analisi
Proponiamo di analizzare il capitolo per mettere a fuoco:
1) le peculiarità dell’impostazione in relazione ad aspetti concettuali e disciplinari (ad esempio gli
elementi sui quali è costruita la nuova visione dello spaziotempo e/o gli aspetti che rendono tale
impostazione diversa da quella proposta nei libri di testo di scuola secondaria o nel più tradizionale approccio di Resnick);
2) le peculiarità delle strategie comunicative;
3) le possibili reazioni alla lettura del testo;
4) problemi di comprensione del testo.
Proponiamo inoltre di esaminare alcuni degli esercizi di “Allenamento” (dall’1.1 all’1.7) e di esaminare criticamente e risolvere il problema 1.11. Relativamente a quest’ultimo, si suggerisce anche la
lettura dell’articolo di N. Easwar e di D. A. MacIntire, disponibile in formato pdf.
Consegne di lavoro
Produrre entro l’11 maggio un breve documento che contenga:
a) i risultati dell’analisi in forma di domande utili a focalizzare gli aspetti considerati fondamentali
e stimolare una discussione collettiva;
b) domande che scaturiscono dall’analisi degli esercizi/problemi suggeriti nella griglia.
Ad esempio una domanda relativa al punto 1. potrebbe essere:
La velocità della luce è usata nel testo come fattore di conversione tra unità di misura di lunghezze e
di tempo. In questo modo il suo valore diventa unitario. Da un punto di vista didattico questa scelta
indebolisce o rafforza il ruolo dell’invarianza della velocità della luce e quindi del secondo postulato della teoria?
Ciascun corsista sarà tenuto ad inserire il documento prodotto nella cartella “elaborati” relativa alla
sezione 1.
Le domande, riorganizzate dai due corsisti responsabili per questa sezione, verranno da loro inserite
nella cartella “riorganizzazione elaborati” entro il 14 maggio.
Eventuali domande sull’organizzazione dell’insegnamento possono essere inviate al Forum che sarà
attivo per qualche giorno.
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Scelta, produzione, gestione e analisi di materiali di Relatività per la formazione degli insegnanti
GRIGLIA N. 2 – LETTURA CRITICA DEL CAPITOLO 2
DI “FISICA DELLO SPAZIO-TEMPO” DI TAYLOR E WHEELER
Premessa
Si tratta di un capitolo che affronta il problema specifico della definizione e individuazione dei sistemi
di riferimento inerziali. La posizione espressa dagli autori è insolita per la relatività ristretta e deriva
da consapevolezze che provengono dalla relatività generale.
Anche se per gli autori tale scelta rappresenta una premessa necessaria allo sviluppo della trattazione, quest’ultima rimane coerente anche con un punto di vista più tradizionale per la definizione
dei sistemi di riferimento inerziali.
Obiettivi dell’analisi
Proponiamo di analizzare il capitolo per mettere a fuoco:
11) i problemi che emergono nella definizione dei sistemi di riferimento inerziali
12) le peculiarità di questa proposta in termini di vantaggi e difficoltà che ne derivano
13) la nuova idea di osservatore
14) la necessità di una procedura di sincronizzazione degli orologi
15) le caratteristiche delle strategie comunicative
16) le possibili reazioni alla lettura del testo
17) gli eventuali problemi di comprensione del testo
Tra gli esercizi del capitolo segnaliamo in particolare il 2.4, il 2.5; il 2.9 e il problema 2.13. A chi è
interessato ad approfondire l’esperimento di Dicke si suggerisce di esaminare il problema 2.12.
Consegne di lavoro
produrre nel tempo stabilito un breve documento che contenga:
m) i risultati dell’analisi in forma di domande utili a focalizzare gli aspetti considerati fondamentali
e stimolare una discussione collettiva;
n) domande che scaturiscono dall’analisi degli esercizi/problemi suggeriti nella griglia
Ciascun corsista sarà tenuto ad inserire il documento prodotto nella cartella “elaborati” relativa alla
sezione 2 entro il 19 maggio.
Le domande, riorganizzate dai due corsisti responsabili per questa sezione, verranno da loro inserite
nella cartella “riorganizzazione elaborati” entro il 21 maggio
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GRIGLIA N. 3 – LETTURA CRITICA DEI CAPITOLI 3 E 4
DI FISICA DELLO SPAZIO-TEMPO DI TAYLOR E WHEELER
Premessa
Nel capitolo 3 si ridiscutono i postulati alla base della relatività e se ne mettono in evidenza le conseguenze sulla visione dello spazio-tempo.
L’esistenza di una grandezza che lega tra loro la dimensione spaziale e quella temporale – il “quadrintervallo” – e che rimane invariante al variare del riferimento inerziale è ora ricavata dal principio di relatività e dal principio di invarianza della velocità della luce.
Si conferma così la validità e l’efficacia dell’idea di intervallo invariante che nel capitolo iniziale era
stata introdotta sulla base di una semplice analogia con la geometria euclidea.
Il capitolo 4 costituisce un banco di prova della idee che si vanno costruendo, una sorta di esercitazione impostata sul racconto di una situazione limite.
Obiettivi dell’analisi
Punti da mettere a fuoco nell’analizzare il capitolo sono:
1. il passaggio dal principio di relatività di Galileo al principio di relatività di Einstein;
2. la relatività della simultaneità: potenzialità e limiti dell’esperimento mentale del treno per mettere in evidenza il significato della relatività della simultaneità;
3. l’invarianza dell’intervallo: cosa significa dimostrarne l’esistenza?
4. Il racconto come strumento di analisi di situazioni fisiche complesse
5. Il ruolo degli esperimenti e la loro proponibilità a studenti di scuola secondaria: l’esperimento di
Hafele e Keating
6. le possibili reazioni alla lettura del testo;
7. gli eventuali problemi di comprensione del testo.
Oltre ad alcuni esercizi di “allenamento” (dal 3.1 al 3.6) proponiamo di esaminare criticamente e
risolvere i problemi 3.7 e 3.11. Per quest’ultimo è disponibile la versione pdf dell’articolo dell’American Journal of Physics che l’ha ispirato.
I problemi 3.12 e 3.13 propongono rispettivamente un’analisi dell’esperimento di Michelson- Morley e
dell’esperimento di Kennedy-Thorndike e sono quindi un utile complemento alla lettura del testo.
Si suggerisce di esaminarne almeno uno dei problemi 3.14, 3.15, 3.16 che sollecitano una riflessione
sulla velocità della luce nel vuoto come velocità limite..
Consegne di lavoro
produrre nel tempo stabilito un breve documento che contenga:
j) i risultati dell’analisi in forma di domande utili a focalizzare gli aspetti considerati fondamentali
e stimolare una discussione collettiva;
k) domande che scaturiscono dall’analisi degli esercizi/problemi suggeriti nella griglia
Ciascun corsista sarà tenuto ad inserire il documento prodotto nella cartella “elaborati” relativa alla
sezione 3 entro l’1 giugno.
Le domande, riorganizzate dai due corsisti responsabili per questa sezione, verranno da loro inserite
nella cartella “riorganizzazione elaborati” entro il 4 giugno.
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Scelta, produzione, gestione e analisi di materiali di Relatività per la formazione degli insegnanti
GRIGLIA N. 4 – LETTURA CRITICA DEI CAPITOLI 5 E 6
E DEL CAPITOLO DEDICATO ALLE TRASFORMAZIONI DI LORENTZ
Premessa
Nel capitolo 5 si introduce un importante strumento di rappresentazione degli eventi nello spaziotempo: la mappa spazio-temporale. La concatenazione degli eventi relativi a una particella può così
essere visualizzata mediante una linea d’universo in un dato sistema di riferimento e la misura della
lunghezza delle linee d’universo diventa il criterio guida per confrontare storie diverse che si sviluppano tra una stessa coppia di eventi.
Nel Capitolo 6 le mappe spazio-temporali sono utilizzate per approfondire il significato dei diversi
tipi di intervallo tra eventi (intervalli di tipo tempo, di tipo spazio e di tipo luce) e per introdurre il
cono luce come descrizione di una partizione dello spazio-tempo.
Proponiamo di esaminare, insieme ai capitoli 5 e 6 anche il capitolo dedicato alla trasformazione di
Lorentz che qui sono ricavate utilizzando l’invarianza dell’intervallo spazio-temporale.
Obiettivi dell’analisi
Punti da mettere a fuoco nell’analizzare il capitolo sono:
1. l’uso delle linee d’universo e la definizione della loro misura come sviluppo dell’impostazione
geometrica basata sull’idea di intervallo spazio temporale;
2. il “principio del massimo invecchiamento” e il suo ruolo per discriminare tra possibili percorsi
nello spazio-tempo;
3. peculiarità degli intervalli spazio-temporali di tipo tempo, di tipo spazio e di tipo luce. Le implicazioni sulla possibilità di stabilire relazioni causali tra eventi;
4. le trasformazioni di Lorentz come strumento formale che può affiancarsi all’idea di intervallo
invariante e alla rappresentazione delle linee d’universo per stabilire le coordinate spazio-temporali degli eventi in diversi sistemi di riferimento inerziali;
5. le possibili reazioni alla lettura del testo;
6. gli eventuali problemi di comprensione del testo.
Come ormai risulta chiaro dall’esame dei capitoli precedenti, la scelta degli esercizi è molto ampia
e in certi casi gli esercizi introducono elementi nuovi rispetto al contenuto del capitolo. Questo è il
caso, ad esempio, dell’esercizio L13 (che prende spunto da un articolo dell’America Journal of Physics, disponibile in versione pdf) e dell’esercizio L5.
Per quanto riguarda i capitoli 5 e 6 segnaliamo i problemi 5.5, 5.8 e 6.6. Anche per questi sono disponibili gli articoli di riferimento.
Consegne di lavoro
produrre nel tempo stabilito un breve documento che contenga:
a) i risultati dell’analisi in forma di domande utili a focalizzare gli aspetti considerati fondamentali
e stimolare una discussione collettiva;
b) domande che scaturiscono dall’analisi degli esercizi/problemi suggeriti nella griglia
Ciascun corsista sarà tenuto ad inserire il documento prodotto nella cartella “elaborati” relativa alla
sezione 4 entro il 14 giugno.
Le domande, riorganizzate dai due corsisti responsabili per questa sezione, verranno da loro inserite
nella cartella “riorganizzazione elaborati” entro il 16 giugno.
Il 20 giugno si discuteranno nel forum i problemi che emergono dai documenti proposti.
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
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GRIGLIA N. 5 – LETTURA CRITICA DEI CAPITOLI 7 E 8
DI FISICA DELLO SPAZIO-TEMPO DI TAYLOR E WHEELER
Premessa
In questi capitoli l’approccio geometrico trova probabilmente la sua massima espressione. Infatti
l’approccio alla dinamica relativistica, delineato in coerenza con l’impostazione geometrica utilizzata nella parte precedente, permette di superare alcune idee oggi non più accettate (come il concetto
di “massa relativistica”) e di problematizzare uno dei punti cardine della RR: la cosiddetta “trasformazione di massa in energia”. Taylor e Wheeler, partendo dal “quadrintervallo” invariante, propongono un percorso mirato a ridefinire le grandezze quantità di moto, energia e massa sulla base sia
dei vincoli posti dalla geometria dello spazio-tempo, sia dalle regole di invarianza e conservazione
a cui le grandezze fisiche in gioco devono soddisfare.
Da qui deriva un sostanziale mutamento nella interpretazione delle grandezze dinamiche e delle loro
relazioni rispetto al caso classico.
Obiettivi dell’analisi
Punti da mettere a fuoco nell’analizzare il capitolo sono:
1. il percorso di costruzione del quadrivettore momento-energia (o enermoto) per descrivere la dinamica di un sistema;
2. il “nuovo modo di guardare” alle grandezze dinamiche di un sistema: massa, quantità di moto ed
energia, imposto dalle “nuove” proprietà assunte, ovvero dalle loro reciproche relazioni;
3. l’intreccio di invarianza e conservazione per determinare l’evoluzione del sistema;
4. le possibili reazioni alla lettura del testo;
5. gli eventuali problemi di comprensione del testo.
Come sempre vengono proposti molti esercizi; in particolare, per il capitolo 8, la scelta è amplissima. Alcuni esercizi sono in realtà sviluppi e approfondimenti della teoria, come gli esercizi 7.12,
8.5, 8.6, 8.18 e 8.19.
Il problema 8.37 si riferisce ai famosi esperimenti di Pound e Rebka sul red-shift gravitazionale e
apre quindi, come anche il problema 8.38, verso un superamento della Relatività Speciale. Gli articoli originali che descrivono gli esperimenti di Pound e Rebka e di Pound e Snider sono disponibili
in versione pdf tra i documenti di questa sezione.
Consegne di lavoro
Produrre nel tempo stabilito un breve documento che contenga:
a) i risultati dell’analisi in forma di domande utili a focalizzare gli aspetti considerati fondamentali
e stimolare una discussione collettiva;
b) domande che scaturiscono dall’analisi degli esercizi/problemi suggeriti nella griglia.
Ciascun corsista sarà tenuto ad inserire il documento prodotto nella cartella “elaborati” relativa alla
sezione 5 entro il 27 giugno.
Le domande, riorganizzate dai due studenti responsabili per questa sezione, verranno da loro inserite nella cartella “riorganizzazione elaborati” entro il 30 giugno.
La discussione finale sui problemi emersi è fissata nel forum del 5 luglio.
100
Scelta, produzione, gestione e analisi di materiali di Relatività per la formazione degli insegnanti
GRIGLIE PER L’ANALISI DELL’INSEGNAMENTO:
LA PROPOSTA DI TAYLOR E WHEELER E LE INTERPRETAZIONI DI EINSTEIN
E MINKOWSKI A CONFRONTO
Sezione 1: Spazio e tempo assoluti in fisica classica: la visione di Newton
Premessa
I materiali relativi a questa sezione sono:
1. Raccolta di brani tratti dai “Principia” di Newton (documento Newton_Spazio_e_Tempo);
2. Analisi della visione di spazio e tempo assoluti di Newton e sue critiche classiche (documento
Analisi_Spazio_Tempo_in_Fisica_Classica).
La scelta dei brani tratti dai Principia di Newton è stata effettuata per raggiungere i seguenti obiettivi:
• costruire un quadro di riferimento circa i significati di spazio e tempo assoluti nella meccanica
newtoniana rispetto al quale valutare criticamente il contributo fornito dalla relatività ristretta
al dibattito sui concetti di spazio e tempo;
• distinguere tra “visione newtoniana” e “visione classica” della meccanica al fine di mostrare
che la concezione newtoniana di spazio e tempo assoluti non era esente da critiche anche prima
dell’avvento della relatività.
In particolare, si vedrà che, analizzando i Principia, è possibile associare ai termini “spazio e tempo
assoluti” almeno i seguenti significati:
• contenitori “sciolti”, esistenti indipendentemente dall’esistenza dei fenomeni, sostanziali,
immutabili, separati e veri (significato originale);
• sistemi di riferimento privilegiati, con proprietà particolari (linguaggio post-newtoniano);
• distanza tra oggetti, lunghezza di un segmento, intervallo temporale tra eventi invariante,
non dipendenti dallo stato di moto relativo (significato implicito).
Sostenere, pertanto, l’affermazione del Nobel (vedi “Introduzione”), significherebbe, in linea di principio, trovare argomenti per mostrare che la relatività ristretta ha fatto cadere le concezioni di spazio e tempo assoluti in tutte le loro accezioni.
L’analisi che proponiamo, riguardando un dibattito su concetti interdisciplinari come lo spazio e il
tempo, si presta ad approfondire un problema che riteniamo importante e che sarà uno dei fili che ci
guideranno nel corso di tutto l’insegnamento: il possibile ruolo di riflessioni “meta-fisiche” (ovvero
riflessioni sulla fisica, che possono appartenere, come si vedrà, o al piano della teologia o, più in
generale, a quello della filosofia) nella comprensione della fisica. Nello specifico, domande sulle
quali crediamo valga la pena di riflettere e di aprire discussioni sul forum sono:
Sul piano “teorico”:
• È possibile/ha senso stabilire criteri di demarcazione tra fisica e meta-fisica?
Sul piano “didattico”:
• Aspetti meta-fisici favoriscono od ostacolano la comprensione dei contenuti di fisica?
• Aspetti meta-fisici possono fornire criteri per la progettazione di percorsi concettuali?
Obiettivi dell’analisi
Proponiamo di analizzare il materiale messo a disposizione (brani tratti dai Principia di Newton e
loro analisi) e di riflettere sui punti seguenti:
1. la relazione tra fisica e meta-fisica sul piano “teorico”. In particolare, quali criteri o argomenti
sono formulabili per sostenere che una demarcazione è possibile e/o doverosa oppure che essa è
quantomeno problematica?
2. la relazione tra fisica e meta-fisica sul piano “didattico”: quali argomenti possono essere utilizzati per sostenere che la meta-fisica ha/non ha una valenza didattica (a livello di comprensione
dei contenuti, per la progettazione di percorsi concettuali o altro)?
3. implicazioni a livello di insegnamento della fisica classica;
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
101
4. le possibili reazioni alla lettura del testo;
5. problemi di comprensione del testo.
Consegne di lavoro
Produrre entro martedì 6 marzo un breve documento che contenga i risultati dell’analisi possibilmente sotto forma di domande utili a focalizzare gli aspetti considerati fondamentali e a stimolare
una discussione collettiva.
Ciascun corsista sarà tenuto ad inserire il documento prodotto nella cartella “elaborati” relativa alla
sezione 1.
Sulla base delle analisi saranno individuati temi di discussione per l’incontro in rete di giovedì 8
marzo (ore 15-18). Eventuali domande relative alla sezione possono essere inviate al Forum che
sarà comunque attivo per qualche giorno (26 febbraio - 4 marzo).
Sezione 2: “L’elettrodinamica dei corpi in movimento”:
Einstein e il dibattito sui concetti di spazio e tempo
Premessa
In questa sezione si discuterà un’analisi di brani tratti dall’articolo di Einstein 1905 “Sull’elettrodinamica dei corpi in movimento” effettuata al fine di:
- individuare gli argomenti utilizzati da Einstein per sostenere che la relatività ristretta ha fornito
un contributo essenziale nella direzione di eliminare dalla fisica i concetti newtoniani di spazio
e tempo assoluti;
- mostrare che gli argomenti utilizzati da Einstein derivano da una specifica visione della fisica e
del rapporto tra fisica, filosofia e matematica, entro la quale è collocabile in modo coerente una
particolare concezione di spazio e tempo (la prospettiva operazionista);
- individuare le basi epistemologiche dell’approccio tradizionale all’insegnamento della relatività,
discutendone anche le critiche che le sono state rivolte;
- individuare criteri di confronto tra la presentazione originale di una teoria e la sua trattazione nei
libri di testo;
- sottolineare alcuni nodi concettuali noti in letteratura di ricerca in Didattica della Fisica come
particolarmente problematici per la comprensione.
I materiali relativi a questa sezione sono:
1. Analisi della visione di Einstein;
2. Schede di approfondimento didattico (alcune delle quali erano già state messe a disposizione nel
precedente insegnamento di relatività e sono riportate anche qui per completezza).
Nel documento relativo all’analisi viene discussa la posizione di Einstein circa il problema della
demarcazione tra la fisica e la meta-fisica e, dunque, la lettura del documento dovrebbe fornire ulteriori spunti per sviluppare la discussione avviata fin dalla prima sezione. Come si vedrà anche negli
obiettivi dell’analisi, proponiamo di tenere il più possibile separati il piano epistemologico (aspetti
positivi e criticabili della visione di Einstein) da quello didattico (potenzialità e limiti per la comprensione della teoria e per la sua collocazione nel quadro complessivo di una educazione alla fisica).
Obiettivi dell’analisi
Proponiamo di analizzare il materiale messo a disposizione e di riflettere sui punti seguenti:
1) piano epistemologico: quali spunti e quali idee emergono come contributi alla discussione sulla
relazione tra fisica e meta-fisica?
Quali aspetti si ritengono condivisibili e quali criticabili della visione epistemologica di Einstein?
2) piano “didattico”: l’analisi offre idee e spunti per l’individuazione di criteri generali per la pro-
102
Scelta, produzione, gestione e analisi di materiali di Relatività per la formazione degli insegnanti
gettazione di percorsi concettuali sulla relatività (e non solo)? Quali potenzialità e quali limiti si
individuano in un approccio alla Einstein (e alla Resnick)?
3) implicazioni a livello di insegnamento della fisica classica;
4) le possibili reazioni alla lettura del testo;
5) problemi di comprensione del testo.
Chiediamo, inoltre, di risolvere e riflettere sui problemi riportati riguardanti la relatività della simultaneità e il tempo proprio.
Consegne di lavoro
Produrre entro martedì 13 marzo un breve documento che contenga i risultati dell’analisi possibilmente sotto forma di domande utili a focalizzare gli aspetti considerati fondamentali e a stimolare
una discussione collettiva. Per agevolare la lettura, chiediamo che il documento sia diviso in due
parti, una relativa all’analisi del materiale e una relativa ai problemi.
Ciascun corsista sarà tenuto ad inserire il documento prodotto nella cartella “elaborati” relativa alla
sezione 2.
Sulla base delle analisi saranno individuati temi di discussione per l’incontro in rete di giovedì 15
marzo (ore 15-18). Eventuali domande relative alla sezione possono essere inviate al Forum che
sarà comunque attivo per qualche giorno (8-15 marzo).
Sezione 3: “Spazio e Tempo”: Minkowski e il dibattito sui concetti di spazio e tempo
Premessa
L’analisi della memoria di Minkowski “Spazio e tempo” è stata condotta ai fini di:
- individuare gli argomenti utilizzati da Minkowski per sostenere che la relatività ristretta ha fornito un contributo essenziale nella direzione di ri-vedere i concetti newtoniani di spazio e tempo
assoluti;
- mostrare che gli argomenti utilizzati da Minkowski derivano da una specifica “visione della fisica”
e del rapporto tra fisica, filosofia e matematica, entro la quale, infatti, è collocabile in modo coerente una particolare concezione di spazio e tempo: la prospettiva geometrico-sostanzialista;
- esplicitare possibili basi epistemologiche dell’approccio geometrico all’insegnamento della relatività, discutendone anche le critiche rivolte;
- individuare criteri di confronto tra la presentazione originale di una specifica interpretazione di
una teoria e la sua trattazione in proposte didattiche;
- discutere diversi modi per introdurre dal punto di vista didattico la geometria dello spaziotempo.
Il materiale relativo a questa sezione è un documento di analisi della visione di Minkowski.
Anche questa sezione dovrebbe fornire ulteriori spunti per sviluppare la discussione circa il problema
della demarcazione tra la fisica e la meta-fisica, analizzando la posizione di Minkowski al riguardo.
La lettura che proponiamo dei documenti è su due piani:
- piano epistemologico: aspetti positivi e criticabili della visione di Minkowski;
- piano didattico: potenzialità e limiti per la comprensione della teoria e per la sua collocazione nel
quadro complessivo di una educazione alla fisica.
Obiettivi dell’analisi
Proponiamo di analizzare il materiale messo a disposizione e di riflettere sui punti seguenti:
1) piano epistemologico: quali spunti e quali idee emergono come contributi alla discussione sulla
relazione tra fisica e meta-fisica?
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
103
Quali aspetti si ritengono condivisibili e quali criticabili della visione epistemologica di Minkowski?
2) piano “didattico”: l’analisi offre idee e spunti per l’individuazione di criteri generali per la progettazione di percorsi concettuali sulla relatività (e non solo)? Quali potenzialità e quali limiti si individuano da un punto di vista prettamente didattico in un approccio alla Minkowski? Quali aspetti di
continuità/discontinuità si osservano tra la memoria originale e la proposta di Taylor e Wheeler?
3) implicazioni a livello di insegnamento della fisica classica;
4) le possibili reazioni alla lettura del testo;
5) problemi di comprensione del testo.
Consegne di lavoro
Produrre entro martedì 20 marzo un breve documento che contenga i risultati dell’analisi possibilmente sotto forma di domande utili a focalizzare gli aspetti considerati fondamentali e a stimolare una discussione collettiva.
Ciascun corsista sarà tenuto ad inserire il documento prodotto nella cartella “elaborati” relativa alla
sezione 3.
