Se considerate la religione come qualcosa che ha a che
fare con Dio, rimarrete sorpresi, perché la storia che vi
racconteremo non tratta di religione, tratta degli
insegnamenti di un uomo: del buddismo.
Qui a Polonna Rua, una delle antiche capitali dello Sri
Lanka, l’isola che un tempo chiamavamo Ceylon, mi è
stato insegnato come si deve guardare una statua.
Il maestro che mi ha guidato in quasi tutta questa mia
ricerca è stato il venerabile Ananda Maitreya
ex vice rettore di un università buddista, l’uomo che i
buddisti della Birmania definirono in una loro
allocuzione ‘il più venerabile dei ‘pandhit’,
l’uomo che fu scelto per rappresentare l’India in
occasione di una visita alla Cina di Mao.
La prospettiva di incontrarlo mi intimidiva, fino a
quando lo conobbi.
“Quando vedi una statua del Buddha, i suoi occhi
insegnano a controllare gli occhi. A controllarsi, a non
lasciarsi andare. I suoi occhi insegnano a controllare
gli occhi.
La sua bocca insegna a controllare la bocca, la parola,
a trattenere le parole e le sue mani a frenare le mani in
ogni loro attività.
Anche i suoi piedi insegnano l’autocontrollo. Tutto il
corpo spiega o esprime questo controllo che frena il
corpo stesso.”
“Quindi l’immobile tranquillità della statua non è una
conseguenza del fatto che la statua sia di pietra. E’ un
invito, un invito a imitarlo a fare come lui.”
“Sì, è questa la religione. E’ questo il vero Dharma. La
dottrina è tutta qui, tradotta in simboli.”
Ananda Maitreya vive in austera semplicità a circa
dieci chilometri dalla capitale, Colombo. Quando gli ho
chiesto secondo lui, qual’era il suo debole mi ha
risposto: libri.
Chiuso nella sua casetta sta programmando un centro di
studi buddisti per gli studiosi forestieri, intanto scrive,
insegna e riceve i visitatori.
“Maestro, se le chiedessi di illustrarmi il buddismo in
due parole, cosa direbbe?”
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“Il signore Buddha ha detto: “Fuggire il male, fare il
bene, purificare la mente. Questo è l’insegnamento di
tutti i buddha.”
“Non è facile.”
“E’ facilissimo, quando si è capito.”
Mi sa di essere ritornato a scuola. E’ una scuola
domenicale di buddismo.
E’ con me il dottor Ratnapala, professore di
antropologia a Colombo e buddista laico.
Ho frequentato anch’io la scuola domenicale, da
ragazzo e credo di aver appreso lì gli elementi del
buddismo. Il primo scopo è di formare il carattere.
Fanno anche imparare molte cose a memoria. La prima
cosa che si insegna è di amare e rispettare ogni forma
di vita, poi l’uguaglianza e poi la tolleranza. Una delle
caratteristiche più belle di questo paese è la tolleranza.
Tutti sono tolleranti. Queste sono le tre cose che ho
imparato. Mi sono state di grande aiuto nel formare il
mio carattere.
Se i buddisti avessero una preghiera equivalente al
Padre Nostro, mi sembrerebbe questa: “Io prendo il
Buddha come mio rifugio, io prendo il dharma come
mio rifugio, io prendo il shanga come mio rifugio.”
In altri termini: “Mi rifugio in Buddha, l’illuminato, mi
rifugio nel dharma cioè nella verità che egli ha visto e
predicato, mi rifugio nel shanga, cioè nella comunità di
monaci che vivono secondo i suoi insegnamenti e li
predicano in tutto il mondo.”
Dopo la scuola alcuno bambini raccontarono a me e al
dottor Ratnapala le loro favole preferite. Erano tutte
tratte dalle scritture buddiste e parlavano delle vite
precedenti del Buddha.
Eccone una sul rispetto verso gli anziani: l’elefante, la
scimmia e la pernice volevano stabilire chi di loro fosse
più anziano per mettere ordine nella comunità.
“Quando ero giovane – disse l’elefante – passavo sopra
quest’albero e la cima mi sfiorava appena la pancia”.
“Quando ero giovane – disse la scimmia – potevo
cogliere le foglie dei suoi rami più alti stando seduta per
terra”
“Quando ero giovane – disse la pernice – mangiai un
seme, che passò per il mio corpo che cadde a terra e da
quel seme è nato l’albero”.
