Determinante di matrici a coefficienti in un campo

Determinante di matrici a coefficienti in un campo
Paolo Sanchini
In queste note prenderemo in considerazione soltanto matrici quadrate su un
campo K, sebbene la nozione di determinante sia definita anche quando i coefficienti appartengono ad un anello commutativo con unità e le principali proprietà
rimangano vere anche in questo caso più generale.
Definizione 1 Sia A = (aij )i,j=1,...,n ∈ Mat(n, K): chiamiamo determinante di A
l’elemento det A ∈ K definito ponendo
X
sgn(σ) · a1,σ(1) · · · · · an,σ(n)
(1)
det A :=
σ∈Sn
dove Sn indica il gruppo simmetrico su n elementi e sgn(σ) è la segnatura della
permutazione σ ∈ Sn .
Ad esempio, se n = 2 si ha S2 = id, (12) e
a11 a12
.
A=
a21 a22
Di conseguenza
det A = a11 a22 − a12 a21 .
Se invece n = 3, allora S3 = id, (12), (13), (23), (123), (132) e


a11 a12 a13
A = a21 a22 a23  .
a31 a32 a33
Perciò
det A = a11 a22 a33 − a12 a21 a33 − a13 a22 a31 − a11 a23 a32 + a12 a23 a31 + a13 a21 a32 .
Osservazione. Se una matrice ha una riga o una colonna composta di zeri,
il suo determinante è nullo: in tal caso, infatti, almeno uno dei fattori di ciascun
termine della sommatoria (1) è nullo.
Osservazione. Se A è una matrice quadrata a coefficienti complessi, una
semplice verifica mostra che det Ā = det A.
1
Proposizione 1 Sia A = (aij )i,j=1,...,n ∈ Mat(n, K) una matrice triangolare:
allora det = a11 a22 · · · · · ann .
Questo risultato si applica in particolare alle matrici diagonali.
Dimostrazione. Proviamo la tesi per le matrici triangolari superiori: per quelle
triangolari inferiori si ragiona in modo analogo.
Se A è triangolare superiore, allora aij = 0 ogniqualvolta i > j: di conseguenza,
si ha a1,σ(1) · · · · · an,σ(n) = 0 per ogni permutazione σ ∈ Sn con la proprietà che
σ(i) < i per qualche indice i ∈ {1, . . . , n}.
Posto dunque
T := σ ∈ Sn : σ(i) ≥ i ∀i = 1, . . . , n ,
risulta
det A =
X
sgn(σ) · a1,σ(1) · · · · · an,σ(n) .
σ∈T
D’altra parte, poiché le permutazioni dell’insieme {1, . . . , n} sono applicazioni
biiettive, per ogni σ ∈ T si ha quanto segue:
σ(n) ≥ n ⇒ σ(n) = n ;
σ(n − 1) ≥ n − 1 ⇒ σ(n − 1) = n − 1 ;
......................................
σ(1) ≥ 1 ⇒ σ(1) = 1 .
Si conclude che T = {id}, cosı̀ che det = a11 a22 · · · · · ann . Proposizione 2 Sia A ∈ Mat(n, K): allora det At = det A. In particolare, ogni
proprietà dei determinanti vera per le righe di una matrice è vera anche per le
colonne, e viceversa.
Dimostrazione. Posto A = (aij )i,j=1,...,n e At = (ãij )i,j=1,...,n , si ha
X
det At =
sgn(σ) · ã1,σ(1) · · · · · ãn,σ(n) .
σ∈Sn
Ora, per ogni k ∈ {1, . . . , n} esiste uno e un solo ik tale che k = σ −1 (ik ): tenendo
allora presente che, al variare di σ in Sn , gli elementi σ −1 descrivono tutto il gruppo
Sn , e ricordando che sgn(σ −1 ) = sgn(σ), si trova
X
det At =
sgn(σ −1 ) · ãσ−1 (i1 ),i1 · · · · · ãσ−1 (in ),in =
σ −1 ∈Sn
=
X
sgn(σ −1 ) · ai1 ,σ−1 (i1 ) · · · · · ain ,σ−1 (in ) =
σ −1 ∈Sn
=
X
sgn(σ −1 ) · a1,σ−1 (1) · · · · · an,σ−1 (n) = det A ,
σ −1 ∈Sn
cioè la tesi. 2


