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ILLUMINAZINE BUDDISTA
Venerdì, 27 agosto 2004, ore 15.00
Relatori:
Mettanando Bhikkhu, Special Advisor for the Buddhist Affairs to SG of WCRP
(Religions for Peace); Wakako Saito, Rappresentative Wakako International.
Moderatore:
Ambrogio Pisoni, Docente di Teologia presso l'Università Cattolica Sacro Cuore di
Milano.
Moderatore: Benvenuti a questo incontro con il mondo buddista. Dicendo così chiedo
scusa per un errore di tipo tecnico che ha potuto far leggere sul programma del Meeting,
come titolo dell'incontro, come tutti avete potuto vedere, “L'illuminazione buddista”:
questo è invece il titolo di uno dei due interventi, quello della nostra amica e signora anche se non vuole essere chiamata così - Wakako Saito.
Dunque, il titolo giusto sarebbe: “Incontro con il mondo buddista”, perché quest'anno
abbiamo la possibilità di incontrare due persone. Una, da lungo tempo da noi conosciuta,
la signora Saito, che al Meeting partecipa dal lontano 1988, e poi, per la prima volta, il
Venerabile Mettanando; viene da Bangkok e avrò modo di presentarlo in maniera più
precisa all'inizio della sua relazione e del suo intervento. Dato che si tratta di due
comunicazioni e che terranno occupato un po' del nostro tempo e della nostra attenzione,
cominciamo subito, anche perché il programma del Meeting è oggi denso di opportunità
e anche i nostri amici desiderano partecipare all'incontro con il Patriarca di Venezia, che
hanno già incontrato personalmente in altre occasioni.
Passo subito la parola alla nostra amica Wakako Saito che ci introduce al tema della sua
comunicazione, che anche quest'anno si avvarrà del supporto visivo all'avanguardia della
tecnologia nipponica. Grazie.
Wakako Saito: Allora innanzitutto, devo proprio ringraziarvi, don Ambrogio, don
Mauro, amici di Fidenza, tutti i volontari. Tutti devo ringraziare, per questo incontro, per
questi giorni: io sono qua e stanno accadendo tante cose bellissime. Perciò vi ringrazio
tantissimo.
Io mi chiamo Wakako Saito e la mia principale occupazione è incoraggiare l’apertura
del dialogo tra cristiani e buddisti e facilitare un corretto scambio culturale, specialmente
tra Italia e Giappone. Io sono molto contenta di essere qua.
Questa è una fotografia: monsignor Luigi Giussani a Nagoja in Giappone. Nel 1987 ho
invitato Luigi Giussani in Giappone ad un dialogo con dei giovani giapponesi: i monaci
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del monte Koya. Da allora, grazie alla guida del mistero, l'amicizia con diversi cattolici,
in Italia e anche in tutto il mondo, sta crescendo in ampiezza e profondità.
Oggi desidero parlare dell'Illuminazione buddista nella vita di tutti i giorni, perché
l'Illuminazione non è qualcosa per fuggire dalla realtà, ma è dentro la realtà. Ci sono
molte definizioni di Illuminazione, ma io desidero concentrare l'attenzione sul concetto
introdotto dal monaco buddista giapponese che si chiama Kukai, che è stato il fondatore
del Buddismo Shingon Mikkyo, tra l'VIII e IX secolo.
Prima di tutto desidero spiegare l'idea di Illuminazione secondo il monaco Kukai, poi vi
parlerò di questo concetto secondo la mia esperienza in Italia, da ultimo la conclusione.
Voi potete pensare che raggiungere l'Illuminazione sia possibile solo per qualcuno
veramente speciale, o solo in certe circostanze e lontano dalla vita reale; magari qui in
Italia pensate così, ma tutto questo non è vero, io voglio proprio sottolineare questo
punto oggi. Noi tutti abbiamo la potenzialità per arrivare all'Illuminazione nella vita
reale che stiamo vivendo. Per cortesia notate che lo studio del buddismo è veramente
profondo e complicato così, dato il tempo così limitato per questo incontro, cercherò di
rendere la spiegazione il più semplice possibile. Vi farò vedere anche diverse fotografie,
alcune sono state scattate da me stessa e dai miei amici, altre provengono da due libri
intitolati Arte nel Buddismo Mikkyo e Kobo-Daishi Kukai, pubblicato da Asahi News
Paper, e Tesori della Sacra Montagna, Kukai e il Monte Koya, pubblicato da NHK
Broadcasting, Osaka.
Che cosa vuol dire “Illuminazione” per il monaco Kukai?
Questa è una statua del monaco Kukai seduto.
Il buddismo è una delle principali religioni del Giappone. C'è un monaco, Kukai, che ha
contribuito molto allo sviluppo del buddismo giapponese, ed è conosciuto dalla
maggioranza dei giapponesi. Proprio lui, il monaco Kukai, è anche conosciuto con il
nome di Kobo Daishi. Egli fece un viaggio a Tang China nel 804 dopo Cristo, per
conoscere la verità, e riportò in Giappone l'insegnamento del buddismo Mikkyo, nel 806
dopo Cristo.
Il monaco Kukai può essere paragonato ad un santo cristiano, per esempio a San
Francesco d'Assisi: quando erano giovani entrambi hanno vissuto tempi difficili e duri
prima di trovare la loro strada, poi hanno realizzato la loro missione. Hanno lavorato
duramente per le persone che avevano bisogno di aiuto e hanno fatto esperienza del
mistero. Come risultato, essi sono riconosciuti da molta gente e hanno grandemente
influenzato il popolo fino ad oggi. Perciò possiamo paragonare questi santi cristiani e i
buddisti illuminati.
Il monaco Kukai stabilì il quartier generale del Buddismo Shingon Mikkyo sul Monte
Koya, nella prefettura di Wakayama sull'isola di Honshu, quella più grande, con il
permesso dell'imperatore. Così è come appare il monte Koya: la catena montuosa
circonda il piccolo bacino e assomiglia ad un gigantesco fior di loto visto dall'alto, come
vedete. Il monte Koya è considerato come Terra Santa del buddismo in Giappone.
L'Illuminazione è uno dei concetti più importanti nel buddismo. Riprendendo il termine
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Illuminazione, secondo il monaco Kukai, vediamo che secondo il suo pensiero, per
raggiungere l'Illuminazione, è necessario che la persona faccia due esperienze
ugualmente importanti.
Primo la meditazione, che può essere fatta per conto proprio. Questa è raffigurata dalla
divinità chiamata Dainichi-Nyorai, che è il centro dell'Universo. Raggiungere
l'Illuminazione significa diventare uno con questa rappresentazione di Dainichi-Nyorai
durante l'esistenza umana, cioè nella vita, prima di morire. Quando gli asceti praticano la
meditazione, dispongono le mani come la divinità cantando Mantra e concentrandosi per
diventare uno con Dainichi-Nyoray e l'Universo; questo è il primo metodo.
Il secondo. L'azione del bene per il prossimo nella realtà quotidiana. Noi possiamo
lavorare per il bene degli altri e per noi stessi collaborando anche con persone che hanno
valori simili ai nostri. Quando noi lavoriamo per il bene degli altri, allo stesso tempo
riceviamo dalla persona che stiamo aiutando. Perciò dare sempre. Io darò tutto e poi
rimango niente? Non è vero, nello stesso tempo noi possiamo ricevere anche tante cose.