Fu così stabilito il diritto di anzianità della pernice e gli
altri due le resero omaggio.
E io – disse il Buddha – ero quella pernice.
Ma chi è il Buddha?
Una delle possibili risposte si può trovare ripercorrendo
le sue orme in India. Siamo a Bodgaia, nell’India
settentrionale dove un grande reliquiario di pietra
giganteggia a fianco di un albero. Secondo la tradizione
2500 anni fa un uomo sedette sotto un albero. Era nato
principe, ma il lusso non lo aveva soddisfatto.
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Aveva provato l’ascetismo, ma per poco non era morto
di stenti. Adesso all’età di trentacinque anni sedeva
sotto l’albero e qui, dopo lunghe peregrinazioni
interiori, si destò alla verità.
E’ questo il significato letterale della parola Buddha:
colui che si è svegliato. Dopo che si fu destato la
tradizione vuole che andasse a Benares, fece la sua
prima predica in un parco di cervi lì vicino. I cervi ci
sono ancora. Quella predica gli ottenne i suoi primi
cinque discepoli.
Ma la domanda rimane: “Chi è il Buddha”? “E’ un
essere soprannaturale? “ “ E’ Dio?” “E’ immortale?”
E’ un uomo. Fin dall’inizio della sua vita è stato un
essere straordinario. Questo senz’altro: non
soprannaturale, naturale, ma straordinario.
Quando partii da Sri Lanka, non potrei dire che Ananda
Maitreya disapprovasse il mio viaggio in India, ma ebbi
la netta impressione che secondo lui contava più un
insegnamento vivo che visitare le vestigia morte del
passato. Ananda è nato nella città di Balangoda. Sul suo
biglietto c’è scritto: ‘Balangoda Ananda Maitreya,
perché qui si usa far precedere il proprio nome da quello
della città natale.
Ananda mi ha portato a far visita ad un monaco del
tempio locale: è un vecchio sulla novantina.
E’ un mio caro amico.
Davvero?
Sì. sì, Da quando avevo tredici anni e andavo a scuola,
siamo sempre stati amici. E’ molto anziano.
“E’ molto più vecchio di lei?”
Sì, di circa quattro anni. L’anzianità si calcola
partendo dal giorno in cui uno è ordinato. E’ nostra
usanza rendere omaggio a chi è più anziano, anche se è
più anziano di un solo minuto, io gli rendo omaggio.
“Nella vostra società essere vecchi non è poi tanto
male.”
(Di fronte ad una statua n.d.r.): “Chi è e che cos’è?”
Questo è il figlio del principe Siddharta
“ Il figlio dell’uomo che diventò il Buddha?”
“Sì .E questo è il Buddha”.
“E’ molto alto. Perché è così gigantesco?”
Perché Il Buddha aveva due corpi: uno fisico e uno
spirituale. La figura mostra la natura del corpo fisico,
“Cioè l’apparenza”.
Sì l’apparenza, ma l’alta statura simboleggia l’altezza
delle sue virtù, virtù infinite.
Una particolarità di questi templi è che non conducono
ad un altare. Non c’è un santo dei santi separato dai
credenti, con Dio da un lato e loro dall’altro. Qui si è
condotti dolcemente, quadro dopo quadro, lungo la
storia della vita del Buddha.
Quando vedete le statue di un tempio vi fanno pensare a
un giardino d’infanzia?
3
Sono un po’ come una classe d’asilo. Il reparto
infantile dove la vita spirituale è ai suoi inizi.
C’è gente che rimane bloccata lì?
C’è chi vi si impantana e allora non si progredisce.
Questo qui, insieme ai genitori è un giovanissimo
discepolo del Buddha. E’ monaco novizio da appena
un’ora. Se fra cinque, dieci o cinquanta anni decide di
rinunciare alla tonaca, nessuno glielo impedirà. Quindi
quanto è accaduto un’ora fa non è poi così definitivo
come sembrava.
“Gli hanno rasato la testa, perché?”
Per amore della semplicità.
Mentre lo radono, al candidato viene data una ciocca dei
suoi capelli recisi, perché la tenga in mano e la guardi.
Mi dicono che è la sua prima lezione di meditazione. La
cerimonia si svolgeva in modo piacevolmente
informale, ma il momento non era stato scelto a caso.