R1
 
Proposizione 3 Sia A =  ...  ∈ Mat(n, K), con R1 , . . . , Rn ∈ M1,n (K), una
Rn
matrice con la proprietà che, per qualche indice i ∈ {1, . . . , n}, si abbia
Ri =
m
X
λh · Q h ,
dove λ1 , . . . , λm ∈ K e Q1 , . . . , Qm ∈ M1,n (K) .
h=1
Allora

R1
 .. 
m
 . 
X
 
det A =
λh · det Qh 
 . 
h=1
 .. 
Rn

(la matrice Qh occupa la i−esima riga) .
(h)
b1
(h)
bn
Dimostrazione. In effetti, posto A = (aij )i,j=1,...,n e Qh =
...
ha
m
m
m
X
P
P
(h)
(h)
λh b n
λh b 1 . . .
ai1 . . . ain = Ri =
,
λh · Q h =
h=1
h=1
da cui
aij =
m
X
(h)
, si
h=1
(j = 1, . . . , n) .
λh b j
h=1
Ne segue che
X
det A =
sgn(σ) · a1,σ(1) · · · · · ai,σ(i) · · · · · an,σ(n) =
σ∈Sn
X
=
=
sgn(σ) · a1,σ(1) · · · · ·
σ∈Sn
m
X
λh ·
h=1
m
X
(h)
λh · bσ(i) · · · · · an,σ(n) =
h=1
X
(h)
sgn(σ) · a1,σ(1) · · · · · bσ(i) · · · · · an,σ(n) ,
σ∈Sn
da cui l’asserto. Corollario 1 Sia A ∈ Mat(n, K) una matrice: per ogni λ ∈ K si ha
det(λA) = λn · det A .
Dimostrazione. Si tratta di una immediata conseguenza della Proposizione precedente. 3
Lemma 1 Siano h, k ∈ {1, .. . , n} due indici distinti: per ogni τ ∈ An indichiamo
con τ̄ lo scambio τ (h), τ (k) . Allora l’applicazione f : An → Sn \ An definita da
f (τ ) := τ̄ τ è una biiezione.
Dimostrazione. f è ben definita perché, per ogni τ ∈ An , si ha sgn(τ̄ τ ) = −1.
Proviamo ora che f è iniettiva: siano dunque τ e τ 0 due elementi distinti di An .
Se τ (h) = τ 0 (h) e τ (k) = τ 0 (k), allora τ̄ = τ̄ 0 , quindi necessariamente τ̄ τ 6= τ̄ τ 0 ,
0
vale a dire f (τ ) 6= f (τ
).
Supponiamo ora τ (h), τ (k) 6= τ 0 (h), τ 0 (k) : se, ad esempio, τ (k) 6= τ 0 (k), si
ha τ̄ τ (h) = τ (k) e τ̄ 0 τ 0 (h) = τ 0 (k), da cui, ancora una volta, f (τ ) 6= f (τ 0 ), il che
prova l’iniettività di f .
Ne segue che |f (An )| = |An | = n!/2 = |Sn \ An |, quindi f (An ) = Sn \ An , per
cui f è anche suriettiva. Proposizione 4 Se una matrice A ∈ Mat(n, K) ha due righe uguali, allora il suo
determinante è nullo.
Dimostrazione. Supponiamo che siano uguali la h−esima e la k−esima riga,
cioè che, per ogni j = 1, . . . , n, si abbia ahj = akj . Per il Lemma precedente,
risulta
X
det A =
sgn(σ) · a1,σ(1) · · · · · an,σ(n) =
σ∈Sn
=
X
a1,τ (1) · · · · · an,τ (n) −
a1,τ 0 (1) · · · · · an,τ 0 (n) =
τ 0 ∈Sn \An
τ ∈An
=
X
X
a1,τ (1) · · · · · an,τ (n) − a1,τ̄ τ (1) · · · · · an,τ̄ τ (n) ,
τ ∈An
ove, per ogni τ ∈ An , si è posto τ̄ := τ (h), τ (k) .
Osserviamo che
i 6= h, k ⇒ τ̄ τ (i) = τ (i) ⇒ ai,τ̄ τ (i) = ai,τ (i) ;
i = h ⇒ τ̄ τ (h) = τ (k) ⇒ ah,τ̄ τ (h) = ah,τ (k) = ak,τ (k) ;
i = k ⇒ τ̄ τ (k) = τ (h) ⇒ ak,τ̄ τ (k) = ak,τ (h) = ah,τ (h) .
Pertanto, a1,τ (1) · · · · · an,τ (n) = a1,τ̄ τ (1) · · · · · an,τ̄ τ (n) ∀τ ∈ An , e cosı̀ det A = 0. 

