Angiosperme Famiglie (1) File - Progetto e

Michele Rismondo
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Insegnamento di
STRUTTURA E FUNZIONI
DEGLI ORGANISMI VEGETALI
Argomento 13: ANGIOSPERME
Principali famiglie di interesse alimentare
OLEACEAE
Oleaceae
Piante arbustive a arboree, talvolta liane, caducifoglie a sempreverdi, con foglie opposte, semplici a
composte; fiori piccoli, unisessuali su piante dioiche, bisessuali a unisessuali e bisessuali sulla stessa
pianta, riuniti in cime a grappoli; il frutto può essere una drupa, una bacca, una capsula o una samara.
La famiglia, la cui origine risale al Terziario, e formata da 30 generi con 600 specie distribuite nelle aree
temperate e tropicali di tutto il globo, con particolare riguardo all' Asia orientale.
L'importanza di questa famiglia è legata soprattutto all'Olivo (Olea europaea), famosa pianta del
paesaggio mediterraneo, alimentatrice, con i suoi frutti, di una vasta attività industriale.
Tra le altre piante di interesse economico, un ruolo di prima piano e occupato dai Frassini, soprattutto per
il loro legno. Non mancano diverse specie utilizzate come piante ornamentali, quali i Gelsomini, i Lillà, i
Ligustri, le Forsitie.
Allo stato spontaneo sono maggiormente diffusi i generi Fraxinus, Ligustrum, Phillyrea e, spontaneizzato,
Syringa.
Oleaceae
CHIAVE PER LA FAMIGLIA OLEACEAE
1 Foglie intere
1 Foglie imparipennate
2 Foglie sempreverdi, coriacee
2 Foglie caduche, membranose
3 Foglie tomentose nella pagina inferiore
3 Foglie verdi anche nella pagina inferiore
4 Infiorescenza a brevi racemi ascellari; frutto a drupa
4 Infiorescenza a pannocchia terminale; frutto a bacca
5 Fiori violetti, raramente bianchi, relativamente grandi,
con tubo corollino lungo il doppio del diametro;
foglie cuoriformi alia base; frutto a capsula.
5 Fiori bianchi, piccoli, con tubo corollino tanto lungo che largo;
frutto a bacca
6 Foglie imparipennate; frutto a samara
6 Foglie imparipennate; frutto a drupa
2
6
3
5
Olea
4
Phillyrea
Ligustrum
Syringa
Ligustrum
Fraxinus
Jasminum
Fraxinus ornus
Fraxinus ornus
Orniello, Avorniello, Frassino da manna
MORFOLOGIA
Albero caducifoglio o arbusto alto fino a 10-15 m, a porta-mento slanciato e chioma leggera, ovale. Corteccia dapprima
grigio-verdognola e liscia, poi più scura e screpolata. Rami flessibili e robusti, portanti gemme grandi, pelose, grigie o
rossastro-cenerine. Foglie opposte, imparipennate, lunghe 15-25 cm, formate da 7-9 foglioline brevemente picciolate,
arrotondato-ellittiche, cuspidate e a margine denticolato, di 1,5-4 x 5-10 cm. Fiori odorosi, con petali bianchi,
lanceolato-lineari, riuniti in grandi pannocchie erette che si sviluppano contemporaneamente alle foglie. Il frutto e una
samara ellittico-spatolata di 3-5 x 15-25 mm. Fiorisce ad aprile-maggio e matura i frutti in settembre-ottobre.
ECOLOGIA
Specie eliofila e moderatamente termo-xerofila, e adattata a climi temperato-caldi con aridità estiva. Non mostra
particolari esigenze nei confronti del substrato, anche se preferisce suoli sciolti, calcarei ed evita quelli argillosi e
troppo acidi. Diffuso soprattutto nella fascia dei querceti caducifogli supramediterranei, mostra un'ampia valenza
ecologica, potendo vivere sia nei boschi freschi su terreno relativamente umido, sia nelle boscaglie xerofile su terreno
arido con esposizioni meridionali. E’ tra le piu diffuse e frequenti caducifoglie ed è specie accompagnatrice nei boschi
collinari di Roverella, di Carpino nero, di Cerro, in quelli di Faggio alle quote più basse del piano montano; penetra
anche nelle cenosi mediterranee di Leccio.
DISTRIBUZIONE
Penisola Balcanica, Turchia, Austria, Italia, Francia meridionale e Spagna orientale.
UTILIZZAZIONI ED ETNOBOTANICA
Dall'Orniello e dal Frassino meridionale si raccoglie la manna, sostanza zuccherina contenente mannite, che trasuda
dalle incisioni praticate nella corteccia e che all'aria si rapprende. Il suo maggiore impiego è come dolcificante, lassativo
e purgante, privo di disturbi secondari, ma viene considerato efficace anche contro gli avvelenamenti da barbiturici, le
ascaridiosi e negli stati di shock. I Frassini da manna, nelle loro diverse varietà, venivano un tempo coltivati in alcune
località dell'ltalia meridionale e in particolare in Sicilia.
Fraxinus excelsior
Fraxinus excelsior, F.maggiore, F. comune
MORFOLOGIA
Albero caducifoglio alto fino a 35-40 m, a portamento slanciato, con tronco eretto e rami
ascendenti; chioma ampia ed a contorno rotondeggiante. Corteccia dapprima grigio-verdastra e liscia,
quindi con I'età ruvida e finemente screpolata. Gemme piramidate, nere, vellutate. Foglie opposte,
imparipennate, con 7-13 foglioline sessili o quasi, ellittico-lanceolate o lanceolate, irregolarmente
dentate, con denti in numero maggiore rispetto ai nervi laterali, con nervatura mediana a volte
pubescente, superiormente di colore verde-vivo, inferiormente più chiare. Fiori incospicui, senza calice e
corolla, bisessuali o unisessuali, con antere purpureo-violacee, riuniti in densi racemi ascellari e
sviluppantisi in primavera prima delle foglie. Il frutto è una samara larga 7-8 mm e lunga 3-5 cm, con ala
oblungo-lanceolata, ottusa. Fiorisce a marzo-aprile e matura i frutti a settembre-ottobre.
ECOLOGIA
E’ specie mesofila, eliofila da adulta; predilige suoli poco coerenti, fertili, freschi e profondi. Rappresenta
un elemento dei boschi misti mesofili di caducifoglie, delle faggete, dei boschi di forra e di quelli
planiziari, fino a 1500 m; è associato più frequentemente ai Tigli, all' Acero di monte, all'Ontano nero e
all'Olmo montano. E’ specie caratteristica delle formazioni forestali mesofile di caducifoglie a dominanza
di Faggio.
DISTRIBUZIONE
Penisola Iberica settentrionale, Isole Britanniche, Scandinavia meridionale, Europa centro-orientale fino
alle regioni caucasiche. Alpi e Appennino centro-settentrionale.
UTILIZZAZIONI ED ETNOBOTANICA
II legno, soprattutto nel passato, era utilizzato per la costruzione di carrozze e di carri agricoli. Grazie alla
facilità con cui si lucida e alla sua elasticità e ottimo per remi, sci, racchette da tennis e mobili.
Le foglie e la corteccia hanno proprietà eupeptiche, diuretiche, diaforetiche, lassative, antireumatiche e
febbrifughe. Anticamente il Frassino era considerato anche simbolo di fecondità.
Fraxinus angustifolia
Fraxinus angustifolia
Frassino meridionale, Frassino ossifillo
MORFOLOGIA
Albero caducifoglio simile a F. excelsior da cui differisce principalmente per la taglia più modesta (fino a
20-25 m), per il portamento meno slanciato, per la corteccia grigia e fin da giovane profondamente
fessurata, per le gemme da verde-bruno a bruno-scuro ma non nere. Le foglioline sono oblungo-linearilanceolate, acuminate, dentate, con nervatura mediana generalmente pubescente nella sezione
prossimale e denti in numero eguale ai nervi laterali. Fiorisce durante I'inverno e matura i frutti a fine
estate-autunno.
ECOLOGIA
Specie tendenzialmente igrofila, vive nei boschi umidi, lungo i fiumi, nei valloni e nelle forre, associandosi
più fre-quentemente al Pioppo bianco, alla Farnia e all'Olmo campestre. Tende a sostituire F. excelsior
nelle foreste planiziarie e nei boschi ripariali e retrodunali.
E una delle specie caratteristica delle foreste igrofile descritta da Pedrotti (1970, 1992), per il fiume
Sinello nel Chietino e presente in molte località del versante adriatico e anche a S. Rossore (Pisa) sui
versante tirrenico (Pedrotti, 1980; Gellini et alii, 1992).
DISTRIBUZIONE
Europa centro-meridionale, Asia Minore, Caucaso, Africa del Nord. Versante tirrenico dalla Toscana in giu;
versante adriatico dal Ferrarese e Ravennate in giu; Lago di Garda; Sicilia e Sardegna. Tende a sostituire F.
excelsior nelle regioni dell'ltalia meridionale.
Gen. Phillyrea
Le Filliree, dette anche Ilatri a Lillatri, sono diffuse, con 3 specie (secondo alcuni Autori 4 specie), nel
Bacino Mediterraneo e fino al Mar Nero meridionale.
Piante arbustive tipiche della macchia mediterranea, possiedono foglie opposte, persistenti, coriacee,
intere a seghettate al margine. I fiori, piccoli, sono bianchi e riuniti in infiorescenze a racemo. Il frutto è
una piccola drupa.
Le Filliree sono utilizzate soprattutto come piante ornamentali. Sono inoltre impiegate per il
rimboschimento di aree nude e degradate; P. angustifolia, in particolare, è indicata per il consolidamento
di sabbie retrodunali.
Le foglie possiedono proprietià rinfrescanti e astringenti e sono appetite dal bestiame. La corteccia, che
ha proprietià tintorie, conferisce alla lana e alla seta varie tonalità di giallo.
Il termine Phillyrea deriva dal greco " phyllon" = foglia.
In Italia sono presenti P. latifolia e P. angustifolia, un tempo riunite in un'unica specie (P. variabilis Timb.):
la distinzione tra le due specie è poco agevole a causa della notevole variabilità delle foglie. Alcuni Autori,
al contrario, avevano proposto uno smembramento in numerose "specie" che, come sottolinea Pignatti
(1982) rappresentano soltanto degli stati individuaii; ad esempio, P. media L. è considerata, attualmente,
uno stadio giovanile di P. latifolia.
CHIAVE PER IL GENERE PHILLYREA
1 Foglie ovato-lanceolate, con 6-12 paia di nervi secondari robusti; calice con lobi triangolari; frutto
arrotondato a compresso all'apice.
P. latifolia
1 Foglie lineari-lanceolate, con 4-6 paia di nervi secondari deboli; calice con lobi arrotondati; frutto
appuntito all'apice.
P. angustifolia
Phyllirea latifolia
Phyllirea latifolia
MORFOLOGIA
Arbusto o piccolo albero sempreverde alto 1-5 m, raramente fino a 10-15 m, con corteccia
liscia screpolantesi con l'età e chioma leggera. Foglie opposte, coriacee, a breve picciolo e
lamina ovato-lanceolata, larga fino a 3-3,5 cm e lunga fino a 6-7 cm (2-3 volte piu lunga che
larga), con margine intero a denticolata, verde-scura e lucida di sopra; nervi secondari 6-12
paia, robusti e inseriti quasi ad angolo retto. Fiori piccoli, bianco-verdastri a bianco-rosei,
riuniti in brevi racemi all'ascella delle faglie. Drupa sub-sferica di 6-10 mm, arrotandata a
appiattita all'apice, nera bluastra a maturità. Fiorisce da marzo a maggio; i frutti maturano a
novembre-dicembre.
ECOLOGIA
Specie elio-xerofila, indifferente alla natura del substrato, e tipico elemento della macchia
mediterranea, ma vive anche nei querceti supramediterranei di caducifaglie, fina a circa 800
m di altitudine. E’ specie caratteristica delle formazioni forestali e di macchia a sclerofille
sempre-verdi del Bacino Mediterraneo.
DISTRIBUZIONE
Bacino Mediterraneo; coste atlantiche dalla Francia al Marocco; coste meridionali del Mar
Nero. Camune nella Penisola e nelle Isole, molta rara nell'ltalia settentrionale.
Gen. Ligustrum
II genere Ligustrum comprende una cinquantina di specie con areale a baricentro nell' Asia orientale ed
in Europa presente con una sola specie spontanea, L. vulgare, diffusa in tutta l'ltalia, con esclusione
della Sardegna.
