Bessone – Scuderi, Manuale di storia romana

Bessone – Scuderi, Manuale di storia romana
Cap. I, Introduzione alla storia romana .......................................................................................................................... 1
Cap. II, Le origini di Roma e i primi re ......................................................................................................................... 3
Cap. III, La civiltà etrusca e la monarchia dei Tarquini ................................................................................................. 4
Cap. IV, Il passaggio dalla monarchia alla repubblica ................................................................................................... 5
Cap. V, La composizione della società romana: patriziato e plebe ................................................................................ 5
Cap. VI, La lotta per il controllo dell’Italia centrale ...................................................................................................... 6
Cap. VII, La competizione con Roma: i Sanniti ............................................................................................................ 7
Cap. VIII, L’affermazione di Roma nell’Italia meridionale: Taranto e Pirro ................................................................ 8
Cap. IX, La prima guerra punica e le sue conseguenze ................................................................................................. 9
Cap. X, La guerra annibalica. Il recupero dell’Italia settentrionale ............................................................................. 10
Cap. XI, Roma e l’oriente ellenistico ........................................................................................................................... 11
Cap. XII, Graecia capta… ............................................................................................................................................ 12
Cap. XIII, Eversiones Urbium, da Cartagine a Numanzia ........................................................................................... 13
Cap. XIV, Effetti e ripercussioni della conquista: i Gracchi ........................................................................................ 14
Cap. XV, Dalla guerra giugurtina alla dittatura di Silla ............................................................................................... 15
Cap. XVI, Lo smantellamento della costituzione sillana: Pompeo .............................................................................. 16
Cap XVII, Cesare dal cosiddetto primo triumvirato alla dittatura ............................................................................... 17
Cap. XVIII, Il secondo triumvirato e l’affermazione di Ottaviano .............................................................................. 19
Cap. XIX, Augusto e l’istituzione del principato ......................................................................................................... 20
Cap. XX, I Giulio-Claudi eredi di Augusto ................................................................................................................. 22
Cap. XXI, La crisi del 69 e la dinastia Flavia .............................................................................................................. 23
Cap. XXII, Gli albori del cristianesimo (I-II sec. d.C.) ................................................................................................ 24
Cap. XXIII, Gli imperatori per adozione ..................................................................................................................... 25
Cap. XXIV, Da Commodo alla monarchia militare dei Severi .................................................................................... 26
Cap. XXV, Crisi e anarchia nel III secolo ................................................................................................................... 27
Cap. XXVI, L’impero fra invasioni e lacerazioni ........................................................................................................ 28
Cap. XXVII, Diocleziano e l’esperimento della tetrarchia .......................................................................................... 30
Cap. XXVIII, La rivoluzione costantiniana. Giuliano ................................................................................................. 31
Cap. XXIX, L’impero cristiano-barbarico. Teodosio .................................................................................................. 32
Cap. XXX, La fine dell’impero romano d’occidente ................................................................................................... 33
Cap. I, Introduzione alla storia romana
1. Le fonti
Primarie (contemporanee ai fatti) e secondarie (storia ricostruita da autori).
Secondarie: solo dalla II Punica, in greco per pubblicizzarsi; in latino le Origines di Catone.
Inizialmente annalistica, poi anche monografie (Sallustio), biografia (Nepote, Igino), letteratura
esemplare (fatti memorabili, Valerio Massimo).
Polibio e Dionigi di Alicarnasso scrivono in greco.
Livio: Annales.
Con l’impero si censura la letteratura d’opposizione, rimangono conformisti (Velleio Patercolo) e
disimpegnati (Curzio Rufo, Arriano). Perduto Plinio in Vecchio, perché offuscato da Tacito.
Numerose le biografie, fatte da Svetonio, Mario Massimo, Aurelio Vittore.
I-II sec: Plutarco, Vite Parallele, confronto coi grandi greci.
Si deve applicare critica storica perché gli storici romani sono tutti politici, tranne Livio, e
deformano.
2. La famiglia e il diritto privato
Pater familias: ha pieni poteri sui figli: abbandonarli, venderli come schiavi, uccidere una figlia
adultera, stabilire matrimoni e divorzi.
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Le donne non erano mai sui iuris, ma avevano un tutore. Potevano sceglierlo; se quello era
condiscendente, avevano libertà e potere.
Matrimonio: il più arcaico è la manus maritalis. Il vincolo poteva essere più religioso (confaerratio)
o un “acquisto” laico (coemptio). Un altro vincolo si stabiliva con l’usus (tipo usucapione); le XII
tavole la resero evitabile con l’assenza da casa della moglie per tre notti.
Il divorzio era previsto e frequente. Le nozze erano valide solo tra cittadini, chi non lo era praticava
il concubinato.
Schiavi: condizioni migliori in casa. Per Varrone, “instrumentum vocale”.
Giustizia: anticamente risolta a livello personale con legge del taglione definita dalle XII tav, che
tuttavia incoraggiano i risarcimenti pecuniari. Poi la repressione diventa responsabilità della
collettività; nascono i processi. Nel 367 a. C. si istituiscono i pretori, per la giurisdizione civile.
Emanano editti che sono dichiarazioni di principi ed entrano nella giurisprudenza.
IV-III sec. a. C.: primo trattato giuridico e raccolta di legis actiones, di Appio Claudio Cieco. Avvia
laicizzazione diritto, prima affidato ai pontefici.
Con l’impero, la decisioni del princeps fanno giurisprudenza.
Testi diritto romano: Institutiones di Gaio (II sec.) e Corpus iuris civilis di Giustiniano.
3. La istituzioni dello Stato
Dittature: 6 mesi; scompare nel 202 a. C, poi ripristinata da Silla; Cesare si fa dittatore a vita,
Antonio allora la abolisce nel 44 a.C.
Censura: prestigio più alto, perché di solito si dà ad ex consoli. Dura cinque anni (cerimonia
lustrum). Giudica moralità dei cittadini (una sua condanna poteva far perdere diritti politici) e li
inserisce nel loro livello di censo; aggiorna liste senatori, amministra il patrimonio statale, appalti e
imposte.
Consolato: due consoli, un anno, governo civile e comando militare. In caso di morte, sostituiti da
un consul suffectus - con l’impero se ne succedevano normalmente più coppie in un anno; il
consolato aveva perso potere politico, ma non prestigio.
Pretura: istituita nel 367 a.C.; nel 242 il praetor peregrinus, per controversie fra Romani e stranieri.
Il numero di pretori aumenta con Silla e poi con Cesare. Compiti giudiziari, a volte anche militari.
Oltre alla potestas (autorità riconosciuta) comune alle altre cariche, dittatori, consoli e pretori
avevano l’imperium (imporre la propria volontà a nome dello Stato), che si prorogava se, scaduta la
carica, il magistrato era ancora impegnato in battaglia.
Così nascono proconsoli e propretori, che governano le province senatorie. Quelle imperiali hanno
legati scelti dall’imperatore.
Edilità: approvvigionamenti, polizia urbana, edilizia, spettacoli.
Tribuni della plebe: potevano bloccare le decisioni dannose alla plebe ed erano inviolabili.
L’imperatore ne assumerà le prerogative.
Questura: aiutanti dei consoli.
Senato: convocato da un magistrato con imperium. Molta autorità in epoca medio-repubblicana, a
fine repubblica i populares lo ridimensionano usando i plebisciti, con l’impero dipendeva
dall’imperatore, che poteva inserirci chi voleva.
Assemblee: comizi curiati, centuriati, tributi.
Sistema municipale: quattuorviri o duoviri a dirigere ogni città. Senato cittadino con un centinaio di
decurioni (spt ex magistrati). L’assemblea popolare eleggeva i magistrati.
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4. L’economia
Basata sull’agricoltura. Nel 218 a. C. un plebiscito vieta ai senatori di possedere navi per
commercio.
Nei primi secoli non ci sono grandi differenze di reddito; alcuni iniziano ad arricchirsi solo con le
conquiste (nel 280 a. C., Sabina) di terre e schiavi, e soprattutto con le conquiste di province dal II
sec. a. C.. Ricchezza giustificata usandola per opere pubbliche.
Scambi commerciali (e quindi città) lungo vie d’acqua, molto più economiche; via terra solo seta e
spezie, abbastanza costose perché convenisse il trasporto.
Poca tecnologia per mentalità tradizionalista e disponibilità di schiavi.
5. La religione
Numina indefiniti da propiziarsi tramite rituali; la fede del singolo è accessoria. Importati gli dei
antropomorfi greci, cui si aggiungevano dei per ogni aspetto della vita, genii personali, lari e penati.
Vari tipi di sacerdoti; pontifex maximus a capo del collegium pontificum, decemviri sacris faciundis
a custodire i libri sibillini, auguri (con auspici in genere favorevoli, durante le lotte politiche usati
sfavorevoli per bloccare attività).
Tolleranza: gli altri dei venivano “inglobati”. Repressi solo i baccanali, perché frutto non di scelte
statali ma individuali e rischiose per l’ordine pubblico.
Imperatori divinizzati solo dopo la morte, mentre in oriente anche in vita.
Influsso divinità orientali (come Mitra e teologie solari) e filosofie (che sottolineavano gli aspetti
morali).
Cap. II, Le origini di Roma e i primi re
1. Tra leggenda e storia
Gli storici romani spiegano l’origine di Roma fondendo il mito locale di Romolo e Remo con quello
“importato” di Enea, che rendono progenitore di Romolo.
Tra il 1000 e l’800 a. C. due gruppi distinti di allevatori provenienti dai monti Albani e Sabini si
insediano su Palatino ed Esquilino.
Piccoli insediamenti sui colli Albani, i cui nomi sono elencati da Dionigi d’Alicarnasso e Plinio il
Vecchio; alla loro testa c’era Alba Longa.
2. La Roma primitiva
L’origine albana è rivendicata da alcune gentes romane; quella sabina da alcuni re di Roma e
dall’origine di certi vocaboli, ad es. quirites dal sabino curis, “asta”.
Roma si costituì attorno all’isola Tiberina, che rendeva facile attraversare il Tevere, il quale segnava
il confine tra Lazio ed Etruria. Roma è quindi nel Lazio, abitata da Latini, ma molto vicina
all’etrusca Veio, sulla riva destra.
3. L’ordinamento romuleo
Secondo l’annalistica, popolazione divisa in tre tribù e trenta curie – i nomi delle tribù sono però
etruschi, perciò probabilmente si riferiscono alla seconda fase monarchica, in cui molti etruschi
arrivarono a Roma.
Curia non verrebbe dal sabino curis ma da coviria, riunione di uomini. E’ impensabile che
dall’inizio ogni curia fornisse cento uomini all’esercito, lo schema 30 curie è arrivato gradualmente.
La sede del senato si chiama curia: forse perché il senato primitivo era composto dai capi delle
singole curie? Probabilmente i senatori iniziali erano meno dei 100 citati da Livio; a loro spettava il
comando militare e religioso, mentre la vita cittadina era guidata da capifamiglia e capiquartiere.
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4. I re indigeni
I sette re furono inventati per colmare il tempo tra la fondazione a metà VIII sec. e la prima data
sicura, l’inizio dell’era capitolina coi Fasti, nel 501/509.
La monarchia era elettiva; lo si deduce dall’istituto dell’interregnum citato dalle fonti: morto
Romolo, in attesa dell’elezione i senatori regnavano a rotazione. Si sceglieva il re fra comandanti di
esperienza, perciò non più giovani  regni brevi  più di sette re, in realtà. I loro nomi sono cmq
storici; scelti tra quelli rappresentativi e alternati tra sabini (Numa) e latini (Tullo Ostilio) per
simboleggiare l’integrazione tra i gruppi.
Metà VII sec.: distruggono Alba Longa; poi si assicurano il controllo del Tevere e delle saline col
porto di Ostia. Anco istituisce i feciali, addetti a dichiarare guerra (“res repetere”: erano abituati a
controversie per richiedere cose rubate…).
Cap. III, La civiltà etrusca e la monarchia dei Tarquini
1. Gli etruschi a contatto con Roma
Sugli antichi abitanti neolitici si innestano due migrazioni: prima dei “villanoviani” dai Balcani, poi
di esuli dall’Asia Minore, quelli che per Erodoto erano guidati da Tirreno. Questi ultimi portarono
religione, tecnologie, arte, passaggio da villaggi a città.
Gli Etruschi avevano auguri e aruspici; il re era il “lucumone”, capo militare e religioso; la
produzione era ottima, per la fertilità e le miniere; commerciavano con Fenici e Greci.
2. Tarquinio Prisco
Etruschi a Roma dalla fine del VII secolo, per ragioni commerciali. E’ probabile che una personalità
etrusca forte abbia trasformato la monarchia in un primato del proprio casato: in questo può trovare
fondamento la storia di Tarquinio Prisco, che secondo la tradizione avrebbe ottenuto successi
militari, avviato opere pubbliche, ecc..
In questa fase la popolazione (e i senatori) aumenta, nasce un quartiere etrusco; forse è ora che
avviene la tripartizione nelle gentes dei Tizi, Ramni, Luceri.
3. Il fregio della tomba François di Vulci
Mostra l’uccisione di un re Tarquinio, mentre Servio Tullio libera un prigioniero. Servio Tullio
sarebbe dunque un etrusco di umili origini divenuto poi re; il nome Servio potrebbe richiamare la
sua condizione servile o derivare dal verbo servo, “salvare”.
4. Servio Tullio
Le fonti concordano nel considerarlo un re illegittimo ma positivo.
Organizzò la città in 4 tribù urbane, col Campidoglio come terra comune. Con l’espansione in Italia
si aggiunsero via via tribù rustiche, fino alle 35 del 241 a. C..
Trasformò il sistema dei comizi curiati (che pur rimasero) in quello dei centuriati. Secondo la
tradizione, c’erano 193 centurie, suddivise in 5 classi che ne comprendevano 80, 20, 20, 20, 30, più
18 di cavalieri e 5 di inermes. Prima classe e cavalieri, insieme, avevano dunque la maggioranza –
si votava per centurie.
Chi non poteva procurarsi un’armatura non aveva diritto di voto.
Dall’esigenza di verificare la ricchezza dei cittadini nacque, nel 443 a. C., la censura.
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Cap. IV, Il passaggio dalla monarchia alla repubblica
1. Tarquinio il Superbo
La riforma centuriata di Servio intaccava il monolitismo del potere regio, restaurato dal Superbo.
Considerato un despota, ottenne vittorie militari e promosse opere pubbliche per la cui costruzione
si ridussero i cittadini a manodopera forzata. Affermò la supremazia di Roma sugli Albani, e stabilì
alleanze – in realtà protettorati – con le comunità circostanti.
2. L’anno cruciale 509 a. C.
La tradizione colloca in questo anno eventi in realtà ascrivibili a un periodo più lungo: la cacciata
dei Tarquinii con l’instaurazione della repubblica, la dedicazione a Giove del tempio sul
Campidoglio, che dà avvio all’era capitolina con regolare conteggio degli anni e trascrizione nei
registri dei nomi dei magistrati.
