Per vivere questo tempo santo

NATALE DEL SIGNORE NOSTRO NELLA CARNE: PASQUA
IL TEMPO DI NATALE
Mentre l’autunno finisce, e l’inverno trova il suo inizio nei giorni più brevi e bui del
solstizio, le città e le case si vestono di tante piccole luci multicolori e brillanti, quasi
ad esorcizzare la notte che appare vittoriosa sul chiarore del giorno. Nelle case e nei
cuori si sente un “clima” diverso, straordinario per i bambini, forse un po’ artificiale
per gli adulti, ma da tutti avvertito. Ritorna il 25 dicembre. Arriva Natale.
“Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato
sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo
l’adozione a figli” (Gal 4,4-5).
Il Figlio dell’Eterno si fece tanto vicino a noi da farsi “figlio nato da donna”, nella
comune umiltà e fragilità umana, assumendo Lui, il Santo senza peccato, la nostra
carne segnata dalla colpa. Nacque nel popolo d’Israele, “servo della circoncisione”
(cfr. Rom 15,8). Trascorse la sua vita mortale in “obbedienza alla Legge” e,
osservandola, Egli nel medesimo tempo la portava a perfezione e la vanificava. A
motivo del peccato l’uomo era divenuto “schiavo del mondo” (cfr. Gal 4,3), era
dunque necessario che il Signore medesimo prendesse la “forma di schiavo” per
sollevare e liberare l’uomo dalla sua schiavitù (cfr. Fil 2,7).
Celebrare questo Evento, la Nascita del Signore nostro Gesù Cristo, è dunque
celebrare, fino a che dura il tempo, la liberazione, il passaggio: la Pasqua!
Due righe di storia...
In quale giorno nacque Gesù? Gli Evangeli non lo dicono ed anche gli antichi autori
sono silenziosi in proposito. Ci sono, col passare del tempo, delle notizie che a noi
oggi possono sembrare quantomeno curiose. Clemente Alessandrino (+215 ca)
riferisce che, in Oriente, alcuni fissavano la nascita del Salvatore il 20 di maggio,
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altri il 20 di aprile, altri il 17 di novembre. Questo Autore, non senza arguzia,
conclude che tali persone: “non si contentano di sapere in che anno è nato il
Signore, ma con curiosità troppo spinta vanno a cercarne anche il giorno”.
Per avere una notizia certa ed un documento autentico dobbiamo arrivare alla metà
del 4° secolo. Tale documento, del 336, è la Depositio Martyrum di Furio Dionisio
Filocalo, calligrafo romano. Egli compilò nel 354 una lista dei giorni della morte dei
vescovi di Roma e dei martiri celebrati in tale Chiesa, ora secondo gli esperti quella
lista risalirebbe al 336. In modo indiscutibile questo documento attesta la
celebrazione del Natale. Infatti al 25 dicembre dice: VIII Kal. Jan. natus Christus in
Betlem Judeae; che tradotto nella nostra lingua significa: “otto giorni prima delle
calende (il 1°) di gennaio: Cristo nato in Betlemme di Giudea”, dunque il 25
dicembre.
L’indagine storica potrebbe continuare a lungo e offrirebbe degli spunti interessanti e
curiosi, ma rimandando questo ad altri tempi, vale la pena riportare una splendida
rubrica degli antichi calendari liturgici della Chiesa di Roma che al 25 dicembre
annotano: “Natività del Signore nostro Gesù Cristo nella carne: Pasqua!”. Con
questa solenne affermazione dei nostri antichi fratelli di fede appare chiaro come la
liturgia sa che l’unico mistero di Cristo, pur celebrato nei diversi aspetti ed episodi
(ed il Natale ne è uno) rimane sempre uno e indivisibile in ogni celebrazione ed in
ogni festa. Centro, infatti, di ogni celebrazione domenicale, festiva e feriale sono i
divini Misteri, l’Eucarestia, sacrificio-presenza di Cristo Morto e Risorto. Noi
cantiamo il Bimbo nato per noi poiché Egli è Morto ed è Risorto per la salvezza di
tutti.
