ANALECTA ROMANA INSTITUTI DANICI XXXV/XXXVI ANALECTA ROMANA INSTITUTI DANICI XXXV/XXXVI 2010/11 ROMAE MMX-MMXI ANALECTA ROMANA INSTITUTI DANICI XXXV-XXXVI © 2011 Accademia di Danimarca ISSN 2035-2506 Published with the support of a grant from: Det Frie Forskningsråd / Kultur og Kommunikation Scientific Board Ove Hornby (Bestyrelsesformand, Det Danske Institut i Rom) Jesper Carlsen (Syddansk Universitet) Astrid Elbek (Det Jyske Musikkonservatorium) Karsten Friis-Jensen (Københavns Universitet) Helge Gamrath (Aalborg Universitet) Maria Fabricius Hansen (Ny Carlsbergfondet) Michael Herslund (Copenhagen Business School) Hannemarie Ragn Jensen (Københavns Universitet) Kurt Villads Jensen (Syddansk Universitet) Mogens Nykjær (Aarhus Universitet) Gunnar Ortmann (Det Danske Ambassade i Rom) Bodil Bundgaard Rasmussen (Nationalmuseet, København) Birger Riis-Jørgensen (Det Danske Ambassade i Rom) Lene Schøsler (Københavns Universitet) Poul Schülein (Arkitema, København) Anne Sejten (Roskilde Universitet) Editorial Board Marianne Pade (Chair of Editorial Board, Det Danske Institut i Rom) Erik Bach (Det Danske Institut i Rom) Patrick Kragelund (Danmarks Kunstbibliotek) Gitte Lønstrup Dal Santo (Det Danske Institut i Rom) Gert Sørensen (Københavns Universitet) Birgit Tang (Det Danske Institut i Rom) Maria Adelaide Zocchi (Det Danske Institut i Rom) Analecta Romana Instituti Danici. — Vol. I (1960) — . Copenhagen: Munksgaard. From 1985: Rome, «L’ERMA» di Bretschneider. From 2007 (online): Accademia di Danimarca ANALECTA ROMANA INSTITUTI DANICI encourages scholarly contributions within the Academy’s research fields. All contributions will be peer reviewed. Manuscripts to be considered for publication should be sent to: [email protected]. Authors are requested to consult the journal’s guidelines at www.acdan.it. Contents Stine Birk Third-Century Sarcophagi from the City of Rome: A Chronological Reappraisal 7 Ursula Lehmann-Brockhaus Asger Jorn: Il grande rilievo nell’Aarhus Statgymnasium 31 Mette Midtgård Madsen: Sonne’s Frieze versus Salto’s Reconstruction. Ethical and Practical Reflections on a New Reconstruction of the Frieze on Thorvaldsens Museum 61 Erik Hansen, Jørgen Nielsen, Jesper Asserbo e Tonny Jespersen: Due cupole a Villa Adriana. Calcoli statici 83 Jørgen Nielsen A/S, Tonny Jespersen, Jesper Asserbo: Investigazioni statiche sull’edificio romano della “Piazza d’Oro” a Villa Adriana 101 Peter Dyrby: Genre and Intertextuality as a Dialogical Narrative Strategy for the Migrant Writer 119 Due cupole a Villa Adriana Calcoli statici di Erik hansen (EH), Jørgen Nielsen (JN), Jesper Asserbo (JA) e Tonny Jespersen (TJ) “Ho avuto una vita felice: nel Pantheon ho visto l’unione fra l’Arte e la Tecnica” (Ing. Jørgen Nielsen †2009) Abstract. This article is based on two previously published architectural studies of buildings in Villa Adriana, which have not yet earned their well-deserved place in Roman architecture due to a lack of static calculations that could provide a basis for proving their possible existence. The two structures in question both have domes with alternating concave and convex vaults supported by columns, and both were probably based on sketches made by the Emperor Hadrian himself. The first is the unique ‘Piazza d´Oro’ dining hall, and the second is the somewhat larger Belvedere of the ‘Accademia’. As shown below, the static calculations of the first of the unusual dome construction are highly complicated, and modern computer technology, not available in the 1960s, is required for the calculation and drawing hereof. This has been possible only now, as shown by the following article by the engineers (pp. 101-117). Although the simpler form of the Belvedere could be calculated at the time, the calculations of this construction have not been published until now. In the early 1990s, another indication of the existence of the dome of the ‘Piazza d´Oro’ was presented by the Italian art historian Andrea Moneti, who was able to identify the building in a drawing from the Sixteenth Century by Baldassarre Peruzzi, who perhaps here drew inspiration from this for his Oratorio della Santa Croce in Laterano (cf. Moneti’s article in Analecta XX, 1992). The extraordinary situation for the Emperor Hadrian, who was passionate about architecture and had virtually unlimited means available for the realisation of his ideas, provided the background for the unusual monuments, built on the basis of practical experience and intuition of his master-builders. Introduzione (EH) L’Imperatore Adriano, appassionato di architettura, fece della sua Villa presso Tivoli un vasto campo di sperimentazione dove poter realizzare, con mezzi quasi illimitati, i suoi sogni, presentati con schizzi di sua mano e messi in opera da costruttori eminenti. Fra le costruzioni presenti nella vasta area della villa, le più singolari erano la sala principale della “Piazza d’Oro” e il Belvedere dell’“Accademia”, ambedue con una cupola ottagonale poggiante su lati colonnati alternativamente convessi e concavi. Nell’anno 1960 chi scrive ebbe la possibi- lità di pubblicare in un supplemento a questa rivista uno studio sull’edificio principale della “Piazza