Questo è un tempo in Kyoto con i ciliegi in fiore. Per noi il fiore di ciliegio vuol dire la
bellezza del Giappone. Ma Kukai ha dedicato la sua vita lavorando per il bene degli altri
con compassione e misericordia, e l'imperatore concesse a Kukai il Tempio di Toji in
Kyoto. Kyoto era a quell'epoca la capitale del Giappone. Questa è una università, si
chiama Sugei Shuchi-in, Accademia di Arti e Scienze a Kyoto. Kukai portò a termine
molti progetti per il bene pubblico, inclusa la prima università giapponese che si chiama
Sugei Shuchi-in Accademia di Arte e Scienze, offrendo istruzione alla popolazione. Lì
lavorò non solo per il buddismo, ma anche per lo sviluppo dell'uomo; perciò non solo ha
insegnato buddismo, ma anche qualcosa di più, per lo sviluppo dell'uomo. Infatti si dice
che Kukai inventò un semplice alfabeto giapponese chiamato Hiragana per la gente
comune, perché a quell'epoca non tutti potevano imparare a scrivere: solo quelli ricchi o
nobili, allora lui ha inventato questo Hiragana. Infatti questo è il monaco Kukai mentre
insegna il carattere Hiragana ai bambini. Egli pensava che l'istruzione fosse importante
per ogni uomo, avendo l'idea di uguaglianza e dignità per ogni persona. Inoltre Kukai
costruì diverse strutture pubbliche come strade, ponti e pozzi. Insegnò al popolo
giapponese l'uso del carbone e del petrolio, diede anche un grande contributo per il
controllo dell'acqua e di irrigazione dei campi. Un grande numero dei suoi discepoli
chiamati Hijiri - che significa santo in giapponese - seguirono le sue attività in tutto il
Paese.
Aspetti costitutivi dell'attività del monaco Kukai.
Quando noi lavoriamo per il bene comune, passione e misericordia sono qualcosa di
fondamentale. Tutto il popolo sofferente deve essere salvato senza dimenticare nessuno.
Nell'insegnamento di Kukai saggezza e preghiera sono altrettanto indispensabili. In
questa foto Kukai è raffigurato come varja-pounder: vuol dire che lui è simbolo di
saggezza. Lui pensava che la saggezza fosse una cosa importante quando noi aiutiamo
gli altri. Anche lui tiene questo Jyuzu, una specie di rosario che simboleggia l’uomo
orante. Ci sono 108 perline in un Jyuzu perché, d'accordo con l'insegnamento del
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buddismo, tutti gli esseri umani hanno 108 Kilesa, cioè desideri o tentazioni che creano
difficoltà o problemi nella nostra vita. Di fronte al mistero noi siamo ben piccola cosa;
attraverso la preghiera noi possiamo ricevere dal mistero, che sempre ci invia la sua
compassione e la sua misericordia.
Questa è una figura di Bosatsu che sta cercando Illuminazione. Questo significa che noi
tutti possiamo essere Bosatsu, anche se noi non siamo perfetti, anche se facciamo tanti
errori; comunque noi possiamo essere Bosatsu con un bellissimo volto, come questa
figura. I tre elementi di cui abbiamo bisogno per arrivare all'Illuminazione attraverso le
nostre opere sono: compassione, saggezza e preghiera.
Ora desidero tornare ai concetti principali dell'Illuminazione secondo il monaco Kukai.
Primo: tutti noi abbiamo le potenzialità per raggiungerla. Secondo: non solo attraverso la
meditazione, ma anche attraverso le azioni nella nostra vita quotidiana, ci vogliono tutti
e due. Preghiera, meditazione e anche azione. Lavorando per il bene del prossimo con
compassione, saggezza e preghiera, guidati dalla potenza del mistero, cioè dell'Assoluto.
La strada per raggiungere l'illuminazione è veramente lunga, ma noi dobbiamo fare del
nostro meglio ogni giorno, ogni momento, ma l'Illuminazione ci è data dal mistero per
grazia, come un miracolo, indipendentemente dai nostri desideri e dai nostri sforzi.
Perciò se arriva arriva, se non arriva non arriva, però è importante; siamo noi che
facciamo azione, facciamo preghiera, facciamo meditazione, se no, non arriva.
Ora torniamo alla storia del monaco Kukai. Era l'inizio del IX secolo quando egli fece
un viaggio a Tang, in Cina. Come possiamo immaginare non era facile andare fino in
Cina, in quel momento. Correndo questo grande rischio egli decise di andare perché
voleva conoscere la verità del mistero, cioè dell'Assoluto. Ora, riferendomi alla mia
storia, quando stavo pensando se dovevo venire a studiare in Italia, molta gente mi ha
detto che correvo un grande rischio e sarebbe stato meglio non andare: “Tu stai
rischiando”. Mi ricordo che questa foto mi incoraggiò molto, perciò vedendo questa
immagine ho detto: “Lo ha fatto lui”, e poi io potevo partire con l'aereo!
Moderatore: Se avessi preso quella nave saresti ancora in viaggio!
Wakako Saito: Così sono partita.
Il concetto di Illuminazione e la mia esperienza in Italia. Cioè l'amicizia con gli italiani,
lavorando per il bene degli altri. Ho vissuto in Italia dal 1990 al 1996. In quel periodo la
mia occupazione principale era quella di ricercatrice in teologia all'Università Cattolica
del Sacro Cuore di Milano, inviata dall'Institute of Mikkyo Buddhism e Buddhist
Culture della Koyasan University del Shingon Mikkyo Buddhism. Mi ricordo che il
primo giorno, quando sono andata all'università, avevo paura, non sapevo che cosa devo
fare e ad un certo punto è arrivato lui che mi ha detto...
Moderatore: Ed il rischio è cominciato.
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Wakako Saito: Ecco. E poi man mano è incominciata l'amicizia vera con tante persone.
Vivendo in Italia e studiando teologia, divenne una sfida la costruzione di un “ponte” tra
Italia e Giappone. Io ho avuto la bellissima opportunità di costruire una grande amicizia
con tante persone. C'era in loro grande armonia, tra compassione, saggezza e preghiera.
Come un catalizzatore per fare del bene al prossimo. Essi sono cristiani, ma dal mio
punto di vista buddista, erano come persone alla ricerca dell'Illuminazione. Sono
volontari di Milano e lavoravano per il Banco Alimentare. Quando li ho visti lavorare
per il bene degli altri, distribuendo cibo per i poveri, facendo ricerca sul cancro,
prendendosi cura dei pazienti, dei bambini con handicap, degli anziani, dei dipendenti da
droghe e pazienti colpiti da AIDS, ho avuto l'impressione che il loro muoversi fosse
come quello di chi cerca l'Illuminazione secondo gli insegnamenti di Kukai.
Permettete che vi mostri qualche altro esempio. Il mio carissimo amico dottor Cimorelli
che lavora per i bambini del Tibet. Lui visitò il Tibet per aiutare Lama-doctors che
stavano programmando di aprire una clinica per bambini. Egli mi ha detto che all'inizio
non fu assolutamente semplice realizzare il progetto, perché il sistema medico in Tibet
era completamente diverso da quello italiano, oltre che la lingua e l’enorme gap
culturale. Tuttavia, dopo la nascita di una grande amicizia con il leader di Lama-doctors
ogni cosa si risolse al meglio, non fu così complicato come egli pensava. Cominciarono
a fare progressi. Io penso perché entrambi, sia Cimorelli che il leader di Lama-doctors,
avevano la stessa sensibilità verso i pazienti. Sia buddisti sia cristiani abbiamo la stessa
sensibilità, perché siamo esseri umani.
