OCEANO
ATLANTICO
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NORD
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ISLANDA
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Treviri
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RUSSIA
FRANCIA
Lechfeld
Kiev
DI KIEV
Bordeaux
1. L’Occidente cristiano sotto attacco e l’urgenza di difendere il territorio
Tolosa
Pisa
Arles
Nîmes
Frassineto
EMIRATO DI CORDOVA
Ungari,
cheUngari
erano tribù
Roma
Cordova
Pisa
FRANCIA
Lechfeld 955
Bordeaux
¢ Nuovi nemici ¢ Tra la fine del IX e il X secolo, mentre ¢ Ungari e Normanni ¢ Gli
Tolosa
Arles una serie impressionante
l’impero di Carlo Magno si frantumava, l’Europa cristiana do­ insediate in Pannonia,Nîmes
compirono
I
Frassineto
EAR
vette affrontare l’assalto di nuovi nemici che le milizie carolin­ di scorrerie
assalti nel cuore
dell’Europa occidentale,
EMIRATO DIeCORDOVA
BAL spin­
Roma mossi dal bisogno di
Cordova
ge non seppero fermare. Musulmani, Vichinghi, Ungari riu­ gendosi sino
in Campania e in Puglia,
Bari
IMP Saraceni
I
Tarantoqualche
ERO
AR in schiavitù. Dopo
scirono a infrangere i confini di moltissimi territori, seminando bottini e uomini da ridurre
tempo,
E
L
BIZA
Otranto
BA
N
terrore e compiendo razzie. Si mossero ovunque: la fascia tuttavia, le popolazioni dell’Europa occidentale riuscirono a TINO
meridionale dell’Europa fu attaccata dai Saraceni musulmani organizzare la difesa eSaraceni
la controffensiva, migliorando tecni­
MAR
MEDITERRANEO
che s’insediarono in Sicilia e Spagna [torna a p. 161]; l’area che e strategie militari. A quel punto gli Ungari
desistettero
centrale e quella più settentrionale, invece, furono oggetto e si stabilirono definitivamente LE
in INVASIONI
Pannonia che divenne la
NELL’EUROPA DEL IX E X SECOLO
delle incursioni di Ungari e Vichinghi, aggressive e bellicose
Confini dell’Occidente cristiano
all’inizio delle invasioni
popolazioni germaniche [guarda la carta].
LE INVASIONI
NELL’EUROPA DEL IX E X SECOLO
Le invasioni del IX-X sec.
Lechfeld 955
ISLANDA
Confini dell’Occidente cristiano
all’inizio delle invasioni
Attacchi saraceni
Direzioni della grande
invasione ungara del 937
Rotte dei Vichinghi
Battaglie
Lechfeld 955
Attacchi saraceni
Direzioni della grande
invasione ungara del 937
Rotte dei Vichinghi
Battaglie
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Frassineto
EMIRATO DI CORDOVA
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Roma
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BAL
Saraceni
P6 Nuovi imperi nel Mediterraneo
LE INVASIONI
192
NELL’EUROPA DEL IX E X SECOLO
Confini dell’Occidente cristiano
Bari
Taranto
IMP
ERO
BIZA
Otranto
NTIN
MAR
MEDITERRANEO
O
La nave di Oseberg
[Universitets Oldsaksamling,
Oslo, Norvegia]
La nave scoperta nel tumulo
di Oseberg è un esempio di
nave vichinga, veloce e
potente. Le sue dimensioni
ridotte (circa 21 metri) la
fanno ritenere un’imbarcazione
per brevi spostamenti. Le
dimensioni delle navi da guerra
sfioravano infatti i trenta metri.
E
MAR N
loro terra e fu detta Ungheria. Inoltre, si convertirono al cri­
stianesimo e cercarono di stabilire rapporti positivi con i so­
vrani occidentali: nel 1001, infatti, il loro capo, Stefano, rice­
vette la consacrazione come primo re dell’Ungheria da papa
Silvestro II, secondo la consuetudine carolingia. I Vichinghi,
o Normanni, cioè gli ‘uomini del Nord’, come venivano chia­
mati in Europa, migrarono, invece, lungo diverse direttrici
motivati dalla ricerca di nuovi territori in cui insediarsi. Nel­
l’VIII secolo avevano raggiunto le coste orientali controlla­
te da Bisanzio, ma in questo periodo si mossero lungo le
coste atlantiche dell’Europa, spingendosi a sud, fin oltre lo
stretto di Gibilterra, nel Mediterraneo e, a nord, addirittura
in Islanda. Questi eccezionali navigatori, dediti alle scorrerie
e ai commerci per mare [fig. 1], riuscirono anche a cingere
d’assedio la città franca di Parigi liberandola solo dopo aver
riscosso un pesante tributo; pochi decenni dopo, infine, co­
strinsero i Franchi ad accettare che si stabilissero in una
regione a nord della Francia, da allora detta Normandia.
2
¢ L’autodifesa ¢ Come dimostra il caso franco, l’autori­
tà imperiale si era rivelata debole e incapace di assicurare
alla popolazione la protezione necessaria da queste ultime
invasioni; così i grandi signori pensarono a forme di autodi­
fesa dei territori di cui erano beneficiari e innalzarono ovun­
que castelli, fortezze o villaggi fortificati con mura e fossati
[fig. 2]. Intorno all’anno Mille, tuttavia, quando le invasioni
cessarono, i castelli non furono abbandonati e al contrario
si diffusero in Europa, caratterizzando a fondo il paesaggio
[vai a pp. 208-209]. La popolazione, prima dispersa nelle
campagne, si trasferì all’ombra dei castelli mentre i signori
assunsero il controllo amministrativo ed economico sui loro
contadini e anche sui residenti nell’area del castello. I so­
vrani, che capirono subito la progressiva trasformazione del
potere dei loro vassalli, si opposero all’incastellamento, cioè
la costruzione dei castelli e delle fortezze in Europa. Ma il
fenomeno era ormai inarrestabile e scatenò ben presto una
forte tensione tra il potere centrale e i poteri locali.
Evoluzione dell’abitato di Montarrenti da villaggio altomedievale a castello signorile
[disegno ricostruttivo di D. Spedaliere]
Quella che si osserva nel disegno è l’evoluzione del villaggio
di contadini di Montarrenti, vicino a Siena, che durante
l’epoca delle invasioni diventa un castello dotato di mura.
Alla fine della trasformazione il signore abita la cima della
collina in edifici in muratura e da lì controlla e protegge i
sudditi che vivono lungo i fianchi della collina.
Probabilmente questo villaggio nasce tra il VII e l’VIII secolo
quando i contadini, che fino ad allora vivevano sparsi nelle
campagne vicine, decidono di trasferirsi insieme sui fianchi
e sulla cima della collina.
In questa fase non ci sono molte differenze sociali,
le case infatti sono più o meno uguali con un solo
vano interno.
Ben presto però i contadini decidono
di dotare il villaggio di palizzate lignee.
Quella realizzata ai piedi della collina
chiude l’accesso del villaggio.
