ALESSANDRO MANZONI Vita, opere e poetica La vita Le opere Il pensiero La questione della lingua I Promessi sposi Perché il Seicento? La Provvidenza L’anonimo narratore LA VITA Alessandro Manzoni nacque a Milano nel 1785, da Giulia Beccaria (figlia del famoso Cesare Beccaria, autore del trattato Dei delitti e delle pene, contro la tortura e la pena di morte) e dal conte Pietro Manzoni. Nel 1791, all’età di sei anni, Manzoni entra a far parte di un collegio religioso a Merate, quindi nel 1796 in un altro collegio a Lugano, e infine conclude i suoi studi a Milano, nel Collegio dei Nobili. Manzoni non conserverà un bel ricordo di quella scuola tanto rigida, ma essa fu molto importante per la sua formazione, perché lo educò alla cultura classica senza impedirgli il contatto con le nuove idee, facendo quindi in modo che egli potesse maturare un sentimento vivo della storia e avere una visione completa di essa. Nel frattempo i suoi genitori si sono separati e, dopo una breve convivenza col padre, nel 1805 Manzoni decide di raggiungere la madre a Parigi, la quale si era risposata con il conte Carlo Imbonati, uomo molto ricco e colto, che morirà improvvisamente, prima dell’arrivo di Manzoni, lasciando tutto il suo patrimonio alla moglie. Gli anni parigini (1805-1810) furono molto importanti per la sua formazione politica, morale e culturale, inizia infatti a frequentare intellettuali francesi, che affineranno in lui il rigore intellettuale e morale. Nel 1808, durante una breve soggiorno a Milano, conobbe e sposò Enrichetta Blondel, una bellissima fanciulla sedicenne, figlia di un ricco banchiere di religione calvinista; dalla Blondel Manzoni avrà dieci figli. Il fervore religioso della moglie, convertitasi nel frattempo al cattolicesimo, spinse Manzoni a una profonda meditazione sui problemi morali e religiosi che determinò il suo ritorno alla fede cristiana, dopo il cosiddetto “miracolo di San Rocco” . Dopo la conversione la sua visione della vita è ispirata al cattolicesimo. IL RINNOVAMENTO COINVOLGE ANCHE L’ATTIVITÁ INTELLETTUALE E LETTERARIA. Dalla conversione in poi la sua vita fu povera di avvenimenti, ma ricca di opere e di meditazione interiore. Visse quasi sempre a Milano in modo appartato e schivo, seguendo però con intensa passione le vicende del Risorgimento. Il giorno di Natale del 1833 muore l’amata moglie Enrichetta, e l’anno seguente la sua primogenita Giulia. Nel 1837 Manzoni si risposa con Teresa Borri. Nel 1848 firmò con altri patrioti la petizione a Carlo Alberto perché intervenisse in Lombardia contro gli Austriaci; nel 1860 è nominato senatore del nuovo Regno d’Italia, partecipa a Torino alla prima seduta del Parlamento italiano, nel 1865 vota per trasferire la capitale da Torino a Firenze, e nel 1872 accettò la cittadinanza onoraria di Roma per aver contribuito, con la sua opera di scrittore, alla causa italiana. Morì a Milano nel 1873, dopo un periodo di agonia dovuta ad un trauma cranico. Aveva 88 anni. Tra le sue opere principali ricordiamo: Inni Sacri: (1815) sei componimenti poetici destinati a celebrare le feste solenni più importanti della Chiesa cattolica (Resurrezione-Nome di Maria- Natale- Passione- Pentecoste- Ognissanti, rimasto quest’ultimo incompleto). Liriche politiche: due odi: • Marzo 1821, (1821) scritta in occasione dei moti rivoluzionari scoppiati in Piemonte e in Lombardia; • Il Cinque Maggio, (1821) scritta in occasione della morte di Napoleone. I promessi sposi: il capolavoro di Manzoni. Romanzo storico che ha per sfondo il XVII secolo. La prima redazione del romanzo ha il titolo Fermo e Lucia (1821-23); le altre due sono del 1827 e del 1842. Le tragedie: • Il conte di Carmagnola (1820) tragedia in 5 atti segnata da un pessimismo radicale; • Adelchi (1822) tragedia in 5 atti, oppone le ragioni della giustizia e della pietà a quelle della politica. IL PENSIERO Dopo una giovanile inclinazione alla cultura illuministica e razionalista, con il passare del tempo Manzoni si avvicina all’ambiente romantico italiano, divenendone il rappresentante più significativo. Centro del mondo manzoniano, così come appare nei componimenti in versi e in modo ancora più evidente nel romanzo I Promessi sposi, è la divina Provvidenza: Dio è colui che guida la storia degli uomini secondo una logica che sfugge alla comprensione umana, per cui anche i dolori, le sofferenze hanno un loro senso, una ragione. Ne deriva che la virtù cristiana per eccellenza è la rassegnazione, cioè la completa fiducia nella Provvidenza: solo in essa, infatti, l’uomo può trovare serenità e pace. Per Manzoni l’opera d’arte perfetta è quella che ha: · l’utile come scopo: i romantici, come già facevano gli Illuministi, attribuiscono alla letteratura lo scopo di educazione morale e di sollecitazione civile e politica; · il vero come soggetto: storico (vicende) e morale (distinguere il bene dal male, che sia d’ispirazione). Unendo vero storico