Qui siamo a Spacca Napoli. Suor Pina è con una madre e due bambini, uno di essi
portatore di handicap, e non ha il padre. Suor Pina è delle Suore di Carità
dell'Assunzione, ed è un’infermiera e ogni giorno visita i pazienti, poveri, vecchi e
bambini per portare le medicine e aiutare le loro vite, con amore infinito. Ovunque essa
va, la gente non la lascia tornare a casa, perché quello che essi cercano è qualcuno con
cui condividere le loro difficoltà. Suor Pina e le sorelle della sua comunità, stanno
dedicando la propria vita come se esse fossero strumenti di Cristo, anche attraverso la
preghiera. Quando ho visto queste sorelle sono stata richiamata a ricordare
atteggiamento della piccola Bernadetta che più tardi divenne Santa. Essa accettò quello
che Maria le chiese, realizzò il suo compito con il suo cuore semplice e puro. Soleva
dire: “La ragione per cui io sono stata scelta da Maria è perché ero la più povera e la più
ignorante”; mi ricordavo sempre questa parola quando io sono andata a trovare tutta la
comunità.
La mia attività buddista nel mondo cristiano. Questi amici cattolici mi hanno
incoraggiata e così ho incominciato a lavorare per il bene degli altri, cominciando da
qualcosa di veramente piccolo, nella vita di tutti i giorni in Italia. Lasciatemi raccontare
a proposito della mia attività di buddista nel mondo cristiano. Suor Pina e la sua
comunità facevano un doposcuola per i bambini a Spacca Napoli. La loro attività è
basata sulla tensione a svariate cose, dipende dalle necessità delle persone che
incontrano. Di fronte a queste grandi sorelle, in principio ho pensato di essere inutile per
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la loro attività. Di fatto, quando esse mi hanno chiesto di raccontare qualcosa del
Giappone ai bambini, io sono rimasta un po' confusa, imbarazzata. Non avevo né
l'abilità, né l'esperienza. Nondimeno ero totalmente in errore. Quando cominciai a
parlare, suor Pina cominciò ad aiutarmi e come risultato, ai bambini piacque veramente
molto il mio racconto. Da questo episodio ho imparato che tutti noi abbiamo qualcosa da
offrire agli altri. La cosa più importante è avere uno spirito che raccoglie la sfida della
realtà.
Calligrafia giapponese e sistemazione dei fiori come terapia.
Questa è la casa di riposo di Trivolzio, che ho visitato diverse volte. Ricordo che quando
entrai, una donna anziana cominciò a parlare senza smettere un attimo. Un'altra vecchia
signora su una sedia a rotelle incominciò a piangere, l’anziana signora non poteva
esprimere il suo dolore in parole, a causa della sua malattia. L’insegnamento buddista
dice che tutti, vivendo, facciamo esperienza di quattro tipi di sofferenza: nascita,
vecchiaia, malattia e morte. Tutti noi vivendo andiamo verso la morte. È vero, tutti noi,
anch'io, anche voi. Tuttavia ho visto gli anziani vivere la loro vita spendendosi al
meglio. Quando ho insegnato loro la calligrafia giapponese e la disposizione dei fiori
come terapia, hanno lavorato duramente, anche se alcuni di loro avevano difficoltà a
causa della loro condizione fisica. È stata una esperienza bellissima. La morte è il
destino di ognuno. Tuttavia vivere la propria vita al meglio fino all'ultimo momento è la
risposta adeguata al mistero che ci ha donato la vita.
Cerimonia del tè per le suore di Valserena. Ogni volta che torno in Italia dal Giappone,
visito il Monastero di Valserena. Una volta, dopo le preghiere del mattino con le sorelle,
ho organizzato per loro la cerimonia giapponese del tè, spiegandola in relazione allo
spirito religioso, perché la pratica della cerimonia del tè aiuta a creare armonia con le
persone, la natura e il mistero.
Il dialogo interreligioso corre facilmente il rischio di rimanere una formalità. Solo
l'amicizia realizza un vero dialogo. Ad esempio, la mia amicizia con la comunità di
Forlì, cominciata attraverso don Francesco Ricci, quando visitò il Giappone. Dopo la sua
morte nel 1991, tutti gli anni io prego sulla sua tomba dove è nato, al suo paese, a
Premilcuore. Per me egli è un cristiano santo che sempre sta aiutando il dialogo tra
buddisti e cristiani, anche ora. Ora lui sta qui con noi, mi sento questo.
Volevo concludere il mio intervento. L'amicizia tra buddisti e cristiani, cioè un grande
regalo del mistero.
Come risultato della tecnologia avanzata, il mondo odierno sta diventando veramente
piccolo, d'altra parte la situazione del mondo è lontana dalla pace, ci sono le guerre,
povertà, disprezzo dei diritti umani.
La nostra amicizia cristiani-buddisti, cominciata nel 1987, è stata un grande regalo del
mistero. È vero che abbiamo la stessa missione da compiere: lavorando per il bene
comune nella nostra vita di tutti i giorni, per dare a questo mondo più pace e armonia,
facendo del bene per gli altri. Poi, noi non possiamo solo pregare per la pace. Certo la
preghiera aiuta tantissimo e ci vuole, ma dobbiamo anche esprimere il nostro progetto e
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un’azione precisa, insieme nelle realtà in cui viviamo. Per realizzare tutto ciò, noi
possiamo partire imparando molte cose dai santi cristiani e dagli illuminati buddisti,
persone che fanno la nostra comunità più aperta, l'uno verso l'altro. Essi sono con noi per
aiutare la nostra sfida, la nostra opera. Per esempio, conoscendo di più la vita di san
Francesco d'Assisi e del monaco Kukai, a proposito della compassione e dell'armonia tra
gli uomini e la natura, noi possiamo imitare la loro vita nelle nostre azioni quotidiane.
Guardando la bellezza della natura tutti noi siamo colpiti profondamente, sentiamo che
siamo amati da qualcosa senza limiti.
Quando voi cattolici vedete il bellissimo tramonto a Lourdes, in Francia, potete
percepire l'esistenza di Dio. Noi buddisti giapponesi che viviamo sette ore in anticipo
rispetto a voi europei, vediamo lo stesso tramonto che voi state vedendo, come alba sul
monte Fuji grati per la compassione e la misericordia del mistero.
Perciò camminiamo insieme, ricercando la verità. Incoraggiamoci l'un l'altro attraverso
la preghiera per la nostra santità. Come il titolo del Meeting di quest'anno dice: “Il
nostro progresso non consiste nel presumere di essere arrivati, ma nel tendere
continuamente alla meta”.
Noi giapponesi abbiamo l'abitudine di fare origami di carta crespa; per noi sono come
delle preghiere, ma non per sé, ma per gli altri, perché possano essere felici e in buona
salute. Anche oggi ne ho portati un po' per la vostra salute, per ciascuno di voi, perché
siamo così amici. È dal 1987 che siamo amici e sicuramente il mistero ci dà forza, anche
per il futuro. Allora grazie. Siete sempre nelle mie preghiere.
Moderatore: Credo di poter esprimere anche il significato di questo ringraziamento - che
è stato espresso anche dall'applauso - dicendo che grazie all'esperienza che stiamo
vivendo, abbiamo potuto apprezzare quello che Saito ha testimoniato oggi.
Soprattutto quando abbiamo sentito dire che l'educazione è importante per ogni uomo.
Abbiamo sentito ricordarci che il rapporto con la realtà è una sfida, che quella che, nella
tradizione buddista, si chiama Illuminazione, arriva all'uomo come un dono del mistero,
e che l'amicizia è l'unica strada ragionevole, è il metodo per poter incontrare l'altro e per
poter lavorare per costruire un mondo che sia secondo la misura e statura della verità
dell'umano; e che dobbiamo domandare tutti, a Dio - e questo è vero ed è forse la cosa
più condivisibile nella sua radice -, lo Spirito che ci fa cogliere la sfida della realtà.
Forse tra tanti luoghi comuni, che ancora oggi vivono nel comune pensiero diffuso nella
nostra cultura occidentale - ormai dimentica della sua radice cristiana, da tanto tempo -,
riguardo la tradizione buddista, è che essa sia un congedo continuo dalla realtà. Fu anche
uno degli spunti che impressionò di più don Giussani, nel suo primo ed unico incontro in
Giappone con la realtà del Buddismo Shingon, questa attenzione alla realtà fino a
raccoglierne la sfida, che diventa lavoro di educazione. Quindi grazie Saito.
