UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE
Facoltà di Scienze M.F.N.
Corso di Laurea in Matematica
Prof. Andrea Stefanini
Appunti aggiuntivi al corso di
LABORATORIO DI FISICA 2
CIRCUITI IN REGIME SINUSOIDALE
Anno Accademico 2009-2010
1
1
Reti elettriche in regime sinusoidale
In questo capitolo sono studiate le proprietà delle reti elettriche in regime sinusoidale,
regime che si realizza quando gli elementi attivi (generatori di tensione o di corrente)
forniscono segnali che sono funzioni sinusoidali del tempo durante un intervallo di durata
molto maggiore del periodo dei segnali medesimi.
Lo studio che di tali reti verrà svolto riguarda esclusivamente il regime stazionario, vale
a dire le situazione che si viene a creare quando sono esauriti tutti i fenomeni transitori,
come quelli che si verificano in corrispondenza di apertura e chiusura di un circuito. A tale
scopo saranno impiegati metodi formali di calcolo che consentono di ridurre la trattazione
all’applicazione di leggi lineari formalmente analoghe a quelle già impiegate nello studio
delle reti lineari in regime di correnti continue e stazionarie.
1.1
Generalità sulle grandezze periodiche .
Si definisce grandezza periodica una grandezza a(t), funzione di una variabile t, per
la quale si ha, per ogni t, a(t) = a(t + nT ), in cui la costante T prende il nome di periodo
e n è un numero intero. Nella relazione precedente la variabile continua t può essere una
qualunque grandezza; nello studio delle grandezze elettriche essa è la variabile tempo. Si
= 2πν. Si
chiama frequenza la grandezza ν = T1 e pulsazione la grandezza ω = 2π
T
1 R t+T
definisce poi valore medio di una grandezza periodica
l’espressione Am = T t a(t′ )dt′
q
e valore quadratico medio l’espressione Aqm = T1 tt+T a2 (t′ )dt′ . Si definisce grandezza alternata una grandezza periodica a valor medio nullo, ovvero una grandezza per la
quale, fissato un intervallo di tempo uguale ad un periodo, l’integrale relativo all’insieme
dei punti in cui essa assume valori positivi è uguale a quello relativo all’insieme dei punti
in cui essa assume valori negativi.
Una grandezza sinusoidale è una grandezza alternata del tipo at = A sen(ωt+φ), in cui
il valore massimo A prende il nome di ampiezza e φ quello di fase iniziale (−π < φ < π).
La fase iniziale assume particolare importanza quando si vanno a confrontare grandezze
sinusoidali caratterizzate da valori diversi di φ (ad es. φ1 e φ2 ). Si dice allora che la
grandezza 2 è in anticipo di fase rispetto alla 1 quando φ2 > φ1 , in ritardo di fase se vale
la relazione inversa. Se φ2 = φ1 ± π le due grandezze si dicono in opposizione di fase,
mentre se φ2 = φ1 ± π/2 si dice che esse sono in quadratura.
Nel
caso di una grandezza sinusoidale il valore quadratico medio ha il valore Aqm =
q R
1 t+T
A2 sen2 (ωt′ + φ)dt′ = √12 A, mentre il valore medio della sola semionda positiva
T t
R
π−φ
è Am = T1/2 −φω A sen(ωt′ + φ)dt′ = π2 A. Se la grandezza sinusoidale rappresenta una
ω
intensità di corrente o una differenza di potenziale il valore quadratico medio prende il
nome di valore efficace.
L’importanza di studiare il comportamento delle reti in presenza di segnali sinusoidali
deriva principalmente da due fatti, uno di ordine pratico e l’altro di carattere fondamentale. Il fatto pratico è la tensione alternata viene quasi universalmente adottata per la
distribuzione di energia elettrica per uso industriale e domestico. Il motivo di carattere
fondamentale è che qualunque grandezza periodica f (t) con periodo T = 2π/ω, purché
R
2
soddisfi a certi requisiti di continuità generalmente soddisfatti nei casi di nostro interesse,
può essere espressa nella forma (sviluppo in serie di Fourier):
f (t) =
∞
X
[an sen(nωt) + bn cos(nωt)]
n=0
T
ω 2
an =
f (t′ ) sen(nωt′ )dt′
T
π −2
Z T
ω 2
f (t′ ) cos(nωt′ )dt′
bn =
π − T2
Z
n = 1, 2, .....
n = 0, 1, 2, .....
cioè f (t) può sempre esprimersi come somma di contributi ognuno puramente sinusoidale,
con frequenza pari a multipli della frequenza fondamentale ω (armoniche). Ciò vale in
particolare se f (t) è una fem applicata in un ramo di una certa rete lineare; vedremo
che questo fatto, insieme alla linearità delle equazioni che regolano l’andamento delle
correnti, fa sı̀ che, per avere la soluzione per le correnti nei vari rami della rete, è sufficiente
sufficiente conoscere lo sviluppo di Fourier della f (t) e risolvere il circuito separatamente
per le varie armoniche. La corrente complessiva in un ramo sarà data dalla somma delle
varie correnti in quel ramo, ognuna associata alle rispettive armoniche. La semplicità
del metodo sta nel fatto che la soluzione per ognuna delle armoniche si basa su metodi
standard, sostanzialmente identici per ognuna di esse. Concludendo possiamo quindi
dire che conoscere la risposta di una rete lineare ad una eccitazione sinusoidale di fatto
corrisponde a conoscere la risposta della rete a qualunque eccitazione periodica.
1.2
Rappresentazione simbolica di una grandezza sinusoidale.
Ad ogni grandezza sinusoidale a(t) = A sen(ωt + φ), caratterizzata dalle costanti A, ω e
φ, può essere associato un vettore applicato ā(t) di modulo A, rotante in senso antiorario
in un piano xy intorno al proprio punto di applicazione (che per comodità può essere
scelto nell’origine O degli assi) con velocità angolare ω e tale da formare con l’asse x
l’angolo φ nell’istante t = 0. La corrispondenza tra grandezza sinusoidale e vettore rotante
(rappresentazione vettoriale) è biunivoca e la componente del vettore secondo l’asse y ad
un certo istante coincide con il valore della grandezza sinusoidale nello stesso istante (vedi
fig. 1).
