S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica Lingue creole e lingue segniche Alcuni linguisti (tra cui Fischer 1978; Edwards e Ladd 1984) hanno notato certe affinità tra lingue creole e lingue segniche. Queste affinità sono di diversi tipi: • affinità che riguardano la struttura linguistica • affinità che riguardano lo status della lingua • affinità che riguardano il fenomeno della variabilità Esaminiamo queste affinità una per una. 1 S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 2 Affinità che riguardano la struttura linguistica Uno Un aspetto condiviso da diverse lingue creole e lingue segniche è, l’uso per funzioni grammaticali di parole con contenuto lessicale (Fischer, 1978). Vediamo un esempio. S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 3 Azioni compiute In italiano, il passato remoto indica che l’azione descritta dal verbo è stata portata a termine prima del momento in cui l’enunciato viene emesso. Per esempio, se ora asserisco l’enunciato (1), ciò che asserisco è vero esattamente a queste condizioni: Gianni ha portato a termine l’attraversamento della strada prima di ora. (1) Gianni attraversò la strada S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 4 Azioni in svolgimento Invece, l’enunciato (2) può essere asserito in modo veritiero senza che Gianni abbia portato a termine l’attraversamento della strada prima di ora: (2) Gianni stava attraversando la strada Si pensi ad un caso malaugurato in cui Gianni è stato investito da un’automobile e non ha potuto terminare l’attraversamento. In questo caso, possiamo ancora affermare in modo veritiero che, ad un certo punto, Gianni stava attraversando la strada. Per completezza di informazione dovremo però aggiungere (3) . . . quando è stato investito da un automobile La costruzione “stava attraversando” in (2) è detta perifrastica progressiva passata. S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 5 Indicatori aspettuali Dunque, in italiano, abbiamo delle forme verbali, come il passato remoto, che indicano che l’azione si è già conclusa nel momento in cui l’enunciato viene proferito. E abbiamo inoltre delle forme verbali, come la perifrastica progressiva passata, che indicano invece che l’azione è in corso in un tempo che precede il momento in cui l’enunciato viene proferito. Forme che esprimono che l’azione è compiuta oppure è in corso sono detti talvolta indicatori aspettuali. S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica Indicatori di azione compiuta in alcune lingue creole Creolo delle Mauritius Lessificatore: francese (4) mo fin mahze io finire mangiare “ho mangiato” Sranan Tongo (creolo parlato in Surinam, costa settentrionale del Sudamerica) Lessificatore: inglese kba deriva da kaba “finire” (dal portoghese acabar ) (5) mi waka kba io camminare finire “avevo camminato” 6 S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica Indicatori di azione compiuta in alcuni pidgin Tok Pisin Lessificatore: inglese pinis dall’inglese finish (“finire”) (6) mipela i ting olsem i mas dai pinis noi lui pensiamo comunque lui deve morire finire “noi pensiamo che lui debba essere morto” Pidgin dell’Africa Occidentale Lessificatore: inglese don dall’inglese done (“fatto”) (7) a don kom io fatto venire “io sono venuto” 7 S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 8 Commento Le parole “fin”, “kba”, “pinis”, “don” in queste lingue indicano che l’azione descritta dal verbo è compiuta. Ma sono anche parole con un contenuto lessicale che significa “finire” o “fatto”. Dunque, mentre in italiano l’azione compiuta è indicata da certe forme del verbo come il passato remoto, in queste lingue creole e pidgin si usa una parola con contenuto lessicale per svolgere questa funzione grammaticale, cioè per indicare che l’azione è compiuta. S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 9 Lingue segniche Esaminiamo ora alcuni fatti che riguardano la LIS. Verbi U16, Tempi U1-2 S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 10 FATTO in LIS A volte, in alcuni enunciati della LIS compare dopo il verbo un segno che indica che l’azione descritta dal verbo è stata portata a termine prima del momento in cui l’enunciato viene emesso. Questo segno compare anche come verbo principale e significa finire. Di solito, quando occorre dopo il verbo per indicare che l’azione del verbo è stata portata a termine, questo segno