Le Norme Generali per l’Ordinamento dell’Anno Liturgico e del Calendario,
introducendo la celebrazione del tempo natalizio mentre mostrano l’importanza
liturgica della solennità del Natale mostrano anche il vincolo profondo che unisce
questa celebrazione a quella della Pasqua: “Dopo l’annuale rievocazione del mistero
pasquale, la Chiesa non ha nulla di più venerando che la celebrazione del Natale
del Signore e delle sue prime manifestazioni: ciò che essa compie nel tempo di
Natale”. Così, anno dopo anno, la gioia del Natale scaturisce dalla sorgente
limpidissima che la gloria della Resurrezione e il Dono dello Spirito.
Il tempo di Natale - Epifania
Il tempo che la liturgia dedica alla manifestazione del Signore nella fragilità della
nostra natura si inizia con i Vespri I del Natale la sera del 24 dicembre, e si chiude
con i Vespri II della Domenica che commemora il Battesimo del Signore
Anche al credente più superficiale di certo non sfugge la caratteristica propria di
questo tempo, che pur tanto breve, è pieno di feste che si susseguono a ritmo
incalzante.
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Così, accanto al 25 dicembre ed al 6 gennaio, Natale ed Epifania, ogni anno la
Chiesa celebra Maria Madre di Dio al 1° gennaio; la festa della sacra Famiglia la
Domenica dopo Natale; la seconda Domenica dopo Natale che cade tra il 2 e il 5
gennaio; la festa del Battesimo di Gesù. Anche i giorni “feriali” sono segnati dalla
celebrazione dei santi che formano il corteo del Re Messia; s. Stefano il 26 dicembre,
s. Giovanni evangelista il 27; i santi Innocenti il 28.
L’Epifania
La celebrazione dell’Epifania, indissolubilmente legata al Natale, sorse in Oriente in
tempi più antichi della celebrazione del 25 dicembre propria dell’Occidente. il
termine greco “Epifania”, che indica le sue origini, significa “manifestazione
benevola”. Accogliendo dall’uso orientale la festa dell’Epifania le Chiese
d’Occidente (Roma, Africa, Ravenna) accentuarono il tema della venuta dei Magi
per adorare il nato Re. In essi la fede dei credenti ha visto “le primizie” delle nazioni
e dunque la manifestazione alle genti del Salvatore.
La “Stella” che guida i Magi si ferma, sta “sopra Gesù”, lo indica in modo definitivo.
La stella però è Gesù, il “Sole di giustizia” divina, la Misericordia divina che ormai
si è per sempre elevata sull’orizzonte dei popoli per non conoscere più tramonto. I
Magi sono dunque per noi silenziosi profeti di Dio e del suo Disegno di salvezza.
Nell’adorare il Bambino e nel portare i loro tre doni riconoscono (ed è il messaggio
per noi fino alla fine dei tempi) che è e sarà.
La Scrittura rivela il significato dei tre doni offerti, e lì per lì misteriosi; l’oro della
Regalità divina (cfr. Sal 71), l’incenso del Sacerdote eterno (cfr. Sal 140,2), la mirra
del sepolcro, citata solo qui ed in Gv 19,39, proprio alla sepoltura del Signore. I
Magi così ci indicano che il Bimbo adorato e il Re salvatore, il Sacerdote eterno, il
Sepolto che risorge alla Gloria del Padre.
I Padri della Chiesa spiegavano il Natale, l’Epifania con la venuta dei Magi e il
Battesimo al Giordano (sul quale ritorneremo), come un riassunto del “calendario”
divino, seguendo il quale la Chiesa celebra il suo Signore e ne riceve la
santificazione. Sono come un “osservatorio” da cui contemplare tutta l’economia di
Cristo, ossia, tutta l’azione svolta per la nostra salvezza.