Erano stati scelti il giorno e l’ora astrologicamente più
indicati. Dal punto di vista buddista il miglior momento
astrologico è quello in cui la mente è forte, piena di
fiducia in sé e di energia. Ad ogni modo il calendario
astrologico era stato consultato.
Durante la sua vita il Buddha ordinò non solo monaci,
ma anche monache. Attualmente ci sono 15.000 monaci
a Sri Lanka, ma non ci sono monasteri di monache
sebbene esistano movimenti per ripristinarli.
Questa è l’ultima volta che renderà omaggio ai genitori
da laico. L’ordinazione ufficiale comincia con la recita
dei tre rifugi:
IO PRENDO IL BUDDHA COME MIO RIFUGIO,
IO PRENDO IL SUO INSEGNAMENTO COME MIO
RIFUGIO,
IO PRENDO LA COMUNITÀ DEI SUOI DISCEPOLI
COME MIO RIFUGIO.
Il giovane ha difficoltà ad esprimersi in ‘pali’ che è la
lingua delle primissime scritture buddiste.
Queste sono le sue nuove vesti. Il laico si impegna ad
osservare cinque precetti, cinque regole:
1) Non distruggere alcuna forma di vita,
2) non rubare,
3) non abusare del sesso,
4) non mentire
5) astenersi dalle bevande alcoliche.
Quando sarà monaco farà altre cinque promesse:
6) non mangiare dopo mezzogiorno,
7) non ballare o assistere a spettacoli,
8) non adornarsi,
9) non dormire su letti soffici,
10) non maneggiare oro o argento.
Ho chiesto ad Ananda Maitreya se l’ordinazione
conferisce un qualche potere speciale.
Intende come una benedizione di Dio o qualcosa del
genere?
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Cose del genere non esistono nel buddismo, perché tutto
è in te. Tu dipendi da quello che tu stesso fai. Non devi
aspettarti aiuti esterni né dal tuo spirito né da altre
persone, per il tuo sviluppo.
Ora il ragazzo quasi non crede ai suoi occhi: genitori e
nonni, ai quali si era inchinato dieci minuti fa, vengono
in fila ad inchinarsi a lui e ad offrirgli doni.
Per quanto riguarda la vita spirituale il ragazzo è più in
alto dei genitori. Spiritualmente è superiore e i genitori
lo sanno.
L’ombrello è stato il regalo che gli è piaciuto di più.
Quella sera, quasi leggendomi nel pensiero, Ananda
Maitreya disse: Stia tranquillo, almeno per qualche
tempo sarà il più giovane di tutti i monaci che
incontrerà e se si darà delle arie lo aiuteremo a
sgonfiarsi.
Ma la parola che si sente spesso pronunciare dai
buddisti è la parola ‘sofferenza’. Vivere è soffrire,
morire è soffrire, perfino essere felice è soffrire. Se i
buddisti dicessero realmente quello che sembrano dire
dovrebbero avere le facce più tristi e scontente del
mondo. Per me è stato un sollievo scoprire che la parola
a cui aderisci nel muovere i primi passi nella religione
buddista non è esattamente ‘sofferenza’. E’ meglio
tradotta con ‘insoddisfazione’, ‘instabilità’, ‘incertezza’.
Nulla che resti sempre uguale. Ve lo spiegherò così
come è stato spiegato a me.
Io me ne sto qua, seduto tranquillamente in questa
poltrona. Fra un’ora può darsi che la troverei ancora
comoda, dopo ventiquattr’ore non reggerei più. Dopo
ventiquattro anni sarei un’invalido e dopo 240 anni
sarei un mucchietto d’ossa e la sedia sarebbe in uno
stato pietoso. Anche se tu cerchi di stare immobile di
non cambiare, il cambiamento avverrà lo stesso e non
c’è nulla e nessuno che possa fermarlo. Quindi se sei un
uomo che si attacca a tutto, a che cosa ti aggrappi in un
mondo che cambia di continuo?
Molti direbbero : “a Dio”. Anzi c’è perfino un inno
inglese che dice: “O Tu che non cambi mai, resta con
me”. Ma i buddisti non accettano l’idea di un Dio
immutabile e onnipotente. Il problema – dicono –
riguarda l’uomo e la soluzione buddista, a quanto ho
potuto capire, è questa: ‘Non devi attaccarti a nulla
perché non esiste nulla di abbastanza solido a cui
aggrapparti. E se per quanto tu ti sforzi, non riesci a
trovare appigli, ti trovi di fronte ad un'unica alternativa,
impensabile, terrificante: devi mollare la presa’.