viene glossato con FATTO. Per esempio, un modo per tradurre gli enunciati (8-a) e (8-b) in lingua dei segni italiana è di eseguire i segni che corrispondono alle glosse in (9-a) e (9-b): (8) (9) a. Gianni ha comprato una casa b. Gianni ha corso a. GIANNI CASA COMPRARE FATTO b. GIANNI CORRERE FATTO S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 11 Commento Il segno FATTO è dunque un esempio in LIS di segno con contenuto lessicale che viene anche usato con una funzione grammaticale (cioè per indicare che l’azione è stata portata a termine). Dunque, FATTO è assai simile alle parole “fin”, “kba”, “pinis”, “don” nelle lingue creole e pidgin che abbiamo visto. Anche queste sono parole con contenuto lessicale che vengono usate per indicare che l’azione è stata portata a termine. Elementi simili a FATTO sono presenti non solo nella LIS, ma anche in altre lingue segniche, come ad esempio l’ASL (Fischer, 1978), il BSL (Edwards and Ladd, 1984) e la lingua dei segni israeliana (Meir 1999). S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 12 Affinità che riguardano la struttura linguistica Due Un altro aspetto condiviso da diverse lingue creole e lingue segniche è l’uso di elementi soprasegmentali al posto dei connettori per collegare le frasi (Fischer, 1978). Vediamo un esempio. S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 13 Condizionali nel pidgin della Melanesia In italiano l’antecedente di un enunciato condizionale è collegato al conseguente per mezzo della parola “se”: antecedente (10) conseguente Se vuoi diventare un dottore devi studiare molto Slobin (1985) ha osservato che nel pidgin della Melanesia (la famiglia di pidgin che include il tok pisin) i condizionali non sono collegati per mezzo di una parola come “se”. Invece, l’antecedente del condizionale è indicato da una intonazione speciale che assomiglia all’intonazione di una domanda. (11) You like come one doctor? You gotta study hard. “Se vuoi diventare un dottore, devi studiare molto” In questo senso, nel pidgin della Melanesia il condizionale è indicato da un elemento soprasegmentale, l’intonazione. Diciamo che l’intonazione è un elemento soprasegmentale in quanto si accompagna a, è imposto su, un segmento della frase. S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 14 Condizionali in LIS In LIS, come nel pidgin della Melanesia, l’antecedente del condizionale non è indicato per mezzo di una parola connettore come “se”. Come abbiamo già visto, è indicato invece dall’espressione facciale e dalla posizione del capo: le sopracciglia sono alzate e il capo è in avanti. sopr.alzate, testa avanti (12) a. SOLE b. “se c’è il sole, esco” io − USCIRE Dunque, anche in LIS, come nel pidgin della Melanesia, il condizionale è indicato da un elemento soprasegmentale: l’espressione e la posizione del capo mentre viene segnato l’antecedente. Tipi di condizionali U1-2 S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 15 Affinità che riguardano la struttura linguistica Tre Un terzo aspetto condiviso da diverse lingue creole e le lingue segniche, secondo Fischer (1978), è la tendenza a usare l’ordine delle parole invece di morfemi vincolati (affissi) per indicare il caso. Vediamo cosa si intende con questo. S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 16 Un quesito latino Si consideri la frase latina in (13) (la riga sottostante glossa le parole latine in italiano): (13) taurus agricolam fugat toro contadino mette-in-fuga Questo enunciato latino ha lo stesso significato dell’enunciato italiano (14): (14) il toro mette in fuga il contadino Come facciamo a sapere che (13) vuol dire che è il toro che mette in fuga il contadino e non il contadino che mette in fuga il toro? S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 17 Ruoli tematici e caso I L’enunciato latino (13) vuol dire che il toro mette in fuga il contadino perché il caso del nome “taurus” è nominativo (questo è indicato dal suffisso -us), mentre il caso del nome “agricolam” è accusativo (questo è indicato dal suffisso -am). (13) taurus agricolam fugat toro contadino mette-in-fuga Dunque, in latino la forma del nome ci permette di stabilire se il nome è accusativo o nominativo, e in questo modo ci permette di determinare chi compie l’azione (agente) e chi subisce l’azione (paziente). In linguistica, ruoli come agente e paziente sono detti ruoli