Successivamente un personaggio più
ricco e potente degli altri abitanti del
villaggio costruisce un grosso edificio in
muratura, che poi si doterà di una torre
alta e robusta e di una cinta muraria.
Al posto della palizzata in legno che
proteggeva l’ingresso al villaggio, viene
edificata una cinta muraria più resistente.
Le case dei contadini vengono
ricostruite in muratura.
C18 L’Europa dei signori e dei contadini 193
2. La signoria territoriale e il sistema curtense
¢ La signoria territoriale ¢ Man mano che il potere
territoriale e l’autonomia dei feudatari s’ingrandivano con
la diffusione dei castelli, si diffondeva anche la tendenza a
considerare la carica o il feudo come parte del patrimonio
familiare da trasmettere in eredità, piuttosto che un benefi­
cio revocabile qual era stato in origine. Questa propensione
si trasformò presto in una prassi, accrescendo le difficol­
tà di gestione e controllo del potere centrale, al punto che
nell’877 Carlo il Calvo compì un primo passo verso la rego­
lamentazione dell’ereditarietà dei feudi con il capitolare di
Quierzy. Si trattava di una legge che concedeva formalmen­
te l’ereditarietà dei cosiddetti “feudi maggiori”, quelli cioè
concessi come beneficio dal sovrano in persona. Qualche
decennio dopo, tuttavia, l’ereditarietà dei feudi divenne una
prassi generalizzata e, insieme alla diffusione dei castelli,
permise ai feudatari di trasformarsi in signori territoriali
che esercitavano nei loro feudi poteri di natura pubblica.
¢ Il potere dei signori ¢ I signori avevano però dei
concorrenti: i vescovi, gli abati che guidavano i monasteri
e i signori per così dire abusivi. I vescovi e gli abati control­
lavano territori immuni, cioè non sottoposti ad accertamenti
civili o militari da parte dei funzionari imperiali [torna a p.
182], e riuscirono a estendere l’immunità anche ai territori
acquisiti successivamente alla prima concessione. Vi erano
poi quei signori locali che non avevano ricevuto cariche né
feudi, eppure esercitavano gli stessi poteri dei feudatari. I
signori controllavano a tutti gli effetti centri di potere autonomi. Prelevavano i contributi per l’uso di strade e ponti, i
pedaggi [fig. 1], e imponevano agli abitanti diversi tipi di tasse, utili a garantire la sopravvivenza di tutto il sistema feuda­
1
La riscossione del pedaggio
[Hofund Staatsarchiv,Vienna]
La miniatura raffigura il
pagamento del pedaggio. I
signori lo riscuotevano da
chiunque attraversasse il loro
territorio, anche presso i ponti
o gli snodi viari.
194 P6 Nuovi imperi nel Mediterraneo
le; inoltre, provvedevano alla difesa dei territori e all’ammi­
nistrazione della giustizia, che gestivano insieme ai vescovi.
I signori detenevano, dunque, i poteri che un tempo erano
stati esclusivi del sovrano e che vennero chiamati poteri
di banno, in ricordo dell’antico potere supremo di ciascun
capo tribù, detto appunto ban.
¢ La curtis ¢ La signoria territoriale era organizzata se­
condo il sistema della curtis o villa, la grande proprietà
fondiaria nelle mani di re, nobili ed ecclesiastici. Il sistema si
diffuse però solo in parte dell’Europa: Francia del Nord, In­
ghilterra, Italia settentrionale e nella regione del fiume Reno.
Ogni curtis era suddivisa in due parti separate ma integrate
[fig. 2]. La prima, la pars domìnica (dal latino dominus, ‘signo­
re’) o “riserva”, era un insieme di terre coltivabili, boschi e
pascoli. Il signore la gestiva direttamente attraverso il lavoro
di servi, detti prebendari (‘che ricevono sostentamento’), i
quali alloggiavano in questa parte padronale. La seconda,
la pars massaricia (massaricio), era divisa in piccoli poderi,
chiamati mansi, e affidata al lavoro di coltivatori dipendenti,
i coloni liberi [fig. 3]. Per poter vivere e lavorare su questi
fondi, i coloni dovevano versare un canone, cioè un tributo
periodico in denaro o in natura e prestare un certo numero
di giornate lavorative nella riserva, dette corvées. Pur mi­
rando all’autosufficienza e impegnandosi a produrre tutto
quello che serviva alla comunità, dagli alimenti ai manufatti
artigianali, la curtis aveva bisogno di scambi commercia­
li che si svolgevano soprattutto nei mercati cittadini. Nei
centri urbani le attività si erano fortemente ridimensionate
a causa delle invasioni e dell’affermarsi delle signorie terri­
toriali, eppure non erano scomparse.
ile, gli uffici
llaggio con i
ze dei soldati
del signore
lmente –
alle terre
liberi
ste al dominio
2
Schema di una signoria territoriale
Terre di altri proprietari sottoposte
al dominio del signore del castello.
Il fiume.
La pars massaricia, composta dalle terre
del signore affittate a contadini liberi.
Strade e sentieri.
La pars domìnica, cioè le terre
del signore lavorate dai servi e –
occasionalmente – dai contadini liberi.
Il castello, con la dimora signorile,
gli uffici amministrativi, i magazzini; il
villaggio con i laboratori artigianali,
le residenze dei soldati e la chiesa.
La foresta che insieme alla pars
domìnica costituiva la riserva.
I villaggi contadini.
3
Lo spaccato di un manso
[disegno ricostruttivo di D. Spedaliere]
Il tetto di paglia era a due spioventi. La sommità
era ricoperta da un colmo di argilla per
rafforzare la giuntura degli spioventi.
La stalla era interna
alla casa e comunicava
con gli altri ambienti
domestici. Il calore
prodotto dagli animali
contribuiva a riscaldare
l’abitazione.
Il focolare era in pietra
su un pavimento in
terra battuta. Serviva per
cucinare e scaldarsi. Gli
alimenti erano cotti in
pentole di terracotta.
Un foro nel tetto permetteva la
fuoriuscita del fumo in mancanza
del camino. Il foro però non risolveva
il problema perché il fumo restava in
abbondanza fra le mura domestiche.
Il giaciglio su cui risposava la
famiglia era realizzato perlopiù con
fogliame secco. Gli interni della
casa erano spogli e arredati con
l’essenziale.
I locali vicini alla casa erano
adibiti alle piccole attività
artigianali come la realizzazione
di abiti o utensili. Nel disegno
vedi un locale che ospita un telaio
per tessere la lana ma soprattutto
il lino.
C18 L’Europa dei signori e dei contadini 195
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»
Tra il V e il X secolo, con la fine
dell’impero romano, le guerre e
il conseguente calo della popo­
lazione, in Europa molte campagne
furono abbandonate e gli spazi incol­
ti vennero occupati dalle foreste. Di­
stese verdeggianti di boschi, pinete
e selve disegnavano il paesaggio, so­
prattutto nelle regioni settentrionali
come la Germania e l’Inghilterra, ma
anche in quelle meridionali come la
Spagna e il Nord Italia. Radure e palu­
di punteggiavano qua e là le distese
boschive, e solo raramente si scorge­
vano terreni agricoli e centri abitati.