Sulla base delle analisi saranno individuati temi di discussione per l’incontro in rete di giovedì 22
marzo (ore 15-18). Eventuali domande relative alla sezione possono essere inviate al Forum che
sarà comunque attivo per qualche giorno (16-23 marzo).
104
Scelta, produzione, gestione e analisi di materiali di Relatività per la formazione degli insegnanti
APPENDICE 4.1 – Documento di prospettiva
16/5/06
Linee di riflessione a partire dagli elaborati sul Cap. 1
(Anna, Olivia)
Indichiamo le linee di discussione che a nostro parere è opportuno avviare e sviluppare a breve o
lunga scadenza nel corso dell’intero modulo di relatività.
La scelta di fondo della proposta
(discussione a “medio termine” da sviscerare all’interno di questo insegnamento e dell’insegnamento “La proposta di Taylor e Wheeler e le interpretazioni di Einstein e Minkowski a confronto”,
finalizzato ad analizzare le radici storiche di diverse tradizioni didattiche sulla relatività e a confrontare le scelte di fondo di diversi possibili approcci)
1. Sembra esserci in linea di massima una condivisione (o perlomeno poche obiezioni) sulla scelta
di fondo di centrare la proposta sul concetto di invariante e sull’intreccio spaziotemporale (vedi,
in particolare, l’argomento di Valter a sostegno della scelta).
E, più o meno esplicitamente, in tutti gli elaborati si evidenzia l’opportunità di un approccio geometrico per far emergere le peculiarità di questi concetti fondamentali.
2. Nonostante il capitolo, in quanto overview, non si proponesse di argomentare le scelte effettuate
(rimandando lo sviluppo delle argomentazioni nei capitoli successivi) in molti elaborati sono già
presenti suggerimenti interessanti per valutare la significatività della proposta: suggerimenti che
evidenziano l’esistenza di diverse posizioni.
In particolare non sembra esserci accordo circa:
- l’intelligibilità degli argomenti: per qualcuno la parabola degli agrimensori (il fulcro del capitolo)
è “trasparente” per altri ci sono aspetti che potrebbero creare difficoltà di comprensione dell’analogia negli studenti (l’analogia tra gli angoli e i sistemi di riferimento; tra il confronto tra due lunghezze e tra distanza spaziale e temporale;
- la rilevanza/significatività degli argomenti: anche ammettendo che gli studenti siano in grado di
seguire gli argomenti, parecchi hanno evidenziato il rischio che essi non siano in grado di cogliere
la significatività di tali argomenti e che, dunque, possano risultare giochetti/artifici matematici che
possono offuscare il significato fisico o apparire “calati dall’alto” a cui credere con “atti di fede”
(particolarmente forzata è stata vista da tanti l’introduzione del “segno meno”). Parecchi hanno
sottolineato l’opportunità di arrivare all’invarianza attraverso un percorso più lungo per renderla
maggiormente significativa o, come dicono Martino e Silvia, per evidenziare la domanda di conoscenza (la curiosità) alla quale un criterio di invarianza può dare risposta. Sono diverse le proposte per dare maggiore sostegno al concetto di invarianza:
- guidare gli studenti ad apprezzare argomenti matematici (Antonio);
- riprendere un percorso storico che sottolinei maggiormente la “specialità” della velocità della luce
o attraverso analisi di esperimenti come M&M, Bertozzi o attraverso il ruolo che c è venuta ad
assumere alla luce dell’elettromagnetismo (Sara, Valter)
- presentare la relatività come “teoria di principi” (Pasquale)
- dando un giusto rilievo anche a ciò che cambia come conseguenza dell’invarianza di c (NicolettaAlberto-Barbara)
- la fecondità degli argomenti: le scelte potrebbero offuscare alcuni aspetti ritenuti rilevanti (ad esempio “l’aspetto operazionale” o la specificità del tempo rispetto allo spazio (Paolo P.)), o suggerire
una particolare interpretazione della teoria (ad esempio, un’interpretazione “assolutista”, MichelaChristian M.) oppure suggerire immagini della fisica e, in particolare del rapporto fisica-matematica, non sempre condivise (Paolo P., Michela-Christian M., Alessandra C.-Alessandra A.)
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
105
Queste osservazioni aprono il grosso problema di che cosa significa ricostruire la fisica in prospettiva didattica: in particolare quali criteri (epistemologici, cognitivi, argomentativi) è opportuno scegliere per gestire didatticamente la complessità di qualunque argomento di fisica?
La realizzabilità della proposta in una realtà di classe
(discussione a “lungo termine” da sviluppare sull’intero modulo di relatività e che troverà concretezza nel laboratorio, ovvero qualora lavoreremo alla produzione di progetti “realizzabili”, oltre
che culturalmente significativi, per l’insegnamento della relatività)
Un problema sollevato da parecchi riguarda la realizzabilità dell’intera proposta in una realtà di classe
e nel rispetto dei vincoli imposti dall’attuale programmazione. Quanto tempo è ragionevole pensare
di dedicare alla relatività? In quali scuole è pensabile di insegnare la relatività e in quali classi? Prima
o dopo l’elettromagnetismo?
Alcuni nodi concettuali individuati
(discussione a “corto-medio termine” da sviscerare all’interno di questo insegnamento, contestualmente all’analisi di altri nodi concettuali particolarmente “duri” ma cruciali)
Già da questo primo scambio di osservazioni sembrano essere emersi alcuni punti che la ricerca
in Didattica della Fisica ha evidenziato come tra i più delicati nella comprensione della relatività
ristretta.
Questi punti riguardano il concetto di lunghezza (e di contrazione delle lunghezze), il concetto di
tempo proprio e quello di evento:
- Riprendendo la discussione nata sul problema 1.11 e rilanciando la domanda posta da Valter, quale
significato fisico ha il risultato ottenuto da Fabio:
“L’“attenti” finale mi fa pensare che probabilmente la mia soluzione iniziale non va. Avevo pensato
di moltiplicare lo spostamento nel sistema del laboratorio, i 60000 metri, per il fattore 1-v2/c2 sotto
radice (i 2 sono esponenti, non c`è possibilità, mi pare, di formattare il testo nei messaggi).”?
Quale ragionamento/ambiguità/idee stanno dietro a questa soluzione? Quali concetti sono implicati?
Come possono essere condotti gli studenti a confrontare la soluzione di Fabio con quella, divenuta
condivisa, per cui la distanza spaziale tra “nascita” e “arrivo sulla superficie terrestre” del muone
è zero? Quanto è influenzata la strategia di risposta dalla formulazione della domanda? Come mai
questo problema così ricco è posto all’inizio dello studio della teoria quando ancora il fattore g non
è stato introdotto?
- Riprendendo un punto di Pasquale: “A pagina 17 viene definita la massa come invariante relativistico. Bisognerebbe essere un po’ più chiari. Se la massa è invariante, da quel poco che ricordo,
lo dovrebbe essere anche il tempo. Il fatto che esista una quantità detta massa propria fa da contro-altare all’esistenza di un SdR privilegiato caratterizzato anche da un tempo proprio.” Come
può il tempo proprio essere invariante (lo stesso in tutti i sistemi di riferimento) e, allo stesso
tempo, definito come il tempo dell’orologio da polso indossato da un osservatore in un particolare sistema di riferimento? (Pasquale, abbiamo capito bene il problema?)
- Riprendendo un punto da Michela-Christian M.: “Il fatto di sottolineare l’invarianza del tempo
proprio come tempo misurato in un sistema in cui i due eventi accadono nello stesso posto come
si pone rispetto all’affermazione (cfr. §1.3) dell’inutilità di far uso di un sistema di riferimento
per descrivere gli eventi?”, suggeriremmo di riflettere sul concetto di evento e su che cosa vuole
dire averlo compreso. In particolare, riuscireste ad individuare alcune situazioni/problemi in cui
tale concetto è problematico e cruciale per la comprensione, pur apparendo così semplice e innocuo?
Warning: attenzione ai termini invarianza-conservazione-costanza, nonché ai diversi ruoli svolti
dalla finitezza e dall’invarianza di c (o dal suo essere una velocità-limite).
106
Scelta, produzione, gestione e analisi di materiali di Relatività per la formazione degli insegnanti
APPENDICE 4.2 - Dall’analisi degli elaborati ai fili di discussione
1. ANALISI DEL CAPITOLO 3 e 4
RIELABORAZIONE DI TUTTI I CONTRIBUTI A CURA DI Martino e Silvia
Nota: Questo elaborato raccoglie integralmente tutti gli interventi messi in rete, classificandoli
secondo la disposizione dei punti presente nelle consegne. In ciascun punto sono stati separate le
domande dagli spunti di riflessione. Laddove possibile e significativo, le domande sono state raggruppate per temi sviluppati.
Tutta la raccolta infine, è preceduta da una brevissima sintesi introduttiva.
Indice
Sintesi introduttiva
1. Passaggio dal principio di relatività di Galileo al principio di relatività di Einstein
2. Relatività della simultaneità: potenzialità e limiti dell’esperimento mentale del treno
3. Invarianza dell’intervallo: cosa significa dimostrarne l’esistenza?
4. Racconto come strumento di analisi
5. Ruolo degli esperimenti e loro proponibilità
6. Le possibili reazioni alla lettura del testo
7. Gli eventuali problemi di comprensione del testo
8. Esercizi
pag. 2
pag. 4
pag. 11
pag. 16
pag. 18
pag. 20
pag. 23
pag. 25
pag. 26
[Nota di ADA e OL: per motivi di spazio riportiamo di seguito soltanto la sintesi]
Sintesi introduttiva
Passaggio dal principio di relatività di Galileo al principio di relatività di Einstein
Il passaggio dal principio di relatività di Galileo al principio di relatività di Einstein è stato interpretato in diversi modi; alcuni commenti hanno messo in risalto come, nel testo, il secondo appaia come
una semplice estensione del primo (Alberto) o, per dirla in altri termini, il passaggio da uno all’altro
avvenga in modo fluido e naturale (Maria Domenica). In questo passaggio si avverte però il rischio
che l’innovazione della relatività sia sminuita dalla presentazione di un’estensione troppo naturale e
scontata (Cristina). È pertanto lecito chiedersi se si tratti solo di una semplice estensione o, invece,
si tratti di una questione epistemologica (Nicoletta, Barbara).
Da diversi elaborati si evince il ruolo centrale giocato dall’aver preso in considerazione sistemi in
volo libero (Valter, Paolo B., Luigia, Marco, Fabio, Filippa, Franca).
Un altro punto focale della questione è l’esigenza di semplicità, intesa come equivalenza e simmetria (Michela, Christian M., Martino, Silvia).
Infine da un punto di vista didattico, appaiono più pressanti le esigenze di collegare il contesto della
trattazione alla trattazione sull’elettromagnetismo (Alberto, Valter) o ad almeno approfondimenti sul
concetto di campo (Diego).
Emergono inoltre alcuni aspetti che meriterebbero più enfasi, come il diverso comportamento delle
accelerazioni (Diego, Paolo P.).
Relatività della simultaneità: potenzialità e limiti dell’esperimento mentale del treno
Generalmente l’esperimento del treno è stato giudicato come “classico” ed ormai consolidato per
mostrare la non conservazione della simultaneità degli eventi in differenti SdR.
Gli unici dubbi sono stati sul fatto che il sistema considerato non sia in volo libero (Paolo B., Luigia,
Marco, Michela, Christian M.) e che la trattazione non sottolinei a sufficienza la reciprocità dell’esperimento (Michela, Christian M., Luca); si auspica la possibilità di trovare delle alternative (Patrizia)
e si avanzano delle proposte (Valter).
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
107
I contributi hanno inoltre esteso lo sguardo alle considerazioni di osservatori in differenti SdR soprattutto per quel che concerne la dimensione trasversale al moto (Michela, Christian M., Cristina, Paolo
P.).
Invarianza dell’intervallo: cosa significa dimostrarne l’esistenza?
Per alcuni dimostrare l’esistenza dell’invarianza dell’intervallo coincide con l’argomentazione geometrica seguita dal testo, in perfetta coerenza con la trattazione precedente. (Antonio, Alberto, Filippa,
Fabio). Alcuni hanno invece evidenziato come limitante la “dimostrazione” di tipo solo geometrico
in quanto si presta ad approcci troppo deduttivi (Nicoletta, Barbara).
Altri hanno invece posto l’accento sulla necessità di presentare al meglio una nuova grandezza assoluta (lo spazio-tempo) che sostituisce le due di spazio e tempo (Martino, Silvia).
Altri ancora hanno suggerito di rafforzare il discorso attraverso una dimostrazione di tipo analitico
mediante le TdL (Cristina).
Racconto come strumento di analisi
È stato riscontrato un generale consenso all’espediente del “racconto”. Per quanto riguarda l’efficacia didattica, è legittima sempre la provocazione/richiamo a riferire il giudizio ultimo ad una verifica diretta in classe (Nicoletta, Barbara).
Ruolo degli esperimenti e loro proponibilità
L’accordo sul ruolo degli esperimenti è pressoché unanime; le conferme sperimentali sono ritenute
indispensabili, obbligatorie, ma alcuni preferiscono l’esperimento di Hafele e Keating, con la motivazione che l’orologio consente di fare delle misure dirette, anche senza conoscerne il meccanismo,
quindi si tratta di una situazione più familiare per lo studente (Nicoletta, Barbara). In altri elaborati
emerge qualche perplessità sull’esperimento di Hafele e Keating proprio perché coinvolge il meccanismo dell’orologio e ciò può creare delle difficoltà (Antonio). Da molti è stato messo in risalto che
il coinvolgimento della relatività generale complica la situazione; questa situazione ha tuttavia un
risvolto positivo: ha il pregio di evidenziare le difficoltà connesse all’interpretazione delle misure
(Maria Domenica, Paolo B., Luigia, Marco, Diego). Il limite di tutti gli esperimenti proposti è che
possono essere solamente descritti (Franca).
Le possibili reazioni alla lettura del testo
Il testo è stato valutato complessivamente in modo positivo, ma emergono alcune perplessità, legate
allo stile che suona non omogeneo (Alessandra C., Alessandra A.), al fatto che un paradigma nuovo
sia presentato con le parole del vecchio (Patrizia) e, più in generale, che sia richiesto un background
notevole per cogliere tutti i dettagli (Nicoletta, Barbara)
Esercizi
L’attenzione si è concentrata soprattutto sui seguenti:
Esercizio 3.7: valutato da alcuni difficile e problematico (Franca, Patrizia), considerato utile da altri
per evidenziare come la contrazione delle lunghezze consiste nella non simultaneità della misura
(Michela, Christian M.) e per riconoscere errori comuni (Alberto).
Esercizio 3.11 (sulla composizione delle velocità): questo problema ha suscitato reazioni contrastanti: da una parte chi lo ritiene abbordabile, anche nella versione in lingua originale (Patrizia) e
utile per fornire allo studente un modo alternativo di guardare ai fenomeni (Paolo B., Luigia, Marco);
dall’altra chi lo ritiene difficile e reputa migliore l’utilizzo delle trasformazioni di Lorentz (Roberta,
Franca, Cristina)
Problemi 3.12 e 3.13: Generalmente apprezzati, sia per l’introduzione graduale (Paolo B., Luigia,
Marco), sia per evidenziare il contesto storico (Christian D.)
Problema 3.16: apprezzato perché dimostra come ricavare a distanza dati locali non accessibili (Paolo
B., Luigia, Marco) e mette in risalto la differenza tra vedere e misurare (Martino, Silvia).
108
Scelta, produzione, gestione e analisi di materiali di Relatività per la formazione degli insegnanti
Ancora sul ruolo di c
Alcuni interventi sono stati dedicati al ruolo di c.
Il primo dubbio riguarda il seguente punto: si tratta di un fattore di conversione (Michela, Christian
M., Roberta, Luca), ma il testo sembra dare indicazioni contrastanti (Alessandra C., Alessandra A.,
Pasquale).
Il secondo dubbio riguarda, invece, la sua deduzione dal principio di relatività (Christian D., Franca,
Martino, Silvia).
2. FILI DI DISCUSSIONE CAP 3-4
Come già detto, la riorganizzazione degli elaborati fatta da S. e M. e la sintesi che loro propongono
sono un ottimo punto di partenza per la discussione. Per questo suggeriamo a tutti di leggere attentamente almeno il quadro sintetico che delineano.
Dei tanti punti emersi, suggeriamo di aprire le seguenti linee di discussione:
5. il passaggio dal principio di relatività di Galileo al principio di relatività di Einstein;
6. Invarianza delle leggi fisiche;
7. Relatività della simultaneità e nuova idea di osservatore;
8. Esprimenti mentali ed esperimenti reali;
9. Il problema della coerenza rispetto alle scelte di fondo.
1. il passaggio dal principio di relatività di Galileo al principio di relatività di Einstein Qualcuno giustamente ha sollevato il problema di quali esempi scegliere per presentare i problemi
di “inconciliabilità” della descrizione elettromagnetica con la meccanica classica. Il problema non
è banale anche perché una soluzione “generale” del problema richiede di saper gestire la trasformazione dei campi elettrici e magnetici per trasformazioni di Lorentz. Alleghiamo, comunque,
un esempio scelto da uno specializzando di Bologna per presentare il problema ad una classe di
V Liceo Scientifico (l’esempio è tratto dal testo G. Manuzio e G. Passatore – Verso la Fisica, vol.
3 – Principato, 1981). Vi sembra efficace? Quali potenzialità e quali limiti ha? Quali problemi
potrebbe sollevare?
2. Uno dei problemi maggiori degli studenti riscontrati in letteratura è, come qualcuno sottolinea,
la confusione tra i termini costanza e invarianza. In particolare, se per gli studenti è relativamente facile capire che cosa è l’invarianza di “una grandezza fisica” - come c, e -, è tutt’altro che
banale capire l’invarianza di una legge fisica o di una relazione (ad esempio di una relazione tra
eventi come il quadrintervallo). Quali ipotesi si possono fare circa queste difficoltà e quali strategie didattiche possono essere messe in atto per costruire negli studenti questi concetti? Questo
punto diventerà importante quando si discuterà l’invarianza della massa (capitoli 7 e 8)
3. La relatività della simultaneità e la nuova idea di osservatore: dagli elaborati sono emersi almeno
tre modi diversi per introdurre la relatività della simultaneità: quella proposta dal T&W, quello
riportato da Valter e uno citato da Franca (quest’ultimo si riferisce all’esempio dei due segnali
luminosi emessi simultaneamente dal centro di un vagone che dunque, per l’osservatore sul treno,
colpiranno simultaneamente la parete anteriore e quella posteriore del vagone). Sono, secondo
voi, equivalenti dal punto di vista concettuale? E dal punto di vista didattico?
4. Dagli elaborati (in particolare, a commento dell’esperimento mentale del treno di Einstein e della
presentazione degli esperimenti reali), è emerso un punto importante circa la differenza tra il ruolo
svolto nell’insegnamento/apprendimento della fisica dagli esperimenti mentali e quello svolto
dagli esperimenti reali. Suggeriremmo di aprire una discussione per approfondire questo punto,
contestualmente ad un altro problema che avete espresso a proposito dell’efficacia della dimostrazione “geometrica” dell’invarianza del quadrintervallo. Le domande dalle quali la discussione
potrebbe partire sono: quali sono gli “strumenti retorici (comunicativi)” della scienza ai quali è
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
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opportuno educare gli studenti? Perché l’esperimento reale, così come una dimostrazione “analitica”, appaiono più convincenti rispettivamente di un esperimento mentale e di una “dimostrazione geometrica”?
5. Problemi di coerenza interna: alcuni sollevano perplessità circa la coerenza del testo rispetto a
scelte di fondo: c come fattore di conversione, la scelta dei sistemi in volo libero, la proposta di
ridefinire l’osservatore come reticolo di orologi sincronizzati, il ruolo svolto dell’invarianza del
quadrintervallo nella strutturazione dell’argomentazione… Queste osservazioni pongono un problema importante per l’insegnamento/apprendimento, perché mostrano che, oltre ad un problema
di “coerenza sintattica” (formale), nella fisica c’è un problema di “coerenza semantica”, interpretativa. Quali difficoltà si possono incontrare - come insegnanti e come studenti – per cogliere la
“coerenza” delle scelte fatte da T&W?
Il modulo “Meccanica Statistica
e Struttura della Materia”
Rosa Maria Sperandeo Mineo, Ivan Guastella e Claudio Fazio
Gruppo di Ricerca sull’Insegnamento/Apprendimento della Fisica, Università di Palermo, Italia
1. Premessa
L’obiettivo principale del Modulo “Meccanica Statistica e Struttura della Materia” è quello di supportare, nell’ambito del Master IDIFO, la costruzione della conoscenza da parte dei corsisti tramite
l’utilizzo di strumenti didattici di tipo innovativo e facenti uso delle tecnologie informatiche. Questo
obiettivo è sviluppato tenendo in piena considerazione le moderne teorie pedagogiche e cercando di
evitare l’errore commesso da alcune piattaforme di e-learning, che si limitano ad utilizzare le moderne
tecnologie della comunicazione per trasmettere solo stereotipate istruzioni didattiche.
Ciò implica costruire percorsi didattici che stimolino i fruitori del corso con strategie didattiche basate
sull’indagine, sulla cooperazione tra pari e sull’imparare per capire. Il Modulo è strutturato in 8 settimane di attività formative, con due docenti e un “facilitatore dell’apprendimento” impegnati nel fornire stimoli e supporto ai corsisti e facilitare loro l’acquisizione della conoscenza scientifica e della
relativa conoscenza didattica. In questo articolo verrà discussa la struttura del Modulo e alcuni dei
risultati ottenuti in relazione allo sviluppo delle abilità di meta-cognizione che sono messe in gioco
durante i processi di modellizzazione. In particolare, verrà analizzato come alcuni modelli rilevanti,
evidenziati nelle relazioni tra le proprietà macroscopiche della materia e i comportamenti microscopici, sono stati costruiti dai corsisti grazie al supporto fornito dagli strumenti di visualizzazione messi
a disposizione e come i corsisti hanno trasformato la loro conoscenza “teorica” del contenuto in una
forma più appropriata all’insegnamento nella scuola secondaria di secondo grado.
“The new and more powerful opportunity available to educators today is to use (internet)
technologies to help individuals collaboratively construct networked learning communities
that will accelerate and augment the community’s learning, as well as each individual’s learning” (Carroll 2000).
2. Introduzione
Molti approcci didattici differenti sono stati, di recente, sviluppati per la costruzione e la diffusione
di corsi di formazione via Internet. Essi si sono differenziati in modo assai vario, sia per i diversi
obiettivi, sia, in modo più profondo, per il modo stesso di intendere l’insegnamento e l’apprendimento. È possibile identificare in letteratura quattro modelli principali di strategie per l’apprendimento a distanza (The Concord Consortium 2009): corsi integrativi, lezioni/seminari online, attività
di scambio di idee tra pari e attività asincrone pre-programmate. Quest’ultima modalità, in particolare, è basata sulla centralità ed efficacia della collaborazione asincrona tra studenti e si è rivelata
assai utile per creare un ambiente pratico ed efficace per i corsi online, sia per studenti scolastici sia
per la formazione professionale dei docenti. Alcune esperienze nell’applicare questo modello nei due
casi suddetti indicano che è possibile ottenere, in corsi online organizzati in tal modo, effetti sull’apprendimento dei partecipanti paragonabili a quelli che si ottengono in situazioni didattiche tradizionali, senza richiedere ulteriore tempo per il completamento delle tematiche trattate.
I modelli di attività asincrone pre-programmate sono basati su una forma di collaborazione online
tra studenti che ha con le seguenti caratteristiche:
112
Il modulo “Meccanica Statistica e Struttura della Materia”
• collaborazione asincrona. La strategia di apprendimento di base in questo modello usa discussioni
asincrone nel tempo (i corsisti non devono interagire tutti allo stesso tempo, come in una Chat, ma
possono connettersi quando lo desiderano, leggere e dare il loro contributo alle discussioni in uno
o più Forum) e attività di gruppo per la risoluzione di problemi in gruppi di discussione tematici.