d’Oro”, rivolgendo in particolare l’attenzione sulla sala centrale e la sua cupola.1 La ricostruzione fatta allora, relativa alla cupola non venne accettata da tutti, ma incontrò i dubbi di alcuni studiosi che ritenevano tale tipo di costruzione, fino ad allora mai vista nell’architettura romana, troppo ardita, e avanzarono, in alternativa, l’ipotesi che si trattasse di un’ambiente scoperto, un cortile, o al massimo di una costruzione in legno. A ragione venne obiettato che tale ipotesi ri- 84 Erik Hansen, Jørgen Nielsen, Jesper Asserbo, Tonny Jespersen costruttiva avrebbe dovuto essere suffragata da calcoli statici. Di fatto chi scrive ora, potè avvalersi allora, nell’immediato, esclusivamente della conferma da parte dell’ing. Jørgen Nielsen, conoscitore delle costruzioni romane dell’epoca. In seguito si sarebbe capito che, per controllare la resistenza di questa forma assai complessa, basata sull’esperienza e sull’intuizione dei costruttori di Adriano, sarebbe stato necessario avvalersi di calcoli statici e di un’attrezzatura elettronica avanzata ancora inesistente nel 1960. Cosi il problema restò insoluto, e anche impegni di natura professionale fecero sì che le indagini in tal senso non proseguissero. Nel 1991, però, la questione ebbe una svolta inattesa, anche se da un ambito di studi lontano tanto dall’architettura quanto dall’archeologia: infatti, avvenne nel settore della semiologia. Nel suo articolo “Nuovi sostegni all’ipotesi di una grande sala cupolata alla ‘Piazza d’Oro di Villa Adriana”2 lo storico dell’arte Andrea Moneti dimostrò che questo tipo di architettura era riscontrabile in altre costruzioni dell’epoca, e in particolare nella sala ottagonale della Domus Aurea, nel palazzo dei Flavi sul Palatino e in altre sale coperte unite ad un ambiente porticato. Egli, inoltre, basandosi sull’identificazione di certi disegni di Pirro Ligorio e di Baldassare Peruzzi, potè dimostrare che questi architetti del XVI secolo avevano avuto modo di vedere la sala della “Piazza d’Oro” con parti della cupola ancora intatte, tanto che la forma particolare di questa copertura, con lati concavi e convessi – e, in scala minore, conservata in alcuni particolari nelle Piccole Terme della Villa stessa – avrebbe ispirato Baldassare Peruzzi nel suo progetto per la Cappella dell’Oratorio della Santa Croce al Laterano di Roma.3 Nel 1997 la possibilità di contribuire alla raccolta di scritti in onore di un’archeologa italiana dava a chi scrive l’occasione di ritornare ai vecchi schizzi su Villa Adriana e di presentare una ricostruzione del Belvedere dell’“Accademia”, e, per questo edificio caratterizzato da una geometria più semplice, l’ing. Jørgen Nielsen effettuò dei calcoli statici che avvalo- rarono l’ipotesi dell’esistenza di una cupola. Ma, dato il carattere dello scritto in questione, non fu possibile includervi la parte tecnica,4 che viene, invece, presentata qui. Nel frattempo, l’dea di approfondire gli studi sulla “Piazza d’Oro” non era stata abbandonata, e nel 2006 Jørgen Nielsen, convinto della bontà del modo di esaminare questa costruzione, tramite lo studio di architettura Jørgen Nielsen A/S, mise a disposizione i mezzi elettronici per effettuare i calcoli, insieme all’esperienza degli ingenieri Jesper Asserbo e Tonny Jespersen; e, grazie al generoso contributo delle fondazioni Augustinus, Bergia e Velux, queste costruzioni, basate sulle idee dell’Imperatore Adriano, possono adesso avere la giusta collocazione nella storia dell’architettura romana. Per lo studio della statica di questi due monumenti, che verranno trattati separatamente, si fa riferimento alle ricostruzioni presentate nelle pubblicazioni citate sopra.5 In questa sede verrà data, in forma di riassunto, una breve descrizione della composizione architettonica del monumento, accompagnata dai disegni ricostruttivi necessari per l’esame della statica. La parola verrà, quindi, lasciata agli ingenieri che, in una serie di sezioni, studieranno il comportamento statico della costruzione, mediante la costruzione di linee di forza. Queste linee devono trovarsi all’interno della muratura per assicurare la stabilità della costruzione. Nel caso che queste linee escano fuori della muratura, staranno ad indicare una trazione che provoca il rischio di crepe con conseguente crollo dell’edificio. Per calcolare le forze ci si basa su un peso specifico di 2100 kg/m³ per la muratura in mattoni delle parti basse della costruzione, e di 1700 kg/m³ per la muratura più leggera in tufo delle volte. La “Piazza d’oro”. Descrizione del monumento (EH) Questo impianto comprendeva un vasto giardino rettangolare, circondato da portici, con un vestibolo ottagonale al centro del lato nord ed un edificio principale che occupava tutto il Fig. 1. L’edificio principale della “Piazza d’Oro”. Pianta Ricostruzione 1/200. Fig. 2. Sezione longitudinale, est-ovest. Ricostruzione 1:200. Fig. 3. Sezione trasversale, sud-nord. Ricostruzione 1:200. Due cupole a Villa Adriana. Calcoli statici lato sud (Fig. 1).6 Questo consisteva di tre corpi elevati, uniti nelle due parti più basse, insistente ciascuna intorno a un piccolo atrio. Il corpo centrale conteneva una grande sala cupolata, mentre i corpi