Adesso ho l'onere di presentarvi un nostro amico, Venerabile Mettanando. Vi leggo in
italiano le brevi righe che ci ha consegnato come presentazione. Venerabile Mettanando
è tailandese, viene da Bangkok è monaco. È fisico, studioso, è stato il primo monaco
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tailandese a conseguire una laurea presso l'Università di Oxford, presso la Harvard
School e l'Università di Amburgo. Attualmente è Consigliere presso il Segretario
Generale per la Conferenza Mondiale delle Religioni per la Pace, ed è il principale
rappresentante di questo organismo presso la Commissione Economica Sociale delle
Nazioni Unite per l'Asia ed il Pacifico, con sede a Bangkok.
Mettanando Bhikkhu: Il buddismo è una delle più antiche religioni del mondo, fondata
da Siddhartha Gautama, un principe leggendario, nel Regno di Kapilavastu. Il buddismo
in Asia è una religione che si è diffusa rapidamente dall'India al Giappone, in tutti i paesi
asiatici; e questo mentre si trovavano al massimo della loro civiltà. E poi questa
religione si è amalgamata con quella che era la cultura dei paesi asiatici, dal XII secolo
in poi.
La mia impostazione oggi vi sembrerà poco ortodossa, perché io applico proprio questo
principio di autocritica, che trova il suo fondamento negli insegnamenti originari del
Buddha, che vogliono esporsi all'aperto, vogliono trovare una controparte nel dialogo
interreligioso. Perché l'apertura in quanto tale ci aiuta vicendevolmente e ci aiuta con la
saggezza, ci aiuta verso lo sviluppo.
Sostanzialmente ci sono tre scuole del buddismo. Il Buddismo Theravada è la prassi
religiosa del sud-est asiatico. Sono 100 milioni coloro che professano questa fede
buddista. Una caratteristica del tutto unica del buddismo è che è una religione senza un
essere supremo, senza un dio. Il Buddha non ha mai dichiarato essere un dio, né voleva
che i suoi fedeli credessero che lo fosse. Niente di più che un guru umano e, tra l'altro,
Buddha non è un nome, ma un titolo che significa “colui che si è risvegliato”. Il che
riflette una delle caratteristiche specifiche di questa religione: il conseguimento
dell'illuminazione, la saggezza e la pace tramite la meditazione.
Là dove il Buddha negava l'esistenza di un Dio creato ad immagine dell'uomo, la pratica
del buddismo sicuramente non è ateistica. Il Buddha sosteneva che esisteva un principio
universale che governa tutto, l'esistenza di una vita dopo la morte e proclamava
l'esistenza di un sistema di giustizia che premia coloro che fanno il bene e punisce
coloro che fanno il male. Soprattutto il buddismo sostiene che l'obbiettivo ultimo della
vita è il raggiungimento del Nirvana, la gioia eterna, che tutta l'umanità può raggiungere:
uomini e donne allo stesso modo.
Oltre gli insegnamenti del Buddha, il buddismo incorpora anche il Sangha ovvero
l'istituzione sociale che abbraccia gli insegnamenti del Buddha. Sangha comincia con la
comunità dei monaci e delle monache che seguivano il Buddha e che hanno voluto
portare avanti la sua missione di trasformare il mondo in un luogo migliore. Il Buddha
stesso, il Dharma - i suoi insegnamenti scritti -, il Sangha - che è la comunità attuale costituiscono questo organismo all'interno del quale i buddisti trovano rifugio, ed è
conosciuto come la Triplice Gemma. I buddisti credono che il Buddha e la sua religione
siamo emersi come parte dell'universo piuttosto che essere stati imposti da un ordine
divino. Come molte cose buone del nostro mondo, il buddismo può darsi che sia sulla
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strada dell'estinzione, dal momento che il peccato e la violenza dell'uomo aumentano.
Tuttavia la verità del Dharma sarà riscoperta ancora una volta da un altro "risvegliato",
che insegnerà lo stesso messaggio propagato dal Buddha nella sua missione. I buddisti
credono che il Dharma sia eterno e senza tempo e, se fatto proprio, porterà un buon
equilibrio al mondo.
I ruoli tradizionali del buddismo. Dal momento che il buddismo si diffonde tramite il
dialogo, evitando di negare direttamente quelle che sono le fedi della gente locale, il
buddismo ha incorporato, ha fatto propri, vari aspetti delle culture specifiche. Ciascun
paese buddista ha una propria identità, proprio a causa di questo processo di integrazione
storica ed integrazione della cultura originaria. Lo spirito originario della religione, che
criticava l'autorità spirituale principale e metteva in discussione le credenze spirituali
delle popolazioni, spesso andò persa, laddove la maggioranza dei cittadini seguiva il
buddismo. Ed a questo punto il buddismo diventava la religione di stato, un'identità.
Dopo il dodicesimo secolo il buddismo si è incorporato completamente all'interno della
civiltà asiatica ed ha perso questi elementi critici di dialogo. Fino a poco tempo fa,
perché ora la religione sta acquisendo una maggiore popolarità internazionale, grazie
all'interesse che il mondo occidentale le rivolge. Essere una maggioranza in un Paese
dove gli antenati hanno mantenuto la religione attuale, può portare i buddisti di oggi a
credere che la loro forma di buddismo nel loro Paese sia l'unica forma di religione del
mondo. Così la gran parte dei buddisti non ritiene necessario studiare le altre religioni
del mondo. Questo punto di vista provincialistico può portare a ritenere che la fede sia
sufficiente per ottenere la salvezza, il che può ostacolare il dialogo inter-religioso. Quale
religione nazionale, la pratica buddista ed i suoi rituali si fondono con lo stato: i
monasteri ed i templi godono di uno status del tutto speciale, che è superiore a quelli di
altre religioni provenienti da altri paesi. Ad esempio, i monasteri buddisti possono avere
la proprietà terriera senza dover pagare imposte, i monaci hanno diritto esclusivo di
svolgere certe cerimonie, là dove invece altre religioni non possono farlo. A volte i
monaci sono funzionari del re o funzionari di nobili famiglie. Essi vengono utilizzati
come strumenti per controllare la popolazione, piuttosto che diventare la voce di queste
popolazioni. L'essere monaco viene visto non soltanto come status spirituale del clero
buddista, ma piuttosto come un collegamento col governo, con le amministrazioni
monastiche, che hanno struttura gerarchica e feudale. L'amministrazione è riservata
esclusivamente ai monaci, non alle monache, le donne ed i laici non hanno alcun ruolo
da svolgere all'interno dell'amministrazione della chiesa buddista.
In questo modo, il buddismo tradizionale serve a coloro che in genere sono al potere e
supportano un pensiero conservatore e viene utilizzato per mantenere lo status quo.
Dall'infanzia alla morte, le vite dei cittadini dei paesi buddisti sono segnati da rituali
specifici che vengono effettuati da monaci buddisti. Nel corso della storia il buddismo è
stato utilizzato per giustificare le ambizioni politiche dei governanti, oppure è stato
utilizzato come strumento a sostegno della stabilità politica. Da questo punto di vista, il
buddismo serve, non come istituzione meramente spirituale. Gran parte delle famiglie
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del ceto medio raramente inviano i loro figli ad impegnarsi a favore del buddismo come
monaci; invece le classi più povere inviano i figli ad essere ordinati monaci buddisti,
perché questa è la strada meno onerosa per ricevere un'istruzione. In questo modo il
buddismo come istituzione nazionale recluta i propri monaci non dal personale
veramente religioso, ma all'interno della propria amministrazione. Piuttosto si tratta di
un’istituzione feudale, che sostiene rituali tradizionali ed ha un comportamento
ortodosso e non si cura, quindi, di alleviare la povertà, né di elevare l'istruzione
pubblica.