Se paragonati a tecniche di tipo sincrono (chat, piattaforme di lavoro condivise, applicazioni condivise, videoconferenze), questi gruppi di discussione sono meno costosi, più orientati alla riflessione e più facili da organizzare;
• programmazione esplicita. I corsi online che si basano su discussioni collaborative devono essere
attentamente programmati, in modo che i partecipanti possano condividere esperienze e riflessioni il
più possibile simili. Una accurata programmazione conserva la flessibilità dei corsi online e assicura
che tutti i partecipanti possano portare i loro contributi e le loro esperienze alla discussione in atto.
I corsi di formazione online sono spesso organizzati in termini di un “paradigma trasmissivo”, che
enfatizza il trasferimento di conoscenza dall’insegnante/formatore al discente. Nell’ambiente online
spesso si spende poco tempo nello sviluppo di una pedagogia efficace. La combinazione del poco
tempo dedicato allo sviluppo e della tradizionale trasmissione di semplici istruzioni didattiche ha
sovente come effetto la semplice riproposizione, nell’ambiente online, di materiale didattico pre-esistente, con poca/inesistente attenzione a risultati di ricerca che si sono mostrati efficaci per il miglioramento della didattica in tali situazioni innovative (Luca & Mclaughlin 2004). Per queste ragioni, la
preparazione di un corso online che non sia indirizzato alla semplice trasmissione di conoscenza ma
che sia votato ad un effettivo sviluppo professionale dei future docenti è da considerarsi una appassionante e motivante sfida.
Negli ultimi anni, la preparazione professionale dei docenti di discipline scientifiche è stata analizzata in profondità in termini di competenze, anziché in termini di conoscenza o di abilità. Il concetto
di competenza è stato oggetto di svariate definizioni, in articoli scientifici e in progetti di ricerca. Tali
definizioni non sono sempre coerenti tra loro, ma è comunque possibile trovare alcuni punti comuni,
tra i quali è utile citare: - la padronanza e l’utilizzazione consapevole di conoscenze e metodi cognitivi specifici; - l’integrazione di tipi differenti di conoscenza e metodi in una rete logica flessibile; la trasformazione di questa rete in una sinergica attitudine al saper fare. Tra i differenti metodi indirizzati allo sviluppo di competenze, due hanno mostrato una effettiva efficacia:
- lo stimolo alla meta-riflessione, cioè l’attivazione di quelle procedure che dirigono e indirizzano il
flusso di informazione dell’apprendimento allo scopo di renderlo esplicito, riconoscibile e riproducibile (Simons 1996);
- l’implementazione di un approccio di “coaching” all’apprendimento (Shön 1988), nel quale gli studenti sono assistiti e incoraggiati nell’apprendimento, piuttosto che essere meri destinatari di attività di insegnamento.
In questo contesto, le competenze sono intese come caratteristiche professionali che devono essere
ben acquisite tramite attività e procedure di “allenamento cognitivo”, piuttosto che assimilate in
modo tradizionale.
La piattaforma online che supporta il programma del Master IDIFO (IDIFO 2006) rende possibile lo
sviluppo di un nuovo ambiente di apprendimento che, applicando le attuali teorie sull’insegnamento
e sull’apprendimento online, si focalizza sulla didattica basata sull’indagine delle situazioni reali e
incorpora principi di buona pratica come l’apprendimento cooperative, il “mentoring” e la costruzione di conoscenza tramite la meta riflessione.
Il punto focale della nostra proposta di Modulo è il coinvolgimento del discente nel suo stesso processo di apprendimento. Seguendo la classificazione di Bransford, Brown, & Cocking (2002), il
nostro Modulo può essere definito come focalizzato 1) sulla conoscenza, 2) sulla valutazione e 3)
sulla comunità. Infatti, in relazione al primo punto, esso si basa sulla costruzione della conoscenza
(disciplinare e didattica) e sull’apprendimento tramite la riflessione e il problem-solving, con ampia
enfasi allo sviluppo di abilità meta-cognitive nel discente. È focalizzato sulla valutazione in quanto
enfatizza l’uso di strumenti di feedback, di autovalutazione e di opportunità di revisione. Infine, il
Modulo è focalizzato sulla comunità poiché la discussione tra pari è considerata come punto di rife-
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
113
rimento per lo sviluppo comune di approcci didattici di tipo innovativo, che possano caratterizzarsi
per efficacia e semplicità.
È opinione diffusa nell’ambito della ricerca in didattica delle discipline scientifiche che la materia
sia da considerare un dominio base della Scienza (in particolare, in fisica e chimica) e che una appropriata comprensione delle proprietà e dei comportamenti della materia possa facilitare la comprensione, da parte degli studenti, di principi e teorie dei processi fisici e chimici. Una comprensione
completa della materia implica, però, la padronanza di metodi di ragionamento sia di tipo descrittivo
che esplicativo, in relazione a situazioni sia macroscopiche che microscopiche e di tipo qualitativo
e quantitativo. Sebbene possano essere identificate in letteratura posizioni differenti a proposito del
livello scolastico più appropriato per l’introduzione dei modelli microscopici (Adbo, Taber 2009), gli
attuali programmi scolastici prevedono che i docenti di scuola secondaria di secondo grado debbano
confrontarsi con l’insegnamento dei modelli microscopici della materia a livelli differenti (modelli
classici e quantistici). Per questa ragione, noi abbiamo scelto la Meccanica Statistica come argomento
di base che possa portare allo sviluppo di attività di modellizzazione di tipo microscopico.
Nel prosieguo discuteremo del Modulo, delle caratteristiche dell’ambiente di apprendimento e dei
risultati ottenuti durante la sperimentazione nell’ambito del Master IDIFO.
3. La struttura del Modulo
Prima di discutere della struttura del Modulo, facciamo un breve riassunto delle caratteristiche generali delle attività di modellizzazione in Meccanica Statistica. In fisica, il processo di modellizzazione
può essere visto come un gioco di interscambio tra il modello stesso, i risultati sperimentali e la teoria fondamentale che sta alla base del modello (tipicamente, fisica classica o quantistica).
In Meccanica Statistica, la modellizzazione dei fenomeni macroscopici segue il seguente approccio:
1. vengono scelti i componenti microscopici (atomi, nuclei, elettroni,…) che saranno usati per la
costruzione dell’interpretazione di un fenomeno macroscopico;
2. i comportamenti microscopici e le energie dei componenti sono determinati, sulla base della meccanica classica o quantistica;
3. il formalismo della Meccanica Statistica è utilizzato per determinare, almeno in principio, le quantità termiche che interessano.
È ampiamente riconosciuto in letteratura che il modo in cui questi passi vengono sviluppati differisce
a seconda del particolare testo di riferimento didattico scelto. Ciò riguarda principalmente il significato che viene attribuito al termine “modello” e anche i tipi di modello che vengono utilizzati.
Il Modulo (2 CFU) è stato diviso in due Unità
(vedere figura 1): la prima, che tratta delle basi
concettuali della Meccanica Statistica classica
e quantistica; la seconda, che analizza la conduzione elettrica in conduttori e semi-conduttori. Ogni Unità viene sviluppata in due differenti fasi: la prima, che si basa su una riflessione
sul contenuto disciplinare, allo scopo di mettere
evidenza i nodi concettuali e tutti gli elementi su
cui è necessario focalizzarsi per una efficace trasposizione didattica a livello di scuola secondaria di secondo grado; la seconda, finalizzata alla
preparazione cooperativa di Sequenze di Insegnamento/Apprendimento (SIA) indirizzate a
studenti dell’ordine scolastico scelto.
A causa del differente background culturale del
campione di corsisti, abbiamo sviluppato, per la
prima Unità un nuovo approccio, finalizzato alla Figura 1. Struttura dei contenuti del Modulo
114
Il modulo “Meccanica Statistica e Struttura della Materia”
valutazione statistica della distribuzione termica di equilibrio di un gas classico/quantistico che consiste di particelle non interagenti, in contatto con un bagno termico. Il metodo è alternativo alle procedure standard e il suo punto fondamentale sta nell’applicazione di meccanismi simili di evoluzione
a particelle classiche e quantistiche che, tuttavia, differiscono sulla base delle loro proprietà di distinguibilità e indistinguibilità e, nel secondo caso, sulla base della loro aderenza al principio di esclusione di Pauli. In particolare, si procede alla modellizzazione di sistemi di Bose–Einstein e di Fermi–
Dirac e si confrontano le loro funzioni di distribuzione e le loro proprietà termodinamiche con quelle
di sistemi classici di particelle di Maxwell–Boltzmann (Guastella et al. 2009).
Il punto fondamentale dell’approccio sta nella sua chiarezza concettuale, basata sull’applicazione del
principio del Bilancio Dettagliato (Morse 1965) e sul prendere in considerazione le peculiarità rilevanti
delle particelle dovute agli effetti quantistici della indistinguibilità. Ciò contribuisce a non distrarre
troppo l’attenzione dalla situazione fisica a causa delle difficoltà matematiche legate all’approccio
tradizionale della meccanica statistica. Infatti, tramite modellizzazione e simulazioni al computer, il
formalismo della Meccanica Statistica è semplificato opportunamente o addirittura evitato.
È possibile identificare due livelli/categorie di modelli usati in meccanica statistica:
• Modelli di “livello 1”, che si focalizzano su situazioni e processi del mondo reale, sebbene alcuni
aspetti della realtà possano essere trascurati, semplificati o messi in evidenza;
• Modelli di “livello 2”, che sono pensati come strumenti per lo sviluppo e la verifica di idee e non
come tentativi di rappresentazione della realtà.
È stato chiarito (Niss 2009) che al “livello 1” l’attenzione viene focalizzata sul modello stesso e sulle
situazioni di vita reale, mentre al “livello 2” ci si sposta sulle idee rappresentate nel modello. Nel
nostro approccio entrambi i tipi di modello sono stati usati: quelli di “livello 1”, che sviluppano algoritmi di dinamica molecolare, e modelli di “livello 2”, che adottano procedure Monte Carlo e prevedono una variante dell’algoritmo Metropolis (Gould et al. 2006).
4. Le strategie didattiche
Il Modulo è stato progettato per essere sviluppato in 7/8 settimane, con due docenti e un facilitatore
(tutor) che potessero fornire ai corsisti stimoli e feedback atti a rendere possibile sia l’acquisizione
della conoscenza scientifica che l’acquisizione della conoscenza didattica del contenuto.
Durante il corso sono stati forniti tipi differenti di materiali didattici:
• una lista di testi di riferimento alla meccanica statistica di base, insieme con articoli e letture supplementari scelti in riviste scientifiche del settore;
• descrizione di esperimenti, con dati sperimentali da analizzare e discutere;
• simulazioni e applet che rappresentano i modelli analizzati nel corso del Modulo;
• esempi di trasposizioni didattiche degli argomenti analizzati (tramite link a siti web).
Alla fine di ogni Unità i corsisti erano tenuti a rispondere ad un questionario su questioni concettuali
sugli argomenti trattati e su problemi che richiedevano una soluzione dettagliata. Veniva richiesta
anche la progettazione di una SIA focalizzata sugli argomenti principali dell’Unità, che includesse
anche una accurata progettazione della sperimentazione in classe.
Le risorse primarie del Modulo sono da identificare nei materiali assegnati per fornire supporti pedagogici (“scaffolding”) allo sviluppo degli obiettivi principali del Modulo. Noi chiamiamo questi materiali “Linee Guida per la Lettura” (LGL) e “Linee Guida per la Progettazione” (LGP), in quanto essi
sono finalizzati ad offrire chiavi di analisi capaci di supportare gli approcci per la costruzione della
conoscenza sia disciplinare che didattica.
Le LGL sui materiali di Meccanica Statistica sono stati progettate per supportare i corsisti nell’analisi dei seguenti nodi concettuali:
1. individuazione dei punti rilevanti che possono essere identificati come fattori rilevanti della crisi
della struttura meccanicistica della Teoria Cinetica dei Gas;
2. puntualizzazione di nuovi concetti e nuovi approcci;
3. identificazione dell’evoluzione dei concetti, tramite una mappa concettuale.
Lo scopo principale delle LGP è stato quello di sostenere i corsisti nella riflessione sulle proprie scelte
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115
in materia di progettazione della SIA per le loro classi, in modo che fosse chiara la necessità di rendere esplicita la mappa concettuale del percorso, i pre-requisiti necessari allo sviluppo dei concetti,
le strategie e gli strumenti didattici da utilizzare, e, in generale, tutto il “rationale” dietro al lavoro
di progettazione didattica.
Lo spazio virtuale di discussione sulla piattaforma online è stato differenziato secondo le finalità.
Oltre alle aree di discussione generale, abbiamo attivato due differenti aree di discussione: una focalizzata sulla conoscenza disciplinare e una basata sulla conoscenza didattica del contenuto, con il
duplice scopo di progettare in modo condiviso approcci di apprendimento/insegnamento e di rendere possibile ai corsisti lo scambio di informazioni sulle esperienze individuali di insegnamento
relative al Modulo.
5. Domande di ricerca
In questo lavoro viene analizzata la prima parte della prima Unità, “Dalla Teoria Cinetica dei Gas alla
Meccanica Statistica”. Obiettivo principale di questa Unità è evidenziare che le leggi della Termodinamica non sono caratterizzate dal rigido determinismo tipico della Dinamica Newtoniana, ma si
riferiscono principalmente alla probabilità dei diversi processi. In particolare si vuole mettere in evidenza come il programma meccanicistico della Teoria Cinetica, finalizzato alla ricostruzione analitica della proprietà macroscopiche a partire dalle interazioni microscopiche, può portare a delle contraddizioni che possono essere affrontate e superate attraverso il nuovo approccio fornito dalla Meccanica Statistica.
Questi aspetti cruciali sono analizzati, nel contesto dell’ambiente di apprendimento proposto, da due
differenti punti di vista, allo scopo di rispondere alle seguenti domande di ricerca:
I. I materiali proposti e le linee guida per la lettura si sono rivelati idonei a sostenere gli insegnanti
che partecipano al Modulo nella comprensione dei punti cruciali dell’approccio della Meccanica
Statistica e ad evidenziarne i nuovi concetti base?
II. In che modo la condivisione di idee ed esperienze ha influenzato gli insegnanti nel mettere in atto
competenze finalizzate a proporre materiali di insegnamento/apprendimento adeguati ai loro studenti di scuola secondaria?
6. Il campione
Il Modulo è stato frequento nella sua interezza da 20 insegnanti: 16 laureati in fisica e solo 4 laureati in matematica. Questo significa che gli insegnanti del primo gruppo avevano frequentato, durante
il loro corso di laurea, un corso di Meccanica Statistica (almeno a livello introduttivo), mentre gli
ultimi 4 non aveva probabilmente mai sentito parlare, durante i loro studi universitari, di quel tipo
di argomenti.
All’inizio del Modulo è stato somministrato un pre-test dedicato all’analisi delle conoscenze iniziali
degli partecipanti, sia a livello concettuale che matematico. I risultati del pre-test mostrano che sebbene i laureati in fisica evidenziassero una conoscenza più accurata e approfondita rispetto ai loro
colleghi laureati in matematica, spesso ad una accurata conoscenza formale non seguiva una chiara
comprensione dei concetti. Molto spesso, il significato fisico delle derivazioni matematiche, così
come di concetti quali quello di funzione di distribuzione, non veniva colto e la loro conoscenza si
riduceva alla sola procedura teorica. Sebbene l’intero campione affermasse che l’introduzione di
alcuni concetti chiave della Meccanica Statistica, a livello di scuola secondaria, avrebbe potuto chiarire meglio la relazione tra il mondo macroscopico e quello microscopico, nessuno mostrava di avere
idea su come rendere più elementare l’introduzione di tali concetti.
7. Procedura di valutazione
La valutazione di corsi on-line pone una serie di problemi a vari livelli. Due aspetti sono particolarmente significativi: il primo riguarda la valutazione dell’apprendimento, ed il secondo la valutazione
della prestazione dei partecipanti, sia in termini di tempo speso on-line, che di attività a distanza effettivamente svolte, sia individualmente che cooperativamente.
116
Il modulo “Meccanica Statistica e Struttura della Materia”
La possibilità di analizzare i messaggi del corso (numero e contenuto), e la produzione periodica
richiesta ai partecipanti (report, saggi brevi sui contenuti dei moduli del corso, progetti, etc.) ha permesso di trarre informazioni circa il livello di partecipazione dei singoli corsisti e di determinare se,
e in che misura, essi si sono trovati alle prese con i vari argomenti che sono stati ritenuti centrali per
l’argomento analizzato.
Nella nostra procedura di valutazione, gli elementi chiave presi in considerazione sono stati:
- i partecipanti: caratteristiche individuali (competenza iniziale, curriculum, aspettative, apprendimento, etc.);
- l’entità della partecipazione in termini di analisi quantitativa dei messaggi;
- analisi qualitativa dei messaggi in termini di contenuto e contributo all’attività collaborativa;
- analisi di comunicazione (dinamiche di interazione, la relazione tra le azioni del tutor e dei docenti,
etc.);
- risposte individuali ai questionari dell’Unità.
8. Risultati
Durante l’intero periodo di insegnamento/apprendimento l’ambiente di apprendimento ha registrato
un totale di 1243 connessioni al Forum, con un numero medio di connessioni = 62.2 (σ = 45.4). Tuttavia, 4 insegnanti si sono connessi al sito web meno di 20 volte.
Figura 2 - Numero di connessioni al Forum per corsista
Inoltre, gli insegnanti hanno inviato un totale di 228 messaggi al sito web. Tuttavia solo per 14 di
loro la partecipazione può essere definita di buona qualità dal punto di vista della presenza e della
interazione con gli altri insegnanti. Gli interventi dei rimanenti 6 insegnanti sono stati limitati solamente alla richiesta di chiarimenti e/o di ulteriori informazioni.
Per quanto riguarda la nostra prima domanda di ricerca, l’analisi delle discussioni condotte sul Forum
ci permette di ricostruire i progressi nell’apprendimento analizzando i messaggi spediti da ogni singolo insegnante, le loro caratteristiche di interazione e la misura in cui il messaggio tratta i temi identificati come significativi. Inoltre, le risposte individuali al questionario finale ci permettono di valutare il livello di accordo tra posizioni differenti cui gli insegnanti sono riusciti a pervenire durante i
periodi di discussione.
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L’intero campione ha evidenziato che la contraddizione principale del programma meccanicistico della
Teoria Cinetica (finalizzato alla ricostruzione analitica della proprietà macroscopiche a partire dalle
interazioni microscopiche) viene fuori dalla reversibilità della Meccanica rispetto all’irreversibilità
della Termodinamica e che la Meccanica Statistica supera tale problema usando le probabilità invece
delle traiettorie e descrivendo proprietà macroscopiche in termini di valori medi. Inoltre, la funzione
di distribuzione di probabilità (densità di probabilità) è identificata come un concetto chiave.
Circa la metà del nostro campione ha riconosciuto la necessità di una descrizione a “grana grossa”
dello spazio delle fasi, allo scopo di giungere a formulare un’adeguata dinamica macroscopica che
contenga ancora le informazioni macroscopiche rilevanti ma che trascuri i dettagli microscopici irrilevanti. Tuttavia, la maggior parte degli insegnanti ha trovato molto difficile la matematica della
Meccanica Statistica classica, principalmente a causa della necessità di risolvere integrali multidimensionali.
La modellizzazione è stata considerata come un aspetto fondamentale del processo di riflessione
necessario per connettere il mondo macroscopico con quello microscopico. Tuttavia, la maggior parte
degli insegnanti ha mostrato di preferire una procedura di modellizzazione che semplifica o trascura
alcuni aspetti dei fenomeni del mondo reale piuttosto che modelli pensati come strumenti per sviluppare ed esaminare idee e non come un tentativo di fornire una rappresentazione fedele della realtà.
In altre parole, modelli di dinamica molecolare piuttosto che modelli Monte Carlo. La ragione può
essere attribuita alla notevole possibilità di visualizzare il primo genere di modelli, compiendo una
specie di esperimento pensato che comporta l’esecuzione di una simulazione mentale. Tuttavia, l’intero campione ha identificato le simulazioni al computer come strumenti didattici rilevanti per superare le difficoltà matematiche e fornire la visualizzazione dei “meccanismi di funzionamento” dinamici idonei a migliorare il processo di formalizzazione.
Riportiamo qui un estratto di una lunga discussione relativa ai metodi più appropriati per simulare
sistemi in equilibrio. Il tutor non ha mai fornito istruzioni esplicite o “regole” di lavoro ma ha avuto
cura di stimolare la puntualizzazione delle differenze tra le opinioni dei corsisti, allo scopo di evidenziare i passi che hanno portato alla costruzione di una opinione condivisa tra i corsisti durante
la discussione.
I_A: Ho delle difficoltà a capire il significato di Insieme Statistico. Per questo motivo penso sia
più comprensibile un modello che segua l’evoluzione dinamica delle particelle (per esempio,
gli atomi di un gas o gli elettroni in un metallo). Questo tipo di modello, per quanto semplificato, penso descriva meglio la realtà …
I_B: Se discutiamo dell’equilibrio, l’evoluzione temporale del sistema non è importante. Secondo
me ciò che è importante è identificare i micro-stati accessibili al sistema e caratterizzarli. A
tale scopo si può usare una simulazione Monte-Carlo (e, secondo me, ciò renderebbe il tutto
più accessibile dal punto di vista concettuale).
Tutor: Potremmo provare a chiarire meglio i punti di forza e quelli di debolezza di entrambi i metodi
…
I_A: …, se discutiamo della validità didattica dobbiamo tener conto che le simulazioni di Dinamica
Molecolare possono fornire utili dettagli sulle “modalità di funzionamento” a livello microscopico; esse forniscono agli studenti delle schematizzazioni facili da visualizzare.
I_C: Le simulazioni Monte Carlo mi interessano, poiché forniscono modelli e algoritmi che possono essere applicati a situazioni e problemi diversi e a scienze diverse- Ho letto di tali tipi di
simulazioni applicate all’Economia o all’Ecologia e questo può essere interessante anche da
un punto di vista interdisciplinare e per motivare l’interesse degli studenti …
I_D: Io penso che potrebbe essere interessante utilizzare entrambi gli approcci. Per esempio, ho
trovato molto utile analizzare il modello di Ehrenfest e il modello di Dinamica Molecolare
che descrive la diffusion di un gas in un volume che raddoppia.
I_E: Anch’io trovo che usare entrambi I metodi possa essere didatticamente molto appropriato, ma
la realtà è che a scuola si ha così poco tempo che, penso, alla fine potrebbe essere veramente
impossibile farlo…
118
Il modulo “Meccanica Statistica e Struttura della Materia”
I_F:
…, comunque, io trovo che usare metodi che siano più vicini a sistemi reali sia più comprensibile per gli studenti e possa meglio descrivere cosa un modello significhi in realtà.
Molti aspetti interessanti emersi dal confronto dei questionari di insegnanti con caratteristiche diverse,
per conoscenza disciplinare così come per esperienza di insegnamento, saranno analizzati in un ulteriore lavoro (in fase di preparazione). Tuttavia, possiamo anticipare la seguente conclusione: i materiali didattici proposti e le linee guida per la lettura sono stati in grado di supportare gli insegnanti
verso una chiara comprensione dei punti chiave dell’approccio della meccanica statistica e di evidenziarne i nuovi concetti sottostanti.
Per quanto riguarda la nostra seconda domanda di ricerca dobbiamo considerare che la costruzione
cooperativa di conoscenza è un lavoro molto difficile. Gunawardena et al. (1997) riflettono sul fatto
che la costruzione cooperativa di conoscenza evolve attraverso una serie di livelli: da un primo livello
che coinvolge la semplice condivisione e il confronto di informazioni (opinioni, esempi, …), alla scoperta e l’esplorazione di dissonanze o discordanze fra idee e/o asserzioni, alla finale negoziazione di
significati e/o co-costruzione di nuove sintesi (coinvolgendo processi metacognitivi che rivelano la
costruzione di nuova conoscenza).
Confrontando i dati tratti dall’analisi (quantitativa e qualitativa) delle discussioni del forum con le
SIA individuali presentate dagli insegnanti, è possibile individuare alcuni punti in cui la costruzione
cooperativa è stata parzialmente o pienamente realizzata.
Per prima cosa, dobbiamo mettere in evidenza che il concetto di probabilità è raramente trattato in
modo efficace nei corsi introduttivi di fisica e non vi sono molti studi a riguardo nella ricerca in didattica della fisica. Per questi motivi il problema di come presentare tutti i concetti matematici necessari
per un approccio basato sulla Meccanica Statistica ha angosciato molto i nostri corsisti, fin dall’inizio della loro progettazione della SIA a livello di scuola secondaria. A tal proposito, gli insegnanti
avevano idee diverse.