laterali, a Est e a Ovest di essa erano costituiti ciascuno da tre sale con volta a botte (Fig. 4). Per le parti intermedie c’erano, a Nord e a Sud, delle stanze traversali, anch’esse con volte a botte, che si aprivano verso gli atri con portichetti (Fig. 5). Anche la sala mediana dei corpi laterali si apriva verso l’atrio con un portichetto, quello incurvato, in simmetria con quello di fronte, nella sala centrale. Il corpo centrale, di cui si tratterà adesso, comprendeva la sala centrale ottagonale con la sua cupola sostenuta da colonnati alternativamente convessi e concavi separati agli angoli da piloni in muratura che, in sei casi facevano parte di blocchi di muratura contenenti ciascuno un piccolo gabinetto. Sul lato Sud vi era, invece, un grande ambiente curvilineo con volta a botte, contenente, sul lato di fondo sud, un fontanone monumentale (Fig. 6). Qui mancavano i gabinetti, mentre i piloni, durante la costruzione, vennero rinforzati da contrafforti. Sulle diagonali della sala, dietro ai colonnati convessi, vi erano dei piccoli vani di pianta irregolare con, in fondo, una vasca semicircolare a cielo aperto, che riempivano l’angolo del quadrato che limitava questo corpo centrale verso l’esterno (Fig. 7). La composizione di questa massa muraria, riunita in alto nelle volte, dà l’immediata impressione che sia stata posta una particolare attenzione per rendere stabili questi angoli posti intorno alla volta centrale (Fig. 8); a sud, dove mancano i gabinetti, le forze dovettero essere trasferite sul retro nel fontanone per mezzo dei muri laterali di questo ambiente, irradiati dal centro della cupola, anche qui aiutati dal peso delle volte. Nondimeno si è sentito, come detto, il bisogno di aggiungere qui, durante la costruzione, dei contrafforti. Pare essere il caso che i costruttori, durante il lavoro, si siano resi conto di un’eventuale debolezza di questo punto, che verrà trattato nell’ambito dei calcoli statici. Si ha una buona conoscenza di questa pianta grazie ai resti di mura attualmente visibili, e, 85 in un caso, l’altezza delle colonne è indicata dall’impronta della trabeazione su uno dei piloni accanto a uno dei gabinetti, a Nord-Est. Questa trabeazione sinuosa, costituita da un fregio, liscio verso la sala centrale, ma ornato di mostri marini sul lato delle fontane, e di scene di caccia verso gli atri - ornamentazione di cui sono conservati molti frammenti - correva ininterrotta su tutta la circonferenza della sala, compresi i piloni. La sua facciata superiore, all’altezza di 524 cm. sopra il pavimento, mostra un livello di sosta nella fase di costruzione, che permise l’installazione delle cassaforme per il getto delle volte a botte dei gabinetti e delle stanze traversali degli atri, che hanno tutte la loro imposta a questo livello, mentre l’imposta della volta sopra il fontanone si trova a un livello un po’ più alto in ragione dell’ordine architettonico che qui decora il suo muro di fondo (allo stesso modo è stato abbassato il sesto della volta). Nelle volte a botte delle sale dei corpi laterali, invece, l’imposta si trova a un livello di 174 cm più in alto di quello del corpo centrale. Qui, sopra l’architrave, all’altezza della cupola centrale non si trovano più tracce della sovrastruttura, e per la ricostruzione della cupola stessa occorre trarre ispirazione dall’architettura ad essa contemporanea, e soprattutto nella stessa Villa Adriana. Qui si possono menzionare tre cupole, già conosciute, poggianti su ambienti con lati alternativamente convessi e concavi:7 1) Sala nelle Piccole Terme della Villa stessa, assai ben conservata e rappresentata ad uno stato precedente all’attuale, in un’incisione di Piranesi. Diametro dell’ambiente 10,38 m. Nella lunetta dei lati dritti, una finestra che si apre sopra gli ambienti vicini. 2) Vestibolo del “Tempio di Venere” a Baia, rappresentato in un disegno di Giuliano da Sangallo. L’edificio esiste ancora, ma la parte inferiore è interrata. Diametro ca. 9,20 m. La pianta, ottagonale, è sinuosa in basso, con lati alternativamente convessi e concavi. In alto i lati concavi sono ridotti, la 86 Erik Hansen, Jørgen Nielsen, Jesper Asserbo, Tonny Jespersen Fig. 4. Il blocco di sale ad ovest. Ricostruzione del lastricato in marmi policromi 1/200. In alto, parete ovest. In basso: parete est. La sala centrale si apre verso l’atrio tramite un portichetto curvo. parte esterna dei lati convessi scompare, mentre quella interna rimane, e tutti i lati di questo piano hanno una finestra verso l’esterno. 