I Ligustri sono piante arbustive o, più raramente, arboree, a foglie caduche a sempreverdi, opposte,
semplici e intere. I fiori, profumati e spesso bianchi, sono bisessuali e riuniti in pannocchie terminali. I
frutti sono delle bacche generalmente nerastre a maturità.
I Ligustri rivestono, e rivestivano soprattutto in passato, vari motivi di interesse, legati alla fabbricazione
di inchiostri, alla concia delle pelli, alla medicina popolare. I semi abbrustoliti di L. japonicum, di origine
asiatica orientale, vengono usati, nella patria di origine, come succedanea del caffe. Varie specie
trovano largo impiego, da tempi remoti, nel giardinaggio, sia per la loro eleganza sia per la produzione
di fiori profumati.
L'origine del termine Ligustrum non e chiara; secondo alcuni deriverebbe dal latino ligare = legare, con
riferimento all'impiego dei rami, flessibili, per farne legacci e per lavori di intreccio.
CHIAVE PER IL GENERE LIGUSTRUM
1 Foglie ellittico-lanceolate, lunghe fino a 4-5 cm.
Pannocchie lunghe 6-8 cm. Pianta spontanea.
1 Foglie ovali-ellittiche, lunghe fino a 12 cm. Pannocchie
più lunghe (lino a 20 cm). Piante largamente coltivate.
2 Foglie ovali-acuminate, coriacee, di 3-5 x 6-12 cm; infiorescenza glabra.
2 Foglie ovali-ellittiche, generalmente membranacee e meno coriacee,
di 2-3 x 3-7 cm; infiorescenza pubescente.
L. vulgare
2
L. lucidum
L. ovalifolium
Ligustrum vulgare, ligustro
Ligustrum vulgare, ligustro
MORFOLOGIA
Arbusto alto 0,5-3 m, con numerosi rami flessibili, spesso ricadenti; corteccia brunoverdastra, liscia, con piccole len-ticelle. Foglie opposte, caduche 0, nelle zone a clima medi-terraneo,
persistenti in inverno, con breve picciolo e lamina ellittico-lanceolata, intera e glabra, piu o meno
cuoiosa nelle forme sempreverdi, di 10-15 x 12-40 mm, superior-mente verde-scuro e inferiormente
piu chiara. Fiori tetrame-ri riuniti in pannocchie terminali lunghe 6-8 cm; calice di 1 mm; corolla biancoIattea, imbutiforme, lunga 4-5 mm. Bacca subsferica di 6-8 mm, nera e lucida a maturità..
ECOLOGIA E DISTRIBUZIONE
Specie tendenzialmente eliofila, predilige substrati ricchi di calcare. Vive nelle siepi, negli arbusteti, nei
boschi di caducifoglie termofile e ai loro margini, fino a circa 1300 m. Di buon temperamento pioniero,
colonizza le aree denudate, contribuendo attivamente alla ricostruzione della vegetazione legnosa.
Europa e Asia occidentale, dalla Spagna all'Ucraina, Caucaso e Asia Minore. In tutte le regioni italiane
con esclusione della Sardegna.
UTILIZZAZIONI ED ETNOBOTANICA
II succo dei frutti era un tempo utilizzato per la preparazione degli inchiostri e, talvolta, per intensificare
la tonalità troppo chiare. In alcuni Paesi le foglie sono impiegate nella concia delle pelli; i rami flessibili
servono a fare legacci in agricoltura e per produrre cestini, nasse, gabbie e altri lavori di intreccio.
II carbone del suo legno e particolarmente adatto per la preparazione della polvere da sparo. Le foglie
sono appetite dagli animali pascolanti e i frutti sono molto graditi a merli, tordi e altri uccelli.
Nella medicina popolare le foglie erano utilizzate, in decozione, contro il mal di gola, per curare le
ulcere della bocca e per tonificare le gengive. E’ ottima pianta mellifera. Molto comune e il suo impiego
in giardinaggio, soprattutto per la formazione di siepi. La pianta contiene un glucoside velenoso, ma
casi di avvelenamento sono molto rari perche i frutti sono di gusto sgradevole.
Ligustri esotici ed ornamentali
Ligustro del Giappone
Arbusto o piccolo albero sempreverde con foglie
opposte, coriacee, ovali-acuminate, lunghe 8-12
cm; fiori bianchi riuniti in pannocchie piramidali
lunghe 10-20 cm; bacca ovoidale, nero-bluastra a
maturità. Originario della Cina, e largamente
coltivato come pianta ornamen-tale e spesso si
spontaneizza.
Ligustro a foglie ovali
In Italia è coltivato per siepi anche Ligustrum
ovalifolium Hassk., che in qualche caso tende a
spontaneizzarsi. Originario del Giappone, ha
portamento arbustivo, con foglie persistenti
(caduche nei climi freddi), ovali-ellittiche, di 2-3 x 37 cm, con fiori bianchi riuniti in infiorescenze
piramidate ad asse pubescente.
Gen. Olea
Olea europaea, olivo
Al genere Olea appartengono 20 specie, diffuse nei climi tropicali o subtropicali, ma solo l'olivo produce
frutti commestibili.
La domesticazione dell’olivo.
L'olivo ha origini controverse: nonostante la sua coltivazione sia conosciuta già nelle più antiche civiltà
mediterranee e la sua presenza diffusa come pianta spontanea molti ritengono che esso provenga
dall'Asia minore.
Olea europaea var. sylvestris, olivastro, olivo selvatico
L’olivastro è un elemento della vegetazione termomediterranea dal quale è stato
ottenuto l’olivo coltivato. Quest’ultimo una volta inselvatichito tende a riprendere all’aspetto
dell’olivastro. L’olivastro si differenzia dall’olivo coltivato per i rami giovani induriti e spinescenti foglie
lanceolato-ovali, frutti piccoli e portamento arbustivo. L'olivo selvatico Olea europaea var. sylvestris
(oleastro) è utilizzato come porta innesti dell'olivo comune. La longevità dell'olivo è proverbiale, grazie
alla sua caratteristica di emettere con facilità nuovi germogli alla base del tronco (ciocco). Ancora oggi in
Sardegna vive uno dei più grandi e vetusti olivi con probabilmente 4000 anni.
Gen. Syringa
Syringa vulgaris, Lillà
MORFOLOGIA
Arbusto caducifoglio alto 2-6 m, con foglie opposte, picciolate, a lamina acuminata, ovatocuoriforme, di 5-7 x 6-9 cm, verde-scuro. I fiori sono molto profumati, hanno corolla
Iillacina, con tubo di 8-10 mm e 4 lobi patenti di 4-5 mm; sono riuniti in dense pannocchie
lunghe 10-20 cm. II frutto è una capsula acuminata lunga 10-15mm. Fiorisce ad aprilemaggio e matura i frutti a settembre-ottobre.
ECOLOGIA
Specie termo-xerofila, vive nelle
siepi, negli arbusteti, nelle boscaglie
e sui pendii rupestri.
AREALE
Il suo areale comprende l'Europa
sud-orientale, dalla Romania alla
Grecia. In Italia è coltivato per
ornamento
e
spesso
è
spontaneizzato in varie regioni.
Gen. Syringa
Jasminum
Jasminum officinalis, gelsomino
Forsythia
Forsythia viridissima, forsizia
FABACEAE
Fabaceae
(Mimosoideae, Cesalpinoideae, Faboideae)
Erbe, suffrutici, arbusti, alberi e liane, con foglie semplici, digitate, trifogliate, pari o imparipennate,
talora modificate in cirri o spine. Fiori bisessuali, pentameri, isolati o riuniti in racemi. Il tipo di fiore è
alla base della distinzione di tre sottofamiglie:
Mimosoideae, con corolla regolare, con 5 (4) petali, piccoli o spesso concresciuti in tubulo; stami in
numero doppio dei petali o numesi, liberi, spesso aventi una funzione vessillare; sono alberi o arbusti
di aree tropicali ed equatoriali, in Italia solo generi coltivati (Mimosa, Acacia, Albizia);
Cesalpinoideae, con corolla irregolare, non papilionacea, con 5 petali liberi; stami generalmente
liberi; appartengono a questa sottofamiglia alberi o arbusti di aree subtropicali ed equatoriali; in
Italia vivono allo stato spontaneo solo due specie: Cercis siliquastrum e Ceratonia siliqua.
Faboideae, con corolla irregolare di 5 petali, papilionacea, cioè un petalo superiore più sviluppato e
ripiegato (vessillo), petali laterali liberi (ali), petali inferiori concresciuti (carena); stami 10, liberi,
saldati in un unico fascio (monadelfi) o 9 saldati e uno libero (diadelfi); sono erbe, arbusti o alberi;
moltissime specie spontanee in Italia.
Il frutto è un legume variamente conformato. E’ una delle famiglie più ricche: annovera infatti circa
600 generi e 13000 specie diffuse in tutto il mondo. Anche gli interessi che tale famiglia riveste sono
molteplici: ne fanno parte piante alimentari, foraggere, medicinali; alcune specie sono utilizzate per il
loro legno o per altri prodotti come resine, gomme, olii ecc.
MIMOSOIDEAE
Pithecolobium pruinosum
Mimosa pudica
mimosa sensitiva
MIMOSOIDEE
Mimosa
MIMOSOIDEE
Acacia
Acacia cyanophylla
Acacia mollifolia
Acacia collinsii
Acacia dealbata
MIMOSOIDEE
Albizia
Albizia julibrissin
CESALPINOIDEAE
Cercis siliquastrum
Cercis
Cericis siliquastrum
Cericis siliquastrum
Il genere Cercis (sottofamiglia Cesalpinoideae) comprende 6-7 specie diffuse
nell'Europa meridionale, nell' Asia e nel Nord America. Il Siliquastro
(Cercis siliquastrum) è l'unica specie che interessa la flora italiana e presenta
una distribuzione mediterraneo-orientale.
Si tratta di piccoli alberi o arbusti, con foglie caduche a lamina cordata;
fioriscono generalmente prima di emettere le foglie ed i fiori, di colore
rosa o rosso, formano vistosi glomeruli direttamente inseriti sui rami più
vecchi e sui tronco (cauliflora). Il frutto è un legume lungo e compresso.
Le specie del genere Cercis sono utilizzate come piante ornamentali,
nei giardini e nelle alberature stradali, soprattutto per le loro ricche e
vistose fioriture primaverili, oltre che per essere docili alla potatura.
Cercis siliquastrum
CESALPINOIDEE
Fiori maschili
Fiori maschili
in dettaglio
Fiori femminili
Ceratonia siliqua
carrubo
Albero o arbusto sempreverde. Foglie composte
da 3 o 4 paia di foglioline coriacee verde scuro di
sopra e chiare di sotto, con margini interi. Fiori
molto piccoli, verde-giallastri o rossicci i maschili,
portati da corte spighe sul legno vecchio
(caulifloria). Baccelli numerosi lunghi 10 – 20 cm
spessi e cuoiosi, dapprima verdi e poi a
maturazione marrone scuro contenenti semi
ovoidali molto duri.
Originario dei paesi del Mediterraneo caldo e
arido ove viene comunemente coltivato.
I baccelli sono comunemente utilizzati per
l’alimentazione del bestiame ed un tempo
venivano utilizzati secchi per l’alimentazione
umana grazie al sapore dolce, gradevole e
delicato. Si usano anche per la produzione di
bevande fermentate.
CESALPINOIDEE
Ceratonia siliqua
carrubo
Fiori maschili
Frutti: lomenti
Ceratonia siliqua
FABOIDEE
FIORE PAPILIONACEO
vessillo
2 ali
carena
Ovario unicarpellare
FABOIDEE
Astragaleae foglie imparipennate senza viticci con Astragalus, Wistaria sinensis (glicine,
specie ornamentale con corteccia tossica per vistarina) Robinia pseudo-acacia (Nordamericana) naturalizzata.
Viciae erbe rampicanti foglie composte paripennate, con Pisum sativum (pisello), Lens
esculenta (lenticchia), Cicer aretinum (cece), Vicia faba (Fava), tutte eduli. V. villosa e V.
sativa sono foraggere. latyrus odoratus (pisello odoroso) ornamentale.
Phaseoleae erbe volubili foglie trifogliate, Phaseolus vulgaris (fagiolo comune), Ph.
coccineus (f. di Spagna), Glicine max (soia).
Trifolieae: erbe non volubili, foglie trifogliate, foraggere, Trifolium pratense (trifoglio dei
prati), T. repens (trifoglio a fiori bianchi). Medicago sativa (erba medica), e Trigonella
foenum graecum (fieno greco).