Nel caso in cui si abbiano
n grandezze sinusoidali della stessa frequenza vale la
seguente proprietà:
la combinazione lineare di n grandezze
sinusoidali mediante
n costanti reali (αi )
è una grandezza sinusoidale della stesFigura 1: Rappresentazione vettoriale
sa frequenza che ha come corrispondente il vettore ottenuto dalla combinazione lineare,
3
tramite le stesse costanti (αi ), degli n vettori corrispondenti.
Nel caso di più grandezze isofrequenziali, delle quali interessino le relazioni reciproche di
ampiezza e di fase, la loro rappresentazione vettoriale è costituita da un insieme di vettori
rotanti la cui posizione reciproca non varia nel tempo; ciascuna grandezza sinusoidale
potrà allora essere associata ad un vettore statico applicato in O, con la direzione che ad
esso compete in un qualsiasi fissato istante identico per tutti. Scegliendo in particolare
come istante di riferimento t = 0, l’angolo formato da ciascun vettore con l’asse x è proprio la fase della corrispondente grandezza sinusoidale.
In questa rappresentazione l’ampiezza e la fase della somma di più grandezze sinusoidali
sono ordinatamente rappresentate dal modulo del vettore risultante dei vettori statici corrispondenti e dall’angolo che esso forma con l’asse x.
A ogni vettore del piano reale applicato nell’origine si può associare un numero complesso
avente come parte reale ax e coefficiente dell’immaginario ay , dove ax e ay sono rispettivamente le componenti del vettore secondo gli assi x e y. Tale numero complesso, che
normalmente viene indicato con lo stesso simbolo del vettore rotante, si scrive in forma
trigonometrica
√
ā = ax + j ay
essendo
j = −1
Pertanto ad ogni grandezza sinusoidale si può far corrispondere (rappresentazione simbolica) un numero complesso il cui coefficiente dell’immaginario fornisce il valore istantaneo
della grandezza. Ne seguono le relazioni:
| ā |= A =
q
a2x + a2y
tanγ =
ay
ax
Essendo
ax = A cos γ = A cos(ωt + φ)
ay = A senγ = A sen(ωt + φ)
si ha
ā = A [cos(ωt + φ) + j sen(ωt + φ)]
Utilizzando le formule di Eulero si può scrivere:
ā = A ej(ωt+φ) = A ejωt ejφ = Āejωt
avendo posto A ejφ = A [cos(φ) + j sen(φ)] = Ā, ampiezza complessa.
Ad una grandezza sinusoidale di fissata frequenza si associa pertanto la sua ampiezza
complessa, cioè un numero complesso il cui modulo e il cui argomento sono rispettivamente
l’ampiezza e la fase della grandezza.
1.3
Derivata di una grandezza sinusoidale
La rappresentazione simbolica di una grandezza sinusoidale semplifica notevolmente le
operazioni elementari su grandezze sinusoidali. Essa consente inoltre, nella sua forma
4
esponenziale, di conseguire il seguente risultato, particolarmente utile ai fini del presente
corso: la derivazione temporale conserva la corrispondenza.
Sia a(t) = A sen(ωt + φ) una grandezza sinusoidale e ā = A ejωt ejφ la grandezza simbolica
corrispondente. Si ha
π
dā
= j ω Aejωt ejφ = ω Aejωt ej(φ+ 2 )
dt
La grandezza simbolica cosı̀ ottenuta è corrispondente ad una grandezza sinusoidale della
stessa frequenza, di ampiezza ω A e di fase φ + π2 . Tale grandezza è proprio quella che si
ottiene come derivata temporale di a(t). Si ha infatti
π
da(t)
= A ω cos(ωt + φ) = A ω sen(ωt + φ + )
dt
2
In forma sintetica si può scrivere la relazione
dā(t)
= j ω ā(t).
dt
(1)
rappresenta pertanto una grandezza sinusoidale di ampiezza ωA e in anticipo di
La dā(t)
dt
fase di π/2 rispetto ad ā(t).
1.4
Integrale di una grandezza sinusoidale
La eq.(1) stabilisce una relazione tra grandezze sinusoidali di uguale frequenza, una delle
quali è la derivata temporale dell’altra. Inversamente ricavando dalla eq.(1)
ā(t) =
1 dā(t)
j ω dt
che rappresenta una grandezza sinusoidale di uguale
risulta che ā(t) è la primitiva di dā(t)
dt
frequenza ed è pertanto assunta come
ā(t) =
Z
dā(t)
dt
dt
Si noti che l’operazione formale di integrazione equivale a dividere la dā(t)
per l’operatore
dt
immaginario j ω . Si può pertanto concludere che, data una grandezza sinusoidale a(t)
di fissata frequenza, si ha:
Z
ā(t) dt =
1
ā(t)
jω
ā(t) dt rappresenta quindi una grandezza sinusoidale di ampiezza
π/2 rispetto ad ā(t).
R
5
A
ω
in ritardo di fase di
1.5
Relazioni tra tensione e corrente nei circuiti in regime
sinusoidale.
Le precedenti considerazioni, relative alla rappresentazione simbolica di una grandezza
sinusoidale, consentono di estendere ai circuiti in regime sinusoidale le leggi generali (ed i
teoremi da esse derivati) nella stessa forma nella quale sono espresse nel caso in cui i circuiti
siano percorsi da correnti continue e stazionarie. Come già detto, si ricorda che con tale
formalismo è possibile descrivere la situazione delle reti soltanto in regime stazionario, cioè
quando siano esauriti i fenomeni transitori che si verificano nelle condizioni di apertura
e chiusura dei circuiti. Inoltre saranno considerati soltanto i casi in cui tutti i generatori
presenti forniscano segnali sinusoidali di uguale frequenza. In tali condizioni in ogni ramo
di una rete circola una corrente sinusoidale di ampiezza, frequenza e fase determinate.