R1
 
Corollario 2 Sia A =  ...  ∈ Mat(n, K), con R1 , . . . , Rn ∈ M1,n (K), una
Rn
m
P
matrice tale che, per qualche i ∈ {1, . . . , n}, si abbia Ri =
λih · Rih , dove
h=1
i1 , . . . , im sono indici distinti da i e λi1 , . . . , λim ∈ K: allora det A = 0.
4
Dimostrazione. In effetti, per la Proposizione 3, risulta det A =
m
P
λih · det Aih ,
h=1
ove Aih è una matrice con la i−esima riga uguale alla ih −esima: dalla Proposizione
4 segue allora che det Aih = 0 ∀h = 1, . . . , m, e cosı̀ det A = 0.  

R10
R1
 
 
Corollario 3 Siano A =  ...  e B =  ...  due elementi di Mat(n, K). SupRn0
Rn
poniamo che esista un indice i ∈ {1, . . . , n} tale che Ri0 = Ri + λ · Rj , con λ ∈ K
e j 6= i, mentre Rh0 = Rh ∀h 6= i: allora det B = det A.

Dimostrazione. Per le Proposizioni 3 e 4, si ha
 

 
R1
R1
R1
 .. 
 .. 
 .. 
 . 
 . 
 . 
 
 
 
 Ri 
 Rj 
 Ri 
 
 
 
 
 .. 
 .. 
det B = det  .  + λ · det  .  = det  ...  = det A .
 
 
 
 Rj 
 Rj 
 Rj 
 
 
 
 .. 
 .. 
 .. 
 . 
 . 
 . 
Rn
Rn
Rn

Ne segue la tesi. Corollario 4 Sia A ∈ Mat(n, K): se B è la matrice ottenuta da A scambiando
due righe, allora det B = − det A.
Dimostrazione. Supponiamo
la i−esima riga
  che B si ottenga da A scambiando
 
0
R1
R1
 .. 
 .. 
con la j−esima. Se A =  . , definiamo una matrice C =  .  ∈ Mat(n, K)
Rn
Rn0
ponendo Ri0 = Rj0 := Ri + Rj e Rh0 := Rh ∀h 6= i, j.
Poiché C ha due righe uguali, per la Proposizione 4 si ha det C = 0: tenendo
allora conto delle Proposizioni 3 e 4, si trova
 
 
 
 
R1
R1
R1
R1
 .. 
 .. 
 .. 
 .. 
 . 
 . 
 . 
 . 
 
 
 
 
 Ri 
 Ri 
 Rj 
 Rj 
 . 
 . 
 . 
 