Secondo la tradizione, Tarquinio fu cacciato per lo stupro da parte Sesto Tarquinio di Lucrezia, il
cui marito Collatino, insieme a Bruto, avrebbe fomentato la rivolta. La realtà storica potrebbe essere
una faida familiare che portò i due a controllare il potere, pur senza ancora il titolo di consoli.
Collatino fu presto cacciato; sostituito da Publio Valerio “Publicola”, sostenitore del popolo; questi,
alla morte di Bruto, non si fece affiancare subito da un altro  collegialità ancora non definita. Poi
si affiancano altri aspiranti al potere.
3. La politica estera del Superbo e le sue conseguenze
Cartaginesi ed Etruschi verso il 535 costrinsero i Focei ad evacuare la Corsica; tra i beneficiari
indiretti ci sarà anche il Superbo. Quando questi venne cacciato, il re etrusco Porsenna tentò di
occupare il vuoto di potere. Sappiamo che riuscì a vietare a Roma la fabbricazione di armi. Intanto
molti centri del Lazio si divisero tra fautori del ritorno dei Tarquini e del distacco da Roma.
Accordo con Cartagine: non doveva danneggiare i Latini, né stabilirsi nel Lazio.
Temendo Porsenna, alleato ai Latini nostalgici del Superbo, i Latini chiedono aiuto alla potente
colonia greca di Cuma, che vince (504).
493, foedus Cassianum: pacificazione generale, Roma riammessa nella lega latina.
4. Gli ordinamenti della repubblica nascente
Fondamentali comizi tributi (territoriali) e centuriati (censitari); il senato, di 300 membri,
comprendeva i patres (romulei), conscripti delle minores gentes immessi dal Prisco, e gli ultimi
entrati, tra cui Appio Claudio. Coagula nobiltà antica e recente. Gli esclusi davano vita alle
rivendicazioni “plebee”.
Difficile sapere quali fossero i magistrati iniziali. Forse c’era un praetor maximus di origine militare
che prendeva poteri amministrativi, staccandosi dagli altri due praetores rimasti alla guida
dell’esercito, e poi definiti consoli; i quali nel tempo avrebbero scavalcato nei fatti la carica
formalmente più alta (come avvenne al rex sacrorum, sopraffatto dal pontifex maximus).
Cap. V, La composizione della società romana: patriziato e plebe
1. La formazione dei due ordini e la secessione della plebe del 494/3 a. C.
Patrizi: discendenti dai senatori nominati da Romolo; proprietari terrieri. Plebei: tutti gli altri;
artigiani e mercanti.
Adsidui: proprietari di beni immobili, partecipano all’esercito, a differenza dei capite censi o infra
classem. Mentre la prima distinzione è fissa, la seconda deriva dal censo, quindi consente mobilità
sociale.
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494: Secondo la tradizione, la plebe protestò contro il nexum (schiavitù per debiti) ritirandosi
sull’Aventino per significare il rifiuto di partecipare alla vita politica. Menenio Agrippa li convinse
a trattare; l’anno dopo ottennero l’istituzione dei tribuni della plebe, con intercessio (diritto di veto)
e sacrosantitas (inviolabilità). Erano eletti dai concilia plebis, che prendevano decisioni dette
plebiscita.
I contrasti sociali certamente esistiti sono stati reinterpretati in leggende.
2. Le leggi delle XII tavole
Nel 450 a.C il collegio dei decemviri legibus scribundis, formato da patrizi, scrive le prime dieci;
l’anno dopo un nuovo collegio, che comprendeva anche cinque plebei, termina le ultime due. La
tradizione afferma contraddittoriamente che proprio questo secondo collegio fu più antiplebeo e
soggetto agli abusi di Appio Claudio; i decemviri aspiravano al potere tirannico. E’ invece
confermata dai Fasti l’interruzione dei consoli nel 450-1, sostituiti dai decemviri.
L’unico vantaggio di queste leggi per i plebei fu il fatto che fossero scritte e uguali per tutti: dal mos
al ius. Pesanti punizioni per chi violava la fides ai patti.
3. Le leggi Canuleia (445) e Licinie-Sestie (367)
Il tribuno Canuleio permise i matrimoni tra patrizi e plebei. I patrizi concessero ai plebei l’accesso a
questura e tribunato militare con “potestà consolare” (cosa che li faceva poi entrare in senato), ma
non al vero consolato, concesso solo nel 367 a. C. dal dittatore Furio Camillo che accolse le leges
Liciniae Sextiae: prevedevano anche che uno dei due consoli fosse sempre un plebeo, rateazione dei
debiti, obbligo di assegnare ai nullatenenti parte del terreno pubblico.
Nello stesso anno nascono edili e pretori. La classe dirigente si apre: mentre le gentes vanno
estinguendosi, i plebei divenuti consoli trasmettono ai discendenti la nobilitas.
4. Le ultime rivendicazioni plebee e la conclusione della lotta fra gli ordini
(287 a.C.)
Le cariche religiose si aprono ai plebei, e si riducono molto i casi di applicazione del nexus.
Nel 287 a. C. la lex Hortensia, di un dittatore plebeo, rende vincolanti per tutto il popolo i plebisciti;
mentre in quegli anni i comizi tributi, non più solo assemblea della plebe ma di tutti, acquisiscono
competenza su ogni genere di legislazione.
Cap. VI, La lotta per il controllo dell’Italia centrale
1. Roma e la lega latina
Primo anno repubblica: trattato con Cartagine che garantiva i commerci.
Le fonti nascondono la conquista di Roma da parte dell’etrusco Porsenna dietro il racconto delle
gesta eroiche dei difensori.
499 circa: guerra tra Roma e città del Lazio.
493: foedus Cassianum: alleanza coi Latini. Questi fra loro non avevano originari legami politici,
ma piuttosto religiosi. La lega latina resterà in vigore fino al 338, quando Roma la scioglierà.
2. Le conquiste e la colonizzazione del V sec. a. C.
Vari scontri con Volsci ed Equi nel Lazio meridionale, sintetizzati nella saga di Coriolano, eroe
contro i Volsci ma poi, cacciato dai Romani, loro alleato.
A nord scontri con gli Etruschi di Veio; a nord est coi Sabini: fase sfavorevole per Roma.
L’esercito latino risolleva la situazione; Cincinnato sconfigge gli Equi nel 458.
Colonie romane: sono presidi militari con pochi coloni, che restano cittadini romani.
Colonie latine: più numerose e più popolate, nonché più autonome – ma con l’obbligo di fornire
soldati alla madrepatria.
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Seconda metà V sec.: rafforzamento Roma. Assedia Veio per dieci anni (forse leggendario, troppo
simile a Troia) e la conquista con Furio Camillo nel 396  incremento territoriale  Roma
dominante sulla lega.
3. L’incendio gallico (390 a.C)
Già dal VI sec. migrazione Galli in padania.
390: i Galli saccheggiano Roma e, nonostante molte fonti censurino la cosa, Ennio riporta che
espugnarono il Campidoglio. Cercando solo bottino, i Galli poi se ne vanno. Ma la storiografia
romana riporta una leggenda: Furio Camillo fu richiamato e sconfisse i Galli evitando di pagare un
riscatto.
Ricostruite le mura: sono le mura serviane, rimaste in parte, mentre delle precedenti (VI sec.)
rimangono pochi resti al di sotto di queste.
4. Il consolidamento dell’egemonia sul Lazio
Tendenza di Roma (a differenza delle città greche) ad assimilare popolazioni diverse. Ad es, nel
381 Tuscolo si stacca dalla lega per entrare nello stato romano.
Egemonia sul Lazio (354, alleanza coi Sanniti) e rinnovo del patto con Cartagine, alla quale si
riconosce nuovamente la supremazia sul mediterraneo occidentale, in cambio delle coste laziali ai
Romani.
Diverse forme di controllo del territorio (con o senza cittadinanza, colonizzazione, alleanze..),
conquistato dietro l’ideologia del bellum iustum, difensivo.
Cap. VII, La competizione con Roma: i Sanniti
1. La prima guerra sannitica (343-341 a.C.)
Inizia l’espansione verso sud. Casus belli: i Sidicini, attaccati dai Sanniti, chiedono aiuto a Capua;
questa però ha lo stesso problema e chiede aiuto a Roma. Dato che nel 354 Roma aveva fatto un
patto coi Sanniti, affinché la guerra fosse ugualmente “giusta” Capua si affidò a Roma in
deditionem: le si consegnò totalmente, cosa che legittimava i romani a soccorrerli in nome di un
valore ancora più alto del patto stipulato.
341 nuovo trattato coi Sanniti con spartizione influenza: Sidicini sannitici, Campani romani.
2. La guerra latina (340-338 a.C.)
La supremazia di Romani e Sanniti danneggia gli altri popoli, spec. Latini, che si ribellano ma
vengono sconfitti dai Romani nel 340 (e poi definitivamente nel 338).
Le fonti riportano la storia del sacrificio del console P. Decio Mure, secondo il rituale della devotio;
e la storia di Manlio Torquato, che condannò a morte il figlio per aver mancato di disciplina
militare.
338: Roma scioglie la lega latina e lega a sé tutte le comunità laziali con patti individuali, secondo il
principio del divide et impera; a loro si lasciava autonomia amministrativa, ma erano dipendenti in
politica estera e dovevano fornire truppe.
I cittadini inviati nelle colonie perdevano la cittadinanza ma guadagnavano terre, un gran vantaggio
per gli indigenti e per Roma, che ne smorzava la pressione sociale.
3. La seconda guerra sannitica (326-304 a.C.)
326: Roma assedia Napoli (greca), che si arrende a condizioni molto favorevoli: doveva solo fornire
navi. E’ un esempio del pragmatismo dei Romani, che non imponevano condizioni non funzionali
alla sua sicurezza.
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Reazione dei Sanniti: nel 321, alle Forche Caudine, sconfiggono e umiliano i Romani, imponendo
loro un accordo. Nel 314 Fabio Massimo Rulliano ribalta la situazione e prende Luceria, in Puglia.
Sconfigge anche gli Etruschi e una rivolta fomentata dai Sanniti, poi bloccati definitivamente nella
loro espansione.
Le fonti affermano che dai Sanniti si copiò il pilum: vero o no, dimostra l’apertura dei Romani nel
prendere il buono di altri popoli.
312: costruita via Appia – prima via col nome del magistrato – utile a espansione verso sud.
L’Etruria, sconfitta, chiede l’alleanza con Roma per salvaguardare i nobili dalle rivolte.
306: terzo patto con Cartagine.
Il patto con Napoli e l’acquisizione della Campania intensifica i rapporti con la Magna Grecia.
La guerra sannitica dimostrò coesione tra comandanti patrizi e plebei.
4. La terza guerra sannitica (298-290 a.C.)
Quando i Sanniti attaccano la Lucania, Roma si allea con quest’ultima.
296: i Sanniti provocano sollevazioni antiromane di Etruschi, Galli, Umbri  rischio
accerchiamento. Roma schiera i suoi migliori generali – sono consoli Fabio Massimo Rulliano e
Decio Mure, che ripeté la devotio del padre – sconfiggendo i Sanniti; Rulliano batte separatamente
gli altri nemici.
290: Curio Dentato conquista la Sabina: Roma arriva all’Adriatico.
Roma era ormai dominante in Italia. L’ordinamento manipolare delle legioni (non si sa esattamente
quando entrò in vigore, anche se Livio lo mette già nel VI sec.) coinvolge anche le classi inferiori, a
differenza del sistema basato sulle centurie.
Il bottino del Sannio permise l’emissione della prima serie monetale, l’aes grave, e l’attribuzione di
molte terre ai militari; in generale aumentò il benessere e lo sviluppo edilizio.
Cap. VIII, L’affermazione di Roma nell’Italia meridionale: Taranto e Pirro
1. La vittorie di Pirro (280 e 279 a. C.)
302: con un trattato, Roma rinuncia a passare con le sue navi nel Golfo di Taranto.
Thurii, città della Magna Grecia attaccata dai Lucani, chiese aiuto a Roma; questa stabilì un
presidio in una zona sotto l’orbita tarantina. Forse per sbaglio, nel 282 alcune navi romane entrano
nel Golfo  sembra una provocazione  Taranto ha l’appoggio del forte Pirro (re dei Molossi,
tribù dell’Epiro in Grecia) e non vuole trattare.
280, a Eraclea: Pirro vince a caro prezzo. Usa elefanti.
279, a Ascoli Satriano: Pirro vince con ancora maggiori difficoltà. Cicerone riporta una terza
devotio di un Decio Mure, ma forse è una ripresa inventata delle precedenti.
278: trattato impegna Roma a non far pace con Pirro senza consenso dei Cartaginesi, che
partecipavano con una loro flotta, e temevano che Pirro puntasse alla Sicilia.
2. Spedizione di Pirro in Sicilia (278-276 a.C.) e sua sconfitta a Benevento (275
a.C.)
Chiamato in soccorso dai Sicelioti, Pirro non riesce a scacciare i Cartaginesi dalla Sicilia
occidentale e torna in Italia, dove Curio Dentato lo batte definitivamente nel 275. A Taranto si
impone un foedus e ad altre città magnogreche si impongono alleanze che li obbligavano a fornire
navi.
3. La cosiddetta confederazione romano-italica
Conquiste organizzate in tre categorie:
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


Ager Romanus: territorio romano; ne fanno parte le colonie. Articolato in municipia, i singoli
centri cui quali autonomia amministrativa e diritto di voto a Roma – a meno che non fossero
sine suffragio, condizione riservata in genere agli avversari sconfitti; in seguito a volte
ottenevano il suffragio (optimo iure).
Nomen Latinum: la legge di fondazione di ogni colonia latina stabiliva i doveri di ciascuna verso
Roma, in termini di truppe e tasse da fornire. Alle ultime dodici colonie, a partire da Rimini
(268) con lo ius Ariminensium si assegnano maggiori diritti.
Socii Italici: condizioni diverse, dalle aequissimae di Napoli alle più svantaggiose per i Sanniti.
In genere lasciano autonomia amministrativa, ma comune politica estera. Non impone tasse ma
chiede truppe; partecipando alle guerre, i socii prendevano parte del bottino.
4. I Romani in Magna Grecia: linee politiche e cultura
La nobilitas ammirava la cultura greca; la guerra contro Pirro incontrava dissensi – ma era sostenuta
da Appio Claudio. La linea espansionistica comunque prevalse, ma le illustri città greche in Italia
non vennero trattate duramente, e le loro istituzioni, ammirate dai Romani, furono mantenute.
Si passò dall’aes grave al sistema di coniatura greco.
Cap. IX, La prima guerra punica e le sue conseguenze
1. La prima guerra punica (264-241 a.C.)
Cartagine, principale colonia fenicia, estendeva i suoi domini in Spagna meridionale, Sardegna,
Corsica, Sicilia. Quest’ultima era contesa ai Greci di Siracusa e Agrigento.
L’economia era spt mercantile e la terra nelle mani di pochi  manca il ceto contadino che a Roma
costituiva il grosso dell’esercito. I Cartaginesi usano soprattutto mercenari.