e vero morale si ottiene la bellezza, che oltre a procurare piacere, ci trasmette qualcosa, ci fa riflettere e comprendere. · l’interessante come mezzo: la letteratura, in quanto utile, deve rivolgersi alla maggioranza delle persone. Deve scegliere quindi argomenti attuali, vivi, vicini all’esperienza quotidiana. Anche la forma deve essere aderente all’interesse del pubblico LA QUESTIONE DELLA LINGUA I promessi sposi svolsero un ruolo fondamentale nella storia della letteratura nazionale anche sul piano linguistico, inserendosi nel dibattito sulla questione della lingua. Fin dal Fermo e Lucia si imposero all’attenzione dello scrittore i problemi linguistici, dovuti al carattere esclusivamente letterario della lingua italiana, cosa che ostacolava la comunicazione diretta tra l’autore e il suo pubblico. Il lungo lavoro di revisione linguistica dei Promessi sposi, concluso solo con l’edizione del 1840-1842, fu condotto attraverso lo studio della tradizione letteraria toscana e del Vocabolario degli Accademici della Crusca, ma soprattutto attraverso la famosa “risciacquatura in Arno”, ossia l’adeguamento del testo alla lingua fiorentina parlata. Il risultato è un’opera che offrì alla nascente nazione italiana una lingua reale e viva rivolta non a un ristretto pubblico di dotti ma a una nuova comunità allargata di lettori. I PROMESSI SPOSI I promessi sposi, capolavoro della letteratura italiana dell’Ottocento, pubblicato in tre redazioni successive: la prima, intitolata Fermo e Lucia, venne composta tra il 1821 e il 1823 e mai pubblicata, la seconda, con il titolo definitivo I promessi sposi, fu pubblicata in tre tomi tra il 1825 e il 1827, la terza, riveduta soprattutto sul piano linguistico, apparve tra il 1840 e il 1842 in dispense, con illustrazioni approvate dall’autore e l’appendice Storia della colonna infame sui risvolti morali della peste di Milano. Nella scelta dell’argomento ebbe un ruolo determinante l’interesse di Manzoni per il romanzo storico, un genere letterario allora nuovo e molto discusso, stimolato dalla lettura di Ivanhoe (1820) di Walter Scott, suggerita dall’amico francese Claude Fauriel. Tuttavia Manzoni, integrò il modello scottiano con una maggiore aderenza alla realtà storica dei fatti. PERCHÉ IL SEICENTO? Al tempo di Manzoni il Seicento era considerato uno dei secoli più bui della storia italiana, segnato dalla dominazione straniera, da tragici eventi come la carestia e la peste e dal degrado morale della classe dirigente. Allo scrittore sembrava perciò un periodo ideale per ambientarvi un romanzo romantico il cui obiettivo era quello di commuovere e far riflettere il lettore. Allo stesso tempo, però, la scelta di raccontare un’epoca di soprusi e raggiri legislativi (le famose “grida”) a danno degli umili alludeva anche alla situazione della Lombardia contemporanea, analogamente oppressa dalla dominazione austriaca. Inoltre, il XVII secolo offriva al cattolico Manzoni l’occasione per delineare il ruolo storico della Chiesa che, benché gravemente compromessa con il potere politico (si pensi alle figure di don Abbondio o della monaca di Monza), era tuttavia in quel tempo l’unica istituzione capace, attraverso personalità positive come fra Cristoforo e Federico Borromeo, di soccorrere gli oppressi e correggere le ingiustizie. LA DIVINA PROVVIDENZA Nel romanzo Manzoni assegna agli umili – Renzo e Lucia, fra Cristoforo – il ruolo di eroi positivi, mentre sostanzialmente negativo è il giudizio dello scrittore sui potenti – da don Rodrigo al governatore spagnolo di Milano. Tuttavia gli uomini, buoni o cattivi che siano, sembrano non avere alcun potere di modificare autonomamente il proprio destino, perché l’unico motore della storia è Dio che interviene nelle vicende umane attraverso la sua imperscrutabile provvidenza, secondo tempi e modi incomprensibili alla ragione umana L’ANONIMO NARRATORE Nell’introduzione dei Promessi sposi l’autore finge di aver trovato la materia del suo romanzo nel manoscritto di un Anonimo del Seicento che Manzoni avrebbe semplicemente trascritto in linguaggio moderno. In realtà l’incipit (l’introduzione) del finto manoscritto è stato composto dallo stesso Manzoni in funzione di parodia del linguaggio ampolloso, retorico e antiquato dei letterati tradizionali. Questo artificio consente allo scrittore di evidenziare due temi fondamentali del suo programma letterario: il rigoroso fondamento storico della sua opera narrativa e la volontà di comporre un romanzo comprensibile al maggior numero possibile di lettori. Ma l’espediente narrativo permette anche a Manzoni di lasciare all’Anonimo la funzione di semplice narratore e di ritagliare per sé il ruolo di commentatore delle vicende, chiarendo dettagli, stabilendo collegamenti, analizzando la vita interiore dei personaggi, esprimendo giudizi morali che chiariscono il senso della storia e intrattenendo un colloquio diretto con i lettori.