I_1:
Penso che, considerando il tempo disponibile per il curriculum di fisica noi dobbiamo privilegiare temi che costituiscano dei chiari esempi dello scopo principale della fisica, come fornire una comprensione dei fenomeni naturali in termini di leggi e teorie. Quasi tutto il curriculum di fisica descrive il mondo attraverso leggi deterministiche. Perché affrontare questi
aspetti incoerenti?
I_2: Un approccio di tipo probabilistico è anche necessario per presentare un po’ di fisica quantistica (o agli altri temi nuovi come il caos deterministico, …). Non possiamo concludere i
nostri curriculum per il liceo con la fisica classica !!!
I_3: Il ragionamento probabilistico è una parte essenziale del ragionamento in vari campi scientifici (biologia, economia, …) ed anche nella nostra vita quotidiana. Forse possiamo aprire una
porta verso l’interdisciplinarietà …
I_4: La meccanica statistica è necessaria se vogliamo analizzare modelli microscopici della materia e penso che tali modelli siano necessari se abbiamo bisogno di capire il comportamento
macroscopico della materia …
I_1: I4 non mi ha convinto completamente, da momento che possiamo discutere su modelli microscopici a livelli qualitativi, ma io rifletterei sull’approccio di I3: l’interdisciplinarietà è un
punto fondamentale perché …
I_5: Sono più interessato a introdurre il ragionamento probabilistico, dal momento che rappresenta
un aspetto fondamentale della nostra vita quotidiana (giochi, fattori di risc hio…).
Anche la scelta di metodi appropriati al superamento delle difficoltà matematiche si è rivelata rilevante. I processi di modellizzazione e simulazione assistiti dal computer sono stati riconosciuti dagli
insegnanti come attività didattiche necessarie ad una corretta trattazione degli argomenti. La maggioranza ha evidenziato che l’uso di questi strumenti va oltre la semplice comprensione dell’argomento, poiché l’apprendimento dei fenomeni naturali e l’utilità dei modelli scientifici e il coinvolgere gli studenti nel processo di manipolare (creare e testare) modelli deve essere uno dei punti centrali della didattica delle discipline scientifiche. Tutti gli insegnanti si sono impegnati nell’identifi-
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cazione di possibili modi di realizzare tale visione; i punti chiave che sono stati messi in evidenza
hanno incluso la necessità di rendere possibile la creazione, da parte degli stessi studenti, di modelli
al computer che potessero esprimere le loro stesse idee, la valutazione dei modelli usando criteri
come l’accuratezza e la plausibilità e la necessità del coinvolgimento degli studenti in discussioni
sui modelli e sulle procedure di modellizzazione.
I1: Le simulazioni sono certamente ottimi strumenti didattici per visualizzare l’evoluzione di un
sistema. Tuttavia io penso che sia importante anche riflettere sulle relazioni tra i fenomeni e il
significato delle loro rappresentazioni tramite un modello (epistemologia).
I2: Io no sono convinto che la modellizzazione sia una buona strategia didattica. Talvolta ho avuto il
dubbio che gli studenti pensino che la materia sia fatta esattamente come il modello che vedono
rappresentato sul libro di testo …
TUTOR: Che succede se forniamo modelli differenti dello stesso sistema (finalizzati allo studio di
problemi diversi relativi allo stesso sistema?)
I3: Non capisco cosa significhi avere modelli diversi per lo stesso sistema nelle stesse condizioni.
Possiamo descrivere comportamenti diversi dello stesso sistema con modelli diversi ma non lo
stesso fenomeno. Faccio un esempio …
T1: Io penso che, così come è possibile avere espressioni matematiche diverse che descrivono una
legge, è possibile avere modelli diversi. Sto pensando a una legge, come quella di Hooke, ad
esempio, che è una approssimazione, ma si possono avere approssimazioni diverse …
T4:Se guardiamo ai due modelli che analizzano la distribuzione di energie di un gas a temperature
T, essi rappresentano due sistemi di N particelle identiche: il primo è lasciato evolvere da una
data situazione iniziale e le differenti configurazioni possibili vengono registrate; il secondo è un
sistema fittizio, dove un dato numero di configurazioni possibili sono “inventate” (sotto l’ipotesi
che l’energia del sistema resti costante). Penso che sia facile capire che il secondo modello possa
rappresentare una qualche configurazione del primo se noi lasciamo quest’ultimo evolversi liberamente per un tempo abbastanza lungo.
T5:I modelli sono rappresentazioni semplificate della realtà, e noi possiamo costruirli in molti modi.
Secondo me, le simulazioni sono esperimenti con queste rappresentazioni semplificate e i loro
risultati possono dirci se un modello è buono o no. Ad esempio …
Le SIA preparate dai corsisti alla fine della prima Unità sulla Meccanica Statistica si sono concentrati su un’ampia serie di sistemi classici: 9 insegnanti hanno preparato SIA finalizzate all’introduzione statistica del concetto di entropia; 4 hanno indirizzato le loro SIA all’introduzione dei concetti matematici necessari; 2 hanno focalizzato l’analisi sull’iniziale evoluzione storica della Meccanica Statistica (mettendo in evidenza le analogie e le differenze tra gli approcci di Boltzmann e di
Gibbs). I 5 insegnanti rimanenti hanno sviluppato le loro SIA in modo diverso, finalizzandole all’introduzione alle funzioni di distribuzione statistica. La comprensione di questi concetti è stata riconosciuta come necessario pre-requisito per la costruzione della Meccanica Statistica. Una analisi dettagliata dei differenti approcci di questi 5 corsisti è in corso, principalmente in relazione con la dinamica delle discussioni del Forum.
9. Conclusione
La misura della soddisfazione degli insegnanti e l’analisi di come gli stessi intendevano applicare
quanto appreso durante il corso (reso evidente dai loro “progress report”, discussione nel Forum
e questionari finali) ci permette di inferire che l’interesse degli insegnanti verso il Modulo ha una
duplice radice:
- gli insegnanti si sono resi conto che i concetti di probabilità e i semplici contenuti di statistica sono
molto facili da trovare nella nostra società (dall’analisi dei giochi ai dati elettorali, con le loro relative misure statistiche) e che la comprensione dei metodi di ragionamento probabilistico è un importante obiettivo della didattica delle discipline scientifiche;
- la comprensione dei modelli microscopici della materia e delle procedure di modellizzazione può
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Il modulo “Meccanica Statistica e Struttura della Materia”
fornire un piano di riferimento generale basato su un piccolo numero di principi fondamentali di
Meccanica (conservazione della quantità di moto, energia e momento angolare), che possono tutti
essere applicati su un’ampia serie di sistemi.
L’innovazione nel campo della didattica della fisica è più complessa se si tiene conto dei contenuti di
Fisica Modena; gli insegnanti devono acquistare familiarità con i nuovi contenuti, e con l’epistemologia ad essi collegata, allo scopo di identificare i concetti chiave e gli aspetti teorici rilevanti. Inoltre, essi devono diventare capaci di superare le difficoltà matematiche che sono spesso parte integrante della teoria. La nostra esperienza mostra che un approccio che si basa sulla modellizzazione
può essere veramente utile per fornire un ambiente di insegnamento/apprendimento nel quale gli insegnanti possano essere supportati in meta-riflessioni sul contenuto fisico e su una didattica appropriata
dello stesso. Le limitazioni dei modelli classici, semi classici e quantistici a scala microscopica possono essere affrontate con strategie e metodi didattici adeguati allo scopo.
La procedura di sviluppo online del nostro Modulo ci ha mostrato che il processo di apprendimento
basato sull’indagine collaborativa richiede una mutua comprensione del compito, insieme con il raggiungimento di un consenso su strategie, pianificazioni didattiche e conoscenza contenutistica. In
questo studio abbiamo analizzato, sulla base del materiale prodotto dai corsisti durante le loro discussioni, come differenti metodi di supporto ai docenti possano influenzare il processo di costruzione
di un consenso comune sui temi didattici trattati. È stato possibile distinguere tra materiali/metodi di
supporto finalizzati a sostenere i processi di costruzione collaborativa della conoscenza e materiali/
metodi finalizzati primariamente a sostenere i processi di apprendimento. L’immagine globale che
emerge dalla nostra analisi è che le attività orientate all’integrazione e sulla costruzione di un consenso sono facilitate da supporti cognitivi che mettano in evidenza le differenze individuali tra le opinioni degli insegnanti. D’altro canto, capire come sia possibile fornire forme di supporto capaci di
sostenere una costruzione collaborativa, che risulti principalmente in attività di raggiungimento del
consenso in una comunità, necessità di ulteriori studi e analisi.
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Tecniche di analisi di fisica della materia e
proposte didattiche dai laboratori MASEM
Tecniche di analisi di fisica della materia e proposte
didattiche dai laboratori MASEM: formare gli insegnanti
al raccordo tra fisica classica e moderna
Federico Corni, Giampiero Ottaviani
Dipartimento di Fisica, Università di Modena e Reggio Emilia
Alessandra Mossenta
Unità di Ricerca in Didattica della Fisica, Università di Udine
1. La tecnica RBS: apparato sperimentale, basi fisiche e grandezze significative
per l’interpretazione degli spettri
La Rutherford Backscattering Spectrometry, RBS, (Chu et al. 1978) è una tecnica di analisi degli
strati superficiali (per un’estensione pari a qualche centinaio di nanometri) dei materiali, utilizzata
ad esempio per indagini sui materiali per l’elettronica o sui beni artistici (Feldman et al. 1986). Il
fenomeno di diffusione (scattering) alla base di questa tecnica, benché non più oggetto di ricerca di
base, occupa comunque un posto di rilievo nella storia della fisica, in quanto ha permesso di ottenere i dati che hanno portato E. Rutherford a sviluppare il modello atomico che porta il suo nome
(Rutherford 1911).
L’apparato sperimentale per le misure RBS consiste in un acceleratore di particelle che produce un
fascio ionico focalizzato e monoenergetico, seguito da una camera di scattering ove trovano posto
il campione da analizzare e il rivelatore; quest’ultimo è collegato ad una catena elettronica, che elabora il segnale per fornire infine le misure, sotto forma di istogrammi di distribuzione energetica delle
particelle retrodiffuse a un certo angolo. Questo angolo, detto angolo di scattering, quello tra fascio
e normale al campione, il numero di particelle incidenti e l’ampiezza dell’angolo solido coperto dal
rilevatore sono variabili e costituiscono parametri di misura.
Nell’analisi delle misure ottenute con la tecnica dell’RBS si prende in esame la distribuzione energetica di particelle leggere (tipicamente, particelle alfa), che, dopo essere state inviate sul campione
con energia inferiore a quella necessaria per superare la barriera Coulombiana nucleare ma sufficiente
a oltrepassare la nuvola elettronica (le energie tipiche sono dell’ordine del MeV), vengono rivelate
in direzioni di grande angolo di diffusione. L’urto nucleare può essere modellizzato come urto elastico tra due masse puntiformi: ne risulta che l’energia delle particelle deflesse dipende, attraverso
il coefficiente di restituzione K (detto Fattore cinematico), dalla specie atomica urtata: ciò consente
quindi di individuare quest’ultima una volta che sia misurata l’energia dello ione incidente dopo la
deflessione. Il numero di ioni deflessi (a parte la ovvia dipendenza dal numero di particelle inviate e
dall’ampiezza dell’angolo solido di rivelazione, parametri rispetto a cui è sempre possibile una normalizzazione dei risultati di misura) dipende dalla densità atomica del bersaglio e dalla sezione d’urto
del processo, σ. Quest’ultima grandezza racchiude in sé l’informazione sul tipo di interazione che
produce la deflessione della particella e ha significato per i processi d’urto d’ogni tipo, adattata la sua
espressione alla situazione specifica presa in esame. L’analisi cinematica dell’interazione permette di
collegare il parametro d’urto e l’angolo di deflessione, con una relazione del tipo b=b(θ); dall’equazione che lega il numero di particelle con un certo parametro d’urto a quelle diffuse in una certa direzione si perviene poi alla relazione che lega b e θ attraverso la sezione d’urto; la combinazione delle
due equazioni ottenute fornisce l’espressione teorica per la sezione d’urto in funzione dell’angolo di
deflessione. Nel caso dell’RBS, assunta un’interazione Coulombiana, si ottiene l’espressione della
sezione d’urto di Rutherford, che ha permesso di validare il modello atomico planetario rispetto a
quello di Thomson. La proporzionalità tra il numero di ioni diffusi (e quindi rivelati, cioè la resa di
scattering) e la sezione d’urto, che nel caso di scattering Rutherford, ovvero di interazione Coulom-
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Tecniche di analisi di fisica della materia e proposte didattiche dai laboratori MASEM
biana, dipende dal quadrato del numero atomico del bersaglio, permette di avere informazioni sulla
specie atomica del bersaglio anche attraverso la resa oltre che dal fattore cinematico. Le due informazioni sono complementari in quanto, data la dipendenza della sezione d’urto dall’inverso dell’energia del proiettile (al quadrato) e dato che nella penetrazione dei proiettili nella materia essi perdono
energia con processi d’urto anelastici con gli elettroni del materiale, l’energia a cui viene rivelato un
proiettile che ha subito un urto in profondità nel campione è inferiore a quella che avrebbe avuto per
un urto superficiale, e dunque la posizione nello spettro (l’istogramma con la distribuzione energetica delle particelle diffuse) non coincide con quella dello stesso elemento se urtato in superficie. In
questo senso la resa fornisce l’informazione necessaria per discriminare tra un elemento superficiale
con una certa massa e un altro di massa superiore ma posto in profondità. La dipendenza della
resa dalla densità degli atomi bersaglio permette
poi di riconoscere i rapporti di composizione nel
caso di composti, rapportando l’altezza dei picchi relativi a ciascun elemento con quella relativa
al corrispondente elemento puro. La dipendenza
dell’energia degli ioni deflessi dalla profondità
a cui è avvenuta la collisione con i bersagli fa sì
che lo spettro delle particelle diffuse da un campione di un certo spessore non presenti dei picchi sottili (corrispondenti a urti superficiali proiettile-campione, di larghezza dipendente sostanzialmente dalla risoluzione della catena elettronica e del rivelatore) ma piuttosto delle bande.
Ciò non consente di stimare direttamente lo spessore dello strato, ma il prodotto della densità atomica per lo spessore (in sostanza, uno spessore
legato al numero di atomi incontrati lungo il tragitto dentro al campione e non al tragitto stesso).
Si tratta allora di studiare come cambia l’energia
nel caso di urto in profondità, per cui è necessario conoscere la funzione di perdita d’energia dE/
dx, a sua volta dipendente dalla specie atomica e
dall’energia stessa. La natura stocastica del processo non permette di trattare analiticamente il Figura 1 - Apparato sperimentale (in alto), modello fisico (sotto)
problema, ed è necessario ricorrere a determina- e esempio di spettro RBS da campioni di vario spessore di film
zioni statistiche dei coefficienti che determinano di platino su Si (in basso) (Chu et al. 1978)
il fattore di perdita di energia, che racchiude l’informazione sulla geometria di rivelazione e quella sulla perdita d’energia specifica (per atomo del
campione, cioè), detta stopping cross section, sezione di frenamento; la larghezza della banda energetica relativa ad un certo materiale viene così ad essere proporzionale al prodotto della densità atomica per lo spessore secondo tale fattore e la sua misura consente la determinazione di spessori o
l’individuazione delle profondità di interesse nel campione. In figura 1 è riportata una sintesi degli
elementi principali da considerare: il sistema fisico reale (campione e apparato di misura) il modello
fisico dell’urto e il risultato di misura da interpretare.
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
125
2. Aspetti di interesse della RBS dal punto di vista didattico
La trattazione di un argomento come l’RBS è piuttosto inusuale rispetto ai curricola attualmente proposti nelle scuole; presenta tuttavia numerosi aspetti di interesse che possono candidarlo a trovare
una collocazione tra gli argomenti oggetto di insegnamento. Per il suo ruolo all’interno della storia
della disciplina può offrire spunti per affrontare le questioni legate allo sviluppo del modello atomico della materia, anche dal punto di vista epistemologico. L’articolo con cui Rutherford ipotizza
l’esistenza del nucleo per dare conto dei dati sperimentali ottenuti da Geiger e Marsden può fornire
un buon contributo a proposte che privilegiano gli aspetti storico-epistemologici. Tuttavia, altre prospettive interessanti si aprono quando si considerano come strumenti didattici i risultati stessi che si
ottengono attraverso l’RBS. L’analisi degli spettri è infatti possibile una volta che sia noto il ruolo
delle tre grandezze fattore cinematico, sezione d’urto, sezione di stopping (frenamento); il significato fisico di queste grandezze è invece legato alla trattazione degli urti attraverso i modelli di urto
elastico tra masse puntiformi, di diffusione Coulombiana, di frenamento anelastico. I concetti fisici
che una trattazione dell’argomento in classe consente di affrontare sono di ambito vasto e significativi rispetto ai contenuti disciplinari, e allo stesso tempo possono essere proposti senza un apparato
matematico troppo invadente (a questo proposito, la parte matematicamente più impegnativa, quella
relativa alla sezione d’urto, può essere ridotta di molto adottando un approccio probabilistico – sperimentale al concetto, che al contempo aumenta anche il numero di concetti didatticamente rilevanti
che si possono introdurre). Inoltre, la consapevolezza che l’apparato teorico alla base della tecnica è
del tutto classico aiuta a fornire un quadro d’insieme del dominio della fisica, in cui accanto a fenomeni che devono essere trattati con gli strumenti della meccanica quantistica o con quelli della relatività ve ne sono altri, anche nel mondo microscopico, che continuano ad essere descritti in modo del
tutto adeguato dalla fisica classica e che offrono ancora oggi possibilità di sviluppo della conoscenza
(la perdita di energia nei materiali è settore di ricerca attuale, anche con tecniche computazionali,
come i metodi Monte Carlo). Da non trascurare, in prospettiva didattica, sono gli aspetti motivazionali offerti dal tipo di utilizzo della tecnica, ad esempio nell’analisi di materiali dedicati alle applicazioni tecnologiche più moderne (siliciuri, ad esempio, per l’elettronica) e la natura paradigmatica
dell’RBS in chiave epistemologica: sia come esempio di una delle possibili tecniche di indagine collisionali, che sostanzialmente adottano schemi di protocollo simili opportunamente adattati al contesto operativo specifico, sia come contesto per attribuire significato a grandezze, quali la sezione
d’urto, che lo mantengono al variare dei fenomeni considerati (urti di particelle subnucleari, trattazione quantistica dell’interazione). L’attualità della tecnica e il suo valore paradigmatico gli conferiscono anche una valenza orientante: operare con le procedure proprie del ricercatore in laboratorio fornisce agli studenti un esempio di come opera un fisico. Alcune proposte per l’introduzione
dell’RBS nella scuola superiore sono state elaborate già da tempo, e hanno costituito una base di partenza per la progettazione di un corso per insegnanti di scuola secondaria superiore mirante a fornire
strumenti per introdurre nelle classi la fisica moderna. (Corni et al. 1996a)
È noto che un aspetto determinate per l’inserimento di un argomento nella programmazione del lavoro
in classe è il livello di padronanza del docente riguardo ad esso: argomenti non padroneggiati adeguatamente vengono esclusi dalla programmazione. La formazione dei docenti diventa dunque un
passo obbligato per dare opportunità di formazione successiva anche agli studenti. La formazione
docente deve prevedere aspetti disciplinari, data la collocazione tra gli aspetti applicativi piuttosto
che tra quelli fondanti della disciplina che viene attribuita all’RBS e dunque la sua assenza da molti
curricola universitari, anche di fisica; ma non meno deve soffermarsi sugli aspetti didattici, per formare i docenti a una professionalità che li metta in grado di elaborare proposte didatticamente efficaci, integrando gli aspetti disciplinari e quelli didattici nel contesto della conoscenza pedagogica
del contenuto (Pedagogical Content Knowledge, PCK) (Shulman 1986). La conoscenza stessa deve
essere ricostruita mirando allo scopo didattico, evitando di proporre la strutturazione disciplinare
canonica senza una revisione critica che la adatti allo stato cognitivo dello studente che l’apprenderà,
secondo il Model of Educational Reconstruction, MER (Duit et al. 2005).
126
Tecniche di analisi di fisica della materia e proposte didattiche dai laboratori MASEM
3. Struttura del corso sull’RBS
Un corso sulla RBS è stato inserito nella programmazione del Master IDIFO, (Corni, Michelini 2006;
Corni 2008) strumento di formazione degli insegnanti, strutturato secondo una programmazione a
distanza e in presenza. Il corso sulla RBS, denominato “Tecniche di analisi di fisica della materia e
proposte didattiche dai laboratori MASEM”, è stato svolto prevalentemente a distanza (dal 23/5/07
all’8/7/07), con una fase in presenza, successiva al lavoro in rete, che ha previsto come conclusione
un’analisi a gruppi di spettri RBS, denominata “Dentro la ricerca con un Problem Solving”. Il corso
in rete si è strutturato per moduli successivi, 3, dedicati a produrre un quadro esauriente delle modalità di realizzazione della tecnica, delle sue basi fisiche, delle modalità interpretative che mobilita,
il tutto in funzione didattica. Ogni docente in formazione ha avuto la possibilità di scaricare dal sito
dedicato al corso gli strumenti per la propria formazione. Gli strumenti utilizzati sono consistiti in
alcuni articoli riguardanti trattazioni teoriche dell’argomento con una sottostante prospettiva didattica, miranti a fornire spunti di progettazione, (Corni 1996; Corni et al. 1996b) e numerose simulazioni di spettri significativi, interpretati e da interpretare, ricavati da software specifici che realizzano
l’interpretazione delle misure adattando a queste gli spettri simulati in base al modello teorico. Le
discussioni riguardo a questi strumenti, sia tra i docenti in formazione che con il docente del corso,
sono state portate avanti utilizzando forum, aperti via via lungo la successione degli argomenti (e dei
moduli) proposta. Essi hanno quindi riguardato: conoscenza delle basi, procedurali e fisiche, della
tecnica; approfondimento sul concetto di sezione d’urto; interpretazione degli spettri. Quest’ultimo
forum affiancava il lavoro di interpretazione degli studenti, che sulla base della formazione avuta
dovevano produrre autonomamente interpretazioni di spettri RBS. Al termine, agli studenti è stato
assegnato il compito di elaborare una proposta didattica e redigere una riflessione personale su ruolo
ed utilità delle attività del corso.
Il primo modulo, “Introduzione alla tecnica RBS” (un’introduzione ai concetti fisici alla base della
teoria dell’RBS), ha previsto due discussioni successive in forum, a seguire il primo articolo proposto
in lettura (Corni 1996): una preliminare “Discussione disciplinare” ed una successiva “Discussione
didattica”, avviata una decina di giorni dopo la precedente. I fili di discussione (inseriti nel forum
dal docente) sono stati nel primo caso i corrispondenti delle sezioni presenti nell’articolo, relative
agli aspetti determinanti ai fini dell’interpretazione degli spettri: 1) La tecnica in generale; 2) Fattore cinematico; 3) Prime discussioni su sezione d’urto (approfondimento in sezione 2); 4) Sezione
di stopping; 5) Straggling; nel secondo caso, nella Discussione didattica, era assente il terzo filo. La
consegna è stata quella di studiare i contenuti dell’articolo riportato e discutere nei forum i nodi concettuali dal punto di vista disciplinare e didattico. Al termine di questo modulo si prevedeva dunque
che fosse acquisito l’inquadramento complessivo delle caratteristiche e delle potenzialità dal punto
di vista didattico dell’RBS.
Il secondo modulo (avviato una ventina di giorni dopo il primo) è stato dedicato al concetto di sezione
d’urto, l’aspetto ritenuto maggiormente significativo e suscettibile di approfondimenti per la molteplicità di aspetti ad esso connessi, e ha ricalcato la struttura del modulo precedente; diversamente da
quanto avvenuto in precedenza, nei forum non sono stati inseriti fili di discussione predeterminati
dal docente, ma la discussione è stata strutturata dagli studenti stessi, che hanno individuato aspetti
di interesse e criticità nell’articolo proposto in lettura (Corni et al. 1996b).