In questo panorama i campi coltivati
erano l’eccezione più che la regola
196 P6 Nuovi imperi nel Mediterraneo
1
Contadini intenti nella caccia,
XI sec.
[Biblioteca Marciana,Venezia]
La caccia era un’attività spesso
pericolosa e l’assalto di un
cinghiale, come vedi in basso
a sinistra nella miniatura, poteva
avere drammatiche conseguenze.
2
Scena di allevamento e
pascolo dei maiali, XII sec.
[Bibliothèque Nationale, Parigi]
I maiali di oltre mille anni fa
assomigliavano ai cinghiali e
avevano dimensioni ridotte
rispetto a quelli attuali.
e l’agricoltura non bastava da sola
a sostentare la popolazione. Perciò
divenne fondamentale l’economia
della foresta.
Le persone vivevano a stretto con­
tatto con le zone incolte e selvatiche
che circondavano i villaggi. Questa
vicinanza, che pure incuteva timore
per via degli animali feroci e dei bri­
ganti che potevano nascondersi nei
boschi, era di certo un’ottima occa­
sione per procurarsi cibo e risorse
preziose. L’attività più importante che
si svolgeva nelle foreste era l’allevamento brado (cioè libero e all’aperto)
di maiali e ovini, questi ultimi diffusi
soprattutto al Sud [fig. 2]. I prati che
si estendevano lungo i confini delle fo­
reste e le ghiande che cadevano dagli
alberi di quercia offrivano un ottimo
nutrimento agli animali allevati.
Il bosco ospitava anche un gran nume­
ro di animali selvatici – cervi, daini, cin­
ghiali, caprioli –, abbondante selvaggi­
na a disposizione dei cacciatori [fig.
1]. I numerosi corsi d’acqua, gli stagni,
i laghi garantivano una soddisfacente
attività di pesca. I contadini, che erano
Distribuzione attuale
delle foreste in Europa
[per gentile concessione
© European Forest Institute,
www.efi.int]
Tra i secoli XI e XIV
la ripresa economica e
demografica ridusse del
50% le foreste europee e da
allora il disboscamento è
stato continuo. Negli ultimi
decenni, grazie a politiche
ambientali europee più sensibili,
c’è stata un’inversione di
tendenza e il manto boschivo
è tornato a crescere, anche se
è lontanissimo dai livelli che
raggiunse nell’alto Medioevo.
La mappa illustra l’attuale
distribuzione delle foreste in
Europa e, come vedi, i paesi
scandinavi sono quelli più
verdi, con il 65% del territorio
ricoperto da boschi. L’intero
patrimonio forestale europeo
si estende oggi su circa 140
milioni di ettari di terreno,
in gran parte di proprietà
privata. La produzione di
legname vale circa 356 miliardi
di euro all’anno. La forza lavoro
impiegata nella filiera del
legno, che va dal taglio alla
produzione di mobili, alla legna da ardere
3
La raccolta del miele, XI sec.
[Biblioteca Marciana,Venezia]
Il miele era l’unico dolcificante
conosciuto in età antica e
medievale (lo zucchero non era
ancora diffuso in Occidente). Era
anche utilizzato come medicinale.
e alla carta, sfiora i 3 milioni e mezzo
di persone. L’Europa risulta così uno
dei maggiori produttori e consumatori di
prodotti forestali al mondo.
in realtà anche pastori e cacciatori, po­
tevano accedere liberamente, o quasi,
agli spazi incolti. Così fu almeno fino al
X secolo, quando i boschi iniziarono a
diventare “riserve” private dei signori e
ai contadini fu proibita la caccia di al­
cuni animali e vennero limitati l’uso dei
pascoli e lo sfruttamento delle risorse
della foresta.
La maggiore risorsa fornita dal bosco
era il legno: dagli alberi si ricavava
innanzitutto la legna per riscaldarsi
(allora quasi l’unico rimedio contro il
freddo); ma anche la materia prima per
fabbricare attrezzi agricoli e utensili,
per realizzare travi con cui costruire
case, chiese, castelli e navi, per alimen­
tare le officine artigianali. L’albero più
diffuso era la quercia, che forniva otti­
mo materiale da costruzione e ghiande
per i maiali. Ma fondamentali in molte
regioni erano anche il castagno e l’u­
livo, che oltre al legno pregiato offri­
vano frutti essenziali nella dieta della
popolazione.
Le foreste erano ricche di prodotti: c’e­
rano bacche e frutti selvatici (corbez­
zoli, more, noci, castagne, nocciole),
erbe medicinali e piante commestibili,
funghi; nascosti negli alberi cavi, gli
alveari delle api selvatiche offrivano
miele, pappa reale di prima qualità
e cera da utilizzare per l’illuminazione
e la confezione di candele, profumi e
medicine [fig. 3].
L’integrazione tra agricoltura e incolto
consentì alle popolazioni rurali di ga­
rantirsi la sussistenza e affrontare le
annate di cattivo raccolto nei campi.
Essa fu così importante che anche la
produttività degli incolti era valutata
con la stessa cura di quella dei campi.
Negli inventari, per esempio, l’ampiez­
za dei boschi si misurava non in termini
di estensione, ma in base a quanti
maiali poteva nutrire.
C18 L’Europa dei signori e dei contadini 197
3. La società tripartita
¢ Una società tripartita ¢ La nascita del nuovo sistema
feudale si accompagnò all’elaborazione di una particolare
teoria secondo la quale la società era divisa in tre ordini:
quelli che pregano, quelli che combattono, quelli che lavo­
rano [fig. 1]. Alla base di questa teoria vi era la convinzione
che la società degli uomini avesse un fondamento sacrale e
fosse divisa in tre proprio come la Trinità divina (Padre, Fi­
glio, Spirito Santo). La più importante delle tre categorie era
quella degli “specialisti della preghiera”, gli oratores (dal
latino oro ‘parlo, prego’), che venivano considerati un trami­
te tra gli uomini e la divinità. Erano rappresentanti di Dio e
portatori del suo messaggio anche i bellatores, gli uomini di
guerra (dal latino bello, ‘combatto’), che diffondevano e di­
fendevano il Vangelo con le armi, battendosi contro i nemici
della Cristianità. Il compito di sostentare i primi due ordini
era affidato invece a quelli che lavoravano, i laboratores, gli
individui più umili che vivevano in una condizione di subor­
dinazione sociale e a cui si riservava il lavoro manuale [fig.
2]. Che fossero liberi o servi, i laboratores erano sottoposti
dai potenti a duri vincoli di sottomissione e vessati da una
pesante tassazione.
1
Miniatura dei tre “ordini”: chierico, cavaliere,
contadino, XIII sec.
[ms. 2435 Sloane, f. 85; British Library, Londra]
¢ I signori della guerra ¢ I bellatores personificavano
perfettamente i valori su cui si reggeva il mondo feudale:
il coraggio, il valore militare, la fede cristiana per la qua­
le ci si batteva e si era disposti a morire. La guerra, però,
non era solamente l’occasione entusiasmante per mostrare
la propria virtù, ma anche un espediente per sopravvivere.