Gli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001 al World Trade Center sono il primo
evento tragico del XXI secolo e la conseguenza immediata, che è emersa da quella
tragedia, è stata senz'altro pesante per tutti. È vero che il modo non è stato più lo stesso
da allora. L'America improvvisamente si è unita ancora di più ed ha mostrato tutta la
propria ira. L'ira di questa unica superpotenza mondiale ha lanciato due guerre in Medio
Oriente, in due anni consecutivi. Questa guerre però, invece di porre fine alla rete dei
terroristi, ha dimostrato che il terrorismo oggi è ubiquitario. La vita nelle principali città
dell'Europa e dell'Asia, che una volta erano città del tutto pacifiche, adesso è diventata
imprevedibile; viaggiare in aereo, in treno, o anche in auto, adesso è diventato
pericoloso, perché si può essere oggetto di attacchi terroristici. La popolazione non ha
più quel senso di sicurezza che aveva in passato, a prescindere che si viva a Madrid,
Parigi, Londra, Mosca, Roma o Bangkok. I viaggi nazionali ed internazionali sono
diventati più complessi, sono diventati pesanti, a causa di tutto quel controllo di
sicurezza a cui ogni passeggero è sottoposto. E quasi ogni giorno sentiamo notizie di
attacchi kamikaze o di innocenti uccisi a Baghdad o in altre città del Medio Oriente.
Una ulteriore conseguenza è stato l'aumento dei prezzi petroliferi a seguito dei tagli
dell'approvvigionamento petrolifero dal Medio Oriente, ed al timore di eventuali
sabotaggi. L'effetto della seconda guerra in Iraq è chiaro a tutti noi e le ripercussioni più
tristi di questa guerra in Iraq sono state la distruzione dell'autorità e della fiducia nelle
Nazioni Unite. L'unico rifugio internazionale nel nostro mondo è stato ridotto ad un
ruolo di mera organizzazione umanitaria, coinvolta attivamente soltanto nel processo di
mantenimento della pace e non rappresentando più una piattaforma per i negoziati di
pace. È emerso chiaramente che la decisione di questa superpotenza determina quello
che è la causa del mondo: il mondo ha appreso che gli Stati Uniti e la Gran Bretagna
possono fare quello che vogliono per portare avanti le loro politiche a favore della
costruzione e del mantenimento della pace. Invece noi vediamo l'emergere di gruppi
integralisti, insieme al diffondersi delle attività terroristiche in tutto il mondo.
L'Afghanistan e l'Iraq sono centri di terrore. Sembra che i fragili governi supportati dagli
Stati Uniti e dall'Unione Europea possano non essere in grado di risolvere i problemi
politici che potrebbero permanere per decenni ancora. I gruppi terroristici stanno
diventando sempre più forti negli Stati Uniti ed in tutto il mondo, il muro della guerra
fredda del XX secolo è stato smantellato, ma il nuovo muro fra il mondo capitalista
cristiano ed il mondo musulmano è appena stato eretto e sta diventando sempre più alto
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ogni giorno. Il futuro della pace, devo dire, è piuttosto oscuro. Il sud-est asiatico è
tormentato dalle reti dei terroristi, il sud della Thailandia, le Filippine e l'Indonesia.
Per quanto la Thailandia sia un paese buddista, non trova rifugio dalle conseguenze della
guerra del Medio Oriente. La minoranza musulmana non è soddisfatta dalla politica del
governo, che si è alleata con l'amministrazione Bush ed ha inviato truppe in Iraq. Le
sanzioni, l'embargo nei confronti delle merci americane, si è allargata ad ogni comunità
musulmana in Thailandia, ancora mesi prima dello scoppio della guerra in Iraq, ma
soprattutto c'è stato una ripresa di terrorismo subito dopo l'invio di truppe in Iraq. Alla
fine di gennaio di quest'anno una caserma nel sud della Thailandia ha subito un furto
all'interno degli arsenali militari e le bombe sono cadute in città, dove una volta buddisti
e musulmani vivevano in pace. Diversi monaci buddisti e novizi che cercavano
elemosina, al mattino, sono stati uccisi da bande di sconosciuti. Nella gran parte di
questi tristi incidenti non c'è stata alcuna rivendicazione, gli autori sono riusciti a
sfuggire alla giustizia. La vita delle popolazione che vivono nel sud è sempre più incerta.
Il buddismo è sempre più popolare in molti paesi, in Europa, in America, in Australia. In
Europa ed in America le generazioni più giovani sono attirate dal buddismo, trovano che
i suoi insegnamenti siano esotici, interessanti, ai fini della ricerca della fede personale.
Alla fine degli anni '90 il film “Il piccolo Buddha”, mostrava la vita del Buddha insieme
con un'interpretazione tibetana del concetto di Samsara e di rinascita. Molte celebrità
americane, come Richard Gere, Steven Seagull, Jet Li hanno dichiarato pubblicamente
di essere buddisti e questo fenomeno era assolutamente inconcepibile cinquant’anni fa.
Gran parte dei dizionari inglesi comprendono termini buddisti come Buddha, Dharma,
Samsara, ed hanno delle definizioni estremamente concise, ma esatte. L'etica e la
filosofia buddiste vengono integrate oggi all'interno del concetto occidentale di diritti
umani e giustizia internazionale. Il buddismo si diffonde più rapidamente nei paesi
democratici, che consentono libertà di espressione e proselitismo religioso. Tuttavia
questo non significa che il buddismo sia privo di difetti o sia la religione più perfetta del
mondo. I problemi del buddismo variano da un paese all'altro, ad esempio nei paesi
Theravada come Thailandia, Sri Lanka, Myanmar e Cambogia la religione è pienamente
integrata nella cultura, ed è inseparabile dallo stato. Inoltre i monaci vivono all'interno di
un controllo sociale molto rigoroso. In questi paesi l'amministrazione monastica è nelle
mani del governo secolare e trova l'avvallo di un gruppo di monaci che sono più
preoccupati dei rituali e dell'ortodossia, che non del benessere della popolazione e dei
problemi sociali. L'oppressione dei diritti umani e la discriminazione sociale sono
tollerati ed accettati, quali norma di vita, oppure trova la loro ragione in quello che è un
sistema feudale tipico del potere.
Ma nonostante tutto, agli occhi del mondo occidentale, i precetti e la filosofia buddisti
continuano ad essere interessanti alle menti più aperte e liberali, ed hanno ispirato
centinaia di giovani, uomini e donne, in Europa ed in America. Gran parte di loro
appartengono alla tradizione della "foresta" che aderisce a quelle che sono le norme
monastiche più rigorose; vivono in ambiente monastico e si dedicano alla meditazione.
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Alcuni di loro sono ritornati poi nel mondo occidentale ed hanno dato il via a movimenti
buddisti. Nel frattempo l'interpretazione tradizionale e feudale della gerarchia ha
eclissato alcuni aspetti fondamentali di questa religione.