Nel terzo modulo sono stati proposti agli studenti due gruppi di spettri da analizzare in base a quanto
appreso in precedenza. È stato comunque allestito un forum anche in questo caso, per discussioni
relative ai compiti. La prima delle schede da interpretare riportava inizialmente tre grafici, da commentare: 1) Grafico del fattore cinematico in funzione dell’angolo di scattering e del rapporto di
massa fra l’atomo bersaglio e il proiettile; 2) Grafico della sezione d’urto di scattering di Rutherford
in funzione dell’angolo di scattering e del rapporto di massa fra l’atomo bersaglio e il proiettile; 3)
Grafico della sezione di stopping per ioni He di energia 2 MeV per tutti gli elementi. Questo ha consentito agli studenti di visualizzare l’andamento delle grandezze fondamentali (discusse in precedenza) per l’interpretazione seguente. La seconda scheda richiedeva l’interpretazione di 7 spettri, di
film sottili su un substrato: spettri simulati di film di 50 nm di Au, Ag, Cu e Ti, non necessariamente
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
127
di elementi puri. In uno stesso campione potevano essere presenti più film sovrapposti. In figura 2 è
riportato un esempio di tali spettri.
1
Osservazioni
Figura 2 - Esempio di spettro da interpretare: la casella centrale costituisce lo spazio per l’interpretazione, quella a sinistra per
le osservazioni che la giustificano
Nel corso della discussione in forum il docente del corso ha svolto un ruolo principalmente propositivo e normativo (i docenti inizialmente non distinguevano la discussione disciplinare da quella
didattica) e di completamento della discussione nei casi di richiesta di approfondimento specifico (ad
esempio indicando contesti di applicazione della tecnica). La modalità della discussione in forum ha
fatto sì che molti punti rilevanti siano stati messi in evidenza e discussi spontaneamente dagli insegnanti, che lungo il procedere del corso hanno acquisito crescente consapevolezza del senso di una
proposta didattica basato sull’RBS e sui modi di proporla. In questo modo alcuni interventi hanno
affrontato più tematiche, senza una suddivisione rigorosa. Il numero di studenti che hanno partecipato ai forum varia, ma in totale è di 13 studenti; le prove sugli spettri sono state redatte da 16 studenti, singolarmente o in gruppo. Il numero degli studenti cha hanno discusso in forum è limitato, e
certamente rappresenta un gruppo di professionisti interessati a migliorare la propria preparazione,
sia disciplinare che professionale. Si tratta quindi di un gruppo aperto e motivato rispetto all’innovazione didattica. Rimane comunque il fatto che gli argomenti toccati dall’RBS, pur basati sulla
fisica classica, si sono mostrati abbastanza sconosciuti per loro; alcuni degli insegnanti ne conoscevano una trattazione di livello universitario, riconosciuta come improponibile in classe. Attraverso
le discussioni in forum sono riusciti a fare un’analisi delle potenzialità didattiche dell’argomento,
mettendo in luce in particolare gli aspetti motivazionali dell’introduzione di argomenti legati alla
tecnologia e quelli relativi all’orientamento per far comprendere in cosa può consistere “il mestiere
del fisico”. L’analisi dettagliata degli interventi in forum da parte dei docenti si trova in (Corni et
al. 2010). Di seguito si prende in esame la risposta dei docenti frequentanti il Master in relazione
al compito di interpretare degli spettri RBS. Si considererà la prima delle due prove di interpretazione assegnate.
4. La prima prova sugli spettri
La prima prova, riportata in appendice, proponeva 6 spettri schematici di film uniformi di elementi
puri su un substrato (indicazione esplicita). Gli elementi erano indicati con A e B, il substrato con S.
Sull’asse delle ascisse erano riportati i valori di KE0 (energia delle particelle alfa dopo la diffusione
da parte del bersaglio in superficie) per A, B, S, in modo da favorire il confronto tra i diversi spettri.
Un marcatore verticale permetteva di collegare gli spettri 1-3 e 4-5. A titolo di esempio accanto al
primo spettro era riportata la sua interpretazione e le osservazioni che la giustificavano; il secondo
spettro riportava solo l’interpretazione. Gli studenti avevano il compito di completare la scheda con
le interpretazioni e le osservazioni restanti.
128
Tecniche di analisi di fisica della materia e proposte didattiche dai laboratori MASEM
I primi due spettri consistevano ciascuno in un film di un elemento (A o B) su un substrato (S). Il
terzo spettro era relativo a due film di elementi A e B (gli stessi degli spettri precedenti) su substrato.
L’elemento di massa maggiore era quello in superficie (così da mantenere nello spettro la successione del campione) e gli spessori erano tali da mantenere separati in energia i contributi relativi ai
due elementi. Gli ultimi tre spettri proponevano sempre gli elementi A e B, ma con masse invertite
rispetto ai precedenti. In tutti e tre i casi l’elemento in superficie era quello di massa minore, così da
presentare nello spettro una successione inversa rispetto a quella del campione. Nello spettro numero
4 i contributi dei due elementi rimanevano distinti, nei due seguenti si sovrapponevano producendo
un picco in corrispondenza del bordo ad alta energia dell’elemento superficiale e del bordo a bassa
energia dell’elemento sottostante. Tale configurazione, rispetto allo spettro 4, corrispondeva ad un
aumento di spessore del film intermedio nel caso dello spettro 5, ad un aumento di spessore del film
superficiale nel caso 6.
Si analizzano le risposte in relazione alla individuazione da parte degli studenti degli elementi rilevanti che emergono dagli spettri, ai problemi interpretativi emersi e alle integrazioni rispetto a quanto
suggerito.Questo dovrebbe permettere di valutare la misura in cui gli studenti del corso si sono impadroniti dei suoi contenuti, e dunque le possibilità che li trasferiscano nelle proprie classi di insegnamento. Le domande di ricerca cui rispondere sono: 1) Gli studenti sono in grado di individuare le
caratteristiche principali dei campioni a partire dagli spettri, ovvero, sono in grado di interpretare
una forma grafica del tipo proposto? 2) Quali sono gli aspetti di difficoltà incontrati dagli studenti,
ovvero, quali i nodi di apprendimento emersi nel corso di tali interpretazioni? 3) Quale contributo
autonomo sono in grado di produrre gli studenti, ovvero, quali aspetti della conoscenza vengono
mobilitati in un corso come quello effettuato?
Prima di esaminare le risposte relative all’interpretazione dei singoli spettri proposti bisogna annotare
come 4/16 studenti facciano precedere l’analisi degli spettri da una breve descrizione delle caratteristiche del modello (interazione ione-materia) alla base della tecnica e dell’interpretazione degli spettri.
Relativamente agli spettri da analizzare l’analisi delle risposte conduce ai seguenti dati:
Spettro 1: Veniva proposto come esempio, per cui si indicava la struttura di un film di elemento A
su substrato S, con la massa A maggiore rispetto a quella di S. Nelle osservazioni si giustificava la
disposizione superficiale di A in base alla concordanza tra bordo ad alta energia dello spettro e valore
KAE0 (segnato nello spettro), insieme all’arretramento in energia dello spettro di S; la successione
delle masse veniva giustificata da quella dei fattori cinematici K e si faceva notare (senza collegamenti espliciti all’indicazione che fornivano) anche la successione delle rese di scattering, ovvero
delle sezioni d’urto. 2/16 studenti hanno apportato integrazioni e/o modifiche a quanto proposto: 1 ha
discusso gli spessori del substrato e di A sulla base della larghezza dei rispettivi spettri, 1 ha modificato l’interpretazione proposta: oltre ad indicare la presenza in superficie di A e giustificarla secondo
quanto proposto come esempio, giustifica la collocazione arretrata del bordo dello spettro di S (erroneamente indicata come corrispondente al valore KSE0) con la perdita di energia del proiettile nell’attraversamento di A (utilizzando quindi il modello dell’interazione ione-materia), individua la successione dei numeri atomici di A e del substrato in base all’altezza dei rispettivi spettri e giustifica la
natura di substrato dell’elemento S con l’estensione energetica del suo spettro.
Spettro 2: In questo spettro si richiedeva il completamento dell’interpretazione con le osservazioni,
dal momento che era già indicata la presenza dell’elemento B sulla superficie e del substrato S, oltre
alla successione delle masse, sia tra S e B che tra A e B (introducendo così un confronto con lo spettro
precedente). 15/16 studenti affermano che B è in superficie. 8 di essi giustificano ricalcando l’esempio proposto per lo spettro 1. I 7 restanti giustificano in modo analogo, ma considerando solo lo spettro di B; tuttavia, di essi 4 invocano il modello dell’interazione ione-materia, per rendere conto dello
spettro del substrato: “il bordo più energetico di S non coincide con KSE0 poiché gli ioni incidenti
devono attraversare lo strato B, perdendo energia, prima di raggiungere S (e analogamente quando
escono da S)”. 1/16 studente ritiene che B non sia in superficie: “B si trova fra A e S (non è in sup)
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
129
perché il bordo ad alta energia del suo spettro cade al valore KB*E0 che è intermedio fra quello di S
e quello di A”: viene identificata la posizione nello spettro con quella del campione anche in assenza
di resa da parte di A (e dunque, senza la presenza di A nel campione); la successione delle energie
KE0 viene identificata con quella degli strati del campione.
Per quanto riguarda le osservazioni sulla successione delle masse, 10/16 studenti considerano sia
quella tra B e S che quella tra A e B; 2/16 considerano solo quella tra B e S, 2/16 solo quella tra A e
B (in 1 caso invertita), 2/16 non prendono in considerazione le masse. Le giustificazioni fanno riferimento ai fattori cinematici, ricalcando l’esempio proposto in misura piuttosto aderente. Si discostano dall’esempio due giustificazioni per le masse di A e B: in 1 caso si giustifica in base alle
altezze dei picchi (“La minor altezza del “mattoncino” di B rispetto a quello di A è una conferma che
M(A)>M(B)”), in 1 in base alla posizione dello spettro di B spostato a sinistra (rispetto allo spettro
precedente) e alla resa minore.
Oltre a queste osservazioni, che in qualche modo erano “suggerite” dalla interpretazione e dalle osservazioni dello spettro precedente e dalla interpretazione dello spettro 2, sono state aggiunte autonomamente delle osservazioni da parte di 5/16 studenti: 3 sugli spessori, del substrato e dell’elemento
B, basate sulla larghezza degli spettri (1 caso) e confrontando gli spessori di A e B sulla base della
larghezza degli spettri e della concentrazione del materiale (1 caso) o solo sulla base della larghezza
degli spettri (1 caso); 2 sui numeri atomici di B ed S, collegando la loro successione a quella della
altezza del bordo degli spettri.
Spettro 3: 15/16 studenti individuano la presenza degli elementi A, B e S; di questi, 12 ne indicano la successione (film dell’elemento A su film dell’elemento B su substrato S), e in 10 casi (tra
cui 1 studente che fa riferimento al modello microscopico) giustificano l’affermazione analogamente all’esempio 1, mentre nei restanti 2 casi non si dà alcuna giustificazione dell’affermazione
riportata; 3 indicano la presenza dell’elemento A in superficie ma in 2 casi non collocano esplicitamente il secondo elemento (dichiarano che il campione consiste in “un film di due elementi A e B
su un substrato di elemento S” e la posizione di B risulta implicitamente dalle osservazioni, in un
caso facendo riferimento generico, per A, a quanto detto in precedenza, nell’altro, dopo aver giustificato la presenza di A in superficie come proposto nell’esempio 1, ipotizzando una somiglianza con
lo spettro 1 e utilizzando il modello di perdita di energia nello strato B) e nel restante si ritiene che
l’elemento B sia interno ad S “perché lo spettro di B cade intorno a KS” mostrando di interpretare la
retta delle ascisse come un riferimento di posizione senza tener conto dello spostamento dei picchi.
1/16 individua la presenza degli elementi A e S, ma ipotizza due possibilità per il picco dello spettro restante: l’elemento B sotto A o un terzo elemento C in superficie come A. I picchi esterni dello
spettro vengono interpretati in analogia all’esempio 1, l’ipotesi dell’elemento di B sotto A viene suffragata dal modello di perdita di energia degli ioni nell’attraversamento dello strato superficiale, che
spiega l’arretramento del bordo ad alta energia rispetto al valore KBE0, l’ipotesi di una lega superficiale si basa sulla possibile coincidenza tra bordo ad alta energia dello spettro e KE0 per un terzo
elemento C. Le difficoltà emerse in questo caso dipendono in parte da mancato collegamento con la
consegna (la presenza di leghe era esclusa) in parte da mancata integrazione delle informazioni ricavabili dagli spettri (non si è guardato alle rese, che in caso di composti sarebbero dovute essere inferiori all’elemento puro).
In relazione alla successione delle masse, tutti gli studenti individuano correttamente la successione
delle masse, ma in 1 caso solo tra A e B, trascurando S. 13/16 studenti la giustificano analogamente
all’esempio proposto, 3/16 non giustificano.
Osservazioni ulteriori si sono avute da parte di 6/16 studenti: 3 osservazioni sugli spessori: “lo spessore di A è maggiore di quello di B”, 3 osservazioni sulla successione delle sezioni d’urto: 2 giustificate dalla resa (o dall’altezza dello spettro) e dal numero atomico, “Inoltre σA>σB>σS, come si vede
dall’altezza degli spettri e come previsto in base ai valori dei numeri atomici”, 1 ingiustificata o giustificata dalle K (non risulta chiaro): “Inoltre, osservando i K: A è più pesante di B che è più pesante
di S. Sezione d’urto A>B>S”).
130
Tecniche di analisi di fisica della materia e proposte didattiche dai laboratori MASEM
PRIMA PROVA DI INTERPRETAZIONE DI SPETTRI RBS
Spettri di film uniformi di elementi puri su un substrato
1
Spettro RBS di un
film di un elemento A su un substrato
di elemento S, con
M(A)>M(S)
Osservazioni
A è in superficie perché il bordo ad alta
energia del suo spettro cade proprio al
valore K(A)*E0, mentre quello di S cade
ad energia decisamente più bassa. A è più
pesante di S perché il suo K è maggiore,
inoltre è maggiore anche la sua resa di
scattering (sezione d’urto).
2
Spettro RBS di un
film di un elemento B su un substrato di elemento S,
con M(B)>M(S) e
M(A)>M(B)
Osservazioni
3
Osservazioni
4
Osservazioni
5
Osservazioni
6
Osservazioni
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
131
In sintesi, per interpretare lo spettro 3, in 13/16 casi si fanno osservazioni che correlano caratteristiche degli spettri (bordi dello spettro confrontati con valori dell’energia KE0) a caratteristiche dei
campioni (composizione del campione) e in 3 di questi casi si ricorre anche al modello dell’interazione ione– materia. 2 tra questi 13 studenti fanno riferimento allo spettro 1. In 3/16 casi non si fanno
osservazioni valutabili sulla composizione del campione.
Spettro 4: Tutti gli studenti individuano la presenza degli elementi A, B, S. Considerando anche
quanto indicato nelle osservazioni, 12/16 studenti indicano la successione degli strati: in 9 di questi
casi, tra cui 1 studente che fa riferimento al modello microscopico, giustificano in analogia all’esempio 1; 1 studente giustifica solo il fatto che lo strato intermedio è composto dall’elemento B, facendo
riferimento (non corretto) anche alla resa di scattering: “B si trova nello strato intermedio, come si
può vedere sia dal fatto che il bordo più energetico di B non coincide con KBE0, sia perché la resa di
scattering di B è maggiore di quella di A”, infine 2/16 studenti non danno alcuna giustificazione. 2/16
studenti indicano la presenza dell’elemento A in superficie ma non collocano chiaramente il secondo
elemento “spettro RBS di un film di due elementi B ed A su un substrato di elemento S”: nelle osservazioni la correlazione tra bordo dello spettro e valori delle KE0 viene fatta solo per lo strato superficiale A e lascia ambiguità sullo strato di B e su S (“A è in superficie perché il bordo ad alta energia
del suo spettro cade proprio al valore K(A)*E0”). 2/16 studenti danno indicazioni contraddittorie:
da un lato indicano che l’elemento B è quello superficiale (“Film di elemento B su film di elemento
A su substrato S”), per poi osservare come non lo sia o come vi sia A in superficie. Nel primo caso si
fa riferimento solo alla mancata coincidenza tra bordo superiore e K(B)*E0 per giustificare l’affermazione che B non è in superficie (poiché si tratta dello studente che leggeva la struttura degli spettri precedenti in base alla disposizione dei K anche questa contraddizione potrebbe derivare da questo problema), nel secondo caso la correlazione tra energia e spettro viene fatta per A e per B (anche
riferendosi al modello microscopico per spiegare l’arretramento dello spettro di B) ma c’è incoerenza tra le dichiarazioni sulla successione degli strati (scorretta, per cui il film di B è “sovrapposto
ad un film di A a contatto con un substrato S”) e le osservazioni, per cui A è in superficie, affermazione giustificata facendo riferimento alla coincidenza del bordo ad alta energia con KAE0.
In relazione alla successione delle masse, tutti gli studenti individuano correttamente la successione
delle masse, ma in 1 caso solo tra A e B, trascurando S. 12/16 studenti la giustificano analogamente
all’esempio proposto, 4/16 non giustificano.
Osservazioni ulteriori si sono avute da parte di 6/16 studenti: 3 osservazioni sugli spessori di A e B:
“lo spessore di B è maggiore di quello di A”, e 1 su quello del substrato, per cui si correla l’estensione
dello spettro (fino a E=0) con la perdita di energia delle particelle nello spessore (adottando quindi un
punto di vista microscopico); 3 osservazioni sulla successione delle sezioni d’urto: 2 giustificate dalla
resa (o dall’altezza dello spettro) e dal numero atomico, “Inoltre dall’altezza degli spettri σB>σA>σS,
come previsto in base ai valori dei numeri atomici”, 1 ingiustificata o giustificata dalle K (come in
precedenza fatto per gli spettri 2 e 3): “Analizzando i K: B è più pesante di A che è più pesante di S
ed anche la sezione d’urto di B è maggiore di quella di A che è maggiore di quella di S”.
In sintesi, per interpretare lo spettro 4, in 14/16 casi si fanno osservazioni che correlano caratteristiche degli spettri (bordi dello spettro confrontati con valori dell’energia KE0, e in 1 caso anche la resa
di scattering) a caratteristiche dei campioni (composizione del campione) e in 2 di questi casi (3 se
si considerano anche le osservazioni sugli spessori) si ricorre anche al modello dell’interazione ione
– materia. In 2/16 casi non si fanno osservazioni valutabili sulla composizione del campione.
Spettri 5 e 6: In relazione alla composizione, negli spettri 5 e 6 sono sempre presenti le stesse affermazioni. Individuano la presenza degli elementi A, B, S 15/16 studenti; tra essi, 10 indicano esplicitamente la successione tra gli strati A-B-S (corretta), 2 lo fanno implicitamente (riferendosi allo
spettro precedente, “analoga situazione rispetto alla precedente”), 1 non la indica, e differenzia solo
il substrato: “due film, A e B, sovrapposti su un substrato”; 1 studente ritiene che dietro l’elemento A
puro in superficie (data la coincidenza tra bordo ad alta energia del suo spettro e KAE0, mentre quelli
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Tecniche di analisi di fisica della materia e proposte didattiche dai laboratori MASEM
di B e S cadono ad energie più basse) vi sia il substrato S in cui sono presenti atomi di A e di B “in
concentrazioni inferiori a quelle dello strato superficiale, il che rende conto dell’altezza degli spettri
inferiore a quello del picco relativo allo strato A superficiale”: il picco relativo alla sovrapposizione
degli spettri è visto come relativo all’elemento puro e le porzioni ad altezze inferiori come contributi da elemento non puro con rese inferiori a quelle dell’elemento puro (anche nel caso in cui non
c’è possibilità di rilevare un dislivello di altezza, ovvero per l’elemento B), come si evince anche
dall’osservazione sullo spettro 6, per cui rispetto al 5 risulta che “cambino solo le diverse profondità
a cui si spingono gli atomi di A e di B mescolati al substrato (e quindi in concentrazione minore di
quella di A superficiale)” ove lo spessore dello strato diventa profondità di penetrazione degli atomi.
Qui si nota come sia carente il controllo nei confronti della globalità del grafico, che in base a queste
ipotesi avrebbe dovuto presentare un dislivello anche nel contributo spettrale relativo al substrato.
Inoltre, non si tiene conto né della consegna (che esclude la presenza di composti) né del fatto che le
rese di elementi diversi sono diverse. 1 studente indica 2 ipotesi: 1) “film di B contenente anche A
su substrato S” e 2) “o meglio, film di B, film di B contenente anche A, film di A tutto su substrato
S”; entrambe in contraddizione con l’osservazione seguente che “B non è in superficie”. L’interpretazione adottata sembrerebbe quella per cui un contributo spettrale continuo rappresenta uno strato
unico nel campione, in cui gli elementi sono distribuiti lateralmente: nelle osservazioni sullo spettro 6, per cui si ripete la stessa indicazione sulla composizione, si riporta che “c’è sempre una zona
di film (di spessore minore di tutte), contenente sia A che B, la cui resa di scattering (sezione d’urto)
è maggiore delle altre”. Emerge comunque l’interpretazione dello spazio dello spettro come spazio
fisico, per cui una zona di spettro in cui si sommano i contributi da A e quelli da B (il picco) rappresenta una zona del campione in cui sono presenti insieme A e B. 1/16 studente accomuna gli spettri 5 e 6, senza specificare gli elementi presenti nel campione; ritiene che “si tratta sempre di una
sostanza depositata sopra un’altra” e che “non siamo in presenza di un elemento puro ma di un composto (o una lega?) costituito da tre elementi” interpretando in tal modo i “gradini” presenti nello
spettro: quindi, si notano due difficoltà: lo spettro relativo ai due elementi A e B viene interpretato
come relativo ad una sola sostanza (o strato…), e quindi i contributi da cui è formato come provenienti da composto, con rese inferiori a quella dell’elemento puro dovute appunto alla presenza del
composto. Le tre interpretazioni date allo spettro con sovrapposizione di contributi energetici relativi
a elementi diversi testimonia l’attenzione necessaria per un’interpretazione corretta.
In figura 3 sono sintetizzate le composizioni individuate per gli spettri 3, 4 e 5.