Lotae foglie imparipennate raramente palmate Lotus corniculatus (ginestrino)
Genisteae legnose e erbacee, foglie palmate o trifgliate, Lupinus albus (lupino), Spartium
junceum (ginestra del vesuvio), Genista tinctoria.
Coronilleae legumi lomentacei foraggere. Onobrychis viciaefolia (lupinella), e Hedysarum
coronarium (sulla), Arachis hypogaea (arachide).
Lathyrus sylvestris
Interesse
L'importanza economica delle leguminose è grandissima e
numerose specie sono utilizzate per l'alimentazione
umana o come foraggio per il bestiame. Tra le prime la
fava, Vicia faba, il pisello, Pisum sativum, il cece, Cicer
arietinum, la lenticchia, Lens culinaris, tutti largamente
coltivati nelle regioni del Mediterraneo, i fagioli, Phaseolus
vulgaris e P. coccineus, di origine americana, la soia, Glicine
max, proveniente dell’Estremo Oriente, la cui crescente
importanza come seme oleaginoso ne fa oggi una delle
colture più diffuse, l'arachide, Arachis hypogea, coltivata
nei paesi caldi, il fagiolino, Vigna unguiculata, la cicerchia,
Lathyrus sativus, coltura in via di scomparsa. Tra le più
importanti specie foraggere si ricordano le specie dei
generi Trifolium, Medicago, Lupinus. Sfruttando la naturale
tendenza delle leguminose a entrare in simbiosi con batteri
azoto-fissatori, alcune di queste specie vengono anche
utilizzate in agricoltura con la tecnica del sovescio per
arricchire i terreni poveri di sostanze azotate.
Lathyrus sylvestris
Phaseolus vulgaris fagiolo comune
Phaseolus coccineus fagiolo di Spagna
Faseolus lunatus fagiolo di Lima
Vigna unguiculata fagiolino
Pisum sativum pisello
Vicia faba fava
Cicer arietinum cece
Lathyrus sativus cicerchia
Lens esculenta lenticchia
Arachys hypogea arachide
Glycine max soia
Lupinus luteus lupino giallo
Lupinus angustifolius lupino azzurro
Leguminose di interesse zootecnico
Medicago sativa
erba medica
Vicia faba favino
Onobrychis viciifolia lupinella
Hedysarum coronarium sulla
Trifolium
Trifolium campestre
Trifolium pratense
Trifolium repens
Trifolium repens
Trifolium campestre
Trifolium repens
Lotus
Lotus corniculatus
Hippocrepis
Hippocrepis comosa
Vicia
Medicago
Medicago arabica
Vicia sativa
Vicia sativa
Medicago lupulina
Leguminose spontanee erbacee
Specie degli orli forestali
Astragalus glycyphyllos
Astragalus hamosus
Specie dei suoli scoperti, in erosione
Astragalus monspessulanus (sp. perenne)
Astragalus sesameus (sp. annuale)
Medicago lupulina
Medicago sativa
Medicago sativa
subsp. falcata
Medicago minima
Medicago orbicularis
Medicago scutellata
Medicago arabica
Medicago hispida
Medicago marina
TRIFOLIUM (annuali)
Trifolium scabrum
Trifolium arvense
Trifolium striatum
Trifolium stellatum
Trifolium suffocatum
Trifolium hybridum
Trifolium maritimum
Trifolium nigrescens
(bienni)
TRIFOLIUM
Trifolium incarnatum
Trifolium resupinatum
(perenni)
Trifolium medium
Trifolium ochroleucum
VICIA
Vicia disperma
Vicia bithynica
Vicia hirsuta
Vicia hybrida
Vicia incana
VICIA
Vicia peregrina
Vicia lutea
Vicia sepium
Vicia villosa
Leguminose spontanee
di interesse officinale
Melilotus
Melilotus officinalis
Galega
Galega officinalis
Anthyllis
Anthyllis vulneraria
Anthyllis barba-jovis
Anthyllis montana
Leguminose spontanee legnose
(arbustive ed arboree)
Cytisus
Gen. Cytisus I CITISI
I Citisi sono piccoli arbusti o raramente piccoli alberi, con foglie trifogliate o semplici,
piccole, caduche o persistenti. I fiori, papilionacei, sono bianchi, gialli o porporini, isolati o
riuniti in racemi o in fascetti. Gli stami sono in numero di 10 ed hanno i filamenti saldati
fra loro. Il frutto è un legume allungato, glabro o peloso, con semi forniti di un'appendice
detta “caruncola". Vivono nelle regioni temperate dell'Europa, dell' Africa e dell' Asia.
Queste piante venivano un tempo riunite, con una sessantina di specie, nel genere
Cytisus, successivamente smembrato in varie entità generiche. Sulla base di Flora
Europaea (1968) e di Pignatti (1982), e seguendo una recente revisione (Cristofolini,
1991), i Citisi italiani, appartengono ai generi Lembotropis (1 specie), Cytisus (11 specie),
Argyrolobium (1 specie), Laburnum (2 specie).
I Citisi sono utilizzati, per la loro eleganza, come piante decorative in
parchi e giardini. Alcuni di essi sono adatti inoltre a rivestire i suoli
nudi, per la loro rusticita e capacità di fissare l'azoto atmosferico. I Citisi, soprattutto i loro
semi, contengono la citisina, un alcaloide tossico ad azione paralizzante dei centri nervosi.
Cytisus
1 Calice con tubo cilindrico, lungo il doppio dei denti
1 Calice con tubo conico, lungo quanto i denti o meno
2 Rami spinescenti all'apice, bianco-argentini per
pelosità appressata.
2 Rami non spinescenti, verdi, glabri o con pelosita patente.
3 Cespuglio di 20-50cm; foglie sempljci.
3 Arbusti di 0,5-3 m; foglie trifogliate.
4 Foglie dei rami fioriferi sessilj; fiori jn racemi senza foglie.
4 Foglie tutte con picciolo; fiori all'ascella di foglie normali.
5 Stilo avvolto a spirale; calice glabro; rami glabri, ginestriformi,
scanalati, ad angoli acuti.
5 Stilo dritto o solo curvato; calice peloso; rami pelosi, cilindrici
o pentagonali, ad angolj ottusi.
2
3
C. spinescens
C. triflorus
C. decumbens
4
C. sessilifolius
5
C. scoparius
C. villosus
Cytisus sessilifolius
Cytisus villosus
Cytisus scoparius
Argyrolobium zannonii
Genista e Spartium
Cen. Genista e Spartium LE GINESTRE
Vengono comunemente chiamate “Ginestre” numerose specie appartenenti a diversi generi
(Calicotome, Cytisus, Teline, Genista, Spartium, Ulex), più o meno affini fra loro e afferenti alla tribù delle
Genisteae. Le Ginestre, in senso ampio, presenti nelle Marche sono:
Cytisus scoparius (Ginestra dei carbonai o Citiso scopario);
Genista tinctoria (Ginestra minore);
Genista radiata (Ginestra stellata);
Spartium junceum (Ginestra comune o odorosa o di Spagna).
Al genere Genista appartengono piante arbustive caducifoglie che, con circa 10 specie, sono diffuse in
Europa, Asia occidentale, Africa settentrionale e Isole Canarie, soprattutto nei territori caldo-aridi.
Inermi o spinose, hanno rami solcati o striati, flessuosi o rigidi; le foglie sono semplici o talvolta
trifogliate; i fiori sono riuniti in racemi o in capolini, raramente sono solitari; il calice e bilabiato,
persistente, con labbro superiore bilobo e labbro inferiore tridentato; la corolla, papilionacea, e gialla o
raramente bianca; gli stami, in numero di 10, hanno i filamenti saldati fra loro; il legume è globulare o
ristretto-oblungo. Molte specie sono utilizzate come piante ornamentali in parchi e giardini o per
produrre pigmenti gialli per tingere la lana e il lino. Il nome Genista risale agli Autori classici latini che
chiamano così una Ginestra di non chiara identificazione. Al genere Spartium appartiene una sola specie,
S. junceum, diffusa nell'area mediterranea. Il nome Spartium deriva dal greco sparton = corda, con
riferimento all'utilizzazione dei rami della pianta per ricavarne corde rustiche.
Spartium junceum
Genista
tinctoria
Genista michelii
Genista michelii
Genista radiata
Coronilla
Gen. Coronilla LE CORNETTE
Sono cosl chiamate le specie, appartenenti al genere Coronilla, la cui
denominazione deriva dalla disposizione dei fiori a "piccola corona" alla
sommita del peduncolo dell'infiorescenza. II genere comprende una ventina di
specie presenti in Europa, Asia occidentale, Africa settentrionale e Isole
Canarie. Si tratta di piante erbacee o arbustive, annuali o perenni, a foglie
semplici, trifogliate o imparipennate, con fiori gialli, porporini o bianchi
disposti in ombrelle su lunghi peduncoli. II frutto e un legume articolato.
Vengono coltivate a scopo ornamentale nei giardini; data la loro tossicità, non
hanno impieghi medicinali.
In Italia il genere è rappresentato da 10 specie; quelle arbustive presenti nelle
Marche sono C. emerus e C. valentina.
Coronilla emerus
Coronilla valentina
Colutea arborescens
Laburnum
Gen. Laburnum I MAGGIOCIONDOLI
I Maggiociondoli sono piccoli alberi o arbusti appartenenti al genere Laburnum, che
comprende tre sole specie e che è affine al genere Cytisus, al quale un tempo venivano
ascritti. La distribuzione interessa l'Europa meridionale e l' Asia occidentale; due specie
(L. anagyroides e L. alpinum) vivono in Italia; la terza (L. caramanicum), è originaria della
Grecia e dell'Asia Minore. I Maggiociondoli hanno foglie caduche, alterne, picciolate,
composte da 3 foglioline; i fiori, gialli, sono riuniti in lunghi racemi penduli ed hanno
corolla papilionacea; il frutto e un legume lineare. La denominazione di "falso Ebano" che
viene data a queste piante deriva dai caratteri del legno, che ha il durame color brunoscuro ed è durissimo e resistente alia marcescenza, indicato per lavori di ebanisteria, di
tornio e di intarsio; lo scarso accrescimento in diametro però ne limita in pratica l'uso
perché i tronchi sono quasi sempre sottili. Alla sua elasticità pare che fosse legato l'antico
uso nella fabbricazione degli archi e l'uso pastorale di ricavarne collari per il bestiame
ovino e caprino. I Maggiociondoli sono anche utilizzati come piante ornamentali e per il
consolidamento di scarpate e pendii. Tutti gli organi vegetativi di queste piante, e in
particolare i legumi freschi, sono velenosi a causa della presenza della citisina, un
alcaloide molto tossico ad azione paralizzante dei centri nervosi.
Laburnum
CHIAVE PER IL GENERE LABURNUM
1 Legume non alato lungo la sutura; rami e legumi a pelosità sericea;
foglioline ad apice ottuso, mucronato, superiormente glabre,
inferiormente a pelosità sericea; fiore con ali lunghe il doppio
della carena.
L. anagyroides
1 Legume alato lungo la sutura, glabro; rami glabri o scarsamente
pelosi; foglioline ad apice acuto, glabre con ciglia al margine;
fiore con ali poco più lunghe della carena. L. alpinum
Laburnum anagyroides
Laburnum alpinum
Laburnum anagyroides
Laburnum alpinum
Laburnum alpinum
Laburnum alpinum
GENERE ASTRAGALUS
Gli astragali più primitivi (cespugli spinosi emisferici) sono relitti di una
fascia di vegetazione subtropicale-montana ad arbusti pulvinati e spinosi ancora
ben sviluppata in Asia, ma da noi distrutta dalle glaciazioni.
Più abbondanti le specie erbacee degli ambienti desertici e steppici, che da noi
sono l’assoluta maggioranza. Tutte le specie italiane hanno analoga ecologia e
possono dirsi xerofile e condizionate dal clima steppico, non necessariamente caldo
(molte specie vivono in montagna)
Astragalus genargenteus (endemismo sardo)
Astragalus tragacantha (W-Mediterraneo)
Leguminose esotiche
Leguminose esotiche
Amorpha fruticosa L. - spontaneizzata (Amorfa, Indaco bastardo)
Morfologia
Arbusto caducifoglio alto 1-2 m, a volte fino a 5 m, con rami giovani sparsamente
pubescenti; foglie imparipennate, con (7) 11-25 foglioline ellittiche lunghe 10-40
mm. Fiori riuniti in dense spighe lineari, di 1 x 10-15 cm; corolla ridotta al solo
vessillo violetto, lungo più o meno 6 mm; stami brevemente sporgenti. Legume
ghiandoloso, lungo 6-9 mm. Fiorisce a giugno-Iuglio e matura i frutti in autunno.