Mentre il buddismo è la religione che più si diffonde in America, Europa ed Australia,
nei paesi dove tradizionalmente è nata la situazione è proprio opposta. Le generazioni
moderne si allontanano dal buddismo, ritenendo che i monaci non si preoccupino dei
problemi sociali e non riescano ad aiutarli nella loro vita quotidiana. Il buddismo
Theravada, tramite l'istruzione monastica tradizionale, non offre un quadro concettuale
che riconosca la società, o che abbia una percezione della società. La maggior parte di
coloro che si impegnano a seguire il buddismo si concentrano o su un percorso di
salvezza radicale personale, oppure ancora sulla legge del Karma. I primi suggeriscono
di porre fine a quello che è il Dukka personale, che è il termine buddista che indica
sofferenza, mancanza di soddisfazioni e dolore, in modo che l'individuo può essere
liberato da quelli che sono i cicli perpetui di rinascita e di nuova morte, che
tradizionalmente si chiamano Samsara. La loro visione del mondo è che la vita è piena
di Dukka e che l'unico significato di vita è quello di porre fine alla causa del Dukka. La
causa del Dukka è il desiderio smodato, desiderio smodato per il piacere sessuale,
desiderio smodato per il divenire, desiderio smodato per il non divenire. Da questo
punto di vista non c'è giustizia nel mondo; tutti dovrebbero lottare da soli per poter
raggiungere il Nibbana, o Nirvana. Né la scioccante notizia degli eventi dell'11
settembre, né la terribile situazione della pandemia dell'HIV e dell'AIDS alterano la
percezione di questa visione del mondo buddista. Piuttosto, fa sì che i praticanti si
concentrino sulla pratica della moralità e della concentrazione mentale e della saggezza;
ciò porta distaccarsi da tutto e, in pratica, la vita non viene vista come relazione nella
società in cui si vive. Anzi non si vede alcuna società, si vedono individui che vivono
insieme dentro lo stesso luogo. Sebbene questo gruppo di buddisti non susciti alcun
problema o difficoltà, non c'è interesse verso i problemi sociali. La loro logica è quella
di lasciare tutto come va, gran parte di loro sono passivi ed accettano i problemi sociali
in base a questo semplice ragionamento: le cose sono come sono ed io non ho nulla a
che vedere con ciò che accade. Sono pronti ad accettare qualsiasi episodio, qualsiasi
problema, qualsiasi tragedia e continuare con la loro prassi di contemplazione personale,
di impermanenza - aniccata - di insofferenza - dukkhata -, e di assenza di sé - anattata -.
D'altra parte, i buddisti che credono nella legge del Karma condividono una visione del
mondo che è estremamente diversa da coloro che credono nella salvezza radicale
personale. Credono nella conservazione del Karma. Karma significa "azione", azione
che è stata effettuata in passato - Pali kama cioè “ciò che si fa poi torna” -; tramite la
lente del karma la giustizia controlla il mondo. Coloro che fanno il bene vengono
premiati, coloro che fanno il male vengono sempre puniti, la fortuna o l'assenza di
fortuna nella vita dipendono dalle azioni passate dell'individuo. In pratica coloro che
hanno successo meritano di averlo, coloro che invece conducono una vita triste sono
coloro che stanno ricevendo i frutti del male commesso in passato. Pertanto il motivo
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per cui non si deve essere coinvolti è: “è il loro Karma, io non posso farci nulla”.
Secondo questa visione del mondo, chiunque soffra merita questa tristezza ed è il
risultato dei peccati commessi nelle vite precedenti.
Inoltre, l'interpretazione della legge del Karma si associa direttamente con l'abbondanza
che deriva in seguito ai meriti, o demeriti, dei credenti appartenenti alla comunità dei
monaci buddisti. Questa idea ha creato un fortissimo incentivo affinché i laici buddisti
donino i loro beni ai monaci, credendo che riceveranno poi benefici mille volte più
preziosi rispetto alla donazione data al monaco. A questo punto non sorprende che i
monaci promuovano quest'idea, questa fede nella legge del Karma, perché contribuisce
direttamente alla fortuna dei suoi promotori.
Nonostante le differenza di visione tra coloro che credono nella salvezza radicale e
coloro che sostengono la visione karmica, ciascuno è egualmente individualista. La
logica rimane esattamente la stessa, ciascuno deve darsi da fare per se stesso, non si può
influire sulla vita degli altri. Inoltre, in questa visione karmica, l'unico modo per un
uomo di salvarsi dall'assenza di fortuna è quello di donare più alla comunità di monaci e
pregare per un mondo giusto e libero.
Queste due visioni prevalenti, la salvezza radicale e la visione karmica sono il software
culturale per l’interpretazione degli insegnamenti del Buddha, nella formazione
tradizionale del buddismo Theravada. Da un punto di vista pratico non si ha la
possibilità di concepire la collettività dell’umanità o della comunità. Semplicemente i
buddisti vedono solo se stessi e la necessità di distaccarsi dal mondo, perché tutto è via
di deterioramento, oppure cercano soltanto di ottenere maggiori meriti per salvarsi nella
prossima vita. Purtroppo queste due visioni del mondo sono fatte proprio dalla maggior
parte dei buddisti nel sud-est asiatico e non si è incoraggiati a contribuire alla società,
perché non si vede la comunità, si vedono cioè soltanto individui che vivono ciascuno
con la propria responsabilità individuale.
La sfida, per noi, è di riformare l’istruzione buddista affinché il potenziale nascosto
degli insegnamenti del Buddha possa diventare un grande strumento nella mobilitazione
della società; il che è estremamente necessario nella campagna contro i problemi sociali,
con la violenza e l’epidemia globale di HIV e AIDS, a favore dei diritti umani, contro il
deterioramento ambientale. Questo nuovo modo di insegnare, dovrebbe incoraggiare i
buddisti a prendere coscienza delle proprie forze culturali e delle proprie debolezze, per
poter contribuire agli sforzi collettivi condivisi dalla comunità di fede e per poter
articolare la loro fede, tenendo conto dei problemi della società moderna.
Solo un approccio pluralistico può risolvere un problema tanto grande. Inoltre i
tradizionalisti dovrebbero cercare alternative, interpretazioni contemporanee alternative
che applichino un codice sociale etico, un codice di responsabilità. In questo modo tutti i
fedeli potrebbero arrivare a collaborare a favore di una società pacifica. In questo sforzo
congiunto le persone di fede potrebbero non solo contribuire al mondo, ma collaborare
per risolvere i problemi della società moderna. Pur considerando i problemi della società
come una sfida personale al fine di salvare l’umanità da questo Dukka su scala globale.
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Una delle ipotesi buddiste sulla natura degli insegnamenti del Buddha, è che è senza
tempo e trova applicazione universale per la soluzione della sofferenza. Questo
soprattutto nel settore di quelle che sono i problemi globali, l’HIV, l’AIDS, il terrorismo
e gli eventi del 11 settembre. Si potrebbe dire che, secondo gli insegnamenti tradizionali,
il buddismo Theravada non riesce a mobilitare la gente e le risorse pubbliche per
prevenire, per esempio, l’AIDS, oppure per lanciare campagne di informazione contro
questo terribile virus.
Gran parte dei buddisti più fedeli vivono le loro vite alla ricerca del nirvana o credendo
nella dottrina del Karma. Entrambe queste visioni hanno portato ad una limitata visione
della società. Questo naturalmente è un problema cronico delle comunità buddiste del
sud-est asiatico, lo è stato per secoli. Credo che a questo punto occorra percepire quella
che è la comunità: e questo serve per una campagna mondiale contro il terrorismo e
contro le conseguenze degli attacchi dell’11 settembre, ma serve anche per il bene della
società, per uno sviluppo sostenibile della società.
Due cose sono quindi necessarie per gli studi religiosi nell’istruzione buddista: i diritti
umani e lo studio della altre religioni. Attualmente gran parte dei buddisti nei paesi
Theravada ritengono che l’idea dei diritti umani sia un concetto occidentale, non abbia
nulla a che vedere con la loro prassi religiosa. Sebbene il concetto di diritti umani abbia
direttamente a che vedere con molti insegnamenti del Buddha, le dottrine buddiste non
sono mai state associate al concetto di diritti umani. Dal momento che il diritto ha a che
vedere con la condizione di essere umano che apre la strada della pace, giustizia e
sicurezza umana, è anche fondamento di gran parte delle religioni del mondo. Il concetto
di diritti umani deve essere ulteriormente esplorato dai buddisti e da tutte le comunità
religiose nel mondo. Questo studio dovrebbe estendersi fino a coprire tutte le
applicazioni a livello della società: rispetto dei diritti dell’individuo nonché rispetto
degli individui nella comunità.