tematici. S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 18 Ruoli tematici e caso II Per dire in latino che il contadino mette in fuga il toro, dobbiamo usare il suffisso del caso nominativo per la parola latina che corrisponde a “contadino” e quello del caso accusativo per la parola latina che corrisponde a “toro”: (15) agricola taurum fugat contadino toro mette-in-fuga “il contadino mette in fuga il toro” S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica Ordine delle parole e caso Il latino ha un sistema assai ricco di suffissi per esprimere i casi. Nei linguaggi con un ricco sistema di morfemi per marcare i casi l’ordine delle parole è spesso piuttosto libero. Per esempio, gli enunciati seguenti sono tutti grammaticali in latino e significano che il toro mette in fuga il contadino: (13) taurus agricolam fugat toro contadino mette-in-fuga (16) agricolam taurus fugat contadino toro mette-in-fuga (17) fugat taurus agricolam mette-in-fuga toro contadino I diversi ordini delle parole, in questo caso, hanno la funzione di mettere l’accento su un elemento della frase piuttosto che su un altro. 19 S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica Morfemi per il caso in italiano e in inglese Esistono anche lingue che hanno un sistema di morfemi per marcare i casi piuttosto povero. L’inglese e l’italiano sono tra queste. Si noti, per esempio, che, per sintagmi nominali come il contadino e il toro, il caso nominativo e il caso accusativo non sono marcati esplicitamente in italiano. In italiano il caso è marcato invece esplicitamente nei pronomi: per esempio “io” è nominativo, “me” è accusativo. 20 S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 21 Ruoli tematici e ordine delle parole In lingue con un un sistema povero di morfemi per i casi, l’ordine delle parole è spesso meno libero che in latino. In queste lingue, l’ordine delle parole serve ad indicare il caso e permette dunque di stabilire chi è l’agente e chi è il paziente. Per esempio, in inglese, per dire che il toro mette in fuga il contadino diciamo: (18) the bull chases il the farmer toro mette-in-fuga il contadino Mentre per dire che il contadino mette in fuga il toro diciamo: (19) the farmer il chases the bull contadino mette-in-fuga il toro In questo caso, la posizione nella frase dei sintagmi nominali the bull (“il toro”) e the farmer (“il contadino”) ci dice quale dei due ha il caso accusativo e quale dei due ha il caso nominativo, e questo ci permette di ricostruire chi è l’agente e chi è il paziente. Lo stesso vale per l’italiano. S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 22 In sintesi Ordine delle parole e caso • In lingue come il latino, il caso grammaticale è indicato da un ricco sistema di morfemi. • In lingue come l’italiano e l’inglese, invece, il caso è segnalato dall’ordine delle parole. S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 23 Lingue dei segni e caso Le lingue segniche tendono a usare l’ordine delle parole per indicare il caso. Per esempio gli enunciati italiani (20-a) e (20-b) (20) a. Gianni ama Maria b. Maria ama Gianni vengono segnati cosı̀ in LIS: (21) a. GIANNI MARIA AMARE b. MARIA GIANNI AMARE Ordine parole U1-U2 S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica Lingue Creole e ordine delle parole Bakker (1994) riporta che “quasi tutte le lingue creole hanno un ordine delle parole strettamente SVO.” Sebba (1997) non riporta casi di lingue creole con un sistema di suffissi nominali per esprimere i casi. In queste lingue, il caso, e quindi i ruoli tematici (agente paziente, ecc.), sono indicati dall’ordine delle parole. Dunque, un altro aspetto che accomuna le lingue creole e le lingue segniche è l’uso dell’ordine delle parole per indicare il caso. 24 S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica Una domanda per il linguista Sulla base dei dati che abbiamo descritto è naturale porsi questa domanda: • Perché le lingue segniche hanno questi aspetti in comune con le lingue creole? 