3) Oratorio della Santa Croce al Laterano, disegnato da Baldassare Peruzzi, ispirato probabilmente dai suoi schizzi della “Piazza d’Oro”, e riprodotto in un’incisione da Antonio Labacco del 1557. Invece di lati con- Due cupole a Villa Adriana. Calcoli statici 87 Fig. 5. Sezione longitudinale est-ovest, metà della parte ovest. Ricostruzione 1/200. La sezione passa per la sala a cupola, l’atrio e la sala mediana del corpo ovest. Dietro l’atrio si vede la fronte della stanza trasversale che si apre verso l’atrio con il suo portichetto, come anche gli altri ambienti intorno agli atrii. cavi ci sono qui delle nicchie rettangolari, coperte in alto da volte a botte scema, così che la base della cupola è ridotta a un quadrato, dove le vele convesse della volta si inseriscono sugli angoli. Nei muri dritti sopra le nicchie rettangolari si aprono delle grandi finestre verso l’esterno. Anche qui, nella “Piazza d’Oro”, è parso necessario ridurre la pianta sotto la cupola centrale in basso a una forma più regolare, un ottagono, supponendo che i lati concavi rappresentassero delle absidi con volta costituita da una parte di sfera sotto un muro frontale dritto (Figg. 2, 3 e 4). In questo modo si ottiene una pianta a ottagono che può essere la base di una mezza sfera del diametro di 17,10 m (= la diagonale della pianta) e l’altezza della metà, cioè 8,55 m sopra l’architrave. Da qui si può supporre una cupola a otto vele alternativamente concave e convesse separate da spigoli diagonali a forma di mezzo cerchio. Per le parti sopra i colonnati convessi l’opera muraria doveva avere la forma conosciuta dalle tre sale di riferimento, in particolar modo di quella delle Piccole Terme, che può essere ancora facilmente osservata. Per le pareti dritte sopra le absidi si debbono supporre delle lunette con finestre, come nei tre monumenti di riferimento, necessarie per far entrare la luce nella sala, oltre all’occhio che si apriva al centro di essa. Soltanto a questa altezza si possono immaginare delle vele concave che si alzavano dagli archi di queste lunette, a forma di spicchi come nel Vestibolo sul lato nord della “Piazza”. Sulla base di questi argomenti è stata ricostruita la cupola della sala centrale della “Piazza d’Oro” come raffigurata nelle sezioni delle Figg. 5, 6 e 7 e nella ricostruzione ottica del rapporto degli ingenieri riportato di seguito al presente articolo. Prima di lasciare questa ricostruzione occorre ancora una volta guardare gli atri. Qui si osservano nella pianta, verso la sala in mezzo ai corpi laterali, dei portichetti curvilinei simmetrici a quelli dei lati convessi della sala centrale, mentre, verso le stanze laterali, si trovano dei portichetti con pilastri rettangolari, che fanno di ciascuno di questi atri un insieme simmetrico. Dato che i muri esterni verso est e ovest, conservati a piena altezza, non hanno 88 Erik Hansen, Jørgen Nielsen, Jesper Asserbo, Tonny Jespersen Fig. 6. Sezione trasversale. Ricostruzione 1/200. Dalla penombra intorno al fontanone un’aria rinfrescante entrava nel salone. Fig. 7. Sezione diagonale. ricostruzione 1/200. Dalla vasca, aperta verso il cielo, l’acqua creava scintillanti riflessi sui muri. Due cupole a Villa Adriana. Calcoli statici finestre, l’unica maniera per far accedere luce alle sale nel mezzo poteva essere tramite una finestra in alto verso l’atrio, finestra che potrebbe essere stata simile a quella della sala centrale - per completare la simmetria di questi atri.8 Quanto all’estradosso della cupola, non c’è altra possibilità che ricostruirlo graficamente come presentato qui, nelle sezioni. A questo punto siamo a un’altezza di 1089 cm. sopra il pavimento interno, mentre la cornice superiore doveva trovarsi all’altezza di circa 930 cm, come indicata da una parte di cocciopesto conservato sopra la volta della sala mediana ovest (Fig. 4 supra). Si è già accennato alle difficoltà di esaminare il comportamento statico di questa costruzione singolare, cosa che ha richiesto l’ausilio della moderna scienza della statica. Di seguito viene presentato il rapporto completo degli ingenieri, necessario come documentazione per la stabilità della costruzione. Immaginando che ci siano dei lettori, interessati, sí, ai metodi e ai risultati di questa investigazione, ma non a entrare nei particolari, verrà qui presentato un riassunto facente riferimento alle figure dell’articolo seguente, indicate qui con il loro numero preceduto da asterisco. Calcoli statici (JN, JA e TJ) Basandosi sui disegni ricostruttivi del 1960 si 89 è potuto realizzare col computer un modello tridimensionale della cupola comprendente le facce interne e esterne della sua massa muraria, nella quale si possono prendere misure in ogni punto (Fig. *1). Col computer si potrebbe misurare la tensione delle forze in qualunque parte di questo corpo; ma nel caso presente gli ingenieri hanno preferito procedere nel modo tradizionale, costruendo a mano delle linee di forza ecc., che permettessero di seguire da vicino la distribuzione delle forze, avvicinandosi in tale modo alla prassi dei costruttori di questo edificio, che si basavano unicamente sulla loro esperienza pratica e sull’intuizione. Nell’articolo che segue il presente, si trova il rapporto tecnico degli ingenieri con illustrazioni (a cui si fa riferimento nel presente articolo con un asterisco davanti al numero); nell’articolo presente si cerca, invece, di dare soltanto un riassunto breve del loro procedimento e dei loro risultati, terminando con le loro conclusioni sulla stabilità dell’edificio, necessarie per assicurare ad esso la giusta collocazione nella storia dell’architettura romana. Data la simmetria doppia della cupola si è potuto concentrare lo studio su un quarto della pianta, inserito in un sistema di coordinate intorno al centro di essa, e qui in particolare ci si può occupare della metà di ciascuno dei due tipi di vele, il convesso e il concavo (Fig.