 + det  ..  + det  ..  + det  ...  = det A + det B ,
.
0 = det C = det 
.
 
 
 
 
R 
R 
R 
R 
 i
 j
 i
 j
 . 
 . 
 . 
 . 
 .. 
 .. 
 .. 
 .. 
Rn
Rn
Rn
Rn
da cui l’asserto. 5
Corollario 5 Sia A ∈ Mat(n, K): se B è la matrice ottenuta da A operando una
permutazione θ delle righe, allora det B = sgn(θ) · det A.
Dimostrazione. Segue dal Corollario precedente. Teorema 1 (di Binet) Per ogni A, B ∈ Mat(n, K), si ha
det(AB) = (det A)(det B) .
 
R1
 .. 
Dimostrazione. Se A = (aij )i,j=1,...,n e B =  . , con R1 , . . . , Rn ∈ M1,n (K),
Rn
risulta

P
n
a R
 α=1 1α α 


..
.
AB = 
.


n

P
anα Rα
α=1
Infatti, posto B = (bij )i,j=1,...,n , la i−esima riga della matrice AB è data da
n
X
n
n
n
X
P
P
aiα bα1 . . .
aiα bαn =
aiα bα1 . . . bαn =
aiα Rα , .
α=1
α=1
α=1
α=1
Dalla Proposizione 3 segue allora che
det(AB) =
n
X

a1α1 · · · · · anαn
α1 ,...,αn =1

Rα1


· det  ... 
(∗)
Rαn


Rα1


D’altra parte, se αh = αk , la matrice  ...  ha due righe uguali, cosı̀ che il suo
Rαn
determinante è uguale a zero (Proposizione 4): gli addendi di questo tipo danno
perciò un contributo nullo alla somma (∗).
I termini rimanenti sono quelli per cui gli indici α1 , . . . , αn sono a due a due
distinti, cioè quelli per i quali l’applicazione σ : {1, . . . , n} → {1, . . . , n} definita da
σ(i) := αi è una permutazione; inoltre, poiché α1 , . . . , αn variano arbitrariamente
nell’insieme {1, . . . , n}, queste permutazioni descrivono l’intero gruppo simmetrico
Sn .
Dal precedente Corollario segue allora che