25 S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 26 L’ipotesi di Fischer S. Fischer formula questa ipotesi (condivisa anche da Edwards e Ladd) per spiegare come mai le lingue segniche hanno delle somiglianze strutturali con le lingue creole: “Woodward (1973), insieme ad altri, ha fatto notare che solo il 10% dei bambini sordi ha dei genitori sordi. Anche se assumiamo che una grande maggioranza di quel 10% sta imparando l’ASL come prima lingua, questo significa che il 90% dei bambini sordi imparerà l’ASL ‘per strada,’ o più probabilmente nei dormitori delle scuole residenziali per sordi. Se un bambino sordo di genitori udenti è davvero fortunato, i suoi genitori. . . tenteranno di imparare l’ASL. Tuttavia, come persone che imparano da adulti una seconda lingua, e come udenti che attribuiscono un forte valore positivo all’inglese, la grande maggioranza userà una forma di pidgin inglese segnato con i propri bambini, non l’ASL. Questo è anche ciò che la maggior parte dei sordi userà in classe, ammesso che la lingua dei segni sia permessa a scuola. . . . Dunque, la maggior parte dei bambini sordi è forzata a ricreolizzare l’ASL a ogni generazione.” S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 27 L’ipotesi di Fischer (schema) • Nel caso dell’acquisizione delle lingue segniche, la lingua che viene trasmessa è, nella maggior parte dei casi, una lingua semplificata. (Questo a causa del fatto che il 90% dei sordi ha genitori udenti). • Anche nel caso dei bambini che imparano un pidgin e danno vita a una lingua creola la lingua trasmessa è una lingua semplificata. • Essendo esposti ad una lingua semplificata, sia i sordi che i bambini che apprendono un pidgin devono ‘inventare’ una lingua complessa basata sulla lingua semplificata a cui vengono esposti (la maggior parte dei bambini sordi ripete questo processo ad ogni generazione). • Questa è dunque la causa delle affinità tra lingue segniche e lingue creole: i sordi che imparano una lingua segnica, cosı̀ come i bambini udenti che imparano un pidgin, devono elaborare una lingua complessa sulla base di una lingua ‘semplificata.’ Le strategie per elaborare questa lingua complessa, quali che siano, sono evidentemente le stesse per i bambini udenti e i bambini sordi. S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 28 Un’obiezione L’idea che i bambini sordi compiano un processo di creolizzazione ad ogni generazione non è accettata da tutti gli studiosi. Sebba (1997) solleva questa obiezione all’ipotesi della ricreolizzazione. Se i bambini sordi ricreolizzassero la lingua ad ogni generazione, oltre che delle somiglianze, dovremmo aspettarci delle forti differenze strutturali nelle lingue dei segni di generazioni diverse. Non è cosı̀. Dunque, il processo di apprendimento delle lingue segniche non può essere assimilato alla creazione di una nuova lingua in presenza di un input frammentario, come nel caso delle lingue creole. S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica Una conclusione provvisoria Pare plausibile supporre che le affinità tra lingue creole e lingue segniche dipendano in qualche modo dal fatto che ambedue sono lingue ‘speciali’ dal punto di vista dell’apprendimento, ambedue vengono apprese in condizioni diverse da quelle in cui vengono apprese le lingue parlate standard. Ma non è chiaro quali siano esattamente i meccanismi che determinano queste affinità. In particolare, non è ovvio che sia corretto supporre che i bambini sordi ‘reinventano’ la lingua ad ogni generazione. Per il momento, dunque, possiamo solo concludere che la ragione dell’esistenza di tratti comuni tra lingue creole e lingue segniche è ancora una questione aperta. 29 S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica Affinità che riguardano lo status della lingua Edwards e Ladd hanno osservato che lingue creole e lingue segniche, oltre ad avere strutture simili, hanno anche uno status simile (la stessa osservazione era anche implicita nel passo di Fischer che abbiamo citato). Vediamo cosa si intende esattamente con questo. 30 S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 31 Lo status delle lingue creole Sebba (1997) afferma: “Le lingue creole e pidgin hanno quasi sempre uno status ‘basso’, anche quando sono le lingue della maggioranza. Tipicamente c’è una situazione di diglossia in comunità in cui si parlano le lingue pidgin e creole. In una situazione diglossica, una lingua (la lingua ‘alta’) verrà usata per le funzioni ‘importanti’ . . . come l’amministrazione, l’educazione e la cultura ‘alta’. . . . La lingua ‘bassa’ in questo caso il pidgin o la lingua creola - sarà usata per altre funzioni associate alla vita quotidiana e alla comunicazione all’interno della famiglia. . . . È probabile che l’intera società consideri il pidgin o la lingua creola come la