*2). Fig. 8. Angolo nord-ovest del salone, piante in basso e sopra l’architrave. Ricostruzione 1/200. Tratteggio denso: sezione in muratura. Tratteggio aperto: spazi coperti dalle volte. A questo livello si trova un piano compatto che trasferisce le forze orizzontali sui blocchi dei gabinetti. 90 Erik Hansen, Jørgen Nielsen, Jesper Asserbo, Tonny Jespersen Seguendo l’idea di Jørgen Nielsen, si è introdotta una serie di sezioni verticali disposte in direzioni radiali e tangenziali definite per le linee modulari A-F, B1-E1 e 1-6 (Fig. *3), che dividono la muratura delle vele della cupola in elementi particolari, 35 per la metà di una vela concava, 28 per la metà di una vela convessa: le due categorie si incontrano in uno spigolo A. Nelle Figg. *4 e *5 si vede la rete di queste intersezioni con la facciata superiore e inferiore della cupola, rete che dà allo stesso tempo una visione spaziale di queste superfici; la Fig.*6 dà un esempio di una sezione completa, quella sullo spigolo. Ognuno di questi elementi è definito dalle coordinate dei punti di intersezione delle linee modulari in pianta (Fig. *7), mentre l’altezza della intersezione con le facce della cupola è da misurare sul modello (vedere in particolare Fig. *8). La Fig. *9 dà un’idea della geometria assai complessa che permette di utilizzare le coordinate degli otto angoli dell’elemento per calcolare infine il volume (e quindi il peso) e la posizione del centro di gravità di uno solo di questi parallelepipedi irregolari. Venuti a conoscenza di ciò si può determinare la costruzione delle linee di forza in ogni sezione determinata da una linea modulare. Importante per la stabilità della costruzione è che questa linea possa essere tenuta all’interno dei limiti della sezione, come mostrato dalla Fig. *10. Nel caso in cui ne fuoriuscisse occorrebbe una controspinta proveniente da un altro punto (come si vedrà in seguito). Con la conoscenza fin qui acquisita relativa al carico della cupola, si tratta ora di capire come questo peso sia stato sorretto. Secondo la teoria di Jørgen Nielsen questo dipende della forma delle vele: 1) Per le vele convesse, che curvano verso l’interno, il carico non può essere scaricato lateralmente, in senso tangenziale, ma soltanto in senso radiale, parallelo alle linee modulari A-E1 (Fig. *11). 2) Per le vele concave, che curvano verso l’esterno, il carico sarà sostenuto lateralmente in archi di direzione tangenziale, parallela alle linee modulari 1-6, cioè verso le linee A, gli spigoli, che in seguito dovranno trasmettere tutta la forza verso il basso (come indicato nelle Figg. *12 e *13). In questo modo tutte le forze finiscono sul muro curvilineo dei lati convessi della sala, che cosí sarà un elemento importante per la dimostrazione del modo in cui probabilmente la cupola era sostenuta. 1) Sostegno della parte convessa (tratteggiata nella Fig. *11). La vela convessa può scaricare forze sia verticali sia orizzontali sul muro curvilineo. Il fatto che questo muro curvi verso l’interno gli conferisce la possibilità per ricevere delle forze orizzontali. La Fig. *10 mostra come esempio (linea E1) che la facciata anteriore del muro curvilineo riceve la linea di forza all’altezza di 3,35 m sopra la cornice interna, il che significa che a questo punto esegue una spinta orizzontale che tende a ribaltare il muro. Risultati simili si trovano per le altre linee di forze da A a D1 (cf. Fig. *11). 2) Sostegno della parte concava (tratteggiata nella Fig. *14). La vela concava non può scaricare le forze orizzontali sul muro verticale di questo lato (che si ribalterebbe!). Perciò il carico di questa vela deve essere scaricato tangenzialmente fra gli spigoli, per le linee modulari 1-6, dove le forze tangenziali sono in equilibrio con quelle delle vele vicine, fenomeno spiegato in particolare nella Fig. *12. Nella Fig. *14, si vede come gli spigoli vengono “attaccati” dalle forze tangenziali sia della vela convessa sia della vela concava cosi come la forza tangenziale scende per lo spigolo in direzione radiale. Nella Fig. *15 sono indicate tutte le forze risultanti, verticali e orizzontali, sul muro curvilineo dal carico proprio, sia nelle parti convesse, sia nelle parti concave. Nella Fig. *16 si vedono in pianta la direzione e la grandezza delle forze. Scopo fondamentale della dimostrazione della stabilità della cupola è documentare che il corpo del muro curvilineo, grazie al suo notevole peso, può Due cupole a Villa Adriana. Calcoli statici resistere alle forze applicate dalla volta soprastante, cioè che il corpo curvilineo non si ribalta, o, detto altrimenti, che le forze ribaltanti sono minori delle forze stabilizzanti. In base alle forze qui indicate, il muro ha il suo punto di ribaltamento intorno alla linea A-A, e tutta la volta e il carico del muro stesso si concentrano nella parte indicata in nero (la linea A-A è introdotta nel punto di intersezione fra le linee centrali del muro curvilineo e quelle del muro vicino) lo spingono verso il ribaltamento, ma grazie al suo peso e alla posizione del suo centro di gravità, che si trova a 2 cm dietro l’asse di rivoluzione, è nella condizione di resistere a queste