Per vivere questo tempo santo
Come il saggio “padrone di casa” dell’Evangelo, il credente, dovrebbe avere cura di
conoscere i testi, le Scritture e le preghiere della Chiesa, che scandiscono e ritmano
questi giorni. Ne troverebbe un tesoro sconfinato per l’annuncio e per la vita. Certo
non va sottovalutata la difficoltà di poter far vivere in nodo autentico, alle nostre
comunità, la solennità del Natale e il suo tempo. Il consumismo e il boom turistico
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hanno fortemente “inquinato” il senso cristiano della festa orientando di fatto in una
visione “pagana”. Le coreografie esteriori, se non ben guidate, possono deviare la
comprensione dei fedeli dall’Evento dell’Incarnazione salvifica al solo dato esteriore
e sentimentale. L’azione pastorale e la catechesi dovranno dunque aiutare i credenti a
giungere consapevoli alla celebrazione del Mistero, facendo buon uso del tempo di
Avvento, e agganciare i praticanti “occasionali” della Messa di mezzanotte affinché
anche a loro, per il tramite di un’assemblea santa celebrante, giunga il messaggio
formidabile che può cambiare la vita: “Non temete, ecco vi annuncio una grande
gioia, che sarà di tutto il popolo; oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore,
che è Cristo Signore” (Lc 2,10-11). Così, anche tutti i “segni” che accompagnano
questi giorni di festa, il presepe, l’albero luminoso, l’attenzione ai più poveri ed
indifesi devono colorarsi della buona Notizia che sola può cambiare il cuore,
debbono divenire occasioni affinché la forza del messaggio appaia nella sua forza di
dono d’amore, di verità, di speranza che illumini il cammino di tutti fratelli che fanno
“esodo” in attesa della Manifestazione definitiva del Signore e Salvatore nostro.
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“Gloria a Dio nei cieli altissimi!” (Lc 2,14)
Natale
L’Angelo di Dio, questo divino messaggero di grazia e di bene, sta nei momenti
principali della storia della salvezza, in specie pero’ nella Vita di Cristo. Si trova
all’Annunciazione, alla Nascita, alla Tentazione nel deserto (Mc 1,13), al Getsemani
(Lc 22,43), alla Resurrezione gloriosa.
L’Angelo di Dio, con gli altri angeli, vive per sempre davanti al Volto del Signore
(Mt 18,10). Gli angeli, ministri santi e fedeli, tributano al Signore l’adorazione pura,
la gloria infinita, la lode gioiosa, l’intercessione potente per gli uomini. Forse
riflettiamo troppo poco, se non niente, su testi grandiosi come Is 6,3, con il parallelo
Ap 4,8; e come Ez 3,12; e poi Sal 102, 20-21.
Ma la gloria divina può essere vista in due modi: la Gloria che il Signore, nella
Trinità delle Persone divine, vive in eterno, e che è Egli stesso, in specie lo Spirito
Santo; e la gloria che gli uomini debbono tributare al loro Signore Dio e Creatore.
Ora, questa gloria e’ il bene stesso degli uomini: infatti lodando e magnificando il
loro Signore, essi entrano nella piena comunione con lui, con effetti eterni. E’ entrare
a contemplare il Signore con le sue meraviglie operate per noi. Non a caso s. Ireneo
(c.180) proclamava: “La gloria di Dio è l’uomo vivente, e la vita dell’uomo è
contemplare Dio”.
Alla Nascita del Salvatore, di fatti, l’Angelo del Signore che ha annunciato il Fatto ai
pastori, insieme con l’esercito sterminato degli angeli proclama una liturgia di lode,
che suona così:
“Gloria negli Altissimi cieli a Dio,
e sulla terra pace,
agli uomini (viene) il Beneplacito!” (Lc 2,14)
Le tre parole non vogliono stabilire come una divisione, tra i cieli e la terra. Al
contrario, il Figlio di Dio che adesso nasce dalla Vergine Maria ha uniti per sempre il
Cielo alla terra, l’Infinito con il finito, il Santo con i peccatori che ricevono perdono
e misericordia. Poiché Egli stesso e’ la Gloria del Padre, e’ la Pace nostra (Ef 2,14),
e’ l’Eudokia, il Beneplacito divino che opera con lo Spirito Santo, come si rivela al
Battesimo (Mc 1,11).
Egli stesso guida il coro infinito degli angeli e dei santi che in cielo gridano la gloria
al Signore (cfr Ap 5;7). E guida il povero coro dei suoi fedeli sulla terra, che si
associano a questa celebrazione che trasforma gli uomini in veri figli di Dio.