Grazie al bottino essa assicurava infatti ai cavalieri le risor­
se necessarie a mantenere intatto uno stile di vita sontuo­
so. Questi conflitti non erano certo paragonabili ai nostri:
erano quasi sempre lotte tra signori oppure spedizioni per
reprimere rivolte locali. Anche gli eserciti erano diversi dalle
armate moderne: erano abbastanza ridotti, contavano infatti
poche centinaia o migliaia di uomini, ed erano composti da
cavalieri, dotati di possenti armature, e da un seguito di fan­
ti, equipaggiati alla leggera [fig. 3]. Il passaggio dei soldati
comportava quasi sempre la devastazione delle campagne
e la distruzione dei centri abitati, peggiorando la situazione
economica che in molti casi era già difficile.
¢ I lavoratori della terra ¢ L’insicurezza che regnava
nelle campagne e la mancanza di qualunque forma di tu­
tela da parte dell’autorità centrale spingevano i contadini
a cercare la protezione di un signore, che, però, come ab­
biamo visto, esercitava una pressione talvolta insostenibile
e non risparmiava prepotenze e abusi. Ciò causò spesso
forme di rivolta, soffocate quasi sempre nel sangue. La
più frequente manifestazione della resistenza dei contadini
era la fuga. I contadini fuggivano per sottrarsi alle prepo­
tenze dei signori, alle eccessive richieste di corvées, alle
ingiustizie. Molti di questi individui si trasferivano altrove,
presso un altro signore. Ma una parte di essi si poneva al
di fuori dell’ordine sociale e si dava alla macchia, andando
ad alimentare il fenomeno del banditismo. Inoltrarsi in una
foresta, percorrere un sentiero isolato, attraversare la gola
di una montagna erano tutte esperienze molto inquietanti,
perché esponevano i viandanti al rischio di essere rapinati
e uccisi. La brutalità delle pene previste dalla legge contro
i banditi conferma la gravità del fenomeno: orecchie e nasi
tagliati, pupille e lingue strappate, mani e piedi troncati, e
naturalmente il supplizio capitale.
¢ Ciascuno al suo posto ¢ L’organizzazione sociale
feudale in teoria riproduceva sulla Terra l’ordine celeste e
per questo a nessuno era consentito il passaggio da un ordi­
ne all’altro. Ciascuno era obbligato a rimanere al suo posto e
ad accettare la sua condizione. L’ordine della società, infatti,
faceva in modo che rimanessero saldi i vincoli di solidarietà e di dipendenza tra oratores, bellatores, laboratores.
Naturalmente la società medievale era molto più complessa
e questa visione era tipica dei ceti dominanti, contrari a qua­
lunque tipo di mutamento.
198 P6 Nuovi imperi nel Mediterraneo
2
Le quattro stagioni, 1030
[dal De Universo di Rabano Mauro;
Abbazia benedettina, Montecassino]
Il contadino miete ad agosto.
La miniatura descrive
probabilmente l’avvicendarsi
dei lavori agricoli nei mesi
estivi [vai a pp. 204-205].
3
Raccoglie i grappoli d’uva e
li ripone nel cesto durante la
vendemmia di settembre.
Ara il terreno
in autunno, prima della semina
invernale.
Arazzo di Bayeux, particolare di una battaglia tra cavalieri e fanti,
XI sec.
[Museo dell’Arazzo di Bayeux, Bayeux, Francia]
C18 L’Europa dei signori e dei contadini 199
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STORIA
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In un sistema dominato dall’eco­
nomia naturale, l’uomo medieva­
le era profondamente integrato
nella natura. Gli strumenti del contadi­
no, semplici e rudimentali, non consen­
tivano di trasformare l’ambiente natu­
rale, ma soltanto di utilizzarlo; essi non
sostituivano l’uomo, come fanno per
esempio oggi un trattore o una trebbia­
trice meccanica, ma integravano la sua
forza muscolare. Si spiegano così alcu­
ne raffigurazioni diffuse nell’arte, nella
letteratura e nel folclore del tempo: il
corpo umano era rappresentato come
se fosse stato tutt’uno con l’ambiente,
connesso alla Terra; si immaginavano
infatti uomini-pianta, alberi con testa
umana, monti umanizzati, braccia a for­
ma di ramo, piedi con radici [fig. 1]. An­
che per questo il mondo naturale non
veniva misurato sulla base di criteri fissi
e astratti, come per esempio il nostro
sistema metrico-decimale, ma in riferi­
mento al corpo umano o in rapporto a
circostanze concrete: per misurare un
bosco, si valutava il numero di maiali
che esso poteva nutrire; per misurare
un campo si usavano parti del corpo
– braccia, palmi, pollici, piedi – come
unità di misura oppure si considerava
il tempo che occorreva per ararlo o la
200 P6 Nuovi imperi nel Mediterraneo
1
La mandragora, una pianta a forma umana, VII sec.
2
I lupi, i signori
della foresta
[dal Dioscurides Neapolitanus; Biblioteca Nazionale, Napoli]
[foto di Peter J. McLeod]
La paura dei lupi,
temutissimi soprattutto in
periodi di carestia perché
decimavano le greggi, si
trasformò nel Medioevo
in fobia e odio. L’animale
divenne il pericoloso
nemico da combattere,
malvagio e – come si disse
– diabolico ed eretico.
La sua figura si trasformò
allora in quella del “lupo
cattivo” protagonista di
tante fiabe medievali.
quantità di semenza necessaria a semi­
narlo.
Non esisteva un confine netto tra uomo
e natura e neanche tra naturale e so­
prannaturale: i fenomeni atmosferici
erano ricondotti a Dio e il mondo era
immaginato come uno spazio affollato
di animali fantastici – grifoni, liocorni,
draghi – e creature mostruose. Ma il luo­
go che più di ogni altro rappresentava
questa mescolanza di realtà e fantasia,
a tratti inquietante, era il bosco, la real­
tà con cui quotidianamente ci si con­
frontava [torna a pp. 196-197]: abitato
da bestie feroci come orsi, linci e lupi
[fig. 2], frequentato da eroi, cacciatori e
banditi, popolato da elfi, streghe, gnomi
e diavoli, il bosco rimaneva per gli uo­
mini dell’alto Medioevo il simbolo della
natura per eccellenza.
3
Acqua: il disastro ambientale
nel Golfo del Messico, 2010
Nel 2010 si è verificato uno dei più
terribili disastri ambientali mai avvenuti
nella storia. Per 106 giorni consecutivi
dalla piattaforma petrolifera marina
Deepwater Horizon si sono riversati nelle
acque del Messico circa 700 milioni
di litri di petrolio greggio: la parte più
leggera dell’olio ha iniziato a galleggiare
in superficie mentre quella più pesante
si è depositata per chilometri sul fondale
marino. Le conseguenze per l’ambiente
e per l’economia sono state devastanti.