Quando un novizio ha come minimo vent’anni, può
diventare un monaco a tutti gli effetti, un ‘bikku’. La
regola gli prescrive che non mangi dopo mezzogiorno e
quello che mangia lo deve mendicare.
Andiamo nella prima casa che vediamo. Se ci offrono
cibo accettiamo. Se non lo offrono passiamo alla casa
appresso.
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“Raccogliete cibo anche per gli altri monaci nella vostra
scodella da questuanti o solo per voi?”
Se ci sono altri monaci nel tempio raccogliamo cibo
sufficiente anche per gli altri.
Ho chiesto ai laici, a quelli che danno il cibo, perché lo
fanno.
Dare è il modo per ottenere sapienza interiore mi ha
risposto uno, ma gli altri parlavano di azioni meritorie,
di acquistare meriti, come se stessero accumulando una
riserva di ricchezze spirituali che li avrebbe aiutati a
rinascere in una sfera migliore.
Mi sono chiesto se costasse fatica mendicare.
No, perché quando entriamo nell’ordine, dobbiamo
evidentemente abbandonare il nostro orgoglio, visto che
sappiamo che vivremo a spese degli altri.
Nonostante un estraneo come me alle calcagna, il passo
era fermo e la concentrazione costante.
Prendiamo due monaci. Uno siede e medita, l’altro va
fuori e serve la società. “Chi è più degno di lode?”
“Dipende dalla motivazione”.
“La motivazione?”
”Certo, secondo l’intenzione che la anima può essere
da preferirsi questa a quella persona.”
Inconsciamente volevo che preferisse il bikku che si
dava da fare.
Quando chiediamo l’elemosina, per farlo come si deve,
cioè nel modo giusto, dobbiamo meditare, irradiare
una premura amorevole verso coloro che ci offrono
l’elemosina, far sì che giunga fino a loro questo
sentimento di premurosa attenzione e ciò purifica
l’atteggiamento della nostra mente. E’ una specie di
benedizione, una benedizione mentale.
“A proposito di questa meditazione sulla premura
amorevole mi consta che la cominciate concentrandovi
su voi stessi e amandovi. Ma questo amore di sé non è
egoismo?”
Se ci si fermasse lì, sarebbe una cosa riprovevole, ma
non ci si ferma lì. Prima si ama. E’ naturale che ognuno
ami se stesso prima di ogni altra persona, bisogna poi
estendere questo amore. Quindi tu fai su te stesso
l’esperienza del tuo amore per poi allargarla fino ad
includere tutti gli esseri viventi.
“Allora un uomo che non si ama non può amare gli
altri”.
“Un uomo che non ama se stesso non ama mai gli altri.
E’ impossibile”.
A pensarci bene nel Vangelo è detto: “Ama il prossimo
tuo come te stesso” non dice ‘più di te stesso’ e
certamente neanche ‘meno’.
“E’ vero che il Buddha ordinava ai suoi bikku di
servire”?
Sì, certo, a beneficio della gente, per il bene della gente,
per il benessere della gente. Dovevano predicare,
insegnare e aiutare la gente e così mandò nel mondo i
6
primi missionari della storia. Prima di allora non c’era
mai stato un movimento missionario simile. Fu l’inizio
di un’opera missionaria mondiale. E per di più la
missione senza violenza.
E’ la vigilia della luna piena e costoro sono dei
pellegrini. Durante i tre mesi scorsi, per tradizione i
mesi dei monsoni, i monaci hanno osservato il
cosiddetto ritiro delle piogge. Ora sta per finire e lassù,
nell’eremitaggio boschivo di Vatuluvila ci si prepara a
dare il benvenuto ai fedeli laici.
Mi accorsi che la processione era cominciata, quando
sentii un suono straordinario come di un sussurrìo
crescente. Saranno state le due del mattino. Sotto i
baldacchini si intravvede una balla di stoffa. Dopo il
ritiro delle piogge i monaci ricevono vesti nuove. Quel
grido di Saddu saddu sa non si può tradurre
letteralmente, è un misto di ‘possiate essere felici’ ‘ben
fatto’ e ‘amen’.