forze. Dall’indagine fin qui svolta si evince che la cupola era costruita in modo tale da potersi tenere. Resta da esaminare come tutto questo peso potesse essere sostenuto dalle sostruzioni. Le due piante delle Figg. *17 e *18 rappresentano i piloni intorno alla sala centrale; nella Fig. *17 è disegnato anche il contrafforte aggiunto all’angolo sud-est (tratteggiato). Qui si tratta di determinare la direzione e la grandezza delle forze totali che influiscono su uno di questi piloni (indicata da una freccia). E’ stato calcolato il peso di 23,0 tonnellate, e si nota che la sua direzione corrisponde pressappoco a quella del contrafforte. Quanto alla forza verticale su un pilone, sono state calcolate 78,5 tonnellate, a cui va aggiunto il peso del pilone stesso di 21 tonnellate, e con questo carico totale di 99,5 tonnellate, che rimane all’interno della sezione in pianta del pilone, esso è dunque capace di supportare tutto questo carico. La conclusione di questa investigazione statica è riportata qui di seguito nel rapporto degli ingenieri. Conclusione In accordo con la teoria precedente, viene confermato che la cupola della “Piazza d’Oro” ha concentrato le forze verticali e orizzontali sui piloni massicci alla fine degli spigoli (Fig. *3). Ogni pilone è stato caricato di una forza verticale di 784,8 kN (~78,5 tonnellate) e una forza orizzontale di 230,0 kN (~23,0 tonnellate). Le forze sono assommate nella Fig. *17, 91 dove è stata disegnata una possibile linea di forza nel muro curvilineo. Questa linea risulta da una forza orizzontale orientata parallelamente e da un prolungamento dello spigolo. Una investigazione ulteriore mostra che i piloni erano caratterizzati da peso sufficiente per resistere alle forze orizzontali ed evitare il crollo della volta. Osservazioni sul complesso di muri intorno alla sala centrale mostrano che c’era sufficiente muratura lungo la lunghezza dell’edificio (est/ovest) che ha potuto contribuire alla stabilità dei piloni e ad aumentare l’“appoggio” necessario contro le forze orizzontali. Come detto qui sopra, i piloni agli angoli hanno potuto impedire il crollo per effetto del loro peso, ma sono riusciti a stento ad impedire che le forze orizzontali della volta causassero una certa deformazione della cupola e della parte superiore dei muri, che ha potuto dare come risultato delle fessure nella volta e nei muri di supporto. La formazione di tali fessure potrebbe avere avuto luogo in connessione con l’aggiunta dell’appoggio provvisorio rappresentato dalla cassaforma adoperata per la costruzione della volta. E questa potrebbe essere la spiegazione dell’esistenza dei contrafforti ai due piloni più “deboli” (a sud-ovest e a sud-est), aggiunti proprio sul muro nudo con l’intenzione di assicurare l’edificio contro deformazioni ulteriori - prima che esso fosse terminato con rivestimento di lastre di marmo e di stucco. In questo modo si ha una prova ulteriore della copertura di questa sala con una cupola in muratura (e non in legno). Il Belvedere dell’“Accademia”. Descrizione (EH) Anche per questo edificio, un po’ più grande di quello presente sulla Piazza d’Oro, ma di pianta meno complicata, i resti permettono una ricostruzione grafica quasi completa (Fig. 9).9 I quattro lati concavi dell’intradosso, che ricoprono ciascuno circa 2/20 della circonferenza, si trovano su un cerchio di 19,28 metri di diametro (la “Piazza d’Oro”: 17,10 metri), invitano a supporre qui l’esistenza di una cupola semisferica, mentre sui quattro lati con- 92 Erik Hansen, Jørgen Nielsen, Jesper Asserbo, Tonny Jespersen Fig. 9. Il Belvedere dell’Accademia, pianta. Ricostruzione 1/200. vessi, che ricoprono ciascuno 3/20 di questo cerchio, e si presentano come colonnati a tre intercolumni, possiamo supporre delle vele di muratura convessa come nella sala centrale della “Piazza d’Oro” (e alle Piccole Terme). I quattro corpi in muratura servono a ricevere la spinta di queste otto parti della copertura. Ciascuna di queste strutture comprende due piccoli vani (uno si presenta come un corridoio curvo, l’altro a pianta semicircolare) Due cupole a Villa Adriana. Calcoli statici 93 Fig. 10. Sezione longitudinale. Ricostruzione 1/200. e una saletta absidata. Parti di muri intorno alla sala centrale, conservati per un’altezza fino ad oltre 7 metri, in particolare all’angolo nord-ovest, hanno permesso una ricostruzione grafica, quasi completa, di questo edificio. In questo muro ad un’altezza di 6,22 m sopra il pavimento si trova uno strato di malta che indica, come nella “Piazza d’Oro”, l’imposta delle volte a botte, probabilmente a tutto sesto, dei corpi laterali e certamente anche della 94 Erik Hansen, Jørgen Nielsen, Jesper Asserbo, Tonny Jespersen Fig. 11. Sezione trasversale. Ricostruzione 1/200. cupola centrale, e a questa altezza si trova ancora una parte di pavimento in mattonelle poste a spina di pesce, che serviva allo scolo delle acque piovane provenienti dai tetti circostanti. Questo livello indica, come nella “Piazza d’Oro”, anche la faccia superiore e quindi l’altezza di 6,22 m dell’ordine dei colonnati, che può essere comparato con quelli della “Piazza d’Oro” di 5,24 m, dunque 98 cm. o del 19% più alti (confronta la