Distribuzione
Originaria del Nordamerica, e coltivata per siepi e si spontaneizza soprattutto
lungo i greti e gli alvei fluviali. In Abruzzo si e spontaneizzata lungo vari fiumi, nel
tratto planiziare e collinare (Saline, Tronto, Vibrata, Vomano ecc.) e anche in
ambienti retrodunali sui litorale del Pescarese e di Martinsicuro, invadendo i
saliceti ripariali e, nei casi di maggiore degradazione, sostituendosi ad essi.
Amorpha fruticosa
Wistaria sinensis
Glicine
Robinia pseudacacia
Gleditsia triacantos
ROSACEAE
ROSACEAE
E’ una famiglia assai numerosa, alla quale appartengono 100 generi e oltre 3000 specie,
diffuse in tutto il mondo e soprattutto nelle regioni temperate. II loro interesse deriva anche
dalle numerose specie coltivate per il frutto e ornamentali (peri, meli, peschi, ciliegi, susini,
albicocchi, mandorli, sorbi, biancospini, agazzini, cotognastri ecc.).
Si tratta di alberi, arbusti ed erbe con foglie semplici, trifogliate o composte. I fiori, isolati o
riuniti in infiorescenze a racemo, ombrella a corimbo, hanno 5 sepali, 5 petali e numerosi
stami; L'ovario è supero, semi-infero o infero, con carpelli da uno a molti (in quest’ultimo
caso fiori generalmente apocarpici). I frutti sono assai diversificati e più frequentemente
sono costituiti da drupe, pomi e follicoli.
La famiglia è costituita da un elevato numero di generi e specie, assai diversificate in fatto di
habitus, struttura fiorale e tipi di frutti, tanto da essere suddivisa in varie sottofamiglie, tra
queste ultime sono ben rappresentate nei nostri climi tre sottofamiglie: Rosoideee, Maloidee
e Prunoidee.
Relativamente alle specie legnose, sia arboree che arbustive, sono presenti, allo stato
spontaneo, i generi Rubus, Rosa, Pyrus, Malus, Sorbus, Amelanchier, Cotoneaster,
Pyracantha, Crataegus, Mespilus. II genere Prunus è presente con specie sia spontanee che
spontaneizzate.
ROSACEAE
Prospetto per la determinazione dei generi di taxa ad habitus legnoso:
1. Fiori solitari, terminali
Gen. Mespilus
1. Fiori in fascetti, racemi o corimbi, per lo più ascellari
2
2. Carpelli uno; ovario supero; frutto con un solo seme (drupa)
Sottofam. Prunoidee
Gen. Prunus
2. Carpelli numerosi
3
3. Carpelli assai numerosi; ovario infero
Sottofam. Rosoidee
3. Carpelli sino a 5; ovario semiinfero; frutto con più semi
4. Fiori piccoli (meno di 2 cm in diam.);frutto drupa polisperma
Sottofam. Maloidee
4
5
4. Fiori grandi (2-4 cm in diametro); il frutto è un pomo
6
5. Rami inermi; endocarpo membranaceo o cartilagineo sottile
5. Rami spinosi; endocarpo osseo
6. Fi. bianchi; antere rosso-violacee; frutto non ombelicato alla base
6. Fi. rosei; antere gialle; frutto ombelicato alla base
Gen. Sorbus
Gen. Crataegus
Gen. Pyrus
Gen. Malus
ROSACEAE
Le più comuni Rosacee spontanee che interessano il territorio dell’Appennino
centrale:
ROSOIDEE
Rosa canina, R. arvensis, R. sempervirens, Rubus idaeus, R. ulmifolius
MALOIDEE
Malus sylvestris, M. florentina, Pyrus pyraster, Crataegus monogyna, C. laevigata,
Pyracantha coccinea, Mespilus germanica, Amelanchier ovalis, Sorbus domestica,
S. aucuparia, S. torminalis, S. aria, Cotoneaster nebrodensis
PRUNOIDEE
Prunus spinosa, P. avium, P. mahaleb
Rosoidee
• Ovario infero o semiinfero, carpelli
numerosi, frutto ad achenio o
drupeola
• Specie erbacee ed arbusti spinosi
Rosa canina
Fragaria vesca
Dryas octopetala
Sanguisorba minor
Rubus ulmifolius
Rosoidee
Specie erbacee
Sanguisorba minor
Fragaria sp.
Potentilla reptans
Genere Rosa
Le Rose sono arbusti con rami sarmentosi, rampicanti, spinosi,
diffusi, con oltre 100 specie (ma secondo alcuni Autori le specie
sarebbero circa 500), nelle regioni temperate e subtropicali
dell'Emisfero boreale. Le foglie sono alterne, imparipennate, a
margine generalmente dentato. I fiori, bisessuali, hanno corolla
grande, variamente colorata, e numerosi stami. II ricettacolo, a forma
di coppa, a maturazione diventa carnoso dando origine a un falso
frutto chiamato "cinorrodio”, che contiene i veri frutti, i quali sono
degli acheni circondati da numerose setole rigide.
Le Rose nostrane vivono nei boschi, nei cespuglieti e nelle siepi, nei
pascoli sassosi e sulle rupi, dal piano basale fino a quello culminale.
Regine dei fiori, le Rose sono note fin dall'antichità per la loro
bellezza e il loro profumo e da tempi immemorabili sono impiegate
largamente in floricoltura. Dai fiori si estrae un'essenza utilizzata in
profumeria; i frutti sono ricchi di vitamina C, oltre a essere diuretici,
antidiarroici e disinfettanti.
Sembra che il nome derivi, secondo alcuni, dal celtico rhood tradotto
nel greco rhoan e quindi nel latino rosa; secondo altri deriverebbe
dal sanscrito vrodche significa "flessibile", con riferimento alia
flessibilità dei rami.
Rosa pendulina
Rosa micrantha
Rosa pouzinii
Rosa rubiginosa
Genere Rosa
Complessità sistematica
L’identificazione delle rose, ad eccezione di poche specie, è molto difficile, soprattutto a
causa delle particolari modalità riproduttive e delle frequenti ibridazioni.
Queste difficoltà sono dovute anche alla scarsa diffusione di opere moderne che
permettano di determinare agevolmente queste piante.
Principali caratteri identificativi
Morfologia e indumento dei peduncoli fiorali, del ricettacolo fruttifero o cinorrodio, dei
sepali, degli stili, delle foglioline. La presenza o assenza ad esempio di pelosità o
ghiandolosità su alcuni di questi organi è un carattere discriminante fondamentale per
distinguere le varie specie. Ha invece di solito scarsa importanza il colore dei petali che è
generalmente roseo, bianco-roseo o bianco ed è abbastanza variabile anche nella stessa
specie.
Stili
Stami
Sepali
Stili liberi
Stili in colonna
Ricettacolo
Peduncolo fiorale
Stili poco sporgenti
Stili liberi villosi
Foglia
Sepali interi
Rachide foglia
Fogliolina
Sepali laciniati
Nervatura
Denti
semplici
Sepali eretti
Sepali riflessi
Denti
composti
Rosa canina L., rosa selvatica, rosa canina
MORFOLOGIA
Arbusto caducifoglio di 1-3 m, con ampia ramificazione eretto-scandente, con fusti
principali poco ramificati, glabri; spine robuste e arcuate.
Foglie: alterne, hanno 5-7 foglioline da ellittiche a ovate, di 9-25 x 13-40 mm, con pelosità
e seghettatura variabile e ghiandole assenti o presenti solo sul picciolo, le nervature ed i
denti.
Fiori: sono isolati o riuniti in corimbi di pochi elementi; peduncoli di 20-25 mm; sepali
laciniati, riflessi a maturità e poi caduchi; petali bianco-rosei, larghi 19-25 mm e lunghi 2025 mm; stami numerosi con antere gialle; stili liberi.
Frutto: subgloboso-ellissoide o piriforme, rosso, lungo 2-2,5 cm, detto cinorrodio.
ECOLOGIA
Fiorisce da maggio a luglio; i frutti maturano in autunno. Specie eliofila, vive nei boschi radi
e ai loro margini, negli arbusteti, nelle siepi, nelle radure e nei pascoli sassosi, dal livello del
mare fino a 1500 m.
Rosa canina L., rosa selvatica, rosa canina
Rosa canina L., rosa selvatica, rosa canina
PROPRIETÀ ED USI
i frutti sono ricchi di vitamina C, acidi organici, tannini, pectine carotenoidi e soprattutto
bioflavonoidi,
pigmenti
naturali
dall´importante
azione
antiossidante.
La vitamina C è sinergica con i bioflavonoidi, aiuta la cicatrizzazione di ferite, ustioni, gengive
sanguinanti, abbassa l’incidenza dei coaguli sanguigni, previene le infezioni virali e
batteriche.
Pianta antinfiammatoria, antiallergica, astringente, blandamente diuretica, cicatrizzante,
antisettica, vasoprotettrice.
In medicina per uso interno: in caso di raffreddori, influenza, gastrite e diarrea.
I frutti si usano per preparare sciroppo, impiegato come integratore alimentare, in
particolare nella dieta dei neonati e usato dall’industria farmaceutica come aromatizzante
delle medicine. Gli estratti dei frutti si aggiungono alle pastiglie di Vitamina C.
I petali sono utili per combattere la diarrea, il mal di gola se spremuti, possono essere usati
per preparare un buon collirio.
Rosa arvensis Hudson, rosa cavallina
CARATTERISTICHE
Arbusto caducifoglio di 0,5-3 m, a rami arcuati, piuttosto
gracili, striscianti o lianosi, glabri, più o meno bluastri e
pruinosi, con aculei arcuati o anche dritti.
Foglie: sono composte da 5-7 (raramente 9) foglioline, con
pagina superiore un po' lucida e glabra, quella inferiore più
chiara e pelosa nelle nervature, a margine seghettato (a volte
con doppie seghettature).
Fiori: isolati o riuniti in infiorescenze di pochi elementi con
lunghi peduncoli ricchi di peli ghiandolari; sepali interi o con
1-2 appendici lineari per lato, riflessi dopo la fruttificazione e
caduchi; petali bianchi, inodori, lunghi 15-25 mm; stili
concresciuti in colonna glabra o con pochi peli.
Frutti: ovoidi, glabri, rossi, lunghi 10-15 mm.
ECOLOGIA
Fiorisce da maggio a luglio; i frutti maturano in autunno. Vive
nelle boscaglie, nei cedui e ai margini dei boschi; predilige
suoli fertili, neutri o moderatamente acidi, dal piano fino a
1700 m circa.
Rosa arvensis Hudson, rosa cavallina
Rosa sempervirens L.
rosa sempreverde, rosa di San Giovanni
MORFOLOGIA
Arbusto sempreverde di 1-5 m, strisciante o rampicante, con spine curve.
Foglie sono a 3-7 foglioline lanceolato-acuminate, le maggiori di 2x3,5 cm, glabre, verdescuro e lucide di sopra, con seghettatura semplice.
Fiori in corimbi terminali, con peduncoli peloso-ghiandolosi; sepali interi, riflessi a
maturità, caduchi; petali bianchi, cuoriformi, di 10-20 mm; stami numerosi con antere
gialle; stili concresciuti in colonna pubescente. Fiorisce a maggio-giugno; matura i frutti a
settembre-ottobre.
Frutto: subgloboso, rosso, di 8-10 mm.
ECOLOGIA
Specie eliofila, è specie caratteristica della macchia mediterranea, nelle leccete costiere,
oltre che nei boschi termofili supramediterranei e nelle siepi, dal livello del mare fino a 800900 m di altitudine.
È una pianta di discreto valore ornamentale, senza particolari esigenze ambientali, adatta
per parchi e giardini ove può crescere in siepi o rivestire cancellate e muri, grazie alle sue
caratteristiche di arbusto sempreverde rampicante.
Rosa sempervirens
Rosa agrestis e
Rosa micrantha
Sono due specie molto affini fra loro.
Rosa agrestis si riconosce per le foglioline
cuneate alla base, i peduncoli fiorali glabri ed è
molto più diffusa dalla pianura al livello della
faggeta, negli stessi ambienti di Rosa canina.
Hanno lo stesso portamento di Rosa canina dalla quale si
distinguono per alcuni caratteri.
Foglioline: molto lucide sulla pagina superiore, piccole, con
odore di mela e molto ruvide nella pagina inferiore per
l’abbondante presenza di ghiandole sulla pagina inferiore, non
solo sulle nervature, facilmente percepibili al tatto.