Nella sala delle adunanze, sotto un masso sporgente di
roccia, siedono i monaci di Vattuluvila. Alcuni vivono
nella casa centrale, altri in eremitaggi nascosti qua e là
nell’isola. Questi monaci vivono nella foresta. Strano
paradosso: essi che hanno abbandonato la società
sembrano, per un fenomeno inspiegabile, tirarsela
dietro. Se osserva le offerte portate dai fedeli noterà che
ognuno ha dato secondo i propri mezzi. I più poveri
hanno dato una saponetta o magari una scopa.
Ho anche visto un foglio di carta da pacco ben piegato,
un gomitolo di spago un quaderno e uno sciroppo per la
tosse. Coloro che hanno offerto i loro doni e coloro che
non avevano nulla da donare si mettono in fila e nel
passare toccano i regali, così avranno tutti la loro parte
di merito.
La cerimonia principale era terminata all’alba, ma i
pellegrini si trattenevano ancora per seguire gli altri riti
e parlare coi monaci per una visita guidata ai vari
edifici del monastero. Alcune di queste donne si erano
prenotate con un anno di anticipo per avere il privilegio
oggi di portare ai monaci i cibi da esse stesse cucinati.
“Signora, può dirmi quali sono i cinque precetti”?
Il primo è di non uccidere alcun animale.
“Di non ucciderne affatto?”
Sì
“Allora è vegetariana”
Dice di sì, ma che il pesce lo mangia.
Ma il merito di aver cucinato per oggi la aiuterà a
migliorare nella prossima reincarnazione e dice che ha
pregato perché possa migliorare anch’io.
“Quindi lei pensa che sono nato cristiano e in
Inghilterra perché ho commesso qualche cattiva azione
nella mia vita precedente?”
Dice di sì, che lei deve aver commesso dei peccati
molto gravi nell’altra vita.
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“C’è qualche speranza per me?”
Se adesso si sforza ed entra nel sentiero giusto non
dovrà rinascere in un paese così.
Questi due ragazzi sono straordinariamente portati per
le lingue antiche. Sanno salmodiare e tradurre dal ‘pali’
e dal ‘sanscrito’. Molti dicono che risultati del genere
non si possono ottenere nello spazio di una sola breve
vita. Da piccoli questi ragazzi raccontarono di essere
morti nello scontro di una corriera. A poco a poco fu
ricostruita la storia di due monaci tibetani deceduti in
India e reincarnati qui come gemelli.
Durante le celebrazioni mi resi conto che stavo
paragonando il rapporto fra questi monaci e questi laici
con il legame che esiste fra una città e la sua squadra di
calcio. Gli spettatori non sono giocatori, né potrebbero
forse mai esserlo. I giocatori sono in certo senso
idolatrati e in un altro condizionati . Quello che fanno
lì sul campo è qualcosa che per loro è molto importante
e non possono essere né interrotti né aiutati quando la
partita è al suo culmine. Di tanto in tanto gli spettatori
invadono il campo e allora si ha una grande
movimentata celebrazione. Poi per i monaci il ritorno
alla semplicità. Avevo appunto conosciuto un monaco
americano, ordinato da poco, che mi aveva appunto
parlato di semplicità.
La ragione per cui si fa a meno delle cose o in termini
classici ‘si rinuncia’, è per non avere troppe cose
attorno che ti distraggono da quello che dovresti fare,
cioè esaminare te stesso. Prima devi scoprire
esattamente chi sei e quindi puoi eliminare te stesso.
Ma nel mondo in cui oggi ci troviamo l’essenziale è
scoprire chi siamo e che cosa siamo. La vita che
conduciamo è troppo complicata, complessa, troppo
confusionaria. Se uno vuole dedicarsi ad una pratica
spirituale o vuole cominciare a meditare, deve
letteralmente stare seduto in una stanza mentale vuota e
per cominciare a creare un ambiente mentale vuoto
bisogna cominciare a creare un ambiente fisicamente
vuoto, quindi bisogna sgombrarlo da ciò che non è
essenziale.
Quindi comincio ad avere l’impressione che un buddista
guarda sempre tutto attraverso un cannocchiale che è la
sua mente. Vede sempre il mondo e ogni cosa
attraverso questa lente della mente.
“Perciò quando dite ‘Purifica la mente’ è lo stesso che
se diceste: ‘Pulisci la tua lente, pulisci i tuoi occhiali?”
“Sì, è qualcosa di simile, così potrai vedere
chiaramente. Se purifichi la tua mente, potrai vedere la
natura così com’è, com’è veramente, il mondo così
com’è. E’ questa la vera percezione cosciente.