I figli danno gloria al Padre loro. E’ loro dovere, ma e’ anche loro gioia. Essi cosi’
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riconoscono il Padre come il Sovrano che opera mediante il Figlio e con lo Spirito le
opere potenti della salvezza, affinché tutti gli uomini pervengano a vivere finalmente
e per sempre la Gloria divina, la “divinizzazione”.
I fedeli dunque si associano al coro osannante. E con infiniti motivi.
Anzitutto per la meraviglia della creazione. Basterà qui rileggere il Sal 103, un
“Salmo di lode”; e insieme, Dan 3,57-90, il meraviglioso “Benedicite” dei tre giovani
nella fornace del tiranno. E nella creazione, la lode sale al Signore per il suo
capolavoro, l’uomo, come proclama intensamente il Sal 8, un altro “Inno di lode”.
L’uomo immagine e somiglianza, destinato al suo recupero [pieno in Cristo Uomo ad
opera dello Spirito (cfr 2 Cor 3,18 - 4,6), fino alla trasformazione di gloria in gloria.
La lode però si snoda verso il “Tu” divino. Dalle opere si risale al Creatore, ai suoi
titoli: Buono, Misericordioso, Onnipotente, Glorioso, Mirabile, Sapiente, Maestoso,
Sovrano Benigno.
E di qui, alla sua Persona: “Tu, perché sei Tu”. Non esiste altro motivo maggiore di
dare gloria al Signore, se non quello che “il Signore è il Signore”. Qui l’uomo, sua
creatura, quasi scompare, diventa quasi solo voce del cuore adorante, che si
dimentica del suo egoismo malefico e quotidiano. Di fronte all’irraggiungibile
Maestà divina, l’uomo adora e contempla, esce fuori da se stesso, ma solo per
accettare di farsi innalzare a vivere al livello della Vita divina.
E in questo “Tu” divino, di continuo riscoperto con sorpresa e con gioia, l’uomo
fedele scopre che si tratta di Tre Persone Viventi: il Padre quale Principio, Centro e
Fine di tutto; il Figlio, oggetto dell’amore eterno del Padre nello Spirito Santo; lo
Spirito quale amore unitivo del Padre e del Figlio. E questo Figlio che per eccesso di
amore accetta, secondo la Volontà del Padre, di farsi Uomo come noi, e di nascere tra
gli uomini, e di predicare l’Evangelo, e di operare le opere del Padre che portano al
Regno, e di salire sulla Croce; ma anche di risorgere per donare lo Spirito a tutti gli
uomini.
In un certo senso, mentre gli angeli alla Nascita del Signore gridano la loro
adorazione e lode a Dio, già contemplano tutto questo, e si pongono a celebrare
anche per questo il Signore - eventualmente operando anche per noi - se di tutto
questo non ci fossimo colpevolmente dimenticati. Cosi’, la dimensione
“dossologica”, ossia di glorificazione di Dio, attraversa tutta l’esistenza angelica,
come mostra il Natale, per giungere a noi, affinché ce ne lasciamo investire per la
nostra vera crescita.
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“Vedendo la Stella, furono ricolmi di gioia grande molto” (Mt 2,10)
Epifania
La Chiesa antica aveva felicemente intuito che alcuni eventi principali della Vita del
Signore nostro erano più in proprio la “Manifestazione” della Santa Trinità, da cui il
nome greco Epifania o anche Teofania. Così per il Natale, per i Magi, per il
Battesimo al Giordano, per la Trasfigurazione, per la Pentecoste, che trovano
significato e sostanza divina nella Croce e nella Resurrezione, e l’attuazione finale
nel glorioso Ritorno del Signore, alla fine dei tempi della storia e del mondo.
La visita dei Magi dall’Oriente è dunque Epifania, Manifestazione della Grazia
divina che raggiunge anche le regioni lontane, per portare gli uomini all’adorazione
del Re-Salvatore d’Israele che adesso nasce per loro. Il centro è e resta naturalmente
il Figlio di Dio e di Maria Vergine. A questo centro portano due elementi
fondamentali: la ricerca della Scrittura, e la visione della divina Gloria nella
creazione sempre parlante di Dio e delle sue opere. Ora, i Magi “in Oriente”,
espressione che significa il sole che si leva ad oriente di Gerusalemme, scrutano con
ansiosa attesa il cielo, in cerca di un “segno” che annunci il Disegno divino. E’ la
“pienezza dei tempi” (cfr Gal 4,4-6), e il Signore dona questo “segno”, una Stella
misteriosa ma splendente.