Inoltre i buddisti devono apprendere maggiormente i concetti sui quali si basano le altre
religioni come il cristianesimo, l’islam e l’induismo. Lo studio delle altre religioni, per
quanto non frequente nella comunità buddista, non è proibito dal Buddha. Apprendendo
maggiormente circa le altre religioni potremmo creare un dialogo più attivo, per poter
costruire reciprocamente fiducia e poter stringere amicizia con i membri delle altre
tradizioni. Entrambe queste materie, questi argomenti di studio, sono pietre miliari di
pace e di armonia all’interno dell’umanità: armonia che è tanto necessaria nel nostro
mondo moderno. Promuovendo lo studio di queste due materie potremo raggiungere una
vera pace e armonia. Il buddismo potrebbe essere trasformato in un ponte verso il futuro,
verso la pace ed una migliore società.
E la mia conclusione è che gli eventi tragici terroristici al World Trade Center a
Manhattan, l’11 settembre 2001, possono essere visti come una sfida al buddismo, un
evento che potrebbe portare ad una drastica riforma dell’istruzione buddista. Invece di
seguire il metodo tradizionale dei rituali e dei riti, gli insegnamenti dovrebbero puntare a
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risolvere quelle che sono le sofferenze del mondo moderno e che si manifestano in
forme diverse tramite il terrorismo, l’HIV, l’AIDS e così via.
Le religioni del nuovo millennio dovrebbero stare l’una di fianco all’altra promuovendo
l’eguaglianza, l’armonia, la pace, che trovano le proprie radici nell’umanità e nella
dignità dell’uomo. Affinché i buddisti Theravada possano compiere questo passo
coraggioso, due nuove materie dovrebbero essere insegnate con gli insegnamenti del
Buddha: i diritti umani e lo studio comparato delle religioni. Gli insegnanti di religione e
il clero di altre religioni, potrebbero essere invitati a insegnare all’interno delle comunità
buddiste. Gli incontri interreligiosi dovrebbero essere incoraggiati a tutti i livelli e una
leadership femminile dovrebbe essere incoraggiata, perché le donne sono la
maggioranza all’interno di qualsiasi confessione, ma la loro partecipazione è limitata e
viene loro negato accesso alle amministrazioni delle comunità religiose, le loro voci
spesso non vengono ascoltate.
L’istruzione religiosa ha sempre bisogno di una riforma e la forza che guida la riforma
non deve essere a favore di una persona, di una autorità di stato, della chiesa, ma deve
essere a vantaggio di tutti, a prescindere dalla nazionalità, dalla fede o dal colore della
pelle. Come diceva il Buddha: “La vita sulla terra è breve e per questo dovremmo
perdonarci, dovremmo essere gentili gli uni verso gli altri, come una madre nei confronti
del suo unico figlio”. La società civile e pacifica che noi tutti vogliamo ottenere sulla
terra non può essere ottenuta tramite la meditazione o la preghiera soltanto, ma tramite
un lavoro comune, un impegno a favore della nostra fede, in modo che la vita e il
benessere di ciascun individuo siano rispettati e il futuro comune dell’umanità possa
essere per sempre sicuro tramite una saggezza comune e l’amore.
Moderatore: Forse sbaglio, ma credo che l’avere invitato il Venerabile qui al Meeting,
sia stato tutto sommato una discreta idea.
Quando ci siamo incontrati per la prima volta a Bangkok, l’anno scorso e, poi,
nell’incontro ancora in Giappone qualche mese fa, per me almeno è stata la conferma di
quello che noi normalmente nella nostra esperienza riconosciamo come un incontro
interessante. Perché la nostra vita vive di incontri. Ed è nell’incontro che il mistero fa
capolino e semina i suoi suggerimenti, le sue suggestioni alla nostra libertà.
Abbiamo ascoltato questo pomeriggio delle parole che probabilmente non eravamo
abituati, almeno, ad immaginare, consone a questa tradizione religiosa. Abbiamo sentito
parlare di riforma dell’educazione, di sfida personale per cambiare, della necessità di
approfondire il lavoro per affermare i diritti umani e lo studio, l’incontro, la conoscenza
delle varie esperienze religiose. Abbiamo sentito parlare di riforma dell’educazione e
forse qualcuno tra noi si è accorto che, quando il Venerabile ha parlato di una esperienza
religiosa reale come di una esperienza che chiede di essere sempre cambiata, sempre
riformata, sempre, noi diremmo nel linguaggio della nostra tradizione cristiana, sempre
attrice di una conversione.
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C’è un adagio famoso nella tradizione cristiana che parla della Chiesa semper
reformanda.
Abbiamo ancora qualche minuto, per cui se qualcuno avesse da domandare qualcosa,
offriremo risposta.
Mettanando Bhikkhu: Ho una domanda io da fare al pubblico, ed è una domanda
importante. E la mia domanda è: come fate a sapere che un buddista sta mentendo?
Come fate a saperlo? Può darsi che io vi stia raccontando delle gran frottole.
Moderatore: Io qui non ho sentito. Non si sente bene qua.
Mettanando Bhikkhu: La risposta è questa. Quando dice: “Lo giuro su Dio”, allora il
buddista sta mentendo.
Domanda: Mi chiamo Alberto. Volevo fare una domanda alla signora Saito. Lei ha
ribadito l’importanza dell’impegno con le altre persone. Io ho un grave dubbio, perché
pratico delle discipline orientali e sono indeciso sul futuro, cioè sulla scelta che devo
fare l’anno prossimo. Finirò la scuola superiore, prenderò il diploma e sono indeciso se
continuare gli studi - e quindi diventare un soggetto utile per la società - o interrompere
gli studi, perché percepisco molte volte lo studio come una cosa che disturba la mente e
disturba quello che faccio nella disciplina per aumentare la mia armonia.
Lo studio e il progresso per aiutare la società possono in qualche modo danneggiarmi
nella mia evoluzione, nella comprensione e nel cammino verso l’Illuminazione?
Wakako Saito: Allora, Illuminazione, come ho già detto tante volte, non è una cosa che
arriva subito. Ci vuole tutta la tua vita. Magari, arriva, magari. La cosa più importante è
ogni momento, ogni giorno, nella vita quotidiana, fare quello che fai tu. Cioè, devi dare
il 100% in tutte le cose: sia studio, sia amicizia, lavoro per gli altri, tutti. Cioè non è solo
una cosa per illuminare. Perciò, sicuramente, studiare e qualcosa del genere, tutto è
importante per arrivare.
Domanda: Volevo fare una domanda al Venerabile Bhikkhu. Ecco, ascoltando la sua
esposizione sono rimasto molto colpito dal fatto che lei mi ha detto un qualcosa che non
sapevo e che penso, forse, sapessero in pochi. Il fatto che la dottrina originaria buddista
presuppone un al di là, ed anche un principio universale, che fa da unità al molteplice e
comunque conduce ad una felicità eterna. A me stupisce parecchio questo, cioè come è
possibile che i buddisti abbiano “tradito”, in misura maggiore, volendo, rispetto a noi
cristiani, il messaggio originario? Può darsi che mi sia sfuggito qualche passaggio, cioè
come è stato possibile che il messaggio originale del Buddha sia stato tradito in una
maniera così, mi verrebbe da dire, radicale? Comunque, da quello che ho capito
attraverso la sua esposizione, addirittura molto maggiore rispetto al tradimento che
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facciamo noi cristiani nel comportamento quotidiano, forse anche per debolezza nostra.