Rosa micrantha è molto più rara della
precedente e diversa per le foglioline
arrotondate alla base e i peduncoli fiorali
ghiandolosi, è conosciuta di poche
località del settore montano, ove si trova
soprattutto in radure e luoghi boschivi.
Rosa pimpinellifolia L.
Specie assai caratteristica che vive in pascoli e radure
delle montagne più elevate. Forma spesso ampie
colonie.
Fusti: eretti alti fino un metro, provvisti di abbondanti
spine diritte frammiste ad aculei deboli e sottili (per
questo viene anche detta spinosissima).
Fiori:solitari e generalmente di un caratteristico
colore bianco-giallastro.
Foglie: foglioline, da 5 a 11, piccole, da sub-orbiculari
a ellittiche, i sepali sono interi ed eretti dopo la
fioritura.
Frutti: più o meno globosi,
Dapprima rossi poi bruno-nerastri.
Rosa pendulina L.
Altra specie piuttosto interessante,
anche se presente in diverse località dell’Appennino, ove si
osserva in ambienti rupestri di tipo ghiaioso o roccioso e
nelle radure delle faggete.
Si riconosce agevolmente per i sepali interi, eretti, foglie
glauche, petali di un rosso vivo, peduncoli ripiegati in baso a
maturità e frutti di forma ovale-affusolata.
Genere Rubus
I Rovi sono piante erbacee o arbustive con rami sarmentosi da eretti a prostrati,
inermi o spinosi; possono essere glabri, pelosi o ghiandolosi, diffusi in molti ambienti di
tutti i continenti. Controverso è il numero delle specie, essendo la sistematica del genere
molto complessa; le specie più o meno ben caratterizzate dovrebbero comunque essere
400; numerosissimi sono gli ibridi.
Le foglie sono generalmente composte;
i fiori, bisessuali, vanno dal rosa al bianco, sono solitari o riuniti in infiorescenze.
I frutti sono delle piccole drupe riunite in frutti composti ( le cosiddette “more” di rovo).
I Rovi sono noti da tempi antichissimi ed il loro interesse è legato soprattutto all’uso
alimentare dei loro frutti, in particolare del Lampone e di alcuni rovi comuni. Le foglie
sono ricche di tannini; nella medicina popolare vengono indicate come utili per i casi di
diarrea e di emorroidi, come decotto vengono usate per curare le gengiviti. Il nome
generico Rubus, deriva dal latino (rubus = rosso), con allusione al colore rossastro delle
radici e, forse più propriamente al fatto che nell’antichità queste piante venivano usate
come coloranti.
Per avere un’idea della complessità della sistematica del genere Rubus basti pensare che
Pignatti (1982) sostiene che, ad eccezione di Rubus saxatilis e di Rubus idaeus, “è del tutto
illusorio sperare di riconoscere le specie di rovo in natura”; lo studio deve essere sempre
fatto a tavolino su esemplari raccolti secondo particolari criteri.
Rubus idaeus L., lampone.
CARATTERISTICHE
Arbusto sarmentoso, alto 1-2 m, con
rami piu o meno eretti e con deboli
aculei. Le foglie sono 3-fogliate o
pennate a 5 foglioline, lanceolate e poco
seghettate sui margine, di sotto sono
bianco-tomentose ed hanno un picciolo
spinoso, lungo 2-4 cm. Fiori di circa 10
mm di diametro, con 5 sepali verdi e 5
petali bianchi, ovati, riuniti in cime di
pochi elementi. Il frutto composto da
drupeole rosso-feltrose, a maturità si
stacca facilmente dal ricettacolo.
ECOLOGIA
Specie nitrofila, vive nei boschi montani e subalpini di caducifoglie e di conifere, fino a 2000 m, preferisce stazioni
soleggiate delle schiarite forestali e suoli profondi e freschi. Spesso si comporta da specie pioniera su morene e
macereti. E’ specie caratteristica dei megaforbieti e delle chiarie forestali.
DISTRIBUZIONE
Comune nei boschi di faggio ed ai loro margini in tutto il piano montano.
UTILIZZAZIONE
Contiene vitamine dei gruppi B e C, sali minerali, zuccheri. Per il suo gusto particolare e gradevole, viene utilizzato sia
per preparare sciroppi, gelatine, e marmellate, sia come correttivo in prodotti medicinali sgradevoli.
Rubus ulmifolius Schott, rovo comune
CARATERISTICHE
Arbusto con fusti sarmentosi arcuati o striscianti, radicanti
all’estremità, lunghi da 1 a 2,5 m circa, glabri o con
leggera pubescenza appressata, pruinosi, scanalati e
provvisti sulle coste di robusti aculei. Le foglie sono
persistenti, coriacee, palmate a 3-5 foglioline con pagina
superiore glabra e verde-scuro e pagina inferiore
tomentosa, a margine seghettato; somigliano vagamente
alle foglie di Olmo (da qui l'epiteto specifico). I fiori sono
riuniti in dense infiorescenze a pannocchia ed hanno
corolla generalmente rosea, di rado bianca. I frutti
composti, aderenti al ricettacolo, sono formati da
drupeole nere a maturità.
ECOLOGIA
Fiorisce da maggio a luglio, a seconda dell'esposizione e
dell'altitudine; i frutti maturano da agosto a ottobre. E’
specie invadente nei boschi cedui, nelle formazioni di
mantello di vegetazione, negli arbusteti pionieri, nelle
siepi e negli incolti, dalla pianura fino a 1000-1200 m.
DISTRIBUZIONE
Europa occidentale e centro-meridionale, Africa
settentrionale.
Maloidee
Malus
M. sylvestris, M. florentina, M. domestica
Pyrus
P. pyraster, P. amygdaliformis
Sorbus
S. domestica, S. aria, S. torminalis,
S. aucuparia, S.chamaemespilus
Crataegus
C. monogyna, C. oxyacantha
Cotoneaster
C. nebrodensis
Pyracantha
P. coccinea
Amelanchier
A. ovalis
Mespilus
M. germanica
Malus sylvestris Miller, melo selvatico
MORFOLOGIA
Arbusto o alberello alto fino a 6 m, raramente fino a 10 m, con rami numerosi, induriti e
spinescenti all'apice. Le foglie sono alterne, a lamina ovata, di 2-4 x 3-5 cm, a margine
dentellato, da giovani tomentose e a maturità glabre, più o meno coriacee; picciolo più
breve della lamina. Fiori in cime ombrelliformi, con calice a 5 lacinie e corolla a 5 petali
soffusi di rosa all'esterno, obovati, lunghi da 13 a 25 mm; antere gialle. II frutto è globoso o
ovato, acidulo, di 2-3 cm, di colore variabile dal verde al giallo al rosso, a polpa molto aspra.
Fiorisce ad aprile-maggio; i frutti maturano tra luglio e settembre.
ECOLOGIA
Vive nei boschi di latifoglie planiziali, submontani e montani, ai loro margini e nelle radure,
oltre che in stazioni aride.
La specie è caratteristica delle cenosi forestali temperate di caducifoglie. M. sylvestris e
indicata anche tra le specie caratteristiche delle cenosi arbustive insediate su macereti
calcarei parzialmente consolidati dell' Appennino centrale, in contatto con cenosi boschive
a Carpino nero e Roverella.
Malus domestica
melo
Malus sylvestris Miller
melo selvatico
Malus florentina (Zuccagni) Schneider
MORFOLOGIA
Cespuglio o alberello senza spine, foglie a contorno ovato-cuoriforme, irregolarmente lobate e
seghettate, verde scure di sopra e bianco-tomentose di sotto. Fiori in corimbi, sepali caduchi, petali
bianchi, frutto ellissoideo (1 cm) rosso-pallido.
ECOLOGIA
Vegeta dal piano collinare a quello basso montano. E’ presente in modo assai sporadico nei boschi
submediterranei dell’appennino. Specie interessante con areale transadriatico, caratterizza il mantello di
vegetazione di boschi planiziari a rovere, insieme a Rosa arvensis e Frangula alnus a contatto con
preboschi di pioppo tremulo.
Genere Crataegus
I BIANCOSPINI
I biancospini sono arbusti o piccoli alberi, generalmente spinosi, comprendenti circa 200 specie (ma
secondo alcuni Autori sarebbero molte di più) diffuse nelle regioni temperate dell'Emisfero boreale. Le
loro foglie, caduche, sono dentate, lobate o pennatifide e i fiori, bianchi nella maggior parte delle specie,
sono generalmente riuniti in infiorescenze corimbose. I frutti sono dei piccoli pomi. I Biancospini sono
molto decorativi sia nel periodo della fioritura sia in autunno e in inverno, quando si ricoprono di ricche
e vistose infruttescenze; per tale motivo alcune specie sono utilizzate nei giardini e nelle siepi. Potendo
dare facilmente origine a ibridi, il loro riconoscimento non è sempre agevole.
II nome Crataegus deriva dal greco cratos con riferimento alla durezza del legno, che è molto ricercato
dai tornitori perché può essere ben lucidato. I fiori e i frutti hanno proprietà cardiotoniche, diuretiche,
ipotensive, sedative.
In Italia vivono, allo stato spontaneo, 4 specie: Crataegus laevigata (Poiret) DC. (tutto il territorio esclusa
Sicilia e Sardegna), C. macrocarpa Hegetschw. (Alpi orientali), C. monogyna Jacq. (tutto il territorio) e C.
laciniata Ucria (Sicilia); nell'ltalia settentrionale e in Sicilia è presente anche C. azarolus L., coltivato e
spontaneizzato.
CHIAVE PER IL GENERE CRATAEGUS
1 Foglie piu o meno profondamente divise in 3-7 lobi quasi interi o grossolanamente dentati nella parte
superiore; stili 1; semi 1
C. monogyna
1 Foglie a 3-5 lobi poco profondi e dentati; stili 2-3; semi 2
C. laevigata
Crataegus monogyna Jacq.
MORFOLOGIA
Arbusto o piccolo albero caducifoglio alto fino a 6 m, con spine corte e chioma espansa e intricata. Foglie
con picciolo di 1-3 cm, a lamina coriacea lunga 2-5 cm, da rombica o ovale, con 1-4 incisioni profonde per
lato; lobi a margini paralleli, sinuoso-crenati o grossolanamente dentati nella parte superiore; base
fogliare tronca o ampiamente cuneata. Fiori con 5 petali bianchi subrotondi, riuniti in infiorescenze
terminali a corimbo.
Frutto con diametro di 6-9 mm, rosso, lucido e
glabro, con un solo seme.
Fiorisce ad aprile-maggio; fruttifica in estate.
ECOLOGIA
Specie eliofila, moderatamente xerofila, frugale,
vive nei boschi luminosi e ai loro margini, nelle
radure, nelle siepi, dal piano fino a 1500 m circa;
assieme a molti arbusti è un componente degli
stadi di ricostruzione dei boschi a dominanza di
Querce. E’ specie degli arbusteti pionieri e delle
siepi.
DISTRIBUZIONE
Europa, Asia sud-occidentale e Africa settentrionale. Comune in tutto il territorio. Di difficile distinzione
da C. laevigata con il quale spesso si ibrida.
UTILIZZAZIONI ED ETNOBOTANICA
Il decotto di foglie e fiori e usato nel mal di gola. Con i fiori si può preparare un decotto cardiotonico ed
emolliente.
Crataegus laevigata (Poiret) Dc
Sinonimo: C. oxyacantha L.
MORFOLOGIA
Arbusto o piccolo albero caducifoglio alto 1-6 m,
provvisto di spine robuste. Foglie a lamina
coriacea, ellittico-obovata, con 1-2 incisioni poco
profonde per lato; lobi dentellati; base fogliare
acutamente cuneata. Fiori con 5 petali bianchi,
riuniti in corimbi terminali; stili generalmente 2.
Frutto con diametro di circa 1 cm, rosso scarlatto,
lucido e glabro, contenente 2 semi.
ECOLOGIA
Specie mediamente eliofila, vive nei boschi di latifoglie decidue e nelle radure fino a 1200 m. Rispetto a
C. monogyna, è più fortemente legato all'ambiente forestale, meno agli aspetti di margine ed alle siepi.
E’ specie caratteristica delle cenosi forestali temperate di caducifoglie.
DISTRIBUZIONE
Europa settentrionale e centro-occidentale. In Italia è presente in tutto il territorio, con esclusione delle
Isole, anche se raro. Secondo. Pignatti (1982) l'area è però da precisare, in quanto molte segnalazioni si
riferiscono ad individui atipici di C. monogyna o ad ibridi.