Se si prendono in esame anche le osservazioni riportate in relazione alle interpretazioni degli spettri
5 e 6 si nota che la maggior parte degli studenti confronta gli spettri 4, 5 e 6. 11/16 studenti in totale
confrontano lo spettro 5 con il precedente; 15/16 studenti confrontano lo spettro 6 o col precedente o
con lo spettro 4. Per quanto riguarda lo spettro 5, 3 studenti spiegano la composizione del campione
confrontando lo spettro con quello del campione precedente in relazione alle caratteristiche significative e al loro significato: la medesima posizione del bordo ad alta energia indica la medesima posizione dei film e lo stesso spessore del film A, superficiale; la sovrapposizione degli spettri (la cui origine non viene spiegata) indica un maggiore spessore del film B rispetto al caso precedente e il picco
in corrispondenza di K(A)*E0 che l’elemento A è in superficie. Nello spettro 6 si ripropone il confronto con lo spettro 4: l’arretramento del bordo ad alta energia rispetto al caso 4 viene interpretato
come indicazione che A è sempre in superficie, ma ha maggiore spessore che in quel caso. La stessa
configurazione dello spettro precedente per quanto riguarda il picco indica che A è in superficie anche
in questo caso. Considerazioni sulla posizione dei bordi a sinistra (dello spettro e del picco al suo
interno) e su quello ad alta energia danno indicazioni sugli spessori degli elementi, A aumentato e B
invariato rispetto al caso 4: “lo spostamento a sinistra del bordo a bassa energia conferma l’allargamento del film di A; poiché la differenza in energia fra il bordo destro dello spettro e quello a sinistra del picco è uguale ala larghezza dell’elemento B del caso A lo spessore è lo stesso”. 8 studenti
in tutto affermano la somiglianza dello spettro 5 con quello precedente, sottolineando solo in cosa
si differenziano; 6 di essi producono anche osservazioni, mentre in 2 casi si afferma solo l’analogia
con lo spettro precedente (il 4) ma con maggior spessore di B, così come nello spettro 6 si afferma
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
133
l’analogia con lo spettro precedente (il 5) ma con minore spessore di B e maggiore spessore di film
A, tutto senza osservazioni che giustifichino quanto affermato. Per quanto riguarda le osservazioni
degli altri 6 studenti, in 4 casi si spiega il picco come sovrapposizione dei due contributi non più
separati, come effetto di una estensione energetica delle particelle proiettile (relativa alla specie più
pesante, cosa che però non è specificata) superiore alla separazione in energia tra i picchi dei due elementi; (in 2 di questi casi si aggiunge che “data la larghezza degli spettri si può dedurre lo spessore
dei film”); in 1 caso il picco viene spiegato come coincidenza delle energie tra ioni diffusi da A e da
B a causa del maggior spessore di B, cosicché il picco viene formato dagli ioni diffusi da entrambi
gli elementi. Il maggiore spessore di B è visto come fonte anche dell’arretramento della banda di S,
nuovamente spiegata con la maggior perdita di energia, rispetto al caso precedente, degli ioni diffusi da S. In tutti questi 5 casi si usa dunque un modello microscopico. In un altro caso la differenza
rispetto allo spettro 4 è citata come aumento dello spessore di B (“è il caso precedente semplicemente con lo spessore di B aumentato”), si spiega la posizione di superficie di A con la coincidenza
del suo bordo ad alta energia col valore KAE0 e la “punta nella sovrapposizione dei mattoncini “come
somma del bordo ad alta energia dello spettro di A con lo spettro di B. Per quanto riguarda lo spettro
6, i primi 4 casi fanno un confronto con il 5, affermando che il film ha uno spessore maggiore e (solo
in 2 di questi casi) quello di B minore rispetto al caso 5, giustificando con la larghezza degli spettri,
poiché “la larghezza della banda di energia è direttamente proporzionale allo spessore del film”; in
2 di questi casi si sottolinea a conferma l’arretramento del bordo di B (visto quindi come contributo
distinto da quello di A anche se il picco è unico) rispetto al caso 5. L’ultimo caso di modello microscopico afferma ancora la similitudine con lo spettro 5, con l’unica differenza sugli spessori di A e di
B più e meno spessi rispettivamente (senza giustificare, però). Si osserva pure il fatto che permane
la sovrapposizione delle bande in corrispondenza di KAE0. Lo studente seguente, infine, afferma la
similitudine col caso precedente, con la differenza che lo spessore dello strato A è aumentato mentre quello dello strato B è diminuito (anche qui senza giustificare l’affermazione). 5/16 studenti non
fanno riferimento allo spettro precedente per quanto riguarda lo spettro 5 ma 4 di essi lo confrontano con lo spettro 6. In 2 casi si considera il picco dello spettro 5 come regione di intersezione delle
bande in energia da A e da B, dove i conteggi dell’una e dell’altra si sommano. In uno di questi casi
si aggiunge anche la giustificazione della successione di A e B ricavata dalla coincidenza e dall’arretramento rispettivamente tra bordo ad alta energia e KE0 dei rispettivi spettri, che vengono quindi
individuati come separati anche se i contributi sono uniti. Per quanto riguarda gli spessori, a partire
dalla successione delle larghezze delle bande energetiche di A e B si ricava la successione dei prodotti tra densità e spessore dei film, vista la proporzionalità tra le due grandezze. Lo spettro 6 viene
associato al 5, osservando come differenza l’inversione, rispetto a quest’ultimo, delle successioni
delle ampiezze energetiche di A e di B, e dunque degli “spessori” intesi come prodotto di N*t, ovvero
delle densità atomiche e degli spessori “Come nel caso precedente ma questa volta la banda di A è
più larga della banda di B quindi NBsB<NAsA”; uno dei due studenti ricava anche la successione degli
spessori da quella delle densità atomiche. Lo studente che ritiene che nel campione siano presenti
A in superficie (giustificando in modo analogo all’esempio 1) e poi atomi di A e di B nel substrato
(in base all’altezza delle porzioni di spettro) rileva come differenza dello spettro 6 rispetto al 5 le
profondità a cui si spingono gli atomi di A e B mescolati al substrato . Lo studente che ritiene che il
campione dello spettro 5 sia costituito da un film di B, da un film di B contenente A, film di A tutto
su substrato, osserva poi che “B non è in superficie perché il suo bordo sup non cade in corrispondenza di K(B)*E0”. Individua come differenza dello spettro 6 rispetto al 5 il fatto che lo spessore
del film di B risulta minore di quello del film di A, mentre osserva che permane una zona (di spessore minore di tutte e resa di scatttering - sez d’urto - maggiore delle altre) contenente sia A che B.
Lo studente che interpreta i gradini che compaiono nel contributo nello spettro come lega di tre elementi non compie osservazioni né confronti.
La discussione sugli spessori, non presente nelle indicazioni proposte inizialmente, riguarda 11/16
studenti nel caso dello spettro 5, 14/16 studenti nel caso dello spettro 6.
Nel caso degli spettri 5-6 c’è stato un rilevante utilizzo del confronto tra spettri da parte degli stu-
134
Tecniche di analisi di fisica della materia e proposte didattiche dai laboratori MASEM
denti: 12/16 confrontano lo spettro 6 col 5, 3/16
li confrontano entrambi col 4, rapportando nei
diversi casi le caratteristiche degli spettri per
dedurne l’interpretazione, 1/16 che considera
insieme gli spettri 5 e 6 e non fa confronti. Dei
12 studenti che confrontano lo spettro 5 con il 6,
6 registrano come differenza il maggior spessore
di A e il minor spessore di B rispetto allo spettro 5, 2 si riferiscono solo ad A, 3 confrontano le
successioni degli spessori (ora quello di A maggiore che quello di B, rispetto alla successione Figura 3 - Composizione dei campioni degli spettri 3-6: *=
inversa, riportata nello spettro 5 da 2 soli studenti), errato; **= parzialmente errato; ***= contraddittorio
1 ritiene che cambino le profondità (nel substrato)
a cui si spingono gli atomi di A e B.
Per quanto riguarda la successione delle masse,
nello spettro 5 13/16 studenti (a volte solo nelle
osservazioni) la individuano correttamente e la
esplicitano; 2 indicano la situazione come analoga
alla precedente, in cui era riportata anch’essa; 1
non la indica. Guardando alle osservazioni, dei
15/16 studenti che fanno riferimento alle masse,
3 studenti giustificano la successione delle masse
con la successione delle rispettive K, 2 indicano Figura 4 - Numero di studenti che hanno considerato grandezze
solo il parametro K cui riferirsi, 4 non giustifi- non riportate nello schema proposto per l’analisi; in rosso,
cano ma si riferiscono al caso precedente in cui estrapolazione dei dati sugli spessori
ciò era stato fatto, 6 non giustificano. Nello spettro 6 la successione è indicata esplicitamente da
6/16 studenti, anche se i restanti nel fare riferimento allo spettro precedente implicitamente
confermano anche la successione delle masse. 1
studente soltanto giustifica la successione delle
masse, per “la disposizione dei valori dei K”. Va
escluso lo studente che non fa riferimento alle
masse né nello spettro 5 né nel 6.
Altre informazioni prodotte nelle osservazioni:
nello spettro 5 (in cui 3/16 studenti aggiungono Figura 5 - Distribuzione dell’utilizzo del modello di interazione
ione – materia nell’interpretazione degli spettri. 4 studenti
osservazioni) osservano che “la resa di scatte- (segnati con *) lo hanno usato anche in un’introduzione al
ring è maggiore in B che in A σB>σA>σS” 2 stu- lavoro
denti; 1 afferma (pur restando indecifrabile se lo
ritenga o meno dipendere da K) che “la sezione d’urto maggiore è quella in corrispondenza del film
di A contenente anche B. Mentre quella di B è maggiore di quella di A che è maggiore di quella di
S”. Solo in questo caso si ha un’osservazione in relazione allo spettro 6: “c’è sempre una zona di
film (di spessore minore di tutte) contenente sia A che B la cui resa di scattering (sez. d’urto) è maggiore delle altre”.
In figura 4 sono sintetizzate le informazioni ricavate dagli studenti senza che fossero indicate nello
schema interpretativo proposto come esempio (spettri 1 e 2), in particolare per quanto riguarda gli
spessori; in figura 5 è rappresentata la distribuzione degli studenti che hanno utilizzato il modello
dell’interazione ione- materia nell’interpretazione: 3 studenti l’hanno citato in 3 interpretazioni, 1
in 2, 5 in 1 interpretazione. Lo spettro 5 ha visto il maggior numero di studenti che hanno usato il
modello, 5.
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
135
5. Discussione e conclusioni
Gli studenti hanno mostrato di individuare in buona percentuale le caratteristiche principali dei campioni a partire dagli spettri (vedi figura 3), e di essere in grado di giustificare adeguatamente le proprie affermazioni; tali giustificazioni non si limitano alla riproposizione delle osservazioni introdotte
come esempio, ma comportano anche l’utilizzo del modello microscopico del fenomeno di interazione ione- materia (citato da 9/16 studenti, vedi fig. 5) e il confronto tra i diversi spettri da interpretare, realizzato sia sulla base dell’individuazione delle differenze (tra gli spettri 5 e 6 per lo più) che
sulla base del confronto di caratteristiche (nei 3 casi che hanno confrontato gli spettri 5 e 6 col 4).
Questo fa pensare a modalità diverse di realizzazione dell’interpretazione.
Nonostante la maggior parte degli studenti abbia interpretato correttamente gli spettri, una minoranza
ha messo in evidenza difficoltà interpretative che, seppure in parte forse derivanti da una non attenta
lettura delle consegne, riguardano i seguenti aspetti:
-passaggio dalla scala in energia degli spettri a quella dimensionale del campione sia per la differenza tra successione dei fattori cinematici (moltiplicati per l’energia E0) in ascissa e posizione nel
campione che per quella tra posizioni dei picchi sullo spettro e posizione nel campione;
-passaggio tra spessore dei picchi e del campione, da intendere sempre come prodotto Nt tra densità
atomica N e spessore t, e non solo come spessore t;
-individuazione del significato delle rese, in relazione alla concentrazione atomica;
-gestione contemporanea dell’informazione sull’energia dei bordi dei picchi e sulla altezza per passare alla concentrazione.
Questi aspetti sono alla base dei problemi interpretativi osservati per quanto riguarda l’interpretazione
di spettri con sovrapposizione di contributi (quelli che danno origine ai “picchi” di resa negli spettri
5 e 6). Si notano 3 interpretazioni diverse degli spettri con sovrapposizione di contributi, accomunati dalla incapacità a vedere un contributo spettrale unico nello spettro come somma di due contributi separati, capacità che si nota nei casi di interpretazione corretta.
Le interpretazioni in cui si individuano composti sono da far risalire forse a lettura affrettata della
consegna e a difficoltà ad interpretare le informazioni fornite dalla resa di diffusione.
Il numero e la tipologia di contributi autonomi alle interpretazioni hanno riguardato diversi aspetti:
sia l’uso del modello microscopico, in 9/16 casi, (vedi fig. 5) sia i confronti tra spettri, con modalità
diverse, sia le considerazioni su aspetti non toccati dagli esempi di interpretazione proposti, in particolare la discussione sugli spessori, registrati in modo crescente nel corso della prova, come si vede
in fig. 4. Il numero, la tipologia e la frequenza di tali contributi fanno pensare che il corso nel suo
complesso abbia attivato modalità di gestione autonoma dei contenuti trattati da parte studenti.
I risultati esaminati portano ad affermare che un’attività di interpretazione di spettri RBS da un lato
è alla portata degli insegnanti in formazione, che riescono a per lo più a padroneggiarla adeguatamente, dall’altro richiede l’attivazione di abilità interpretative non scontate e che costituiscono un
guadagno formativo una volta conseguite. Il carattere aperto della proposta permette ai docenti in formazione di mettere in campo modalità interpretative personalizzate: per metà dei partecipanti l’utilizzo del modello microscopico dell’interazione ione-materia è stato un efficace mediatore interpretativo, mentre l’altra metà ha collegato direttamente caratteristiche grafiche a caratteristiche fisiche
dei campioni. Il grado di autonomia mostrato fa ritenere che i docenti si sentano abbastanza sicuri
sull’argomento e possano pensare ad un suo inserimento nella propria attività in classe.
136
Tecniche di analisi di fisica della materia e proposte didattiche dai laboratori MASEM
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Formazione in rete telematica di insegnanti secondari
all’orientamento formativo in fisica
Formazione in rete telematica di insegnanti secondari
all’orientamento formativo in fisica: analisi di ricerca
del processo e degli esiti
Marisa Michelini, Alberto Stefanel
Unità di Ricerca in Didattica della Fisica, Università di Udine
Abstract
1. Introduzione
La società, in continua evoluzione (Messeri 2007), richiede capacità di scelte competenti sia per quanto
concerne il progetto di vita personale (Life design) in continua evoluzione nei percorsi formativi e
lavorativi, sia per scelte che riguardano l’ambito socio-economico in cui ciascuno è inserito, ad esempio in merito a temi come quelli energetici, delle biotecnologie, della ricerca (AAVV 1995; Caravita,
Hallden 1995; Pontecorvo et al. 1995; Euler 2004). Prevedere uno specifico ruolo dell’orientamento
nella formazione dei giovani risulta un elemento costituente dell’attuazione dell’autonomia per le
istituzioni preposte all’istruzione. È un diritto dei giovani in merito ad individuazione ed organizzazione dei piani di studio dell’offerta formativa1, in merito alla tutela della libertà dei singoli di scegliere, definire e modificare i propri percorsi formativi (AAVV 1996; Michelini et al 2006; Messeri
2004). L’orientamento universitario si realizza nel contesto del raccordo scuola-università e coinvolge
dimensioni diverse, che si collocano in altrettante cornici: il tirocinio della formazione iniziale degli
insegnanti; la formazione degli insegnanti in servizio; i progetti di sperimentazione didattica; i progetti
collaborativi di ricerca didattica; la diffusione culturale e suo ruolo didattico nella scuola; i servizi
di orientamento agli studenti (Michelini, Rocchetti 2002). Tali dimensioni derivano dalla complessa
natura multifunzionale e trasversale dell’orientamento rispetto ai piani psicologico, sociale, pedagogico, gestionale, informativo e comunicativo. Diversi sono gli aspetti, le azioni ed i soggetti coinvolti
in ciascun piano. È compito e dovere del sistema formativo la gestione di un raccordo tra i diversi
livelli di istruzione. Esso si espleta in termini di continuità formativa e collaborazione nelle diverse
modalità dell’azione orientante. La funzione orientante che più coinvolge la scuola non può essere
assolta con azioni estemporanee, organizzate sulla base dell’intuizione, delle disponibilità e delle
offerte di realtà diverse. Serve una programmazione che offra un quadro organico e culturalmente
fondato, capace di educare e formare i giovani ad orientarsi, come requisito necessario ad azioni di
orientamento efficaci, che costruiscono il fondamento del diritto alla cittadinanza (Messeri 2007).
Le dimensioni informativa, educativa, formativa e organizzativa dell’orientamento a scuola coinvolgono l’insegnante in modo diverso (Scurati 1996; La Porta 1996). Nella dimensione educativa
risiedono obiettivi e strumenti di vita importanti, come:
- il sapersi relazionare con l’obiettivo di cambiare la qualità della vita e gli strumenti di relazione
- gli strumenti per organizzare le scelte, che coinvolgono abilità cognitive per sapersi orientare
- le competenze e l’acquisizione di competenze professionali
- il sapersi gestire nella formazione
- gli stili, l’abilità di studio e di apprendimento
- gli strumenti diagnostici e le tecniche di studio.
La dimensione formativa comporta acquisire la capacità di comprendere la natura propria ed il ruolo
delle discipline nella complessità e riconoscere le problematiche nei compiti. L’orientamento forma-
Si vedano: Decreto 22 ottobre 2004 n. 270, regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica
degli atenei; il DL 14 gennaio 2008 n. 21, norme per la definizione dei percorsi di orientamento; L. 5425/97 art.
6, autonomia degli istituti scolastici.
(1)
138
Formazione in rete telematica di insegnanti secondari all’orientamento formativo in fisica
tivo va quindi realizzato con e nella didattica disciplinare con strategie di personale coinvolgimento
dei singoli in problem solving, giochi di ruolo (Resnick et al. 1998; Mossenta 2007), simulazioni,
analisi di contesti (Michelini, Sartori 1998), attività in area di progetto (Dutto et al 2000), problem
base learning (Barrows, Tamblyn 1980; Bandiera, Pacetti 1998).
Insegnando si pongono le basi per l’orientamento formativo, ma specifiche azioni mirate, Laboratori
di orientamento, sono occasioni ineludibili da offrire ai giovani per far guadagnare loro esperienza
di contesti.
I molteplici piani coinvolti e la natura trasversale, anche in contesto disciplinare richiedono una specifica formazione degli insegnanti, che renda l’orientamento capillarmente diffuso e quindi nasca e
si attui su iniziativa di singoli (Cusinato 1997; Ajello 1997; Michelini, Sartori 1998).
Accanto a contenuti che pongano le basi della cultura di orientamento per l’insegnante servono
proposte operative, che si configurino come esemplificazione delle strategie e dei metodi di specifici
Laboratori di orientamento anche in contesto disciplinare.
Una esperienza significativa è stata condotta per oltre un lustro nella formazione iniziale degli insegnanti secondari: nell’area trasversale della Scuola di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario
di Udine sono stati attivati tre moduli formativi per insegnanti (Burba et al 2004) in cui sono state
affrontati gli aspetti generali di formare una cultura dell’orientamento, con analisi della normativa,
indicazioni sul ruolo dell’insegnante nel consiglio di istituto, in quello di classe e come docente disciplinare. Questa esperienza, unica in Italia nel suo genere, e’ stata messa a punto negli anni mediante
sperimentazioni di ricerca ed è stata la base per la predisposizione della formazione inm materia di
orientamento nel Master IDIFO.
Si presentano in questa sede le caratteristiche della formazione degli insegnamenti nell’area dell’orientamento nel Master IDIFO. Una particolare attenzione viene dedicata ad una metodica di Problem
Solving per l’Orientamento Formativo disciplinare (PSOF) basata sulla strategia della sfida ludica
del modello di popular problem solving (Watts 2001). Essa ha natura operativa e si propone sul piano
disciplinare. È stata messa a punto (Michelini 1998) per il Laboratori di Orientamento ed è stata il
riferimento per uno dei moduli formativi di orientamento del Master IDIFO. L’intero modulo prevede
la riflessione epistemica sulla disciplina (Anderson 1995), la progettazione di interventi formativi
con esplicito carattere orientante e si coniuga in modo strutturale con l’innovazione didattica (Bosio
et al. 1998, 1999; Burba et al. 2004).
Si discutono in questo lavoro i caratteri e gli esiti della formazione all’orientamento di IDIFO, che
è basata sulla ricerca didattica, mediante l’analisi dell’attività in rete telematica e gli esiti delle progettazioni e sperimentazioni dei corsiti.
2. La metodica del PSO
La metodica del PSO è stata messa a punto in fisica e sperimentata in diversi contesti disciplinari, come
la matematica, la biologia, il diritto, l’economia, la linguistica (Bosio et al. 1998, Michelini 1999). È
stata oggetto di formazione iniziale ed in servizio degli insegnanti in vari contesti (Michelini 1998,
1999; Burba et al 2004). Fondata sulla sfida ludica della strategia del popular problem solving (PPS)
(Watts 1991), richiede soluzioni operative, che comportano attività individuali e di gruppo, esplorazione di risorse e riflessioni sul piano meta cognitivo su strumenti e metodi della disciplina, oltre che
su caratteristici nuclei fondanti della disciplina in gioco, senza vincolare nell’approccio e nell’area
disciplinare. Gli studenti sperimentano personalmente le problematiche e la natura di un’indagine
scientifica, affrontando situazioni problematiche di tipo pratico e di natura quotidiana (Bednar et al.
1991). Riconoscono attitudine, interesse, passione, gusto per il cimentarsi nell’affrontare problemi,
riflettono sulle proprie capacità di organizzare l’indagine su piani diversi, mettono in atto modalità di
controllo delle scelte fatte ed utilizzano in modo differenziato strumenti formali nel contesto operativo
di situazioni concrete che si affacciano nell’indagine che conducono. Esplorano idee e fenomeni e
confrontano interpretazioni e modelli, soluzioni operative e speculazioni, esperienze che costituiscono
di per sé un modo di costruire una conoscenza della scienza e di sondarne le attitudini personali.
Le fasi previste alternano momenti di lavoro individuale, con momenti di lavoro di gruppo. È parte
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139
integrante dell’attività la discussione collettiva (gruppo classe).
Le fasi principali del PSO sono sei, inclusive delle sei ore complessive di attività in aula con gli
studenti. Una breve introduzione propone agli studenti una situazione problematica da affrontare ed
attiva risonanza cognitiva con le possibili soluzioni mediante la presentazione delle risorse disponibili (10 min). Ciò che si popone è un open problem ovvero un compito in cui il problema viene
individuato dai ragazzi stessi.
La prima parte (individuale- 1h) propone di: 1) Studiare il problema; 2) Esplicitare per iscritto
singolarmente le proprie considerazioni; 3) Progettare una o più procedure (teoriche, pratiche,...) di
soluzione del problema, prevedendone le modalità di verifica ed effettuando uno studio di fattibilità,
esplorando le risorse tecniche e umane necessarie (attrezzature tecniche, consulenti scientifici e tecnici, bibliografia, etc.); 4) Redigere il progetto, argomentandolo alla luce di quanto sopra le scelte e
le alternative (da mettersi in atto o da tenere come riferimenti).
La seconda parte (di gruppo- 2h) prevede: 1) la discussione dei progetti dei singoli, scegliendo uno
o più progetti da eseguire, valutando tempi e modi di esecuzione; 2) la ripartizione dei compiti nel
gruppo;
3) l’esecuzione del lavoro e scrittura del diario di lavoro.
La terza parte (di gruppo-1h) consiste nella redazione del rapporto di ricerca sul lavoro svolto da
consegnare subito.
La quarta parte segue un questionario psicologico a risposta multipla ed un rapporto individuale sul
piano tecnico (rapporto di ricerca), con analisi critica di merito sul problema e sul lavoro svolto.
Consiste nella discussione (collettiva – 1 h) dei rapporti di ricerca e dei risultati ottenuti alla luce
dell’analisi dell’insegnante.
La quinta parte (alla consegna - 1h) consiste nel confronto del vissuto e nell’analisi dell’esperienza
alla luce della personale percezione.
La sesta parte prevede una riflessione finale individuale e una relazione in forma libera sull’esperienza,
su eventuali punti/spunti ritenuti importanti, con commenti e suggerimenti sull’attività.
I problemi che costituiscono l’esplicitazione della metodica sono tutti di natura operativa. Ciascuno
coinvolge particolari obiettivi cognitivi, sia per quanto riguarda i contenuti, sia per i processi coinvolti,
sia per le metodologie che mettono in campo. Sono tutti affrontabili sia con metodologie scientifiche,
sia con pratiche quotidiane, secondo approcci di tipo scientifico, pratico tipo prova ed errore.
Nelle prime sperimentazioni della metodica in fisica (Bosio et al. 1998, 1999), sono state proposte
le seguenti sfide:
1) Ordinamento di liquidi per densità – vengono forniti diversi liquidi (es. latte, detersivo liquido,
olio, alcool, acqua, aceto). Si richiede di ordinarli per densità.
2) Il bersaglio. Studiare come lanciare palline di diverso materiale per colpire un bersaglio.
3) Studiare l’allungamento degli elastici disponendo di diversi elastici, supporti, pesi calibrati.
4) La legge di rifrazione. Un mezzo trasparente produce un cambio nella direzione della luce che
indice su di esso. Osservare: il cucchiaio immerso nell’acqua di un bicchiere; la quadrettatura di
un foglio e il pennello luminoso attraverso un blocchetto di plexiglas e di una mezzaluna di vetro,
etc. Studiare operativamente la legge che rende conto dei fenomeni di rifrazione.