Questo rapporto così stretto tra uomo
e ambiente è cambiato solo in epoca
moderna quando si è passati da un’e­
conomia di tipo naturale, agricola e
forestale, a un’economia di tipo indu­
striale. In seguito a questo passaggio
l’ambiente non è stato più considerato
in continuità con l’essere umano, l’altra
faccia di una stessa medaglia, ma un
elemento da assoggettare e utilizzare,
senza troppi scrupoli.
Tuttavia, verso gli inizi degli anni ’70 del
Novecento, a causa di una gravissima
crisi petrolifera, gli uomini si sono ac­
corti per la prima volta che le risorse
naturali utilizzate come fonti energe­
tiche (petrolio, carbone, gas naturale)
non sono infinite e che il loro indiscriminato sfruttamento determina gravi
conseguenze a livello mondiale: l’estra­
zione, la raffinazione e il trasporto del
petrolio, detto anche “oro nero” per le
sue enormi implicazioni finanziarie sul
mercato globale, causano spesso ter­
ribili disastri ambientali [fig. 3], men­
tre la deforestazione selvaggia per
4
Terra: la deforestazione dell’Amazzonia (Brasile),
il polmone del pianeta
5
Aria: la raffineria più grande del mondo a Baton Rouge, Usa
lo sfruttamento del legname, di nuovi
spazi da coltivare e delle miniere del
sottosuolo distrugge le risorse di os­
sigeno del pianeta e modifica progres­
sivamente l’equilibrio climatico [fig. 4].
A questi danni si aggiungono quelli
causati dall’inquinamento industriale
che, con le emissioni di tonnellate di
scorie tossiche, avvelena la terra, l’ac­
qua e l’aria [fig. 5].
Per arginare l’urgente minaccia che
grava sulla sopravvivenza dell’intero
pianeta, i governi di molti Stati hanno
iniziato a stipulare vari trattati interna­
zionali, come il Protocollo di Kyoto, fir­
mato nel 1997 da quasi 170 paesi che
si sono impegnati a limitare le emissio­
ni nocive delle loro industrie. Ma questi
accordi non sono stati sottoscritti dai
paesi più industrializzati e inquinanti, in
particolare Cina e Stati Uniti. La strada
verso uno sviluppo sostenibile, verso
cioè l’integrazione tra le esigenze dello
sviluppo economico e la tutela dell’am­
biente, è dunque ancora lunga. Una
nuova coscienza ecologica va diffon­
dendosi tuttavia nell’opinione pubblica,
grazie anche all’azione di movimenti
ambientalisti, come Greenpeace e il
Wwf (World Wildlife Fund, ‘Fondo mon­
diale per la natura’), impegnati nella
salvaguardia dell’inestimabile e fragile
patrimonio naturalistico del nostro
pianeta.
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Il villaggio medievale
L’insediamento contadino
Due elementi più di altri
caratterizzavano il paesaggio delle
campagne medievali: il castello (che
approfondirai alla fine dell’Atlante) e il
villaggio. Il castello esercitò una forte
attrazione sul territorio circostante e
provocò la nascita di molti villaggi:
aggregati di famiglie contadine che
1
Ricostruzione
di un villaggio
in epoca medievale
[disegno di A. Baldanzi]
dipendevano da un unico potere –
un signore o un monastero – e si
riconoscevano nel culto di un santo
patrono. Ma se dei castelli ci sono
rimaste molte testimonianze, dei villaggi,
malgrado fossero numerosi, non è
rimasto quasi nulla. Questo perché
per lunghissimo tempo le case e gran
parte degli altri edifici contadini furono
costruiti in legno o in altri materiali
deperibili come la paglia e il fango.
I soli edifici in muratura, almeno fino
al XII secolo, erano la chiesa, attorno a
cui si sviluppava il villaggio, e il castello
del signore che dall’alto controllava e
dominava il territorio e i suoi abitanti.
Tra il X e l’XI secolo i mulini si diffusero in tutta Europa dando un enorme
contributo allo sviluppo dell’agricoltura e delle attività economiche.
Gli orti e i campi coltivati
erano a ridosso delle case.
Il castello si trovava in posizione rialzata.
Fra i campi e i boschi si
trovavano i prati per il
pascolo del bestiame.
I boschi si estendevano
tutt’intorno al villaggio.
Le stalle erano
strutture quadrate in legno.
Al centro del villaggio
si trovava la chiesa.
Su uno stesso cortile
si affacciavano diverse
abitazioni.
202 P6 Nuovi imperi nel Mediterraneo
2
Il villaggio di Conques in Francia
Un famoso villaggio
Conques, nella Francia meridionale, mantiene intatta la
propria struttura medievale con le case a graticcio, costruite
cioè con un’intelaiatura di travi di legno lasciata a vista, e i
tetti spioventi fatti di tegole di ardesia, una roccia grigia,
tenera e sfaldabile. Come altri villaggi che sorgevano attorno
a una chiesa o a un castello o lungo una importante via di
comunicazione tra le foreste, anche Conques andò crescendo
nel corso del X secolo attorno a un’abbazia benedettina
fondata all’inizio del secolo precedente. A Conques, nella
Chiesa di Santa Fede, fiancheggiata dai due alti campanili
gemelli che vedi nella foto, era custodito un famoso tesoro
con importanti reliquie sacre, composte perlopiù dalle spoglie
(i resti) di martiri e santi [vai a p. 207, fig. 13]. Il villaggio
divenne così un frequentatissimo luogo di culto per fedeli e
pellegrini.
3
Ricostruzione di una casa contadina
di epoca medievale
L’arredo era modesto: qualche sgabello,
una tavola, delle pentole, una cassapanca.
Nelle case contadine c’era un
solaio dove riporre il grano.
Le case più ricche erano dotate
anche di una stalla e di una
rimessa per gli attrezzi.
I camini iniziarono a diffondersi nelle
case più ricche tra il XII e il XIII secolo,
ma anche allora la soluzione più comune
per far uscire il fumo del focolare restò
un semplice buco nel tetto.
La casa contadina
Le case dei contadini erano spesso poco
più che semplici capanne. Del resto, la
vita quotidiana si svolgeva soprattutto
all’esterno, dove c’era sempre qualcosa
da fare: coltivare i campi, portare le
bestie al pascolo, effettuare qualche
riparazione, andare a raccogliere la legna
e i frutti nel bosco. Le case non erano
accoglienti e l’interno era composto
di solito da uno o due ambienti dove
si dormiva, si cucinava e si mangiava.
Le finestre erano rare e le pareti
spoglie, i pavimenti in terra battuta e
spesso ricoperti di paglia o tavole per
contrastare l’umidità. I tetti erano fatti
di materiale vegetale, paglia o frasche,
ma anche di terra o letame: a volte
potevano essere realizzati con tegole di
ardesia, di argilla o di corteccia d’albero.
Le travi di legno di quercia
o faggio formavano
l’intelaiatura di queste
case a graticcio.
Le pareti erano telai
grossolani fatti di legno
flessibile intrecciato e
intonacato con terra,
argilla, pietruzze e paglia.