differenza dei diametri delle cupole: quello del Belvedere è del 13 % più grande di quello della “Piazza d’Oro”). Tranne un eventuale “occhio” alla sommità, non c’è da pensare ad altre finestre in questa cupola: la luce proveniva in abbondanza dai colonnati in basso attraverso cui la vista spaziava sul paesaggio circostante. Per l’estradosso è necessario ricorrere a una ricostruzione grafica come si vede nelle sezioni delle Figg. 10 e 11. Una piccola parte di muratura, ancora esistente nel 1958, ha permesso di conoscere la posizione di una cornice che correva su tutta la circonferenza dei corpi laterali, e che si suppone consistesse semplicemente di tre corsi di mattoni, come si è visto all’esterno delle stanze laterali della “Piazza d’Oro”.10 Per l’esterno della cupola centrale è stata effettuta soltanto la ricostruzione grafica (Fig.12), sulla cui base è stato possibile ricostruire le sezioni delle parti sia convesse sia concave del corpo centrale. Calcoli statici (JN ) In una lettera del 3 agosto 1998 indirizzata all’autore del presente articolo, l’Ing. Jørgen Nielsen scriveva quanto segue: “Come detto, sono molto sorpreso da come la costruzione potesse reggere. Inoltre senza essere troppo al limite. La condizione era, come detto, che la parte superiore della cupola, dove le vele convesse giungono all’altezza della sfera, potesse tenersi come un corpo coerente, senza fratture. Al fuori di questa parte centrale penso che le vele convesse possano eventualmente essere sezionate in senso radiale, e siccome neanche le vele sferiche possono essere aiutate da una compressione circolare, ritengo che per queste si verifichi una situazione analoga. Nei tuoi disegni ho indicato (Fig. 13) le linee di forza per il carico. La facciata, molto alta e profonda, ha una grande influenza a causa del suo peso eleva- Due cupole a Villa Adriana. Calcoli statici 95 Fig. 12. Ricostruzione della copertura delle volte con cocciopesto. Sezioni 1/200. to. Pur avendo, sopra l’altezza dei capitelli, un peso di 190,8 µ,11 si ha una forza orizzontale di soli 29,3 µ, e di queste si possono assorbire 23,1 µ sul tetto del corridoio, in modo che rimangono soltanto 6,2 µ da assorbire per il muro, e questo può accadere senza problemi grazie ad una forza obliqua nella parte mediana del muro. Il carico sopra l’altezza dell’architrave sarà, includendo il tetto del corridoio, di 215,5 µ, o, per 36°, 215,5 x pi/5 = 185 t.12 Sono stati effettuati calcoli col peso specifico di 1,7 t/m³, cosa che corrisponde a 79,5 m³. Essendoci quattro parti di sfera, si avranno in totale 318 m³. Tu ne hai 326, che è lo stesso. Quanto alla parte convessa, è stata divisa in cinque settori di 10,8° e sono state calcolate le linee di forza in ciascuno di loro. Più queste si allargano, più grande diventa il peso e in particolare la forza orizzontale. Ho disegnato le linee di forza per il settore mediano; per gli altri ho indicato il peso e la forza orizzontale sulla costruzione delle linee di forza orizzontali all’architrave. Se vengono ridotte con il peso proprio dell’architrave, si trova esattamente lo stesso peso verticale che tu hai calcolato e un volume di 305 m³ per tutte le quattro parti 96 Erik Hansen, Jørgen Nielsen, Jesper Asserbo, Tonny Jespersen Fig. 13. Linee di forza. In alto, sezioni trasversali e longitudinali. In basso, metà della pianta, ca. 1/200. della sfera messe insieme. Per la forza delle colonne ho trovato 50,1 t, che consentono senza difficoltà una forza orizzontale di 1,85 t, corrispondente ad un spostamento di 15,5 cm della posizione della risultante nella sezione trasversale. Siccome essa nel punto più stretto è di circa 40 cm, questo non ha grande importanza. Le tensioni più grandi possono essere tenute al di sotto di 50 kg/cm². Nella colonna la linea di compressione è spinta verso il lato convesso dell’arco, mentre la pressione della colonna si trova nel lato concavo. Questo può causare una leggera trazione di traverso nella colonna di marmo, ma poco più di 4 kg/cm², così che se addirittura gli strati nel marmo non sono verticali e paralleli alla Due cupole a Villa Adriana. Calcoli statici 97 Fig. 14. Ricostruzione dell’estradosso. Isometria 1/400 facciata, questo non rappresenta alcun problema. Ai lati l’architrave scarica una pressione di 20,7 t sull’imposta e spinge verso il corpo laterale con 7,85 t. Insieme con il peso della vela sferica la spinta nell’insieme su ogni costruzione laterale è calcolata in 29,9 t. Con il peso proprio dell’edificio di più di 200 t, non dovrebbero esserci problemi di stabilità.” Uno sguardo d’insieme (EH) Villa Adriana era un monumento straordinario, interamente creato per volontà dell’Imperatore.13 In origine sorgeva qui una vecchia villa di età augustea, entrata in suo possesso, prima che egli entrasse a Roma nel 118 d.C. come successore di Traiano: già allora aveva cominciato ad abbellirla con due sale che si affacciavano sul giardino. In seguito vennero innalzate la capricciosa “Villa Marittima” (rifugio circolare circondato d’acqua), il “Pecile” (doppio porticato destinato a salutari passeggiate), delle terme per uomini e per donne, delle sale per banchetti e ricevimenti, parchi sontuosi, giardini