lingua delle classi sociali inferiori e come appropriata solo per funzioni ritenute meno importanti. . . . Naturalmente, la questione dello status è strettamente connessa alla questione di chi detiene il potere in una società particolare in cui una lingua creola o pidgin è parlata. . . . Nei tempi coloniali, i padroni delle colonie . . . erano in grado di definire il linguaggio standard della comunità dei colonizzatori come la norma, e i linguaggi locali, inclusi i pidgin e le lingue creole, come inferiori o al di sotto dello standard. . . ” S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 32 Alcune opinioni sul Creolo delle Indie Occidentali riportate da Edwards e Ladd • “idioma barbaro” (da Chambre 1858) • “infantile”, “trascurato e sciatto”, “privo di grammatica appropriata”, “molto rilassato, come il modo in cui camminano” (dal Rapporto del gruppo di lavoro sugli studenti delle Indie Occidentali, 1970, a cura dell’Associazione degli Insegnanti di Inglese per Studenti di Oltremare (ATEPO), Filiale di Birmingham) • “non fornisce una base adeguata per il pensiero astratto” (da un esperimento su un gruppo di insegnanti riportato in Edwards 1976) S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica Alcune opinioni sulle lingue segniche • “. . . la voce è l’interprete del cuore, il segno delle passioni e della concupiscenza.” (da J. K. Amman Dissertatio de loquela, 1700) • “violazione delle regole di sintassi; flagrante violazione delle forme grammaticali, inversione di elementi diversi. . . un gergo di parole”. (Cochrane 1871) • “rallentano il pensiero”, “decisamente troppo concrete e frammentate” (van Uden, A World of Language for Deaf Children, 1970) 33 S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 34 Lo status dell’ASL Oliver Sacks in Seeing Voices, un testo del 1989, descrive cosı̀ la situazione dell’American Sign Language negli Stati Uniti: “Ancora oggi si preferisce l’uso dell’inglese segnato∗ , in questa o quella forma, all’uso dell’ASL. L’istruzione impartita ai sordi, quando si avvale di segni, usa per lo più l’inglese segnato; la maggior parte degli insegnanti per sordi, se mai conosce dei segni, conosce l’inglese segnato e non l’ASL. E i piccoli riquadri che appaiono sugli schermi televisivi usano tutti l’inglese segnato e non l’ASL. Cosi, un secolo dopo il congresso di Milano,∗∗ i sordi sono ancora in grandissima parte privati della loro lingua madre.” ∗ Sistema di segni che traduce parola per parola la frase inglese, inclusi gli affissi e i suffissi. ∗∗ Congresso per l’Educazione dei Sordi, che nel 1880 votò contro l’uso dei segni e in favore dell’istruzione orale. S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 35 Lo status della LIS Elena Radutzky nel 1989 descrive cosı̀ la situazione della lingua italiana dei segni: “Il linguaggio dei segni non è usato nelle scuole, non è accettato nei circoli ufficiali, o al lavoro. Non esiste un accesso speciale ai programmi televisivi, con l’eccezione dei sottotitoli per alcuni film. I programmi non sono interpretati nella lingua dei segni. Gli interpreti di solito non sono richiesti, neppure a riunioni in cui l’individuo sordo, anche quello che è abile a leggere le labbra, non può seguire.” (da E. Radutzky, La Lingua Italiana dei Segni: Historical Change in the Sign Language of the Deaf People in Italy, tesi di PhD, New York University) S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica Affinità che riguardano la variabilit à Una terzo fenomeno che accomuna lle ingue segniche a molte lingue creole è quello della variabilità. Vediamo in che cosa consiste. 36 S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica Un esempio di variabilità nella lingua creola giamaicana Si consideri l’enunciato seguente dell’inglese standard: (22) I am eating “io sto mangiando” Sebba (1997) riporta che ci sono cinque modi possibili in cui i giamaicani esprimono la frase inglese in (22): (23) a. I is eatin’ b. I eatin’ c. me eatin’ d. me a eat e. mi a nyam Il modo di esprimersi in (23-e) è il creolo giamaicano più ‘puro’, quello più ‘lontano’ dall’inglese standard. Infatti, (23-e) differisce dall’inglese standard sia lessicalmente (nyam invece di eat), che morfologicamente (me invece di I), che sintatticamente (la particella progressiva a invece del verbo to be con il suffisso progressivo ing). (23-a) è invece la forma più vicina all’inglese standard. 