Cioè, lì mi sembra che ci sia un tradimento addirittura a livello di dottrina, se ho capito
bene.
Mettanando Bhikkhu: Devo dire che la diversità fra una paese e l’altro, può essere
enorme. In Thailandia ci sono poche scuole e ci sono comunque delle somiglianze tra
queste diverse scuole di buddismo. Quindi ti parlerò di quelle che sono le somiglianze
tra queste nostre scuole in Thailandia. Innanzitutto abbiamo l’equilibrio fra la
compassione e la saggezza, lo insegniamo in tutte le scuole buddiste. E poi
condividiamo l’equilibrio fra potere e bontà, anche questo è un fattore condiviso tra tutte
le scuole buddiste. Gli strumenti per raggiungere questi obiettivi non devono passare
attraverso la violenza. Pertanto c’è una chiara definizione del buddismo alle sue origini,
secondo il quale la violenza o anche le semplici parole aggressive vanno contro gli
insegnamenti del Buddha.
Domanda: Volevo che approfondisse quella proposta che faceva a proposito delle
comunità di invitare all’interno degli insegnanti di religione. Ho capito, bene? Di altre
religioni?
Mettanando Bhikkhu: Innanzitutto non c’è alcun divieto, i buddisti non hanno alcun
divieto di approfondire lo studio di altre religioni. Alcuni monasteri buddisti invitano,
pertanto, rappresentanti della fede cristiana o musulmana, affinché insegnino nei loro
templi. Questo lo si fa già, non accade spesso, ma si fa già. In alcuni templi ci sono
invece buddisti che insegnano l’islam o insegnano il cristianesimo. Quindi c’è sempre
un’infarinatura, cioè una conoscenza minima di queste religioni. Io non sono del tutto
d’accordo. In alcuni templi manca completamente l’insegnamento delle altre religioni e
questo è addirittura peggio.
Domanda: E infatti, mi sorprendevo, perché più che l’insegnamento scientificorazionale, io vedrei una condivisione di esperienze per arrivare a quegli obbiettivi di cui
parlava lei, per lo studio dei diritti umani e per l’approfondimento su questioni
importanti a livello mondiale. Perché nel nostro ordinamento giuridico, relativamente
alla nostra religione, questo forse adesso non è possibile.
Mettanando Bhikkhu: Sì, però l’esperienza passa attraverso una lingua che non è
scientifica. Come è possibile tradurre l’esperienza? Non è possibile. La logica del
linguaggio deve essere la logica della scienza, in modo che sia scevra di modelli di
valori che possono avere dei pregiudizi all’interno. Questo è il ruolo che la scienza può
svolgere ai fini della comunicazione religiosa.
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Domanda: Salve, mi chiamo Gianni. Quest’anno agli esercizi degli universitari ho avuto
modo di conoscere un amico buddista. E la cosa che più l’ha sconvolto è stata la
questione del desiderio. Perché per noi, per raggiungere la felicità, per essere veramente
felici, bisogna andare a fondo del proprio desiderio. Invece per la sua religione, mi
diceva: “No. La mia religione mi insegna che devo reprimere il mio desiderio perché i
desideri spesso non si realizzano e quindi per non rimanere deluso evito di desiderare”.
Questa cosa è stata motivo di dibattito fra di noi; però volevo sapere, sia da uno che
dall’altro, cos’è il desiderio, cosa dice la vostra religione sul desiderio. E per voi qual è
il desiderio.
Mettanando Bhikkhu: Io non credo che il desiderio o tutti i desideri siano errati. Per
ottenere la pace eterna serve un desiderio. Io non parlerei di soppressione del desiderio.
Direi, gestire il desiderio in modo che questo desiderio smodato, l’energia che si
profonde, diventino creativi e vengano utilizzati nel modo corretto.
Ci sono tre forme di desiderio smodato che sono all’interno del nostro cuore. La prima è
il desiderio per il piacere sessuale; poi c’è il desiderio di essere e il desiderio di non
essere, una sorta di annullamento, di cancellazione. E questi tre desideri,
sostanzialmente, sono la manifestazione di un ego, di un sé. È questo il motivo
dell’attaccamento. Non si tratta quindi di tagliare il desiderio, occorre gestirlo, e il modo
per gestirlo è tramite la saggezza. Ecco perché noi facciamo molta meditazione nella
scuola buddista. La meditazione non significa soltanto starsene seduti, chiudere gli
occhi, ma anche cercare di convertire l’energia della vita in un modo positivo. La
pittura, la musica, l’arte, il canto, tutto ciò fa parte della nostra umanità. Noi, quindi,
addomestichiamo il desiderio e facendolo abbiamo bisogno di dialogare con il nostro sé,
con il nostro io interno, interiore. Ma non dobbiamo sopprimere il desiderio.
Wakako Saito: Anche nel buddismo nostro, nel Buddismo Shingon Mikkyo, il desiderio
non è una cosa negativa, assolutamente. È positivo, perché se uno non ha un desiderio
come fa? Perché noi, comunque, dobbiamo cercare la felicità. Perciò, in breve, noi
abbiamo le stesse condizioni, però, purtroppo, magari in Europa, tradotto male, voi avete
un’altra impressione rispetto a noi buddisti, di noi che buttiamo tutto. Non è vero.
Domanda: Questa saggezza che viene dalla meditazione si può tradurre anche, per
quanto riguarda il desiderio, nel trovarne il suo senso e la sua direzione? Noi diremmo
così. Se questo vuol dire per lei gestire il desiderio, se si può dire trovarne il senso e la
direzione.
Mettanando Bhikkhu: La domanda devo dire è validissima. Ci sono più modi di gestire
il desiderio. Da una parte si può andare più a fondo di questo desiderio. Al di là del
desiderio, in direzione verticale. E a questo punto si libera quella coscienza interiore.
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Questa coscienza è libera e distaccata e la mente in quanto tale è pura e si amplia, si
allarga senza alcuna condizione. E questo è uno dei modi.
L’altro modo è di modificarlo tramite il dialogo, dialogo tramite la posizione
intellettuale della mente. Dobbiamo renderci conto che il sistema di fede alleggerisce il
costo di questo desiderio. Si fa un’analisi del desiderio con la ragione e con apertura e
poi ci si dà da fare fino a quando l’energia del desiderio viene convertita in una energia
di vita positiva e creativa. Il desiderio che dovremmo coltivare è l’amore per la vita.
Questo è il desiderio che dovremmo avere. Coltivare questa fontana di energia che è al
nostro interno, che ci consente di amare in qualsiasi momento e in qualsiasi secondo
della nostra vita. E di vedere la bellezza tutta intorno a noi, negli altri, in tutti, nella
cultura, nell’ambiente. Da questo punto di vista, pertanto, diventiamo uno e tutt’uno con
l’armonia del mondo.
E questa è un’altra strada. Può scegliere una delle due, quella che le piace di più.
Moderatore: Abbiamo cominciato nel lontano 1998 ad incontrare il mondo buddista, qui
al Meeting, con l’invito, allora, da parte di don Giussani, di un gruppo di monaci del
monte Koya. Quello di oggi rappresenta un altro passo dentro questa storia. Per cui
dobbiamo ringraziare per poter avere avuto ancora oggi la conferma di una amicizia che
dura da lunga data e l’inizio di un’altra. Perché, come noi stiamo sempre imparando,
ogni incontro è il seme di una storia, è la possibilità di un inizio.
Ringraziamo il Venerabile che ha partecipato in questa occasione, ha accettato questo
invito e assicuriamo tutta la nostra amicizia per poter continuare questo dialogo, in
maniera sempre più proficua, intelligente e feconda, per noi e per il mondo intero.
Grazie per la vostra partecipazione ed attenzione.
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