Polli e uova erano i
doni più frequenti che
i contadini facevano al
castellano in cambio della
concessione dell’uso di
boschi, prati e zone incolte.
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Le stagioni del lavoro
Calendari dei mesi e dei lavori
L’inizio dell’anno non coincideva con una
data valida per tutti: ogni città stabiliva il proprio
capodanno in base a diverse ricorrenze religiose,
come la nascita o l’incarnazione di Gesù, e così
alcuni festeggiavano il 25 dicembre e altri, anche
vicini, il 25 marzo. Tuttavia, lo scorrere del tempo
era segnato per tutti dall’alternarsi regolare delle
stagioni, che scandivano i mesi e ritmavano le
attività agricole, perché in una società come quella
medievale, fondata sull’economia rurale, il tempo era
per gli uomini soprattutto un tempo agricolo. Per
questo i dodici mesi dell’anno, raffigurati ovunque
– nelle chiese, nelle sculture, nelle miniature –,
erano identificati con i lavori che periodicamente
impegnavano i contadini. I calendari dei mesi e dei
lavori variavano a seconda della latitudine: nelle
fredde regioni settentrionali, per esempio, la potatura
degli alberi avveniva ad aprile, come vedi nella
miniatura, e non a febbraio come nei paesi più caldi;
e la raccolta del fieno avveniva a luglio anziché a
maggio.
4
Il Calendario dei mesi, 830
5
A febbraio si sistema la vigna, X sec.
[Österreichische Nationalbibliothek,Vienna]
[miniatura dal Salterio di Stoccarda; Württembergische
Landesbibliothek, Stoccarda, Germania]
in inverno
Gennaio era il mese più freddo dell’anno e spesso era
rappresentato come un uomo seduto davanti a un focolare (lo
vedi in alto a sinistra nella figura 4). A febbraio però i lavori
nei campi riprendevano, almeno nei paesi a clima più mite
come l’Italia, e si iniziava a potare gli alberi, a concimare i
campi con il letame e a sistemare la vigna. Le coltivazioni
di uva e grano erano fondamentali per i contadini, per
questo erano rappresentate sempre sui calendari; ma erano
importanti anche nelle raffigurazioni artistiche per via del
valore simbolico del vino e del pane nella liturgia cristiana
[torna a figg. 3-4, p. 41]. Infatti, se guardi bene la scena qui
rappresentata, noterai che il lavoro dei due contadini nella
vigna è benedetto dall’alto dalla mano di Dio.
204 P6 Nuovi imperi nel Mediterraneo
In primavera
L’inverno non era ancora finito ma già i
campi erano stati dissodati con zappe e
vanghe, spesso di legno come quella nelle
mani della contadina in questa miniatura.
Tutto era pronto per l’arrivo della primavera
quando finalmente si potevano seminare
i cereali (avena e orzo) o i legumi
(lenticchie, piselli, fave, ceci). La semina
avveniva a mano spargendo la semente
con ampi movimenti del braccio, come
fa la seconda figura femminile. Le stesse
operazioni si ripetevano in autunno per la
semina invernale (osserva il contadino che
semina a settembre in fig. 4).
7
A giugno e a luglio si miete
il grano con il falcetto, XIII sec.
[Biblioteca Nazionale, Firenze]
In estate
A maggio era pronto il fieno per gli
animali, e i contadini iniziavano la
raccolta: era il segnale che si avvicinava
la stagione più impegnativa dell’anno,
l’estate. Tra giugno e luglio infatti il
grano nei campi maturava e si doveva
procedere alla mietitura con il falcetto
[fig. 7] e alla trebbiatura delle spighe,
un’operazione che serviva a staccare il
6
A marzo
si vanga
e si semina,
fine XIII sec.
[dallo Speculum
Virginum;
Rheinisches
Landesmuseum,
Bonn, Germania]
8
Ad agosto si preparano
le botti, XII sec.
9
[mosaico nella cripta della Basilica
di San Colombano, Bobbio, Piacenza]
A settembre si vendemmia,
XII sec.
[affresco della Collegiata di Sant’Isidoro,
León, Spagna]
chicco dall’involucro esterno. Nelle vigne
intanto l’uva cresceva ed era tempo di
preparare le botti per il vino nuovo.
Agosto era perciò identificato con un
bottaio, come quello che vedi alla figura
8 impegnato a rifinire un barile; la donna
raffigurata in basso a destra rappresenta
invece il segno zodiacale della Vergine,
associato al mese di agosto, e suggerisce il
tempo che passa.
In autunno
Come mostra la scena ritratta in alto nell’affresco, settembre era il mese della
vendemmia e l’uva veniva raccolta e pestata nei tini. A ottobre il vino era già a
fermentare nelle botti costruite ad agosto. Nel frattempo tutt’intorno fervevano
di nuovo i lavori di aratura e semina dei cereali invernali: frumento, segale, farro,
miglio. L’anno agricolo stava per concludersi – ufficialmente finiva l’11 novembre,
nel giorno di san Martino –, alcune attività però continuavano per un po’: si facevano
ingrassare per bene i maiali (nell’affresco, in basso) per ucciderli a dicembre [fig. 4],
secondo un rito diffusissimo che simboleggiava la ricchezza dell’inverno.
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Miti e religioni. Le reliquie e il culto dei santi: miracolo!
La protezione dei santi
Durante il Medioevo ebbe grande diffusione il culto dei santi, un fenomeno destinato
a diventare una delle caratteristiche fondamentali della storia del cristianesimo. I fedeli
credevano nei santi come preziosi e insostituibili mediatori tra la Terra e il Cielo,
pregavano per ottenere la loro protezione dalle malattie, dai pericoli, dalla morte e
dal demonio: san Michele, per esempio, era l’angelo guerriero che sconfiggeva le
forze diaboliche [fig. 10]. Poco alla volta a ogni santo fu attribuita una particolare
specializzazione: proteggere una città o coloro che facevano un certo mestiere, guarire
una determinata malattia, scansare una precisa calamità, ecc. Santa Rita divenne la
protettrice delle cause disperate, san Giuseppe il protettore dei falegnami e san Nicola
il protettore di naviganti, mercanti, bambini e scolari [fig. 11]. Le loro imprese furono
raccontate in una miriade di Vite, biografie ad uso dei fedeli, e i santi divennero gli eroi
più popolari della società medievale.
10
San Michele sconfigge
il demonio, 1109
[dalla Bibbia di Cîteaux;
Biblioteca pubblica,
Digione, Francia]
11
San Nicola di Bari,
protettore (anche)
degli scolari, X sec.
[Museo Lazaro Galdiano,
Madrid]
12
Il reliquiario di santo
Stefano, IX sec.