289: muore Agatocle, tiranno di Siracusa; i Mamertini, suoi mercenari, sono scacciati da Siracusa e
si impadroniscono di Messina. Siracusa li attacca e quelli si fanno aiutare dai Cartaginesi – ma la
loro protezione si fa gravosa, così i Mamertini chiedono aiuto a Roma, offrendo la loro deditio.
Dibattito in Senato: seguire la legge feziale, che vietava le guerre d’aggressione, mantenendo così
l’immagine di correttezza agli occhi di Italioti e Sicelioti, o arginare la pericolosa espansione
Cartaginese? La decisione è rimessa all’assemblea popolare, dove i consoli fanno sì che l’onestà
ceda all’utile: inizia la guerra.
A Siracusa non resta che allearsi coi Cartaginesi, ma viene sconfitta da Valerio (Messalla) e
costretta all’alleanza con Roma. Nel 262 è presa Agrigento; il bottino incoraggia alla conquista
dell’intera Sicilia. A Milazzo la flotta romana, usando i corvi, sconfigge quella cartaginese; si dirige
poi in Africa. I Cartaginesi però assumono mercenari spartani che vincono Regolo e lo fanno
prigioniero. Seguono sfortune navali per i romani; nonostante ciò, nel 254 è presa Palermo.
249: sconfitta di P. Claudio Pulcro, tra i pochi poi processati (arroganza della sua gens).
241: il cartaginese Amilcare Barca (padre di Annibale), dopo la sconfitta della sua flotta, chiede la
pace.
2. I Romani in Sardegna e Corsica (238-237 a.C.), i Cartaginesi in Spagna (237218 a.C.)
I mercenari cartaginesi si ribellano e consegnano Sardegna e Corsica ai Romani. I Cartaginesi si
espandono in Spagna, traendone molte ricchezze; i Romani impongono con un trattato di fermare
l’espansione a sud dell’Ebro. Annibale conquista in breve la Spagna centrale.
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3. Roma in Illiria (230-229 a.C.) e in Gallia Cisalpina (268-218 a.C.)
Ormai egemone, Roma si sente responsabile della sicurezza nel Mediterraneo; in più ha colonie
sulla costa adriatica: provoca una guerra contro l’Illiria, i cui pirati spadroneggiavano in Adriatico.
La Grecia è grata.
236: i Galli riprendono le ostilità ma si fermano a Rimini.
232: tribuno della plebe Flaminio vuole romanizzare il nord-est: fa distribuire terre e costruisce la
Flaminia Roma-Rimini. Il Senato è contrario, pensa che provocherà i Galli.
I Boi arrivano in Etruria.
223: invasione della Cisalpina, sempre osteggiata dal senato. Boi oppressi, Galli del nord ottengono
un foedus più favorevole.
4. Gli inizi del sistema provinciale e lo sviluppo economico
241: la Sicilia è la prima provincia. Nelle province si stanziano soldati e si chiedono tributi.
La Sicilia divenne una monocoltura cerealicola, sulla quale si riscuoteva la decima parte del
raccolto.
L’imperialismo, iniziato con la conquista della Sicilia, introduce una nuova etica favorevole
all’arricchimento, anche attraverso il commercio – tant’è che nel 218 il plebiscito Claudio vieta ai
senatori di possedere navi da commercio, cosa necessaria a evitare l’improvvisa distruzione dei
patrimoni della classe dirigente.
Cap. X, La guerra annibalica. Il recupero dell’Italia settentrionale
1. Le vittorie di Annibale fino a Canne (218-216 a.C.)
Le fonti descrivono i Cartaginesi come sleali, e Annibale come grande condottiero ma strenuo
antiromano – e questo, insieme alla voglia di rivalsa per la conquista della Sardegna, secondo
Polibio avrebbe provocato la guerra.
Sagunto, a sud dell’Ebro ma alleata dei Romani, chiede loro aiuto contro i cartaginesi. Prima che
questo giunga, Annibale la conquista e decide di continuare alla volta dell’Italia. Sconfigge i
Romani diverse volte, e, non sentendosi in grado di assediare Roma, procede verso sud,
saccheggiando.
Il dittatore Fabio Massimo “cunctator” riesce a contenerlo temporeggiando; ma il popolo vuole lo
scontro diretto e gli affianca un altro dittatore alla pari –la cui temerarietà lo farà cadere in
un’imboscata, da cui Fabio lo salva; tornano d’accordo.
Ma nel 216 nuovamente i comizi eleggono un console temerario, Varrone, che conduce l’esercito
alla disfatta di Canne.
Annibale si allea con Filippo V di Macedonia e con molte popolaz dell’Ita meridionale che passano
dalla sua parte, tra cui Capua, anche perché non chiedeva arruolamento obbligatorio.
2. La ripresa romana: Fabio Massimo e Claudio Marcello
Consoli Fabio Massimo (lo scudo) e Marcello (la spada). I Romani per avere più uomini
abbassarono il limite censitario; mentre i Cartaginesi ne avevano pochi, perché tra gli Italici
arruolavano solo volontari.
212: Capua fu riconquistata e punita. 213: Marcello conquista Siracusa, da cui trae ricchezze e
opere d’arte. Poi i mercenari consegnano Agrigento. Si completa la conquista della Sicilia.
3. La guerra in Spagna e Scipione l’Africano
211: fratelli Scipioni riprendono Sagunto, ma poi muoiono in battaglia. Eletto console il figlio, P.
Cornelio Scipione, nonostante fosse giovane. Questi fomentò credenze sul suo rapporto con la
divinità. Conquista la Spagna.
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207: Asdrubale con le sue truppe cerca di raggiungere in Italia il fratello, Annibale, ma viene
bloccato prima e ucciso.
205: Scipione, nonostante l’opposizione di Fabio Massimo, porta la guerra in Africa. Si allea col
capo numida Massinissa, riuscendo a renderlo re dei Numidi a scapito del precedente sovrano, che
si era alleato con i Cartaginesi.
Annibale torna in patria per difenderla.
202: Annibale è sconfitto a Zama; l’anno dopo si chiese la pace. Prevedeva la rinuncia alla Spagna,
alla flotta, e al diritto di intraprendere una guerra senza previo consenso romano – cosa che la
esponeva alle prevaricazioni dei confinanti Numidi.
195: Annibale finì in esilio a causa di una fazione a lui avversa. Offrì consigli al re siriano contro
Roma; ma questi fu sconfitto; allora andò dal re di Bitinia, a cui i Romani chiesero di consegnarlo: e
lui si suicidò.
4. La riconquista dell’Italia settentrionale
Anche dopo la riconquista del sud, nel nord i Galli resistettero a lungo. Ma la padania fertile attirava
immigrazione dei romani, che la resero ancora più produttiva; gli indigeni furono gradualmente
assimilati e collaborarono coi coloni, fornendo loro manodopera.
Cap. XI, Roma e l’oriente ellenistico
1. La prima guerra macedonica (215-205 a.C.)
Filippo V il macedone si alleò con Annibale quando era vittorioso a Canne: capiva che il vincitore
della guerra romano-cartaginese avrebbe avuto l’egemonia. La guerra, che coinvolse vari stati greci,
fu saltuaria e durò fino al 205, quando la pace di Fenice lasciò a Filippo uno sbocco sull’Adriatico.
2. La seconda guerra macedonica (200-196 a.C.)
Filippo, alleatosi col siriano Antioco III, attacca Atene, che chiede aiuto a Roma. Qui prevalgono
gli interessi imperialistici e si decide di intervenire.
197: a Cinocefale la rigida falange macedone è sconfitta dal duttile esercito manipolare romano,
guidato da Flaminino. Filippo è costretto a restare entro i confini del suo regno; nel 196 la Grecia è
libera.
Mentre Spagna e Cisalpina furono occupate, Roma (in primis Flaminino, che era filelleno)
riconosce la superiorità culturale greca e garantisce la sua libertà, in cambio del riconoscimento del
proprio ruolo superiore nella diplomazia internazionale.
3. La guerra contro Antioco III (192-188 a.C.) e la politica estera
Gli Etoli avevano aiutato i Romani a vincere contro Filippo, ma erano stati ricompensati poco. Così
di uniscono a Antioco III di Siria contro i Romani. Città elleniche e Filippo V si alleano ai Romani.
Gli Etoli vengono presto sconfitti e si concede loro un armistizio; nel 189 Lucio Cornelio Scipione,
fratello dell’Africano (il quale è il comandante di fatto) batte Antioco a Magnesia, diventando
“l’Asiatico”.
Le condizioni della pace indeboliscono fortemente la Siria; tra bottini e indennità di guerra, Roma si
arricchisce molto.
Catone, homo novus, era avverso alle gentes aristocratiche, agli Scipioni e in generale al prestigio
personale (non per niente nelle Origines tace in nomi dei comandanti); in questo era appoggiato
dall’aristocrazia più tradizionalista.
189: intenta processo contro gli Scipioni: Lucio aveva amministrato da solo l’indennità richiesta ad
Antioco, Publio aveva trattato personalmente con lui per farsi restituire il figlio prigioniero.
184: Catone è censore e continua l’attacco; Scipione sdegnato si ritira in una villa e ci muore.
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Catone, antiellenico, cerca di ristabilire la morale tradizionale con le leggi sumptuariae (limiti alle
spese) e battendosi contro l’abrogazione della lex Oppia (durante la guerra annibalica poneva limiti
all’ostentazione della ricchezza da parte delle donne). Nel 186 erano stati aboliti i Baccanali.
4. La terza guerra macedonica (171-168 a.C.)
Diffidenza romana contro il figlio di Filippo, Perseo, che aveva fatto giustiziare il fratello per salire
al trono. Nonostante l’opposizione di Catone, Roma interviene, e dopo alcune sconfitte riesce ad
avere la meglio nel 168 a Pidna, con Emilio Paolo.
Catone riuscì a imporre la divisione della Macedonia in quattro repubbliche autonome, contro chi
voleva arricchirsi rendendola provincia. Ma fu dura la repressione contro le popolazioni non
filoromane, come gli Epiroti e gli Achei: di questi ultimi 1000 furono deportati in Italia, tra cui
Polibio, trattato con favore.
Il bottino fu tale che dal 167 i Romani non pagarono più imposte dirette, rimesse poi con le guerre
civili nel 43 a.C..
Cap. XII, Graecia capta…
1. La Macedonia provincia romana (148 a.C.)
Dissensi fra i macedoni, non abituati alla democrazia; i Romani fanno da arbitri.
149: il greco Andrisco si spaccia per discendente di Filippo, ne prende il nome (sarà detto
Pseudofilippo) e fomenta una rivolta contro Roma. Viene sconfitto, e le repubbliche macedoni sono
ridotte a provincia.
2. La distruzione di Corinto (146 a.C.)
Dissensi fra città greche; i Romani fanno da arbitri e concedono ad alcune città di staccarsi dalla
lega achea; ma la lega vuole muover guerra ai secessionisti.
Roma distrugge l’esercito acheo e la loro capitale, Corinto. Le città non ribelli, come Atene e
Sparta, restano alleate di Roma; vi si stabiliscono governi aristocratici per mantenere l’ordine, e si
restringe la loro libertà, ponendoli sotto la guida di fatto dello stesso governatore di Macedonia, pur
se formalmente la Grecia non è ancora provincia.
3. Il filellenismo e la reazione catoniana
Influsso cultura greca con conquiste in Oriente; arrivano opere d’arte ed emergono collezionisti;
oltre al già noto pitagorismo, si diffondono le altre scuola filosofiche; i primi annalisti scrivono in
greco, lingua internazionale.
Catone invece, per primo, scrive le Origines in latino. Si oppone all’ellenismo, colpevole di
allontanare dal mos maiorum, aprendo al concetto di humanitas basata sull’educazione, la cultura.
L’ellenismo fu sostenuto dal circolo di Scipione (Emiliano), di cui facevano parte anche Terenzio e
Lucilio. Polibio era amico di Scipione Emiliano, lo accompagnò in battaglia e ne scrisse la storia.
Panezio si unì al circolo e giustificò l’imperialismo romano: i migliori hanno il dovere di realizzare
il loro impegno alla guida dei popoli.
4. L’evoluzione socio-economica e la reazione catoniana
Catone è antifemminista. Si impegna, anche in prima persona, per l’utilizzo corretto del denaro – a
differenza dei molti che, arricchiti dalle conquiste, trasformavano gli investimenti in sfruttamento
delle province. Quando amministrò la Sardegna, ne espulse tutti gli usurai.
Favorevole all’uso del denaro pubblico per opere pubbliche, ma non per ostentazioni private.
Gli oppositori gli intentarono processi.
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Investì anche lui nel commercio, ma solo poco capitale per non rischiare troppo: la terra è più
sicura. Praticava lui stesso una specie di usura mascherata.
Biasimava lo spreco: appoggiò le leges cibariae che limitavano i banchetti. Il timore di tracolli
patrimoniali lo accomunava all’élite del tempo, mentre il suo pensiero antiellenistico era più
ostacolato. Comunque l’abitudine a spendere stava ormai diventando normale, grazie all’aumento di
ricchezza dei ceti aristocratici.
Redditività conquiste: aumento schiavi e disponibilità di capitali per investimenti. I pubblicani, che
dovevano essere almeno equites, riscuotono anche dalle province (anticipano i soldi allo stato, ma
poi ne chiedono molti di più ai tassati).
Cap. XIII, Eversiones Urbium, da Cartagine a Numanzia
1. La terza guerra punica (149-146 a.C.)
Cartagine si riprende economicamente, ma subisce i soprusi del numida Massinissa, non potendo
dichiarare guerra senza il consenso dei Romani – che temporeggiano a favore del numida.
Catone spinge per la guerra e la ottiene, dimostrando che la prosperità di Cartagine era pericolosa.
Scipione Nasica era invece contrario, perché la presenza di un potenziale nemico teneva uniti i
Romani.
Cartagine si arrese subito senza condizioni, consegnando ostaggi e armi. Ma Roma era decisa a
distruggere la città; allora i Cartaginesi resistettero strenuamente, finché nel 146 Scipione Emiliano
saccheggiò e distrusse la città.
2. La prima fase delle guerre in Spagna (197-179 a.C). Le campagne contro
Lusitani e Celtiberi fino alla caduta di Numanzia (154-133 a.C.)
197: rivolta dell’Hispania Ulterior e poi della Citerior ai soprusi dei pretori. Le rivolte continuano
con guerriglie logoranti per molti anni.
Sulpicio Galba massacrò migliaia di Lusitani inermi, e Catone lo citò in giudizio (149). L’imbattuto
capo dei Lusitani fu ucciso a tradimento.
143: la guerra riprende a Numanzia; nel 134 ci viene mandato Scipione Emiliano, derogando alla
regola della non ripetibilità del consolato.
133: Numanzia è distrutta.
3. L’imperialismo romano
Polibio inserisce l’imperialismo in un disegno provvidenziale (gli dei sono favorevoli per
ricambiare la pietas romana) legittimato dalla bontà delle istituzioni.