Ed ecco la confluenza della Stella con la Scrittura: L’Antico Testamento aveva
parlato della Stella segno del Messia promesso: “Io vedo, ma non adesso, la
contemplo, ma non qui: la Stella sorgerà da Giacobbe, lo Scettro sorgerà da Israele”,
ma il Profeta aveva premesso: “Oracolo di Balaam figlio di Beor, oracolo dell’uomo
che ha l’occhio chiuso. Oracolo di colui che ascolta le parole di Dio, che intende la
scienza dell’Altissimo, che vede la visione di Shaddaj, che cade, ma ha gli occhi
aperti!” (Num 24,15-17). I Magi scrutavano le Scritture. A Gerusalemme infatti
chiedono: “Dove è nato il Re degli Ebrei? Vedemmo infatti di Lui la Stella in
Oriente, e venimmo per adorare Lui” (Mt 2,2). A Gerusalemme gli esperti non
possono che rispondere, sempre in base alla Scrittura, che il luogo deve essere
Betlemme di Giuda, come aveva preannunciato un’altra profezia, Michea 5,2, sul
Capo che viene da Betlemme per pascere il popolo di Dio. I Magi hanno così tutti gli
elementi, e trovano a Betlemme colui che cercano.
Ma sono guidati a lui ancora una volta dalla Stella. Un segno del cielo stellato, reso
chiaro dalla Scrittura. “Alzate gli occhi e guardate: chi ha creato tutti quegli astri?”,
aveva detto il Signore (Is 40,26). E: “Scrutate le Scritture ... sono proprio quelle che
a me rendono testimonianza” (Gv 5,39). La Stella e le Scritture sono causa per i
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Magi di gioia, espressa da Matteo con una formula insistente: “Vedendo la Stella,
gioirono di gioia grande molto” (Mt 2,10). La Stella sta “sopra Gesù”, lo indica
senza equivoci. La Stella però è Gesù, il “Sole di giustizia” divina, la divina
Misericordia che ormai si è levata sull’orizzonte dei popoli per non tramontare più.
Per questa Misericordia, così a lungo promessa dalle Scritture, il Figlio di Dio si è
incarnato ed è nato dalla Vergine. Dovrà essere battezzato dallo Spirito, predicare
l’Evangelo, compiere le opere del Padre nello Spirito, essere trasfigurato, affrontare
la Croce e la sepoltura, al terzo giorno risorgere e donare lo Spirito del Padre e
formare la Comunità di quanti porteranno il suo Evangelo agli uomini.
Dobbiamo considerare dunque i Magi come profeti silenziosi di Dio e del suo
Disegno. Nell’adorare il Bambino, gli significano infatti, e questo rimane quale
messaggio imperituro anche per noi, chi è e sarà, attraverso i tre doni lì per lì
misteriosi. Ma la Scrittura ce ne rivela il significato grandioso: l’oro della divina
Regalità, come già annunciato (cfr Sal 71), l’incenso del Sacerdote eterno, incenso
che sale permanentemente al Signore quale preghiera ed offerta gradita, sacrificale
(cfr Sal 140,2), la mirra del sepolcro, citata solo qui ed in Gv 19,39, proprio alla
sepoltura del Signore. I Magi ci indicano che il Bambino adorato è il Re Salvatore, il
Sacerdote eterno, il sepolto che risorge alla Gloria del Padre.
Per così dire, spiegavano i Padri, il Natale, l’Epifania dei Magi, il Battesimo del
Giordano sono come un riassunto del calendario divino, seguendo il quale la Chiesa
celebra il suo Signore Cristo e ne riceve la santificazione; sono come un
“osservatorio” da cui tenere presente tutta l’Economia di Cristo, ossia tutta l’azione
svolta per la nostra salvezza. Perciò la proclamazione dell’Evangelo e la
celebrazione dei Misteri dell’altare ogni volta e sempre “fanno memoriale”, ossia ci
rendono presente tutta questa Economia di salvezza e di gloria. Nessun episodio, per
quanto piccolo, è nascosto agli occhi di Dio. Né deve esserlo agli occhi nostri, che
dobbiamo scrutare le opere divine della creazione e la Scrittura in cui il Signore per
amore si degna di darci la Manifestazione di Se stesso in favore nostro.