 
Rα1
Rσ(1)
R1
 .. 
 .. 
 .. 
det  .  = det  .  = sgn(σ) · det  .  = sgn(σ) · det B ,
Rαn
Rσ(n)
Rn
6
quindi la (∗) diviene
X
det(AB) =
sgn(σ) · a1,σ(1) · · · · · an,σ(n) · det B = (det A)(det B) .
σ∈Sn
Questo prova la tesi. Il prossimo Teorema, dovuto a Laplace, fornisce un metodo per calcolare il
determinante di una matrice di ordine n per mezzo dei determinanti delle sue
sottomatrici di ordine n − 1.
Definizione 2 Sia A = (aij )i,j=1,...,n ∈ Mat(n, K): per ogni i, j ∈ {1, . . . , n} indichiamo con Aij la sottomatrice che si ottiene da A sopprimendo la i−esima riga e
la j−esima colonna. Chiamiamo allora cofattore di aij l’elemento ωij ∈ K definito
da
ωij := (−1)i+j det(Aij ) .
Si dice poi aggiunta classica di A la matrice adj(A) ∈ Mat(n, K) definita ponendo
t
adj(A) := (ωij )i,j=1,...,n .
Teorema 2 (di Laplace) Sia A = (aij )i,j=1,...,n ∈ Mat(n, K): allora
• per ogni indice i = 1, . . . , n si ha det A =
n
P
aih ωih ;
h=1
• per ogni indice j = 1, . . . , n si ha det A =
n
P
akj ωkj .
k=1
Le precedenti uguaglianze danno rispettivamente lo sviluppo di det A secondo la
i−esima riga e secondo la j−esima colonna.
Dimostrazione. A meno di sostituire A con la sua trasposta, possiamo limitarci
a dimostrare la prima uguaglianza.
n
P
Proviamo innanzitutto che la tesi è vera per i = n, ossia che det A =
anh ωnh .
h=1
Posto Ωh := σ ∈ Sn : σ(n) = h , non è difficile verificare che gli insiemi Ω1 , . . . , Ωn
costituiscono una partizione di Sn : pertanto
X
det A =
sgn(σ) · a1,σ(1) · · · · · an,σ(n) =
=
=
σ∈Sn
n X
X
sgn(σ) · a1,σ(1) · · · · · an−1,σ(n−1) · anh =
h=1 σ∈Ωh
n
X
X
anh
h=1
sgn(σ) · a1,σ(1) · · · · · an−1,σ(n−1) .
σ∈Ωh
7
Tenendo presente che Ωn = σ ∈ Sn : σ(n) = n , è immediato verificare che
l’applicazione gn : Ωn → Sn−1 definita da gn (σ) := σ|{1,...,n−1} è una biiezione che
conserva le segnature.
Se invece σ ∈ Ωh , con h < n, allora (n − 1, n) ◦ · · · ◦ (h, h + 1) ◦ σ (n) = n,
quindi possiamo definire una funzione gh : Ωh → Sn−1 ponendo
gh (σ) := gn (n − 1, n) ◦ · · · ◦ (h, h + 1) ◦ σ .
Non è difficile provare che gh è biiettiva; inoltre, poiché
(n − 1, n) ◦ · · · ◦ (h, h + 1) ◦ σ
e σ differiscono di n − h scambi, si ha sgn gh (σ) = (−1)n−h · sgn(σ).
Ora, se h = n, per ogni σ ∈ Ωn denotiamo con τ ∈ Sn−1 la permutazione che corrisponde a σ per mezzo della biiezione gn : poiché sgn(σ) = sgn(τ ) e
σ(i) = τ (i) ∀i = 1, . . . , n − 1, si ha
X
sgn(σ) · a1,σ(1) · · · · · an−1,σ(n−1) =
σ∈Ωn
=
X
sgn(τ ) · a1,τ (1) · · · · · an−1,τ (n−1) =
τ ∈Sn−1
= det Ann = ωnn .
Supponiamo adesso h < n: in tal caso, posto τ := gh (σ) ∀σ ∈ Ωh , una semplice
verifica mostra che sgn(σ) = (−1)n+h · sgn(τ ) e, per ogni indice i ∈ {1, . . . , n − 1}:
(
σ(i)
se σ(i) < h ;
τ (i) =
σ(i) − 1 se σ(i) > h .
P
In ciascun addendo della somma
sgn(σ) · a1,σ(1) · · · · · an−1,σ(n−1) riordiniamo i
σ∈Ωh
fattori come segue: indicati con i1 , . . . , ip gli indici per i quali si ha σ(i) < h e con
i01 , . . . , i0q quelli tali che σ(i) > h, gli insiemi {i1 , . . . , ip } e {i01 , . . . , i0q } formano una