[Kunsthistorisches Museum,
Vienna]
206 P6 Nuovi imperi nel Mediterraneo
Le sacre reliquie
Tra i fedeli era diffusissima la convinzione che, per
assicurarsi una protezione speciale, bisognasse trovarsi
vicino alla tomba del santo, a un frammento del suo
corpo o a un oggetto con cui il santo era stato in
contatto. Perciò si radicò il culto delle reliquie, dal
latino reliquiae ‘resti’: si adoravano spoglie o oggetti
del santo, divenuti sacri. Si riteneva inoltre che i
santi compissero con maggiore frequenza miracoli
in prossimità delle loro reliquie e dunque bisognava
avvicinarsi ad esse spostandosi, viaggiando o compiendo
un pellegrinaggio. Ma non tutti potevano farlo e così
le reliquie si diffusero copiosamente nel mondo
cristiano: frammenti di ossa o di tessuto organico
furono prelevati dalle salme dei santi e trasferiti ovunque.
E poiché la richiesta era enorme, da questi frammenti
se ne ricavarono altri, anche piccolissimi, che vennero
custoditi come gioielli in cofanetti preziosi: quello in
figura è un bell’esempio di cofanetto in oro e pietre
preziose che ricorda nella forma la borsa del pellegrino.
Una risorsa spirituale e materiale
Possedere una reliquia importante dava prestigio, attirava masse di
pellegrini, favoriva le elemosine e i lasciti (le donazioni tramite testamento).
Nessuna città occidentale era ricca di reliquie come Roma perché la
città del papa ospitava tombe di martiri e santi davvero numerose. Anche i
santuari europei che custodivano reliquie, però, erano numerosi. Il villaggio
di Conques, per esempio, di cui hai letto [torna a p. 203, fig. 2], divenne
straordinariamente famoso nel X secolo proprio perché custodiva nella sua
chiesa le reliquie (qui raffigurate) di santa Fede, una martire di dodici
anni che si diceva fosse stata bruciata su una graticola nel III secolo. La
fortuna del culto di santa Fede contribuì molto all’incremento dei vastissimi
territori controllati dall’abbazia di Conques in Europa.
13
Il reliquiario-statua in oro
e gemme preziose di santa Fede, XI sec.
[Abbazia di Saint-Foy, Conques, Francia]
14
Il trasporto e la consegna del corpo
di san Marco a Venezia, 1102
[formella della Pala d’Oro; Basilica di San
Marco,Venezia]
Caccia alle reliquie
Le reliquie divennero un affare perché possederle
assicurava l’arrivo dei pellegrini e l’incremento
delle attività economiche legate a pellegrinaggi.
Per procurarsele non ci si fermava neanche
davanti al furto: le spoglie di santa Fede giunsero
a Conques in seguito al furto di un monaco che
le rubò da un paese vicino; e lo stesso accadde al
corpo di san Marco, trafugato da due mercanti ad
Alessandria d’Egitto e trasportato fino a Venezia,
per assicurare fortuna e prosperità alla città. Questi
eventi erano spesso immortalati, come puoi capire
dalla scena qui raffigurata. Anche le scoperte
si moltiplicarono: vescovi, colpiti da improvvisa
illuminazione, rinvennero qua e là corpi di martiri
andati dispersi e li deposero solennemente nelle
loro chiese. A Roma era un continuo via vai
di vescovi e abati francesi e tedeschi in cerca di
reliquie da trafugare o comprare, vere o false. A
Roma operava anche il più grande trafficante di
reliquie della storia medievale, il diacono Deodato,
vissuto nel IX secolo e titolare di una vera e
propria impresa commerciale.
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Il monumento. Il castello
Il castello è il simbolo più suggestivo e caratteristico del Medioevo, una traccia
importante lasciata dalla civiltà feudale nei paesaggi europei. Centro di potere e di
conquista, capoluogo amministrativo e dimora del signore, il castello era anche una
struttura difensiva, costruita per proteggere il castellano, la sua famiglia e gli abitanti
dei villaggi vicini.
Fortezze dominanti
I primi castelli medievali erano delle semplici fortezze di
legno costruite su collinette spesso artificiali e circondate da
palizzate. A partire dal X secolo però il loro aspetto si fece
più monumentale e il legno fu gradualmente sostituito da
pietre e mattoni. Spesso i castelli erano molto diversi uno
dall’altro. Le dimensioni, le forme e i materiali potevano
variare a seconda delle regioni e dei periodi, ma tutti avevano
in comune alcuni elementi, in particolare, la posizione,
che doveva essere strategica e dominante: in altura per
controllare meglio il territorio; nei pressi di un fiume per
potenziare le qualità difensive o, come nel caso del castello di
Puilaurens in figura, sul ciglio di un dirupo per essere meno
attaccabili.
15
16
Il castello di Puilaurens
in Francia, X sec.
Il castello di Gand
in Belgio, XII sec.
Tanta solidità, poca comodità
Già alla fine dell’XI secolo i castelli avevano assunto una forma
imponente e massiccia, simile a quella descritta nei romanzi
d’avventura o che vediamo nei film su Robin Hood e re Artù. Chi
si avvicinava a un castello si trovava di fronte un possente muro
di cinta, alto tra i 6 e i 10 metri, dotato di torri e circondato da
un fossato profondo più di 10 metri, a volte riempito d’acqua.
Una struttura così imponente all’esterno lascerebbe immaginare
un interno accogliente e lussuoso, e invece no: le scale e i corridoi
erano stretti; le stanze erano semplici e con pochi mobili; le
finestre piccole e senza vetri; i pavimenti grezzi; e non c’era acqua
corrente. I castelli non erano ancora così accoglienti e confortevoli
come sarebbero stati nei secoli successivi.
208 P6 Nuovi imperi nel Mediterraneo
Dentro il castello
Il cuore del castello era il torrione,
chiamato anche “maschio” o “mastio”. Il
torrione ospitava la residenza del signore
che vedi illustrata al centro del disegno.
Il mastio era diviso in vari piani: al piano
terra c’erano le cucine, la dispensa, la
cantina e altri locali di servizio. Al primo
piano si trovava la grande sala dove il
signore dava udienza, amministrava la
17
giustizia, invitava gli ospiti a banchetto.
Il secondo piano era riservato
all’appartamento privato del signore
e di sua moglie, qui si trovava un grande
letto matrimoniale e uno spazio per il
focolare, che veniva acceso soprattutto
in presenza di neonati o quando si
ammalava qualche membro della famiglia.
Nel solaio invece dormivano i figli
Ricostruzione
di un castello medievale
[disegno di A. Baldanzi]
adulti della coppia, maschi e femmine,
e le guardie che sorvegliavano la casa.
Tutt’intorno al mastio, all’interno delle
mura si trovavano i magazzini, le stalle, le
abitazioni per gli inservienti, il pozzo, la
cappella dedicata al santo protettore del
castello, officine e laboratori.
La camera da letto.
La sala delle udienze.
Il torrione.
La cappella.
Le abitazioni
delle guardie e
degli inservienti.
La dispensa.
Le scuderie.
La chiesa.
Il muro di cinta.
Il ponte levatoio.
Il pozzo.
Il portone d’ingresso sorvegliato da due alte torri.
Il fossato.