37 S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica Un continuum linguistico? Nella lingua creola giamaicana, la variabilità illustrata dall’esempio precedente è assai diffusa. Questo ha indotto alcuni ricercatori a parlare di ‘continuum post-creolo’ di dialetti. Per esempio, De Camp (1971) afferma: . . . nessuno può negare l’estrema variabilità dell’inglese giamaicano. . . . In Giamaica non c’è un solco netto tra il creolo e lo standard. C’è invece un continuum linguistico, uno spettro continuo di varianti di modi di parlare. . . Ogni parlante giamaicano fa uso di una porzione di questo continuum, l’ampiezza di questa porzione dipende dall’ampiezza dei suoi contatti sociali. 38 S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 39 Basiletto, mesoletto, acroletto Per riferirsi alle diverse varianti del creolo giamaicano, alcuni linguisti hanno introdotto i termini basiletto, mesoletto, acroletto: • L’acroletto è la variante più simile alla lingua standard (all’inglese, per il giamaicano). • Il basiletto è la variante più distante dalla lingua standard. • Il mesoletto è costituito dalle varianti che si collocano tra il basiletto e l’acroletto. Secondo questa classificazione, la frase (23-a) appartiene all’acroletto, mentre la frase (23-e) appartiene al basiletto: (23) a. I is eatin’ b. I eatin’ c. me eatin’ d. me a eat e. mi a nyam S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 40 Decreolizzazione Non tutte le lingue creole esibiscono il tipo di variabilità del creolo giamaicano. Per esempio, lo sranan, una lingua creola il cui lessificatore è l’inglese (come per il creolo giamaicano), non mostra affatto uno spettro di varianti che possono essere ordinate secondo la loro distanza dal lessificatore. Tutte le varianti di Sranan sono estremamente diverse dall’inglese. Questo dipende evidentemente dal fatto che, mentre in Giamaica l’inglese ha continuato ad essere presente e ha influenzato il creolo giamaicano, in Surinam (l’area dell’America del Sud dove si parla lo sranan) l’inglese è scomparso da secoli e dunque lo sranan non è rimasto in contatto con il linguaggio lessificatore. D. Bickerton chiama decreolizzazione il processo storico per cui una lingua creola diventa più simile al lessificatore a causa di pressioni di carattere sociale. S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 41 Attenzione Il rimanere a contatto con il lessificatore, mentre è una condizione necessaria affinché si determini un continuum postcreolo, non è una condizione sufficiente. Vale a dire. . . non esistono lingue creole che hanno sviluppato una variazione simile a quella del creolo giamaicano senza essere rimaste a contatto con il linguaggio lessificatore; esistono però delle lingue creole che sono rimaste a contatto con il linguaggio lessificatore che non hanno sviluppato un continuum. Per esempio, come osserva Sebba, il creolo haitiano è rimasto in contatto con il lessificatore (il francese) senza sviluppare un continuum. Le ragioni di questa differenza tra creolo giamaicano e creolo haitiano rimangono da spiegare. S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 42 Altri tipi di variazione L’esempio dello sranan mostra che esistono tipi di variazione nelle lingue creole che non sono classificabili rispetto alla dimensione della distanza dal lessificatore. Le varianti di una lingua creola, cosı̀ come le varianti di lingue quali l’italiano, l’inglese, ecc., possono riflettere ad esempio delle differenze geografiche: una certa variante viene usata in una certa area geografica, un’altra variante in un altra area geografica. Altre varianti possono avere a che fare con l’uso di un registro stilistico ‘alto’ oppure di un registro stilistico ‘basso’ (la variante ‘alta’ viene usata in situazioni di carattere formale, la variante ‘bassa’ in situazioni informali). Ecc. S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica Scelta di una variante e code switching I parlanti di una lingua creola, in alcuni casi, possono scegliere di passare da una variante della lingua ad un altra. A volte questo può accadere nel corso della stessa interazione comunicativa. L’alternanza tra lingue o varianti di una lingua nel corso della stessa interazione comunicativa è detta cambiamento di codice (code switching). La scelta di una variante al posto di un’altra può avvenire per ragioni diverse. Per esempio, una certa variante può essere adottata per segnalare l’appartenenza ad un certo gruppo sociale. Oppure può essere scelta in funzione dell’interlocutore (se il parlante pensa che una certa variante sia più comprensibile di un’altra all’interlocutore). Casi di scelta di una variante e code switching, naturalmente, possono aver luogo anche nel caso di lingue che non sono lingue creole. 