Sicché il buddismo sarebbe un modo pratico di vedere
il mondo così com’è, anziché vederlo dorato o dipinto di
rosa.
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Bisogna penetrare tutta l’evidenza. E’ necessario
penetrarla.
E il sistema buddista per penetrarla, dice Ananda
Maitreya, è il nobile ottuplo sentiero, gli otto raggi della
ruota che sono:
- Rette parole
- Rette azioni
- Retta vita
- Retto sforzo
- Retta attenzione
- Retta concentrazione
- Retto pensiero
- Retta comprensione
Quindi, dice Ananda che illustra il concetto mediante gli
otto raggi del suo parasole, finché siamo legati al ciclo
delle reincarnazioni , siamo al perimetro. Imboccando
il nobile ottuplo sentiero, ci spostiamo a poco a poco
lungo i raggi fino al punto immobile centrale. Niente
più nascite niente, più reincarnazioni, Nirvana.
Quando ho chiesto a un esimio monaco buddista di
parlarmi del Nirvana mi ha risposto: Descrivere il
Nirvana ci è impossibile quanto è impossibile ad una
rana descrivere la terra asciutta ad un gruppo di girini.
Volendo specificare meglio ha soggiunto: Anche il
girino più intelligente potrà solo fare domande
riguardanti l’elemento in cui vive. E le risposte della
rana sembreranno tutte negative: “No, sulla terra
asciutta non ci sono pesci; no, non ci si può galleggiare,
no, l’aria non è come l’acqua…
Finché i girini avranno l’impressione che la rana stia
descrivendo un luogo inesistente, impossibile, negativo.
Con il pensiero terreno, dice il monaco, non si può
pensare il Nirvana. E dal Nirvana non si può pensare
un pensiero terreno. In altri termini non rivolgetevi al
Buddha perché vi aiuti col raccolto o col danaro o a
trovare lavoro. Rivolgetevi al Buddha perché vi aiuti a
trovare la verità.
Tuttavia la gente che ha bisogno di aiuti e conforti
immediati si rivolge agli dei. Il tempio del dio
Dadimunda è in un punto remoto nel centro dell’isola.
Queste donne affermano di essere possedute da spiriti
benigni e sono venute a far confermare dal sacerdote
del santuario quanto asseriscono.
Ora che tutto è finito potranno tornarsene a casa col loro
prestigio accresciuto e quando lo spirito parlerà in loro
verranno ascoltate. Per l’occidentale, anche se non è
credente Dio è Uno e Onnipotente, per accostarsi al dio
Dadimunda o a un altro degli innumerevoli dei dello Sri
Lanka bisogna riuscire a liberarsi del proprio
condizionamento occidentale.
Li consideri come fate, dice il dottor Atnapala, non le
fatine zuccherose dei nostri tempi, ma come presenze
dei tempi antichi che incutevano timore.
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Pensi agli dei come a fantasmi, come l’assessore amico
al Comune che fa molto comodo se vuoi ottenere una
licenza di costruzione, ma che non è di nessun aiuto
nelle grandi questioni della nascita e della rinascita.
Ho chiesto ad Ananda Maitreya come reagisce, egli che
è un monaco buddista, quando i buddisti laici chiedono
favori a questi dei.
Non mi riguarda. Sono neutrale.
Eppure la cerimonia è cominciata con l’omaggio reso al
Budhha. Il celebrante è un buddista non monaco e tutti i
presenti lo considerebbero un oltraggio se qualcuno
dubitasse che egli non sia un buddista secondo le
regole. Quindi, e c’è voluto del tempo per arrivarci, gli
dei sono presenti nel nostro universo quanto
quell’uomo e il suo bue. Non possono accompagnarti al
Nirvana perché non sanno la strada. La strada è il
nobile ottuplo sentiero del Buddha. Il nobile ottuplo
sentiero si apre a noi con la meditazione. La
meditazione penetra oltre le apparenze e rivela il mondo
per quello che è.
Si comincia lentamente a capire che la mente è un
processo evolutivo, un flusso, un fluire del pensiero.
Semplici azioni, semplici attività. Alla fine capisci che
il cosiddetto uomo non è che un fenomeno: non è altro
che un processo di vibrazioni. A parte le vibrazioni,
non esiste nulla.
“Se qualcuno vi dicesse: “Io so che questa tavola è vera,
lei che cosa direbbe?”