splendidi, alloggi per gli ospiti, laghi artificiali e, in fine, lo stupendo “Canopo”. Vari criptoportici permettevano di passare in carozza da un’edificio all’altro, ricevendo sempre nuove impressioni di spazi e di luce. I pavimenti erano di mosaico, le pareti coperte di lastre di marmi preziosi, le volte di stucchi ornati; pitture murali e sculture erano esposti in nicchie. L’acqua gorgogliava dalle fontane. Qui si ha l’impressione che tutto fosse creato per il piacere degli ospiti di Adriano, ed è facile riuscire ad immaginarlo in mezzo ai suoi ospiti, mentre illumina la compagnia con la sua intelligenza, i suoi discorsi spirituali, e le sue ampie conoscenze di arte, letteratura e scienze. Dopo la morte di Adriano, l’impianto, creato per la sua personalità, venne poco utilizzato. Non c’era più nessuno per riempire il luogo di vita, e i suoi successori preferirono stare vicino a Roma. La vegetazione iniziò ad invadere il luogo, gli edifici andarono in decadenza, e, dal medioevo, furono derubati dei decori di marmo, riusati nelle chiese di Roma. Ma le rovine continuarono ad essere visitate dagli architetti del Rinascimento e del Barocco che le riprodu- 98 Erik Hansen, Jørgen Nielsen, Jesper Asserbo, Tonny Jespersen cevano in disegni e in esse trovavano motivi di ispirazione per i loro lavori. Così avvenne per Baldassare Peruzzi e Francesco Borromini che qui probabilmente trasse ispirazione per le sue cupole sinuose. Le cupole della “Piazza d’Oro” e del Belvedere rappresentano un “salto” nella storia dell’architettura: esperimenti non visti prima che si mettevano in opposizione all’architettura “classica” rappresentata da Apollodoro, l’architetto dei Flavi, il suo capolavoro, la cupola del Pantheon, in costruzione a Roma nello stesso periodo. Si può comparare questa cupola maestosa inscritta solo in una grande sfera, illuminata da un unico occhio in alto, con le forme movimentate dell’interno della «Piazza d’Oro» dominate da spazi perforati e da vivaci effetti di luce. Questa differenza si esprimeva anche nella gelosia fra Adriano e Apollodoro, come vuole la tradizione. Questa tipologia di architettura non ebbe successori immediati. Soltanto qualche secolo più tardi il tema delle cupole portate parzialmente da colonne fu ripreso nell’architettura cristiana raggiungendo l’apice in Santa Sofia a Costantinopoli. La grande lezione che riceviamo da questo studio è, che per verificare la resistenza di queste costruzioni basate sull’esperienza e l’intuizione dei costruttori di Adriano, occorre la scienza moderna della statica e gli strumenti avanzati di calcolo e di disegno del nostro tempo. Erik Hansen Wildersgade 36 1408 Copenaghen K Due cupole a Villa Adriana. Calcoli statici 99 BIBLIOGRAFIA Hansen, E. 1960 La “Piazza d’Oro” e la sua cupola, (Analecta Romana Instituti Danici. Supplementum 1), Roma. Hansen, E. 2000 “Il Belvedere dell’Accademia nella Villa Adriana”. In: Berlingò, I. (ed.), Damarato. Studi di antichità classica offerti a Paola Pelagatti, Roma, 387-398. Kähler, H. 1950 Hadrian und seine Villa bei Tivoli, Berlin. Moneti, A. 1992 “Nuovi sostegni all’ipotesi di una grande sala cupolata alla “Piazza d’Oro” di Villa Adriana”, Analecta Romana Instituti Danici 20, 67-92. NOTE Riproduzione e traduzione liberi per tutti i paesi. Tutti i disegni originali di questo articolo e di quello del 1960 si trovano nell’Archivio dell’Accademia di Belle Arti a Copenaghen (Kunstakademiets Samling af Arkitekturtegninger. Kongens Nytorv 1, DK-1050 Copenaghen K). 1 3 4 5 6 2 7 8 9 12 13 10 11 Hansen 1960. Moneti 1992. Nella nota 1 di questo articolo si trova un elenco dettagliato di riferimenti a questo problema. Cf. Hansen 1960, fig. 59-60 e 46. Hansen 2000. Hansen 1960 e 2000 Per semplicità supponiamo l’orientazione Est-Ovest per l’asse longitudinale dell’edificio, che avrà cosi l’entrata da Nord e il fontanone a Sud. Da notare che le espressioni “concavo” e “convesso” si riferiscono alle forme viste dall’interno della sala cupolata. Le tre cupole sono rappresentate in Hansen 1960, pag. 46-48, 52-58 e 59-60. Un pentimento: nel 1960 chi scrive aveva proposto, per la copertura di questi atrii, due soluzioni: 1) un tetto di legno con falde verso un’apertura sopra l’impluvio rettangolare al centro dell’ambiente; 2) una cupola a pianta quadrata. Però, questa dovrebbe versare le acque piovane verso i muri circostanti, ma non c’è traccia di scolo da quelle parti. Si potrebbe ancora pensare a un cortile aperto, ma la luce forte in questi vani secondari distruggerebbe l’impressione di quella che dominava la sala centrale. Cosi pensiamo che la prima soluzione sia la sola possibile, più in accordo con la tradizione degli atri delle case di abitazione dell’architettura romana. Cf. nota 4. Hansen 1960, p.75. µ significa l’angolo in radiali = 180°: pi t (tonnellata) = 1000 kg. Adesso si adopera generalmente kH = 100 kg. Vita e viaggi di Adriano (qualche dato, secondo Kähler 1950): nel 176 d.C. nasce in Spagna; 118 d.C. Ritorno a Roma come sucessore di Trajano, all’età di 44 anni; 119 – 128 d.C. Costruzione del Pantheon; Primo viaggio (verso nord) prim. 121 - prim. 125 d.C.; secondo viaggio (verso oriente) 128 – 133 d.C.; 138 d.C. Adriano muore.