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Un po’ di storia
Sappiamo che almeno dal 336 la Chiesa celebra la festa del Natale e un’antica
rubrica del Cronografo Romano, l’antenato dei nostri calendari, annota per il 25
dicembre: “Natale del Signore nostro Gesù Cristo nella carne. Pasqua”. Del tempo
di Avvento abbiamo notizie dal 4 secolo, notizie storiche scarse e incerte, che però
caratterizzano questo tempo sia in una visione escatologica, sia come preparazione al
Natale, troviamo elementi che riguardano una pratica ascetica e altri di carattere più
propriamente liturgico.
Preparazione alla festa e insieme attesa della venuta finale. Si è discusso e ricercato
sul significato originario di questo tempo liturgico fra le due presentazioni di
Avvento natalizio e di Avvento finale. La parola definitiva ci viene dalla riforma
liturgica operata dal Concilio Vaticano II che ha voluto conservare i due aspetti di
preparazione al Natale e attesa della seconda venuta di Cristo Signore 1.
Questo tempo liturgico, nella sua struttura, è tipico dell’occidente. La Chiesa
d’Oriente conosce solo una breve preparazione al Natale fatta di alcuni giorni.
L’Avvento è scandito da quattro Domeniche (6 nella liturgia ambrosiana) e pur nella
sua unitarietà, segnata soprattutto dalla proclamazione delle Scritture, può essere
diviso in due periodi. Dalla prima Domenica al 16 dicembre è posto in risalto
l’aspetto escatologico, indirizzando i cristiani all’attesa della Venuta del Signore
della gloria alla fine dei tempi.
Dal 17 al 24 dicembre i testi eucologici orientano alla preparazione del Natale. In
particolare splendide Antifone “O”, che accompagnano e illuminano i giorni
nell’imminenza della Festa annuale della Natività del Signore.
I due Prefazi dell’Avvento, per il primo e il secondo periodo, esprimono con
chiarezza le caratteristiche di questi due momenti.
Il Signore è venuto
“Nella pienezza dei tempi Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la
Legge” (Gal 4,4). Egli venne “per noi uomini e per la nostra salvezza” (Profess. di
fede). Nella storia, in un tempo preciso, in una regione del mondo, in una cultura
definita, è venuto l’Emmanuele - Con-noi-Dio - (cfr Mt 1,23-24). Egli è dunque
. Norme universali sull’anno liturgico e il calendario: n.39 “Il tempo di avvento ha una doppia caratteristica: è tempo
di preparazione alla solennità del Natale, in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di Dio fra gli uomini, e
contemporaneamente è il tempo in cui, attraverso tale ricordo, lo spirito viene guidato all’attesa della seconda venuta
del Cristo alla fine dei tempi”. n.42 “Le ferie dal 17 al 24 dicembre sono ordinate ad una più diretta preparazione al
Natale del Signore”.
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“Colui-che-viene”. Venne come vero Uomo tra gli uomini per adempiere, nella sua
Morte e Resurrezione, il Disegno del Padre.
Il Signore viene sempre
E’ una promessa! Dal tempo che va dalla Pentecoste alla gloriosa Venuta finale Egli
viene, è Presente, quando due o tre stanno radunati nel suo Nome e lo invocano nello
Spirito (Mt 18,19-20). Questa è la preghiera incessante della Chiesa, Sposa sua:
“Vieni Signore” (Ap 22,17).
Il Signore resta sempre mediante lo Spirito
Ricordiamo la preghiera dei discepoli di Emmaus: “Resta con noi, Signore”. Nella
sua vita terrena, in Gesù, era la Pienezza dello Spirito e, nella Resurrezione Egli lo
dona ai discepoli perché “resti” con loro. Lo Spirito Santo che “resta” con i
discepoli, rende presente il Signore. Egli rimane sempre con noi, vivo e operante,
nella Parola sua, nell’Eucaristia e nella Chiesa suo corpo.