1.5.1
Principi di Kirchhoff
1o Principio
Come nel caso della corrente continua, il principio di conservazione della carica elettrica
può essere enunciato nel modo seguente:
“In un nodo in cui confluiscono n correnti sinusoidali tutte di pulsazione ω e di valore
istantaneo ik (t) = Ik sen(ωt + βk ) si ha per ogni istante t
n
X
ik (t) =
k=1
n
X
Ik ejωt ejβk = 0 “
k=1
Essendo ejωt 6= 0, ne segue:
n
X
k=1
Ik ejβk =
n
X
I¯k = 0
(2)
k=1
L’equazione (2) va cosı̀ intesa: fissato in modo arbitrario un verso di percorrenza cui associare convenzionalmente un segno ( p. es. positivo per le correnti entranti nel nodo) e
fissate inoltre arbitrariamente le origini dei tempi, la fase βk di ogni singola corrente è tale
da fornire ad ogni istante il segno della ik (t) che, in base alla convenzione fatta, indica
l’effettivo verso di percorrenza della corrente.
2o Principio
In un qualsiasi percorso chiuso costituito da n elementi, attivi o passivi, ove, stabilito
un certo verso positivo di percorrenza, Vk (t) = Vk sen(ωt + αk ) è la tensione istantanea
ai capi del generico elemento (supposto che i generatori abbiano tutti la stessa pulsazione
ω), si ha
n
X
k=1
Vk (t) =
n
X
Vk ejωt ejαk =
k=1
n
X
k=1
6
Vk ejαk =
n
X
k=1
V¯k = 0
1.5.2
Relazioni tra tensione e corrente per elementi passivi ideali
Gli elementi passivi di circuito che si considerano sono resistori, induttori e condensatori; essi si possono ritenere ideali se valgono per essi rispettivamente, qualunque sia
l’andamento temporale della tensione ai loro capi, le relazioni
v(t) = R i(t),
1 Zt ′
i(t ) dt′ + v(t0 )
v(t) =
C t0
di(t)
,
v(t) = L
dt
(3)
dove le costanti R, L e C sono costanti indipendenti dall’ampiezza e dalle caratteristiche
temporali della v(t).
Nel caso in cui v(t) sia un segnale sinusoidale di tensione di ampiezza V , pulsazione ω
e fase α, cioè v(t) = V sen(ωt + α) applicato ai capi dei singoli elementi, in condizioni
stazionarie essi sono percorsi dalla corrente i(t) = I sen(ωt + β). In forma simbolica si ha
v̄(t) = V ejωt ejα = V̄ ejωt
ī(t) = I ejωt ejβ = I¯ ejωt
e, per le relazioni (3),
¯
V̄R = R I,
¯
V̄L = jωLI,
V̄C =
1 ¯
I
jωC
Per un resistore ideale si ha quindi
VR ejα = RI ejβ → VR = RI
α=β
e di conseguenza è nullo lo sfasamento ψ = α − β tra tensione e corrente.
In maniera analoga per un induttore ideale otterremo
VL ejα = jωLI ejβ → VL = ωLI
α=β+
π
2
e per un condensatore ideale
VC ejα = −j
1.5.3
1
1
I ejβ → VC =
I
ωC
ωC
α=β−
π
2
Impedenza
Si consideri un generico elemento passivo ideale percorso dalla corrente i(t) quando ai suoi
capi sia applicata la d.d.p. sinusoidale v(t). Sia v̄(t) = V ejωt ejα e ī(t) = I ejωt ejβ .
Si consideri il rapporto
v̄(t)
V ejα
V jφ
V̄
V̄ ejωt
=
e
= ¯ jωt = ¯ =
I e
I
I ejβ
I
ī(t)
Tale rapporto è un numero complesso, indipendente dal tempo, il cui modulo è il rapporto
delle ampiezze V e I della tensione e della corrente e il cui argomento è la differenza delle
7
rispettive fasi. Posto Z = VI , si definisce impedenza complessa di un elemento ideale
Z̄ = Z ejφ = V̄I¯ .
Per quanto visto precedentemente si hanno le seguenti espressioni di Z̄ per i tre elementi
passivi ideali:
Z̄R = R
Z̄L = jωL
Z̄C =
1
jωC
e quindi
ZR = R, φ = 0
ZL = ωL, φ =
π
2
ZC =
1
−π
, φ=
ωC
2
Si noti che ZL e ZC dipendono dalla frequenza della tensione applicata. Si osservi inoltre
che la definizione di impedenza complessa consente di scrivere la relazione tra le ampiezze
complesse della tensione ai capi di un elemento ideale in regime sinusoidale e della corrente
che lo percorre come
V̄ = Z̄ I¯
(4)
relazione formalmente analoga all’espressione della legge di Ohm per tensioni e correnti
continue e stazionarie. La eq.(4) esprime la legge di Ohm in regime sinusoidale.
1.5.4
Impedenza equivalente di una rete passiva
Si consideri una rete passiva costituita da elementi ideali comunque connessi; scelti due
qualsiasi punti A e B della rete si definisce impedenza complessa equivalente della
rete vista da A e B il rapporto Z̄eq = V̄I¯ in cui V̄ è l’ampiezza complessa della tensione
sinusoidale applicata tra A e B mediante un generatore ideale di tensione e I¯ l’ampiezza
complessa della intensità della corrente da esso erogata.
L’impedenza equivalente di una rete in regime sinusoidale è dunque un numero complesso
che si suole scrivere nelle forma trigonometrica Z̄eq = R + jX in cui R è la componente
reale, detta resistenza, e X, coefficiente
dell’immaginario, viene usualmente chiamato
√
2
2
, essendo ψ l’argomento di Z̄eq .
reattanza. Si ha quindi Zeq = R + X e tanψ = X
R
Si suole chiamare ammettenza il reciproco dell’impedenza; nel caso di una rete passiva
l’ammettenza è un numero complesso e si può scrivere Ȳeq = G + jS ove G si chiama
conduttanza e S suscettanza.