Il bellum iustum rimaneva come obbligo di difendere gli alleati, ma la guerra si giustificava anche
soltanto con la prospettiva del profitto; solo pochi tradizionalisti avevano ancora scrupoli.
Dopo il 167 (fine regno macedone) si susseguono le dure repressioni: Cartagine e Corinto (146),
Numanzia (133).
Polibio spiega che tutti gli imperi si mantengono col terrore, dopo esser stati conquistati con
coraggio e saggezza, e ingranditi con la moderazione.
Panezio offre una giustificazione morale: i migliori hanno la supremazia sui più deboli, che ne
traggono vantaggio.
4. Le rivolte servili in Sicilia (136-132 e 104-101 a.C.)
In Sicilia schiavi trattati duramente, e spesso ex combattenti, in grado di usare armi: fenomeno
brigantaggio e poi rivolte. L’aggregazione di elementi del proletariato era favorita dall’uso del
greco.
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136: prima rivolta a Enna; mette in difficoltà i Romani, ma P. Rupilio riesce a reprimerla.
104: seconda rivolta, perché il propretore rifiuta di applicare la decisione senatoria che liberava gli
schiavi nati liberi in paesi alleati. I ribelli furono sterminati nel 101 da M. Aquilio.
Cap. XIV, Effetti e ripercussioni della conquista: i Gracchi
1. La situazione socio-economica in Italia e il tribunato di Tiberio Sempronio
Gracco (133 a. C.)
Prima metà II sec. a.C.: si esaurisce la colonizzazione (colonie latine: non più conveniente perdere
cittadinanza; romane: riluttanza ad abbandonare Roma, dove tutti potevano arricchirsi).
Le guerre allontanano i piccoli proprietari dalle terre. Molti le vendono e vanno in città, diventando
nullatenenti – ma non più arruolabili. Questo peggiora le condizioni dei rimanenti adsidui, costretti
a combattere più spesso.
I grandi proprietari si arricchiscono, hanno più terre e schiavi. Occupano l’ager publicus - la cui
possessio non era vera proprietà privata – e lo affittano.
133: Ti. Sempronio Gracco, di origini nobili, propone lex agraria per limitare l’uso dell’agro
pubblico: quello eccedente i limiti sarebbe stato assegnato ai nullatenenti e reso inalienabile.
Ricreare la piccola proprietà contadina serviva anche a garantire il reclutamento.
2. Le opposizioni alla lex Sempronia e la fine di Tiberio Gracco
Il collega tribuno della plebe pone il veto, spinto dalla proteste. Gracco sostiene un principio nuovo:
un tribuno non può andare contro il volere del popolo – che infatti lo depose prima della fine del
suo mandato (prima volta).
133: il re di Pergamo nel testamento offre il suo regno ai Romani. Tiberio sottrae al senato la sua
gestione, sostenendo che erede di Pergamo è il popolo. Contrariamente alle consuetudini, Tiberio si
ricandida l’anno dopo: ma gli avversari diffondono voci su sue aspirazioni tiranniche, molti
contadini non possono votare perché impegnati nella mietitura d’estate.
Tumulti in Campidoglio: ucciso Tiberio.
3. La riforma agraria dopo Tiberio Gracco e il consolato di Fulvio Flacco (125
a.C.)
129: Scipione Emiliano cerca di bloccare i triumviri agrari incaricati dell’applicazione della legge
agraria, assegnando ai consoli il compito di dirimere le controversie sui campi. Fu trovato morto.
Per contrastare le opposizioni degli Italici alla riforma agraria, Flacco offre loro la cittadinanza, ma
la sua proposta non passa.
4. Le riforme di C. Sempronio Gracco (123-122 a.C.) e la fine violenta dei
Graccani (121 a.C.)
123 e 122: è tribuno della plebe il fratello minore di Tiberio: Gaio Gracco. Promuove:
 Lex frumentaria: grano a prezzo politico.
 Lex iudiciaria: non più i senatori, troppo indulgenti, ma gli equites giudicano i senatori
colpevoli di estorsioni nelle province.
Trova l’appoggio degli equites, ceto in ascesa, distinto dai senatori solo per l’assenza dalle
magistrature, e alleato ora dei tribuni ora dell’oligarchia.
E’ contro i privilegi oligarchici.
Continua la riforma del fratello; promuove infrastrutture che danno lavoro ai braccianti e denaro ai
pubblicani appaltatori.
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Un suo collega propone colonizzazione di Cartagine, in sfida al senato (Scipione Emiliano ne aveva
maledetto il terreno…); sarà però un fallimento, per i presagi negativi che gli vengono opposti.
Nel 121 un tribuno antigraccano propone di abrogare la colonia; scoppiano tumulti; il senato
annulla le garanzie costituzionali dando pieni poteri ai consoli; negli scontri molti graccani vengono
uccisi e Gaio Gracco si fa uccidere da uno schiavo.
La legislazione graccana sarà smantellata.
Dall’età graccana Appiano fa iniziare il periodo delle guerre civili. D’altra parte è la prima volta che
lo scontro tra fazioni si fa così violento, e da ora continuerà ad esserlo sempre.
Le leggi graccane tentavano di ricostruire un ceto medio di agricoltori reclutabili; cosa che Mario
farà con danni ancora peggiori per i possidenti, dato che assicurerà ricompense agrarie anche ai
proletari arruolatisi.
Cap. XV, Dalla guerra giugurtina alla dittatura di Silla
1. La politica estera e la guerra contro Giugurta (111-105 a.C.)
Repressa rivolta antiromana a Pergamo, capeggiata da Aristonico.
Penetrazione in Gallia meridionale, con fondazione Gallia Narbonese e costruzione della via
Domitia, verso la Spagna.
123: conquista delle Baleari, diventate base di pirateria.
Tre fratelli contendono per il regno di Numidia; nel 112 Giugurta si impone con la forza, violando
l’arbitrato romano che divideva il territorio. Roma non voleva questa guerra, perché già impegnata
sul fronte germanico e per la lontananza della Numidia; tuttavia, per la pressione del popolo, si
dichiarò. Sallustio evidenzia che i senatori si lasciavano corrompere da Giugurta; le cose si
prolungano, il popolo insoddisfatto elegge un homo novus: Mario.
Arrichitosi con affari, accompagnò Metello nella campagna numidica, e poi lo sostituì la comando.
Aprì l’arruolamento anche ai nullatenenti, ricompensati con bottino e terre. L’esercito diventò
professionale e legato al comandante da vincoli clientelari; interessato a battersi per chi offriva il
più alto bottino, non per lo Stato.
Innovazioni tattiche: nucleo operativo è la coorte di tre manipoli.
Alleanza diplomatica con Silla, aristocratico impoverito, che riesce a convincere il re di Mauritania
a tradire il genero Giugurta e consegnarlo ai Romani, nel 104.
2. I cinque consolati consecutivi di Mario (104-100 a.C.)
Dal 120 barbari del nord premono ai confini. Nel 105 portano a una disfatta seconda solo a Canne.
Mario dal 104 è sempre rieletto per il suo valore militare, che infatti porta alla vittoria sui Teutoni
nel 102 e sui Cimbri l’anno dopo.
100: i tribuni della plebe, sull’onda dei trionfi di Mario, un popularis, promuovono proposte
antisenatorie e tumulti contro gli oppositori. Il tribuno Saturnino, per favorire un compagno, fece
assassinare un rivale; Mario non poté più sostenerli e condusse la repressione.
Le riforme di Saturnino furono abolite; i cavalieri smisero di appoggiare i democratici, preferendo
la stabilità senatoria. Mario preferì andarsene in Asia.
3.La guerra sociale (91-89 a.C.)
95: lex Licinia Mucia istituisce tribunale per giudicare chi si spaccia per cives  malcontento.
91: il tribuno Druso, oppositore di Gaio Gracco, propone riforme per pacificare le controversie, tra
cui concessione cittadinanza agli Italici per compensarli della perdita di ager publicus.
Il console Marcio Filippo si oppone e fa assassinare Druso.
Scoppia la guerra sociale: gli Italici insorgono, mentre colonie latine e comunità greche non si
ribellano. Gli Italici, che Roma aveva tenuto divisi, si uniscono per l’occasione in una
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confederazione con tanto di istituzioni simili a quelle romane, capitale, moneta propria. Il loro
esercito è efficiente quanto quello romano, perché molti vi avevano combattuto; molte perdite su
entrambi i fronti.
90: lex Iulia de civitate: il console L. Giulio Cesare offre la cittadinanza a chi si arrende, ma si
continua a combattere, finché nell’89 la concessione viene perfezionata.
Tutte la penisola e le colonie latine in Gallia diventano ager romanus, organizzato in municipia
molto autonomi, dove viene avviata l’urbanizzazione secondo lo schema romano.
4. La guerra contro Mitridate e il conflitto fra Mario e Silla (88-82 a.C.)
88: un tribuno cerca di imporre Mario come comandante della spedizione contro Mitridate,
nonostante fosse console Silla. Seguono scontri, vinti dai mariani.
Ma Silla sa sfruttare il legame personale coi soldati, li trae dalla sua parte a prendere il potere a
Roma. Ridà il dominio agli optimates, e parte per l’Africa dopo essersi assicurato che il console L.
Cornelio Cinna avrebbe mantenuto l’ordine da lui stabilito.
Mitridate, re del Ponto, si stava espandendo in Asia Minore ai danni dei Romani. Questi avevano
una pessima fama tra le popolazioni sottomesse, che si convinsero a sterminare tutti gli Italici lì
residenti.
88: Silla prende Atene e negli anni successivi batte definitivamente Mitridate (pace nell’85).
Nel frattempo, a Roma, Cinna aveva violato il giuramento e richiamato Mario, che tornò col suo
esercito, conquistò Roma e commise efferate vendette, fermate solo dal consiglio di Cinna. I due
furono consoli insieme per poco: nell’86 Mario morì.
Cinna restò al potere con un altro console, Carbone, fino all’84; fu moderato e conciliante col
senato. Per evitare un’altra guerra a Roma, voleva combattere Silla in Grecia, ma fu assassinato dai
suoi soldati.
Silla sbarca a Brindisi nell’83 col suo fedele esercito.
5. La dittatura di Silla (87-79 a.C.)
Commette orrori, liste proscrizione (che provocano morte anche di ricchi non antisillani per
confiscarne le terre e darle ai veterani), si fa dittatore a tempo indeterminato, raddoppia i senatori,
evita la concentrazione di poteri limitando l’età e gli intervalli per le magistrature, impedisce il
cursus honorum ai tribuni, amplia il pomerium.
Nel 79 abdica soddisfatto e si ritira a vita privata; muore l’anno dopo.
Cap. XVI, Lo smantellamento della costituzione sillana: Pompeo
1. La rivolta di Lepido (78 a.C.) e le prime abrogazioni degli ordinamenti di
Silla
78: il console M. Emilio Lepido, ex sillano, si comporta da antisillano e cerca fra l’altro di togliere
ai sillani le terre sottratte agli Italici. Il Senato lo manda a reprimere una rivolta scoppiata proprio
per quel motivo, e lui si unisce ai ribelli. Pompeo lo sconfisse.
2. La guerra in Spagna contro Q. Sertorio (80-72 a.C.) e la rivolta servile di
Spartaco (73-71 a.C.)
Q. Sertorio, mariano di fama, organizza rivolta dei Lusitani in Spagna. Mitridate gli si allea.
Sertorio viene ucciso da un soldato che ne prende il posto, Peperna, che però si fa sconfiggere e
giustiziare da Metello e Pompeo. Quest’ultimo rese la Spagna sua base clientelare.
73: rivolta di schiavi capeggiata dal gladiatore Spartaco. Non ha una precisa strategia, più che altor
saccheggiano la penisola per tre anni.
72: il ricco Crasso si fa assegnare un imperium proconsolare speciale per reprimerli.
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Spartaco viene tradito dai pirati che avrebbero dovuto traghettarlo sullo stretto di Messina; e nel 71
viene sconfitto e ucciso da Crasso, che crocifisse i sopravvissuti sulla via Appia. Pompeo stermina
altri superstiti (rivalità tra lui e Crasso).
3. Pompeo e Crasso consoli (70 a.C.) e la terza guerra mitridatica (74-63 a.C.)
Smantellano i provvedimenti sillani: reintrodotte frumentationes e prerogative dei tribuni.
67: proprio un tribuno promuove un plebiscito che dà a Pompeo un ampio imperium proconsulare
contro i pirati. Il Senato teme tutto quel potere ma i comizi tributi lo approvano.
Pompeo vince e attua riconciliazione con chi si arrendeva, stabilendoli in città spopolate.
74: Mitridate aveva ricominciato la guerra invadendo la Bitinia, temendo il blocco dei suoi accessi
al mar Nero. Lucullo lo sconfigge nel 72 e riduce il suo debito ormai impossibile da pagare 
ostilità finanzieri romani.
Mitridate si rifugia dal re armeno Tigrane; Lucullo lo attacca vittorioso, ma poi i soldati si rifiutano
di proseguire; il senato è ostile a Lucullo per la sua iniziativa personale, e favorevole a Pompeo,
così autorizza i soldati ad andarsene: Mitridate e Tigrane si riprendono i loro regni.
Pompeo li riaffronta, battendoli. Mitridate subisce una rivolte interna e si fa uccidere.
Pompeo organizza l’oriente. Conquista Gerusalemme, ma lascia autonoma la Giudea, imponendole
un tributo.
Tornato in Italia scioglie l’esercito per fugare i timori di dominio personale.
4. La congiura di Catilina (63 a.C.)
Catilina si candida invano al consolato diverse volte, con l’appoggio di Crasso e un programma per
la riduzione e poi il condono dei debiti agli indebitati.
Nel 63 a batterlo fu Cicerone, che scopre il suo progetto di portare una banda armata su Roma e lo
blocca. Allora Catilina progetta sommosse in tutta Italia, ma anche in questo caso viene scoperto,
per il tradimento di alcuni Galli. Catilina va in Etruria a organizzare l’esercito.
Il senato discute di cosa fare dei catilinari catturati: Cesare voleva giustiziarli ma tenere in carcere a
vita i cittadini romani. M. Porcio Catone (discendente del Censore) convinse il senato a scegliere la
pena capitale, sostenuta anche da Cicerone.
Saputolo, i rivoltosi si dispersero; l’ultima banda fu sconfitta.
Gloria per Cicerone, “pater patriae”, che aveva realizzato la concordia ordinum e l’otio cum
dignitate, cioè la tranquillità data dal rispetto della legge.
Cap XVII, Cesare dal cosiddetto primo triumvirato alla dittatura
1. L’accordo fra Cesare, Pompeo e Crasso (60 a.C.). Il primo consolato di
Cesare (59 a.C.)
Cesare emerge col buon governo dell’Hispania Ulterior, le cui entrate gli permisero di acquistare
appoggi, specialmente dei democratici, opposto a Silla.
59: accordo segreto “primo triumvirato” con cui riesce a riavvicinare Pompeo e Crasso. Cesare è
console; il collega Bibulo lo ostacola anche con auspicia sfavorevoli, allora Cesare li fa abrogare e
Bibulo, cacciato in malo modo dall’assemblea, è costretto a restare in casa.