Si tratta di compiti formulati in modo tale da poter essere affrontati operativamente senza bisogno
di specifici prerequisiti. Essi coinvolgono metodologie di indagine olistica, sperimentale o teoretica,
di verifica degli esiti. Prevedono l’utilizzo di specifici e diversi metodi tipici dell’indagine fisica: la
definizione operativa di grandezze fisiche, l’individuazione di leggi, la previsione di un comportamenti
cinematici/dinamici, l’esplorazione di un contesto fenomenologico rispetto ad una legge fisica.
La presentazione del problema è altrettanto importante della illustrazione agli studenti dei materiali
e delle risorse a disposizione e avviene utilizzando piani comunicativi differenziati: esposizione verbale dei testi, contemporanea proiezione di immagini evocanti situazioni, azioni utili alla soluzione,
indicazioni di materiali (apparati, attrezzature, libri) posti sui tavoli e utili per esperimenti risolutivi.
lo scopo è creare risonanza cognitiva mediante gli oggetti con il modo di vedere, lo stile di esplorare,
le attitudini personali possibili e idee risolutive, oltre a realizzare il coinvolgimento degli studenti,
140
Formazione in rete telematica di insegnanti secondari all’orientamento formativo in fisica
stimolandone l’attenzione, generando curiosità e interesse, creando un contesto di sfida, stimolando
la creatività. Nella presentazione dei materiali non si danno suggerimenti o indicazioni di lavoro, ma
piuttosto si forniscono spunti risonanti.
3. L’orientamento in IDIFO
Nell’ambito del Master IDIFO, la formazione sull’orientamento è stata proposta come tema trasversale
obbligatorio a tutti i 50 corsisti inscritti. È stata progettata su 3 moduli integrati: O1) Generale: Il
raccordo scuola università; O2) L’Orientamento formativo; O3) Il Problem Solving per l’Orientamento
formativo in ambito disciplinare, suddiviso in tre fasi: Preparazione; Progettazione; Sperimentazione.
I tre moduli prevedevano una parte di attività in rete (3.5 cfu.), una parte di lavoro autonomo (2.5
cfu), un incontro in presenza (0.5 cfu).
Nella prima fase (luglio-agosto 2006) è stato approfondito il ruolo dell’insegnante nell’orientamento
con il modulo O1-Area generale. Esso ha avuto un duplice ruolo: quello di costruire una cultura
dell’orientamento e quello propedeutico all’attività formativa finalizzata alla progettazione di un
modulo di PSO per la fisica, da discutere in rete e successivamente sperimentare con gli studenti.
In termini preliminari sono stati affrontati i caratteri dell’orientamento formativo, per la costruzione
cooperativa di idee e scenari a partire da documenti di riferimento., i problemi dell’orientamento
formativo (il quadro di riferimento, gli obiettivi, le azioni, le strategie, le metodologie e le modalità di
valutazione) e del raccordo scuola – università per l’orientamento formativo (Discussione sulle idee,
sulle esperienze e sulle proposte di raccordo scuola università) (O2-l’orientamento formativo).
Parallelamente sono state proposte: A) una riflessione sullo statuto epistemologico della fisica: i
caratteri che la costituiscono come disciplina ed i nuclei fondanti, per costituire una base di elementi
utili alle progettazione di un modulo di PSO in fisica; B) la presentazione, in lavori di rassegna,
delle caratteristiche della metodica di PSO e le modalità formative per la progettazione (O3- PSO
– preparazione).
Al termine della prima fase si è tenuto un incontro in presenza nell’ambito del WS1 di IDIFO.
La seconda fase (settembre 2006) è stata dedicata all’elaborazione del progetto di PSO individuale
(O3-progettazione).
La progettazione ha dato luogo alla sperimentazione in classe con gli studenti, a cui sono seguite le
fasi di analisi degli esiti. Ciascun corsista ha presentato la proposta di PSO, le modalità con cui è stata
sperimentata in classe, gli esiti della sperimentazione (O3-sperimentazione) sia come conclusione
del modulo O3, sia come rielaborazione alla luce della letteratura di ricerca in materia in un project
work.
I moduli O1 e O2 si sono basati su quattro documenti di riferimento ricchi di bibliografia, che hanno
avuto la funzione di spunto per la riflessione sulle problematiche legate all’orientamento in generale
e nello specifico all’orientamento formativo e al raccordo tra la scuola e l’università:
- DOCUMENTO ORIENTAMENTO-RIFERIMENTI/ELEMENTI DI BASE: propone una scaletta
di riflessione sulle diverse dimensioni dell’orientamento (Michelini 2006a).
- DOCUMENTO RACCORDO SCUOLA UNIVERSITÀ: Il raccordo tra la scuola e l’università si
propone nel contesto formativo come una sfida, che nel documento proposto su questo tema, offre
l’esperienza dell’Università di Udine in materia (Michelini 2006b).
- DOCUMENTO CRUI: La conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) ha approvato un
documento che sancisce le modalità di collaborazione tra la scuola e l’università alla luce dell’art.6
della riforma universitaria: quella introdotta nel 2000 con il DM509/99 e quella in corso di attuazione con il DM270/04. Esso ha costituito in questa sede base di discussione (Michelini, Michelon
et al. 2002).
- PIANO TRIENNALE: Il progetto di sviluppo triennale 2004-2006 dell’Università di Udine in
materia di orientamento formativo e continuità didattica è stato offerto in questo contesto come
riferimento per la discussione, senza altre pretese che non quella esemplificativa (Uniud 2004).
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
141
Figura 1 - Home-page dell’insegnamento in rete: Problem Solving per l’Orientamento formativo in ambito disciplinare
Le attività proposte hanno compreso la lettura dei documenti e la discussione dei loro contenuti in due
forum principali: il forum generale sull’orientamento ; il forum sul rapporto tra scuola e università.
I diversi fili di discussione in ciascuno dei due forum in rete sono stati attivati dai singoli corsisti
in base a quanto giudicato rilevante e significativo nella prospettiva di agire per l’orientamento formativo e il raccordo scuola-università. I due forum sono stati aperti nel luglio 2006 e si sono chiusi
ufficialmente nell’agosto 2006, ai corsisti è stata data l’opportunità di intervenire e completare il
lavoro anche successivamente.
Per la fase progettuale (O3- PSO progettazione) è stata proposta la seguente griglia per la progettazione del PSO:
1. Riflessione sulla disciplina per la scelta dei problemi
1.1_Caratteri orientanti della disciplina: analisi epistemica disciplinare di carattere orientante
Caratteri che stanno alla base dello statuto disciplinare, che la costituiscono come disciplina.
Nuclei fondanti, ambiti di intervento, metodologie proprie.
1.2_Individuazione di aspetti operativi
Azioni utili a sperimentare contesti e metodologie disciplinari ovvero strumenti propri della
disciplina, che ne definiscono i caratteri metodologici.
1.3_Progettazione di un fare quotidiano
Individuazione di contesti della vita quotidiana in cui le caratteristiche della disciplina possano
essere sperimentate
1.4_Modalità di approccio ai problemi
Teorico, sperimentale o equivalenti
1.5_Contenuti metodologico_formativi della disciplina
Che possono essere di riferimento per la scelta degli esercizi
2, 3,4,5,...Organizzazione dei materiali e del lavoro
142
Formazione in rete telematica di insegnanti secondari all’orientamento formativo in fisica
L’attività di progettazione è stata affiancata da un’attività di laboratorio in rete per la discussione e la
revisione dei progetti. I progetti preliminari alla sperimentazione e i project-work prodotti da ciascun
corsista, sono stati inseriti in rete e resi disponibili ai docenti e agli altri corsisti.
Un’analisi di ricerca in questo contesto mostra che aspetti formativi per l’insegnante includono ed
estendono la ricchezza del modello del Pedagogical Kontent Knowledge (PCK), ancor oggi riferimento di letteratura (Shulman 1987) nonostante i numerosi studi che da esso hanno preso spunto per
proporre dimensioni e modalità un po’ differenziate per la formazione degli insegnanti.
In questa sede si discutono i risultati della ricerca empirica sulle discussioni in forum e alcuni prodotti
di progettazione coma casi emblematici dei risultati di tale fase di lavoro.
4. Sintesi della discussione nei forum
Due principali web-forum hanno raccolto le discussioni sugli aspetti culturali e generali dell’orientamento (ForumOR-G) e sul raccordo tra l’università e la scuola (ForumU&S).
Nel ForumOR-G la problematica dell’orientamento è stata analizzata da due diverse prospettive: A)
orientamento come scoperta di sé e delle proprie potenzialità sui piani cognitivo, psicologico, sociale
e comportamentale; B) orientamento come scelta di un futuro possibile.
In rapporto alla prima prospettiva si sono sviluppati differenti punti di vista:
- (dello studente) orientarsi significa costruire un’idea di sé in rapporto ad una specifica realtà (come
sono a scuola, cosa mi interessa);
- (del docente) consapevolezze necessarie come condizioni per orientare sul piano disciplinare: A)
consapevolezza delle radici epistemiche, dei nuclei fondanti e dei caratteri propri della disciplina;
B) degli effetti sull’apprendimento delle strategie didattiche utilizzate; C) consapevolezza della
necessità di utilizzare molteplici mediatori didattici per favorire l’apprendimento in persone con
diversi stili cognitivi; D) consapevolezza che per orientare il docente deve prima di tutto conoscere
sé stesso, il proprio modo di affrontare i problemi riflettere.
Un aspetto, emerso come rilevante da parte di tutti i corsisti, è costituito dalla convinzione che sia
importante migliorare la propria professionalità attraverso un percorso continuo di collaborazione con
enti e strutture di ricerca didattica, anche per ritrovare l’autentico spirito dell’apprendere. L’assunto
alla base di tale posizione è che solo chi apprende continuamente può sostenere altri nel processo
di apprendimento.
Nel ForumU&S sono stati sviluppati elementi in merito alla prima prospettiva e sono stati focalizzati
quelli relativi al ruolo della collaborazione con centri di ricerca, all’importanza di una formazione
specifica sull’orientamento, alla trasversalità dell’orientamento. I principali risultati dell’analisi sulla
discussione si possono così sintetizzare:
- (caratteri) Favorire l’auto-orientamento degli studenti significa in primo luogo ripensare la didattica. Collaborare con l’università offre l’occasione di guardare con prospettive diverse al proprio
insegnamento e quindi favorisce pratiche riflessive sul proprio agire. Offre inoltre l’opportunità
di avere uno scaffolding da parte di esperti, che valorizza la comunità di pari. Il docente deve
ritornare ad essere un ricercatore per sviluppare consapevolezza sull’apprendere e ampliare la sua
competenza didattica per costruire percorsi pertinenti (cosa/come insegno, cosa chiedo agli studenti,
come valuto).
- (basi formative e di innovazione) Un possibile percorso di formazione suggerito per il docente è
il seguente:
• costituire una comunità che si confronta in rete su idee generali;
• costruire, anche attraverso attività condivise, dei progetti sui quali discutere e confrontarsi;
• predisporre indicatori comuni, che permettano di raccogliere un core di dati confrontabili nelle
diverse sperimentazioni;
• discutere in rete i risultati delle attività in classe.
L’attuazione di un tale processo potrebbe avere anche possibili ripercussioni sull’editoria scolastica in
base alle modalità didattiche di attuazione dei progetti. L’attenzione agli aspetti didattici è prevalente
se non esclusiva: dimensioni orientanti dichiarate non sono individuate come specificità.
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
143
- (Trasversalità ed interdisciplinarietà) Progettare un numero sempre maggiore di attività didattiche
interdisciplinari, perché viene giudicato importante sapere cosa, come, ma anche come utilizzare
un insieme di conoscenze provenienti da diversi settori disciplinari.
Nel ForumOR-G sono state formulate ipotesi per rendere più efficace l’orientamento alla scelta:
a. sviluppare progetti in collaborazione tra scuole e con l’Università non solo per far frequentare agli
studenti delle superiori le aule universitarie, ma soprattutto per porli nella situazione di sperimentare diverse prassi che possono far emergere motivazioni sopite (es. creare laboratori aperti).
b. sono positive le esperienze che permettono di mettere in contatto gli studenti già frequentanti
l’Università con gli studenti delle superiori: solo tra pari riescono veramente a spiegare le difficoltà, i problemi, le strategie da sviluppare per superarli;
c. vi dovrebbe essere una collaborazione con il territorio e il mondo della comunicazione per fornire
possibili futuri lavorativi (dove si può potrà trovare impiego, avendo scelto un determinato corso
di laurea?)
Nel ForumU&S sono emerse ulteriori proposte di collaborazione tra Università e scuola:
La scuola e l’Università potrebbero costruire percorsi di collaborazione per:
1. definire dei livelli di apprendimento in uscita e in entrata che permettano di visualizzare una
continuità (problema: livelli standard nazionali o regionali, ovvero rispetto ad ogni singola università?)
2. costruire delle prove comuni da utilizzare in modo sinergico
3. costruire un confronto non solo sui contenuti/conoscenze ma anche sulla strutturazione dei curricoli, cioè sulla didattica
4. predisporre in comune accordo situazioni nelle quali gli studenti partecipino a percorsi che consentano loro di essere soggetti attivi (es laboratori, risoluzione di situazioni in gruppo monitorati da
docenti universitari e della scuola); è fondamentale far emergere la motivazione degli studenti
5. costruire in modo sinergico situazioni nelle quali vi siano altri attori dell’orientamento, vale a
dire enti territoriali, professionisti…che possano dare una maggiore chiarezza sull’occupazione
futura in base alla scelta del corso di laurea
6. coinvolgere i dirigenti scolastici nella progettazione di tali iniziative, come attori importanti
dell’orientamento, e non solo i singoli docenti volontari
Dagli interventi nei forum, alcune domande espresse dai corsisti sono restate come problematiche
aperte:
- relativamente al PSO: è interessante la prospettiva che presenta, ma vi è qualche dubbio sull’utilità
di test psicologici
- in merito alla crisi degli iscritti alle facoltà scientifiche: la divulgazione favorisce o meno l’interesse?
- Educazione scientifica ed educazione alla cittadinanza: Come collegarle?
- Scienza e rapporto con il mistero: come gestire questa relazione per mantenere il desiderio di
indagare oltre il conosciuto?
- Valutazione dell’apprendimento: Come costruire una valutazione autentica dell’apprendimento
degli studenti?
Tutte le problematiche eccetto l’ultima sono emerse nel ForumOR-G.
5. Progetti di PSO: Casi emblematici
Come esemplificazione degli esiti dell’attività svolta, si propone un approfondimento su alcuni casi
emblematici dei progetti presentati in rete dai corsisti, sottolineandone gli elementi caratterizzanti. Si
presentano anche gli esiti di quelle sperimentazioni con documentazione sufficientemente ampia nei
relativi project work, ovvero con riflessioni significative dei corsisti in merito alla sperimentazione.
In un caso infine vengono anche presentati gli strumenti utilizzati nel monitoraggio, come esempio
dei materiali messi a punto nelle sperimentazioni IDIFO sull’orientamento.
144
Formazione in rete telematica di insegnanti secondari all’orientamento formativo in fisica
5.1 Problem solving ancorato a un percorso
Il primo caso che si propone è quello di una sperimentazione di PSO basata sulla realizzazione sperimentale e simulata dell’esperimento di Stern e Gerlach. In sintesi, dalla presentazione del docente che
ha proposto la sperimentazione (Paolo Bartesaghi, Milano), i nodi su cui si è sviluppato il progetto
sono stati i seguenti:
• Introduzione, nel contesto della fenomenologia della polarizzazione, di concetti base di meccanica
quantistica, come l’interpretazione statistica / probabilistica dei fenomeni, evidenziando il ruolo
centrale svolto dal principio di sovrapposizione, chiave interpretativa dell’intera meccanica quantistica.
• Costruzione del formalismo di Dirac, nell’introduzione del concetto generale di stato quantico.
• Analisi dell’esperienza di Stern e Gerlach (SG), come contesto in cui introdurre il concetto di stato
di spin, discutendone il significato, e a partire dal quale generalizzare il concetto di stato quantistico.
• Riflessione per percepire in modo più netto lo scarto tra le due possibili interpretazioni, classica e
quantistica, anzitutto per i fotoni.
• Rendere più chiari anche i concetti di quanto e grandezza quantizzata, quando essi vengano applicati
a grandezze diverse [dalla polarizzazione ndR], quale è appunto lo spin.
Il problem solving è stato proposto in questo progetto attraverso alcune domande il cui ruolo è stato
quello di portare gli studenti a formulare ipotesi interpretative che naturalmente conducessero all’introduzione del concetto di spin.
Gli esiti sono stati valutati solo sul piano disciplinare, come sintetizzato dallo stesso corsista:
Rispetto al questionario introduttivo, negli esiti di questa prova si è notata una cosa: la maggior parte
degli studenti usa più cautamente analogie e immagini classiche. In particolare, alla domanda che
chiede di dare una definizione dello spin è risultato chiaramente che gli studenti hanno preso consapevolezza dei limiti di una visione classica rotazionale dello spin. La gran parte degli studenti ha
raggiunto anche un adeguato livello di comprensione delle minime nozioni di formalismo introdotte,
mentre si può dire che tutti abbiano compreso la dinamica sottostante l’esperimento di Stern e Gerlach
ed in particolare la ragione per cui il risultato sperimentale si discosta totalmente dalla previsione
classica. L’ultima domanda volutamente generale ha dimostrato invece che permangono ancora delle
difficoltà interpretative del principio di sovrapposizione: non tutti gli studenti hanno infatti colto il
fatto che uno stato possa essere sovrapposizione di due o più autostati differenti e che l’atto di misura
ne selezioni uno, come per altro la simulazione utilizzata cercava di visualizzare.
Il progetto è completamente focalizzato sull’apprendimento di contenuti disciplinari e il problem solving
è interpretato come formulazione di problemi per elaborare ipotesi adatte ad interpretare processi.
La dimensione orientante è completamente implicita all’azione didattica: lo studente riconosce strumenti e metodi disciplinari adottandoli ed operando nella disciplina. Una riflessione che gli permetta
di identificarli è lasciata alla sua stessa maturazione.
5.2 Palestra per esplorazione sperimentale
Il secondo caso, dal titolo: Il problem solving come esperienza orientante: Una proposta didattica di
laboratorio sul principio relatività, prevede che gli studenti si cimentino in una palestra di esplorazione
sperimentale in particolare sul moto e la cinematica relativa. Il docente (Pasquale Onorato-Pavia)
prevede la verifica di una legge in laboratorio come attività orientante, come illustrato in fig. 2.
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
145
Figura 2 - Scheda di presentazione agli studenti del problem solving sul principio di relatività
In questo caso il problem solving è interpretato come occasione per trovare la risoluzione di un problema dato con approccio sperimentale.
La dimensione orientante è affidata all’esperienza diretta di un lavoro esplorativo sperimentale, con
aspetti interpretativi. L’attività proposta è densa di elementi caratterizzanti le metodologie proprie
della disciplina ed è particolarmente significativa per dare esperienza e consapevolezza in merito al
lavoro di indagine in fisica, anche se lascia implicita la dimensione orientante.
5.3 Integrazione didattica come percorso sperimentale di ricerca
Il terzo caso è quello del progetto dal titolo: Radiazioni invisibili: un modulo integrativo e orientativo
di fisica, proposto da Valter Giuliani (Monticello Brianza - LC).
I principali obiettivi del progetto sono stati, in merito alle radiazioni:
• Metter in evidenza le conoscenze preesistenti degli studenti
• Confrontare conoscenze comuni e conoscenze disciplinari
• Pianificare, partendo da ciò che già si conosce, un percorso di ricerca
Le motivazioni della proposta, così delineate nel project-work, sono:
• Il corpo centrale di tale proposta è una serie di attività sperimentali, svolte direttamente dagli
studenti, mirate allo studio delle proprietà di un fascio di microonde partendo dall’analisi di quel
mondo a noi così vicino ma allo stesso sconosciuto delle radiazioni, in particolare quelle invisibili,
cioè non direttamente percepite dai nostri sensi.
• Si vuole fornire una panoramica delle tecniche più moderne utilizzate in svariati campi, che lo
studente potrà utilizzare per le sue scelte formative successive.
Le attività sono state monitorate con griglie d’osservazione ed è stato proposto un questionario con
le seguenti tre domande aperte:
– Che cosa abbiamo fatto – imparato – prodotto?
– Che cosa è stato interessante per me?
– Questioni su cui devo riflettere, chiarire o capire meglio - problemi aperti.
146
Formazione in rete telematica di insegnanti secondari all’orientamento formativo in fisica
Dell’analisi dei questionari e delle osservazioni fatte, il corsista sintetizza in questo modo gli esiti
della sperimentazione:
Le attività sono state stimolanti, hanno attirato l’attenzione e l’apprendimento è stato più efficace.
In particolare, durante il percorso didattico gli studenti hanno:
– appreso i fondamenti della fisica delle radiazioni, le loro proprietà, i problemi aperti e lo stato
delle conoscenze del settore, le applicazioni tecnologiche;
– vissuto il percorso tipico della ricerca scientifica perché si sono impadroniti di strategie, abilità,
atteggiamenti e valori utili per applicare i concetti alla soluzione di problemi, all’interpretazione
di osservazioni e dati e alla comunicazione;
– riconosciuto il valore delle teorie scientifiche soprattutto nel loro significato sociale e culturale
anche come mezzo per distinguere la scienza dalla pseudoscienza;
– acquisito un’immagine positiva della scienza;
– utilizzato la loro creatività e la loro fantasia per un lavoro scientifico;
– aumentato la consapevolezza delle proprie caratteristiche e difficoltà;
– capacità di operare in gruppo.
Il problem solving per l’orientamento in questo progetto, come lo stesso corsista esplicita, è stato
interpretato come:
• prendere coscienza di una situazione problematica;
• formulare domande pertinenti;
• studiare e progettare procedure di soluzione del problema confrontando i propri schemi di pensiero,
desunti dal senso comune, con quelli dell’esperienza scientificamente fondata;
• apprendere a fare ipotesi, a confutarle o validarle, a recuperare l’errore, ad accettare l’incertezza;
• esaminare in modo critico il lavoro svolto e discuterne collettivamente i risultati ottenuti individuando le relazioni che nascono nel rapporto scienza – natura - società;
• comunicare i risultati
• generalizzare e applicare le nuove conoscenze a situazioni diverse e correlate.
La convinzione che aver vissuto un’esperienza con questi elementi comporti necessariamente il loro
riconoscimento e l’attribuzione di questi come elementi caratterizzanti la disciplina emerge in modo
chiaro dall’elaborato e rappresenta una situazione molto comune ad altri lavori simili.
È come se gli insegnanti non si rendessero conto che la riflessione e la rielaborazione sono processi
separati lunghi e difficili, che restano sempre incompleti. Essi sono la base dell’orientamento formativo e non devono essere sottovalutati, gli insegnanti devono acquisire consapevolezza di ciò, con
una formazione che evidenzi come il tempo impegnato in questo lavoro non sia perduto, ma anzi
prezioso èper consolidare lka formazione, oltre che importante per l’orientamento.
5.4 Aspetti concettuali: le basi classiche della fisica moderna
Il progetto dal titolo Gravitazione e Materia Oscura viene sintetizzato dalla corsista che lo ha progettato (Nicoletta Capitanio Treviso) nel seguente modo:
• Lo scopo dell’attività è quello di far indagare agli studenti la relazione che intercorre tra il periodo
di rotazione di un corpo di massa nota, attorno ad un altro, in funzione della massa del corpo
centrale ed eventualmente della distanza da questo.
• Nell’ambito della fisica classica quindi, permette di riflettere sui
– legami che intercorrono tra le masse dei corpi legati gravitazionalmente,
– le loro distanze e
– il loro moto,
• mentre in un ambito di fisica moderna, con particolare riferimento ai problemi cosmologici e
all’analisi della quantità di materia presente nell’universo, permette un approccio diretto al problema della materia oscura.
L’idea è quella di far capire agli studenti come si sia giunti all’idea dell’esistenza della materia
oscura attraverso l’analisi delle curve di rotazione delle galassie, che si discostano sensibilmente da
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
147
quelle previste teoricamente, a meno di non ipotizzare l’esistenza di una grande quantità di massa
non rilevabile con gli usuali metodi, ma che comunque fa sentire i suoi effetti dal punto di vista
gravitazionale.