La precedente definizione operativa di impedenza equivalente consente di determinare tale
grandezza anche se sono incogniti gli elementi che costituiscono la rete e se di essa non è
nota la configurazione.
Qualora invece siano noti i singoli elementi e si conosca la configurazione della rete, è
possibile esprimere l’impedenza equivalente in funzione delle impedenze degli elementi
costituenti.
Si deducono ora le espressioni della impedenza equivalente nei due fondamentali casi particolari in cui gli elementi passivi siano in serie o in parallelo.
8
a) Serie
Siano Z̄1 , Z̄2 , ...... , Z̄n le impedenze complesse di n elementi passivi connessi in
serie. Facendo riferimento alla fig. 2 si ha:
V̄1 + V̄2 + ...... + V̄n
V̄
= Z̄1 + Z̄2 + ...... + Z̄n
Z̄eq = ¯ =
I
I¯
con evidente significato dei simboli.
Figura 2: Circuito serie
Figura 3: Circuito parallelo
b) Parallelo
Facendo riferimento alla fig. 3 si ottiene
1
1
1
1
I¯
I¯1 + I¯2 + ...... + I¯n
=
=
=
+
+ ...... +
Z̄eq
V̄
V̄
Z̄1 Z̄2
Z̄n
Ricordando che il reciproco dell’impedenza prende il nome di ammettenza, si vede che in
un circuito parallelo si sommano le ammettenze.
Cerchiamo ora di applicare quanto sopra ottenuto a alcuni semplici circuiti.
1) Circuito RL serie
L’impedenza complessiva del circuito mostrato in fig. 4 è data da
Z̄ = R + jωL
e quindi la corrente che scorre nel circuito è
I¯ =
V̄
R − jωL
= V̄ 2
R + jωL
R + ω 2 L2
e la caduta di tensione sulla resistenza
¯ = V̄
V̄R = IR
Figura 4: circuito RL serie
9
R2 − jωLR
R2 + ω 2 L2
Se quindi al nostro circuito è applicata una d.d.p. alternata
V = V0 sen(ωt)
il circuito sarà percorso da una corrente
I = I0 sen(ωt + ψ)
con
I0 = √
V0
R2 + ω 2L2
e
ψ = arctan(
−ωL
).
R
La caduta su R sarà data da
VR = VR0 sen(ωt + ψ)
con
VR0 = √
V0 R
+ ω 2 L2
R2
2) Circuito RC serie
1
e quindi la corrente che
L’impedenza complessiva del circuito è data da Z̄ = R + jωC
V̄
¯ = V̄ R̄ 1 .
scorre nel circuito è I¯ = R+ 1 e la caduta di tensione sulla resistenza V̄R = IR
R+
jωC
jωC
3) Circuito RL parallelo
L’ammettenza complessiva del circuito mostrato in fig. 5 è data da
1
1
1
= +
Z̄
R jωL
e quindi la corrente che scorre nel circuito è
I¯ = V̄
1
1
+
R jωL
!
= V̄
ωL − jR
ωLR
mentre quelle che scorrono su R e L sono rispettivamente
1
I¯R = V̄
R
I¯L = V̄
1
jwL
Se quindi al nostro circuito è applicata una d.d.p. alternata
V = V0 sen(ωt)
10
Figura 5: Circuito RL parallelo
Figura 6: Rappresentazione vettoriale
il circuito sarà percorso da una corrente
I = I0 sen(ωt + ψ)
con
I0 = V0
√
R2 + ω 2 L2
ωLR
e
ψ = arctan(
−R
)
ωL
Tale corrente è il risultato della somma delle due correnti IR e IL le cui espressioni sono
IR =
V0
R
sen(ωt)
IL =
V0
ωL
sen(ωt + ψL )
ψL =
−π
2
come rappresentato vettorialmente in fig. 6.
4) Circuito RC parallelo
L’ammettenza complessiva del circuito
è data
da Z̄1 = R1 + jωC e quindi la cor
rente che scorre nel circuito è I¯ = V̄ R1 + jωC , risultante dalla somma delle correnti
I¯R = V̄ R1 e I¯C = V̄ jωC.
1.5.5
Teoremi di Thévenin e Norton
Si è già visto nel caso della corrente continua che i teoremi di Thévenin e Norton sono
conseguenza della linearità delle relazioni tra cadute di potenziale e intensità di corrente
(legge di Ohm e principi di Kirchhoff).
Tale linearità è valida anche nel caso dei circuiti in regime sinusoidale stazionario purché
ci si riferisca all’ampiezza complessa di tensioni e correnti. Pertanto, con procedimento formalmente analogo a quello seguito nel caso della corrente continua, si ricavano i
seguenti risultati:
11
a) Teorema di Thévenin
Data una rete costituita da elementi attivi e passivi, ove per elementi attivi si intendono generatori isofrequenziali, e fissati due punti A e B di essa, la rete stessa, vista da tali
punti, è equivalente ad un generatore ideale di tensione V¯0 della stessa frequenza avente
in serie un elemento passivo di impedenza Z¯0 .
V¯0 è la tensione esistente a vuoto tra i due punti considerati; Z̄0 è l’impedenza equivalente
della rete passiva vista dagli stessi punti a condizione che ciascun generatore sia sostituito
con la propria impedenza interna.
b) Teorema di Norton
Data una rete costituita da elementi attivi e passivi, e fissati due punti A e B di essa, la
rete stessa, vista da tali punti, è equivalente ad un generatore ideale di corrente erogante
una corrente I¯0 avente in parallelo un elemento passivo di impedenza Z¯0 .
I¯0 è corrente di corto circuito tra i due punti considerati; Z¯0 ha lo stesso significato
enunciato nel Teorema di Thévenin.