Approvate terre per veterani di Pompeo, e ratificato il suo operato in oriente; mentre Crasso ebbe un
provvedimento a favore dei pubblicani. Un tribuno cesariano fa approvare il proconsolato di 5 anni
e assegna a Cesare quello di Gallia Cis. e Illirico, cui poi si aggiunge la Gallia Narb.
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2. La conquista della Gallia (58-50 a.C.)
Gallia: aristocrazia assume le magistrature e lega a sé il popolo per legami clientelari; potente casta
druidica con poteri giudiziari; popolazione in villaggi isolati; ottimo sviluppo agrario, artigianale e
commerciale  allettante per l’imperialismo.
58: Cesare respinge gli Elvezi che stanno per invadere la Narbonese, poi i Germani Suebi che
minacciano gli Edui, alleati di Roma. Nel 56 sconfigge anche i Veneti e dichiara la Gallia provincia
romana  entusiasmo popolare.
55: Germani invadono Gallia Belgica e alcuni infrangono l’armistizio; Cesare arresta i capi,
sconfigge facilmente gli altri; costruisce ponte sul Reno ma dopo un’azione dimostrativa fissa il
confine lungo il fiume.
55-54: invasione vittoriosa della Britannia (pretesto: alcune tribù avevano aiutato i Veneti), ma
senza occuparla.
53: rivolte duramente represse in Gallia; ma risorgono guidate da Vercingetorige. Questi si chiude
nella roccaforte di Alesia, che si arrende per fame.
3. L’accordo di Lucca (56 a.C.) e lo scoppio della guerra civile (49 a.C.)
58, tribuno Clodio: collegia di artigiani fra cui reclutava bande armate, frumentationes gratuite (per
finanziarle annette Cipro e costringe lo scomodo Catone ad andarvi), condanna all’esilio per chi ha
fatto giustiziare senza processo – quindi anche Cicerone, ma nel 57 Pompeo lo fa tornare, ben
accolto dal popolo.
Pompeo recluta banda armata contro quella di Clodio.
Divisioni Pompeo-Crasso e triumvirato-optimates (questi ultimi volevano togliere il comando a
Cesare).
56: incontro a Lucca tra triumvirato, senatori e magistrati; si rinnova il proconsolato a Cesare e si dà
consolato del 55 a Pompeo e Crasso, che si faranno assegnare proconsolati.
Crasso cerca gloria militare e attacca i Parti in Mesopotamia, ma il suo esercito è massacrato e lui
poco dopo ucciso.
54-52: caos alle elezioni, dilagante corruzione, violenze culminano nell’uccisione di Clodio.
Senatusconsultum ultimum: nominato Pompeo console unico per riportare l’ordine. Represse
violenze e impose che i candidati fossero presenti a Roma, con una dispensa per Cesare – che poté
ricandidarsi nel 48.
Grande potere di Pompeo, per prolungamento proconsolato e ottimati che lo strumentalizzavano
contro Cesare.
51: Cesare chiede proroga del comando, per non trovarsi privatus processato prima di essere di
nuovo console nel 48. Viceversa, i consoli cercano più volte di togliergli il comando prima, spt
Gaio Claudio Marcello, che inviterà Pompeo a salvare lo stato. Altri, come Curione, per scongiurare
la guerra civile proponevano che Cesare e Pompeo lasciassero il potere entrambi
I tribuni Cassio e M. Antonio pongono il veto alla proposta di sostituire Cesare con Domizio
Enobarbo: i pompeiani li costringono alla fuga. Un altro senatusc. ult. dà ai consoli (= Pompeo) la
difesa dello stato.
49: Cesare sa che o si arrende o marcia su Roma: sceglie quest’ultima, oltrepassa il Rubicone e
occupa Rimini.
4. La conquista cesariana del potere (49-45 a.C.)
Cesare non incontra resistenza, Pompeo fugge con i consoli e molti senatori. Cesare non compie
saccheggi o rappresaglie. Va in Spagna, dove c’erano i soldati più fedeli a Pompeo, e li sconfigge.
48: definitiva vittoria di Cesare a Farsalo. Pompeo fugge in Egitto dove è ucciso a tradimento.
Cesare non lo prende come un favore, e invece di appoggiare il re Tolomeo appoggia la sorella
Cleopatra, sua rivale per il trono, con la quale s’intrattiene fino al 47.
Rapida campagna contro il figlio di Mitridate.
46: terzo consolato di Cesare. Fa strage dei pompeiani in Africa. La Numidia è provincia romana.
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Ultime battaglie in Spagna, dove Pompeo stesso muore sul campo.
5. Cesare dictator perpetuus e le Idi di marzo del 44 a.C.
Cicerone sapeva che sia Pompeo che Cesare mettevano in pericolo lo stato lottando per il potere
personale; comunque scelse di stare con Pompeo. Nonostante questo Cesare fu clemente, con lui e
con molti altri ex-nemici, che mise in cariche pubbliche.
46: dittatura cesariana reipublicae constituendae causa, per dieci anni, che nel 44 diventa a vita.
Aumentò il numero di magistrati e senatori a causa dell’aumento di provincie; concessioni di
cittadinanza a militari meritevoli; per i ceti inferiori agevolazioni per gli affitti e impieghi in opere
pubbliche; aumento paga legionari. Calendario.
A Cesare vengono tributati onori lontani dalla tradizione repubblicana e vicini alla divinizzazione.
Rifiuta però il titolo di re, conscio dell’avversione romana.
I senatori avevano giurato di difendere la sua vita; perciò congeda le guardie del corpo… ma il 15
marzo viene pugnalato.
Cap. XVIII, Il secondo triumvirato e l’affermazione di Ottaviano
1. Ottaviano, figlio adottivo di Cesare. La guerra di Modena (43 a.C.)
Alla morte di Cesare era console il suo seguace M. Antonio.
Compromesso: amnistia per i congiurati in cambio della conferma di tutti gli atti di Cesare.
Prepara una laudatio funebris che mescola lodi e sdegno; suscita l’ira del popolo, che è pro-cesare e
si solleva contro gli assassini, costretti a fuggire.
Lex Antonia de actis Caesaris (può pubblicare come leggi i suoi atti).
Cesare aveva nominato erede il nipote Ottavio, ma Antonio rifiuta le sue pretese.
Lex de permutatione provinciarum (Antonio si fa dare province più vicine a Roma).
M. Bruto e Cassio non riescono a farsi cambiare province e organizzano esercito in Oriente.
Cicerone pronuncia le Filippiche contro Antonio.
Antonio incolpa ingiustamente Ottaviano di aver tentato di farlo assassinare; questi ha ascendente
sulle truppe e le convince alla defezione. Antonio attacca Decimo Bruto, che rifiuta di cedergli la
Cisalpina. Intanto il senato annulla le sue leggi.
Antonio è sconfitto da Ottaviano a Modena, e dichiarato nemico pubblico come voleva Cicerone. Si
ritira in Narbonese, unendosi alle truppe di Lepido e altri comandanti cesariani.
Nella battaglia di Modena muoiono i consoli  Ottaviano è unico comandante, e non segue il
consiglio del senato di unirsi al cesaricida D. Bruto (il quale, abbandonato poco dopo dai suoi
soldati, finì ucciso). Il senato fallisce nel proposito di strumentalizzarlo a difesa della repubblica: lui
ormai ha un esercito e, quando gli è rifiutata la candidatura a console, marcia su Roma (43 a.C.) e si
fa eleggere console a nemmeno vent’anni.
2. L’accordo fra Ottaviano, Antonio e Lepido (43 a. C.). La vendetta sui
cesaricidi a Filippi (42 a. C.)
I consoli del 43 rendono di nuovo perseguibili i cesaricidi.
Ottaviano si riavvicina a Antonio; Lepido è intermediario; i tre si spartiscono i domini, con l’Italia
zona comune.
Il secondo triumvirato diventa vera magistratura per cinque anni. I tre:
 Mantennero le magistrature ma ci misero persone a loro fedeli.
 Liste di proscrizione ancora peggiori delle sillane; ucciso Cicerone e molti anche solo per dare
terre a veterani.
 Ristabiliscono il tributo e molte nuove tasse.
 Culto di Cesare  giustifica attacco a cesaricidi.
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Bruto e Cassio ottengono alcune vittorie in oriente, ma sono poi sconfitti a Filippi nel 42 da
Antonio e Ottaviano e si suicidano.
3. La guerra di Perugia (41-40 a.C.) e l’accordo di Brindisi (40 a.C.)
Antonio è il vero vincitore di Filippi e si prende l’oriente; a Ottaviano va la Spagna e l’onere di
assegnare le terre ai veterani  scontento tra la popolazione.
Il fratello e la moglie di Antonio fanno sì che lo scontento ricada tutto su Ottaviano e finiscono per
muovergli guerra; lui però li assedia a Perugia, fino a sconfiggerli – ma poi li lascia liberi.
D’altra parte i comandanti antoniani non volevano impegnarsi se non per Antonio personalmente,
né si voleva combattere per chi metteva in discussione l’assegnazione di terre.
Antonio non si fa coinvolgere dalla guerra perugina e raggiunge un accordo con Ottaviano,
suggellato dal matrimonio con sua figlia.
Spartizione. Antonio: est: Ottaviano: ovest; Lepido: Africa.
4. Antonio e Cleopatra. Ottaviano campione della romanità occidentale
37: triumvirato rinnovato fino al 32.
A Sesto Pompeo, figlio di Pompeo Magno, fu riconosciuto il controllo di Sicilia, Sardegna, Corsica
e Peloponneso; ma l’accordo - suggellato dal matrimonio di sua figlia con Ottaviano – dura poco e
riprende presto le azioni di pirateria.
Tuttavia nel 36 è sconfitto definitivamente; Ottaviano appare come l’artefice e il garante della
stabilità in occidente.
Lepido pretende per sé la Sicilia; Ottaviano, forte del suo nome, fa passare tutti i suoi soldati dalla
propria parte; Lepido è completamente esautorato.
Cleopatra, che aveva già dato un figlio a Cesare, Cesarione, uccide il fratello Tolomeo e si…
intrattiene con Antonio nel 41. Questi qualche anno dopo riconosce i gemelli avuti da lei; Cesarione
è dichiarato re d’Egitto con la madre, i gemelli hanno altri territori. Antonio divorzia dalla moglie
per sposare Cleopatra – matrimonio non valido per Roma.
Ottaviano cavalca lo scandalo, mostrando come Antonio tendesse alla dissolutezza e alla monarchia
orientale divinizzata.
5. La battaglia di Azio (31 a.C.) e il suicidio di Antonio e Cleopatra (30 a.C.)
In occasione della ratifica in senato della donazione alessandrina ai figli di Cleopatra, Ottaviano
circonda il senato e costringe gli antoniani a fuggire. Scaduto il triumvirato, Ottaviano non aveva
più oppositori; presenta la sua guerra non come affermazione personale ma bellum iustum contro
una regina straniera immorale che tiene Antonio come un fantoccio.
Ad Azio la sua flotta sconfigge quella di Antonio e Cleopatra; i due fuggono e si suicidano poco
dopo. L’Egitto è provincia romana alla dirette dipendenze di Ottaviano.
Cap. XIX, Augusto e l’istituzione del principato
1. La “rivoluzione” augustea
Le istituzioni repubblicane non erano più adate; un riformismo popolare non era adeguato all’epoca,
e i tentativi di cambiamento erano sempre stati colpi di stato di nobili decaduti.
Ceti inferiori, esercito e province spingevano per la monarchia, mentre i vertici nascondevano la
volontà di mantenere lo status quo dietro la facciata di difesa delle libertà repubblicane.
Ma tutti condividevano il bisogno di pace.
Ottaviano realizza monarchia mascherata.
 Contrario alla cittadinanza per i provinciali, erano gli Italici a dover governare.
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Decide da solo, aiutato da un informale consilium principis;
Senato: diventa consultivo, ma ai senatori sono garantite carriere personali, proconsolati ecc;
solo a loro è riservato il cursus honorum.
I consoli dopo pochi mesi cedono il posto a sostituti  più aspiranti accontentati.
Tasse non più riscosse da pubblicani per evitare soprusi; stabilite con censimenti aggiornati.
Ceto equestre: oltre tot sesterzi. Governano alcune province, aspirano a prefetture del pretorio e
d’Egitto, possono entrare in senato solo per adlectio (raccomandazione del principe).
Le assemblee popolari votano ancora ma in pratica acclamano i candidati già designati dalle
“centurie destinatrici”.
Funzionari: scelti dal principe, spesso fra i cavalieri; a diff dei magistrati sono retribuiti e
rispondono subito del loro operato, non a fine mandato.
2. I fondamenti del potere augusteo
Imperator: ha comando militare, che aveva di fatto, non di diritto.
Sacrosantitas tribunizia a vita.
Riveste sempre il consolato insieme a colleghi fedeli; nel 28 è princeps senatus (primato formale
sul senato).
27: in senato gli dà l’imperium sulle province di frontiera  sulla maggior parte dell’esercito: ora è
di diritto. Deciso il titolo di augustus.
23: depone il consolato, sostituito con un potere speciale superiore a tutti gli altri. I comizi gli
assegnano la tribunicia potestas.
Si pronuncia per primo in senato, ha il veto e può legiferare. Rifiuta cariche tipo consolati a vita e il
titolo di dominus.
12: è pontefice massimo.
6 d.C.: si prende competenze di polizia degli edili.
Mecenate esalta il regime.
3. Il riassetto militare e provinciale
Egitto alle dirette dipendenze di Ottaviano, amministrato da prefectus equestre.
Riduzione soldati, accontentati col tesoro egiziano e fondazione di colonie.
Esercito non di leva ma professionale. Servizio retribuito di 20 anni. Stanziati ai confini più esposti.
Pretoriani: guardia del corpo imperiale costituita da italici; ferma più facile e breve, paga maggiore,
terre al congedo.
Vince varie battaglie contro i barbari grazie ai suoi comandanti.
20: il re dei Parti chiede l’amicizia coi romani, che ottengono giusto l’ascesa al trono armeno di un
filoromano, ma si pubblicizza come una conquista.
12: campagne in Pannonia e Germania.
9, “Variana clades”: l’incapacità di Varo provoca una rivolta che a Teutoburgo massacra tre
legioni. L’effetto psicologico è tale che Augusto fissa i confini sul Reno e rinuncia ad espandersi
oltre.
4. Il nuovo corso del sistema imperiale
Pax garantita senza cambiamenti bruschi. Incremento di edilizia e infrastrutture.
Cittadinanza non riconosciuta a province in blocco, ma a molti singoli. Ascoltate le rimostranze dei
provinciali, specialmente quelli di esercito e burocrazia.
Col potere censorio, Augusto esclude dal ceto equestre i molti che ci erano entrati abusivamente;
non solo per censo ma anche per moralità.
Senatori ridotti a 600, con l’obbligo di sposarsi con classi alte e fare figli che intraprendano il cursus
honorum  senato quasi ereditario, di poche famiglie. Homines novi solo per adlectio.