Quando un uomo sogna di toccare una tavola, finché
non si sveglia, per lui è reale. Quindi ciò che dobbiamo
fare è svegliare.
Quindi la religione è un sistema per ‘svegliare’.
Sì, quello che dobbiamo fare non è discutere con lui.
Dobbiamo trovare un modo per aprirgli gli occhi.
L’illusione dunque dipende dal fatto che uno si sveglia
entro il suo stesso sogno e non dal fatto che qualcun
altro gli dice che sogna. Sì, noi sappiamo che il mondo
intero è una massa di vibrazioni , in realtà non esiste
nulla di solido. Ci illudiamo. Vediamo una solidità che
in effetti non c’è. E’ un po’ come combattere un sogno
con un altro sogno.
L’ultima località che abbiamo visitato nello Sri Lanka, è
stato un insieme di caverne nei presi di Dambul, dove i
monaci risiedono da oltre duemila anni. Il bikku
Paramanda ha lavorato come impiegato in una
piantagione di thé fino all’età di 40 anni, poi è diventato
bikku. Nella sua caverna abbiamo visto un letto duro e
qualche libro. L’iscrizione sopra l’ingresso è del
secondo secolo avanti Cristo e menziona il nome del
benefattore che rese questa caverna abitabile dai
monaci. Quattro monaci passano qui le loro giornate
insieme ad animali di ogni genere.
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Il bikku Soma, che vive anch’egli nella foresta, ha
studiato ingegneria per otto anni a Londra.
“Quali sono le cose che le mancano di più? Può darmi
qualche esempio?”
“Una vita piacevole, con una macchina, una bella casa
comoda e un letto. E inoltre tanti altri interessi: la
tecnica, lo studio, la lettura e soprattutto la libertà.
“La vostra vita qui è strettamente controllata dalla
mattina alla sera ?”
Fino a un certo punto direi di sì.
“E’ una vita molto seria?”
Eh sì, molto seria, perché se si fanno concessioni si
pecca di disobbedienza
Scherzate mai?
Sì, non è poi una vita così noiosa e infelice. Siamo
anche allegri, scherziamo e ridiamo molto.
Naturalmente ci dedichiamo anche alla meditazione,
ma siamo in questo posto così isolato, perché se si vive
così in società, la società perde il rispetto di se stessa.
Ha mai voglia di andarsene?
Mah, chissà, non si può prevedere.
L’ha mai fatto finora?
Devo dire che a volte certe tentazioni mi hanno assalito
e spinto anche, ma lo so che queste sono le mie
debolezze. Scopo del buddismo è di formare dentro di
noi una resistenza a questa tentazione di tornare
indietro, voglio dire: ‘non puoi tornare realmente
all’infanzia’ e se lo si tenta non è che un’illusione.
Il bikku Paramananda dice che la parola chiave nella
meditazione buddista è ‘l’essere pienamente coscienti’.
Quando cammini sii cosciente che cammini, quando
spazzi, sappi che spazzi, quando ti preoccupi ne devi
essere cosciente, quando respiri e devi per forza
respirare sii cosciente che respiri, perché la tua
meditazione comincia col respirare.
Il Buddha ha detto che è dovere del monaco insegnare e
predicare per il bene di molti, per la felicità di molti,
per compassione verso il mondo.
Il bikku Paramananda mi ha insegnato che un uomo
può fare una predica sublime senza neanche aprire
bocca.
(dal video ‘Il Buddismo’, prodotto da Peter Montagnon, Regia di
Peter Montagnon, edito dalla SPA.)
“Il filmato, per la maggior parte girato nello Sri Lanka, si presenta
con la cadenza di un viaggio conoscitivo, attraverso monasteri e
templi, scuole di sanscrito e d eremitaggi sperduti nelle foreste,
degli aspetti più profondi della religione buddista”
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RIFLETTIAMO INSIEME
1) Che cos’è il buddismo secondo se stesso?
2) Come si caratterizza il fine della religione buddista per i buddisti stessi?
3) Cosa deve fare l’uomo per realizzarsi?
4) Che metodo bisogna utilizzare per arrivare alla verità?
5) Quando si può diventare monaco buddista?
6) A chi è indirizzata la scuola domenicale di buddismo?
7) Quali regole deve seguire un monaco buddista?
8) Perché è importante l’ottuplice via indicata dal Buddha?
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