43 S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 44 Scelta di una variante Un esempio dal norvegese Blom e Gumperz (1972) riportano che nel villaggio di Hemnes, nella Norvegia settentrionale, si parlano due varianti distinte di Norvegese, il dialetto locale ranamål e una delle forme di norvegese standard, il bokmål: (24) da dove vieni? ke du e ifrå vor ær du fra (ranamål) ( bokmål) Il bokmål è usato in situazioni ‘ufficiali’, ma non viene usato tra i locali in situazioni non formali. In queste situazioni il ranamål viene usato. S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 45 Code switching Milanese/italiano (25) “Eh, a Milan l’è un’altra roba, sveglia alle sette, doccia, e giù in fabbrica a lavorar come matti.” (da R. La Capria, Ferito a morte). S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica Fischer sulla variazione in ASL Fischer (1978) afferma che nella lingua dei segni americana (ASL) è riscontrabile una variazione analoga a quella riscontrata in lingue creole come il creolo giamaicano. Secondo Fischer, esistono cioè varianti di ASL che sono più distanti dalla lingua standard (l’inglese) e varianti dell’ASL più vicine alla lingua standard. Qui vedremo un esempio di un fenomeno simile nel caso della LIS. Frasi con avverbi U1-10 46 S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 47 Variazione in LIS Avverbi Esistono due modi in cui un segnante può esprimere l’enunciato (26): (26) Gianni parla dolcemente (27) a. GIANNI PARLARE DOLCE espressione dolce b. GIANNI PARLARE La traduzione (27-a) è evidentemente più vicina all’italiano: cosı̀ come nella frase italiana l’avverbio è espresso da una parola che segue il verbo, in (27-a) l’avverbio viene segnato manualmente dopo il verbo. La traduzione (27-b) è meno vicina all’italiano: l’avverbio viene segnato per mezzo di un elemento soprasegmentale, l’espressione (e attraverso il movimento più lento del segno PARLARE). S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 48 LIS e italiano segnato Nel caso degli avverbi, diversi segnanti hanno indicato chiaramente che, pur essendo consapevoli che altri segnanti esprimono il significato di avverbi come “dolcemente” o “lentamente” attraverso segni manuali che seguono il verbo, questa scelta non è accettabile per loro, in quanto è semplicemente un tentativo di replicare la struttura della frase italiana. Questi segnanti usano invece le componenti non manuali per segnare questi avverbi. Questo suggerisce che l’uso di segni manuali per avverbi come “dolcemente” o “lentamente” sia una forma di ‘italiano segnato’: l’uso di questi segni manuali sarebbe cioè determinato dalla percezione che il modo di segnare corretto è quello che si avvicina di più alla lingua standard, cioè all’italiano. Molti segnanti considerano più opportuno riservare il termine “Lingua dei Segni Italiana” per il sistema segnico che segue meno da vicino la struttura della frase italiana (quello che corrisponde al basiletto, secondo la terminologia adottata per le lingue creole) e usare altri termini come “Italiano Segnato” per riferirsi a modi di segnare più vicini alla struttura dell’italiano. S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica Un’altro caso di variazione Un altro caso di variazione in LIS riguarda l’ordine delle parole. Vediamo in cosa consiste. 49 S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 50 La LIS come lingua SOV Per i segnanti che avete visto, l’ordine di base delle parole in LIS è SOV. Questo è l’ordine che questi segnanti hanno prodotto spontaneamente quando gli è stato chiesto di tradurre gli enunciati italiani. Per esempio, questi segnanti traducono la frase italiana (28-a) con (28-b): (28) a. Gianni ama Maria b. GIANNI MARIA AMARE Gli altri ordini per segnare (28-a), in assenza di pause o altri meccanismi che indicano una diversa struttura frasale, sono considerati anomali da questi segnanti: (29) a. *MARIA GIANNI AMARE b. *GIANNI AMARE MARIA c. *AMARE GIANNI MARIA d. *AMARE MARIA GIANNI e. *MARIA AMARE GIANNI