partizione di {1, . . . , n − 1}, e risulta
sgn(σ) · a1,σ(1) · · · · · an−1,σ(n−1) =
= sgn(σ) · ai1 ,σ(i1 ) · · · · · aip ,σ(ip ) · ai01 ,σ(i01 ) · · · · · ai0q ,σ(i0q ) =
= (−1)n+h · sgn(τ ) · ai1 ,τ (i1 ) · · · · · aip ,τ (ip ) · ai01 ,τ (i01 )+1 · · · · · ai0q ,τ (i0q )+1 .
D’altra parte, posto Anh = (āij )i,j=1,...,n−1 , è chiaro che, per ogni i = 1, . . . , n − 1,
si ha
(
aij
se j < h ;
āij =
ai,j+1 se j ≥ h .
Di conseguenza, per ogni σ ∈ Ωh risulta
sgn(σ) · a1,σ(1) · · · · · an−1,σ(n−1) =
= (−1)n+h · sgn(τ ) · āi1 ,τ (i1 ) · · · · · āip ,τ (ip ) · āi01 ,τ (i01 ) · · · · · āi0q ,τ (i0q ) =
= (−1)n+h · sgn(τ ) · ā1,τ (1) · · · · · ān−1,τ (n−1) ,
8
quindi
X
sgn(σ) · a1,σ(1) · · · · · an−1,σ(n−1) =
σ∈Ωh
= (−1)n+h ·
X
sgn(τ ) · ā1,τ (1) · · · · · ān−1,τ (n−1) =
τ ∈Sn−1
= (−1)n+h · det Anh = ωnh .
Si conclude che
det A =
n
X
anh ωnh ,
h=1
come richiesto.
Infine, sia i un indice diverso da n: in tal caso, operando n − i scambi fra righe
contigue di A, si ottiene una matrice B = (bij )i,j=1,...,n la cui n−esima riga è uguale
alla i−esima riga di A, mentre le restanti righe sono nella stessa posizione relativa
delle righe di A. Se dunque indichiamo con εnh il cofattore di bnh , risulta
εnh = (−1)n+h · det Bnh = (−1)n+h · det Aih .
Tenendo allora conto del fatto che det B = (−1)n−i · det A, si trova
det A = (−1)n+i · det B =
n
n
X
X
aih (−1)n+h det Aih =
bnh εnh = (−1)n+i ·
= (−1)n+i ·
h=1
h=1
=
n
X
aih (−1)i+h det Aih =
n
X
aih ωih .
h=1
h=1
Ne segue la tesi. Corollario 6 Per ogni matrice A = (aij )i,j=1,...,n ∈ Mat(n, K) si ha
A · adj(A) = adj(A) · A = (det A) · In .
Dimostrazione. Sia ωij il cofattore di aij : posto A·adj(A) = (cij )i,j=1,...,n , risulta
n
P
cij =
aih ωjh .
h=1
Ora, se i = j, per il Teorema di Laplace si ha cii = det A; se invece i 6= j, la
n
P
sommatoria
aih ωjh può essere interpretata come lo sviluppo del determinante
h=1
di una matrice la cui i−esima riga è uguale alla j−esima, quindi cij = 0. Ne segue
che cij = δij · det A, donde A · adj(A) = (det A) · In . Questo prova la prima identità:
l’altra è analoga. 9
Corollario 7 Risulta
GL(n, K) = A ∈ Mat(n, K) : det A 6= 0 .
Inoltre, per ogni A ∈ GL(n, K), si ha det A−1 = (det A)−1 .
Dimostrazione. Sia A ∈ GL(n, K): per il Teorema di Binet si ha
1 = det In = det(AA−1 ) = (det A)(det A−1 ) ,
quindi det A 6= 0; inoltre , essendo K commutativo, det A−1 = (det A)−1 .
Viceversa, se det A 6= 0, il precedente Corollario implica che A è invertibile con
inversa A−1 = (det A)−1 · adj(A). Pertanto A ∈ GL(n, K). Corollario 8 Per ogni A ∈ Mat(n, K) e ogni P ∈ GL(n, K) si ha
det(P −1 AP ) = det A .
Dimostrazione. Dal Teorema di Binet e dal Corollario precedente segue che
det(P −1 AP ) = (det P −1 )(det A)(det P ) = (det P )−1 (det A)(det P ) = det A ,
cioè l’asserto. Corollario 9 Se A, B ∈ Mat(n, K) sono tali che AB = In , allora BA = In .
Dimostrazione. Essendo AB = In , risulta (det A)(det B) = 1, da cui det A 6= 0,
quindi A è invertibile: ne segue che
B = In B = (A−1 A)B = A−1 (AB) = A−1 In = A−1 ,
cosı̀ che BA = In . 10