Un uomo venuto da lontano ha
guidato la Chiesa per 27 anni
Il 2 aprile 2005,
questo uomo è
tornato alla
Casa del Padre
Il mondo ha pianto
quest’uomo che
amava più di tutti
Il giorno delle esequie si accende però
una nuova luce
Il mondo conosce
e comincia ad
apprezzare un
altro uomo dal
cuore grande:
Josef
Ratzinger.
In conclave,
il 19 aprile 2005, accetta: si chiamerà
Benedetto XVI.
Cari fratelli e sorelle, dopo il grande Papa Giovanni Paolo II,
i signori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile
lavoratore nella vigna del Signore.
Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare ed agire anche con
strumenti insufficienti e soprattutto mi affido alle vostre
preghiere.
Nella gioia del Signore risorto, fiduciosi nel suo aiuto
permanente, andiamo avanti. Il Signore ci aiuterà e Maria sua
Santissima Madre starà dalla nostra parte. Grazie.
Oggi guida la barca di Pietro e con i
vescovi tiene alta la fiaccola del Vangelo
Benedicendo
i bambini
Continuando nel
cammino intrapreso
con i giovani da
Giovanni Paolo II
Con la sua prima Lettera
Enciclica
DEUS CARITAS EST ci
insegna ad amare.
L'intima natura della
Chiesa si esprime in un
triplice compito:
annuncio della Parola di Dio
(kerygma-martyria),
celebrazione dei Sacramenti
(leiturghia),
servizio della carità (diakonia). Sono compiti che si
presuppongono a vicenda e non possono essere separati l'uno
dall'altro. La carità non è per la Chiesa una specie di attività
di assistenza sociale che si potrebbe anche lasciare ad altri, ma
appartiene alla sua natura, è espressione irrinunciabile della
sua stessa essenza.
La Chiesa è la famiglia di Dio nel mondo. In questa famiglia
non deve esserci nessuno che soffra per mancanza del
necessario. Al contempo però la caritas-agape travalica le
frontiere della Chiesa; la parabola del buon Samaritano
rimane come criterio di misura, impone l'universalità
dell'amore che si volge verso il bisognoso incontrato « per
caso » (cfr Lc 10, 31), chiunque egli sia. Ferma restando questa
universalità del comandamento dell'amore, vi è però anche
un'esigenza specificamente ecclesiale — quella appunto che
nella Chiesa stessa, in quanto famiglia, nessun membro
soffra perché nel bisogno. In questo senso vale la parola
della Lettera ai Galati: « Poiché dunque ne abbiamo
l'occasione, operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i
fratelli nella fede » (6, 10).
….Nel Natale il nostro animo si apre
alla speranza contemplando la gloria
divina nascosta nella povertà di un
Bambino avvolto in fasce e deposto
in una mangiatoia: è il Creatore
dell’universo, ridotto all’impotenza
di un neonato! Accettare questo
paradosso, il paradosso del Natale, è
scoprire la Verità che rende liberi,
l’Amore che trasforma l’esistenza.
Nella Notte di Betlemme, il
Redentore si fa uno di noi, per
esserci compagno sulle strade
insidiose della storia. Accogliamo la
mano che Egli ci tende: è una mano
che nulla vuole toglierci, ma solo
donare. …
URBI ET ORBI - NATALE 2005
…..Come passa in fretta il tempo!
È già trascorso un anno da
quando, in maniera per me
assolutamente inaspettata e
sorprendente, i Cardinali riuniti
in Conclave hanno voluto
scegliere la mia persona per
succedere al compianto e amato
Servo di Dio, il grande Papa,
Giovanni Paolo II. Ricordo con
emozione il primo impatto che
dalla Loggia centrale della
Basilica ho avuto, subito dopo la
mia povera elezione, con i fedeli
raccolti in questa stessa Piazza.
…."Sento viva la consapevolezza di non dover portare da
solo ciò che in realtà non potrei mai portare da solo". E
sempre più sento che da solo non potrei portare questo
compito, questa missione. Ma sento anche come voi lo
portiate con me: così sono in una grande comunione e
insieme possiamo portare avanti la missione del Signore.
Mi è di insostituibile sostegno la celeste protezione di Dio e
dei santi, e mi conforta la vicinanza vostra, cari amici, che
non mi fate mancare il dono della vostra indulgenza e del
vostro amore. Grazie di vero cuore a tutti coloro che in
vario modo mi affiancano da vicino o mi seguono da
lontano spiritualmente con il loro affetto e la loro
preghiera. A ciascuno chiedo di continuare a sostenermi
pregando Iddio perché mi conceda di essere pastore mite e
fermo della sua Chiesa.
UDIENZA GENERALE - 19 aprile 2006
Dietro queste lapidi si cela il destino
di innumerevoli esseri umani. Essi
scuotono la nostra memoria,
scuotono il nostro cuore. Non
vogliono provocare in noi l'odio: ci
dimostrano anzi quanto sia terribile
l'opera dell'odio. Vogliono portare
la ragione a riconoscere il male
come male e a rifiutarlo; vogliono
suscitare in noi il coraggio del bene,
della resistenza contro il male.
Vogliono portarci a quei sentimenti
che si esprimono nelle parole che
Sofocle mette sulle labbra di
Antigone di fronte all'orrore che la
circonda: "Sono qui non per odiare
insieme, ma per insieme amare".
Viaggio in Polonia – Maggio 2006
Grazie, Santo Padre, per questi
insegnamenti!
Grazie anche per quell’amore che rende
sempre riconoscibili le impronte lasciate dal
Papa dei giovani nel cuore di tanti.
Elaborato da Anna Lollo