Pyrus pyraster Burgsd., pero selvatico, perastro
MORFOLOGIA
Albero che raramente raggiunge i 15-20 m, a rami induriti e spinescenti e chioma globosa. Le foglie,
caduche, sono alterne, semplici, con lamina variabile da rotondo-ovale a ellittica a ovale-lanceolata; la
base da cuneata a cordata. La foglia è larga 2-5 cm e lunga 3-8 cm, con margine dentellato; la pagina
superiore è verde-scuro e quella inferiore verde-glauco, glabra almeno a maturita; il picciolo e lungo 2-5
cm. I fiori, bisessuali, sono riuniti in infiorescenze a corimbo; calice a 5 denti e corolla a 5 petali bianchi,
ovato-orbicolari, lunghi 7 -16 mm; gl i stami sono numerosi con antere porporine. Il frutto è da sferoidale
a piriforme, lungo da 1 a 4 cm. Fiorisce ad aprile-maggio; i frutti maturano a ottobre-novembre.
ECOLOGIA
E’ specie eliofila, poco esigente nei confronti del substrato; vegeta su suoli umidi e ricchi in sostanze
nutritizie, fino a 1400 m.
Viene indicata come specie caratteristica sia degli arbusteti pionieri e siepi, sia delle cenosi forestali
termofile a dominanza di querce caducifoglie.
DISTRIBUZIONE
Europa centro-meridionale; Asia occidentale. In Italia è presente in tutto il territorio anche se appare più
abbondante su substrati arenacei e marnoso-arenacei, in particolare all’interno delle cerrete
appenniniche.
Pyrus pyraster - P. amygdaliformis
Foglie a margine
dentato glabre
sulle due facce
Foglie a margine
intero con pagina
inferiore
biancotomentosa
Areale
stenomediterraneo in
Italia presente in
meridione
da
dove risale lungo
la costa tirrenica
e fino all’Abruzzo
meridionale
Areale del pero selvatico
Genere Sorbus
CARATTERISTICHE
Le specie del genere Sorbus sono alberi o arbusti caducifogli diffusi, con oltre 100 specie, nelle regioni
temperate dell'Emisfero boreale. Molto simili ai Peri, un tempo venivano compresi nel genere Pyrus. Le
foglie sono intere, lobate o pennate. I fiori, bianchi o rosei, sono riuniti in infiorescenze corimbiformi. I
frutti sono dei piccoli pomi; le sorbe (o sorbole) di S. domestica, molto aspre quando sono acerbe,
diventano gustosissime a completa maturazione; a tale proposito sembra che il nome derivi dal celtico
sor = aspro. I sorbi sono noti da tempi antichissimi e sono citati nei classici latini che si occupano di
agricoltura. Di essi si sono ottenute diverse varietà da frutto ed ornamentali. I sorbi spontanei rivestono
un ruolo importante sia come componenti delle cenosi forestali sia come riserva di cibo della fauna attiva
durante l'inverno.
In Italia sono presenti S. domestica L., S. torminalis (L.) Crantz, S. aria L. Crantz (tutto il territorio), S.
aucuparia L. (tutto il territorio ad eccezione della Sardegna), S. chamaemespilus (L.) Crantz (Alpi,
Appennino settentrionale, Abruzzo), S. graeca (spach) Kotschy (Appennino meridionale), S. umbellata
(Desf.) Fritsch (dubbio in Sicilia, segnalato anche in Abruzzo), S. mougeotii Soy-Will et Godr. (Alpi
occidentali e centrali).
E’ un genere difficile da determinare, data la presenza di complessi di ibridi con molte forme affini nelle
varie zone geografiche.
Genere Sorbus
CHIAVE PER IL GENERE SORBUS
1 Foglie imparipennate.
1 Foglie semplici.
2 Foglioline seghettate nei due terzi superiori; gemme fogliari
glabre e vischiose; stili 5; frutto di 2-3 cm, a maturità
giallo-bruno.
2 Foglioline seghettate nei tre quarti superiori; gemme fogliari
tomentose, non vischiose; stili 3-4; frutto di circa
1 cm, a maturità rosso scarlatto.
3 Petali oblunghi, rosei, eretti; foglie solo dentate, non lobate,
le adulte verdi e glabre di sopra, piu o meno pubescenti ma non tomentose di sotto.
3 Petali rotondeggianti, bianchi; foglie lobate, o se non lobate,
bianco-tomentose inferiormente.
4 Foglie lobate a lobi acuti, glabre op raramente pubescenti
di sotto; frutti bruni a maturità
4 Foglie sempre bianco-tomentose inferiormente; frutti giallicci
o rosso-arancione a maturità.
2
3
S. domestica
S. aucuparia
S. chamaemespilus
4
S. torminalis
S. aria
Sorbus domestica L.
sorbo comune, sorbo domestico
MORFOLOGIA
Albero alto 15-20 m, longevo e a crescita lenta, con tronco dritto a corteccia bruna che con l'età si
fessura e si sfalda; rami grigi, prima tomentosi, poi quasi glabri. Le foglie sono alterne, lunghe fino a 20
cm, imparipennate, con 6-10 paia di foglioline intere. II frutto è subgloboso o a forma di pera, lungo 2-4
cm, dapprima di colore giallo-rossiccio, a maturità bruno e dolce. Fiorisce a maggio; i frutti maturano a
luglio-agosto.
ECOLOGIA
Vive nei boschi supramediterranei, fino a 800 m circa di altitudine. E’ specie caratteristica delle cenosi
forestali termofile a dominanza di Querce caducifoglie.
DISTRIBUZIONE
Europa meridionale, Bacino Mediterraneo. In tutto il territorio italiano, rara al Nord.
UTILIZZAZIONI E ETNOBOTANICA
Un tempo la coltivazione della pianta era molto diffusa; ora, passati di moda i frutti, è in disuso. Le
sorbe si dovrebbero raccogliere ben mature, ma generalmente la raccolta si fa quando sono ancora
acerbe, per poi farle ammezzire fra la paglia in luoghi asciutti.
Ricche di tannino, alle sorbe vengono riconosciute proprietà astringenti e antidiarroiche; contengono
inoltre vitamina C e sorbitolo, un alcool utilizzato come succedaneo dello zucchero dai diabetici.
Sorbus domestica L. sorbo domestico
Sorbus aucuparia L., sorbo degli uccellatori
MORFOLOGIA
Arbusto o albero alto 3-15 m, a tronco snello, con corteccia bruna, liscia e lucida da giovane, poi
fessurantesi con l'eta; chioma rada, ovato-arrotondata. Foglie alterne, imparipennate, lunghe 10-22
cm, con 4-9 paia di foglioline a margine intero nel quarto prossimale e seghettate nel resto, verdescuro superiormente, glauche inferiormente. Fiori riuniti in ricche e vistose infiorescenze a corimbo;
calice tomentoso; corolla di 5 petali obovati, lunghi 4-5 mm, bianchi; 20 stami e 3-4 stili. Frutti,
raccolti in grandi infruttescenze, piccoli (5-10 mm), globosi, rosso-scarlatti a maturità e di sapore
acidulo. Fiorisce da maggio a luglio; i frutti maturano in agosto-settembre. L' epiteto aucuparia deriva
dal latino aucupium = uccellagione, ed è riferito al fatto che i frutti, molto graditi dagli uccelli,
venivano utilizzati per attirarli nei roccoli e catturarli con le reti.
ECOLOGIA
E’ un elemento dei boschi mesofili di latifoglie e di aghifoglie, presente soprattutto ai loro margini e
nelle radure. In tali cenosi si accompagna in particolare al Faggio, all'Acero montano, ai Tigli, al
Frassino maggiore, alla Rovere, alla Betulla, all' Abete rosso e al Pino cembro. Si rinviene, in forma
arbustiva, anche negli arbusteti dell'orizzonte subalpino e sulle pendici detritiche. Le cenosi nelle quali
si rinviene più frequentemente sono le foreste e le lande acidofile subalpine ed i boschi di Faggio e di
altre latifoglie mesofile.
DISTRIBUZIONE E UTILIZZAZIONE
Europa fino al Caucaso. In Italia interessa tutto il territorio, esclusa la sardegna; piu raro al centro-sud.
Con i frutti, ricchi di vitamina C, di tannini e di sorbitolo, si preparano marmellate astringenti; il
legname, assai duro, era impiegato per fabbricare mortai e bocce da gioco.
Sorbus aucuparia L.
sorbo degli uccellatori
Sorbus torminalis (L.) Crantz, ciavardello
MORFOLOGIA
Arbusto o albero alto fino a 15-18 m, a lento accrescimento e molto longevo; tronco dritto e chioma
ampia, globosa; corteccia lucida, dapprima color cenere, liscia, poi a piccole scaglie, bruno-scuro. Foglie
alterne, semplici, con lamina glabra, ovato-Iobata, lunga 4-10 cm e larga 3-8 cm, con 3-4 paia di lobi
(profondi alla base, meno profondi verso I'apice), acuti e a margine irregolarmente dentato; picciolo
lungo da 2 a 5 cm. Fiori bisessuali riuniti in infiorescenze a corimbo composto; sepali triangolari, villosi e
ghiandolosi al margine; petali suborbicolari, di 5-6 mm, bianchi; stami numerosi, stili 2. Frutto
ellissoidale-globoso, di 10-15 mm, prima giallo-rossastro, a maturita bruno. Fiorisce ad aprile-maggio; i
frutti maturano a settembre-ottobre.
ECOLOGIA
Specie moderatamente sciafila e termofila, presente nei boschi di latifoglie soprattutto
supramediterranei. E’ specie caratteristica dei boschi termofili a dominanza di Querce caducifoglie.
DISTRIBUZIONE
Europa, Asia occidentale, Africa nord-occidentale. Presente in tutto il territorio italiano.
UTILIZZAZIONI ED ETNOBOTANICA
Per l'eleganza delle foglie e per il loro bel colore autunnale, il Ciavardello è molto apprezzabile come
pianta ornamentale nei giardini. I frutti, commestibili, sono rinfrescanti e astrigenti; dalla loro
distillazione si ottiene una bevanda alcolica. L'epiteto torminalis, che deriva dal latino tormina=diarrea,
indica l'uso dei frutti contro la dissenteria.
Sorbus torminalis (L.) Crantz
ciavardello
Sorbus aria (L) Crantz, farinaccio
CARATTERISTICHE
Il farinaccio, o sorbo montano, è un caratteristico albero dalla chioma a cupola, ramificazioni ascendenti
ed altezza fino a 25 m. Il tronco è ricoperto da una corteccia grigio-rossastra e liscia, punteggiata da
lenticelle romboidali. Foglie intere, ovato-lanceolate, con pagine inferiore bianco-tomentosa.
DIFFUSIONE
Questa specie è abbastanza diffusa, con presenza sporadica, nei boschi dell' Europa centromeridionale; in Italia si rinviene soprattutto in montagna, nelle fasce vegetazionali del Castanetum e del
Fagetum. Riguardo alle esigenze edafiche, il sorbo montano può essere considerato alquanto rustico,
vegetando bene anche su terreni calcarei; tuttavia è necessario che il terreno sia poroso e aerato, per
cui i terreni asfittici come quelli spiccatamente argillosi sono poco tollerati. Questa specie, al pari degli
altri sorbi, è inoltre piuttosto resistente all' inquinamento atmosferico. Il fabbisogno di umidità non è
elevato, essendo sufficienti 800-900 mm di precipitazioni, in media, nel corso dell' anno; le
temperature, nel mese più freddo, occorre che non scendano, nel valore medio. al di sotto di -2/-3 0C
IMPIEGHI
Il legno del sorbo montano è di colore giallastro, a grana densa e perciò duro e tenace; è usato
tipicamente per lavori al tornio, con produzione di manici di attrezzi, arnesi agricoli e oggetti
ornamentali. Dagli assortimenti di più grosse dimensioni si possono ricavare sfogliati per l’industria dei
pannelli di compensato.
Sorbus aria (L) Crantz, farinaccio
Sorbus chamaemespilus (L.) Crantz, sorbo alpino
MORFOLOGIA
Picolo arbusto caducifoglio alto 0/5-1,5 m, a corteccia bruno-scura con lenticelle chiare.
Foglie alterne, ovato-ellittiche, di 2x6 cm, cuoiose, a margine minutamente seghettato,
superiormente glabre e lucide, inferiormente piu o meno pubescenti; picciolo lungo 5-10
mm. Fiori riuniti in ricchi corimbi pelosi; sepali triangolari di 1,5 mm; petali ovali, eretti, di 4-5
mm, rosa-chiaro. Frutto ovoidale o subgloboso, di 10-12 mm, da rosso-arancio a rosso-bruno.