1.6
Potenza in regime sinusoidale
Si consideri un elemento passivo di impedenza Z̄ = R + jX e siano v(t) = V sen(ωt)
e i(t) = I sen(ωt + φ), con φ = − arctan(X/R), i valori istantanei della differenza di
potenziale ai suoi capi e della intensità di corrente che lo percorre.
La potenza istantanea dissipata da tale elemento è
p(t) = v(t)i(t) = V I sen(ωt) sen(ωt + φ) =
VI
[cos φ (1 − cos(2ωt)) + senφ sen(2ωt)] .
2
La potenza istantanea può quindi essere espressa mediante la somma di due termini,
ambedue oscillanti con pulsazione 2ω, doppia di quella della tensione di alimentazione,
ma il primo dei quali è a media diversa da zero mentre il secondo è a media nulla. La
potenza reale, detta anche potenza attiva, è il valor medio della p(t), per cui
p̄(t) = P =
VI
cos φ = Vef f Ief f cos φ
2
(5)
L’espressione cosı̀ ottenuta rappresenta la potenza realmente assorbita (o dissipata) da
un circuito e dipende in modo essenziale dallo sfasamento φ tra tensione e corrente. La
eq. 5 può trasformarsi nel modo seguente
2
p̄(t) = R Ief
f
essendo
Vef f = Z Ief f
e
cos φ =
R
Z
Si evidenzia in tal modo che la potenza attiva dipende soltanto dalla presenza di elementi
ohmici.
Nel caso in cui l’elemento di circuito considerato contenga soltanto componenti reattivi
12
si ha cos φ = 0 e pertanto p̄(t) = 0. Non si ha cioè dissipazione di potenza da parte dell’elemento di circuito in studio pur non essendo nulla la potenza istantanea. Quest’ultima
infatti oscilla in questo caso con frequenza 2ν e ampiezza (V I/2) senφ intorno al valore
zero. Ciò descrive il fatto fisico relativo agli scambi di energia tra il generatore e il campo
magnetico (nel caso sia presente un induttore) e il campo elettrostatico (nel caso sia presente un condensatore), scambi che avvengono alla frequenza 2ν. Per tenere conto che,
anche in presenza di soli elementi reattivi, è impegnata nel circuito una potenza, sebbene
non vi sia una dissipazione di essa, si suole introdurre il concetto di potenza reattiva,
espressa dalla formula Pr = Vef f Ief f senφ la quale esprime il prodotto del valore efficace
della corrente in quadratura con la tensione. La potenza reattiva viene comunemente
misurata in V Ar (voltampere reattivi).
Tenendo conto che la massima potenza dissipabile da un carico si ha per φ = 0, si suole
indicare con il nome di potenza apparente la grandezza Pa = Vef f Ief f , misurata in V A
(voltampere). Ne segue la relazione formale Pa 2 = P 2 + Pr 2
1.7
1.7.1
Circuiti attenuatori o sfasatori
Quadrupoli passivi
Studieremo ora le risposte di alcuni particolari circuiti passivi sollecitati da segnali sinusoidali di tensione aventi frequenza variabile.
Tali circuiti posono essere schematizzati come quadrupoli (vedi fig. 7), nel senso che
presentano due terminali di ingresso
(IN) tra i quali viene applicata la sollecitazione (tensione o corrente di ingresso) e due terminali di uscita (OUT)
dai quali viene prelevata la risposta
(tensione o corrente di uscita). Ogni
quadrupolo è caratterizzato dalla attenuazione Ā = V̄V̄out
che è una grandezin
za complessa dipendente dalle caratteFigura 7: Quadrupolo elettrico
ristiche degli elementi passivi e dalla frequenza; Ā definisce completamente le relazioni di ampiezza e fase tra i segnali di ingresso
e di uscita pur essendo da essi indipendente: valgono infatti
A=
Vout
Vin
arg Ā = αout − αin
dove αout e αin sono rispettivamente le fasi del segnale di uscita e di quello di ingresso.
1.7.2
Esempi semplici di attenuatori o sfasatori
Si chiamano attenuatori quei quadrupoli la cui attenuazione è funzione monotona della
frequenza; ne vedremo nel seguito alcuni esempi.
13
Circuito CR
Il circuito è mostrato in figura e si ha
Figura 8: Circuito CR
Ā =
Figura 9: Attenuazione
Figura 10: Fase
jωRC
R
jωτ
Vout
=
=
1 =
Vin
R + jωC
1 + jωRC
1 + jωτ
dove abbiamo posto τ = RC costante di tempo del circuito. E’ quindi
1
A= q
1 + ω21τ 2
arg Ā = γ = arctan
1
ωτ
(6)
Nelle figure 9 e 10 sono riportati gli andamenti di A e γ in funzione della frequenza ν. Si
suol definire frequenza di taglio la frequenza νT tale che A(νT ) = √12 : tale condizione
1
1
= 2πRC
. Si noti che νT è il vaviene raggiunta per ωT τ = 1 e quindi νT = ω2πT = 2πτ
lore della frequenza per cui la componente reattiva dell’impedenza del circuito è uguale a
quella resistiva.
La frequenza di taglio è un parametro caratteristico del circuito che fornisce una indicazione della zona di transizione dei valori dell’attenuazione. Questo parametro consente
di denominare il circuito descritto come filtro passa-alto, nel senso che segnali sinusoidali
di frequenza ν ≫ νT vengono trasmessi con ampiezza praticamente invariata, mentre segnali sinusoidali con frequenza ν ≪ νT vengono fortemente attenuati. Di conseguenza, nel
caso in cui il segnale in ingresso sia periodico non sinusoidale, il circuito fornisce in uscita
un segnale periodico di forma diversa rispetto a quello di ingresso. Infatti un segnale
periodico con frequenza ν può essere riguardato, secondo Fourier, come risultante dalla
sovrapposizione di infiniti segnali sinusoidali di frequenza nν, multipla della propria. Il
circuito, pertanto, fornisce una risposta diversa per ciascuna componente di Fourier in
funzione della frequenza di questa componente.