Il Signore verrà
E’ la promessa certa di cui, “vigilanti nell’attesa ed esultanti nella lode”, attendiamo
il compimento. Per questo il richiamo, forte e preciso, di questo tempo liturgico:
“Vegliate - State pronti”.
Vigilare perché in ogni momento Egli può venire; essere pronti per l’incontro
definitivo con Lui; operare instancabilmente per l’edificazione del suo Regno. Il
cristiano sapiente vive consapevole della sua “fine”, ma opera sicuro della
“pienezza” come se non dovesse morire mai.
Lo stupore della Sposa: le Antifone “O”
Come si è accennato sopra, dal 17 dicembre in poi la Chiesa nella sua Liturgia
accentua la preparazione alla Festa del Natale. Un tocco sapiente e “magistrale lo
offrono le “Antifone maggiori”, chiamate anche “Antifone O”. Esse, celebrando il
Signore nei “Titoli” che gli competono, accendono la fede, sostengono la speranza e,
centrate sulla carità del Signore per noi, sospingono al dono di sé. Aprendoci alla
nostalgia del bene animano al desiderio e all’impegno.
Come i bimbi che per lo stupore aprono la bocca e lasciano uscire “l’ohh” della
meraviglia. Lasciamoci cogliere dalla sorpresa dell’infinito Amore che salva e,
celebriamo nell’adorazione del cuore, le meraviglie di Dio.
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17 dicembre
O Sapienza,
che esci dalla bocca dell'Altissimo,
ti estendi ai confini del mondo,
e tutto disponi con soavità e con forza:
vieni, insegnaci la via della saggezza.
18 dicembre
O Signore,
guida della casa d'Israele,
che sei apparso a Mosè nel fuoco del roveto,
e sul monte Sinai gli hai dato la legge:
vieni a liberarci con braccio potente.
19 dicembre
O Radice di Iesse,
che ti innalzi come segno per i popoli:
tacciono davanti a te i re della terra,
e le nazioni t'invocano:
vieni a liberarci, non tardare.
20 dicembre
O Chiave di Davide,
scettro della casa d'Israele,
che apri, e nessuno può chiudere,
chiudi, e nessuno può aprire:
vieni, libera l'uomo prigioniero,
che giace nelle tenebre e nell'ombra di morte.
21 dicembre
O Astro che sorgi,
splendore della luce eterna,
sole di giustizia:
vieni, illumina chi giace nelle tenebre
e nell'ombra di morte.
22 dicembre
O Re delle genti,
atteso da tutte le nazioni,
pietra angolare che riunisci i popoli in uno,
vieni, e salva l'uomo che hai formato dalla terra.
23 dicembre
O Emmanuele,
nostro re e legislatore,
speranza e salvezza dei popoli:
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vieni a salvarci, o Signore nostro Dio.
O Sapientia
O Adonai
O Radix Iesse
O Clavis David
O Oriens
O Rex gentium
O Emmanuel
S
A
R
C
O
R
E
apientia
donai
adix Iesse
lavis David
riens
ex gentium
mmanuel
ERO CRAS
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Icona del Natale del Signore nostro Gesu’ Cristo
Come ricordavamo sopra, il più antico calendario liturgico della Chiesa di Roma
(sec. IV), accanto alla data del 25 dicembre reca l’annotazione: “Natale del Signore
nostro Gesù Cristo: Pasqua!”. Tale affermazione che ci raggiunge da secoli lontani
ci aiuta a crescere nella fede.
Centro del “Credo” cristiano è la Resurrezione del Signore; noi lo celebriamo Nato
poiché Egli è il Risorto. Infatti: “Se Cristo non è resuscitato, è vana la nostra
predicazione ed è vana anche la vostra fede” (1 Cor 15,14).
La Resurrezione è il punto di partenza e il punto di arrivo della nostra fede, e l’Icona
del Natale ci aiuta a comprenderlo. Già dal secolo VII, contemporaneamente
all’organizzazione della festa del Natale, comincia a diffondersi questa Icona che
raggiungerà la sua forma “canonica” nel secolo IX.