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Crea nuovi patrizi  restauratore religione antica e mos maiorum. Convoglia la religione nel
patriottismo, non scoraggiando culti dell’imperatore in oriente.
5. Il problema della successione
Nessuno avrebbe accettato un ritorno al sistema precedente, o un successore designato dall’inviso
senato.
Politica dinastica che accende rivalità e congiure. Augusto, senza figli maschi, designa due nipoti
(che però moriranno presto), e rafforza il potere di Agrippa, perché protegga i nipoti in caso si sua
morte. Ma Agrippa muore; Augusto costringe Tiberio a ripudiare la propria moglie per sposarne la
vedova, lui sdegnato va in volontario esilio.
Manda in esilio il nipote Agrippa Postumo per comportamento violento, e adotta il suo figliastro
Tiberio; ma, non troppo contento di questa soluzione, lo costringe ad adottare a sua volta il nipote
Germanico, che aveva sangue augusteo.
14 d.C.: Augusto muore.
Cap. XX, I Giulio-Claudi eredi di Augusto
1. Tiberio (14-37)
Non ha il carisma di Augusto.
Le legioni renane insorgono offrendo il potere al figlio adottivo Germanico, ma questi è leale al
padre. I tumulti erano fomentati dalle due Giulie (una figlia di Augusto) che sostengono Germanico,
della gens Giulia, contro i Claudi.
Germanico non ottiene grandi successi contro i barbari sull’Elba, ma nel 17 d.C. gli è concesso il
trionfo – però è poi mandato in oriente. Si ammala e muore; i suoi amici fanno processare Pisone,
un amico di Tiberio che si credeva avesse il ruolo di sorvegliare Germanico. Pisone si suicida; la
gente sospetta di Tiberio; il quale taglia anche le spese in spettacoli ecc., e la sua popolarità crolla.
Tiberio si ritira a Capri e lascia mano libera al prefetto del pretorio Seiano per neutralizzare la
famiglia di Germanico; poi si accorge della sua violenza e lo fa uccidere da un prefetto ancora più
sanguinario.
Il principato di Tiberio si chiude nel terrore.
2. Caligola (37-41)
Le fonti, di parte senatoria, dipingono male i Giulio-Claudi; possono esagerare, ma si concorda
sull’essenziale.
Gli imperatori del primo secolo temono di perdere il potere e per mantenerlo appoggiano di volta in
volta senato o popolo. In genere al dissenso si reagisce col dispotismo.
Le lotte di potere sono comunque circoscritte alla capitale.
Caligola, unico superstite di Germanico, è designato coerede col figlio di Druso Minore ma scelto
come unico erede dal senato per i tumulti del popolo. Onora la memoria di Tiberio e Germanico.
A un tratto cambia: o per malattia, o per la morte della sorella, o perché non ha esperienza di
governo, o per i trascorsi di strage nella sua famiglia e la paura di esser rovesciato.
39: sventa una congiura promossa da suoi familiari; mette a morte i congiurati tranne le sorelle.
Gerusalemme sconvolta dalla sua volontà di mettere una propria statua nel tempio; scontri anche in
Egitto fra Greci ed Ebrei.
41: gli ufficiali del pretorio, temendo per le continue condanne a morte, lo uccidono.
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3. Claudio (41-54)
Fratello di Germanico, sopravvissuto perché zoppo e considerato deficiente, in realtà si fa istruire da
Tito Livio. All’uccisione di Caligola si pose il problema del successore: i pretoriani lo trovarono per
caso e lo proposero, anche grazie alla sua parentela col mito Germanico.
Cerca di riavvicinarsi alla strategia di Augusto. Caccia da Roma astrologi ed ebrei (tumultuavano
per Cristo). Impone ai governatori delle province di seguire i suoi ordini  dissenso di senatori e
cavalieri  sfiducia di Claudio, che preferisce dare grandi poteri a liberti fidati.
Spese molto in opere pubbliche, non per sé come Caligola. Invade la Britannia.
48: la moglie Messalina, già traditrice, sposa pubblicamente un altro uomo. I liberti di Claudio, in
sua assenza, la fanno uccidere. Claudio, lussurioso, si mette con Agrippina, sorella di Caligola, che
lo convince ad adottare il proprio figlio di primo letto, Domizio Enobarbo (Nerone), che nella
successione avrebbe scavalcato i diritti di Britannico, figlio di Claudio.
Agrippina si para le spalle ingraziandosi il Senato col richiamo dall’esilio di Seneca e mettendo il
fido Burro come prefetto del pretorio; poi avvelena Claudio.
4. Nerone (54-68)
Agrippina non riesce a controllare il figlio, il cui potere è gestito da Seneca e Burro, mentre lui si dà
ai divertimenti; così minaccia di sostenere Britannico, e per tutta risposta Nerone lo fa uccidere. Poi
ucciderà anche la madre, su suggerimento dell’amata Poppea, millantando che congiurasse contro di
lui.
60 : rivolta in Britannia, forse per usura di Seneca. Conflitto coi Parti.
Riduce tasse indirette. Reprime abusi nelle province.
Repressione dissenso, causato dalla “riforma assiologica” che imponeva il culto della sua
personalità. Si esibisce in teatro, dando scandalo.
64: grande incendio distrugge interi quartieri; si cavalca il malcontento insinuando che Nerone
l’abbia fatto per estendere la sua domus aurea. Riversa la colpa sui cristiani, malvisti per il loro
vivere appartato: prima persecuzione.
65 e 66: scopre due congiure e la reprime duramente.
Eleva la Grecia al rango di federata, che non pagava tributi  rabbia per l’alta pressione fiscale
invece altrove, necessaria a fronteggiare le dilapidazioni.
Alcuni governatori di province galliche, tra cui Galba, organizzano una rivolta. Virginio, che
avrebbe dovuto reprimerla, vi si allea, ma il suo esercito odia i Galli e li attacca ugualmente,
massacrandoli. Dopodiché però offre la porpora a Virginio, che la rifiuta.
Nerone con un esercito di fortuna va verso nord; i pretoriani si convincono che stia scappando e che
bisogna riconoscere Galba; il senato dichiara Nerone nemico pubblico, questi si suicida.
Cap. XXI, La crisi del 69 e la dinastia Flavia
1. Galba (giugno 68-gennaio 69)
Scende verso Roma eliminando tutti i nemici neroniani. Ritorna alla moralità antica e il popolo si
lamenta per i mancati divertimenti. Nega ai pretoriani il donativo promesso loro in cambio del
sostegno alla sua ascesa.
69: le truppe renane proclamano imperatore Vitellio; i pretoriani acclamano Otone.
2. Otone e Vitellio (69)
Vitellio sconfigge Otone, che si suicida. Folle prodigalità per ingraziarsi soldati e popolo.
Vespasiano, comandante dell’esercito incaricato di reprimere la rivolta giudaica del 67, si fa
proclamare imperatore in Egitto. Eserciti suoi alleati muovono su Roma; Vitellio è sgozzato.
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Si dimostra impraticabile l’elezione senatoria del migliore, e si capisce che i soldati non avrebbero
mai sostenuto un candidato che non li rappresentasse direttamente.
3. Vespasiano (69-79)
Inizialmente resta in Egitto, lasciando che i collaboratori affrontino l’inevitabile malcontento dei
primi tempi. Presto emana la lex de imperio, con cui definiva i suoi poteri al di sopra della
legislazione vigente. Designa i figli Tito e Domiziano come successori.
70: repressa ribellione in Gallia. Tito prende Gerusalemme e ne distrugge il tempio; nel 73 rasa al
suolo Masada  inizia diaspora ebraica.
Varie campagne sui confini. Impulso all’edilizia civile; costruzione del Colosseo.
Migliore riscossione di tasse (…anche sulle latrine pubbliche) e burocrazia, affidata alla borghesia
 scontento aristocratico.
Immette senatori provinciali e scaccia astrologi  sembra reprima dissenso.
Facile concessione di cittadinanza ai provinciali  legioni non più solo italiche.
Represso un complotto contro di lui. Muore naturalmente nel 79.
4. Tito (79-81) e Domiziano (81-96)
Tito ha fama di crudeltà, per l’assassinio di alcuni congiurati e guerra giudaica, e di dissolutezza.
Calamità: Pompei, incendio a Roma, peste. Si adopera per soccorrere le vittime.
Muore lasciando un buon ricordo; anche perché non aveva avuto molto tempo, e poi idealizzarlo
serviva da antidoto ai mali presenti.
Domiziano era convinto di essere al pari di Tito, e si sentì defraudato da questi, tuttavia lo divinizzò
per trarne vantaggi in quanto suo fratello. Cerca gloria militare.
89: rivolta militare. Accetta di versare un indennizzo ai Daci, cosa considerata intollerabile.
Rende l’amministrazione più efficiente e aderente alla tradizione repubblicana, mantenendo le
magistrature; tuttavia amministra personalmente la giustizia con crudeltà  malcontento ottimati.
Uniche concessioni alle mode, spettacoli e edilizia.
Ultimi anni caratterizzati dal terrore; nel 93 bandisce i filosofi; accoglie denunce anche infondate…
96: ucciso da una congiura di pretoriani e senatori.
Cap. XXII, Gli albori del cristianesimo (I-II sec. d.C.)
1. I Romani e la religione
I riti servivano a mantenersi il favore degli dei. Si aggiungevano ai propri dei anche quelli delle
popolazioni conquistate.
La religione di stato era stabilita dal senato, ma privatamente era consentito di credere a ciò che si
voleva, a patto di riconoscere la superiorità degli dei romani, come parte del processo di
romanizzazione.
Le guerre civili portano o a scetticismo (per Cicerone la religione serviva solo come instrumentum
regni) o a cercare nuovi culti orientali.
Tolleranza: si interveniva solo in caso di turbativa dell’ordine pubblico, come nel caso
dell’espulsione degli Ebrei (che invece, malvisti dal popolo, erano però tutelati dallo Stato, che li
esentava dai riti pubblici per il loro monoteismo).
Augusto rinvigorì l’antica religione per tornare al mos maiorum. Il culto del princeps entrò in
qualche modo nella religione, anche se prima in oriente; se un dio era espressione del potere,
venerarlo era questione di osservanza civica.
2. Ebrei e cristiani
Gli ebrei aspettavano il regno dei cieli o un messia vendicatore dei dominatori.
Sacerdoti: farisei o sadducei, aborrivano gli infedeli ma scendevano a patti coi Romani.
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Grandi proprietari terrieri e pubblicani aderivano alla cultura greco-romana, pur mantenendo la loro
fede, resa accessibile agli uomini di cultura dalla Bibbia dei Settanta, traduzione greca del III-II sec.
a.C..
Estremisti: zeloti (rivoluzionari antiromani) ed esseni (asceti), questi ultimi confusi coi cristiani per
la somiglianza di certe pratiche.
La denominazione latina di “cristiani” fu usata solo dal 40. Divisi: per gli Ebrei della diaspora la
torah era superata, i Giudei di Palestina erano più tradizionalisti. I primi erano perseguitati dei
Giudei, i secondi più tollerati.
Paolo  proselitismo.
Re Erode Agrippa, legato ai farisei, rilancia la persecuzione; alla sua morte la Giudea torna
provincia, fase di malgoverno  proteste, estremisti predicano guerra santa.
3. Una illicita superstitio
Tiberio propose di riconoscere il nuovo Dio, ma il senato rifiutò solo per il puntiglio di mantenere
autonomia  resta religio illicita.
La predicazione non era affatto eversiva, tuttavia è guardata con diffidenza: i cristiani sono
dissidenti per gli Ebrei, non abbastanza rivoluzionari per chi cercava un liberatore, rifiutavano il
culto dell’imperatore, ovvio per i pagani, e non si presentavano alle celebrazioni pubbliche, stando
appartati. Frange estremiste poi rifiutavano cariche e leva  accusa di disfattismo.
La scelta del martirio piuttosto dell’apostasia dimostrava un’incomprensibile pervicacia nell’errore.
4. Impero e cristianesimo nei primi due secoli
I cristiani ammettevano ai riti solo i battezzati  illazioni su rituali inumani.
Le persecuzioni non hanno un chiaro fondamento giuridico, né gli imperatori se ne occuparono
granché personalmente. I cristiani erano perseguibili solo su denuncia, non anonima, e se
abiuravano erano risparmiati. Mettere a morte qualche cristiano poteva servire a placare il popolo in
torbidi locali. Nei primi due secoli non si hanno persecuzioni generalizzate, ma episodi
d’intolleranza.
Cap. XXIII, Gli imperatori per adozione
1. Nerva (96-98) e il principato adottivo
Il senatore Nerva succede a Domiziano ma è debole mancandogli un esercito. Sceglie come
successore Traiano, di grande prestigio nell’esercito.
Nerva tiene buono esercito e popolo con donativi e sgravi fiscali, e si riappacifica col senato e
coloro che erano stati perseguitati da Domiziano.
98-180: “secolo d’oro” del principato adottivo – che consente di scegliere “il migliore”, anche se
non molto di concerto col senato – è consentito dall’assenza di eredi naturali che avrebbero preteso
il trono.
2. Traiano (98-117) e Adriano (117-138)
Traiano riprende la politica di conquiste accantonata dai tempi tardoaugustei. Conquista la Dacia,
ultima grande conquista romana.
Impone ai senatori di investire un terzo nei beni in Italia – le province facevano troppa concorrenza.
Cerca di liquidare finalmente il regno partico d’Armenia, ma ha difficoltà; in più ci sono rivolte in
Medio Oriente. Si ritira e muore improvvisamente nel 117 lasciando precarietà.
L’adottato Adriano ferma l’espansionismo, troppo dispendioso, e stronca l’opposizione dei senatori
in merito giustiziandone alcuni.
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132: ultima grande rivolta giudaica. Il giudaismo era ormai un movimento nazionalista che si
trasmetteva a catena agli Ebrei della diaspora. La rivolta fu sedata radendo al suolo Gerusalemme
nel 135; la città rinacque come colonia, Elia Capitolina.
Fortificazioni ai confini (tra cui vallo di Adriano) costruite dai soldati stessi, che sentivano vicino
l’imperatore, che viaggiava spesso, e ottennero da lui agevolazioni.
Adriano era un colto ellenista. Rifece il pantheon circolare di Agrippa.
Equiparazione Italia-province.
3. Roma all’apogeo dell’impero
Traiano era stato accentratore come gli altri, ma incontra meno resistenza per la rassegnazione del
senato, in cambio di prestigio formale e incolumità, e per la mancanza di manie divinizzanti nei
principi del periodo.
L’impero è ormai fatto di città, piccole riproduzioni di Roma dotate di autonomie in diversi gradi:
colonie e municipia, poi provinciali liberae, immuni da tributi o meno. 2-4 magistrati locali eletti
dai comizi e un senato.
Diffuso l’evergetismo locale  gare di emulazione fra città  nel II sec. revisori dei conti per
evitare dilapidazioni.
Honestiores (veterani ecc.) non passibili di pene infamanti; humiliores (diseredati) tutelati in teoria
ma in pratica vessati.