C18 L’Europa dei signori e dei contadini 209
m repra
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pro rem reprate
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o rem u
imus pr remmr
mebis inro eniaemnia
us p pro
s
Inim
mu
ini
bis
De
C18 In breve
¢ Alla fine del IX secolo l’Europa subì nuove
invasioni. Oltre ai musulmani, si abbatterono
sull’Europa occidentale, fino al Sud Italia, gli
Ungari, che infine si stabilirono in Pannonia,
l’attuale Ungheria, e si convertirono al
cristianesimo. I Vichinghi, eccezionali
navigatori, si spinsero nell’Oceano Atlantico
a sud, addentrandosi nel Mediterraneo e,
a nord, fino in Islanda; dopo aver attaccato
Parigi, costrinsero i Franchi ad accettare la
loro presenza in Normandia.
¢ Durante le invasioni i sovrani non seppero
assicurare un’adeguata difesa del territorio,
così i grandi signori si organizzarono
innalzando castelli. Intorno all’anno Mille,
quando le invasioni cessarono, i castelli
non furono abbandonati e i sovrani,
comprendendo la pericolosa tendenza
all’autonomia dei vassalli, si opposero al
fenomeno dell’incastellamento.
¢ Si era diffusa intanto la tendenza a
considerare i feudi ereditari e non benefìci
revocabili, al punto che nell’877 Carlo
il Calvo, con il capitolare di Quierzy,
concesse l’ereditarietà dei “feudi maggiori”.
Trasformatisi in signori territoriali, i
feudatari cominciarono a esercitare poteri,
detti di banno, un tempo esclusivi del
sovrano. C’erano poi i territori immuni
dal controllo centrale, guidati da vescovi e
abati, e non mancarono signori abusivi che
assunsero di propria iniziativa il controllo su
pezzi di territorio.
¢ La signoria territoriale era di solito
organizzata secondo il sistema della curtis,
nel quale la proprietà fondiaria era divisa
in due parti: pars domìnica, che il signore
gestiva direttamente attraverso i suoi servi,
e pars massaricia costituita dai mansi affidati
a contadini liberi, i coloni, che versavano
un canone periodico e garantivano alcune
giornate lavorative al servizio del signore, le
corvées.
¢ La società dell’epoca fu considerata
tripartita. Si pensava infatti che
riproducesse sulla Terra l’ordine celeste della
Trinità: si diceva dunque che fosse composta
da ‘chi prega’, gli oratores, ‘chi combatte’, i
bellatores, e ‘chi lavora’, i laboratores, i più
umili e sfruttati, in particolare i contadini.
Questi ultimi, spesso soggetti a rivolte, in
altri casi abbandonarono le terre del signore
scegliendo di diventare banditi.
210 P6 Nuovi imperi nel Mediterraneo
Esercizi
Le ultime invasioni
Completa la tabella seguente, relativa alle invasioni di Ungari e Vichinghi nel
u
periodo fra IX e X secolo. Puoi svolgere l’esercizio sul quaderno.
Ungari
Vichinghi
Luogo di provenienza
........................................ Scandinavia
Direzioni delle incursioni
........................................ ........................................
Luoghi d’insediamento
........................................ ........................................
Attività alle quali si
dedicavano
........................................ ........................................
........................................ ........................................
Il lessico dei signori territoriali
Collega ciascun termine alla definizione corrispondente.
v
a. Curtis
b. Pedaggi
c. Potere di banno
d. Pars domìnica
e. Corvées
f. Mansi
g. Pars massaricia 1. D
etta anche riserva, era la parte della curtis che il signore
gestiva direttamente, attraverso i suoi servi.
2. E
ra la parte della curtis assegnata a coloni, che versavano
un canone.
3. Indica l’esercizio da parte del signore di poteri giudiziari,
militari e fiscali, un tempo esclusivi del re.
4. D
etta anche “villa”, era il principale modello di
organizzazione della grande proprietà fondiaria medievale.
5. P
oderi di cui si componeva la pars massaricia di una curtis,
assegnati in genere a liberi coloni.
6. T
asse e tributi per l’uso di strade e ponti all’interno di un
feudo.
7. G
iornate di lavoro nella riserva del signore che i coloni
erano tenuti a offrire gratuitamente, in base agli accordi di
assegnazione dei mansi.
Verifica le conoscenze
Indica con una crocetta se le seguenti affermazioni sono vere o false.
w
1. I Normanni (Vichinghi) si convertirono al cristianesimo
cercando di stabilire buoni rapporti con i sovrani occidentali.
Vero
Falso
2. Stefano, primo re d’Ungheria, ricevette la consacrazione del
suo regno dal papa.
Vero
Falso
3. L’incastellamento rispose alla necessità di autodifesa delle
comunità, ma segnò anche la progressiva perdita di potere del
sovrano rispetto ai feudatari.
Vero
Falso
4. Nel corso del X e dell’XI secolo si affermò la tendenza a
considerare il feudo come un possesso ereditario.
Vero
Falso
5. Il potere di banno consisteva nella facoltà del signore di
mettere al bando i contadini ribelli.
Vero
Falso
6. Il sistema della curtis si diffuse in tutta l’Europa medievale.
Vero
Falso
7. In genere la curtis non garantiva la completa autosufficienza
nella produzione e nel consumo dei beni al suo interno.
Vero
Falso
8. L’organizzazione della società feudale riproduceva, secondo
la teoria del tempo, l’ordine celeste sulla Terra, e per questo a
nessuno era consentito il passaggio da un ordine all’altro.
Vero
Falso
Il castello, la curtis e la società feudale
Completa lo schema, inserendo i dati elencati di seguito:
x il capitolare di Quierzy | corvées | di banno | società tripartita | l’incastellamento | oratores | bellatores | la signoria territoriale | sovrani |
Saraceni, Ungari e Vichinghi | feudi | pars domìnica | pars massaricia | coloni | sistema curtense | ereditari | laboratores.
Nel IX-X secolo
le invasioni di
la debolezza dei
determinarono
che favorì
caratterizzata da
basata su
sistema feudale
nelle proprietà fondiarie
incluse nei
con la concessione di
divisa in 3 ordini
i “maggiori”
diventano
pregano
combattono
lavorano
con
e comprendenti
del
assegnata ai
signore feudale
che esercita il potere
che sono tenuti a
canoni
Cittadinanza Leggi la scheda «L’uomo e l’ambiente» a pp. 200-201 e rispondi, sul quaderno, alle seguenti domande.
y 1. Qual è la differenza fondamentale fra le attrezzature agricole dell’alto Medioevo e quelle attualmente disponibili?
2. Quando è cambiato in modo significativo il rapporto tra uomo e natura, e perché?
3. Che cosa è il Protocollo di Kyoto e quali sono i suoi scopi?
4. Perché, secondo la tua opinione, alcuni paesi non hanno voluto sottoscrivere il Protocollo?
z Leggi l’Atlante dei Popoli «Vivere nell’Europa altomedievale» a pp. 202-209 e rispondi sul quaderno alle seguenti domande.
a. Perché nell’alto Medioevo era molto diffuso il culto dei santi?
b. Che cosa sono le reliquie e perché costituivano anche una risorsa materiale?
c. Cosa si intende con l’espressione «caccia alle reliquie» usata nel testo?
C18 L’Europa dei signori e dei contadini 211