14
Circuito RL
Con riferimento al circuito mostrato in fig. 11 si ha
Ā =
Vout
jωL
jωτ
=
=
Vin
R + jωL
1 + jωτ
L
avendo indicato con τ = R
la costante di tempo
del circuito. La risposta di questo circuito è quindi
identica a quella del circuito CR.
Figura 11: Circuito RL
Circuito LR
Facendo riferimento al circuito riportato in fig. 12 si ha
Ā =
avendo indicato con τ =
L
R
Figura 12: Circuito LR
Vout
R
1
=
=
Vin
R + jωL
1 + jωτ
la costante di tempo del circuito.
Figura 13: Attenuatione
Figura 14: Fase
E’ quindi
A= √
1
1 + ω2τ 2
arg Ā = γ = arctan(−ωτ )
(7)
1
si vede che
Anche in questo caso, definita frequenza di taglio la frequenza νT = 2πτ
questo circuito si comporta da filtro passa-basso, nel senso che segnali sinusoidali di
frequenza ν ≪ νT vengono trasmessi con ampiezza praticamente invariata, mentre segnali
sinusoidali con frequenza ν ≫ νT vengono fortemente attenuati.
15
Circuito RC
Riferendoci al circuito mostrato in fig. 15 si ha
1
1
1
Vout
jωC
=
=
Ā =
1 =
Vin
R + jωC
1 + jωRC
1 + jωτ
dove si è posto τ = RC costante di tempo del
circuito.
La risposta di questo circuito è quindi identica a
quella del circuito LR.
1.8
Figura 15: Circuito RC
Il decibel
Supponiamo di misurare due potenze, non necessariamente elettriche, P1 e P2 . Il loro
rapporto viene spesso misurato in una scala logaritmica (in base 10) la cui unità è detta
decibel: precisamente si dice che la potenza P1 supera di N decibel (dB) la potenza P2 ,
con N dato da
N = 10 log
P1
P2
Se si ha a che fare con una potenza elettrica dissipata su una resistenza R, è possibile
esprimerla come P = V 2 /R dove V è la tensione ai capi di R. Qualora le due potenze
siano dissipate su due resistenze uguali, potremo scrivere
N = 10 log
P1
V1
= 20 log
P2
V2
Se le resistenze su cui sono dissipate le potenze non sono uguali, occorre tener conto di
R2
un termine aggiuntivo 10 log R
. In elettronica, quando si definisce il rapporto di due
1
tensioni V1 e V2 , lo si misura spesso in decibel, come se si trattasse di un rapporto di
potenze
20 log
V1
V2
indipendentemente dal valore delle resistenze ai capi delle quali queste tensioni sono misurate. Viene cosı̀ modificata la definizione originaria di decibel e la si usa per misurare,
anziché rapporti di potenze, rapporti di tensioni. Vediamo ora come tale definizione può
essere utilizzata per caratterizzare la risposta dei circuiti CR (passa alto) e LR (passa
basso). Le curve di risposta dei due circuiti, sia per quanto riguarda la funzione A(ν) che
la funzione γ(ν), dipendono dalla sola costante τ . Esse sono quindi suscettibili di una
rappresentazione grafica che può essere particolarmente utile. Riscritte le eq. (6) e (7)
16
nella forma
1
A= r
2
1 + ννT
1
A= r
2
1 + ννT
arg Ā = γ = arctan(
arg Ā = γ = − arctan(
νT
)
ν
passa alto
ν
)
νT
passa basso
(8)
potremo esprimere A in decibel ottenendo
"
#
νT 2
AdB = 20 log A = −10 log 1 +
ν
"
2 #
ν
AdB = 20 log A = −10 log 1 +
νT
passa alto
passa basso
Esaminiamo in dettaglio gli andamenti di Adb (ν) e γ(ν) in funzione della frequenza per
ciascuno dei due casi. Per il circuito passa alto gli andamenti sono mostrati in fig. 16, nei
cosidetti “diagramma di ampiezza” e “diagramma di fase”, dove per l’asse delle ascisse è
stata utilizzata una scala logaritmica.
Figura 16: Attenuazione (sinistra) e sfasamento per un circuito passa alto
Per ν ≪ νT l’espressione per Adb (ν) può essere approssimata come
AdB ≃ −20 log
νT
= 20 · [logν − logνT ]
ν
evidenziando una relazione lineare tra AdB e logν con pendenza di 20 dB/decade; tale
retta interseca inoltre quella per AdB = 0 per ν = νT . Per frequenze ν ≫ νT la curva è
pressoché costante e corrisponde ad un’ampiezza Vout = Vin , cioè la tensione è trasmessa
sostanzialmente inalterata dal circuito; a tali frequenze l’impedenza del condensatore è
infatti trascurabile rispetto a quella della resistenza. Infine per ν = νT si ha AdB ≃ −3dB.
17
Per quanto riguarda la fase γ si vede che per ν ≪ νT essa tende a π/2, cioè la tensione in
uscita è in anticipo di un quarto di periodo, per ν = νT si ha γ = π/4 e infine per ν ≫ νT
essa tende a zero (e pertanto in questa condizione tensione di uscita e di ingresso sono
uguali sia in fase che in ampiezza).
Per il circuito passa basso (LR) gli andamenti corrispondenti sono riportati in Fig. 17.
Figura 17: Attenuazione (sinistra) e sfasamento per un circuito passa basso
Per tale circuito possono essere sviluppate considerazioni del tutto analoghe a quelle per
il circuito passa basso, in quanto gli andamenti sono simili una volta fatte le dovute
trasformazioni.
1.9
Elementi reali di circuito
Finora si è parlato di resistori, condensatori e induttori considerandoli elementi ideali; si
è cioè ammesso che per questi elementi la relazione tra tensione e corrente sia tale che
una di tali grandezze è proporzionale all’altra o alla sua derivata prima rispetto al tempo.