Figura 3 - Schema dell’apparato per esplorare in forma analogica l’interazione gravitazionale
tra masse diverse e la sua realizzazione e messa in opera in classe
Lo spunto per l’attività è consistito in un esperimento analogico proposto per ragionare sulla gravitazione in fisica classica e in fisica moderna, che consiste nell’esplorazione della rotazione di un
corpo di una data massa m sotto l’azione di una forza centrale. Tale forza centrale è prodotta da una
seconda massa M appesa al filo al cui altro estremo è attaccata la prima massa, come illustrato in
figura 3. Nel progetto qui presentato l’esperimento viene proposto come esplorazione analogica della
relazione che intercorre tra il periodo di rotazione di un corpo di massa nota, attorno ad un altro,
in funzione della massa del corpo centrale ed eventualmente della distanza.
È interessante come l’insegnante ponga su un piano scientifico di base, utile all’apprendimento, un
tema motivante e misterioso della ricerca in fisica avanzata. L’esito della sperimentazione viene
documentato dalla corsista con i commenti degli studenti:
• L’attività svolta nel suo complesso è risultata essere interessante e anche divertente. C’è stata una
gran partecipazione dell’intero gruppo in tutte le fasi dell’esperimento anche se la parte relativa
alla raccolta dati è stata un po’ dispersiva ed è durata molto di più della fase teorica e di elaborazione dei dati
• Penso che l’attività svolta sia stata utile per poter unire la teoria alla pratica e poter apprendere
in modo alternativo rispetto alla classica lezione frontale.
• L’attività svolta è stata utile sia per comprendere meglio i concetti fisici sia per trovare un metodo
per risolvere una situazione problematica. Infatti, dopo le prime difficoltà incontrate nel svolgere
l’esperimento abbiamo trovato il modo per svolgerlo a seconda delle attitudini di ogni componente
del gruppo.
• L’attività è stata interessante e coinvolgente. Ha permesso a tutti di collaborare e di essere parte
attiva dei gruppi. Tuttavia, richiedeva molta attenzione e precisione che a volte è stata difficile da
mantenere a causa della nostra inesperienza.
• È stato un lavoro utile per collaborare tra noi, confrontarci sulle nostre opinioni e aiutarci a vicenda.
È stata anche una bella esperienza, diversa da quella che facciamo solitamente in classe.
• Non era un’attività difficilissima, richiedeva una certa manualità per la parte pratica, ma non
impossibile. Il mio gruppo si è concentrato soprattutto sulla raccolta dei dati, tralasciando una
fase più riflessiva e di ragionamento attraverso i disegni.
• Anche se l’esperimento non è riuscito, ritengo che sia stato molto efficace per comprendere meglio
148
Formazione in rete telematica di insegnanti secondari all’orientamento formativo in fisica
alcune parti dell’esperienza fisica che solo teoricamente spesso sono difficili da capire.
• In complesso è stata una bella attività, utile e diversa dal solito.
• Sì, credo che questa attività sia stata molto utile per far comprendere a ciascun componente del
gruppo qual è l’ambito in cui sa lavorare meglio e qual è il suo approccio di fronte ad un quesito.
• Grazie a questa esperienza ho compreso che la mia abilità manuale è scarsa e perciò è meglio che
in una situazione problematica io mi occupi maggiormente alla parte teorica o all’elaborazione
dei dati.
• Si, con questa attività ognuno ha compreso le proprie attitudini aiutando il gruppo su ciò che
meglio era in grado di fare.
• Si, poiché si è trattato di una situazione con problemi pratici, a cui ho cercato di trovare delle
soluzioni e strategie adatte, per tentativi.
• Ci ha fatto capire un metodo per risolvere un problema, che possiamo applicare a vari ambiti.
Credo che sia stata utile anche per capire le nostre attitudini, che potrebbero aiutarci nel futuro.
• Sì, abbastanza. Mi è servita per il lavoro di gruppo e a capire che la raccolta dati non è tutto se
dietro non c’è un lavoro di ipotesi attraverso dei disegni e dei calcoli.
• Sì, credo che abbia insegnato, quanto meno a me, a non dimenticare la rappresentazione semplificata dell’esperimento perché può essere molto utile per la sua risoluzione.
Dalla raccolta di commenti emerge l’impatto complessivamente positivo della sperimentazione,
accompagnato da un maggiore guadagno nella consapevolezza delle proprie attitudini laddove è
anche maggiore la riflessione critica.
In questo progetto di PSO la corsista enfatizza gli obiettivi disciplinari, piuttosto che quelli di orientamento, ma porta i ragazzi a discutere e riflettere sull’esperienza. La documentazione dei commenti
dei ragazzi indica una riflessione dell’insegnante anche sul proprio lavoro sia in merito allo specifico
esperimento svolto, sia in merito a come gli studenti si sono rapportati con il gruppo in cui hanno
operato.
5.5 Mettersi in gioco per interpretare SPETTRI RBS
Il progetto PSO come esperienza orientante: una proposta didattica propone come contesto problematico l’analisi di spettri RBS (Rutherford Backscattering Spectrometry) ottenuti presso i laboratori
di Legnaro (PD). La docente (Silvia Losso - Belluno) sintetizza in questo modo i punti salienti del
suo progetto:
• L’attività è rivolta ad allievi di quinta superiore che abbiano seguito in precedenza un percorso di
introduzione ai concetti base della RBS.
• Interpreta i seguenti spettri RBS sapendo che si tratta di spettri di film di spessore 200 nm o multipli
di Au, Ag, Cu, Ti, Si e O non necessariamente puri. In uno stesso campione possono essere presenti
più film sovrapposti.
La corsista commenta in questo modo l’esito della sperimentazione:
• L’attività è stata affrontata con curiosità e interesse dai ragazzi i quali, anche se hanno colto solo
parzialmente l’essenza della proposta, si sono comunque messi in gioco ed hanno lavorato con
impegno.
• Alcuni risultati in termini di autovalutazione siano stati raggiunti, soprattutto i ragazzi hanno
apprezzato la possibilità di poter riflettere sulla natura della fisica come disciplina e questo è sicuramente un punto di forza delle attività proposte. Per poter conseguire una piena consapevolezza
delle proprie attitudini sarebbe utile programmare una serie di questi interventi da proporre ai
ragazzi nel corso dell’ultimo biennio delle superiori, in modo da costruire nel tempo la capacità
di autovalutazione richiesta.
Il PSO in questo progetto è stato proposto come gioco di ruolo ovvero simulazione di attività di
ricerca nel campo della fisica dei materiali a partire da uno strumento (concettuale) di ricerca dato.
L’attenzione alla riflessione e al riesame meta - cognitivo denota l’attenzione alla dimensione di
orientamento come acquisizione di consapevolezza di contesti.
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
149
5.6 Riorientare l’orientamento scolastico e guardare alla domanda dei ragazzi
Il docente (Pucci Giuseppe - Pavia) premette al suo progetto, dal titolo “Il PS come esperienza
orientante: l’esperienza personale nel progetto: Orientamento in Uscita”, una breve analisi della sua
esperienza di docente orientatore. Sintetizza nel seguente modo il lavoro della Commissione Orientamento della scuola: Sostanzialmente si tratta di organizzare una consapevolezza dell’offerta presente
sul territorio. Tutto ciò è certo un servizio di orientamento ma non lo definirei di tipo didattico. Prosegue inoltre evidenziando i primi approcci: Inizialmente mi trovai molto disorientato. Riconoscevo
come utili tutte le informazioni che scambiavo a scuola però mi rendevo conto che nelle otto classi
in procinto di affrontare l’Esame di Stato, nessuno studente percorreva un suo percorso didattico che
coinvolgesse le emozioni, la soddisfazione, la fatica e, importante, la predisposizione verso alcune
discipline. Per questo una delle prime esperienze proposte è stata quella di far visionare gli esami
ed i loro programmi dei corsi di laurea di interesse per gli studenti, chiedendo loro se:
– sapessero qualche cosa di quegli argomenti,
– avessero idea degli sbocchi professionali,
– avessero in mente qualche profilo professionale,
– si fossero mai cimentati in maniera attiva con simili conoscenze.
A conclusione di questa sua esperienza pregressa il docente esprime il seguente commento che motiva
l’impostazione del PSO proposto:
Più che una incapacità o pigrizia verso l’uso di un nuovo strumento didattico, direi di essermi
imbattuto in una cultura scolastica che va pazientemente educata e formata. Mi sono accorto che
i ragazzi in modi diversi ed incerti perché non a conoscenza, chiedevano tutti la stessa cosa, un
percorso esperienziale che mettesse la loro persona intera in gioco con le varie materie o discipline
universitarie.
Il docente interpreta questa domanda degli studenti proponendo un progetto di PSO incentrato sull’analisi sperimentale della legge di Malus. Propone per l’attività una griglia di obiettivi sia disciplinari,
sia trasversali e più mirati all’orientamento:
Obiettivi disciplinari
• Rafforzare/sperimentare il comportamento di una legge fisica
• Imparare o migliorare le capacità di utilizzo della strumentazione di laboratorio come sensori, laser
ecc.
• Creare una capacità di gestione dei dati sperimentali, validità e limiti inclusi.
• Affinare le capacità di espressione con il linguaggio tecnico/specifico.
Obiettivi trasversali
• Acquisizione/rafforzamento della modalità di lavoro sperimentale
• acquisizione della capacità attiva di sviluppare strategie e di condividerle all’interno di un gruppo
di lavoro
• capacità di attivare procedure creative, percorsi alternativi, di risolvere, aggirare difficoltà, imprevisti.
Figura 4 - Lo studio della legge di Malus realizzata dagli studenti con apparati auto costruiti
150
Formazione in rete telematica di insegnanti secondari all’orientamento formativo in fisica
• Gestione al meglio delle risorse
• Autovalutazione delle proprie attitudini, della soddisfazione nell’impegnare tempo ed energie in
queste attività disciplinari.
• Proiettare le sensazioni ricavate in un profilo professionale futuro valutandone la volontà di
scelta.
A conclusione del project work due considerazioni riepilogano l’esito della sperimentazione:
• Forse il risultato sperimentale ha molti difetti o punti di critica, ma il risultato in termini di partecipazione dei ragazzi è stato a mio parere ottimo.
• Sono stati consapevoli di aver adottato una strategia, di aver prodotto e contribuito sia come
gruppo che individualmente. Hanno potuto sperimentare un modo di partecipare al cammino della
conoscenza in campo scientifico. Se questa sarà la loro scelta futura non si può dire, ma in ogni
caso saranno stati aiutati a fare una scelta più consapevole.
Il problem solving in questo progetto viene interpretato come analisi sperimentale di una legge fisica
per far avere esperienza diretta di come si effettua una indagine scientifica, per quanto realizzata con
materiali poveri in un laboratorio didattico. Nasce dalla riflessione dell’insegnante sul proprio operato
nell’ambito dell’orientamento e si integra con la riflessione dei ragazzi sul proprio operato. Costituisce
uno degli esempi più completi di orientamento formativo implementati, per quanto limitata sia stata
la parte di auto-orientamento che la riflessione dei ragazzi ha indotto.
5.7 Own Problems di Relatività
La docente (Patrizia Colella - Lecce), presenta il suo progetto dal titolo La relatività speciale è inconsueta ma si può fare, nel modo seguente:
• Si è proceduto dedicando la prima ora di attività ad una «presentazione» dei principi della relatività
speciale (in allegato al progetto è stata inclusa la presentazione «relatività.pps» utilizzata con gli
studenti)
• La presentazione è strutturata per alcuni aspetti in modo dichiarativo (definizioni, principi e
invarianti) per altri aspetti, in particolare per evidenziare la relatività della simultaneità, vengono
utilizzati due approcci uno «visivo» (simulazioni reperite in rete) e l’altro descrittivo -esemplificativo, per andare incontro a diversi atteggiamenti cognitivi. L’intera presentazione è incentrata
sul principio di relatività, costantemente richiamato, e sulle proprietà della «velocità della luce»:
finitezza, invarianza, essere una velocità limite, ed al ruolo che esse giocano nella teoria della
relatività, in particolare si evidenziano effetti di non simultaneità generati sia dalla sola finitezza
della velocità della luce e sia dal moto relativo degli osservatori, infine, citando la metodologia
operazionista, viene gettato anche qualche amo in ambito epistemico. Per quanto riguarda gli
ultimi due punti, argomento teorico e aspetti non intuitivi, nella presentazione vengono «citati» i
possibili approcci procedurali per effettuare passaggi da un sistema ad un altro in moto relativo.
• La scelta dei problemi rispecchia intanto i nuclei fondanti del tema scelto, in questo caso molta
attenzione è data ai principi ed alle proprietà della velocità della luce ed al ruolo determinante che
essi possono svolgere nell’ambito della risoluzione dei problemi, ma anche alle procedure proprie
del tema in questione.
Il PSO viene qui proposto come analisi di situazioni problematiche di ambito specifico (la relatività
del moto) per recuperare la dimensione storico-epistemica nell’evoluzione delle idee nella disciplina,
per costruirne una cultura di tipo storico.
5.8 Integrazione di attività a rete di scuole dentro e fuori dalla scuola. La radioattività
La docente (Franca Sormani - Milano) antepone alla presentazione del proprio progetto la seguente
premessa:
Come emerso dalla sintesi del Forum sull’orientamento e sui rapporti Scuola-Università la problematica dell’orientamento viene analizzata da due diverse prospettive:
• orientamento come scoperta di sé e delle proprie potenzialità cognitive, psicologiche, strategiche;
• orientamento come scelta di un futuro possibile.
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
151
In entrambi i casi si è ritenuto importante ricercare un percorso volto ad attività di orientamento, che
vedesse coinvolte più scuole del Territorio, che si rapportasse alle ricerche più avanzate, raccordandosi con l’Università, e che costituisse almeno la premessa della costituzione di una comunità in rete,
in modo da permettere il confronto continuo delle singole esperienze. In questo contesto abbiamo
cercato di progettare situazioni nelle quali gli studenti partecipino a percorsi che consentano loro
di essere soggetti attivi, cosa fondamentale per far emergere la loro motivazione
Propone come problema di:
– Determinare la legge dei decadimento radioattivo, ovvero la relazione matematica che permette
di avere il numero di nuclei ad ogni tempo t a partire dal valore iniziale dato
– Eseguire un possibile esperimento che permetta di verificare sperimentalmente tale legge, avendo
a disposizione monete, dadi
– Confrontare i dati sperimentali con la previsione teorica
dopo avere introdotto sinteticamente gli aspetti che caratterizzano la fenomenologia del decadimento
di una sostanza radioattiva.
Utilizza strutturati materiali di monitoraggio, che si riportano in quanto esemplificativi di quelli
utilizzati anche da altri docenti. La griglia di osservazione riportata in figure 5 viene proposta per
monitorare gli atteggiamenti comunicativi di uno studente le modalità di rapporto con i compagni
durante una spiegazione o un’attività in gruppo. Utilizza una graduazione in ordine crescente per
ciascuna voce. Le diverse voci sono organizzate, da quella in cui è maggiore l’atteggiamento propositivo/collaborativo a quella in cui si rilevano maggiori problemi comunicativi e di interazione con i
compagni. Da questo punto di vista le voci previste nella griglia risultano ridondanti.
Figura 5 - Griglia di osservazione degli aspetti comunicativi di singoli studenti in attività frontali o di
gruppo nei confronti dell’insegnante e dei compagni
In figura 6 è riportata una griglia specifica per l’osservazione dell’attività in gruppo. Le voci si riferiscono a diversi aspetti non omogenei: l’organizzazione del gruppo; il comportamento di singoli, il
clima del gruppo; l’efficacia comunicativa; l’efficacia delle procedure messe in atto.
152
Formazione in rete telematica di insegnanti secondari all’orientamento formativo in fisica
Figura 6 - Griglia per l’osservazione del lavoro di un gruppo di studenti.
In figura 7 sono riportate due griglie: la prima è finalizzata all’osservazione delle capacità di lavorare in gruppo, basandosi su quattro indicatori (atteggiamento propositivo, imposizione del proprio
punto di vista, collaborazione, capacità di problematizzare) e tre livelli (sì, no, in parte); la seconda,
sempre basandosi sui tre livelli utilizzati nella prima griglia, monitora le competenze nell’affrontare
un esperimento o una situazione problematica attraverso quattro elementi piuttosto eterogenei, sia
per tipologia (due sono atteggiamenti, due competenze), sia per ambito:
Figura 7 - Griglia di osservazione di uno studente delle competenze di lavorare in gruppo, di condurre
un esperimento/affrontare una situazione problematica
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
153
Sulla base degli esiti di quest’ultima griglia la corsista propone come riepilogo dell’attività i risultati
di fig. 9.
Figura 9 - Grafico di riepilogo della sperimentazione in base agli indicatori della griglia di osservazione
6. Esiti della formazione sull’orientamento del Master IDIFO
La formazione sull’orientamento in IDIFO ha avuto come primo esito la formazione di una cultura
dell’orientamento per un gruppo disciplinarmente orientato e impegnato in un’attività formativa
caratterizzata disciplinarmente. Il primo ostacolo da superare è stato il far riconoscere l’orientamento
come elemento che deve: caratterizzare il profilo professionale di un docente; essere perseguito con
specifiche azioni ad esso finalizzate; essere integrato nella didattica disciplinare, pur avendo per sua
natura carattere trasversale, multi/interdisciplinare. Il nodo principale è stato il focalizzare sull’orientamento formativo come processo che parte dall’analisi epistemica della propria disciplina e si realizza
operativamente all’interno di essa in esperienze emblematiche, che mettono in campo le metodiche
proprie e i contenuti caratterizzanti della disciplina stessa, realizzando un percorso di riflessione da
parte degli studenti sul proprio operato e sul modo con cui si sono rapportati nello specifico contesto disciplinare proposto. I progetti presentati evidenziano che tutti i corsisti hanno: A) superato
la tradizionale posizione, che attribuisce valore orientante alla semplice esposizione alla disciplina
stessa, alle sue problematiche più significativi, ai suoi problemi tipici; B) maturato la convinzione
che sia importante progettare e proporre agli studenti azioni specifiche di orientamento formativo
disciplinare; C) riconosciuto che il problem solving è una strategia, che coniuga in modo naturale
orientamento e innovazione nei contenuti. Lo è in particolare nello specifico dell’introduzione della
fisica moderna nella scuola, e nelle metodologie, in particolare per quello che riguarda il laboratorio
didattico. I progetti presentati esemplificano una differenziata gamma di strategie di problem solving,
di come esso sia stato diversamente interpretato in termini di orientamento formativo, del peso dato
agli obiettivi disciplinari rispetto a quelli di orientamento.
In merito ai modi in cui è stato proposto il problem solving, si possono riconoscere le seguenti diverse
tipologie: PS1) risoluzione di problemi definiti; PS2) analisi di situazioni problematiche per verificare,
riconoscere/costruire, farsi guidare da una legge fisica; PS3) risoluzione di un problema posto in una
palestra di esperimenti; PS4) messa a punto e realizzazione di un esperimento; PS5) formulazione
di ipotesi per interpretare processi; PS6) analisi di un processo analogico per riflettere su aspetti
154
Formazione in rete telematica di insegnanti secondari all’orientamento formativo in fisica
concettuali; PS7) attività di ricerca nel campo della fisica dei materiali a partire da uno strumento
(concettuale) di ricerca dato; PS8) analisi di un contesto problematico di ambito specifico.
Riguardo al carattere orientante dell’attività si può qui richiamare la diversità per esempio tra il primo
caso proposto, in cui gli obiettivi e l’analisi degli esisti è completamente focalizzata sui contenuti
disciplinari e i diversi casi, come l’ultimo presentato, in cui vi è una forte attenzione agli atteggiamenti dei ragazzi, alle competenze da essi messe in campo e per le quali sono state messi a punto
questionari da proporre agli studenti per farli riflettere sull’esperienza vissuta e il ruolo che essa ha
avuto nella conoscenza delle proprie attitudini nei confronti della disciplina.
Il secondo esito di IDIFO è stato quello di aver sperimentato una proposta e un modello di formazione
a Laboratori di orientamento formativo per insegnanti di fisica, in particolare per quanto riguarda
un’attività formativa in web. Il modello si fonda su un bilanciato contributo di: riflessione, a partire da
testi di riferimento di rassegna ricchi di bibliografia, sui temi generali dell’orientamento, in particolare
dell’orientamento formativo e didattico, calato quindi nelle specifiche discipline, del raccordo scuolauniversità come asse portante su cui sviluppare le azioni di orientamento; analisi della metodica del
PSO di orientamento formativo in ambito disciplinare; analisi epistemica della fisica; progettazione di
una proposta di PSO a partire da una griglia di riferimento; messa a punto di materiali di monitoraggio;
sperimentazione in classe con gli studenti; analisi dati e documentazione degli esiti. Tale modello,
che nasce dall’esperienza maturata in ambito SSIS (Burba et al.2004), è risultato efficace in modo
generalizzato nell’attivare una cultura dell’orientamento, nel costruire competenza nell’orientamento
formativo. Ha prodotto in molti la consapevolezza di fissare obiettivi specifici per l’orientamento,
utilizzare adeguati e mirati strumenti di monitoraggio, prevedere una fase di riflessione da parte degli
studenti. L’aspetto di criticità del modello è rappresentato dalla interazione in rete. L’introduzione di
una metodica così innovativa per la prassi comune come quella del PSO richiede necessariamente
una fase in presenza, come è stata fatta nel caso di IDIFO.
Richiederebbe una ulteriore fase di tutoraggio in presenza anche nella fase di messa a punto dei progetti. I progetti realizzati infatti difettano principalmente per una libera interpretazione della metodica
del PSO. Per alcuni si è trattata di una scelta consapevole, come nel caso di una corsista che dice: Il
laboratorio di problem solving attuato, pur fedele allo spirito ed alle finalità della metodologia del
PSO messa a punto dalla prof. M. Michelini, non ricalca lo standard per tutte le fasi previste dalla
metodologia stessa. Per altri invece si è trattata di una scelta non esplicitata e a volte non consapevole
rispetto ad indicatori di orientamento. In ogni coso è evidente che non c’è la consapevolezza che
l’adottare una metodica non può prescindere dal seguirla in modo rigoroso.
D’altro canto è un esito del processo attivato in IDIFO e della creatività degli insegnanti le diverse
modalità che sposano l’orientamento disciplinare con il problem solving. Costituiscono in particolare una ricchezza la documentazione delle sperimentazioni di ricerca attuate e la raccolta dati su:
Tipologie significative di lavoro, Formazione insegnanti, Esigenze e risposte di ragazzi, Strategie e
metodi di lavoro, Modalità di monitoraggio e valutazione
7. Considerazioni conclusive
Nella scuola di oggi in continua evoluzione è necessario formare una cultura dell’orientamenti che
costituisca una parte strutturale e non marginale del bagaglio professionale di ogni insegnante. È,
infatti, importante che l’orientamento non resti relegato a figure specialistiche né sia oggetto di episodiche azioni non coerenti fra loro. È necessario in particolare prevedere l’attivazione di raccordi
tra contesti (le diverse istituzione e enti coinvolti, prime fra tutte le scuole e le università) e attività,
per costruire reti, integrazioni, sinergie ed evitare dispersione di risorse e inutili sovrapposizioni o
doppioni. Sono pertanto necessarie organizzazioni a diversi livelli e raccordi istituzionali e progettuali
che garantiscano continuità, trasversalità e specificità.
Dall’esperienza in IDIFO sono emerse alcune significative indicazioni di carattere generale. È
importante coinvolgere tanto i singoli insegnanti, affinché si realizzi una vera innovazione che sia
capillarmente diffusa, quanto il consiglio di classe, quanto i dirigenti scolastici, affinché si superi la
dimensione dell’episodicità e l’orientamento diventi sistema nella scuola. Bisogna individuare gli
Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fisica moderna e orientamento
155
aspetti disciplinari dell’orientamento producendo nel contempo documentazioni di attività pilota
condotte e analizzate con criteri di ricerca. Ci sono infatti progetti disciplinari di natura orientante
da approfondire, rivedere, favorire e raccogliere. Bisogna integrare in attività formative la riflessione
su aspetti orientanti affinché il carattere orientante delle discipline da implicito diventi esplicito e
consapevole. è importante, infine, far riconoscere il contributo significativo della riflessione sul piano
metacognitivo e il ruolo importante della riflessione epistemica sulla disciplina.
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