Dualismo occidente romanizzato – oriente ellenistico. Zone di montagna rimaste impermeabili a
entrambe le influenze.
Urbanizzazione  crisi piccola proprietà agricola, meno remunerativa (meno conquiste  meno
schiavi); declino anche del latifondo.
4. Antonino Pio (138-161) e Marco Aurelio (161-180)
Il principato di Antonino, adottato da Adriano, fu lungo e tranquillo; cercò la diplomazia e non la
guerra, anche coi Parti. Filantropo.
Adotta, per volere del padre, Marco Aurelio e Lucio Vero; al primo diede l’autorità imperiale ma
volle che il senato riconoscesse il secondo come suo collega. I due regnarono insieme, ma col
primato di Aurelio.
166: Lucio Vero trionfa contro i Parti.
Anni ’60: non solo scorrerie, ma migrazioni di massa dei barbari in Germania. L’esercito romano
impone la tregua ma poi è colpito da peste e torna a Roma; nel 169 Lucio Vero muore.
Sconfitte disastrose da parte di Quadi e Marcomanni; altri predoni in Grecia.
Si consente l’insediamento di molti nomadi barbari.
175: Avidio Cassio promuove una rivolta in oriente contro Marco Aurelio, ma viene ucciso dai suoi
stessi soldati.
Marco Aurelio, il “filosofo”, muore dopo vita di guerre non volute.
Fisco provato da spese militari.
Cap. XXIV, Da Commodo alla monarchia militare dei Severi
1. Commodo (180-192) e la guerra civile del 193
(Forse) figlio naturale di Marco Aurelio, gli sucede a soli 19 anni. Dilapida per ingraziarsi soldati e
popolo; fissato con la caccia come metafora della guerra.
192: i pretoriani lo uccidono e lo sostituiscono con Elvio Pertinace, che attua rigida economia per
risanare il buco di Commodo – ma riduce anche il donativo per i pretoriani, che lo uccidono dopo
tre mesi.
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Impero al miglior offerente: Giuliano. Ma contemporaneamente ci sono altri imperatori nelle varie
parti dell’impero, tra cui Severo, il cui esercito scende verso Roma mentre Giuliano è abbandonato
e ucciso.
2. Settimio Severo (193-211)
Promette immunità ai pretoriani in cambio di non belligeranza; poi li congeda tutti, sostituendoli.
Aveva promesso a Clodio Albino di renderlo Cesare; cosa che non mantiene  197: guerra 
Albino muore. Uccisi alcuni senatori suoi sostenitori.
Verso una monarchia militare: aggiunte tre legioni, una delle quali lasciata a Roma per
controbilanciare i pretoriani; più paghe e agevolazioni ai soldati. Scarsità di reclute a causa di peste
e guerre  arruolato Germani.
Campagne contro Parti e Britanni – qui si abbandona il vallo antonino per tornare sull’adrianeo.
Severo muore.
3. Caracalla (211-217) e Macrino (217-218)
Severo aveva associato i due figli al potere; ma Caracalla uccide a tradimento il fratello. Aumenta
ancora le paghe ai soldati per adeguarla all’inflazione, e dà loro fornitura coatta di vettovaglie 
carenza merci sui mercati. Pressione fiscale  commercio strozzato  declino città.
212: constitutio Antoniniana: a tutti gli abitanti dell’impero (tranne i dediticii) si dà la cittadinanza
(che fa pagar tasse)  l’Italia perde anche ufficialmente la supremazia già persa di fatto.
Caracalla reprime il dissenso interno ma coi barbari del nord cerca pacificazione.
217: pugnalato da un sicario, non si viene a sapere che il mandante è Macrino, il quale può quindi
farsi acclamare imperatore.
Pace ingloriosa coi Parti che costringe ad abbassare paghe militari  scontento.
La zia di Caracalla organizza un colpo di Stato che porta sul trono un nipote, Elagabalo, mentre
Macrino è ucciso.
4. Elagabalo (218-222) e Severo Alessandro (222-235)
Sacerdote di El-Gabal, dio Sole di Emesa, di cui cerca di imporre il culto unendolo al vecchio 
sdegno  ucciso e sostituito col cugino tredicenne Severo Alessandro, strumento di mamma e
nonna.
La madre Mamea attenua l’autocrazia, è più tollerante, rilancia edilizia pubblica e riduce le tasse;
tuttavia il risanamento richiedeva sacrifici che riversano su Alessandro accuse di avarizia.
Il regno partico, dopo un colpo di stato interno, invade la Mesopotamia, minaccia la Siria;
Alessandro lo respinge.
Intanto pressioni dei barbari del nord, coi quali Alessandro accetta di trattare  sdegno dei soldati
 lo depongono e acclamano Massimino (235).
Cap. XXV, Crisi e anarchia nel III secolo
1. I “barbari” sulla frontiera renano-danubiana
III-II sec.: Germania meridionale e Austria sono celtiche; più a nord ci sono i Germani. Migrazione
di Cimbri e Teutoni dallo Jutland verso la Gallia; contenuti dai Belgi, si spostano verso l’Italia e
sono contrastati da Mario.
Cesare, conquistando la Gallia, celtica, ne impedisce la germanizzazione. Con Augusto il confine si
stabilizza sul Danubio; i successi di Traiano in Dacia lo rendono arteria commerciale, e proprio
questa useranno i Quadi per penetrare fino ad Aquileia, dove li fermerà Marco Aurelio.
I barbari stanziati sulle terre imperiali sono inquilini, legati alla terra e soggetti a tributi. Ora però
migrazioni in massa dei Goti premono sul confine.
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Finché reggeva il prestigio di Roma e la disorganizzazione dei barbari, la lunga ferma militare
prometteva grandi guadagni e pochi rischi; poi però il guadagno diventò incerto, gli ideali vennero a
mancare, c’era gelosia verso i pretoriani privilegiati  particolarismo dei singoli eserciti in
combutta coi locali di cui erano espressione.
Peste endemica da Marco Aurelio  più reclutamenti fra i barbari  più esperti dei luoghi, ma
scontri interni e saccheggi.
2. Massimino (235-238) e i Gordiani (238-244)
La sommossa contro Alessandro era partita da Massimino, forse di origine barbarica, rude
combattente. Inaccettabile per il senato.
L’Africa proclama imperatore il vecchio proconsole Gordiano I, che si associa il figlio Gordiano II.
Il senato forma un vigintivirato per la difesa dell’Italia, guidato da Pupieno e Balbino (a cui associa
il nipote 13enne di Gordiano, per avere appoggio latifondisti africani).
Sconfiggono Massimino, ma poi si fanno ammazzare a vicenda, mentre l’esercito, avverso a
entrambi perché erano patrizi, incendia Roma e proclama imperatore Gordiano III, sperando di
controllarlo – ma a ispirarlo fu piuttosto il senato.
Il prefetto del pretorio Timesiteo, suocero di G. III, recupera la Mesopotamia, ma muore nel 243. Le
truppe rifiutano il governo del ragazzo e scelgono Filippo l’Arabo.
3. Filippo l’Arabo (244-249) e Decio (249-251)
Figlio di un capo arabo assurto al rango equestre, Filippo ottiene successi contro Persiani e
Germanici. Cerca di imporre la sua dinastia. “Illuminato”: attenua ingiustizia sociale e salvaguarda
diritti civili; tollerante verso i cristiani.
Ma invasioni e ammutinamenti continuano; Filippo, scoraggiato, offre dimissioni, respinte dal
praefectus urbi Decio. Questi è molto apprezzato dalle truppe, che lo nominano imperatore
nonostante lui protesti lealtà a Filippo – il quale però non si fida e preferisce lo scontro, in cui viene
sconfitto.
Durante la crisi dell’impero, due tipi di imperatori: guerrieri incolti o colti incapaci sul campo.
Decio decide di separare gestione civica e comando militare. Restauratore dei culti, perseguita i
cristiani.
E’ il primo imperatore a morire ucciso dai barbari sul campo di battaglia. Sostituito dal suo
luogotenente Treboniano.
4. Treboniano Gallo (251-253) e Valeriano (253-260)
La situazione precipita in oriente, per mano di Goti e Persiani. Rinnova persecuzione dei cristiani,
uccisi un paio di papi.
I Goti sono sconfitti da Emiliano, che i suoi soldati acclamano imperatore; Treboniano chiede aiuto
a Valeriano, che non riesce a salvarlo, ma gli succede. Emiliano gli si arrende.
Impero devastato da epidemia, guerra civile, attacchi sempre più frequenti dei Germani e di predoni
vari in oriente.
Valeriano si tiene l’oriente, e affida il resto al figlio Gallieno; in Mesopotamia tenta trattative col
persiano Shapur, ma cade suo prigioniero.
E’ il primo imperatore che diventa schiavo di un sovrano straniero.
Cap. XXVI, L’impero fra invasioni e lacerazioni
1. Le grandi persecuzioni
Ai tempi di Decio, si attribuisce la crisi all’allontanamento dagli dei autentici. Infatti i culti si erano
moltiplicati, tanto che Settimio Severo aveva cercato di riassumerli sincretisticamente in un dio Sole
accettabile da tutti… tranne che dai cristiani.
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Una minoranza di cristiani si riteneva inconciliabile con l’impero; molti invece credevano possibile
la convivenza a patto del rispetto dei propri principi basilari.
Traiano e poi Adriano avevano sancito l’illiceità dei cristianesimo, ma senza persecuzioni
sistematiche, cosa che aveva permesso proselitismo.
La Chiesa, non senza contrasti, riconobbe il primato del vescovo di Roma; promuove opere di carità
colmando le inefficienze statali.
Risultava inaccettabile la reticenza di alcuni a svolgere pubblici uffici, e l’idea che il contributo
migliore alla società fosse la preghiera. Decio verifica la compatta adesione interna in un atto
formale: la partecipazione al culto. Chi rifiutava – solo i cristiani, nei fatti – venne ucciso.
Polemiche nella cristianità su come trattare chi abiurava (i lapsi), o chi s’era salvato ricorrendo alla
corruzione. Si concluse di riammettere nella Chiesa quanti si pentivano del tradimento; molti dei
lapsi divennero poi martiri sotto Treboniano o nella persecuzione di Valeriano (257), che prese di
mira spt il clero, per privare la Chiesa di gerarchia e beni.
Gallieno revocò la persecuzione e restituì i beni. D’altra parte i cristiani si stavano integrando nei
normali impieghi, e i pagani li ammiravano per le opere di carità.
2. La frantumazione dell’impero
Gallieno, figlio di Valeriano, affronta attacchi barbari da più parti e usurpatori (i trenta tiranni) 
toglie ai senatori conduzione legioni.
Potenzia cavalleria.
Il generale Postumo si proclama imperatore di Gallia, rendendola indipendente dal resto; nel 263
Gallieno lo sconfigge, ma il capo della cavalleria, Aureolo, sospende l’inseguimento e più tardi si
ribellerà a sua volta. Mentre questi lo assedia a Milano, Gallieno sarà ucciso da ufficiali danubiani.
3. Verso la riunificazione: Aureliano (270-275)
268: acclamato imperatore Claudio II. Sconfigge gli Alamanni e i Goti, ma muore di peste.
Aureliano era stato tra i congiurati contro Gallieno e comandante della cavalleria per Claudio.
Acclamato imperatore, subiva ostilità per le sue umili origini e la severità sui soldati.
Intraprende energica riunificazione dell’impero: molte vittorie contro i barbari, repressione rivolta
popolare a Roma, fomentata dai senatori.
271: mura di Aureliano attorno a Roma.
La Dacia, ultima grande conquista (di Traiano) ormai indifendibile, è lasciata ai Goti, che
stanziandosi lì si astengono dalle scorrerie. Zenobia e il figlio si proclamano Augusti in oriente;
Aureliano li sconfigge. L’ultimo usurpatore di Gallia si consegna a lui nel 274.
Ricompattamento materiale doveva coincidere con quello spirituale  culto del Sol Invictus,
sincretismo religione di Stato. Primo sacerdote è l’imperatore  giustificazione assolutismo. I
cristiani non lo accettano, e soldati e funzionari subiscono sanzioni ma non ci sono persecuzioni
sistematiche.
Recupero province orientali migliora base economica: a Roma distribuzioni gratuite pane, restauro
edifici pubblici, bonifiche terre italiche ormai incolte.
Moneta: svalutazione iniziata già da Augusto, aumentata con Nerone; a metà III sec. la lega
conteneva ormai pochissimo argento, Aureliano la migliorò dichiarandone il vero valore.
4. Da Aureliano a Carino (275-285)
Aureliano assassinato da un gruppetto di ufficiali che temevano una punizione. Seguono:
Claudio Tacito, vittorie in oriente, muore presto;
Aurelio Probo (276-282), generale aureliano, vittorie in Gallia, ma dopo il trionfo viene ucciso;
Caro, prefetto del pretorio, si associa i figli come Cesari, recupera l’intera Mesopotamia, dà il titolo
di Augusto al figlio Carino, così viene ucciso dall’altro, geloso.
I fratelli Carino e Numeriano regnano insieme, finché Carino uccide l’altro. I soldati però non lo
accettano come Augusto, preferendo un comandante di Numeriano: Diocleziano.
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Cap. XXVII, Diocleziano e l’esperimento della tetrarchia
1. Diocleziano (284-305) e la nuova diarchia
Diocle, dalmata di umili origini, romanizza il suo nome. Ha fiducia in una rinascita per l’impero, a
patto di riorganizzare l’esercito: lo divide in limitanei, sulle frontiere, e comitatenses (spt uomini a
cavallo) all’interno.
Va a Roma solo una volta: bisogna stare vicini alle aree a rischio.
286: diarchia: Massimiano sul Reno, Diocleziano su Danubio e oriente, ma la spartizione non è
formale. Vittorie sui barbari.
Carausio, comandante della flotta romana nella Manica, si proclama Augusto e cerca di farsi
accettare come pari dagli altri due; ma questi non potevano ammettere un atto di forza.
291: stabilita a Milano la tetrarchia: i due Augusti avrebbero scelto due Cesari, che poi li avrebbero
sostituiti.
I Cesari diventano Galerio e Costanzo Cloro.
2. La prima tetrarchia (293-305)
Spartizione: Galerio ha Illiria e Balcani; Massimiano Italia (con capitale Milano), Spagna e Africa;
Costanzo Cloro Gallia e Britannia (che riuscì a sottrarre a Carausio e al successore Alletto).
3. Le riforme di Diocleziano
Raddoppia province per diminuire potere ai governatori, già privati del comando militare grazie a
Gallieno.
Raggruppa province in 13 diocesi rette da vicarii, dipendenti da 4 prefetti del pretorio per ciascun
tetrarca.
Il consilium principis di Adriano diventa consistorium.
Magister officiorum dirige i ministeri; comes rei privatae e sacrarum largitionum gestiscono le
finanze.