Fiorisce a giugno-luglio; matura i frutti in agosto-settembre.
ECOLOGIA
Specie eliofila, predilige suoli calcarei poco profondi e sassosi; e legata alle radure delle
peccete, ai lariceti, alle cembrete e alle brughiere ipsofile a Pino mugo, a Rododendri e ad
altri arbusti prostati. Nell'Appennino centrale entra, sporadica, negli arbusteti dell'orizzonte
subalpino con Juniperus communis subsp. alpina, Vaccinium myrtillus, Rosa pendulina,
Daphne oleoides, Arctostaphylos uvaursi, arbusteti della classe Pino-Juniperetea (vegetazione
arbustiva e arborea oromediterranea, climacica).
DISTRIBUZIONE
Europa centro-meridionale. In Italia è diffuso nelle Alpi e nell’Appennino centrosettentrionale.
Sorbus chamaemespilus (L.) Crantz, sorbo alpino
Genere Cotoneaster
CARATTERISTICHE
I Cotognastri sono arbusti o, raramente, piccoli alberi a foglie caduche o persisitenti, diffusi,
con una ottantina di specie, in Asia (baricentro dell'areale in Asia Minore), Europa, Africa
settentrionale, America settentrionale e Messico.
Le foglie sono semplici, coriacee, in molte specie cotonose sulla pagina inferiore. I fiori sono
piccoli, bianchi o rosei, solitari o riuniti in infiorescenze corimbiformi. I frutti sono delle
piccole drupe (o piccoli pomi) rosse, gialle onere.
II nome del genere Cotoneaster deriva dal latino con significato di "falso cotogno"; in realta i
frutti sono più simili a quelli del Biancospino che a quelli del Melo cotogno; poiché però le
foglie sono cotonose inferiormente, il nome potrebbe essere riferito a tale caratteristica. I
Cotognastri, di grande effetto decorativo, sono tra gli arbusti più indicati per i giardini.
In Italia vegetano 2 specie spontanee: C. integerrimus e C. nebrodensis.
Cotoneaster nebrodensis (Guss.) Koch, cotognastro bianco
MORFOLOGIA
Arbusto caducifoglio alto 0,5-2 m, poco ramificato, con rami giovani tomentosi. Foglie ellittiche, larghe 2-4
cm e lunghe 3-6 cm, con 4-6 nervi per lato, verde-scuro e sparsamente pelose superiormente, grigiotomentose inferiormente. Fiori riuniti a 3-10 in cime corimbose brevemente peduncolate; sepali di 4 mm,
tomentosi; petali di 4 mm, rosei. Frutto subsferico, di 8-10 mm, rosso. Fiorisce ad aprile-maggio; i frutti
maturano in settembre.
ECOLOGIA
Vive nei boschi aridi di caducifoglie e ai loro margini, negli arbusteti e negli ambienti rupestri detritici ben
soleggiati, fino a 1600 m, raramente fino a 2400 m.
DISTRIBUZIONE
Europa centro-meridionale. Alpi, Appennini, Sicilia; raro verso Sud.
Cotoneaster salicifolius
COTONEASTER
ORNAMENTALI
Cotoneaster horizontalis
Genere Amelanchier
Il PERO CORVINO
Al genere Amelanchier si ascrivono circa 20 specie, arbusti o piccoli alberi caducifogli, quasi
tutte dell'America settentrionale, un paio europee ed una asiatica, diffuse nelle regioni
temperate. Alcune specie sono utilizzate come piante ornamentali in parchi e giardini,
soprattutto per le loro ricche fioriture bianche primaverili. I loro frutti, piccoli pomi di circa
un centimetro, sono commestibili e vengono usati nella preparazione di bevande alcoliche. II
decotto delle varie parti della pianta è ipotensivo. Il termine Amelanchier deriva dal nome
savoiardo con cui si indicano i frutti della pianta. Secondo alcuni Autori deriverebbe invece
dal greco meles-anchein, che significa "frutto stopposo".
II genere è presente in Italia con la sola specie A. ovalis.
Amelanchier ovalis Medicus, pero corvino
MORFOLOGIA
Arbusto caducifoglio alto 1-3 m, con corteccia grigio-bruna. Foglie alterne, lunghe 2-3 cm, ovatoarrotondate, glabre e verde-scuro di sopra, bianco-lanose di sotto da giovani, poi glabre, a margine
finemente seghettato, con picciolo piu corto del lembo. Fiori in racemi terminali, calice persistente con
tubo lungo 2 mm e 5 denti rossastri; petali 5, bianchi, larghi 3-4 mm e lunghi 12-14 mm, vellutati
all'esterno. II frutto e un piccolo pomo globoso, di 5-10 mm di diametro, nero-bluastro e dolciastro.
Fiorisce ad aprile-maggio; i frutti maturano in luglio-agosto
ECOLOGIA
Specie eliofila e xerofila, vegeta nei boschi radi di caducifoglie, nelle radure, nei cespuglieti e in
ambienti rupestri, in associazione con Cotognastri, Rose selvatiche, Ciliegio canino, Sorbo montano
ecc., fino a 800-1000 m di altitudine; raramente, sulle Alpi, si spinge fino a 1900 m, sulle pendici
rocciose ben esposte. E indicata come specie caratteristica sia delle siepi e degli arbusteti termofili del
piano montano, sia dei dei boschi di caducifoglie termofili su suolo neutro o basico.
AREALE
Europa centro-meridionale, Asia occidentale e Africa nord-occidentale
Amelanchier ovalis Medicus, pero corvino
Genere Pyracantha
L ' AGAZZINO
II genere Pyracantha, comprende 6 specie arbustive spinose sempreverdi diffuse nell'Europa
sud-orientale, nella regione Himalayana e nella Cina centrale.
II nome del genere, le cui specie un tempo venivano ascritte ai generi Crataegus o
Cotoneaster o Mespilus, con i quali vi sono diverse affinità morfologiche, deriva dal greco
pyros=fuoco, e acanthos=spinoso, in relazione al colore rosso dei frutti e alla spinescenza dei
rami.
Di grande effetto decorativo sia per le esuberanti fioriture sia, soprattutto, per le
vistosissime infruttescenze, questi arbusti sono preziose piante da giardino e vengono
utilizzati anche per il rinverdimento e il consolidamento di scarpate stradali.
In Italia è presente una sola specie spontanea: P. coccinea.
Pyracantha coccinea M. J. Roemer, agazzino
MORFOLOGIA
Arbusto sempreverde, densamente ramificato, alto fino a 2 m e più, con rami spinosi,
pubescenti da giovani. Foglie persistenti, a breve picciolo, con lamina ovato-oblanceolata, di
7-15x20-40 mm, a margine dentato verso l'apice, leggermente coriacea, glabra, lucida di
sopra. Fiori in corimbi densi; calice con tubo pubescente e sepali brevi, laciniati; petali
bianchi, lunghi il doppio del calice, obovati, ottusi. Frutto della grandezza di un pisello,
globoso, rosso-scarlatto o arancione. Fiorisce ad aprile-maggio; matura i frutti da luglio a
settembre.
ECOLOGIA
Specie xerofila ed eliofila, predilige suoli freschi, mediamente ricchi in sostanze nutritizie.
Vive nei boschi luminosi e ai loro margini, nelle radure, negli arbusteti e nelle siepi, dalla
pianura alla bassa montagna. Specie legata agli arbusteti pionieri ed alle siepi, in Appennino
centrale è specie di mantello della cerrreta su substrati marnoso-arenacei.
DISTRIBUZIONE
Bacino del Mediterraneo e Asia Minore. Italia peninsulare, fino al crinale dell'Appennino
Ligure.
Pyracantha coccinea M. J. Roemer, agazzino
Mespilus germanica L., nespolo selvatico
MORFOLOGIA
Arbusto o alberello di 2-6 m, spinoso, con rami giovani pubescenti. Foglie subsessili, con
lamina lanceolata, pelosa di sotto, di 2-4 x 6-12 cm; margine intero o con qualche dentello
verso I'apice. Fiori isolati, bianchi, con diametro di 3-4 cm. Frutto bruno, piriforme, lungo 23 cm. Fiorisce a maggio-giugno; matura i frutti a ottobre.
ECOLOGIA
Specie termofila ed eliofila, predilige suoli sciolti, fertili, freschi; vive nei boschi subacidi di
latifoglie (querceti e castagneti). E’ specie caratteristica delle cerrete subacidofile dell'ltalia
centro-meridionale.
DISTRIBUZIONE
Europa sud-orientale e Asia occidentale fino al Caucaso, all'lran e all'Asia Minore.
Attivamente coltivato fino al secolo scorso, oggi presente in forma quasi esclusivamente
spontanea.
Mespilus germanica L., nespolo selvatico
Prunus spinosa
Prunoidee
Genere
Prunus
Prunus avium
Prunus spinosa
Prunus avium
Genere Prunus
I CILIEGI e I PRUNI
II genere Prunus raggruppa moltissime specie, circa 200, arboree e arbustive, proprie delle regioni
temperate dell’emisfero boreale e con qualche rappresentante nel Sudamerica. L'interesse di questo
genere per l'uomo è duplice: da una parte appartengono ad esso specie di rilevante importanza nel
settore frutticolo, come Ciliegi, Albicocchi, Mandorli, Peschi e Susini; dall'altra numerose specie
rivestono grande valore come piante da giardino. Hanno foglie semplici, persistenti o decidue; i fiori
sono bisessuali, bianchi o rosei, solitari o riuniti in infiorescenze racemose o corimbose; il frutto è una
drupa. II nome generico Prunus è di origine latina e con esso i Romani distinguevano l'albero del Susino.
Nel nostro Paese sono inoltre coltivate e spontaneizzate le specie:
P. persica (L.) Bartsch (Pesco);
P. dulcis (Miller) D.A. Webb (Mandorlo);
P. cerasifera Ehrh. (Ciliegio-susino, Mirabolano) (subspontaneo);
P. cerasifera Ehrh. var. pissardii (mirobalano porporino) (ornamentale);
P. domestica L. (Susino) con le subsp. domestica e insititia
P. cerasus L. (Amarena, Marasca);
P. serotina Ehrh. (Prugnolo tardivo);
P. laurocerasus L. (Lauroceraso);
Queste specie sono tutte spontaneizzate, ad eccezione di P. serotina e P. laurocerasus; P. armeniaca L.
(Albicocco), comunemente coltivato, non tende invece a spontaneizzarsi.
CHIAVE PER LE SPECIE SPONTANEE DEL GENERE PRUNUS
1 Fiori riuniti in racemi allungati 12-multiflori e penduli.
1 Fiori incorimbi o fascetti pauciflori eretti
2 Fiori in corimbi brevi, 4-12 flori
2 Fiori in fascetti ombrelliformi pauciflori
3 Rami spinosi e fiori sempre bianchi
3 Rami senza spine
4 Infiorescenza ornata alla base da 1 o 2 foglie; foglie lunghe 6-12 cm,
consistenti, liscie, glabre sulle due facce, picciolo nudo
4 Infiorescenza nuda alla base; foglie lunghe 12-15 cm, sottili, rugose
pelosette sulla pagina inferiore, picciolo ornato in alto da
1 o 2 ghiandole rossastre
5 Frutto con diametro minore di 15 mm, su peduncoli di 5 mm, fiori
con petali lunghi 5-8 mm, foglie con lamina di 1-4 cm
5 Frutto con diametro di oltre 20 mm, su peduncoli di 15 mm, fiori
con petali più lunghi di 8 mm, foglie con lamina di 5-10 cm
pianta spinosa o no (la var. pissardii ha foglie rosso purpuree
e petali rosei)
P. padus
2
P. mahaleb
3
5
4
P. cerasus
P. avium
P. spinosa
P. cerasifera
In Italia sono presenti, allo stato spontaneo, le seguenti specie:
P. spinosa L.- Prugnolo (in tutto il territorio);
P. avium L. - Ciliegio (in tutto il territorio);
P. mahaleb L. - Ciliegio canino (tutto il territorio con esclusione della Sardegna);
P. padus L. - Pado (Alpi e Padania).
Prunus spinosa L., prugnolo, pruno selvatico
MORFOLOGIA
Arbusto caducifoglio alto 0,5-3 m, molto ramificato, con corteccia nerastra; rami molto spinosi, con
corteccia grigio-rossiccia. Foglie alterne, con picciolo di 3-5 mm e lamina lanceolata o ovato-ellittica,
arrotondata o cuneata alla base e con margine finemente seghettato, lunga 3-4 cm e larga 1,5-2 cm,
verde-scuro e glabra superiormente, più chiara e con peli lungo le nervature inferiormente. Fiori
sviluppantisi prima delle foglie, bisessuali, bianchi, solitari o raramente in gruppi di 2-3 su peduncoli
brevi; petali ovali-bislunghi, di 5-8 mm; stami generalmente 20, stili 1. Il frutto è una drupa subsferica di
10-15 mm, nero-bluastra, pruinosa, di sapore acido. Fiorisce a marzo-aprile, prima della emissione delle
foglie, i frutti maturano in ottobre-novembre.