Ciò implica che ogni elemento passivo è caratterizzato da una ben determinata grandezza
fisica (R, L o C) costante rispetto a variazioni di tensione e di frequenza.
In realtà tale assunzione è verificata solo in prima approssimazione per il concorso di
fenomeni di diversa natura, per tener conto dei quali ciascun elemento reale può essere
rappresentato mediante una combinazione di più elementi ideali opportunamente connessi. Nel seguito descriveremo alcune schematizzazioni più realistiche dei singoli elementi
di circuito.
Resistore
E‘ rappresentabile mediante lo schema riportato in fig. 18, in cui L tiene conto dell’induttanza dei fili e C della capacità di essi. Per i resistori normalmente usati (ad
impasto) i valori di L e C danno un contributo trascurabile all’impedenza complessiva
18
fino a 100 MHz. A questo pregio si contrappone il difetto che questo tipo di resistori hanno
potenza massima dissipabile solo di qualche watt;
per potenze maggiori si adoperano resistori a filo.
Figura 18: Resistore reale
Induttore
Per un induttore reale lo schema equivalente è identico a quello utilizzato per un resistore reale. In questo caso R varia con la frequenza e tiene conto della resistenza (ohmica)
dell’avvolgimento pellicolare (ad alta frequenza la corrente scorre praticamente sulla sola
superficie del conduttore) e dell’effetto di prossimità (la corrente che circola in una spira
subisce l’influenza del campo magnetico creato dalla corrente che circola nella spira accanto). C tiene conto del fatto che fra due spire vicine percorse da una corrente si manifesta
un effetto capacitivo.
Condensatore
In fig. 19 è riportato lo schema equivalente con
il quale è possibile rappresentare un condensatore
reale.
In esso RS tiene conto della resistenza dei contatti, L dell’induttanza dei fili che vanno alle armature, RP (dipendente dalla frequenza) delle perdite
dovute all’isolante interposto tra le armature. Per
frequenze inferiori a circa 20 MHz RS e L possono Figura 19: Condensatore reale
essere trascurate e quindi lo schema si riduce al solo parallelo di C e RP .
1.10
Circuiti derivatori e integratori
Nei precedenti capitoli sono stati studiati, riguardandoli come quadrupoli, alcuni particolari circuiti in regime sinusoidale, come i circuiti attenuatori.
Si vogliono ora studiare alcuni particolari quadrupoli che si comportano come circuiti
derivatori e integratori nel senso che, applicando ad essi in ingresso un segnale di tensione
funzione del tempo, si ottiene in uscita un segnale che è direttamente proporzionale alla
derivata o all’integrale rispetto al tempo del segnale di ingresso.
Tra i vari possibili circuiti che assolvono le funzioni precedentemente indicate, si considereranno solo i circuiti costituiti da due elementi passivi, resistore e condensatore e resistore
ed induttore.
19
1.10.1
Circuiti derivatori
Circuito CR
Sia v(t) il segnale di tensione applicato in ingresso
al circuito CR riportato in fig. 20.
Tale tensione si ripartisce in vC (t) e vR (t) essendo
v(t) = vC (t) + vR (t) per ogni t. Si supponga che sia
verificata, per ogni istante t, la condizione
| vR (t) | ≪ | vC (t) |
(9)
Figura 20: Circuito CR
per cui si ha
1 Zt ′
i(t ) dt′ + vC (t0 )
v(t) ≃ vC (t) =
C t0
Derivando ambo i membri rispetto al tempo si ottiene
1
dv(t)
≃
i(t)
dt
C
da cui
i(t) ≃ C
dv(t)
dt
Per quanto riguarda il segnale di uscita si ha
vR (t) = R i(t) ≃ RC
dv(t)
dv(t)
=τ
dt
dt
essendo
τ = RC
Circuito RL
Per questo circuito, riportato in fig. 21, si ha
v(t) = vL (t) + vR (t); supponendo nuovamente che
valga
| vL (t) | ≪ | vR (t) |
(10)
per ogni t, si ricava
v(t) ≃ vR (t) = Ri(t)
da cui
1
v(t)
i(t) ≃
R
Figura 21: Circuito RL
Ne segue
vL (t) = L
di(t)
L dv(t)
dv(t)
≃
=τ
dt
R dt
dt
20
con
τ=
L
R
1.10.2
Circuiti integratori
Circuito RC
Si supponga in questo caso, riportato in fig. 22, che sia verificata per ogni t la condizione
| vC (t) | ≪ | vR (t) |
(11)
da cui
v(t) ≃ vR (t) = Ri(t)
e quindi
i(t) ≃
1
v(t)
R
Per il segnale in uscita si ha quindi
1
vC (t) =
C
1
i(t ) dt ≃
RC
t0
Z
t
′
′
1
v(t ) dt =
τ
t0
Z
t
′
′
Z
t
t0
v(t′ ) dt′
essendosi scelta l’origine dei tempi t0 in modo tale che vC (t0 ) = 0.
Figura 22: Circuito RC
Figura 23: Circuito LR
Circuito LR
Nel circuito riportato in fig. 23 si ha v(t) = vL (t) + vR (t); si supponga, per ogni t,
| vR (t) | ≪ | vL (t) | .
(12)
Risulta allora
v(t) ≃ vL (t) = L
di(t)
dt
cioe‘
L di(t) ≃ v(t) dt
da cui, integrando,
i(t) =
1
L
t
Z
t0
v(t′ ) dt′ + i(t0 )
Scegliendo l’origine dei tempi in modo che sia i(t0 ) = 0, si ricava
vR (t) = R i(t) ≃
R
L
Z
t
t0
v(t′ ) dt′ =
21
1
τ
Z
t
t0
v(t′ ) dt′
Ciascun caso finora discusso fornisce soltanto un’approssimazione di circuito derivatore e
integratore propriamente detto. Come si è visto, tale approssimazione è tanto migliore
quanto meglio sono verificate le diseguaglianze (9), (10) e (11),(12).