Tale forma è conservata fino ai giorni nostri. Gli elementi “canonici” che
compongono l’Icona sono: lo sfondo d’oro, il paesaggio, la stella, la grotta, la
mangiatoia, il bue e l’asino; al centro della scena: la Madre di Dio con il Bambino,
gli angeli, i pastori, il viaggio dei magi, san Giuseppe e, di fronte a lui, l’uomo
vestito di pelle, il “bagno” del Bambino. La volontà di accostare tutti questi elementi
che hanno segnato il Natale è di chiara ispirazione liturgica; del resto a tale uso erano
destinate le sante Icone. Rapidamente passiamo in rassegna gli elementi che
compongono l’Icona.
 Il fondo oro: segno della luce divina increata che l’Icona tramanda.
 Il paesaggio: monti, grotta, alberi, animali, elementi “materiali”, voce del
creato, proiettati nella luce divina.
 La stella: in alto, la sua luce inviata da Dio scende sul capo del Bambino. E’
uno dei segni più antichi per indicare il Natale e lo si ritrova fin dagli affreschi
delle Catacombe. Il riferimento in : Mt 2,1-12; cfr Num 24,17.
 La grotta: antro oscuro, ingresso alle viscere della terra, agli inferi (il
medesimo motivo si ritrova nell’Icona della Resurrezione), sembra quasi
“ingoiare” il Bambino (cfr Apc 12,4-5).
 La mangiatoia: Luca la nomina due volte, essa è il motivo più antico e
diffuso nella raffigurazione della Natività; solitamente può avere forme
diverse, ma il modo più diffuso e antico di rappresentarla è quello di un
“sarcofago”, quasi a richiamare la realtà della morte che incombe sul Bambino
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appena nato. La Chiesa infatti celebra il Bimbo che è nato, poiché Lui è il
Crocifisso Risorto.
 Il bue e l’asino: animali domestici sempre presenti nella scena (Cfr Is 1,3).
 Il Bambino: avvolto in fasce (bende che paiono quelle di un defunto) e
deposto nella mangiatoia (tomba). La sua Figura ha i tratti di quella di un
adulto rimpicciolito, ad indicare che non si tratta di un bambino “come gli
altri”, ma di Dio, del Figlio di Dio. Egli è nato affinché la sua Morte vinca la
morte e il peccato.
 La Madre di Dio: con il Bimbo è al centro della scena, adagiata su un
drappo porpora, unico elemento di splendore nella povertà di tutto, accanto a
Lei l’iscrizione che indica la sua dignità di Madre di Dio e le tre stelle sul
manto ad indicare la perpetua Verginità. Essa sta volta non verso il Bambino
ma verso di noi oranti, quasi ad invitarci a volgere l’attenzione e lo sguardo a
Colui che è Nato per la nostra salvezza.
 Gli angeli: alcuni rivolti verso il cielo altri annuncianti ai pastori, manifestano
così la loro duplice missione: servire Dio e trasmettere agli uomini i comandi
di Lui.
 I Pastori: che accolgono l’annuncio mentre vigilano sul gregge.
 I Magi: che accorrono segno “delle genti” chiamate a partecipare della
salvezza.
 San Giuseppe: lo Sposo di Maria, raffigurato pensoso mentre accanto a lui
sta un personaggio “strano”. Si pensava che potesse essere il Tentatore, circa
la Verginità di Maria. Invece, correttamente si può pensare che sia il padre
Adamo, rivestito delle pelli secondo l’insegnamento Gen 3,21. Il Progenitore
viene nella gioia a rendere grazie e contemplare Colui che è il vero
“Primogenito” del genere umano.
 Il bagno del Bambino: ad indicare la vera umanità di Gesù e “simbolo” che
anticipa il suo Battesimo al giordano.
Contempliamo questa Icona e riascoltiamo il canto degli angeli, che è il nostro canto
di ogni Domenica e Festa: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli
uomini che Egli ama” (Lc 2,14).
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Veramente valgono anche per noi, oggi, le parole del papa san Leone Magno in un
suo Sermone Sul Natale: “Riconosci, o cristiano, la tua dignità e, reso partecipe
della natura divina, non voler tornare all’abiezione di un tempo con una condotta
indegna”.
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