ECOLOGIA e DISTRIBUZIONE
Specie eliofila e moderatamente xerofila, predilige suoli calcarei, profondi, ricchi di sali. Notevole
ampiezza ecologjca: vive nei boschi lumjnosj, negli arbusteti e nelle siepi, nei pascolj, dalla pianura fino a
1500 m circa; è un componente dei cespuglieti di ricostituzjone dei boschi di Querce e presente anche
nei boschi igrofili, dove assume un aspetto meno intricato.
Europa, Asia occidentale e Africa settentrionale. In Italia è presente in tutto il territorio.
UTILIZZAZIONI ED ETNOBOTANICA
I frutti, ricchi di tannino, sono commestibili e gradevoli solo a maturazione, dopo le prime gelate, a
ottobre-novembre o anche a dicembre, quando la polpa è più morbida e dolce; con essi si preparano
bibite, liquori ed ottime marmellate. Le varie parti della pianta hanno proprietà astringenti, depurative,
diuretiche, toniche. Il decotto di foglie fresche e bevuto contro il mal di gola; quello di frutti è
antimetrorragico; I'infuso di fiori è utilizzato come sedativo nella prostatite. I frutti si mangiavano contro
la diarrea.
Prunus spinosa L., prugnolo, pruno selvatico
Prunus avium L., ciliegio selvatico
MORFOLOGIA
Albero alto fino a 15-20 (25) m, poco longevo, a tronco dritto e slanciato con rami eretti; raramente
assume aspetto arbustivo; corteccia grigiastra o rosso-scuro, liscia e lucida, desquamantesi in nastri
orizzontali; dalle ferite del tronco sgorga una resina gommosa; chioma ovato-piramidale, rada. Foglie
alterne, lungamente picciolate, con lamina da ovato-oblunga ad obovata, lunga 10-12 (15) cm e larga 5-7
(12) cm, cuneato-arrotondata alla base ed acuminata all'apice, a margine seghettato, superiormente
glabra, inferiormente pelosetta; picciolo di 2-4 cm, con 2-4 ghiandole rosse nel punto di attacco della
lamina. Fiori bisessuali riuniti in ombrelle di 2-6, con lungo peduncolo; petali bianchi di 10-15 mm. Il
frutto e una drupa globosa di 1 cm circa, lucida, rosso-scuro, dolce. Fiorisce ad aprile-maggio,
contemporaneamente all'emissione delle foglie; i frutti maturano a giugno-luglio.
ECOLOGIA
Specie eliofila, rustica, resistente alle basse temperature, con temperamento pioniero; vive, sporadica,
nei boschi di latifoglie e ai loro margini: faggete, querceti mesofili, boschi igrofili e querco-carpineti delle
pianure alluvionali. Diffuso, per lo più in esemplari isolati. in gran parte dei boschi della media
montagna, dove vegeta in ambienti con precipitazioni medie annue non inferiori a 800-900 mm. Le
condizioni ottimali di terreno per il ciliegio si riscontrano in substrati a reazione sub-acida (pH = 5-6). di
matrice silicea preferibilmente. ma comunque con basso contenuto di argilla.
Prunus avium L., ciliegio selvatico
DISTRIBUZIONE
Europa, Asia Minore, Caucaso e Africa del Nord. Data la sua coltivazione su larga scala, è difficile
precisare il suo areale originario; secondo alcuni sarebbe originario dell' Asia occidentale. Reperti
archeologici risalenti al Paleolitico confermano però il suo indigenato in Europa. Distribuzione italiana in
tutto il territorio.
UTILIZZAZIONI ED ETNOBOTANICA
Il Ciliegio, poco utilizzato in selvicoltura, meriterebbe invece un più largo impiego sia per il suo legno sia
per favorire la fauna selvatica. Plastico, rustico e a rapido accrescimento, possiede anche uno spiccato
carattere pioniero ed è adatto quindi a rimboschire terreni poveri e degradati, assieme al Carpino nero,
all'Orniello, all' Acero, al Maggiociondolo, ecc. Il legno, duro, pesante e poco poroso, è molto pregiato ed
è adatto per mobili e per lavori al tornio. II Ciliegio è utilizzato in coltura sin dall'antichità in numerose
varietà. Coltivato in Egitto già nel VI-VII sec. a.C., era largamente nota ai Greci e ai Romani, citato da
Teofrasto, Ovidio, Plinio e altri antichi Autori. I suoi frutti sono utilizzati sia direttamente sia per
preparare marmellate, dolci, liquori; tra questi ultimi sono famosi il cherry, il kirsch, il ratafiil. Ricche di
vitamine A e C e di sali minerali, le ciliege possiedono proprietà diuretiche, depurative, antiuriche e
lassative. Il decotto dei peduncoli secchi dei frutti veniva somministrato per calmare la tosse; lo stesso
decotto era usato in veterinaria contro le indigestioni. L'epiteto specifico avium in latino significa "degli
uccelli" con riferimento all'appetibilità dei frutti da parte di questi animali. Il nome "ciliegia", utilizzato
sia per le ciliege comuni che per le amarene, deriva dall'iraniano kirahs, tradotto in greco kerasion e in
latino cerasum.
Prunus avium L., ciliegio selvatico
Prunus mahaleb L.,ciliegio canino
CARATTERISTICHE
Piccolo albero, alto sino a 6 (12) m, più spesso arbusto ramosissimo, a rami spesso spinosi e ramuli
ghiandoloso-vischiosi. Foglie alterne, con picciolo glabro e per lo più senza ghiandole, ornato da due
stipole dentate e ciliate, a lamina ovata, rotondata o debolmente cordata alla base, minutamente
crenato-dentellata ai margini, acuminata all’apice, glabra e lucida di sopra, pelosa da giovane di sotto.
Fiori ermafroditi in corimbi brevi 4-12 flori eretti, corolla a petali bianchi. Il frutto è una drupa globosa (510 mm), glabra, non pruinosa, nera a maturità, di sapore amarognolo. Fiorisce da marzo a maggio.
DISTRIBUZIONE ED ECOLOGIA
Ha un vasto areale che si stende attraverso tutta l’Europa meridionale dalla Penisola Iberica al Caucaso e
all’Asia occidentale. In Italia vive in tutta la Penisola e in Sicilia dal piano fino a 1700 m. Specie termofila e
lucivaga, si trova nelle radure dei querceti e delle pinete, nei boschi cedui, negli arbusteti e nelle siepi;
predilige i terreni calcarei e le pendici asciutte e assolate. E’ specie caratteristica dei macereti
parzialmente consolidati del piano collinare dell’Appennino centrale.
UTILIZZAZIONI ED ETNOBOTANICA
Il legno, ad alburno bianco giallognolo e durame bruno, è semiduro pesante e gradevolmente profumato
di cumarina; si usa per lavori di tornio ed intaglio e per la produzione di pregiati bocchini da pipa,
tabacchiere e bastoni da passeggio. Si usa come portainnesto per le varietà migliorate di ciliegio.
Prunus mahaleb L.,ciliegio canino
Rosoidee esotiche e ornamentali
Kerria japonica
Rosoidee esotiche e ornamentali
Gen. Spiraea
Maloidee esotiche e ornamentali
Eriobotrya japonica
Maloidee esotiche e
ornamentali
Crataegus azarolus
Prunoidee esotiche e
ornamentali
Prunus laurocerasus
Prunoidee esotiche e ornamentali
Prunus pissardii
Prunoidee esotiche e ornamentali
Prunus padus
SOLANACEAE
Classificazione
Regno:
Classe:
Sottoclasse:
Ordine:
Famiglia:
Plantae
Magnoliopsida
Asteridae
Solanales
Solanaceae
Informazioni generali:
Generi: circa 95
Specie: più di 2000
Distribuzione: climi temperati e tropicali
SOLANACEAE
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Sono piante raramente legnose (pomo di Sodoma),
spesso erbacee con fusto eretto (patata, melanzana)
o rampicante (pomodoro). Alcune formano tuberi e rizomi.
Importanza in ambito alimentare: fanno parte delle Solanacee
la patata (Solanum tuberosum) (riserva di amido),
la melanzana (Solanum melongena),
il pomodoro (Solanum lycopersicum)
(elevato contenuto di vitamine, di -carotene e licopene),
i peperoni (ricchi di vitamine e di capsaicina).
Il frutto è una bacca (o una capsula)
Molte contengono alcaloidi (solanina, nicotina, atropina, scopolamina)
e vengono utilizzate anche in ambito farmaceutico.
Stramonio (Datura stramonium)
Belladonna (Atropa belladonna)
Giusquiamo (Hyoscyamus niger)
Appartiene alle Solanacee anche la pianta del Tabacco (Nicotiana tabacum)
Habitus:
Erbaceo
Arbustivo
Arboreo
Liane
steptosolen
patata
pomodoro
pomo di Sodoma
Inflorescenze:
Solitarie o cimose
Fiori:
Ermafroditi
Generalmente attinomorfi
Ovario supero
Generalmente 5 petali, 5 sepali,
5 stami, 2 carpelli, 2 loculi
(petali e sepali sono spesso uniti)
Frutti:
Bacca
Capsula
I più importanti Generi
delle Solanaceae
Non presenti nella flora italiana
Presenti nella flora italiana
Introdotti in Italia dopo la
scoperta delle Americhe
Atropa
Browallia
Brugmansia
Calibrachoa
Capsicum
Datura
Hyoscyamus
Lycium
Lycopersicon
Mandragora
Nicotiana
Petunia
Physalis
Salpiglossis
Schizanthus
Streptosolen
solanacee presenti nella flora italiana
Atropa belladonna
belladonna
Datura stramonium
Stramonio
Hyoscyamus niger
Giusquiamo
Mandragora officinarum
Mandragola
Physalis alkekengi
Alchechengi
Solanum dulcamara
Dulcamara
Solanum nigrum
Erba morella
Solanum luteum
Morella rossa
Solanum sodomaeum
Pomo di sodoma
solanacee introdotte in italia dopo la
scoperta delle americhe
•
La scoperta delle Americhe segna una serie di
cambiamenti storici non solo per le radicali
modificazioni sociali ed economiche, ma
anche per una profonda trasformazione
delle abitudini alimentari e dell’agricoltura
in tutta Europa.
•
Furono gradualmente introdotte nuove
specie vegetali di grande potenzialità
agronomiche ed alimentari come il mais,
la patata, il pomodoro, il peperone, le zucche,
le zucchine, i fagioli, il tabacco,, il girasole, la
fragola da orto, l’arachide, il topinambur, e
molte altre.
Capsicum annuum var. grossum
Peperone
Capsicum annuum var. longum
(=C. frutescens)
Peperoncino
Lycopersicon esculentum
Pomodoro
Solanum melongena
Melanzana
Solanum tuberosum
Patata
Nicotiana tabacum
Tabacco
Nicotiana alata
Nicotiana glauca
Tabacco ornamentale
Petunia xhybrida
Petunia
Lycium chinense
Goji
Il Goji è un albero da frutto che
può raggiungere 3 metri di
altezza, originario del continente
asiatico, la cui diffusione si va
lentamente estendendo a tutte le
zone a clima temperato.
I frutti contengono numerose
sostanze (betaina, beta-sitosterolo,
cyperone, germanio, solavetivone,
physalin, zeaxantina, luteina)
antiossidanti e utili a combattere
l’invecchiamento per questo viene
chiamato anche il “frutto dell’eterna
giovinezza”.
solanacee non presenti nella flora
italiana
Browallia spp.
Bush violet
Brugmansia spp.
Angel’s Trumpet
Calibrachoa spp.
Salpiglossis spp.
Painted tongue flower
Schizanthus
xwisetonensis
Butterfly flower
Solanum pseudocapsicum
Ciliegia di Gerusalemme
Streptosolen jamesonii
Marmalade bush
Arbusto sempreverde
proveniente dal
Sudamerica molto
apprezzato come
pianta ornamentale
per l’abbondante e
prolungata fioritura
estiva