S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 51 Dati contrastanti Laudanna (1987) e Volterra e Laudanna (1984) riportano dati diversi riguardo all’ordine delle parole in LIS. Questi dati si basano sia su giudizi di segnanti riguardo all’accettabilità di certi enunciati in LIS che su enunciati prodotti da segnanti per descrivere alcune figure mostrate nel corso di un esperimento. Per presentare questi dati, dobbiamo prima introdurre una distinzione. S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 52 Frasi reversibili Prendete di nuovo la frase (28-a): (28) a. Gianni ama Maria In questa frase, l’ordine delle parole indica chi compie l’azione e chi la subisce: Gianni è l’agente e Maria il paziente. Se invertiamo l’ordine di soggetto e oggetto, si invertono anche i ruoli tematici. Per esempio, in (30) Maria è l’agente e Gianni il paziente: (30) Maria ama Gianni Enunciati in cui invertendo l’ordine degli argomenti del verbo si invertono i ruoli tematici sono dette frasi reversibili. S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 53 Frasi irreversibili Non tutte le frasi si comportano come le frasi reversibili. Prendete la frase (31-a). In questa frase, Gianni è l’agente e il cinema è il luogo verso cui tende il movimento. (31) a. Gianni va al cinema In questo caso, tuttavia, se invertiamo l’ordine degli argomenti del verbo, non otteniamo affatto una frase in cui i ruoli tematici sono invertiti, ma otteniamo una frase anomala: (32) il cinema va a Gianni Enunciati in cui invertendo l’ordine degli argomenti del verbo si ottiene una frase anomala sono dette frasi irreversibili. S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica I dati di Laudanna e Volterra Laudanna e Volterra riportano che alcuni segnanti adottano ordini diversi secondo il tipo di frase. Per questi segnanti, l’ordine di gran lunga prevalente negli enunciati reversibili è SVO, mentre negli enunciati irreversibili si riscontra anche una presenza significativa dell’ordine SOV. Per esempio, questi segnanti usano solitamente (28)c per esprimere (28)a, mentre per esprimere (31)a usano (31)b: (28) (31) a. Gianni ama Maria c. GIANNI AMARE MARIA a. Gianni va al cinema b. GIANNI CINEMA ANDARE Dunque, nel caso delle frasi reversibili, questi segnanti adottano prevalentemente un ordine delle parole più simile all’italiano. 54 S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 55 Una domanda Come possiamo riconciliare i dati riportati da Laudanna e Volterra con il fatto che molti segnanti considerano invece SOV come l’ordine di base della LIS? S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 56 Un’ipotesi Un’ipotesi possibile è che, come per l’occorrenza di segni manuali per “dolcemente” o “lentamente,” l’occorrenza dell’ordine SVO tra alcuni segnanti sia un tentativo di conformarsi all’ordine di parole dell’italiano. Dal momento che l’italiano è la lingua dominante ed è una lingua SVO, l’ordine SVO verrebbe percepito come più ‘corretto’ da questi segnanti. Geraci (2002) ha suggerito che la pressione per conformarsi all’ordine delle parole della lingua standard sarebbe più forte per gli enunciati reversibili (“Gianni ama Maria”) in quanto per questi enunciati l’ordine delle parole è cruciale per determinare l’interpretazione della frase (chi compie l’azione e chi la subisce). Questo spiegherebbe la maggiore occorrenza dell’ordine SVO per gli enunciati reversibili. Vale a dire, secondo questa ipotesi, la strategia seguita dai segnanti di Laudanna e Volterra sarebbe quella di attenersi all’ordine delle parole della lingua standard quando l’ordine delle parole è determinante per l’interpretazione. S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 57 Lingue segniche e lingue creole Riassumendo Abbiamo condotto un esame parallelo delle lingue segniche e delle lingue creole. • Abbiamo mostrato che certi aspetti delle lingue segniche, che a prima vista potrebbero sembrare peculiarità delle lingue visivo-gestuali, sono invece riscontrabili anche in lingue uditivo-vocali, come appunto le lingue creole. • Abbiamo utilizzato alcune nozioni che sono state introdotte nello studio delle lingue creole per analizzare fenomeni analoghi nelle lingue segniche. S. Zucchi - Lingua dei segni e teoria linguistica 58 Letture • S. Pinker, L’istinto del linguaggio, cap. 2, pagg. 33-39 • R. Jackendoff, Linguaggio e natura umana, cap. 10, pagg. 126-130