Principale consigliere dell’imperatore è il comes sacri palatii  aura di sacralità per Diocleziano
(che appare poco, impone di genuflettersi ecc)  fa meglio digerire al popolo i provvedimenti, tra
cui molte tasse per mantenere 4 corti
Riforma imposte su base annonaria, cioè contributi in natura chiesti per ogni persona abile al lavoro
(caput) e ogni appezzamento sufficiente a mantenere una persona (iugum), censiti ogni 5 anni 
aumento addetti catastali.
Il sistema era molto rigido  alimentava tentativi di evasione e corruzione  drastiche punizioni.
Meno schiavi  più manodopera libera, spt coloni che partecipavano agli utili  schiavi e coloni
liberi hanno di che vivere, ma solo al servizio del latifondista; sono accomunati dalla condizione di
humiliores, spremuti da padroni, fisco, esercito, pene più dure. Fissare i contadini alla terra (cosa
che porterà alla servitù della gleba) serviva a evitare che scappassero verso le città per evitare le
tasse sulla terra; d’altra parte anche i cittadini erano tassati e progressivamente legati alla
professione familiare, per evitare che mestieri indispensabili restassero scoperti.
301: edictum de pretiis: limite ai prezzi per frenarne l’impennata  ma inattuabile: borsa nera e
scambi in natura.
Diocleziano aveva moglie e figlia cristiane; ma Galerio riteneva il crist. pericoloso per l’esercito e
lo convinse a perseguitarlo.
Dal 303, quattro editti successivi ordinano: divieto riunioni culturali, distruzione chiese e sacri testi,
rimozione dai pubblici uffici e arresto del clero e poi di tutti i cristiani. Bagno di sangue, spt in
oriente.
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4. Il fallimento della tetrarchia (305-310)
Diocleziano si ritira per controllare personalmente la successione, e convince Massimiano a fare
altrettanto. Il primato per anzianità spetterebbe a Cloro, ma in pratica va a Galerio, sostenuto da
Diocleziano, e anche dai due nuovi Cesari, Massimino e Valerio Severo.
Alla morte di Costanzo Cloro i soldati proclamano Augusto suo figlio, Costantino, appena liberato
da Galerio, che lo aveva tenuto come ospite-ostaggio. Galerio, come compromesso, elevò Severo ad
Augusto e concesse a Costantino il titolo di Cesare.
306: malcontento a Roma, per declassamento da capitale e scioglimento pretoriani deciso da Severo
 si acclama imperatore Massenzio, figlio dell’ex Augusto Massimiano; anche quest’ultimo scende
in campo, perciò i soldati di Severo rifiutano di opporsi a lui, il loro antico comandante.
307: Massenzio si proclama Augusto e Costantino lo riconosce.
308, a Carnuntum: Diocleziano ribadisce le dimissioni sue e di Massimiano; Severo è sostituito da
un amico di Galerio, Licinio, invece che dal Cesare designato Costantino, che resta tale insieme a
Massimino. Massenzio è hostis publicus all’unanimità.
Massimiano si proclama Augusto per la terza volta, ma è sconfitto da Costantino.
5. L’esaurimento della tetrarchia (311-324)
3 Augusti: Licinio, Massimino (che ci si fa proclamare nel 310, ma tanto Galerio un anno dopo
muore) e Costantino, che si considera già Augusto.
311, editto di Serdica: fine persecuzione cristiani. Voluto da Galerio, ma condiviso da Costantino e
Licinio. Massimino lo ignora procedendo con la repressione.
312: Massenzio, a Roma, muore sconfitto da Costantino.
Costantino chiede a Massimino di terminare la persecuzione dei cristiani; questi accetta e restituisce
i beni confiscati, sperando di aver in cambio mano libera nell’invasione della Tracia.
313: editto di Milano.
Licinio sconfigge Massimino e stermina tutti i parenti dei tetrarchi; lui e Costantino nominano tre
nuovi Cesari, i loro figli.
Licinio con un pretesto muove guerra a Costantino, che però lo sconfigge e uccide nel 323.
Cap. XXVIII, La rivoluzione costantiniana. Giuliano
1. Costantino, l’imperatore cristiano (324-337)
La tradizione narra che nel 310 un sogno lo rese fedele al Sol Invictus, e un’altra visione prima
della battaglia contro Massenzio lo convertì al cristianesimo. E’ la ricerca di un simbolismo
unificante per cristiani e pagani.
In realtà abbandonò il culto del Sol Invictus solo dopo la disfatta di Licinio; mantenne la carica di
pontefice e autorizzò il culto della sua gens Flavia. Non poteva rompere coi pagani.
Tuttavia, privilegi al cristianesimo: no tasse ai preti, tribunali ecclesiastici, aiuti all’edilizia sacra.
Risposta cristiana: 314, liceità servizio militare per i cristiani.
La Chiesa ottiene repressione statale dello scisma donatista in Africa.
325, Costantino convoca il concilio di Nicea: condanna dell’arianesimo. Nonostante ciò, Costantino
in seguito tese all’arianesimo e si fece battezzare in punto di morte da Eusebio, vescovo ariano…
2. Le riforme di Costantino
Si appoggia alla Chiesa anche perché sopperisce alle mancanze statali in ambito assistenziale.
Crollo potere d’acquisto del denarius (che Costantino sostituisce col solidus)  tracollo di
proletariato e piccola borghesia; economia monopolio dei pochi detentori d’oro.
Per il resto, segue politica di Diocleziano: aumento burocrazia, tasse, distinzione comitatenses e
limitanei. Essendo stati aboliti i pretoriani, i loro prefetti hanno funzioni civili.
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L’arruolamento garantiva privilegi; se non bastava, era coatto.
Capitale Costantinopoli! Perché: posizione strategica e difendibile.
Nuovo senato spt cristiano, di pari dignità di quello romano.
Si approfondisce il solco tra humiliores e viri clarissimi (detentori di alte cariche).
Costantino da morto ebbe onori divini pagani ma sepolto in una chiesa.
3. L’eredità di Costantino
Impero spartito fra i tre figli: Costantino II aveva più potere  Costante e Costanzo gli sono
avversi; le truppe di Costanzo lo uccidono (340).
Costanzo ariano, Costante niceno porta avanti repressione pagani, Ebrei, donatisti.
Costante sprezzante verso le truppe  insorgono e lo uccidono; ma il capo degli insorti,
Magnenzio, viene poi sconfitto da Costanzo, che resta unico imperatore.
4. Costanzo II (337-361) e Giuliano (361-363)
Costanzo non ce la fa a gestire da solo l’impero; sceglie come Cesari due cugini: prima Gallo, che
presto uccide perché troppo tiranno, e poi Giuliano, che pone sul Reno.
Giuliano ottiene vittorie  360: le truppe lo acclamano Augusto, ma si evita guerra perché
Costanzo muore di febbre.
Giuliano “l’Apostata”, educato secondo rigido cristianesimo, e vedendo le efferatezze dei bigotti
costantinidi, entrò in contatto col neoplatonismo e divenne pagano. Tolse privilegi alla Chiesa e
appoggiò Ebrei; ma persino i pagani moderati non lo capirono, c’erano problemi più importanti
delle guerre di religione, come la questione persiana.
Taglia tasse e spese di corte, sfoltisce burocrazia; la sua ampia produzione letteraria testimonia
tensione spirituale.
363: ucciso in battaglia, forse a tradimento da un suo milite cristiano.
Cap. XXIX, L’impero cristiano-barbarico. Teodosio
1. Valentiniano e Valente (364-378)
Breve impero di Gioviano, che si ritira dalla Persia e ripristina sussidi ai cristiani.
Alla sua morte si acclama Valentiniano, che si tiene l’occidente e dà l’oriente al fratello Valente.
Valentiniano respinge i barbari dividendoli fra loro; la guerra rende indispensabile privilegiare i
militari (come i Severi)  più tasse per pagarli.
Combatte corruzione, parassitismo, favoritismi; crea “difensori del popolo” che tutelassero i diritti
dei meno abbienti. Temuto per durezza, ammirato per equilibrio e tolleranza religiosa.
Alla sua morte lo sostituisce il figlio Graziano.
Valente, ariano, persecutore cattolicesimo, debella Visigoti e conclude una pace sfavorevole con i
Persiani.
2. Adrianopoli e la svolta teodosiana
Goti dell’ovest = Visigoti; dell’est = Ostrogoti.
375: l’impero ostrogoto crolla sotto gli Unni  ostrogoti e visigoti premono insieme sui confini
danubiani; alcuni ammessi pacificamente nell’impero romano  …molti poi ci provano non
pacificamente. Valente non attende rinforzi ed è sconfitto e ucciso ad Adrianopoli (378).
Teodosio è magister militum sul Danubio  successi  diventa Augusto.
Conclude coi Goti un foedus innovativo: si insediano, ma come nazione indipendente alleata, esente
da imposte, con proprie leggi; forniscono truppe con comandanti goti e lautamente pagate. I Romani
rimasti lì sono sotto la giurisdizioni di Roma.
Contestata dai pagani non rassegnati alla fine dell’impero; apprezzata dal popolo (e cristiani) che
considera i barbari rozzi ma onesti, mentre i Romani corrotti.
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Si rimprovera a Teodosio aver promosso barbari ai vertici dell’esercito.
3. La riunificazione mancata
L’usurpatore Magno Massimo uccide Graziano; Teodosio prima lo riconosce poi lo decapita,
sostituendolo col fratello di Graziano, Valentiniano II, ariano ma antipagano.
Questi muore per mano del magister equitum Arbogaste, che proclama un altro Augusto, ma
entrambi sono sconfitti nel 394 da Teodosio – ma questi non può riunificare l’impero, perché
muore.
4. La politica di Teodosio
Vieta ogni discussione religiosa; dichiara illeciti pagani e manichei; tollera i sacrifici pagani ma non
interviene contro la distruzione di templi ad opera di cristiani fanatici; più tardi mette al bando il
paganesimo: cristianesimo unica religione ufficiale.
390: Teodosio ordina un’esecuzione di massa, il vescovo di Milano Ambrogio gli nega la
comunione.  subordinazione stato-chiesa.
Senatori latifondisti e grandi imprenditori avevano privilegi sfacciati, mentre i ceti produttivi erano
sfiancati dalle tasse. Ai coloni era vietato abbandonare la terra. I difensori del popolo furono in
pratica neutralizzati.
Cap. XXX, La fine dell’impero romano d’occidente
1. La dissoluzione dell’impero occidentale (395-423)
Occidente: latifondo schiavile; scambi in natura. Cristianesimo legato alla Chiesa
Oriente: piccola proprietà con manodopera libera; popolazione numerosa e antigermanica  meno
penetrazione barbara; esportazioni  valuta pregiata. Cristianesimo lacerato da dispute;
missionario  conversione molti Goti (vescovo ariano Ufila traduce in gotico la Bibbia).
Figli di Teodosio: Onorio in occidente, sotto tutela di Stilicone, e Arcadio in oriente, dominato da
due prefetti del pretorio, Eutropio e Rufino, concordi nell’eliminare Stilicone.
Alarico, re visigoto, invade province orientali; Stilicone interviene, ma i prefetti gli intimano di
ritirarsi, temendo che voglia annettersele. Stilicone fa sopprimere Rufino sostituendolo con
l’eunuco Eutropio; questi offre ad Alarico la prefettura illiriciana e induce l’Africa a secedere
dall’occidente per unirsi all’oriente  sconcerto; è rimosso ma la moglie ne continua l’opera:
incoraggia Alarico a muover contro l’Italia, ma Stilicone lo respinge.
404: Onorio sposta la capitale da Milano a Ravenna, appena prima che gli Ostrogoti devastassero
l’Italia settentrionale – poi sconfitti.
Invasione della Gallia  per non avere conflitti altrove, Stilicone concede enorme indennità ad
Alarico  il senato sospetta che i due complottino  Stilicone ucciso, mentre i suoi soldati
disertano alleandosi ad Alarico: marciano su Roma  410 la saccheggiano, ritirandosi dopo tre
giorni  fine di un’epoca!
Usurpatore Claudio Costantino III riconosciuto come Augusto da Onorio (intanto Arcadio era
morto). 410 muore Alarico.
Visigoti, stanziatisi nel sud-ovest della Gallia, riconosciuti come foederati.
Impero ai minimi termini: alla morte di Onorio (423) è una mera finzione giuridica.
2. L’Oriente nel gioco dinastico imperiale (423-455)
I consiglieri del minorenne Teodosio II, figlio di Arcadio, cercano riavvicinamento con Ravenna,
pace coi Persiani, intervengono in questioni dinastiche occidentali.
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421: Onorio proclama Augusto Costanzo III, sposato con sua sorella Galla Placidia, e dichiara suo
erede il loro figlio, Valentiniano III. Morto Onorio, Valentiniano III è incoronato e sua tutrice è
Galla Placidia, che copre d’oro gli Unni perché non attacchino e poi ne proclama il capo Ezio
comandante della cavalleria: questi difende strenuamente l’impero, ma perde l’Africa in mano ai
Vandali, che sterminano i cristiani.
434: capo degli Unni è Attila; scorrerie in oriente, ma Costantinopoli è inespugnabile; poi si rivolge
contro l’occidente. Teodorico, re visigoto, preferisce l’impero agli Unni: raccoglie gli altri barbari e
sconfigge Attila, anche se muore in battaglia. Attila non desiste; entra in Italia e si ferma solo di
fronte a Roma, con la mediazione di papa Leone Magno. Muore nel 453 e il suo impero si dissolve.
3. Agonia e fine dell’Occidente romano (455-476)
Valentiniano III diede impulso edilizio a Roma, fece equa politica fiscale, combatté manichei e
rafforzò primato del papa, ancora contestato. Pugnalò Ezio temendone il potere, poi fu ucciso a sua
volta nel 455  trono vacante; l’oriente ne rivendica il primato ma in pratica se ne frega,
lasciandolo in balìa dei Vandali, finché l’imperatore d’oriente Leone I comincia a diffidare di loro e
collabora con l’occidente.
465: nuovo e peggiore sacco di Roma, ad opera dei Vandali. La Gallia dichiara secessione; la
Spagna è presa dai Vandali
In occidente è imperatore effimero Giulio Nepote, il cui magister militum, ex segretario di Attila,
eleva al trono il proprio figlio Romolo (“Augusolo” per spregio), presto deposto dal germanico
Odoacre (476). L’oriente lo riconosce re di un regno che ormai è romano-barbarico.
4. Dall’economia cittadina alla società curtense
Varie teorie sulle cause della fine. Gibbon: cristianesimo; marxisti: fallimento economia schiavile;
altri: difetti costituzionali, strapotere esercito…
Ma la deposizione di Romolo Augustolo non fu un gran trauma; peggio il sacco del 410.
Dai tempi di Diocleziano era diffusa la commendatio, con cui i meno abbienti potevano evitare tasse
e arruolamento mettendosi al servizio di un possidente  si arriva alla curtis altomedievale, dove il
signore consolida il suo potere più che la produttività + guerre e pestilenze  carestia, città in
rovina.
L’oriente sopravvive fino al 1453; Giustiniano tenterà riunificazione nel 535 e stilerà corpus iuris;
ma vera erede dell’universalismo di Roma è la Chiesa.
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