Queste, a loro volta, dipendono dalla costante di tempo τ del circuito; infatti le condizioni
(9) e (10) di derivazione si possono scrivere
i(t) ≪
1 Zt ′
i(t ) dt′
τ t0
(avendo scelto t0 in modo che vC (t0 ) = 0), mentre quelle (11) e (12) di integrazione si
possono scrivere
Z
t
t0
i(t′ ) dt′ ≪ τ i(t)
E’ quindi evidente che la prima è tanto meglio verificata quanto più piccola è τ e la seconda quanto più grande è τ .
Il termine di confronto per τ è individuato volta per volta in base alle caratteristiche del
segnale di ingresso (p.es. il periodo nel caso di un segnale periodico, la durata se si tratta
di un segnale impulsivo).
E’ opportuno inoltre sottolineare che le relazioni (9), (10) e (11), (12) , se da un lato favoriscono le condizioni di integrazione e di derivazione, dall’altro riducono l’ampiezza del
segnale in uscita e quindi si tratta di scegliere di volta in volta un opportuno compromesso.
Le discussioni relative ai circuiti considerati sono state eseguite supponendo che gli
elementi passivi fossero ideali. Si deve tener conto che l’impiego di elementi reali comporta
variazioni rispetto alla trattazione precedente. Tali variazioni sono però generalmente
contenute nel caso di resistori e di condensatori, mentre possono essere sensibili nel caso
degli induttori, prevalentemente per il fatto che questi ultimi presentano una resistenza
serie che non è fisicamente distinta dalla componente induttiva.
1.11
Circuiti derivatori ed integratori con segnali in ingresso di
tipo particolare
A titolo di esempio si studiano ora i circuiti CR e RC in corrispondenza a diverse forme
del segnale di ingresso.
1.11.1
Segnale a gradino.
Un segnale a gradino è definito dalla relazione (vedi fig. 24)
v(t) = V0 = costante
v(t) = 0
per
per
22
t > t0
t ≤ t0
Figura 25: Risposta dei circuiti RC e CR
ad un segnale di tensione a scalino
Figura 24: Segnale di tensione a scalino
Per t > t0 si ha
1 Zt ′
i(t ) dt′
V0 = R i(t) +
C t0
;
integrando la precedente equazione si ricava
t−t0
t−t0
V0 − t−t0
e τ
da cui VR = V0 e− τ
VC = V0 (1 − e− τ )
R
Gli andamenti di VR e VC sono riportati in fig. 25. Posto per semplicità t0 = 0, per
t ≪ τ si ha vC (t) ≃ V0 τt cioè il segnale di uscita prelevato ai capi del condensatore è
direttamente proporzionale all’integrale V0 t del segnale di ingresso.
Per t ≫ τ si ha vR (t) ≃ 0, cioè il segnale di uscita prelevato ai capi del resistore è
direttamente proporzionale alla derivata (nulla) del segnale di ingresso.
i(t) =
1.11.2
Segnale a onda quadra.
Un segnale a onda quadra è un segnale periodico, di
periodo T , variabile tra +V1 e −V2 per t0 ≤ t < t0 + T
secondo l’andamento riportato in fig. 26. Si consideri
il caso particolare in cui V1 = V0 , V2 = 0 e T1 = T /2; si
assuma t0 = 0 e si supponga che con un tale segnale sia
alimentato un circuito RC serie. Si hanno le seguenti
equazioni per quanto riguarda l’intensità di corrente
i(t) e le cadute di potenziale VR (t) e VC (t) ai capi del
resistore e del condensatore una volta che si sia posto Figura 26:
VC (0) = 0:
tensione
per
0 ≤ t ≤ T2
i(t) =
per
t=
V0 −t
eτ
R
−t
vR (t) = V0 e τ
Onda quadra di
−t
vC (t) = V0 (1 − e τ )
T
2
−T
T
vR ( ) = V0 e 2τ = k V0
2
−T
−T
T
vC ( ) = V0 (1 − e 2τ ) = V0 (1 − e 2τ )
2
23
Figura 27: risposta del circuito RC a
un’onda quadra: caso τ ≃ T2
per
i(t) =
T
2
Figura 28: risposta del circuito RC a
T
un’onda quadra: caso τ ≃ 10
≤t≤T
V0 (1 − k) − t−T /2
e τ
R
vR (t) = −V0 (1 − k) e−
t−T /2
τ
vC (t) = V0 (1 − k) e−
t−T /2
τ
Ad ogni istante 0 ≤ t < T2 si ha vC (t) + vR (t) = V0 , mentre per t ≥ T2 vale
vC (t) + vR (t) = 0 . Per t = T2 si ha una discontinuità nella vR (t), che passa dal valore
k V0 al valore (1 − k) V0 : il valore di tale discontinuità è pari a V0 .
Per T ≤ t < T + T2 si ha
i(t) =
V0 − V0 (1 − k)k − t−T
V0 − vC (T ) − t−T
e τ =
e τ
R
R
da cui si ricavano le corrispondenti espressioni per vR (t) e vC (t) .
Dopo n periodi si avrà:
per
nT ≤ t ≤ nT + T2
vR (t) = V0 (1 − k + k 2 − k 3 + ..... − k n ) e−
vC (t) = V0 [1 − (1 − k + k 2 − k 3 + ..... − k n ) e−
per
nT +
T
2
t−nT
τ
t−nT
τ
]
≤ t ≤ (n + 1)T
vR (t) = −V0 (1 − k + k 2 − k 3 + ..... − k n+1 ) e−
vC (t) = V0 (1 − k + k 2 − k 3 + ..... − k n+1 ) e−
t−(nT +T /2)
τ
t−(nT +T /2)
τ
L’evoluzione temporale dei segnali vR (t) e vC (t) nel caso in cui τ =
fig. 27, mentre in fig. 28 è riportato il caso in cui T2 ≫ τ .
24
T
2
è riportata in